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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Obbligo della tenuta dei registri di carico
e scarico - Procedura semplificata di iscrizione all'albo - Smontaggio di parti
di veicoli fuori uso ed altro - Operazioni di selezione, separazione per tipi
omogenei - Fattispecie. In tema di gestione dei rifiuti, l'obbligo della
tenuta dei registri di carico e scarico, prescritti dall'art. 12 del D. Lgs. 5
febbraio 1977 n. 22, grava su tutti coloro che effettuano operazioni di recupero
dei rifiuti, anche se ammessi alla procedura semplificata di iscrizione all'albo
delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti ex art. 33 del citato
decreto, atteso che anche le procedure semplificate devono garantire un elevato
livello di protezione ambientale e controlli efficaci. (v. Cass. pen. n.
12122/2002). Fattispecie: rottami di parti di veicoli fuori uso ed altro,
operazioni di messa riserva ed operazioni di recupero di rifiuti senza la tenuta
dei registri di carico e scarico ed in assenza dei relativi formulari di
identificazione nel trasporto degli stessi. Presidente A. Elefante, Relatore V.
Colarusso. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. II, 13 settembre 2006 (Ud.
11/07/2006), Sentenza n. 19643
Procedura e varie - Pubblica Amministrazione - Leggi e Sanzioni
amministrative - Inevitabile ignoranza dei precetti - Presupposti - Dovere di
informazione. Nella materia dell'illecito amministrativo disciplinato dalla
legge n. 689/81 possano aver rilievo i principi affermati nella sentenza della
Corte costituzionale n. 364 del 1988 secondo la quale l'inevitabile ignoranza
del precetto da parte di chi commette l'illecito fa venir meno l'elemento
soggettivo della colpa, che, ai fini dell'affermazione della responsabilità,
deve necessariamente presidiare l'elemento oggettivo della violazione (Cass.
sez. II, n. 5615/2003; Cass. n. 6111/2000). Tuttavia, per potersi configurare
l'ignoranza inevitabile del precetto occorre tenere presente la posizione
soggettiva di colui che, essendo professionalmente dedito ad uno specifico campo
di attività, regolata della legge e da norma sanzionatorie, è tenuto non solo
all'obbligo generico di conoscenza ed informazione gravante su ogni cittadino,
ma ha un dovere di informazione più incisivo e specifico circa le norme che
disciplinato la sua attività cosi che l'errore sulla liceità della sua condotta
deve essere stato determinato da un elemento positive estraneo all'agente ed
idoneo a determinare in lui la positiva convinzione della liceità della sua
condotta. Presidente A. Elefante, Relatore V. Colarusso. CORTE DI CASSAZIONE
CIVILE Sez. II, 13 settembre 2006 (Ud. 11/07/2006), Sentenza n. 19643
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione II Civile
Composta dagli III.mi Signori
Omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In data 11.10.1999 agenti accertatori dell'AUSL 9 di Macerata constatavano
che, presso la ditta di Fraticelli Gianfranco avvenivano operazioni di messa
riserva ed operazioni di recupero di rifiuti senza la tenuta dei registri di
carico e scarico ed in assenza dei relativi formulari di identificazione nel
trasporto degli stessi; che i rottami di vario genere accumulati nell'area di
pertinenza della ditta non possedevano le caratteristiche per il conferimento
tal quale ad utilizzatori, poiché necessitavano di operazioni di selezione,
separazione per tipi omogenei, smontaggio di parti di veicoli fuori uso ed
altro.
Per tale infrazione la Provincia di Macerata emetteva nei confronti del
Fraticelli ordinanza ingiunzione avverso la quale era proposta, innanzi al
Tribunale di Macerata, opposizione, che e stata respinta con sentenza del 9
luglio 2003.
Il giudice di merito ha considerato:
- che, secondo le disposizioni normative di riferimento, materiali rinvenuti
presso la ditta erano da considerarsi rifiuti, trattandosi di sostanze di cui
altri si erano disfatti e che la ditta, per stessa ammissione del Fraticelli,
aveva sottoposto a recupero;
- che l'attività, della ditta ricorrente era, appunto, quella del recupero dei
rifiuti, a nulla rilevando che la stessa fosse tra quella ammesse alla procedura
semplificata di iscrizione all'albo, che lasciava permanere suo carico l'obbligo
di tenuta dei registri di carico e scarico;
- che il provvedimento impugnato era adeguatamente motivato anche senza la
citazione della circolare ministeriale interpretative;
- che non erano invocabili, per
l'esclusione della responsabilità, ne l'errore scusabile ne la buona fede
dell'agente.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Fraticelli Gianfranco
con quattro motivi cui l'Amministrazione Provinciale di Macerata resiste con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 6
comma 1 lett. a.) del D.Lgs. 22/99, come risultante della interpretazione
autentica recata dall'art. 14 della legge 187/2002. Secondo la circolare
ministeriale, più volte segnalata all'attenzione del giudice di merito e che
aveva recepito le direttive CEE, materiale rinvenuto presso la ditta Fraticelli
non rientrava nel concetto di rifiuto. La ditta era autorizzata alla raccolta
dei materiali ferrosi, che avveniva per il completo utilizzo delle materie
prime, reinserite nei ciclo produttivo con esclusione di ogni finalità di
smaltimento o di volontà od obbligo giuridici di disfarsi dei materiali. La
nuova normativa, piuttosto che sui concetti di rifiuto e di smaltimento, si
basava su quelli di prevenzione e recupero, dovendosi qualificare recupero il
riutilizzo del residuo sia "tal quale" sia previo trattamento
preliminare/minimale, distinto del recupero completo. I materiali ferrosi
rivenuti presso la ditta del ricorrente erano destinati alla riutilizzazione
senza trattamenti preventivi pregiudizievoli per l'ambiente e senza operazioni
ulteriori di recupero, tranne la separazione.
IL motivo è infondato.
1.a. Il giudice di merito ha ritenuto che nella specie costituissero
rifiuti i materiali, stoccati presso la ditta Fraticelli, di cui altri si erano
disfatti e che erano stati sottoposti della ditta medesima a recupero,
operazione, questa, rientrante tra quelle individuate nell'all. C richiamato
nell'art. 6 cit.
1.b. La conclusione cui è giunto il giudice di merito sia - pure
attraverso una motivazione non perspicua ed un esame non proprio puntuale ed
accurato della normativa di riferimento - è conforme a diritto, potendo questa
Corte apportate alla motivazione della sentenza le integrazioni opportune.
1.c. Nella specie occorre considerare l'ipotesi ("si disfi") di
cui alla lettera a) del comma 1 dell'art. 14 del D.L. 138/2002, conv. con L.
187/2002 (di interpretazione autentica della definizione di "rifiuto" di
cui all'art. 6 comma 1 lett. a) del D. Lgs. n. 22/97) e verificare, poi, alla
luce delle disposizione normative, la natura dell'attività successiva
all'operazione del "disfarsi".
Ebbene, il comma 2 della menzionata legge interpretativa intanto non richiama la
lett. a) del precedente comma 1, e ciò implica che, ove ricorra la ipotesi del "si
disfi" (lett. a) di un materiale o bene sottoposto ad attività di
smaltimento o di recupero (come nella specie), detto materiale, per ciò stesso,
diventa rifiuto, senza che abbiano rilievo le attività previste dal comma 2
lett. a) e b) dell'art. 14 della L. 178/02 per quelle sostanze di cui il
soggetto produttore "abbia deciso " o "abbia l'obbligo" di
disfarsi.
1.d. Ed, invero, in forza dell'art. 6, lett. h) del D. Lgs. N. 22/97 va
definito rifiuto tutto ciò (materiale o bene) di cui il soggetto produttore "si
disfi" - nei termini di cui alla lett. a) dell'art. 14 della legge 178/02
(e, cioè, con qualsiasi comportamento attraverso quale, in modo diretto o
indiretto, una sostanza, un materiale o un bene, sono avviati e sottoposti ad
attività di smaltimento o di "recupero" secondo gli allegati B e C del D.
Lgs. n. 22/97) - e che sia da altri recuperate, dovendosi intendere per
"recupero" - in forza della letters h) dell'art. 6 del D.Lgs. 22/97 - quelle "operazioni
previste nell'allegato C" (che interessa il caso di specie) e, precisamente:
a) il riciclo/recupero di metalli o dei composti metallici (R4);
b) la "messa a riserva" (R13) (nella specie risultante dalla sentenza -
pag. 2 - e dal verbale in essa riportato) per sottoporli ad una delle operazioni
indicate nei punti da R1 a R12 dello stesso allegato C (e, quindi, anche R4:
recupero dei metalli e composti metallici), con esclusione del solo deposito
temporaneo, prima della raccolta, nei luogo in cui sono prodotti
(ipotesi nella specie sicuramente non ricorrente).
1.e. In definitiva, ricorrendo la condotta del produttore, che si sia
disfatto del materiale o del bene, e quella di raccolta e messa in riserva
da parte di altro soggetto di detti materiali o beni, questi sono da
qualificarsi rifiuto senza che assume rilievo la possibilità di un loro
immediato reimpiego nel ciclo produttivo, atteso che, secondo il dettato
normativo di cui al comma 2 lett. a) e b) dell'art. 14 della Legge 178/2002,
tale eventualità non può essere pressa in considerazione quando i materiali,
dopo la dismissione (si disfi), siano stati già destinati al recupero ed
effettivamente recuperati, ma assume rilievo nei soli casi (di cui elle lettere
b) e c) del comma 1 della norma citata e, cioè, quando il produttore "abbia
deciso" (lett. a) comma 1) di destinare il materiale o il bene allo
smaltimento o al recupero, senza porre in atto la sua volontà ovvero quando lo
stesso produttore "abbia l'obbligo di disfarsi"(lett. c) comma 1) del
materiali e delle sostanze, avviandole al recupero ed allo smaltimento e tale
obbligo non sia stato ancora ottemperato.
1.f. Nella specie, dunque, ricorrono sia l'attività del disfarsi dei
materiale sia quella del "recupero" da parte del Fraticelli (art. 6
D.Lgs. 22/97 c. 1 lett. h) e all. C R4) nonché quella della "messa riserva"
(all. C R13 e art 6 c. 1 lett. 1) dei materiali per essere sottoposti ad
attività di riciclo/recupero (all. C R4).
Ne consegue che i materiali
rinvenuti presso il ricorrente correttamente sono stati considerate rifiuti dal
giudice di merito senza che possa darsi rilievo alla (pretesa) intenzione del
raccoglitore sulla successive destinazione dei materiali e ed essendo, peraltro,
meramente asserita la possibilità di destinarli al ciclo produttivo "tal
guale" o previ "trattamenti minimali", non pericolosi per l'ambiente
e per la salute.
1.g. Tale conclusione - che tiene conto sia della interpretazione
sistematica del D.Lgs. n. 22/92 che della sopravvenuta legge di interpretazione
autentica - non si pone in contrasto con la direttiva CEE n. 75/442, trasfusa
nel Decreto legislativo citato, la cui finalità consiste nella tutela della
salate umana e dell'ambiente contro gli effetti nocivi della "raccolta" (art.
6 lett. h) e all. C) D.lgs. 22/97), del trasporto, del trattamento dell"ammasso"
e del "deposito" (art. 6 1) e all. C R4 e R13) (cfr. sentenza 11.11.2004
Corte Giustizia CEE in causa punto 33) dei residui di produzione o di consumo di
cui il produttore si sia disfatto e per i quali occorra (o sia occorsa) una
operazione di recupero.
2. Col secondo motive si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 31
e 32 del D. Lgs. 5.2.1997 n. 22 e del Decreto del Ministero dell'Ambiente del 5
febbraio 1998. La ditta Fraticelli è (ra) autorizzata alle operazioni di
recupero di rottame alla rinfusa di cui all'All. C previsto nell'art. 6 del D.
Lgs. 22/97 ammesso alla procedure semplificata di cui ai successivi artt. 31 e
33 e, come tale, esonerata dall'obbligo di tenuta dei registri di carico e
scarico.
Il motive non è fondato.
2.a. Non risulta, dalla lettura sistematica delle norme concernenti le
procedure semplificate (capo V D.Lgs. 22/97), l'esonero dalla regolare tenuta
dei registri di carico e scarico dei rifiuti, come, del resto, è stato ritenuto
da questa Corte in sede penale (cfr. Cass. Pen. Sez. III, n. 12122/2002).
2.b. Ed, invero, l'art. 12 del D. Lgs. 22/97 impone l'obbligo della
tenuta del registro, specificandone il contenuto, ai "soggetti di cui
all'art. 11, comma 3", che, a sua volta, li individua in "chiunque
effettua a titolo professionale attività di raccolta e di trasporto di rifiuti,
compresi i commercianti e gli intermediari di rifiuti, ovvero svolge le
operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti, nonché le imprese e gli
enti che producono rifiuti non pericolosi di cui all'art. 7, comma 3 lett.
c-d-e) ...".
Questa formulazione dell'art. 11, non contenendo l'art. 12 alcuna espressa
limitazione al precetto di carattere generale, nel senso dell'applicabilità di
esso alle sole attività soggette ad autorizzazione, conduce all'ovvia
conclusione che l'obbligo della tenuta dei registri in questione grava su tutti
coloro che, con procedure normale o semplificata, effettuano operazioni di
recupero dei rifiuti.
2.c. La conferma testuale di quanto affermato la si rinviene nello stesso
art. 33, comma 10, del decreto n. 22/97, che, prescrivendo un regime meno
rigoroso per rifiuti non pericolosi utilizzati in determinate operazioni, li
sottopone comunque "alle disposizioni di cui agli artt. 10, comma 3, 11, 12 e 15
nonché alle relative norme sanzionatorie".
2.d. Del resto è evidente la ratio di simile disposizione, anche in
considerazione del dettato di cui all'art. 31 c. 1 D.Lgs. 22/97, in base al
quale le procedure semplificate devono "comunque garantire un elevato livello di
protezione ambientale e controlli efficaci", per cui, se non vigesse l'obbligo
posto dall'art. 12, nessun incisivo controllo sarebbe in concrete esercitabile
sulle attività svolte con procedure semplificate.
3. Col terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell'art.
3 comma 2 della legge 241/90. Il ricorrente, nel prospettare le sue osservazioni
al verbale, si era richiamato alla circolare ministeriale 3402/V/Min. che però
non era state tenuta in alcuna considerazione, dal che il difetto di motivazione
del provvedimento impugnato, ai sensi dell'art. 3 comma 2 della legge 241/90,
sulla ricorrenza del presupposti giuridici e di fatto della decisione.
La censura è priva di
fondamento.
Il giudice di merito ha, sul punto della mancata citazione delle circolare
ministeriale, ritenuto che si tratti di un atto di indirizzo non attinente ai
presupposti di fatto né alla ragioni giuridiche determinanti la decisione
(amministrativa impugnata) e tale ratio decidendi non viene puntualmente
censurata dal ricorrente che ripropone la questione negli stessi termini che il
giudice di merito ha motivatamente disatteso.
4. Col quarto motivo si denunzia violazione e falsa applicazione
dell'art. 3 comma 2 della legge 689/81, dovendosi nella specie, escludere la
colpa del ricorrente derivante dall'errore scusabile sul significato e portata
della normativa, confermata dalle difficoltà interpretative della stessa per cui
si era reso necessario un intervento di interpretazione autentica da parte dello
stesso legislatore sul significato di rifiuto.
Il motivo è infondato.
Il giudice di merito ha dato congrua ragione della inapplicabilità dell'art. 3
L. 689/81 escludendo che nella specie sia state dimostrato l'errore del
ricorrente, sia sotto in profilo della scusabilità che della inevitabilità.
Ora il ricorrente ripropone la questione sotto il profilo dell'errore scusabile
sul contenuto precettivo della norma.
4.a. Orbene, questa Corte (Cass. 5615/2003) ha ritenuto che anche nella
materia dell'illecito amministrativo disciplinato dalla legge n. 689/81 possano
aver rilievo i principi affermati nella sentenza della Corte costituzionale n.
364 del 1988 secondo la quale l'inevitabile ignoranza del precetto da parte di
chi commette l'illecito fa venir meno l'elemento soggettivo della colpa, che, ai
fini dell'affermazione della responsabilità, deve necessariamente presidiare
l'elemento oggettivo della violazione (Cass. 6111/2000).
E, tuttavia, per potersi configurare
l'ignoranza inevitabile del precetto occorre tenere presente la posizione
soggettiva di colui che, essendo professionalmente dedito ad uno specifico campo
di attività, regolata della legge e da norma sanzionatorie, è tenuto non solo
all'obbligo generico di conoscenza ed informazione gravante su ogni cittadino,
ma ha un dovere di informazione più incisivo e specifico circa le norme che
disciplinato la sua attività cosi che l'errore sulla liceità della sua condotta
deve essere stato determinato da un elemento positive estraneo all'agente ed
idoneo a determinare in lui la positiva convinzione della liceità della sua
condotta.
4.b. Nel caso di specie, il ricorrente, cui incombeva l'onere della prova
al riguardo (Cass. 4927/98), si è limitato soltanto ad addurre l'ingnorantia
legis in base a presunte e "notorie" difficoltà interpretative delle
norme sui rifiuti.
L'assunto difensivo è palesemente contraddittorio in quanto, per giustificare
l'ignoranza della legge, si richiama all'intervento urgente del legislatore,
avvertito della necessità di dare la definizione di rifiuto con decreto legge,
e, cioè, ad un fattore esterno (l'intervento dell'organo legislativo)
successivo alla commissione del fatto e, quindi, non tale da poter assurgere
a causa di dubbio e/o incertezza sugli obblighi the i1 contribuente era tenuto
ad osservare.
5. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato con la condanna del
ricorrente alle spese, liquidate come nel dispositivo.
PQM
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese,
liquidate in complessivi Euro 1100,00 di cui euro 1000,00 per onorario, oltre
spese fisse, IVA, CAP ed altri accessori di legge.
Così deciso in Roma addì 11 luglio
2006
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