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CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 16/06/2006 (Ud. 03/05/2006), Sentenza n. 20762
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 16/06/2006 (Ud. 03/05/2006), Sentenza n. 20762
(Pres. Vitalone - Est. Lombardi - Imp. Stefani)
UDIENZA PUBBLICA
DEL 03/05/2006
SENTENZA
N. 773
REGISTRO GENERALE
42493/2004
Composta dagli Ill.ml Sigg.:
Dott. Claudio VITALONE
Dott. Aldo GRASSI
Dott. Vincenzo TARDINO
Dott. Alfredo Maria LOMBARDI
Dott. Amedeo FRANCO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sui ricorsi proposti dall'Avv. Ettore Randazzo, difensore di fiducia di Stefani
Tullio, n. a Borgo Valsugana il 6.7.1959, e dagli Avv. Enzo Paiar e Marina
Prati, difensori di fiducia di Filippi Umberto, n. a Trento il 22.3.1962,
avverso la sentenza in data 19.5.2004 del Tribunale di Trento, sezione
distaccata di Borgo Valsugana, con la quale vennero condannati alla pena di €
1.800,00 di ammenda ciascuno, quali colpevoli del reato di cui agli art. 110
c.p. e 51, co. 2, del D. L.vo n. 22/97.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Vincenzo Geraci,
che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
Uditi i difensori, Avv. Ettore Randazzo per Stefani Tullio, e Avv. Giuseppe
Antonini, in sostituzione dell'Avv. Enzo Paiar, per Filippi Umberto, che hanno
concluso per l'accoglimento dei ricorsi;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Trento, sezione distaccata di Borgo
Valsugana, ha affermato la colpevolezza di Stefani Tullio e Filippi Umberto in
ordine al reato di cui agli art. 110 c.p. e 51, co. 2, del D. L.vo n. 22/97,
loro ascritto per avere, il primo quale assessore ai lavori pubblici del Comune
di Grigno ed il secondo quale titolare della ditta esecutrice dei lavori,
effettuato l'abbandono incontrollato di rifiuti speciali non pericolosi,
costituiti da asfalto, su un'area di proprietà del Comune di Grigno.
La sentenza ha accertato in punto di fatto che il Filippi, nella indicata
qualità, aveva depositato i materiali residuati da lavori di demolizione
stradale, per un quantitativo di circa 54 mc., su una particella di proprietà
dell'ente locale, per conto del quale stava eseguendo i lavori, previa
autorizzazione ricevuta dallo Stefani.
Il giudice di merito in particolare ha affermato che, considerata la distanza
del luogo di abbandono dei materiali di risulta da quello di esecuzione dei
lavori, non poteva ritenersi sussistente un'ipotesi di deposito dei materiali
stessi nel cantiere e che, comunque, considerato il quantitativo dei rifiuti,
risultava essere stato superato il limite previsto dall'art. 6 del D. L.vo n.
22/97.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorsi i difensori degli imputati, che la
denunciano con vari motivi di gravame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di annullamento il difensore dello Stefani denuncia la
sentenza per mancanza e manifesta illogicità della motivazione.
Si deduce che il giudice di merito ha affermato la colpevolezza dell'imputato in
ordine al reato ascrittogli, pur avendo accertato che lo stesso non aveva una
specifica competenza in ordine alla autorizzazione che sarebbe stata rilasciata
al Filippi e che, peraltro, detta autorizzazione non é stata rilasciata per
iscritto, sicché è stata attribuita rilevanza penale ad una conversazione
informale intercorsa con il titolare della ditta che eseguiva i lavori; che
quest'ultimo ben conosceva i precisi obblighi cui era tenuto, con riferimento
allo smaltimento dei rifiuti, ai sensi dell'art. 62 del capitolato di appalto.
Con il secondo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione di
norme di cui si doveva tener conto nell'applicazione della legge penale.
Si deduce che ai sensi dell'art. 107 del D. L.vo 18.8.2000 n. 267, in cui è
stato trasfuso l'art. 51 della L. n. 142/90 e successive modificazioni, la
gestione amministrativa, finanziaria e tecnica dei singoli settori dell'ente
locale è attribuita in via esclusiva ai dirigenti degli uffici e dei servizi; a
costoro spettano tutti i compiti di direzione dell'amministrazione locale,
compresa l'adozione di tutti gli atti e provvedimenti che impegnano l'ente verso
l'esterno, non compresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le
funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo degli organi di
governo dell'ente locale. Si deduce, quindi, che il giudice di merito non poteva
ritenere l'assessore comunale concorrente nel reato materialmente commesso da
altri, non avendo il predetto assessore alcun potere di dare l'autorizzazione
richiesta.
Con il primo mezzo di annullamento il difensore dello Stefani denuncia la
violazione ed errata applicazione dell'art. 51, co. 2, del D. L.vo n. 22/97.
Si osserva che ai sensi dell'art. 2 del D. L. 138/2002 non assumono natura di
rifiuto: a) i beni o sostanze che "possono essere e sono effettivamente ed
oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo
o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza
recare pregiudizio all'ambiente.....(ovvero) dopo aver subito un trattamento
preventivo....". Si deduce, quindi, che tutto il materiale bituminoso di cui si
tratta, dopo essere stato accumulato in un quantitativo tale da riempire un
camion, veniva trasportato presso un centro di riciclaggio, ove è stato
riciclato e, poi, riutilizzato, sicché detto materiale non rientra nella nozione
di rifiuto.
Si deduce inoltre, sempre sotto il profilo della violazione di legge, che la
Provincia di Trento ha competenza primaria in materia di ambiente e territorio
e, pertanto, in tale Provincia il D. L.vo n. 22/97 non è immediatamente
applicabile, se non richiamato dalla legge provinciale. Si osserva, poi, che
l'art. 63 della L.P. 19.2.2001 n. 1 dispone che la materia dei rifiuti nella
Provincia di Trento è disciplinata dal D. L.vo n. 22/97 in quanto compatibile
con la disciplina stabilita dalla parte III del T.U. provinciale; che lo stesso
art. 63, co. 2 bis, del predetto T.U. detta una nozione diversa di rifiuto
rispetto a quella indicata dalla legge nazionale, sicché nella Provincia di
Trento si deve tener conto di tale ultima nozione; che, peraltro, in base alla
norma provinciale si può infliggere una sanzione penale solo se la legge
provinciale contiene una norma di richiamo della legge nazionale ovvero la norma
statale sanzioni penalmente la violazione della normativa provinciale, sicché
nella specie manca la norma incriminatrice.
Sostiene ancora il ricorrente che il T.U. delle leggi provinciali in materia di
tutela dell'ambiente dagli inquinamenti disciplina all'art. 87 l'accumulo
temporaneo dei rifiuti, stabilendo che i rifiuti devono essere asportati almeno
ogni dodici mesi, senza, però, determinare un limite quantitativo all'accumulo
dei rifiuti. Si deduce, poi, che la citata disposizione, pur essendo stata
abrogata dall'art. 59 della L.P. 11.9.1998 n. 10, deve ritenersi ancora operante
in virtù del regolamento di attuazione della predetta legge provinciale che ne
ha prorogato l'applicazione in attesa che venissero emanate le ulteriori norme
tecniche statali per l'esercizio delle operazioni di deposito preliminare e di
deposito temporaneo dei rifiuti di cui all'art. 6, co. 1 lett. e) ed m) della L.
n. 22/97, sicché - si deduce - la normativa vigente nella Provincia di Trento
consente l'accumulo temporaneo dei rifiuti senza alcun limite quantitativo,
mentre la norma penale è stata applicata dal giudice di merito in via analogica
alla fattispecie di cui si tratta. Con lo stesso motivo si deduce, infine, che
la sentenza ha erroneamente escluso la buona fede dell'imputato, stante la
complessità della legislazione applicabile e l'autorizzazione ottenuta
dall'assessore comunale.
Con un secondo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la sentenza per
manifesta illogicità della motivazione ed errata applicazione della legge
penale.
Si deduce che il giudice di merito, nel qualificare rifiuto il materiale inerte
oggetto del cosiddetto deposito incontrollato, ha omesso di valutare e
menzionare l'esistenza di un apposito contratto di subappalto stipulato dal
Filippi con una ditta specializzata nel riciclaggio, a fini di reimpiego, del
materiale bituminoso di cui si tratta; fatto da cui si desume la prova del suo
riutilizzo e, quindi, della erroneità della attribuzione ad esso della nozione
di rifiuto.
Si deduce inoltre che il giudice di merito ha, altresì, erroneamente ed
illogicamente escluso che il materiale bituminoso dovesse ritenersi depositato
nel luogo di produzione, in quanto il luogo di accumulo dello stesso doveva
essere qualificato quale cantiere, alla luce delle deposizioni testimoniali
dalle quali è emerso che ivi risultavano depositati macchinari vari, quali
escavatori e macchine di movimentazione terra.
Nel prosieguo del motivo di gravame si ribadisce, infine, la carenza
dell'elemento psicologico del reato da parte dell'imputato, essendogli stato
indicato il luogo di deposito del materiale di cui si tratta da un assessore
dell'ente locale e, pertanto, per essere stato indotto in errore sulla liceità
del fatto dal comportamento di un organo della pubblica amministrazione.
Con motivi aggiunti, di cui alla memoria depositata dalla difesa del Filippi, si
ribadiscono sostanzialmente le precedenti censure in ordine ai vizi della
motivazione della sentenza in punto di esclusione della natura di cantiere
dell'area di deposito dei materiali e di attribuzione della qualità di rifiuto a
questi ultimi.
Entrambi i ricorsi sono infondati.
Per ragioni di ordine logico va premesso l'esame del ricorso del Filippi, con il
quale si contesta la stessa sussistenza della fattispecie contravvenzionale.
Orbene a proposito della ipotesi di reato di cui alla contestazione la Corte
osserva in primo luogo che nella Provincia di Trento, come peraltro riconosciuto
dallo stesso ricorrente, si applica la disciplina dettata in materia di gestione
dei rifiuti dal D. L.vo n. 22/97, in quanto la operatività del testo normativo
statale è espressamente stabilita dall'art. 63, co. 1, del Testo Unico delle
leggi provinciali in materia di rifiuti, approvato con decreto del Presidente
della Giunta provinciale 26.1.1987 n. 1 e successive modificazione, come
sostituito dall'art. 57, co. 5, della legge della Provincia di Trento 11.9.1998
n. 10.
Non trova applicazione, pertanto, nella provincia di Trento una nozione di
rifiuto diversa da quella prevista dalla legge statale, né le ipotesi di reato
previste dalla legge statale vengono applicate nella Provincia autonoma in virtù
di un procedimento di interpretazione analogica.
Peraltro, lo stesso ricorrente invoca la interpretazione autentica del decreto
legislativo n. 22/97 in ordine alla nozione di rifiuto espressa dal legislatore
statale.
A tale proposito va premesso che i materiali bituminosi provenienti da
demolizioni stradali rientrano nella nozione di rifiuto ai sensi dell'allegato 3
al citato D. L.vo n. 22/97 (codice CER 17 00 00).
Orbene, nel caso in esame, il ricorrente invoca erroneamente l'applicazione
dell'art. 14, co. 2, del D.L. 8.7.2002 n. 138, convertito in L. n. 178/2002, ai
sensi del cui disposto non è applicabile la nozione di rifiuto in relazione a
quei materiali per i quali sussistano le seguenti condizioni: b) "se gli
stessi possono essere e sono effettivamente ed oggettivamente riutilizzati nel
medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, dopo aver subito
un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna operazione di
recupero tra quelle individuate nell'allegato C del decreto legislativo n. 22".
Infatti, è lo stesso ricorrente nella specie ad affermare la necessità della
citata operazione di recupero prima del riutilizzo dei materiali derivati dai
lavori di demolizione stradale, avendo stipulato all'uopo un apposito contratto
con una ditta specializzata nel riciclaggio di materiali bituminosi.
A proposito della nozione di deposito temporaneo dei rifiuti lo stesso
ricorrente inoltre riconosce che l'art. 87 del T.U. Provinciale del 26.1.1987 in
materia di rifiuti, che disciplinava l'ipotesi dell'accumulo temporaneo dei
rifiuti, è stato abrogato dall'art. 59 (co. 1 lett. k) della L.P. 11.9.1998 n.
10; né una norma regolamentare poteva attribuire reviviscenza alla disposizione
abrogata con legge, peraltro, con riferimento a prescrizioni contenute nel D.
L.vo n. 22/97 e recepite dalla legislazione provinciale.
Va ancora osservato che il giudice di merito ha esattamente escluso
l'applicabilità dell'art. 6, co. I lett. m), del D. L.vo n. 22/97 circa il
deposito temporaneo dei rifiuti, avendo accertato che il deposito di cui si
tratta, oltre ad essere stato eseguito in quantità superiore a quella consentita
dalla norma (20 mc.), non è avvenuto nel luogo di produzione dei rifiuti, come
prescritto dal citato art. 6, bensì a circa quattro chilometri da detta
località, sicché a nulla rileva il fatto che anche il luogo di deposito potesse
essere definito cantiere, risultando, peraltro, che lo stesso apparteneva ad un
soggetto diverso (l'ente locale) dalla ditta esecutrice dei lavori.
Le questioni afferenti alla buona fede dell'imputato, infine, sono di merito e,
peraltro, la sentenza né ha escluso la fondatezza con motivazione adeguata ed
immune da vizi logici, avendo rilevato che ai sensi dell'art. 62 del capitolato
di appalto il Filippi era tenuto a disfarsi dei materiali di risulta
sostanzialmente in conformità delle prescrizioni di cui al D. L.vo n. 22/97.
Anche il ricorso dello Stefani è infondato.
La sentenza impugnata, nell'affermare la colpevolezza del predetto imputato, ha
puntualmente tenuto conto del fatto che non rientrava nella competenza
dell'assessore ai lavori pubblici del Comune di Grigno rilasciare
l'autorizzazione all'utilizzo della particella di proprietà dell'ente locale per
il deposito del materiale bituminoso oggetto della contestazione, sicché non
sussiste il dedotto vizio di motivazione sul punto.
Ciò precisato, occorre rilevare che secondo la sentenza impugnata detta
autorizzazione, anche se rilasciata in forma verbale - circostanza accertata
nella sede di merito e neppure oggetto di contestazione - ha concretamente reso
possibile al Filippi utilizzare il suolo di proprietà del Comune per effettuare
il deposito incontrollato di rifiuti di cui alla contestazione.
Ciò rilevato in punto di fatto, correttamente è stato affermato il concorso
dell'imputato nella commissione del reato.
Ed, invero, deve essere affermato in punto di diritto che l'organo della
pubblica amministrazione concorre con l'autore del reato anche nell'ipotesi del
rilascio di un'autorizzazione non rientrante nella competenza del medesimo,
allorché la stessa abbia rafforzato il proposito dell'autore della violazione o
addirittura, come nel caso in esame, reso possibile la commissione del fatto.
I ricorsi, pertanto, devono essere rigettati.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al rigetto delle impugnazioni segue la condanna
dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle
spese processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 3.5.2006.
Rifiuti - Deposito temporaneo - Presupposti - Art. 6, co. I lett. m), D. L.vo n. 22/97. Deve essere esclusa l'applicabilità dell'art. 6, co. I lett. m), del D. L.vo n. 22/97 circa il deposito temporaneo dei rifiuti, nel caso accertato che il deposito, oltre ad essere eseguito in quantità superiore a quella consentita dalla norma (20 mc.), non avviene nel luogo di produzione dei rifiuti, come prescritto dal citato art. 6, (in specie a circa quattro chilometri dalla località dichiarata), sicché a nulla rileva il fatto che anche il luogo di deposito potesse essere definito cantiere, risultando, peraltro, che lo stesso apparteneva ad un soggetto diverso (l'ente locale) dalla ditta esecutrice dei lavori. (Pres. Vitalone - Est. Lombardi - Imp. Stefani ed altro). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 16/06/2006 (Ud. 03/05/2006), Sentenza n. 20762
Rifiuti - Materiali bituminosi provenienti da demolizioni stradali sono rifiuti - Abbandono - Pubblica amministrazione - Ipotesi di rilascio di un'autorizzazione non rientrante nella sua competenza. I materiali bituminosi provenienti da demolizioni stradali sono rifiuti. In caso di abbandono degli stessi l'organo della pubblica amministrazione concorre con l'autore materiale anche nell'ipotesi di rilascio di un'autorizzazione non rientrante nella sua competenza allorché la stessa abbia rafforzato il proposito dell'autore della violazione o, addirittura, reso possibile la commissione del fatto. (Pres. Vitalone - Est. Lombardi - Imp. Stefani ed altro). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 16/06/2006 (Ud. 03/05/2006), Sentenza n. 20762
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