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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
Urbanistica e edilizia - Costruzione edilizia - Nozione di "pertinenza
urbanistica" - Ampliamento di struttura produttiva -
Applicabilità del regime pertinenziale - Esclusione - Realizzazione in difetto
del permesso di costruire - Reato di cui all'art. 44 D.P.R. n. 380 del 2001 -
Configurabilità. La nozione di "pertinenza urbanistica" ha peculiarità
sue proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera
preordinata ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed
oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore
di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume
minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche
dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a
servizio dell'immobile cui accede. La relazione con la costruzione preesistente
deve essere, in ogni caso, "di servizio", allo scopo di renderne più agevole e
funzionale l'uso (carattere di strumentante funzionale), sicché non può
ricondursi alla nozione in esame l'ampliamento di un edificio in elusione della
normativa edilizio - urbanistica. Pertanto, l'ampliamento di una struttura
produttiva, attraverso l'oggettivo incremento, in termini di superficie e di
volumi, della preesistente unità immobiliare non può ricondursi alla nozione di
pertinenza, configurandosi, in difetto del rilascio del preventivo permesso di
costruire, il reato di cui all'art. 44 D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380.Presidente: Lupo E. Estensore: Fiale A.
Relatore: Fiale A. Imputato: Benedetto ed altro. P.M. Siniscalchi A. (Conf.) CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 19 gennaio 2006 (Ud. 04/10/2005), Sentenza n.
2199
Udienza pubblica del 4.10.2005
SENTENZA N. 1727
REG. GENERALE n. 9595/1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori:
1. Dott. LUPO Ernesto Presidente
2. Dott. DE MAIO Guido Consigliere
3. Dott. FIALE Aldo Consigliere
4. Dott. FRANCO Amedeo Consigliere
5. Dott. SARNO GIulio Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) Benedetto Vito, n. a Gioia del Colle il 21/09/1945;
2) Cicerone Isabella, n. a Gioia del Colle il 01/08/1948;
avverso la sentenza 19/12/1996 della Corte di Appello di Lecce, Sezione
distaccata di Taranto;
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. Aldo Fiale;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Dr. SINISCALCHI Antonio che ha
concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 23/12/1993 il Pretore di Taranto affermava la responsabilità
penale di Cicerone Isabella e di Benedetto Vito in ordine ai reati di cui:
alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b), (per avere realizzato, nella qualità
di proprietari committenti, senza la necessaria concessione edilizia, un
manufatto avente superficie di complessivi mq. 128 - acc. in Taranto, il
17/10/1991);
alla L. n. 1086 del 1971, artt. 4 e 14;
alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b, (per avere proseguito l'attività
edilizia in violazione dell'ordinanza sindacale di sospensione dei lavori emessa
in data 16/12/1991 - acc. in Taranto, il 28/01/1992); e, riconosciute ad
entrambi circostanze attenuanti generiche, unificati i reati nel vincolo della
continuazione ex art. 81 cpv. c.p., condannava ciascuno alla pena di giorni 20
di arresto e L. 8 milioni di ammenda, ordinando la demolizione delle opere
abusive e concedendo alla sola Cicerone i doppi benefici di legge.
La Corte di Appello di Lecce -
Sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 19/12/1996, dichiarava
inammissibile l'appello proposto nell'interesse della Cicerone (in quanto
sottoscritto da difensore sfornito di mandato specifico) e concedeva anche al
Benedetto il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Avverso tale sentenza ha proposto
ricorso il difensore degli imputati, il quale ha eccepito:
l'insussistenza dei reati edilizi, stante la natura pertinenziale del manufatto,
edificato nel cortile interno di un caseificio ed avente "funzione tecnologica";
l'erronea applicazione della L. n. 1086 del 1971, per l'inesatta attribuzione al
manufatto, avente caratteristiche di prefabbricato, di una consistenza muraria e
cementizia armata;
l'impossibilità di ottemperare all'ordinanza sindacale di sospensione dei
lavori, perché emessa allorquando l'installazione del manufatto prefabbricato
era già completata.
Tenuto conto della domanda di "condono edilizio" presentata dal Benedetto, L. n.
724 del 1994, ex art. 39, questa Corte - all'udienza del 6/11/1997 - ha disposto
la sospensione del procedimento ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 38.
Il Comune di Taranto ha comunicato che, in data 30/08/2001, è stata rilasciata
al Benedetto concessione per condono edilizio avente ad oggetto "integrazione di
fabbricato esistente per uso artigianale - ubicato in Taranto, alla via Salento,
n. 124 - realizzata mediante strutture murane al piano terra".
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente
infondato, ed invero:
1. Nessuna doglianza è riferita in esso alla declaratoria di inammissibilità
dell'appello proposto nell'interesse della Cicerone.
2. Correttamente i giudici del
merito, con ineccepibile apprezzamento di fatto e corretta individuazione dei
criteri di identificazione, hanno escluso che l'opera abusiva in oggetto
costituisca "pertinenza", sottratta in quanto tale al regime concessorio. La
nozione di "pertinenza urbanistica" ha peculiarità sue proprie, che la
distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera
preordinata ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed
oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore
di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume
minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche
dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a
servizio dell'immobile cui accede. La relazione con la costruzione preesistente
deve essere, in ogni caso, "di servizio", allo scopo di renderne più agevole e
funzionale l'uso (carattere di strumentante funzionale), sicché non può
ricondursi alla nozione in esame l'ampliamento di un edificio in elusione della
normativa edilizio - urbanistica.
Nella vicenda in oggetto, invece, vi è stato appunto "ampliamento" di una
struttura produttiva, attraverso l'oggettivo incremento, in termini di
superficie e volumi, di una unità immobiliare preesistente.
3. L'opera (alla stregua delle deposizioni testimoniali acquisite al
dibattimento e della documentazione fotografica) risulta realizzata con elementi
verticali ed orizzontali in cemento armato e muratura, oltre che con elementi
prefabbricati.
I lavori non risultano ultimati all'epoca del primo accesso dei verbalizzanti.
4. La inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione, per cui non può tenersi conto:
della concessione rilasciata, per condono edilizio, in data 30/08/2001 (la cui
rilevanza potrà essere, comunque, valutata in relazione all'esecuzione del
disposto ordine di demolizione);
della prescrizione del reato che venga a scadere in epoca successiva alla
pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione dell'atto di gravame
(vedi Cass., Sez. Unite, 21/12/2000, n. 32, ric. De Luca).
5. Tenuto conto della sentenza 13/06/2000, n. 186 della Corte Costituzionale e
rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "le parti abbiano proposto
il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima consegue, a
norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere solidale delle spese del procedimento
nonché, per ciascun ricorrente, quello del versamento di una somma, in favore
della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi
dedotti, nella misura di Euro 500,00.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 616 c p.p.;
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al
pagamento delle spese processuali, nonché ciascuno di essi al versamento della
somma di Euro cinquecento in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2005
.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2006
Il consigliere estensore
Il presidente
Aldo FIALE
Ernesto LUPO
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