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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
Rifiuti - Terre e rocce da scavo - Sostanze inquinanti. L’inquinamento
che non snatura le terre e rocce da scavo è esclusivamente quello afferente alle
sostanze inquinanti, derivanti dall’attività di escavazione, perforazione e
costruzione e, cioè, dalle stesse operazioni di scavo, mentre i materiali
diversi, derivanti da demolizioni edilizie, non rientrano in tale categoria.
Pres. Postiglione - Est. Lombardi - Ric. Dotti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 23 giugno 2006 (Ud. 09/06/2006), Sentenza n. 22063
Procedura e varie - Concessione della sospensione condizionale della pena.
Per la concessione della sospensione condizionale della pena non sono
ipotizzabili né la necessità di una istanza dell'imputato né il potere della
parte di rinunciarvi, con la sola precisazione che la concessione medesima non
può risolversi in un pregiudizio per l'imputato, che involga interessi
giuridicamente apprezzabili in quanto correlati alla finalità stessa della
sospensione condizionale, compromettendo posizioni garantite con la previsione
del beneficio. In tale prospettiva la mera opportunità di riservare il beneficio
a future condanne eventualmente più gravi non può assumere quella rilevanza
giuridica richiesta per considerare la concessione come pregiudizievole." (sez.
III, 200012279, Buzzi, riv. 217991; conf. sez. I, 199910791, Bello, riv. 214207;
sez. I, 200225513, Turiano, riv. 219805; sez. V, 200315791, Tagliabue, riv.
224192). Pres. Postiglione - Est. Lombardi - Ric. Dotti. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE Sez. III, 23 giugno 2006 (Ud. 09/06/2006), Sentenza n. 22063
Udienza pubblica del 9.6.2006
REG. GENERALE n. 22822/2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III.mi Signori
Dott. Amedeo Postiglione Presidente
Dott. Alfredo Teresi Consigliere
Dott. Claudia Squassoni Consigliere
Dott. Alfredo Maria Lombardi Consigliere
Dott. Amedeo Franco Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto dall'Avv. Renzo Nardin, difensore di fiducia di Dotti
Emanuela, n. a Brescia il 10.10.1958, avverso la sentenza in data 22.2.2005 del
Tribunale di Brescia, con Ia quale venne condannata alla pena di € 6.000,00 di
ammenda, pena sospesa, quale colpevole del reato di cui all'art. 51, co. 1 lett.
a), del D. L. vo n. 22/97.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
Udito il P. M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Vittorio Meloni,
che ha concluso per l'annullamento della sentenza sul punto della sospensione
condizionale della pena;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
con la sentenza impugnata il
Tribunale di Brescia ha affermato la colpevolezza di Dotti Emanuela in ordine al
reato all'art. 51, co. 1 lett. a), del D. L. vo n. 22/97, ascrittole perché, in
qualità di amministratore unico della Ditta "Fin Beton" S.r.l., effettuava lo
stoccaggio, per circa 300 mc., di rifiuti speciali non pericolosi, costituiti da
materiali provenienti da demolizioni frammisti a terra da scavo, senza la
prescritta autorizzazione.
La sentenza ha affermato che il materiale di cui alla contestazione deve
qualificarsi rifiuto, non rientrando lo stesso nella categoria delle sostanze e
materiali effettivamente riutilizzati senza aver subito alcun trattamento
preventivo, ai sensi dell'art. 14, co. 2 lett. a), del D.L. 8.7.2002 n. 138,
convertito in L. 8.8.2002 n. 178, né in quella delle terre e rocce da scavo, di
cui all'art. 1, co. 17-19, della L. 21.12.2001 n. 443.
In punto di fatto il giudice di merito ha accertato che il materiale di cui si
tratta era costituito non solo da terre e rocce da scavo, ma anche da materiali
provenienti da demolizioni, quali tegole, laterizi rotti, pezzi di cemento e
coppi.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputata, che la
denuncia con due motivi di gravame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente denuncia la violazione ed
errata applicazione dell'art. 1, co. 17-19, della L. 21.12.2001 n. 443, nonché
dell'art. 14, co. 2 lett. a), della L. 8.8.2002 n. 178.
La ricorrente censura l'affermazione della sentenza, secondo la quale deve
escludersi che i materiali di cui alla contestazione rientrino nella categoria
delle terre e rocce da scavo, ai sensi dell'art. 1, co. 17-19, della L.
21.12.2001 n. 443, deducendo sul punto che il giudice di merito ha interpretato
erroneamente la norma citata, ai sensi del cui disposto le sostanze provenienti
da scavo non costituiscono rifiuti, anche quando sono contaminate da sostanze
inquinanti derivanti dalla attività di escavazione, perforazione e costruzione,
allorché siano destinate, come nel caso in esame, allo impiego per operazioni di reinterri,
riempimenti, rilevati e macinati, anche se destinati a differenti cicli di
produzione industriale, incluso il riempimento delle cave coltivate. Si deduce
inoltre che il giudice di merito ha anche effettuato una lettura travisante
delle risultanze processuali a proposito della presenza di frammenti di laterizi
e calcestruzzo, presenza che risultava del tutto residuale.
Si deduce, infine, che i materiali
di cui alla contestazione non potevano essere qualificati rifiuti anche ai sensi
dell'art. 14, co. 2 lett. a), della L. 8.8.2002 n. 178, trattandosi di materiali
prodotti dalla società Fin Beton, di cui quest'ultima non aveva l'intenzione di
disfarsi, reimpiegandolo a seguito di un'operazione di trattamento preventivo
minimo (macinazione o triturazione), non sussumibile in alcune delle tipologie
che vengono qualificate quali operazioni di recupero ai sensi dell'allegato C)
del D. L. vo n. 22/97.
Con il secondo mezzo di annullamento la ricorrente denuncia la violazione ed
errata applicazione dell'art. 163 c.p.
Si osserva che il giudice di merito ha concesso all'imputata il beneficio della
sospensione condizionale della pena, benché quest'ultima non né avesse formulato
richiesta.
Si deduce, quindi, che il beneficio in questione, ferma restando la valutazione
del giudice di merito in ordine alla possibilità di concederlo, rientra nella
disponibilità dell'imputato, alla cui richiesta deve ritenersi subordinata la
concessione medesima; che, peraltro, è interesse dell'imputata non usufruire del
predetto beneficio in relazione ad una condanna che non ne compromette la
libertà personale.
II ricorso non è fondato.
Osserva la Corte in ordine al primo motivo di gravame che il giudice di merito
ha accertato in punto di fatto, sulla base di una valutazione delle risultanze
processuali non censurabile in sede di legittimità mediante la generica
deduzione di rilievi in senso contrario, che i materiali oggetto del deposito da
parte della ditta Fin Beton erano costituiti, oltre che da terre e rocce da
scavo, anche da residui di demolizioni edili, quali tegole, laterizi rotti,
pezzi di cemento e coppi.
La sentenza impugnata, pertanto, ha esattamente escluso che detti materiali
siano sussumibili nella categoria di quello previsto dal citato art. 1, co.
17-19, della L. 21.12.2001 n. 443, come modificati dall'art. 23 della L.
31.12.2003 n. 306, contenenti disposizioni interpretative dell'art. 7, co. 3
lett. b) e dell'art. 8, co. 1 lett. f) bis, del D. L. vo n. 22/97.
Sul punto si deve osservare che l'inquinamento, che non snatura le terre e rocce
da scavo, ai sensi delle disposizioni citate, è esclusivamente quello afferente
alle sostanze inquinanti, derivanti dalla attività di escavazione, perforazione
e costruzione, e, cioè, dalle stesse operazioni di scavo, mentre nel caso in
esame i materiali diversi, derivanti da demolizioni edilizie, certamente non
rientrano nella citata categoria delle sostanze inquinanti.
Peraltro, l'utilizzazione delle predette terre e rocce da scavo è subordinato
alla presentazione di un progetto sottoposto a VIA o, comunque, alla
presentazione di un progetto approvato dalla competente autorità amministrativa,
previo parere dell'ARPA, mentre il giudice di merito ha accertato la inesistenza
della prescritta progettazione.
La sentenza ha, altresì, esattamente affermato che i materiali di cui alla
contestazione non rientrano tra le sostanze per le quali deve essere esclusa la
nozione di rifiuto, ai sensi della interpretazione autentica dell'art. 6, co. 1
lett. a), del D. L .vo n. 22/97, contenuta nell'art. 14, co. 2 lett. a), del
D.L. 8.7.2002 n. 138, convertito in L. 8.8.2002 n. 178.
Infatti, il comma secondo del citato art. 14 - come peraltro esattamente
rilevato nella sentenza impugnata - si riferisce esclusivamente alle sostanze di
cui alle lettere b) e c) del comma primo e, cioè, alle sostanze di cui il
produttore "abbia deciso" o "abbia l'obbligo di disfarsi" e non anche alle
sostanze di cui alla lettera a) e, cioè, alle sostanze di cui ci si sia già
disfatti.
Orbene, il giudice di merito ha accertato in proposito che i materiali stoccati
dalla Fin Beton non erano stati prodotti dalla predetta società, bensì dalle
ditte operanti nei cantieri dai quali la Fin Beton li aveva prelevati, per
sottoporli alle operazioni di triturazione necessarie per il successivo
utilizzo, sicché la attività posta in essere dall'imputata rientra tra quelle
proprie della gestione dei rifiuti, ai sensi dell'art. 51, co. 1 lett. a) del D.
L. vo n. 22/97, qualificandosi tra l'altro l'operazione di accumulo dei
materiali di cui si tratta quale operazione di messa in riserva ai sensi della
voce R 13 dell'allegato C) di cui al predetto decreto legislativo.
Né può attribuirsi alcuna rilevanza all'inciso contenuto nel ricorso circa la
produzione dei predetti materiali direttamente dalla Fin Beton, senza che sia
stato formulata alcuna contestazione avverso puntuale accertamento di merito
della sentenza in proposito.
Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
Secondo l'ormai consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte "Per
la concessione della sospensione condizionale della pena non sono ipotizzabili
né la necessità di una istanza dell'imputato né il potere della parte di
rinunciarvi, con la sola precisazione che la concessione medesima non può
risolversi in un pregiudizio per l'imputato, che involga interessi
giuridicamente apprezzabili in quanto correlati alla finalità stessa della
sospensione condizionale, compromettendo posizioni garantite con la previsione
del beneficio. In tale prospettiva la mera opportunità di riservare il beneficio
a future condanne eventualmente più gravi non può assumere quella rilevanza
giuridica richiesta per considerare la concessione come pregiudizievole."
(sez. III, 200012279, Buzzi, riv. 217991; conf. sez. I, 199910791, Bello, riv.
214207; sez. I, 200225513, Turiano, riv. 219805; sez. V, 200315791, Tagliabue,
riv. 224192).
Orbene, poiché la ricorrente ha fondato la contestazione in ordine alla
concessione del beneficio non richiesto sulla mera opportunità di riservarlo per
altre eventuali future evenienze, si palesa evidente la inammissibilità della
doglianza nei sensi in cui è stata proposta.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al rigetto dell'impugnazione segue la condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali
.
P. Q . M.
La Corte rigetta il ricorso e
condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica
udienza del 9. 6. 2006
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