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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
(Ud. 13/06/2006), Sentenza n. 25063
Rifiuti - Urbanistica e edilizia - Impianto di compostaggio di natura
industriale - Autorizzazione in zona agricola - Esclusione. In materia di
rifiuti, un impianto di compostaggio, avente -almeno in apparenza- natura
industriale, non può essere assentito in zona agricola, senza previa modifica
dello strumento urbanistico. Pres. Di Virgilio - Est. Milo - Ric. Freda ed
altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 19 luglio 2006 (Ud. 13/06/2006),
Sentenza n. 25063
Rifiuti - Impianto di compostaggio - Realizzazione - Iter - Conferenza di
servizi - Autorizzazioni - Presupposti. La realizzazione di un impianto di
compostaggio che ricade nella disciplina di cui all'art. 27 n. 22/97 (c.d.
decreto "Ronchi"), pone come passaggi obbligati: la nomina da parte della
Regione di un responsabile del procedimento, la convocazione di una conferenza
di servizi "cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti e i
rappresentanti degli enti locali interessati" e prescrive una rigida procedura
per l'approvazione del progetto e l'autorizzazione dell'opera da parte della
Giunta Regionale. Sicché, l'approvazione del progetto e l'autorizzazione alla
realizzazione dell'impianto possono costituire variante allo strumento
urbanistico soltanto se il provvedimento ex art. 27 "sia adeguatamente motivato
in relazione alla pubblica utilità dell'opera, per cui l'amministrazione, pur
nell'esercizio di un potere discrezionale, deve effettuare una approfondita
valutazione dell'interesse pubblico alla realizzazione dell'impianto in variante
allo strumento urbanistico sotto il profilo della pubblica utilità, urgenza ed
indifferibilità dell'opera e solo la ricorrenza di tali esigenze può legittimare
la compressione delle scelte effettuate dai Comuni in sede di pianificazione
urbanistica". Nella specie, deve porsi nuovamente in esecuzione il decreto di
sequestro preventivo a suo tempo adottato. Pres. Di Virgilio Est. Milo Ric.
Freda ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 19 luglio 2006 (Ud.
13/06/2006), Sentenza n. 25063
Procedure e varie - Misure cautelari reali - Sequestro - Controllo
giurisdizionale - Limiti. Perché la misura cautelare sia legittimamente
disposta, a necessario che sia stato commesso un fatto riconducibile, in
astratto, ad una determinata fattispecie criminosa, sicché il controllo
giurisdizionale dovrà vertere sulla sussumibilità, pur sommaria, del fatto nella
fattispecie penale oggetto di contestazione. Il vaglio da parte del giudice, in
tema di misure cautelari reali, non può spingersi sino ad analizzare in concreto
la fondatezza dell'accusa, ma deve "limitarsi all'astratta possibilità di
sussumere il fatto attribuito ad un soggetto in una determinata ipotesi di
reato", rimanendo preclusa al Tribunale investito del riesame della misura la
valutazione sulla sussistenza e gravità degli indizi di colpevolezza (cfr. C.
Cost. 17/2/1994 n. 48; Cass. S.U. 25/3/1993. Gifuni). Pres. Di Virgilio Est.
Milo Ric. Freda ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 19 luglio 2006
(Ud. 13/06/2006), Sentenza n. 25063
Udienza Camera di consiglio del 13.6.2006
SENTENZA N. 1314
REG. GENERALE n. 047694/2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
Dott. DI VIRGINIO
ADOLFO Presidente
1. Dott. MANNAINO SAVERIO FELICE Consigliere
2. Dott. SERPICO FRANCESCO Consigliere
3. Dott. MILO NICOLA Consigliere
4. Dott. ROSSI AGNELLO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PUBBLICO MINISTERO PRESSO
TRIB LIBERTA'
di AVELLINO
nei confronti di:
1) FREDA ANGELO
N. IL 09/03/1973
2) RICCIARDELLI GIULIA
N. IL 18/01/1944
avverso ORDINANZA del 11/11/2005
TRIB. LIBERTA' di AVELLINO
sentita la relazione fatta dal Consigliere MILO NICOLA
lette/sentite le conclusione del P.G. Dr. A.M. De Sandro, che ha concluso con
l'annullamento senza rinvio
il difensore non è comparso.
Fatto e diritto
Il Tribunale di Avellino, nell'ambito del procedimento penale a carico di
Ricciardelli Giulia, Freda Angelo, Freda Giovannino, Petrillo Ivano e
Petrozziello Vincenzo, indagati in ordine ai reati di cui agli art. 323 c.p., 44
dpr n. 380/'01 e 51 d. lgv. n. 22/'97, con ordinanza 11/11/2005, decidendo in
sede di riesame ex art. 324 c.p.p., annullava il decreto di sequestro preventivo
emesso il precedente 22 ottobre dal Gip dello stesso Tribunale (con contestuale
convalida del sequestro operato dal Corpo Forestale l'11/10/2005) ed avente ad
oggetto l'area di circa mq. 9.000, sita in agro di Prata P.U., e il relativo
impianto di compostaggio in corso di realizzazione su di essa, disponendone la
restituzione agli aventi diritto.
Riteneva il Tribunale di non ravvisare, nella specie, gli estremi degli
ipotizzati reati: non violata la normativa sulla richiesta autorizzazione
regionale per la realizzazione dell'impianto di compostaggio, essendo -nella
specie- consentito l'accesso alla procedura semplificata di cui agli art. 31 e
33 del d.lgv. n. 22/'97, come attestato dalla nota in data 19/10/2005 (prot.
0857021) dell'Area Generale di Coordinamento Ecologia della Giunta regionale
della Campania; non configurabili l'abuso di ufficio e il reato edilizio,
considerato che la relativa autorizzazione alla realizzazione dell'impianto era
stata legittimamente rilasciata, senza alcuna violazione dello strumento
urbanistico, il quale consentiva, anche in zona agricola, costruzioni per
industrie funzionali allo sfruttamento in loco delle risorse del suolo, e
che anche l'esecuzione del muro di contenimento, come attestato dall'U.T.C., era
regolarmente prevista nel progetto approvato.
Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Avellino e ha denunciato la violazione e l'erronea applicazione
della legge penale, nonché il vizio di motivazione, sotto vari profili: il
Tribunale, sulla base della documentazione prodotta dalla parte interessata, si
era avventurato nell'analisi di merito dell'ipotizzato capo d'accusa, piuttosto
che limitarsi a verificare l'astratta possibilità di sussumere i fatti oggetto
di causa nelle corrispondenti fattispecie legali; aveva omesso una qualunque
attività interpretativa della normativa del c.d. decreto "Ronchi" e non aveva
affrontato la questione di diritto sulla possibilità di accesso alla procedura
semplificata anche per la costruzione di impianti destinati alla gestione dei
rifiuti, oltre che per le operazioni/attività di recupero o autosmaltimento; il
piano regionale della Campania non prevedeva alcuna possibilità di realizzare
l'impianto di compostaggio sull'area oggetto di sequestro e ricadente nel
territorio del comune di Prata; i manufatti edilizi realizzati contrastavano con
la normativa di attuazione del P.D.F. e, costituendo un ampliamento di pregresse
costruzioni abusive mai sanate, dovevano ritenersi non legittimamente assentiti;
si era affermata la legittimità del muro di contenimento sulla base
dell'attestato di conformità proveniente dal sindaco Petrozziello, principale
indagato.
Le parti offese, tramite il loro difensore, hanno prodotto, in data 29/5/2006,
memoria con la quale hanno sottolineato l'assoluta illegittimità dell'attività
posta in essere dagli indagati, cosi come lealmente riconosciuto, nel corso del
giudizio instauratosi dinanzi al TAR Campania, dall'Amministrazione Provinciale
di Avellino, ente preposto al controllo sulle attivitàdi gestione dei rifiuti, e
hanno richiamato, a conforto del loro assunto, un recente predente in materia di
questa Suprema Corte (Cass. Sez. III 11/5/2005. Delle. Foglie).
Con istanza datata 5/6/2006, gli indagati Freda Angelo e Ricciardelli Giulia
hanno lamentato di non avere ricevuto l'avviso di fissazione dell'odierna
udienza; anche l'indagato Freda Giovannino, a sua volta, ha lamentato di non
essere stato mai avvertito della presente procedura, pur essendo stato anch'egli
destinatario del provvedimento di sequestro.
Il ricorso è fondato e, conseguentemente, l'ordinanza di riesame, sulla base di
quanto emerge dalla medesima e dal provvedimento genetico della misura reale, va
annullata senza rinvio, con l'effetto che deve rivivere il sequestro preventivo
a suo tempo disposto dal Gip.
Preliminarmente osserva la Corte che deve ritenersi regolarmente instaurato
contraddittorio per l'odierna udienza. Ed invero, Freda Angelo e Ricciardelli
Giulia, in quanto assistiti da difensore di fiducia, l'avv. Guido Materazzo al
quale risulta essere stato regolarmente notificato l'avviso per l'odierna
udienza, non avevano diritto anch'essi alla notifica personale dello stesso
avviso, la quale compete, ai sensi dell'art. 613 c.p.p., al solo imputato che
non sia assistito da difensore di fiducia. Quanto a Freda Giovannino, rileva la
Corte che il medesimo non è parte nella presente procedura incidentale, che
venne attivata dai soli indagati Freda Angelo e Ricciardelli Giulia.
Passando alla sollecitata verifica del provvedimento impugnato, correttamente il
P.M. ricorrente stigmatizza l'errore di prospettiva in cui è incorso il giudice
del riesame, il quale, senza approfondire gli esatti termini della vicenda e
l'interpretazione della normativa di riferimento, si sofferma nell'analizzare il
quadro di gravità indiziaria a carico degli indagati, per escluderne
semplicisticamente la sussistenza, nonostante tutto ciò non sia funzionale
all'adozione della misura cautelare reale.
Perché questa sia legittimamente disposta, a necessario che sia stato commesso
un fatto riconducibile, in astratto, ad una determinata fattispecie criminosa,
sicché il controllo giurisdizionale dovrà vertere sulla sussumibilità, pur
sommaria, del fatto nella fattispecie penale oggetto di contestazione; il vaglio
da parte del giudice, in tema di misure cautelari reali, non può spingersi sino
ad analizzare in concreto la fondatezza dell'accusa, ma deve "limitarsi
all'astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito ad un soggetto in una
determinata ipotesi di reato", rimanendo preclusa al Tribunale investito del
riesame della misura la valutazione sulla sussistenza e gravità degli indizi di
colpevolezza (cfr. C. Cost. 17/2/1994 n. 48; Cass. S.U. 25/3/1993. Gifuni).
Ciò posto, non v'è dubbio che, almeno allo stato, l'impianto di compostaggio in
contestazione non sembra essere stato realizzato nel rispetto della normativa
dettata dal c.d. decreto "Ronchi" e dello strumento urbanistico vigente nel
comune di Prata P.U. Detto impianto, avente -almeno in apparenza- natura
industriale, risulta essere stato assentito in zona agricola, senza previa
modifica dello strumento urbanistico, appare ricadere nella disciplina di cui
all'art. 27 del citato decreto "Ronchi", che pone come passaggi obbligati la
nomina da parte della Regione di un responsabile del procedimento, la
convocazione di una conferenza di servizi "cui partecipano i responsabili degli
uffici regionali competenti e i rappresentanti degli enti locali interessati" e
prescrive una rigida procedura per l'approvazione del progetto e
l'autorizzazione dell'opera da parte della Giunta Regionale. L'approvazione del
progetto e l'autorizzazione alla realizzazione dell'impianto possono costituire
variante allo strumento urbanistico soltanto se il provvedimento ex art. 27 "sia
adeguatamente motivato in relazione alla pubblica utilità dell'opera, per cui
l'amministrazione, pur nell'esercizio di un potere discrezionale, deve
effettuare una approfondita valutazione dell'interesse pubblico alla
realizzazione dell'impianto in variante allo strumento urbanistico sotto il
profilo della pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dell'opera e solo la
ricorrenza di tali esigenze può legittimare la compressione delle scelte
effettuate dai Comuni in sede di pianificazione urbanistica". Di fronte a tale
realtà, i manufatti realizzati, al di là delle difformità rilevate rispetto a
quanto assentito, non sembrano conformi allo strumento urbanistico e appaiono
piuttosto riconducibili ad una attività di abuso d'ufficio che avrebbe
caratterizzato il rilascio della relativa concessione edilizia, al fine di
privilegiare interessi di parte rispetto a quello pubblico.
Poiché, per effetto della presente decisione, deve porsi nuovamente in
esecuzione il decreto di sequestro preventivo a suo tempo adottato, la
cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all'art. 28 norme reg. c.p.p.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 28 norme reg. c.p.p..
Così deciso in Roma il 13/6/2006
L' estensore
Il presidente
Nicola Milo
Adolfo Di VIrginio
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