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CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 24/01/2006 (Cc. 21/12/2005), Sentenza n. 2768
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE
DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 24/01/2006 (Cc. 21/12/2005), Sentenza n. 2768
Pres. Postiglione A. Est. Sarno
G. Rel. Sarno G. Imp. Nardini. P.M. Siniscalchi A. (Diff.), (Dichiara
inammissibile, App. Firenze, 15 Aprile 2002).
del 21/12/2005
SENTENZA N. 2429
REGISTRO GENERALE
N. 29134/2002
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente -
Dott. GENTILE Mario - Consigliere -
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere -
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere -
Dott. SARNO Giulio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) NARDINI TIZIANO, N. IL 01/03/1955;
avverso SENTENZA del 15/04/2002 CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. SARNO
GIULIO;
udito il P.M. in persona del Dott. SINISCALCHI Antonio che ha concluso:
annullamento senza rinvio per prescrizione.
OSSERVA
Nardini Tiziano, imputato a) del reato p. e p. dalla L. n. 47 del 1985, art.
20, lett. c), per avere realizzato senza la prescritta concessione edilizia
in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, ai sensi della L. n. 431 del
1985, le seguenti opere: 1) porticato (tettoia) costituito da pilastri in
mattoni faccia-vista e orditura con travi in legno, coperto con materiale
plastico leggero e sovrastante cannucciato, delle dimensioni di m. 9 x 4,77,
e 2) manufatto costituito da pilastri in mattoni faccia-vista, con
pavimentazione in calcestruzzo, adibito a garage,delle dimensioni di m. 8,
25 x 8,60; b) del reato p. e p. dal D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163, per
avere realizzato le - opere sopradescritte in zona sottoposta a vincolo
paesaggistico ai sensi della L. n. 431 del 1985 senza la prescritta
autorizzazione. - reati commessi nel mese di aprile 2000 -, propone ricorso
per cassazione avverso la della Corte di Appello di Firenze, che in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Lucca, Sezione distaccata di
Viareggio, in data 11/10/2001, lo assolveva dal reato sub b) perché il fatto
non sussiste e, quanto al capo a), ritenuta l'ipotesi di cui alla L. n. 47
del 1985, art. 20, lett. b) lo condannava alla pena di giorni sei di arresto
e di Euro 5.000,00 di ammenda, eliminando l'ordine di rimessione in
pristino. 11 ricorrente eccepisce:
1) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ed illogicità
della motivazione in punto di avvenuta abrogazione della normativa
previgente a seguito dell'entrata in vigore del D.P.R. n. 380 del 2002;
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, inosservanza delle
norme processuali stabilite a pena di nullità della sentenza, omessa
dichiarazione della nullità della sentenza di primo grado per violazione del
principio di correlazione tra imputazione e sentenza in relazione agli artt.
516, 520, 521, 522 c.p.p. riguardo al tempus commissi delicti; violazione
della legge penale in relazione all'art. 597 c.p.p. per non avere il Giudice
d'Appello qualificato correttamente il fatto anche quanto al tempus commissi
delicti. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale - omessa ed
erronea valutazione delle circostanze di fatto e delle prove assunte -
carenza assoluta di motivazione in punto di sottoponibilità delle opere al
regime concessorio. violazione di legge in relazione alla L.R. Toscana n. 52
del 1999, art. 3. Con memoria aggiunta il ricorrente ha eccepito
l'intervenuta prescrizione del reato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato. Per quanto
concerne il primo motivo di ricorso è oramai consolidato l'orientamento di
questa Corte nell'affermare che con l'entrata in vigore del D.L. 23 novembre
2001, n. 41, art. 5 bis, convertito, con modificazioni, nella L. 31 dicembre
2001, n. 463, che ha prorogato il termine di entrata in vigore del D.P.R. 6
giugno 2001, n. 380 (testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia), che aveva avuto un primo periodo di
vigenza dal 1 al 9 gennaio 2002, non si è verificato alcun vuoto normativo,
in quanto detta proroga ha determinato anche la sospensione dell'efficacia
del citato D.P.R. n. 380 del 2001, art. 136, contenente l'abrogazione della
L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, con la conseguenza che tale ultima
disposizione è rimasta in vigore, medio tempore, con conseguente punibilità
dei fatti commessi sotto la sua vigenza, (ex plurimis N. 12577 del 2005 Rv.
231316; N. 1572 del 2002 Rv. 223290, N. 38182 del 2002 Rv. 222641, N. 9534
del 2003 Rv. 224176). Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso la
doglianza del ricorrente si sostanzia nel rilievo che, nonostante nel corso
del dibattimento di primo grado l'epoca di ultimazione delle opere
realizzate fosse risultata essere quella dell'aprile 1998 per il porticato e
novembre 1998 per il garage e non, quindi, aprile 2000, come originariamente
contestato, il Giudice non aveva provveduto a rimettere gli atti al P.M. per
la mancanza di correlazione tra accusa ed accertamento effettuato in
dibattimento o, comunque, a modificare l'imputazione.
Sul punto la corte di merito ha motivato sostenendo che la differenza della
data di commissione del fatto non costituiva causa di nullità a norma
dell'art. 522 c.p.p. perché l'errata contestazione della data non era tale
nel caso di specie, da ridurre il diritto di difesa dell'imputato, che in
effetti si era pienamente difeso anche sul punto, mediante l'indicazione di
propri testi, che erano stati esaminati.
E la motivazione del Giudice di Appello appare senz'altro condivisibile in
relazione ai principi più volte espressi da questa Corte e dai quali in
questa sede non vi è ragione di discostarsi. Ed, invero, si è già affermato
che l'immutazione del fatto di rilievo, ai fini della eventuale
applicabilità della norma dell'art. 521 cod. proc. pen., è solo quella che
modifica radicalmente la struttura della contestazione, in quanto
sostituisce il fatto tipico, il nesso di causalità e l'elemento psicologico
del reato, e, per conseguenza di essa, l'azione realizzata risulta
completamente diversa da quella contestata, al punto da essere incompatibile
con le difese apprestate dall'imputato per discolparsene (Sez. 1, Sentenza
n. 6302 del 14/04/1999 Rv. 213459); che l'imputato non può essere giudicato
e condannato per fatti relativamente ai quali non sia stato in condizioni di
difendersi, fermo restando che la contestazione del fatto non deve essere
ricercata soltanto nel capo di imputazione ma deve essere vista con
riferimento ad ogni altra integrazione dell'addebito che venga fatta nel
corso del giudizio e sulla quale l'imputato sia stato posto in grado di
opporre le proprie deduzioni. (Sez. 6, Sentenza n. 21094 del 25/02/2004 Rv.
229021) ed, infine, che le previsioni di cui agli articoli 521 e 522 cod.
proc. pen., hanno lo scopo di garantire il contraddittorio sul contenuto
dell'accusa e, quindi, l'esercizio effettivo del diritto di difesa
dell'imputato, con la conseguenza che non è possibile ipotizzarne una
violazione in astratto, prescindendo dalla natura dell'addebito
specificamente formulato nell'imputazione e dalle possibilità di difesa che
all'imputato sono state concretamente offerte dal reale sviluppo della
dialettica processuale (Sez. 5, Sentenza n. 46203 del 09/11/2004 Rv.
231169).
In ordine al terzo motivo di ricorso, premesso che la L.R. Toscana 14
ottobre 1999, n. 52, alla lettera f), art. 3, menziona espressamente le
addizioni volumetriche agli edifici esistenti non assimilate alla
ristrutturazione edilizia, va ricordato che, come più volte affermato da
questa Corte, in materia di reati edilizi, la nozione di pertinenza
urbanistica, sottratta al regime della concessione edilizia e assoggettata a
quello dell'autorizzazione gratuita, ha peculiarità proprie e distinte dalla
nozione civilistica, giacché deve avere una propria identità fisica ed una
propria conformazione strutturale ed essere preordinata ad un'esigenza
effettiva dell'edificio principale, al cui servizio deve essere posta in via
funzionale ed oggettiva, mentre non deve possedere un autonomo valore di
mercato, nel senso che il suo volume non deve consentire una sua
destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui
accede.
Pertanto è priva di un oggettivo nesso di "strumentalità funzionale" la
costruzione di una parte di edificio in ampliamento e adiacente a quello
principale, benché destinato ad autorimessa, in quanto è evidente che tale
vano può mutare la sua destinazione o comunque è utilizzabile economicamente
in altro modo (Sez. 3, Sentenza n. 5465 del 09/12/2004 Rv. 230846).
Peraltro in materia edilizia, la natura pertinenziale deve essere desunta da
inequivoci dati obiettivi, i quali devono al tempo stesso escludere che
l'opera possa essere altrimenti utilizzata, se non per il servizio e o
l'ornamento dell'edificio principale.
Il che non è possibile ritenere per un vano realizzato in area discosta
dall'edificio principale, finalizzato al servizio come garage solo in base
alle intenzioni e alle dichiarazioni dell'interessato (Sez. 3, Sentenza n.
5652 del 15/03/1994 Rv. 199124). Ed anche per quanto concerne il porticato
si è già escluso sulla base dei principi citati che possa rientrare nel
novero delle pertinenze, poiché questo è opera accessoria, mancando di
autonomia ed individualità (Sez. 3, Sentenza n. 4056 del 07/05/1997 Rv.
207609).
L'inammissibilità del ricorso dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi
non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude,
pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità
a norma dell'art. 129 cod. proc. pen., e, quindi, anche della prescrizione
eventualmente maturata (Sez. 4, Sentenza n. 18641 del 20/01/2004 Rv.
228349).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro
cinquecento in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Dichiara inammissibile il ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di Euro cinquecento in
favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2005.
Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2006
1) Urbanistica e edilizia - Costruzione edilizia - Sostituzione del manto di copertura - Carattere di manutenzione ordinaria - Condizioni - Individuazione - Manutenzione straordinaria - D.i.a.. In materia edilizia, la sostituzione del manto di copertura del tetto rientra tra gli interventi di manutenzione ordinaria a condizione che non vi sia alcuna alterazione dell'aspetto o delle caratteristiche originarie, diversamente si configura una ipotesi di manutenzione straordinaria, per la quale è richiesta la denuncia di inizio attività, se non di nuova costruzione con permesso di costruire alternativo alla d.i.a. Pres. Lupo E. Est.: Petti C. Rel. Petti C. Imp. P.M. in proc. Rasulo. P.M. Di Popolo A. (Diff.), (Annulla con rinvio, Trib. Napoli, 28 Giugno 2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 25/01/2006 (Cc. 19/12/2005), Sentenza n. 2935
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