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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
Inquinamento idrico - Acque - Analisi dei reflui - Metodica di prelievo e
campionamento - Disciplina. La disciplina sulla metodica di prelievo e
campionamento non solo non integra la fattispecie penale, di cui all'art. 59,
comma 5, D.Lgs. 152/1999, perchè non fornisce alcun elemento aggiuntivo o
specificativo della materialità del reato, ma neppure indica un criterio legale
di valutazione della prova, proprio perchè lascia aperta la possibilità di
utilizzare metodiche diverse (normali o derogatorie), tutte idonee ad assicurare
la rappresentatività del campione a condizione di una adeguata motivazione sul
punto. Pres. Vitalone Est. Onorato Ric. Ripamonti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 11 settembre 2006 (Ud. 06/07/2006), Sentenza n. 29884
Inquinamento idrico - Prelievo e campionamento degli scarichi idrici -
Carattere amministrativo - Fonte di prova legale del carattere extratabellare
degli scarichi - Effetti, limiti e disciplina - Campionamento diverso -
Caratteristiche del ciclo produttivo - Scarico (continuo, discontinuo,
istantaneo). La metodologia indicata dal legislatore per il prelievo e il
campionamento degli scarichi idrici ha carattere amministrativo e, come tale,
non assurge a fonte di prova legale del carattere extratabellare degli scarichi,
salva Ia ovvia facoltà del giudice di valutare l'attendibilità tecnica delle
analisi compiute su campioni prelevati con metodiche diverse da quelle suggerite
dal legislatore. In altri termini, il legislatore indica come metodica normale,
in quanto più rappresentativa, quella del campionamento medio nell'arco di tre
ore; ma non esclude che l'organo di controllo possa discrezionalmente procedere
a un campionamento diverso, anche istantaneo, in considerazione delle
caratteristiche del ciclo produttivo, del tipo di scarico (continuo,
discontinuo, istantaneo), del tipo di accertamento (di routine, di emergenza),
purché ne dia espressa giustificazione nel verbale di prelievo. Pres. Vitalone
Est. Onorato Ric. Ripamonti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11
settembre 2006 (Ud. 06/07/2006), Sentenza n. 29884
Inquinamento idrico - Metodo di campionamento - Criterio tecnico ordinario
per il prelevamento - Valutazione del giudice. La norma sul metodo di
campionamento dello scarico ha carattere procedimentale, non sostanziale, sicché
non può configurarsi come norma integratrice della fattispecie penale: essa
indica il criterio tecnico ordinario per il prelevamento, ma non esclude che il
giudice possa motivatamente valutare la rappresentatività di un campione che,
per qualsiasi causa, non è stato potuto prelevare secondo il criterio ordinario
(Cass. Sez. III, n. 14425 del 21.1. 2004, dep. il 24.3.2004, Lecchi). Pres.
Vitalone Est. Onorato Ric. Ripamonti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11
settembre 2006 (Ud. 06/07/2006), Sentenza n. 29884
Udienza pubblica del 6.7.2006
SENTENZA N. 1333
REG. GENERALE n. 29146/2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III.mi Signori
1. Dott. Claudio VITALONE Presidente
2. Dott. Pierluigi ONORATO (est.) Consigliere
3. Dott. Alfredo TERESI Consigliere
4. Dott. Vincenzo TARDINO Consigliere
5. Dott. Antonio IANNIELLO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da RIPAMONTI Gabriele Gilberto, nato a Milano il
29.11.1931, avverso la sentenza resa l'11.3.2005 dalla corte d'appello di
Milano.
Vista Ia sentenza denunciata e il ricorso,
Udita Ia relazione svolta in udienza dal consigliere Pierluigi Onorato,
Udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale
Gioacchino Izzo, che ha. concluso chiedendo il rigetto del ricorso,
Udito il difensore della parte civile, avv.==
Udito il difensore dell'imputato, avv. Fabrizio Rocchi, che ha insistito nel
ricorso,
Osserva:
Svolgimento del processo
1 Con sentenza dell'11.3.2005 la corte d'appello di Milano ha integralmente
confermato quella resa il 25.2.2004 dal tribunale di Monza, che aveva condannato
Gabriele Gilberto Ripamonti alla pena di quindici giorni di arresto (convertita
in € 581,25 di ammenda) e ulteriori euro 2.000 di ammenda, avendolo giudicato
colpevole del reato di cui all'art. 59, comma 5, D.Lgs. 152/1999, perchè - in
qualità di legale rappresentante della Galvaniche Ripamonti s.p.a. - aveva
effettuato uno scarico di acque reflue industriali contenenti rame in
concentrazione pari a 12 mg/I e quindi superiore ai previsti limiti di
tollerabilità (in Cologno Monzese il 12.12.2001).
In particolare, la corte milanese ha rilevato che gli operatori dell'ARPA, nella
data suddetta, avevano effettuato un prelievo istantaneo, dall'ultimo pozzetto
prima della immissione in fognatura, di due campioni da un litro di acque reflue
industriali provenienti dallo stabilimento della società Ripamonti, ed avevano
motivato a verbale Ia scelta del campionamento istantaneo con la considerazione
che esisteva "un accumulo delle acque da trattare e che lo "scarico [era]
discontinuo".
Ha aggiunto inoltre Ia corte che, in esito alle analisi del campione, il
superamento dei limiti di tolleranza era risultato notevolissimo (rame in
concentrazione tripla rispetto alla soglia massima), sicché restava comunque
provato il fatto-reato.
2 - L'imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi a
sostegno.
Col primo denuncia erronea applicazione della norma incriminatrice, con
riferimento all' Allegato 5, tabella 3, par. 1.2, comma 2, del D. Lgs. 152/1999.
Sostiene che la regola prescritta in questa tabella, che impone di norma un
campionamento medio nell'arco di tre ore, è norma integratrice della fattispecie
penale prevista nell'art. 59 del D. Lgs. 152/1999 (v. Cass. Sez. III, n. 9140
del 7.7.2000, Pautasso rv. 217545), con la conseguenza che il reato e integrato
solo quando il superamento dei limiti tabellari si verifica per uno scarico di
almeno tre ore e non per uno scarico istantaneo.
Col secondo motivo il ricorrente lamenta apparenza e illogicità della
motivazione laddove la sentenza impugnata ha ritenuto razionalmente e
tecnicamente giustificata a verbale Ia scelta del campionamento istantaneo
operata dai funzionari dell'ARPA.
Motivi della decisione
3 - Entrambi i motivi di ricorso sono destituiti di fondamento.
La giurisprudenza di questa corte è costante nel ritenere che la metodologia
indicata dal legislatore per il prelievo e il campionamento degli scarichi
idrici ha carattere amministrativo e, come tale, non assurge a fonte di prova
legale del carattere extratabellare degli scarichi, salva Ia ovvia facoltà del
giudice di valutare l'attendibilità tecnica delle analisi compiute su campioni
prelevati con metodiche diverse da quelle suggerite dal legislatore.
La materia è ora regolata dall'Allegato 5 del D.Lgs. 11.5.1999 n. 152, cosi come
modificato dall'art. 25 del D. Lgs. 18.8.2000 n. 258 (c.d. decreto "acque bis"),
il quale, al paragrafo 1.2, comma '2, stabilisce che "le determinazioni
analitiche ai fini del controllo di conformità degli scarichi di acque reflue
industriali sono di norma riferite ad un campione medio prelevato nell'arco di
tre ore", aggiungendo però che "l'autorità preposta al controllo può, con
motivazione espressa nel verbale di campionamento, effettuare il campionamento
su tempi diversi al fine di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo
scarico qualora lo giustifichino particolari esigenze, quali quelle derivanti
dalle prescrizioni contenute nell'autorizzazione dello scarico, dalle
caratteristiche del ciclo tecnologico, dal tipo di scarico (in relazione alle
caratteristiche di continuità dello stesso), [dal] tipo di accertamento
(accertamento di routine, accertamento di emergenza, ecc.)".
In altri termini, il legislatore indica come metodica normale, in quanto più
rappresentativa, quella del campionamento medio nell'arco di tre ore; ma non
esclude che l'organo di controllo possa discrezionalmente procedere a un
campionamento diverso, anche istantaneo, in considerazione delle caratteristiche
del ciclo produttivo, del tipo di scarico (continuo, discontinuo, istantaneo),
del tipo di accertamento (di routine, di emergenza), purché ne dia espressa
giustificazione nel verbale di prelievo.
Questa corte, con decisione assolutamente condivisibile, ha avuto modo di
precisare che "la norma sul metodo di campionamento dello scarico ha
carattere procedimentale, non sostanziale, sicché non può configurarsi come
norma integratrice della fattispecie penale: essa indica il criterio tecnico
ordinario per il prelevamento, ma non esclude che il giudice possa motivatamente
valutare la rappresentatività di un campione che, per qualsiasi causa, non è
stato potuto prelevare secondo il criterio ordinario" (Cass. Sez. III, n.
14425 del 21.1. 2004, dep. il 24.3.2004, Lecchi). Non può quindi condividersi la
contraria affermazione contenuta nella sentenza Pautasso, invocata dal
ricorrente.
In conclusione, la citata norma sulla metodica di prelievo e campionamento
non solo non integra la fattispecie penale di cui all'art. 59, comma 5,
D.Lgs. 152/1999, perchè non fornisce alcun elemento aggiuntivo o specificativo
della materialità del reato, ma neppure indica un criterio legale di
valutazione della prova, proprio perchè lascia aperta la possibilità di
utilizzare metodiche diverse (normali o derogatorie), tutte idonee ad assicurare
la rappresentatività del campione a condizione di una adeguata motivazione sul
punto.
Nel caso di specie, questa motivazione è stata indubbiamente fornita, gia che,
da una parte, gli operatori dell'ARPA hanno giustificato a verbale il prelievo
istantaneo in considerazione della discontinuità dello scarico e della esistenza
nel pozzetto di prelievo di un accumulo di plurimi scarichi delle acque reflue;
e perché, dall'altra, il giudice di merito ha correttamente sottolineato che il
notevolissimo superamento della soglia legale (concentrazione di rame in misura
tripla rispetto al limite massimo) assicurava comunque la prova della natura
extratabellare dello scarico.
4 - Nella discussione orale, il difensore ha chiesto in subordine la
declaratoria di prescrizione del reato, sostenendo che la sospensione del
processo disposta il 16.3.2006 ai sensi degli artt. 8 e 10 della recente legge
20.2.2006 n. 46 non configura una ipotesi di sospensione della prescrizione ai
sensi dell'art. 159 c.p.p..
La tesi è infondata.
Per effetto del combinato disposto degli artt. 8 e 10, comma 5, legge 46/2006
l'imputato, avendo presentato ricorso anche per mancanza o manifesta illogicità
di motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato, aveva diritto
di dedurre motivi nuovi, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge,
denunciando ulteriori vizi di motivazione risultanti da altri atti processuali
specificamente indicati.
Per conseguenza, questa corte aveva l'obbligo di sospendere il processo
dal 9.3.2006 (data di entrata in vigore della Legge citata) all'8.4.2006, in
virtù di un principio generale, desumibile in particolare dagli artt. 568, 571 e
585 c.p.p., che impone al giudice di consentire alla parte privata di esercitare
il diritto processuale di impugnazione, che nel caso di specie le competeva in
base ai predetti artt. 8 e 10, comma 5 legge 46/2006. E ciò anche se
nella legge 46/2006 manca una espressa disposizione in questo senso.
Per ulteriore conseguenza il corso della prescrizione e rimasto sospeso dal
9.3.2006 all'8.4.2006 ai sensi dell'art. 159, comma 1, c.p., essendo la
sospensione processuale implicitamente imposta dalle disposizioni. di legge
citate.
Pertanto, considerate il periodo prescrizionale massimo di quattro anni e mezzo
dalla data del commesso reato (12.12.2001), la prescrizione maturerà soltanto il
12.7.2006.
5 - Il ricorso va pertanto rigettato.
Consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente alle spese processuali.
Considerato il contenuto dell'impugnazione, non si ritiene di comminare anche la
sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
la corte suprema di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Cosi deciso in Roma il 6.7.2006.
Il consigliere estensore
Il presidente
Pierluigi ONORATO
Claudio VITALONE
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