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RIFIUTI - Elettrodomestici in disuso (provenienti dalla raccolta dei rifiuti
cittadini) e basolato di pietra - Illecita gestione di rifiuti - Assenza della
prescritta autorizzazione regionale - Responsabile dell'ufficio tecnico e di
responsabile del servizio di nettezza urbana - Qualificazione di rifiuto -
Elementi Art. 51, 1° c. lett. a), del D.Lgs. n. 22/1997 (oggi trasfusa nel
D.Lgs. n. 152/2006). Devono considerarsi rifiuti, il basolato di pietra e
gli eletrodomestici in disuso, in assenza della dimostrazione che gli stessi
potessero essere o fossero effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel
medesimo ciclo produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo
di trattamento e senza recare pregiudizio all'ambiente, ovvero dopo avere subito
un trattamento preventivo, ma senza la necessità di alcuna operazione di
recupero tra quelle individuate nell'Allegato C) del D.Lgs. n. 22/1997. Nella
specie, è stata individuata la responsabilità penale, di cui all'art. 51, 1°
comma - lett. a), del D.Lgs. n. 22/1997 oggi trasfusa nel D.Lgs. n. 152/2006
(per avere - nelle rispettive qualità di responsabile dell'ufficio tecnico e di
responsabile del servizio di nettezza urbana del Comune di Montescaglioso
esercitato attività di illecita gestione di rifiuti, depositando, in assenza
della prescritta autorizzazione regionale, nella parte retrostante
dell'autoparco comunale due cumuli di basolato di pietra, per un volume di circa
30 mc., proveniente da rifacimento di manto stradale, nonché elettrodomestici in
disuso provenienti dalla raccolta dei rifiuti cittadini. Pres. Vitalone, Est.
Fiale, Ric. Pietrocola ed altro (conferma Tribunale monocratico di Matera
sentenza del 21.12.2004). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 13/11/2006 (Ud.
28/06/2006), Sentenza n. 37401
RIFIUTI - Elettrodomestici in disuso (provenienti dalla raccolta dei rifiuti
cittadini) - Art. 183, lett. m), del D.Lgs. n. 152/2006 - art. 6, c. 1, lett.
m), del D.Lgs. n. 22/1997 (mod. intr. dal D.Lgs. n. 389/1997). Gli
elettrodomestici in disuso, dei quali i precedenti detentori si sono sicuramente
disfatti, costituiscono oggettivamente materiali che non possono essere riutilizzati
in alcun ciclo produttivo pertanto sono da considerarsi rifiuti. Pres. Vitalone,
Est. Fiale, Ric. Pietrocola ed altro (conferma Tribunale monocratico di Matera
sentenza del 21.12.2004). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 13/11/2006 (Ud.
28/06/2006), Sentenza n. 37401
RIFIUTI - Basole di pietra - Rifiuti speciali - Operazione di recupero.
Le basole di pietra, ai sensi dell'art. 7, 3° comma - b), del D.Lgs. n. 22/1997
e dell'art. 184, 3° comma - lett. b), del D.Lgs. n. 152/2006 sono rifiuti
speciali "i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione ...".
Nella fattispecie in esame, però, non risultavano "certi" né la sede ove le
basole di pietra erano destinate né il loro riutilizzo in un ulteriore ciclo
produttivo. Le stesse pietre, inoltre, avevano già subito un'attività di
selezione (in seguito alla quale parte del materiale rimosso dalla strada era
stata avviata in discarica) e, prima di essere (eventualmente) riutilizzate,
dovevano subire una ulteriore preliminare attività di scalpellatura e di
ripulitura dai residui di cemento, anteriormente alla quale esse conservano la
qualifica di rifiuti. Si delinea, infatti, la necessità di un'operazione di
recupero secondo l'individuazione di cui ai punti R5 e R13 dell'Allegato C) del
D.Lgs. n. 22/1997. Pres. Vitalone, Est. Fiale, Ric. Pietrocola ed altro
(conferma Tribunale monocratico di Matera sentenza del 21.12.2004). CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 13/11/2006 (Ud. 28/06/2006), Sentenza n. 37401
Pubblica udienza del 28.6.2006
SENTENZA N. 1262
REG. GENERALE n. 34947/2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
Dott. Claudio Vitalone Presidente
Dott. Aldo Grassi
Componente
Dott. Pierluigi Onorato
Componente
Dott. Mario Gentile
Componente
Dott. Aldo Fiale
Componente
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. PIETROCOLA Domenico, nato a
Montescaglioso (MT), il 2.2.1956
2. CIFARELLI Francesco Paolo, nato a
Montescaglioso (MT), il 26.1.1953
avverso la sentenza 21.12.2004 del
Tribunale monocratico di Matera
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso
Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo Fiale
Udito il Pubblico Ministero, in persona del dr. Guglielmo Passacantando, il
quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Udito il difensore, avv.to Antonio Abbadessa, il quale ha concluso chiedendo
l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 21.12.2004 il Tribunale monocratico di Matera affermava la
responsabilità penale di Pietrocola Domenico e Cifarelli Francesco Paolo
in ordine al reato di cui:
-
all'art. 51, 1° comma - lett. a), del D.Lgs. n. 22/1997 (per avere - nelle
rispettive qualità di responsabile dell'ufficio tecnico e di responsabile del
servizio di nettezza urbana del Comune di Montescaglioso esercitato attività di
illecita gestione di rifiuti, depositando, in assenza della prescritta
autorizzazione regionale, nella parte retrostante dell'autoparco comunale due
cumuli di basolato di pietra, per un volume di circa 30 mc., proveniente da
rifacimento di manto stradale, nonché elettrodomestici in disuso provenienti
dalla raccolta dei rifiuti cittadini - acc. in Montescaglioso, il 6.5.2002);
e, riconosciute ad entrambi circostanze attenuanti generiche, condannava
ciascuno alla pena di euro 2.000,00 di ammenda, con il beneficio della
non-menzione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore degli imputati, il quale
ha eccepito:
- la erronea qualificazione come "rifiuti" delle basole di pietra, alla stregua delle disposizioni introdotte dell'art. 14 del D.L. 8.7.2002, n. 138, convertito nella legge 8.8.2002, n. 178, poiché le stesse erano destinate ad essere "recuperate e reimpiegate" in occasione di semplici lavori di manutenzione stradale ed in particolare, per il loro valore storico, della stessa strada dalla quale erano state rimosse;
- l'erroneo disconoscimento della prospettata situazione di legittimo "deposito
temporaneo" degli elettrodomestici in disuso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.
1. Correttamente il giudice del merito ha escluso la possibilità di ricondurre
la fattispecie in esame alle previsioni dell'art. 14 del D.L. 8.7.2002, n. 138,
convertito nella legge 8.8.2002, n. 178 (sarebbe ultroneo soffermarsi, pertanto,
sulla "vexata quaestio" concernente l'applicabilità di tale disposizione
normativa a fronte delle contrastanti disposizioni comunitarie), in quanto manca
la dimostrazione che il basolato di pietra e gli elettrodomestici in disuso
potessero essere o fossero effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel
medesimo ciclo produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo
di trattamento e senza recare pregiudizio all'ambiente, ovvero dopo avere subito
un trattamento preventivo, ma senza la necessità di alcuna operazione di
recupero tra quelle individuate nell'Allegato C) del D.Lgs. n. 22/1997.
Gli elettrodomestici in disuso, dei quali i precedenti detentori si erano
sicuramente disfatti, costituiscono oggettivamente materiali che non
potevano essere riutilizzati in alcun ciclo produttivo.
Quanto alle basole di pietra deve poi rilevarsi che, ai sensi dell'art.
7, 3° comma - b), del D.Lgs. n. 22/1997 e dell'art. 184, 3° comma - lett. b),
del D.Lgs. n. 152/2006 sono rifiuti speciali "i rifiuti derivanti dalle
attività di demolizione, costruzione ..."
Dei residui delle attività di demolizioni edili e del loro reimpiego si è
occupata questa Sezione con la sentenza n. 46680 dell' 1.12.2004, che, in
relazione agli stessi, ha ritenuto applicabile l'art. 14 del D.L. n. 138/2002, a
condizione che risulti certa: a) l'individuazione del produttore e/o detentore
dei materiali, b) la provenienza degli stessi, c) la sede ove sono destinati, d)
il loro riutilizzo in un ulteriore ciclo produttivo.
Nella fattispecie in esame, però, non risultano "certi" né la sede ove le basole
di pietra erano destinate né il loro riutilizzo in un ulteriore ciclo
produttivo.
Le stesse pietre, inoltre, avevano già subito un 'attività di selezione
(in seguito alla quale parte del materiale rimosso dalla strada era stata
avviata in discarica) e, prima di essere (eventualmente) riutilizzate, dovevano
subire una ulteriore preliminare attività di scalpellatura e di ripulitura
dai residui di cemento, anteriormente alla quale esse conservano la
qualifica di rifiuti. Si delinea, infatti, la necessità di un' operazione di
recupero secondo l'individuazione di cui ai punti R5 e R13 dell'Allegato C)
del D.Lgs. n. 22/1997.
Né previsioni più favorevoli agli imputati si rinvengono nella normativa
introdotta del recente D.Lgs. 3.4.2006, n. 152 ("Norme in materia ambientale"),
in quanto:
- il materiale complessivamente ricavato nella fattispecie non può qualificarsi
"materia prima secondaria", ai sensi dell'art. 181, commi 6 e 13, del
D.Lgs. n. 152/2006, anche in mancanza del decreto ministeriale di attuazione
previsto dal 6° comma;
- a norma dell'art. 181, comma 12, del D.Lgs. II. 152/2006, "la disciplina in
materia di gestione dei rifiuti si applica fino al completamento delle
operazioni di recupero, che si realizza quando non sono necessari ulteriori
trattamenti perché le sostanze, i materiali e gli oggetti ottenuti possono
essere usati in un processo industriale o commercializzati come materia prima
secondaria, combustibile o come prodotto da collocare, a condizione che il
detentore non se ne disfi o non abbia deciso, o non abbia l'obbligo, di
disfarsene";
- tra le operazioni di "recupero", ex art. 183, lett. h), del D.Lgs. n.
152/2006, sono espressamente "incluse la cernita o la selezione".
2. Con riferimento agli elettrodomestici in disuso - come esattamente
evidenziato dal giudice del merito - non sussistono elementi che rendano
applicabile il disposto dell'art. 6, comma 1, lett. m), del D.Lgs. n. 22/1997
(con le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 389/1997) ed attualmente dell'art.
183, lett. m), del D.Lgs. n. 152/2006, al fine di argomentare che non si
verterebbe in tema di "gestione di rifiuti", bensì sarebbe configurabile
soltanto una legittima operazione preliminare all'attività di gestione,
preparatoria al recupero.
Le norme anzidette definiscono il deposito temporaneo dei rifiuti quale "raggruppamento
dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono
prodotti" nel rispetto di specifiche condizioni riferite: ai limiti della
presenza di determinate sostanze; alle cadenze temporali di raccolta e di
avviamento alle operazioni di recupero o di smaltimento; ai termini massimi di
durata; alle modalità del deposito stesso.
Nella specie, però, è stata congruamente verificata la insussistenza di dette
condizioni.
3. A norma dell'art. 616 c.p.p., al rigetto del ricorso segue la condanna
solidale dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p.,
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali.
ROMA, 28.6.2006
Il Consigliere rel. Il presidente
Aldo Fiale
Claudio Vitalone
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