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CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 1/2/2006 (Ud. 30/11/2005), Sentenza n. 3932
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 1/2/2006 (Ud 30/11/2005), Sentenza n. 3932
(Pres. Postiglione Rel. A. Fiale, Imp. Di Lorenzo)
UDIENZA PUBBLICA
DEL 30/11/2005
SENTENZA
N. 2163 /2005
REGISTRO GENERALE
N. 46773/04
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. Amedeo POSTIGLIONE
1.Dott.Ciro PETTI
2.Dott.Aldo FIALE
3.Dott.Amedeo FRANCO
4.Dott.Giovanni AMOROSO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da DI LORENZO Raffaele n. a Roma il 9.12.1944
avverso la sentenza 30.6.2004 del Tribunale di Latina Sezione distaccata di Terracina
Visti gli, atti la sentenza denunziata ed il ricorso,
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere m. Aldo FIALEUdito il Pubblico Ministero in persona del m. Mario FRATICELLI
che ha concluso per il rigetto del ricorso
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 30.6.2004, il Tribunale di Latina - Sezione distaccata di Terracina affermava la penale responsabilità di Di Lorenzo Raffaele in ordine ai reati di cui:
- all'art. 59, 2° comma, D.Lgs. n. 152/1999 (per avere, in qualità di proprietario e responsabile della struttura turistica ricettiva denominata "Camping Ain El Gazala", effettuato scarichi esistenti di acque reflue senza adottare le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo dell'inquinamento - acc. in Fondi, il 27.8.2001);
- all'art. 51, 3° comma, D.Lgs. n. 22/1997 (per avere realizzato una discarica di rifiuti speciali, consistenti in particolare in materiali ferrosi, bombole del gas, lamiere, brande in disuso, senza essere in possesso della prescritta autorizzazione - acc. in Fondi, il 25.9.2001);
- all'art. 59, 1° comma, D.Lgs. n. 152/1999 (per avere, nella qualità anzidetta, effettuato scarichi di acque reflue senza essere in possesso della prescritta autorizzazione - acc. in Fondi, il 25.9.2001)
e, unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., lo condannava alla pena complessiva di curo 12.911,00 di ammenda.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Di Lorenzo, il quale ha eccepito:
- la nullità della stessa per la mancata trascrizione, nell'epigrafe, dei capi di imputazione del riunito procedimento n. 521/03, richiamati nel dispositivo e per i quali era intervenuta condanna;
- l'insussistenza del reato di cui all'art. 59, 2° comma, D.Lgs. n. 152/1999, in quanto:
a) la tipologia dello scarico non sarebbe riconducibile alla nozione di "acque reflue industriali', per le "evidenti caratteristiche di tipo residenziale e da servizi" e per la loro prevalente derivazione dal metabolismo umano e da attività domestiche";
b) non sussisterebbe "alcun elemento di riscontro sulla inosservanza dei limiti di accettabilità prescritti dalla previgente normativa";
- l'insussistenza del reato di cui all'art. 51, 3° comma, D.Lgs. n. 22/1997, non ravvisandosi gli elementi costitutivi di una "discarica abusiva" e mancando qualsiasi accertamento circa la riconducibilità alla propria attività gestoria dell'accumulo dei materiali rinvenuti in prossimità del campeggio;
- l'insussistenza del reato di cui all'art. 59, 1° comma, D.Lgs. n. 152/1999, perché lo scarico era stato autorizzato dal Comune di Fondi a decorrere dal 3.8.1989.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, poiché nell'epigrafe della sentenza impugnata risultano trascritti i tre capi di imputazione per i quali è intervenuta condanna.
2. Infondata è pure la seconda doglianza.
2.1 L'art. 2 della Direttiva 91/271/CEE distingue:
- "acque reflue domestiche", provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;
- "acque reflue industriali", scaricate da edifici in cui si svolgono attività commerciali o industriali, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento.
Il D.Lgs. 11.5.1999, n. 152 (che ha espressamente abrogato le leggi n. 319/1976, n. 690/1976 e n. 172/1995) ha sostituito la distinzione tra insediamenti produttivi e civili (che presupponeva una diversa qualità delle acque di scarico in relazione alla provenienza) con quella tra:
- "acque reflue industriali", nozione ricomprendente "qualsiasi tipo di scarico di acque reflue scaricate da edifici in cui si svolgono attività commerciali e industriali, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento";
- ed "acque reflue domestiche o di reti fognarie" (per le quali è stata esclusa la sanzione penale in mancanza dell'autorizzazione), intendendosi per "acque reflue domestiche" quelle "provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche" e per "reti fognarie" ogni "sistema di condotta per la raccolta ed il coinvolgimento delle acque reflue urbane".
Nella fattispecie in esame i reflui di cui all'imputazione formulata al capo A) della rubrica devono considerarsi "acque reflue industriali", poiché scaricate da edifici in cui si svolgono attività commerciali ed anche diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento.
2.2 Lo scarico, nella specie, era già esistente ed autorizzato alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/1999 ed è stata accertata l'omessa adozione delle misure necessarie ad evitare il verificarsi di un aumento del grado di inquinamento.
Detto aumento - pur non dando conto la sentenza impugnata dell'effettuazione di misurazioni riferite ai valori-limite di emissione - risulta razionalmente correlato al "mancato funzionamento dell'impianto di depurazione, disattivato perché rumoroso", sicuramente comportante un'alterazione in peius (vedi Cass.: Sez. Unite, 19.12.2001, Turina; Sez. III, 5.12.2003, Marziano).
3. Anche le eccezioni riferite al ravvisato reato di discarica abusiva sono prive di pregio.
L'art. 51, comma 3, del D.Lgs. n. 22/1997 sanziona penalmente "chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata" e la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha evidenziato che:
a) la realizzazione di una discarica può effettuarsi attraverso diverse attività:
- anzitutto, il vero e proprio allestimento a discarica di un'area, con il compimento delle opere occorrenti a tal fine: spianamento del terreno, apertura dei relativi accessi, recinzione, etc. (vedi Cass.: Sez. Unite 28.12.2004, Zaccarelli e, più di recente, Sez. III, 30.4.2002, Francese);- ma anche il ripetitivo accumulo nello stesso luogo di sostanze oggettivamente destinate all'abbandono con trasformazione, sia pure tendenziale, del sito, degradato dalla presenza dei rifiuti (vedi Cass., Sez. III: 10.1.2002, Garzia; 24.9.2001, Bistolfi; 11.10.2000, Cimini).
Secondo un'interpretazione giurisprudenziale, potrebbe integrare il reato di discarica abusiva anche un unico conferimento di ingenti quantità di rifiuti che faccia però assumere alla zona interessata l'inequivoca destinazione di ricettacolo di rifiuti, con conseguente trasformazione del territorio (Cass., Sez. III, 4.11.1994, Zagni);
b) la gestione di una discarica si identifica in una attività autonoma, successiva alla realizzazione, che può essere compiuta dallo stesso autore di quest'ultima o da altri soggetti, e che consiste nell'attivazione di un'organizzazione, articolata o rudimentale, di persone e cose diretta al funzionamento della discarica medesima (vedi Cass.: Sez. III, 11.4.1997, Vasco; Sez. Unite 28.12.2004, Zaccarelli).
Nella fattispecie in esame il Tribunale ha appunto accertato, in fatto - e ne ha dato conto con motivazione razionale ed esauriente - la realizzazione di una discarica attraverso il ripetitivo accumulo nello stesso luogo di materiali oggettivamente destinati all'abbandono, con trasformazione del sito, degradato dalla presenza dei rifiuti, e tale accertamento è, altresì, assolutamente compatibile con la definizione di "discarica" introdotta dall'art. 2, lett. g), del D.Lgs. 13.1.2003, n. 31.
La natura e le caratteristiche dei materiali in questione escludono sia l'occasionalità dell'accumulo sia la loro riutilizzazione certa ed oggettiva.
Il Di Lorenzo risulta, inoltre, gestore dell'insediamento commerciale quanto meno dall'anno 1989 e non sussiste alcun dubbio circa la riferibilità degli oggetti e materiali abbandonati (in relazione alla loro oggettiva natura) all'esercizio dell'insediamento medesimo.
4. Fondato deve ritenersi, invece, il terzo motivo di ricorso.
Lo scarico (non contenente sostanze pericolose) invero, all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/1999 (13 giugno 1999), doveva considerarsi autorizzato, cioè fisicamente e giuridicamente esistente, ed era perciò applicabile la moratoria prevista dal comma 11 dell'art. 62 dello stesso testo normativo.
Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla contravvenzione di cui all'art. 59, 1° comma, della legge n. 152/1999, perché il fatto non sussiste, e deve essere conseguentemente eliminata la pena di euro 2.000,00 di ammenda, inflitta per la continuazione.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 608, 615 e 620 c.p.p.,
annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui al capo C) della rubrica (art. 59, 1° comma, legge n. 152/1999), perché il fatto non sussiste ed elimina la relativa pena di euro 2.000,00 di ammenda.
Rigetta il ricorso nel resto.
ROMA, 30.11.2005
1) Rifiuti - Ripetitivo accumulo nello stesso luogo di materiali oggettivamente destinati all’abbandono - Realizzazione di discarica - Art. 2 lett. g), D.Lv. n. 31/ 2003. Il ripetitivo accumulo nello stesso luogo di materiali oggettivamente destinati all’abbandono, con trasformazione del sito, degradato dalla presenza di rifiuti, è compatibile con la nozione di discarica introdotta dall’articolo 2 lettera g), del D.Lv. 13 gennaio 2003 n. 31 (Pres. Postiglione Est. Fiale Imp. Di Lorenzo). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 1/2/2006 (Ud 30/11/2005), Sentenza n. 3932
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