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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29 novembre 2006 (Ud. 26/10/2006), Sentenza n. 39360


Rifiuti - Inquinamento (Amianto) - Attività di smaltimento di rifiuti pericolosi - Smaltimento amianto - Senza autorizzazione - Lavori di bonifica - Concetto di smaltimento - Iscrizione all'Albo Nazionale Fattispecie. Nel concetto di smaltimento dei rifiuti rientrano tutte le operazioni aventi ad oggetto i rifiuti comprese tra il momento della produzione e quello della definitiva eliminazione dei rifiuti. Tra tali operazioni rientrano, le attività di prelievo e di trattamento fisico-chimico dell'amianto, in attesa di avviarlo alla discarica. Sicché, sussiste l'obbligo di iscrizione all'Albo Nazionale da parte di impresa di bonifica dall’amianto o, in mancanza, di munirsi della prescritta autorizzazione sul presupposto che l’attività di recupero dell’amianto di altri materiali e di successiva messa in sicurezza rientra nella nozione di raccolta dei rifiuti. Nella specie, la ditta avrebbe dovuto iscriversi all’albo nazionale delle imprese previsto dal citato art. 30 del D.L.vo n. 22/97 e, in attesa delle norme tecniche per la istituzione dell'albo, avrebbe dovuto iscriversi all’albo previgente istituito dall’art. 10 del D.L. n. 361/87, convertito in L. n. 441/87, ovvero munirsi dell'autorizzazione prevista dell'art. 6 Iett. d) del D.P.R. n. 915/82. Pres. Vitalone - Est. Lombardi - Ric. Lo Bello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29 novembre 2006 (Ud. 26/10/2006), Sentenza n. 39360

Rifiuti - Attività di recupero dell’amianto - Messa in sicurezza - Nozione di raccolta dei rifiuti - Iscrizione all’Albo o autorizzazione - Necessità - Mancanza - Art. 51, co. 1, del D.L.vo n. 22/97 - Sussistenza. L’attività di recupero dell’amianto da altri materiali e di successiva messa in sicurezza rientra senza ombra di dubbio nella nozione di raccolta dei rifiuti secondo la definizione di cui all’art. 6, co. 1 lett. e), del D.L.vo n. 22/97. Pertanto, ai sensi dell’art. 30, co. 4, del decreto legislativo “L’iscrizione”...- sostituisce l’autorizzazione all’esercizio delle attività dl raccolta di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti” sicché sì palesa evidente che, mancando l’iscrizione all’Albo, resta operante l’obbligo di munirsi della autorizzazione prescritta in via generale dalla legge. In mancanza si configura il reato di cui all'art. 51, co. 1, del D.L.vo n. 22/97. Pres. Vitalone - Est. Lombardi - Ric. Lo Bello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29 novembre 2006 (Ud. 26/10/2006), Sentenza n. 39360



                            P.U. del 26.10.2006
            SENTENZA N. 1701
REG. GENERALE n. 38133/2005


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli III. mi Signori
 

 Dott. Claudio Vitalone                                          Presidente
 Dott. Pierluigi Onorato                                          Consigliere
 Dott. Alfredo Teresi                                              Consigliere
 Dott. Alfredo Maria Lombardi                                 Consigliere
 Dott. Amedeo Franco                                           Consigliere
 

ha pronunciato la seguente


SENTENZA

 

Sul ricorso proposto dall’Avv. Francesco Caratozzolo, difensore di fiducia di Lo Bello Vincenzo, n. a Termini Imerese il 21.11.1945, avverso la sentenza in data 31.5.2005 della Corte di Appello di Palermo, con la quale, a conferma di quella del Tribunale di Termini Imerese in data 18.11.2004, venne condannato alla pena di mesi quattro di arresto e € 2.000,00 di ammenda, quale colpevole del reato di cui all'art. 51, co. 1, del D.L.vo n. 22/97.

Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Palermo ha confermato la pronuncia di colpevolezza di Lo Bello Vincenzo in ordine al reato di cui all'art. 51, co. I, del D.L.vo n. 22/97, ascrittogli perché, quale titolare dell’omonima ditta, effettuava attività di smaltimento di rifiuti pericolosi, costituiti da amianto, senza essere munito della prescritta autorizzazione.

I giudici di merito hanno accostato in punto di fatto che la ditta dell'imputato aveva eseguito lavori di bonifica di materiali inquinati da amianto, senza essere iscritta all’albo delle imprese previsto dall'art. 30 del  D.L.vo. n. 22/97.

La sentenza ha rigettato i motivi di gravame con i quali l'appellante aveva contestato la sussistenza della fattispecie contravvenzionale ascrittagli deducendo che l'attività di bonifica non poteva essere inquadrata tra quelle relative allo smaltimento dei rifiuti.

Si è osservato sul punto nella sentenza che nel concetto di smaltimento dei rifiuti rientrano tutte le operazioni aventi ad oggetto i rifiuti comprese tra il momento della produzione e quello della definitiva eliminazione dei rifiuti; che tra tali operazioni rientrano, quindi, le attività di prelievo e di trattamento fisico-chimico dell'amianto, in attesa di avviarlo alla discarica eseguite dalla ditta dell'imputato; che quest’ultima, pertanto, avrebbe dovuto iscriversi all’albo nazionale delle imprese previsto dal citato art. 30 del D.L.vo n. 22/97 e, in attesa delle norme tecniche per la istituzione dell'albo, avrebbe dovuto iscriversi all’albo previgente istituito dall’art. 10 del D.L. n. 361/87, convertito  in L. n. 441/87, ovvero munirsi dell'autorizzazione prevista dell'art. 6 Iett. d) del D.P.R. n. 915/82.

La sentenza ha, altresì rigettato la richiesta di riduzione della pena inflitta e di concessione dei benefici di legge.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato che li denuncia con tre motivi di gravame.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione degli art. 51, co. I, e 30, co. 7, del D.L.vo. 22/97, del D.L. n. 361/87, convertito in L. n. 441/87, nonché Ia mancanza e la manifesta illogicità della motivazione della sentenza.

Il ricorrente ribadisce la doglianza afferente alla inapplicabilità nel caso in esame, del disposto dì cui all’art. 30, commi 7 ed 8, del D.L.vo n. 22/91, nonché delle altre norme sopra citate, in quanto la ditta di cui è titolare svolge un’attività di bonifica di materiali contenenti amianto e non una attività di smaltimento dei rifiuti.

Si osserva in proposito che il citato art. 30, co. 7, impone l’obbligo di iscrizione al vecchio Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti solo alle ditte che intendono svolgere le attività di smaltimento descritte nel art. 2 del D.P.R. n. 915/82, mentre nessun obbligo di iscrizione è previsto per le ditte che svolgono attività di bonifica. Si aggiunge che l'art. 6 del D.L.vo n. 22/97 definisce nelle lettere g) ed n) le attività di smaltimento e di bonifica, differenziandole tra loro. Si osserva ancora che la sussistenza dell’obbligo di iscrizione nell’Albo nazionale delle imprese a carico della ditta del Lo Bello corrisponde ad una affermazione del solo teste Catalano, che ha precisato trattarsi di una sua interpretazione personale della normativa in materia, ed è stato smentito da altri testi. In particolare - si afferma - il teste Ballone, funzionario deIl’uffficio regionale del nuovo Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, ha precisato in proposito che all'epoca della contestazione il Lo bello non avrebbe potuto effettuare l'iscrizione per carenze delle norme tecniche che dovevano fissare le garanzie fideiussorie a carico delle Imprese richiedenti.

Tale disposto, peraltro, riproduce con riferimento, tra le altre, alle imprese che effettuano attività di bonifica dei beni contenenti amianto, quello di cui all’art. 5 del D.L. n. 662/1996, i cui effetti sono stati fatti salvi dall'art. 1 della L. 11.11.1996 n. 575.

L’obbligo di iscrizione all’Albo Nazionale per le imprese di bonifica dall’amianto, pertanto, era già previsto dalla normativa previgente all’entrata in vigore del D.L.vo n. 22/97, sicché l’obbligo di iscrizione non poteva che riferirsi all’Albo Nazionale già esistente e non al nuovo Albo istituito dal testo unico citato.

Orbene, alla luce della rilevata continuità normativa esistente tra le disposizioni che hanno imposto l'obbligo di iscrizione alle imprese di bonifica dall'amianto, pertanto, risulta pienamente applicabile a queste ultime il disposto di cui all’art. 30, co. 7, del D.L.vo n. 22/97, secondo il quale “In attesa dell’emanazione dei decreti di cui ai commi 2 e 3, continuano ad operare, rispettivamente il Comitato nazionale e le Sezioni regionali dell'Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti di cui all'art. 1 del decreto legge 31 agosto 1987 n. 361, convertito, con modificazioni dalla legge 29 ottobre 1987 n. 441”.

Tale disposto circa la ultrattività operativa degli organismi esistenti, peraltro, trova un riscontro di carattere generale nella norma di chiusura di cui all’art. 57, co. 1 del decreto legislativo citato, secondo il quale: “Le norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto e lo smaltimento del rifiuti restano in vigore sino all'adozione delle specifiche norme adottate in attuazione del presente decreto. A tal fine ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi si deve intendere riferito ai rifiuti pericolosi

E’ appena il caso di rilevare a proposito del citato disposto che l’attività di recupero dell’amianto da altri materiali e di successiva messa in sicurezza rientra senza ombra di dubbio nella nozione di raccolta dei rifiuti secondo la definizione di cui all’art. 6, co. 1 lett. e), del D.L.vo n. 22/97.

Per completezza di esame va aggiunto, infine, che ai sensi dell’art. 30, co. 4, del decreto legislativo “L’iscrizione”...- sostituisce l’autorizzazione all’esercizio delle attività dl raccolta di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti” sicché sì palesa evidente che, mancando l’iscrizione all’Albo, resta operante l’obbligo di munirsi della autorizzazione prescritta in via generale dalla legge.

Esattamente, pertanto, la sentenza impugnata ha affermato la sussistenza dell’obbligo di iscrizione all’Albo da parte della impresa del ricorrente o, in mancanza, di munirsi della prescritta autorizzazione, con la conseguente sussistenza a carico di quest'ultimo del reato di cui alla contestazione.

Deve essere, infine, affermata la inammissibilità della doglianza relativa alla carenza di valutazione circa la inesistenza dell’elemento psicologico del reato.

La sentenza di primo grado, infatti, aveva espressamente escluso che il Lo Bello potesse essere stato tratto in inganno da comportamenti della pubblica amministrazione o comunque che potesse ritenersi insussistente l’elemento soggettivo del reato.

Orbene, la citata valutazione non ha costituito oggetto di espressa contestazione nei motivi di appello, sicché la successiva censura sul punto in sede di legittimità è inammissibile.

E’, infine, infondato l’ultimo motivo di gravame.

Nella parte motiva della sentenza impugnata si afferma erroneamente che l’imputato non può godere, tra l’altro, del beneficio della sospensione condizionale della pena, mentre nella parte dispositiva si conferma la sentenza di primo grado.

Detta sentenza, infatti, aveva già concesso all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena, sicché la doglianza dell’imputato sul punto si palesa affetta da carenza di interesse, in quanto riferibile ad un errore motivazionale non destinato ad esplicare effetti sulla statuizione definitiva di cui al dispositivo.

La valutazione della sentenza circa il carattere ostativo dei precedenti dell’imputato è, invece, esatta per quanto riguarda la non concedibilità del beneficio della non menzione.

il ricorso, pertanto, dove essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. al rigetto dell’impugnazione segue a carico del ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 26.10.2006.


L' estensore              Il presidente
 Alfredo Maria Lombardi                    Claudio Vitalone

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