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Rifiuti - Inquinamento (Amianto) - Attività di smaltimento di rifiuti
pericolosi - Smaltimento amianto - Senza autorizzazione - Lavori di bonifica -
Concetto di smaltimento - Iscrizione all'Albo Nazionale Fattispecie. Nel
concetto di smaltimento dei rifiuti rientrano tutte le operazioni aventi ad
oggetto i rifiuti comprese tra il momento della produzione e quello della
definitiva eliminazione dei rifiuti. Tra tali operazioni rientrano, le attività
di prelievo e di trattamento fisico-chimico dell'amianto, in attesa di avviarlo
alla discarica. Sicché, sussiste l'obbligo di iscrizione all'Albo Nazionale da
parte di impresa di bonifica dall’amianto o, in mancanza, di munirsi della
prescritta autorizzazione sul presupposto che l’attività di recupero
dell’amianto di altri materiali e di successiva messa in sicurezza rientra nella
nozione di raccolta dei rifiuti. Nella specie, la ditta avrebbe dovuto
iscriversi all’albo nazionale delle imprese previsto dal citato art. 30 del
D.L.vo n. 22/97 e, in attesa delle norme tecniche per la istituzione dell'albo,
avrebbe dovuto iscriversi all’albo previgente istituito dall’art. 10 del D.L. n.
361/87, convertito in L. n. 441/87, ovvero munirsi dell'autorizzazione prevista
dell'art. 6 Iett. d) del D.P.R. n. 915/82. Pres. Vitalone - Est. Lombardi - Ric.
Lo Bello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29 novembre 2006 (Ud.
26/10/2006), Sentenza n. 39360
Rifiuti - Attività di recupero dell’amianto - Messa in sicurezza - Nozione di
raccolta dei rifiuti - Iscrizione all’Albo o autorizzazione - Necessità -
Mancanza - Art. 51, co. 1, del D.L.vo n. 22/97 - Sussistenza. L’attività di
recupero dell’amianto da altri materiali e di successiva messa in sicurezza
rientra senza ombra di dubbio nella nozione di raccolta dei rifiuti secondo la
definizione di cui all’art. 6, co. 1 lett. e), del D.L.vo n. 22/97. Pertanto, ai
sensi dell’art. 30, co. 4, del decreto legislativo “L’iscrizione”...-
sostituisce l’autorizzazione all’esercizio delle attività dl raccolta di
trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti” sicché sì palesa
evidente che, mancando l’iscrizione all’Albo, resta operante l’obbligo di
munirsi della autorizzazione prescritta in via generale dalla legge. In mancanza
si configura il reato di cui all'art. 51, co. 1, del D.L.vo n. 22/97. Pres.
Vitalone - Est. Lombardi - Ric. Lo Bello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III,
29 novembre 2006 (Ud. 26/10/2006), Sentenza n. 39360
P.U. del 26.10.2006
SENTENZA N.
1701
REG. GENERALE n. 38133/2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
Dott. Claudio Vitalone Presidente
Dott. Pierluigi Onorato Consigliere
Dott. Alfredo Teresi Consigliere
Dott. Alfredo Maria Lombardi Consigliere
Dott. Amedeo Franco Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avv.
Francesco Caratozzolo, difensore di fiducia di Lo Bello Vincenzo, n. a Termini
Imerese il 21.11.1945, avverso la sentenza in data 31.5.2005 della Corte di
Appello di Palermo, con la quale, a conferma di quella del Tribunale di Termini
Imerese in data 18.11.2004, venne condannato alla pena di mesi quattro di
arresto e € 2.000,00 di ammenda, quale colpevole del reato di cui all'art. 51,
co. 1, del D.L.vo n. 22/97.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Francesco Salzano,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Palermo ha confermato la
pronuncia di colpevolezza di Lo Bello Vincenzo in ordine al reato di cui
all'art. 51, co. I, del D.L.vo n. 22/97, ascrittogli perché, quale titolare
dell’omonima ditta, effettuava attività di smaltimento di rifiuti pericolosi,
costituiti da amianto, senza essere munito della prescritta autorizzazione.
I giudici di merito hanno accostato in punto di fatto che la ditta dell'imputato
aveva eseguito lavori di bonifica di materiali inquinati da amianto, senza
essere iscritta all’albo delle imprese previsto dall'art. 30 del D.L.vo.
n. 22/97.
La sentenza ha rigettato i motivi di gravame con i quali l'appellante aveva
contestato la sussistenza della fattispecie contravvenzionale ascrittagli
deducendo che l'attività di bonifica non poteva essere inquadrata tra quelle
relative allo smaltimento dei rifiuti.
Si è osservato sul punto nella sentenza che nel concetto di smaltimento dei
rifiuti rientrano tutte le operazioni aventi ad oggetto i rifiuti comprese tra
il momento della produzione e quello della definitiva eliminazione dei rifiuti;
che tra tali operazioni rientrano, quindi, le attività di prelievo e di
trattamento fisico-chimico dell'amianto, in attesa di avviarlo alla discarica
eseguite dalla ditta dell'imputato; che quest’ultima, pertanto, avrebbe dovuto
iscriversi all’albo nazionale delle imprese previsto dal citato art. 30 del
D.L.vo n. 22/97 e, in attesa delle norme tecniche per la istituzione dell'albo,
avrebbe dovuto iscriversi all’albo previgente istituito dall’art. 10 del D.L. n.
361/87, convertito in L. n. 441/87, ovvero munirsi dell'autorizzazione
prevista dell'art. 6 Iett. d) del D.P.R. n. 915/82.
La sentenza ha, altresì rigettato la richiesta di riduzione della pena inflitta
e di concessione dei benefici di legge.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato che li
denuncia con tre motivi di gravame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente denuncia la violazione ed
errata applicazione degli art. 51, co. I, e 30, co. 7, del D.L.vo. 22/97, del
D.L. n. 361/87, convertito in L. n. 441/87, nonché Ia mancanza e la manifesta
illogicità della motivazione della sentenza.
Il ricorrente ribadisce la doglianza afferente alla inapplicabilità nel caso in
esame, del disposto dì cui all’art. 30, commi 7 ed 8, del D.L.vo n. 22/91,
nonché delle altre norme sopra citate, in quanto la ditta di cui è titolare
svolge un’attività di bonifica di materiali contenenti amianto e non una
attività di smaltimento dei rifiuti.
Si osserva in proposito che il citato art. 30, co. 7, impone l’obbligo di
iscrizione al vecchio Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di
smaltimento dei rifiuti solo alle ditte che intendono svolgere le attività di
smaltimento descritte nel art. 2 del D.P.R. n. 915/82, mentre nessun obbligo di
iscrizione è previsto per le ditte che svolgono attività di bonifica. Si
aggiunge che l'art. 6 del D.L.vo n. 22/97 definisce nelle lettere g) ed n) le
attività di smaltimento e di bonifica, differenziandole tra loro. Si osserva
ancora che la sussistenza dell’obbligo di iscrizione nell’Albo nazionale delle
imprese a carico della ditta del Lo Bello corrisponde ad una affermazione del
solo teste Catalano, che ha precisato trattarsi di una sua interpretazione
personale della normativa in materia, ed è stato smentito da altri testi. In
particolare - si afferma - il teste Ballone, funzionario deIl’uffficio regionale
del nuovo Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti,
ha precisato in proposito che all'epoca della contestazione il Lo bello non
avrebbe potuto effettuare l'iscrizione per carenze delle norme tecniche che
dovevano fissare le garanzie fideiussorie a carico delle Imprese richiedenti.
Tale disposto, peraltro, riproduce con riferimento, tra le altre, alle imprese
che effettuano attività di bonifica dei beni contenenti amianto, quello di cui
all’art. 5 del D.L. n. 662/1996, i cui effetti sono stati fatti salvi dall'art.
1 della L. 11.11.1996 n. 575.
L’obbligo di iscrizione all’Albo Nazionale per le imprese di bonifica
dall’amianto, pertanto, era già previsto dalla normativa previgente all’entrata
in vigore del D.L.vo n. 22/97, sicché l’obbligo di iscrizione non poteva che
riferirsi all’Albo Nazionale già esistente e non al nuovo Albo istituito dal
testo unico citato.
Orbene, alla luce della rilevata continuità normativa esistente tra le
disposizioni che hanno imposto l'obbligo di iscrizione alle imprese di bonifica
dall'amianto, pertanto, risulta pienamente applicabile a queste ultime il
disposto di cui all’art. 30, co. 7, del D.L.vo n. 22/97, secondo il quale “In
attesa dell’emanazione dei decreti di cui ai commi 2 e 3, continuano ad operare,
rispettivamente il Comitato nazionale e le Sezioni regionali dell'Albo nazionale
delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti di cui all'art. 1 del
decreto legge 31 agosto 1987 n. 361, convertito, con modificazioni dalla legge
29 ottobre 1987 n. 441”.
Tale disposto circa la ultrattività operativa degli organismi esistenti,
peraltro, trova un riscontro di carattere generale nella norma di chiusura di
cui all’art. 57, co. 1 del decreto legislativo citato, secondo il quale: “Le
norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto e lo
smaltimento del rifiuti restano in vigore sino all'adozione delle specifiche
norme adottate in attuazione del presente decreto. A tal fine ogni riferimento
ai rifiuti tossici e nocivi si deve intendere riferito ai rifiuti pericolosi”
E’ appena il caso di rilevare a proposito del citato disposto che l’attività di
recupero dell’amianto da altri materiali e di successiva messa in sicurezza
rientra senza ombra di dubbio nella nozione di raccolta dei rifiuti secondo la
definizione di cui all’art. 6, co. 1 lett. e), del D.L.vo n. 22/97.
Per completezza di esame va aggiunto, infine, che ai sensi dell’art. 30, co. 4,
del decreto legislativo “L’iscrizione”...- sostituisce l’autorizzazione
all’esercizio delle attività dl raccolta di trasporto, di commercio e di
intermediazione dei rifiuti” sicché sì palesa evidente che, mancando
l’iscrizione all’Albo, resta operante l’obbligo di munirsi della autorizzazione
prescritta in via generale dalla legge.
Esattamente, pertanto, la sentenza impugnata ha affermato la sussistenza
dell’obbligo di iscrizione all’Albo da parte della impresa del ricorrente o, in
mancanza, di munirsi della prescritta autorizzazione, con la conseguente
sussistenza a carico di quest'ultimo del reato di cui alla contestazione.
Deve essere, infine, affermata la inammissibilità della doglianza relativa alla
carenza di valutazione circa la inesistenza dell’elemento psicologico del reato.
La sentenza di primo grado, infatti, aveva espressamente escluso che il Lo Bello
potesse essere stato tratto in inganno da comportamenti della pubblica
amministrazione o comunque che potesse ritenersi insussistente l’elemento
soggettivo del reato.
Orbene, la citata valutazione non ha costituito oggetto di espressa
contestazione nei motivi di appello, sicché la successiva censura sul punto in
sede di legittimità è inammissibile.
E’, infine, infondato l’ultimo motivo di gravame.
Nella parte motiva della sentenza impugnata si afferma erroneamente che
l’imputato non può godere, tra l’altro, del beneficio della sospensione
condizionale della pena, mentre nella parte dispositiva si conferma la sentenza
di primo grado.
Detta sentenza, infatti, aveva già concesso all’imputato il beneficio della
sospensione condizionale della pena, sicché la doglianza dell’imputato sul punto
si palesa affetta da carenza di interesse, in quanto riferibile ad un errore
motivazionale non destinato ad esplicare effetti sulla statuizione definitiva di
cui al dispositivo.
La valutazione della sentenza circa il carattere ostativo dei precedenti
dell’imputato è, invece, esatta per quanto riguarda la non concedibilità del
beneficio della non menzione.
il ricorso, pertanto, dove essere rigettato.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. al rigetto dell’impugnazione segue a carico del
ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica
udienza del 26.10.2006.
L' estensore
Il presidente
Alfredo Maria Lombardi
Claudio Vitalone
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