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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
Rifiuti - Gestione dei rifiuti -
Deposito temporaneo - Deposito preliminare - Messa in riserva in attesa di
recupero - Deposito incontrollato o abbandono - Nozione e differenza - Scelta
fra le varie opzioni - Elementi specifici della fattispecie concreta - Artt. 255
e 256 D.Lgs. 152/2006 - D.Lgs. 22/1997. In materia di rifiuti il deposito
esula dai confini di quello temporaneo, esso può integrare alternativamente: a)
gli estremi del deposito incontrollato o abbandono, sanzionato a seconda dei
casi come illecito amministrativo ai sensi dell'art. 50 D.Lgs. n. 22/1997 (ora
art. 255 D.Lgs. n. 152/2006) o come reato contravvenzionale ai sensi dell’art.
51 comma 2, D.Lgs. 22/1997 (ora art. 256, comma 2, D.Lgs. 152/2006); b) gli
estremi del deposito preliminare (o stoccaggio), che, essendo una forma di
gestione dei rifiuti, in assenza della prescritta autorizzazione o comunicazione
in procedura semplificata, è sanzionato come contravvenzione dall’art. 51, comma
1, D.Lgs. 22/1997 (ora art. 256, comma 1, D.Lgs. 152/2006); c) una messa in
riserva (o stoccaggio) in attesa di recupero, che è sempre soggetta ad
autorizzazione, in quanto configura un ulteriore forma di gestione dei rifiuti
(punto R. 13 allegato C dei D.Lgs. 22/1997 e 152/2006). Alcune sentenze hanno
adottato la prima soluzione (Cass. Sez. III, n. 20780 dell’11.4.2002, Brustia,
rv. 221883; Cass. Sez. III n. 9057 del 22.1.2003, Costa, rv. 224172), altre
hanno adottato la seconda (Cass. Sez. III, n. 7140 del 21.3.2000, Eterno, rv.
216977; Cass. Sez. III, n. 14762 del 5.3.2002, Amadori, rv. 221576). Sicché, la
scelta fra le varie opzioni dipende soltanto dagli elementi specifici della
fattispecie concreta. Pertanto, quando non ricorre un deposito temporaneo, si
configura un deposito preliminare se esso è realizzato in vista di successive
operazioni di smaltimento, ovvero una messa in riserva se è realizzato in vista
di successive operazioni di recupero, mentre si realizza un deposito
incontrollato o abbandono quando è “definitivo” nel senso che non prelude ad
alcuna operazione di smaltimento o di recupero. Pres. Papa - Est. Onorato - Ric.
Tesolat ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 30 novembre 2006 (Ud.
11/10/2006), Sentenza n. 39544
Rifiuti - Deposito temporaneo - Elementi - Deposito preliminare o stoccaggio
- Presupposti - D.Lgs. 3.4.2006 n. 152 - D. Lgs. 22/1997. Ai sensi delle
direttive comunitarie in materia e del D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, che con la parte
quarta ha sostituito il D.Lgs. 22/1977 attuativo delle medesime, (precisamente
nell’art. 183 Iett. m) per il deposito temporaneo, e nell’allegato B alla parte
quarta, punto D15, per il deposito preliminare). Si intende per deposito
temporaneo, ogni raggruppamento di rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel
luogo in cui sono prodotti, quando siano rispettate precise condizioni di
qualità, di tempo, di quantità di organizzazione tipologica e di rispetto delle
norme tecniche, elencate nella lett. m) dell’art. 6 D.Lgs. 22/1997. Si intende
invece per deposito preliminare (o stoccaggio), quello effettuato in qualsiasi
luogo prima di una delle operazioni di smaltimento elencate nei punti da D1 a
D14 dell’allegato B al D. Lgs. 22/1997, senza il rispetto dello predette
condizioni (v, Cass. Sez. III, n. 21024 del 25.2.2004, Eoli, rv. 229225/6).
Pres. Papa - Est. Onorato - Ric. Tesolat ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 30 novembre 2006 (Ud. 11/10/2006), Sentenza n. 39544
Rifiuti - Attività di gestione dei rifiuti - Deposito preliminare -
Operazioni di smaltimento dei rifiuti - Diritto comunitario - Principio di
precauzione. Il deposito preliminare è incluso nelle operazioni di
smaltimento dei rifiuti e - come tale - è soggetto ad autorizzazione o a
comunicazione in procedura semplificata; mentre il deposito temporaneo esula
dalle operazioni di smaltimento e in genere da tutta l’attività di gestione dei
rifiuti, costituendo un’operazione preliminare o preparatoria alla gestione, e -
come tale - è libero, anche se è pur sempre soggetto al rispetto dei principi di
precauzione e di azione preventiva che le direttive comunitarie impongono agli
stati nazionali in forza dell’art. 130 R (ora art. 174) del Trattato CE (v.
Corte di Giustizia Europea, Quarta Sezione, del 5.10.1999, Lirussi e Bizzaro,
cause riunite C-175/98 e 177/98). In linea con siffatto principio precauzionale
del diritto comunitario, l’art. 28, comma 5, del D.Lgs. 22/1997 (ora art. 208,
comma 17, D.Lgs. 152/2006) assoggetta anche il deposito temporaneo al divieto di
miscelazione dì cui all’art. 9 (ora art. 187 D.Lgs. 152/2006) e all’obbligo di
tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’art. 12 (ora art. 190 D.Lgs.152/2006).
In quanto deroga ai principi comunitari di protezione dell’ambiente, la nozione
di deposito temporaneo deve essere interpretata in senso restrittivo (così la
Commissione nelle cause riunite Lirussi e Bizzarro, succitate; v. anche Cass.
Sez. III, n. 4957 del 21.1.2000, Rigotti, rv. 215946). Pres. Papa - Est. Onorato
- Ric. Tesolat ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 30 novembre
2006 (Ud. 11/10/2006), Sentenza n. 39544
Procedure e varie - Prescrizione - Sospensioni processuali disposte su
istanze di parte - Termini - Calcolo. Al fine della prescrizione devono
essere calcolate anche le sospensioni processuali disposte su istanze di parte
non strettamente funzionali all’esercizio del diritto di difesa o del diritto
alla prova (Cass. Sez. Un. 28. 11.2001, Cremonese, rv. 220509). Pres. Papa -
Est. Onorato - Ric. Tesolat ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 30
novembre 2006 (Ud. 11/10/2006), Sentenza n. 39544
Udienza Pubblica dell' 11.10.2006
SENTENZA N. 1593
REG. GENERALE n. 5201/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
Dott. Enrico PAPA Presidente
Dott. Guido DE MAIO Consigliere
Dott. Pierluigi ONORATO (est.) Consigliere
Dott. Amedeo FRANCO Consigliere
Dott. Maria Silvia SENSINI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto per:
1) TESOLAT Daniele, nato a San Vito al Tagliamento il 28.7.1960,
2) TREVOISAN Matteo, nato a San Vito al Tagliamento il 12.6.1979,
avverso la sentenza resa il 12.10.2005 dalla corte d’appello di Trieste,
Vista la sentenza denunciata e il ricorso,
Udita la relazione svolta in udienza dal consigliere Pierluigi Onorato,
Udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale
Gioacchino Izzo, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso,
Udito il difensore della parte civile, avv. ==
Udito il difensore degli imputati,
avv. Dino Valenza, in sostituzione dell’avv. Roberto Lombardini, che ha
insistito nel ricorso,
Osserva:
Svolgimento del processo
1 - Accogliendo l’impugnazione del p.m. contro la sentenza assolutoria resa il
29.7.2004 dal tribunale monocratico di Pordenone, sezione distaccata di San Vito
al Tagliamento, la corte di appello di Trieste, ha dichiarato Daniele Tesolat e
Matteo Trevisan colpevoli del reato di cui all’art. 51, comma 1, D.Lgs. 5.2.1997
n. 22 - così riqualificato, il fatto contestato - condannando il primo alla pena
di € 2.700 e il secondo a quella di € 1.800 di ammenda.
In linea di fatto, la corte ha premesso che in un terreno denominato “ex-Bonfada”,
dove erano in corso lavori edilizi da parte della ditta di Alessandro Toneguzzo
per conto della proprietaria Immobiliare Valbruna s.r.l., terreno dapprima
sequestrato e poi dissequestrato a condizione che fossero previamente smaltiti i
rifiuti giacenti, durante un sopralluogo del 26.2.2002, una pattuglia di guardie
forestali aveva rilevato che il Tesolat, alla guida di un escavatore, e il
Trevisan, alla guida di un autocarro, stavano provvedendo a trasportare
nell’area del precedente deposito di rifiuti materiale derivante dalla
demolizione di un capannone ubicato nello stesso cantiere.
I due, quali artigiani esperti nel settore, avevano ricevuto l’incarico di
demolire il capannone e di movimentare e trasportare il materiale di risulta (il
Tesolat da due giorni, e il Trevisan da poche ore) da parte del Toneguzzo e del
titolare dell’immobiliare Valbruna, Giuseppe Casonato, senza che fossero state
previamente ottenute le necessarie autorizzazioni. Sicuramente i materiali di
risulta così movimentati e depositati nel cantiere erano superiori ai 200 metri
cubi.
In linea di diritto, la corte di merito ha osservato:
- che non sussisteva l’ipotesi di deposito temporaneo di rifiuti non pericolosi,
giacché era stata superata la soglia dei 20 mc. richiesta dalla lett. m) n. 3
dell’art. 6 D.Lgs. 22/1997;
- che ricorreva pertanto la materialità del reato di cui all’art. 51, comma 1,
D.Lgs. 22/1997, per gestione di rifiuti non autorizzata, invece che quella del
reato di cui al comma 2 dello stesso art. 51, per deposito incontrollato di
rifiuti, risultante dalla contestazione formulata dal pubblico ministero;
- che sussisteva altresì l’elemento soggettivo del reato, giacché gli artigiani
imputati avevano colposamente omesso di verificare che esistessero le necessarie
autorizzazioni.
2 - Il difensore degli imputati ha proposto ricorso per cassazione, chiedendo
l’annullamento della sentenza in base a tre motivi.
In particolare deduce:
2.1 - erronea applicazione degli artt. 6 lett. m) e 51 D.Lgs. 22/1997, e
mancanza o illogicità di motivazione sul punto.
Sostiene che lo smaltimento degli inerti da demolizione avveniva pacificamente
entro i tre mesi prescritti dalla predetta lettera m); e che inoltre le
operazioni svolte da Tesolat e Trevisan erano del tutto estranee all’attività di
stoccaggio eventualmente imputabile a Casonato e Toneguzzo in vista dello
smaltimento o del recupero;
2.2 - violazione degli artt. 516 e 521 e conseguente nullità della sentenza ex
art. 522 c.p.p., giacché difettava la correlazione fra il reato contestato (art.
51, comma 2) e quello ritenuto nella sentenza di condanna (art. 51, comma I);
2.3 - inosservanza degli artt. 42 e 43 c.p. e mancanza o illogicità di
motivazione sul punto.
Sostiene che la sentenza impugnata non ha tenuto in considerazione il fatto
pacifico che Tesolat e Trevisan erano stati incaricati solo della demolizione e
della movimentazione dei materiali di risulta in altra area dello stesso
cantiere; e che tale limitato incarico non poteva implicare che i medesimi
fossero consapevoli che la società appaltante e la ditta appaltatrice erano
privi di abilitazione allo stoccaggio in vista dello smaltimento o del recupero
finale.
3 - Con motivo aggiunto depositato il 23.9.2006, il difensore ha chiesto in via
subordinata l’annullamento della sentenza per prescrizione del reato.
Motivi della decisione
4 - Va preliminarmente disattesa l’eccezione di prescrizione formulata col
motivo nuovo (aggiunto).
Come già accennato in narrativa, il reato sarebbe stato commesso sino al
26.2.2002, data del sopralluogo, nel corso del quale le guardie forestali
colsero gli imputati nell’atto di movimentare i rifiuti provenienti dalla
demolizione di un capannone che esisteva in loco. Il periodo prescrizionale
scadeva quindi il 26.8.2006.
Com’è noto, peraltro, al fine della prescrizione devono essere calcolate anche
le sospensioni processuali disposte su istanze di parte non strettamente
funzionali all’esercizio del diritto di difesa o del diritto alla prova (Cass.
Sez. Un. 28. 11.2001, Cremonese, rv. 220509), e quindi - nel caso dì specie - la
sospensione di 3 mesi e 14 giorni dal 30.9.2003 al 13.1.2004, sicché la
prescrizione massima maturerà soltanto in data 10.12.2006.
5 - In secondo luogo va respinto il secondo motivo di ricorso (2.2), con cui è
stato contestato il difetto di correlazione tra il reato contestato dal pubblico
ministero (art. 51, comma 1, D.Lgs. 22/1997) e quello ritenuto dal giudice
d’appello nella sentenza di condanna (art. 51, comma 2, stesso decreto).
Invero, nel capo di imputazione ai predetti Tesolat e Trevisan era stato
contestato di aver depositato in modo incontrollato e/o di aver smaltito senza
autorizzazione rifiuti non pericolosi provenienti da demolizioni edili.
Orbene, se si considera che nello smaltimento dei rifiuti è compreso anche il
deposito preliminare prima del trasporto in discarica di altre operazioni di
smaltimento propriamente detto (lettera D 15 dell’Allegato B al D.Lgs. 22/1997),
e che il giudice d’appello ha sostanzialmente ritenuto sussistere un deposito
preliminare, invece che il deposito temporaneo controllato di cui alla lettera
m) dell'art. 6 D.Lgs. 22/1997, si deve concludere che non si è configurata
alcuna immutazione del fatto, tanto meno una immutazione sulla quale gli
imputati non hanno potuto difendersi. In altre parole, contestando Io smaltimento
si è contestato anche il deposito preliminare che il giudice ha ritenuto in
sentenza.
6 - E’ invece fondato per quanto di ragione il primo motivo di ricorso relativo
alla sussistenza materiale del reato (n. 2.1), mentre resta per conseguenza
assorbito il terzo motivo sulla sussistenza dell’elemento psicologico (n. 2.3).
Premesso che la movimentazione e il deposito dei rifiuti de quibus
avvenivano pacificamente nello stesso luogo di produzione (cantiere edile),
thema decidendum nel presente processo è stabilire se l’attività compiuta
dagli imputati configura un deposito preliminare o un deposito temporaneo.
Va precisato a questo riguardo che quando il deposito esula dai confini di
quello temporaneo, esso può integrare alternativamente:
a) gli estremi del deposito incontrollato o abbandono, sanzionato a seconda dei casi come illecito amministrativo ai sensi dell'art. 50 D.Lgs. 22/1997 (ora 255 D.Lgs. 152/2006) o come reato contravvenzionale ai sensi dell’art. 51 comma 2, D.Lgs. 22/1997 (ora art. 256, comma 2, D.Lgs. 152/2006);
b) gli estremi del deposito preliminare (o stoccaggio), che, essendo una forma di gestione dei rifiuti, in assenza della prescritta autorizzazione o comunicazione in procedura semplificata, è sanzionato come contravvenzione dall’art. 51, comma 1, D.Lgs. 22/1997 (ora art. 256, comma 1, D.Lgs. 152/2006);
c) una messa in riserva (o stoccaggio) in attesa di recupero, che è sempre soggetta ad autorizzazione, in quanto configura un ulteriore forma di gestione dei rifiuti (punto R. 13 allegato C dei D.Lgs. 22/1997 e 152/2006).
Alcune sentenze hanno adottato la prima soluzione (Cass. Sez. III, n. 20780
dell’11.4.2002, Brustia, rv. 221883; Cass. Sez. III n. 9057 del 22.1.2003,
Costa, rv. 224172), altre hanno adottato la seconda (Cass. Sez. III, n. 7140 del
21.3.2000, Eterno, rv. 216977; Cass. Sez. III, n. 14762 del 5.3.2002, Amadori,
rv. 221576).
Ritiene il collegio che la scelta fra le varie opzioni dipende soltanto dagli
elementi specifici della fattispecie concreta, sicché, quando non
ricorre un deposito temporaneo, si configura un deposito preliminare se esso è
realizzato in vista di successive operazioni di smaltimento, ovvero una messa in
riserva se è realizzato in vista di successive operazioni di recupero, mentre si
realizza un deposito incontrollato o abbandono quando è - per dir così -
definitivo nel senso che non prelude ad alcuna operazione di smaltimento o di
recupero.
Nel caso di specie, la corte territoriale, con valutazione incensurabile in
questa sede, ha ritenuto che il deposito fosse preliminare perché era
propedeutico a successive operazioni di smaltimento di tutti i rifiuti esistenti
nel cantiere de quo, che dovevano essere effettuato dalla società
Immobiliare Valbruna.
7- Per affrontare il thema decidendum, va ricordato che, ai sensi delle
direttive comunitarie in materia e del D.Lgs. 22/1997 attuativo delle medesime,
si intende per deposito temporaneo, ogni raggruppamento di rifiuti
effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti, quando siano
rispettate precise condizioni di qualità, di tempo, di quantità di
organizzazione tipologica e di rispetto delle norme tecniche, elencate nella lett. m) dell’art. 6 D.Lgs. 22/1997.
Si intende invece per deposito preliminare (o stoccaggio), quello effettuato in
qualsiasi luogo prima di una delle operazioni di smaltimento elencate nei punti
da D1 a D14 dell’allegato B al D. Lgs. 22/1997, senza il rispetto dello
predette condizioni (v, Cass. Sez. III, n. 21024 del 25.2.2004, Eoli, rv.
229225/6).
Le stesse definizioni sono ora contenute nel D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, che con la
parte quarta ha sostituito il citato D.Lgs. 22/1977; precisamente nell’art. 183
Iett. m) per il deposito temporaneo, e nell’allegato B alla parte quarta, punto
D15, per il deposito preliminare.
Più precisamente, il deposito preliminare è incluso nelle operazioni di
smaltimento dei rifiuti e - come tale - è soggetto ad autorizzazione o a
comunicazione in procedura semplificata; mentre il deposito temporaneo esula
dalle operazioni di smaltimento e in genere da tutta l’attività di gestione dei
rifiuti, costituendo una operazione preliminare o preparatoria alla gestione, e
- come tale - è libero, anche se è pur sempre soggetto al rispetto dei principi
di precauzione e di azione preventiva che le direttive comunitarie impongono
agli stati nazionali in forza dell’art. 130 R (ora art. 174) del Trattato CE (v.
Corte di Giustizia Europea, Quarta Sezione, del 5.10.1999, Lirussi e Bizzaro,
cause riunite C-175/98 e 177/98).
In linea con siffatto principio precauzionale del diritto comunitario, l’art. 28,
comma 5, del D.Lgs. 22/1997 (ora art. 208, comma 17, D.Lgs. 152/2006)
assoggetta anche il deposito temporaneo al divieto di miscelazione dì cui all’art.
9 (ora art. 187 D.Lgs. 152/2006) e all’obbligo di tenuta dei registri di carico
e scarico di cui all’art. 12 (ora art. 190 D.Lgs.152/2006).
In quanto deroga ai principi comunitari di protezione dell’ambiente, la nozione
di deposito temporaneo deve essere interpretata in senso restrittivo (così la
Commissione nelle cause riunite Lirussi e Bizzarro, succitate; v. anche Cass.
Sez. III, n. 4957 del 21.1.2000, Rigotti, rv. 215946).
8 - Si tratta quindi di definire quali sono le condizioni necessarie richieste
dalla legge per configurare un deposito temporaneo, in assenza delle quali si
configura un deposito preliminare soggetto ad autorizzazione (quando il deposito
prelude a una successiva operazione di smaltimento o di recupero), una messa in
riserva ugualmente soggetta ad autorizzazione (quando il deposito prelude a una
successiva operazione di recupero), ovvero un abbandono o deposito
incontrollato, amministrativamente o penalmente sanzionato (quando il deposito
è definitivo perché non prelude ad alcuna attività di recupero o smaltimento).
AI riguardo, il legislatore nazionale ha fissato precise disposizioni che
impongono l’assenza di determinati elementi chimici nocivi alla salute,
l’organizzazione per tipi omogenei dei rifiuti, il rispetto delle norme tecniche
e di quelle che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura dei rifiuti
pericolosi, nonché i tempi e la quantità del deposito (art. 6, lett. m), D.Lgs.
22/1997, ora art. 183, lett. m), D.Lgs. 3.4.2006 n. 152).
L’infelice formulazione della disposizione relativa al requisito quantitativo e
temporale contenuta nel numero 3 del più volte citato art. 6 lett. m), ha
indotto questa Corte, in alcune sue sentenze, a una interpretazione “rigorista”
che la dottrina ha fondatamente criticato, e che, dopo l’entrata in vigore del
D.Lgs. 152/2006, ha perso ormai qualsiasi aggancio testuale (v. Sez. III, n. 4957 del 21.1.2000, Rigotti,
rv. 215946; Sez. III, n. 41520 del 29.10.2002,
Guarracino, rv. 223045; Sez. III, n. 13113 dell'11.2.2003, Rofi, rv. 223860;
Sez. III, n. 22063 del 25.3.1003, Mascheroni, rv. 224485).
Invero, dopo che la legge 15.12.2004 n. 308 aveva delegato il Governo a
provvedere al riordino, coordinamento e integrazione della legislazione in
materia ambientale, il legislatore delegato, con il citato D.Lgs. 152/2006, ha
adottato una formulazione più chiara, dalla quale risulta inconfutabilmente che
- conformemente alla interpretazione del testo previgente offerta dalla migliore
dottrina - il produttore dei rifiuti può alternativamente facoltativamente
scegliere di adeguarsi al criterio quantitativo o a quello temporale per
ottemperare alle condizioni del deposito temporaneo. Infatti, l’art. 183 D.Lgs.
152/2006, lett. m) n. 3, stabilisce che:
“3) i rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni
di recupero o di smaltimento, secondo le seguenti modalità alternative, a scelta
del produttore:
3.1) con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalla quantità in
deposito; oppure
3.2) quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunga i 20
metri cubi. In ogni caso, allorché Il quantitativo di rifiuti non superi 120
metri cubi, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;
3.3) limitatamente al deposito temporaneo effettuato In stabilimenti localizzati
nelle isole minori, entro il termine di durata massima di un anno,
indipendentemente dalle quantità “.
In tal modo, attraverso l’inserimento della frase “secondo le seguenti modalità
alternative, a scelta del produttore” e della congiunzione «oppure”, che
sostituiscono la frase “ovvero, in alternativa” contenuta nel testo precedente,
resta definitivamente chiarito che il produttore, ferme le altre condizioni
qualitative, può decidere di conservare i rifiuti in deposito per tre mesi In
qualsiasi quantità, prima di avviarli allo smaltimento o al recupero
(privilegiando così il limite temporale), oppure può scegliere di conservare i
rifiuti in deposito per un anno, purché la loro quantità non raggiunga i venti
metri cubi (assumendo così come decisivo il limite quantitativo). Solo per le
isole minori è eccezionalmente consentito che il deposito sia protratto per un
anno anche se il quantitativo depositato supera il limite predetto.
Non può
quindi condividersi la tesi della citata sentenza Rigotti, alla quale aderisce
la sentenza impugnata, secondo cui il deposito potrà essere mantenuto per la
durata di un anno solo se “in tutto il detto arco temporale, e cioè
complessivamente” non venga superato il limite dei venti metri cubi, sicché il
limite temporale di tre mesi assume rilievo, o - per così dire - entra in gioco
solo quando “i vari conferimenti di rifiuti siano tutti inferiori ai venti metri
cubi”.
Una simile esegesi, infatti, non è consentita dal tenore letterale della
disposizione (sia nel testo previgente sia nel testo vigente), la quale non si
riferisce mai ai singoli conferimenti, ma ha riguardo solo alla quantità
complessiva dei rifiuti esistenti in un dato momento e alla durata complessiva
del loro deposito.
Va inoltre notato che siffatta esegesi è esplicitamente basata sulla lettura di
"ovvero” in chiave esplicativa, anziché disgiuntiva, cioè come sinonimo di
“ovverosia”; mentre tutta la frase "ovvero, in alternativa” indicava chiaramente
che la congiunzione doveva essere letta secondo il suo normale senso disgiuntivo.
Al riguardo, il nuovo testo toglie ogni possibile dubbio residuo quando
sostituisce la congiunzione "ovvero” con la congiunzione “oppure”, giacché quest’ultima, a differenza della prima, non sopporta altro significato che
quello disgiuntivo.
Questa tesi giurisprudenziale, peraltro, sembra entrare in contraddizione con se
stessa quando ammette che il limite trimestrale vale indipendentemente dalla
quantità di rifiuti in deposito, ma poi esige che non venga superato il limite
dei venti metri cubi nel corso dell’intero anno.
Non può dirsi, insomma, che se
questo limite quantitativo non è raggiunto è possibile mantenere il deposito per
la durata di un anno, e nello stesso tempo affermare che il limite trimestrale
vale indipendentemente dalla quantità sempre che i vari conferimenti siano
inferiori ai venti metri cubi.
9 - In conclusione, la corte di merito doveva valutare la posizione degli imputati
alla luce dei principi sopra esposti. Invece, seguendo la sentenza Rigotti, ha
espresso il suo giudizio di colpevolezza sulla base di una errata
interpretazione della nozione di deposito temporaneo, sostanzialmente violando
quei principi.
Se poteva infatti riconoscersi che il Tesolat e il Trevisan erano produttori dei
rifiuti ai sensi dell’art. 6 lett. b) D.Lgs. 22/1997 (ora ari 183 lett. b) D.Lgs.
152/2006), in quanto avevano proceduto alla demolizione del capannone da cui
erano derivati i rifiuti stessi, non poteva però affermarsi, senza ulteriore
istruzione probatoria e adeguata motivazione, che i due imputati, movimentando e
raccogliendo i materiali di risulta nell’ambito dello stesso cantiere, avessero
superato i limiti del deposito temporaneo, e quindi fossero responsabili (a
titolo di concorso con i loro committenti) di avere effettuato uno smaltimento
(deposito preliminare) senza il dovuto titolo autorizzatorio.
Invero, per esulare dai confini del deposito temporaneo, non bastava che il
quantitativo depositato nel luogo di produzione superasse i venti metri cubi, ma
occorreva contemporaneamente accertare se fosse stato superato anche il limite
trimestrale del tempo di giacenza, atteso che - secondo la corretta esegesi
della disposizione — il produttore può scegliere di conservare qualsiasi
quantità dì rifiuti in deposito temporaneo per la durata di tre mesi, prima di
avviarli allo smaltimento o al recupero, purché osservi le altre condizioni
prescritte riguardo alla qualità dei rifiuti, al rispetto delle norme tecniche e
al raggruppamento per tipi omogenei (nn. 1, 2 e 4 delle citate lett. m) art. 6
D.Lgs. 22/1997 e art. 183 D.Lgs. 152/2006).
Nel caso di specie, poi, l’accertamento del limite temporale dei tre mesi
assumeva un particolare rilievo, dal momento che la stessa sentenza impugnata ha
incidentalmente riconosciuto che il raggruppamento dei materiali di risulta era
durato solo pochi giorni, atteso che il Tesolat col suo escavatore era all’opera
solo da due giorni, mentre il Trevisan col suo autocarro era in attività
soltanto dalla mattina in cui fu effettuato il sopralluogo.
La sentenza va quindi annullata con rinvio, perché il nuovo giudice di merito
rivaluti alla luce di tutti i principi sopra esposti se il raggruppamento dei
rifiuti da demolizione edile di cui trattasi aveva superato i limiti del
deposito temporaneo.
P.Q.M.
la corte suprema di cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra
sezione della corte d’appello di Trieste.
Così deciso in Roma in data 11.10.2006
L' estensore
Il presidente
Pierluigi Onorato
Enrico Papa
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