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Urbanistica e edilizia - Ristrutturazione attuata attraverso demolizione e
ricostruzione - Manufatto nuovo e diverso rispetto al precedente in assenza del
prescritto titolo abilitante - Demolizione delle opere abusive - Difformità
totale e parziale - Art. 10, 1° c. - lett. c), del T.U. n. 380/2001, mod. dal
D.Lgs. n. 301/2002. La difformità totale si verifica, allorché si costruisca
«aliud pro alio” e ciò è riscontrabile allorché i lavori eseguiti portino
alla realizzazione di opere non rientranti tra quelle consentite, che
presentino, nel rapporto proporzionale, una difformità quantitativa tale da
acquistare una sostanziale autonomia rispetto ad esse. Mentre, la difformità
parziale si riferisce, ad ipotesi tra le quali possono farsi rientrare gli
aumenti di cubatura o di superficie di scarsa consistenza, nonché le variazioni
relative a parti accessorie che non abbiano specifica rilevanza e non siano
suscettibili di utilizzazione autonoma. Pres. Lupo - Est. Fiale - Ric. Balletta.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6 dicembre 2006 (Ud. 26/09/2006),
Sentenza n. 40173
Urbanistica e edilizia - Opere eseguite in totale difformità dal titolo
abilitante - Art. 31 del T.U. n. 380/2001 - L. n. 47/1985. A norma dell’art.
31 del T.U. n. 380/2001 (e già dell’art. 7 della legge n. 47/1985), devono
ritenersi eseguite in totale difformità dal titolo abilitante quelle opere “che
comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per
caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello
oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i
limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte
di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile”. Pres. Lupo -
Est. Fiale - Ric. Balletta. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6 dicembre
2006 (Ud. 26/09/2006), Sentenza n. 40173
Urbanistica e edilizia - Ristrutturazioni edilizie - Denunzia di inizio
attività - Variazione del carico urbanistico - Esclusione - Edificio esistente -
Interventi di ristrutturazione edilizia che comportino integrazioni funzionali o
strutturali - Modifiche del volume - Permesso di costruire. Le
ristrutturazioni edilizie di portata minore, sono sempre realizzabili previa
mera denunzia di inizio attività, cioè quelle, che determinano una semplice
modifica dell’ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la
costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa
conserva la sua iniziale consistenza urbanistica (diverse da quelle, descritte
dall’art. 10, 1° comma - Iett. c), che comportano invece una variazione del
carico urbanistico). Inoltre, sono realizzabili, in seguito a permesso di
costruire ovvero (a scelta dell‘interessato) previa mera denunzia di inizio
attività interventi di ristrutturazione edilizia che comportino integrazioni
funzionali o strutturali dell’edificio esistente, pure con incrementi limitati
di superficie e di volume. Pertanto, le «modifiche del volume” previste dall’art.10
possono consistere, in diminuzioni o trasformazioni dei volumi preesistenti ed
in incrementi volumetrici modesti (tali da non configurare apprezzabili aumenti
di volumetria) poiché, qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale
ampliamento dell’edificio, verrebbe meno la linea di distinzione tra
“ristrutturazione edilizia» e "nuova Costruzione”. Pres. Lupo - Est. Fiale -
Ric. Balletta. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6 dicembre 2006 (Ud.
26/09/2006), Sentenza n. 40173
Urbanistica e edilizia - Nozione di "ristrutturazione edilizia" - Fattispecie.
L’art. 3, 1° comma, lett. d), del TU. a 380/2001, come modificato dal D.Lgs. a
301/2002, ha esteso, la nozione di "ristrutturazione edilizia" ricomprendendovi
pure gli interventi ricostruttivi “consistenti nella demolizione e ricostruzione
con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente fatte salve le sole
innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”. Volumetria
e sagoma, debbono rimanere identiche nei casi di ristrutturazione attuata
attraverso demolizione e ricostruzione mentre non si pongono come limiti per gli
interventi di ristrutturazione che non comportino la previa demolizione. Nella
specie, il risultato finale dell’attività demolitoria-ricostruttiva non
coincideva nella volumetria e nella sagoma con l’edificio precedente. Pres. Lupo
- Est. Fiale - Ric. Balletta. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6 dicembre
2006 (Ud. 26/09/2006), Sentenza n. 40173
Procedure e varie - Proposizione del ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità - Spese del procedimento - Onere -
Art. 616 c.p.p.. Quando non sussistono elementi per ritenere che “la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, alla declaratoria della inammissibilità medesima
segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata. Corte Costituzionale 13.6.2000, sentenza n. 186. Pres.
Lupo - Est. Fiale - Ric. Balletta. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6
dicembre 2006 (Ud. 26/09/2006), Sentenza n. 40173
Pubblica udienza del 26.9.2006
SENTENZA N. 1463
REG. GENERALE n. 18515/06
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
1. Dott. Ernesto Lupo Presidente
2. Dott. Vincenzo Tardino Consigliere
3. Dott. Claudia Squassoni Consigliere
4. Dott. Aldo Fiale Consigliere
5. Dott. Amedeo Franco Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BALLETTA Eugenio, nato a S. Maria a Vico (FR) l’1.7.1952
avverso la sentenza 7.2.2006 della Corte di Appello di Napoli
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso
Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo Fiale
Udito il Pubblico Ministero, in persona del dr. Angelo Di Popolo, il quale ha
concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 7.2.2006, confermava la sentenza
26.1.2005 del Tribunale di S. Maria Capua Vetere - Sezione distaccata di
Marcianise, che aveva affermato la responsabilità penale di Balletta Eugenio
in ordine al reato di cui:
- all’art. 20, lett. b), legge n. 47/1985 (per avere, previa demolizione di un
fabbricato preesistente, realizzato un manufatto nuovo e diverso rispetto al
precedente in assenza del prescritto titolo abilitante - acc. in S. Maria a
Vivo, il 26.4.2002)
e, riconosciute circostante attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena
- condizionalmente sospesa - di mesi due di reato ed euro 4.000,00 di ammenda,
con ordine di demolizione delle opere abusive.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Balletta, il quale ha
eccepito che la nuova opera edilizia, assentita con la procedura di DIA., non
sarebbe "integralmente dissimile” da quella preesistente e demolita e
che, sul punto, incongruamente la Corte di merito non aveva inteso escutere come
teste il tecnico comunale, il quale avrebbe potuto descrivere esattamente il
fabbricato esistente". Dovrebbe ritenersi illegittimo, in conseguenza, il
disposto ordine di demolizione integrale del manufatto di nuova costruzione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente
infondato.
1.I giudici del merito hanno accertato, in punto di fatto, che il Balletta aveva
presentato una denuncia di inizio attività esclusivamente per la demolizione di
un fabbricato esistente (composto, secondo la prospettazione difensiva, da piano
cantinato, piano terra e sottotetto), mentre dopo la demolizione aveva
realizzato, in assenza di permesso di costruire, un diverso edificio articolato
in piano cantinato, piano terra e primo piano, su una superficie totale di circa
mq. 272 ed avente una volumetria di me. 3,162.
Assume il ricorrente che tale ricostruzione della vicenda non corrisponderebbe
alla realtà effettiva, in quanto egli, a seguito di presentazione di D.I.A.
riferita ai lavori nel loro complesso, avrebbe - previa demolizione del
preesistente - edificato un immobile che risulta superiore, rispetto a quello
autorizzato, per mq. 130,12 di superficie (oltre quella assentita di 142,72 mq.)
e per mc. 1.656,45 di volume (oltre quello assentito di mc. 1505,69).
Una situazione siffatta - quand’anche detta prospettazione difensiva
corrispondesse alla realtà fattuale - giustificherebbe comunque la pronunzia di
condanna e l’ordine di demolizione integrale dell’edificio, in quanto il
manufatto di nuova edificazione, nella sua interezza, risulta totalmente
difforme da quello assentito e perciò privo di titolo abilitativo.
Legittimo deve ritenersi, pertanto, il diniego della richiesta integrazione
probatoria opposto dalla Corte di merito, in quanto - essendo stato sentito in
primo grado il vigile urbano verbalizzante ed essendo stata pure acquisita una
relazione tecnica dei geometri del settore urbanistica del Comune — la ulteriore
escussione testimoniale non avrebbe avuto alcun influenza sulla affermazione di
responsabilità.
2. A norma dell’art. 31 del T.U. n. 380/2001 (e già dell’art. 7 della legge n.
47/1985), devono ritenersi eseguite in totale difformità dal titolo
abilitante quelle opere “che comportano la realizzazione di un organismo
edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche,
planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso,
ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e
tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza
ed autonomamente utilizzabile”,
La difformità totale si verifica, dunque, allorché si costruisca «aliud
pro alio” e ciò è riscontrabile allorché i lavori eseguiti portino alla
realizzazione di opere non rientranti tra quelle consentite, che presentino, nel
rapporto proporzionale, una difformità quantitativa tale da acquistare una
sostanziale autonomia rispetto ad esse.
Il concetto di difformità parziale si riferisce, invece, ad ipotesi tra
le quali possono farsi rientrare gli aumenti di cubatura o di superficie di
scarsa consistenza, nonché le variazioni relative a parti accessorie che non
abbiano specifica rilevanza e non siano suscettibili di utilizzazione autonoma.
La fattispecie in oggetto è caratterizzata - anche secondo la prospettazione
difensiva - dalla realizzazione di un piano abitabile al posto di quello che
anteriormente era un sottotetto e dalla edificazione di volumi in eccesso la cui
rilevante entità ha portato alla costruzione di una struttura integralmente
diversa da quella del fabbricato preesistente e demolito: si profila ad
evidenza, pertanto, l’intervenuta esecuzione di opere, non rientranti tra quelle
denunciate, incidenti notevolmente sulle strutture essenziali del manufatto sia
sul piano costruttivo sia su quello della valutazione economico-sociale.
3. L’art. 10, 1° comma - lett. c), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal
D.Lgs. n. 301/2002, assoggetta a permesso di costruire quegli interventi
di ristrutturazione edilizia “che portino ad un organismo edilizio in
tutto o in parte diverso dal precedente, che comportino aumento di unità
immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle
superfici”, ovvero si connettano a mutamenti di destinazione d’uso,
limitatamente, agli immobili compresi nelle zone omogenee A).
L’art. 22, 3° comma - lett. a), dello stesso TU., come modificato dal D.Lgs. n.
301/2002, prevede però, che - a . scelta dell'interessato - tali interventi
possono essere realizzati anche in base a semplice denunzia di inizio attività.
Se ne deduce che:
a) sono sempre realizzabili previa mera denunzia di inizio attività le
ristrutturazioni edilizie di portata minore: quelle, cioè, che determinano una
semplice modifica dell’ordine in cui sono disposte le diverse parti che
compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente
innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica (diverse da
quelle, descritte dall’art. 10, 1° comma - Iett. c), che comportano invece una
variazione del carico urbanistico).
b) sono realizzabili, in seguito a permesso di costruire ovvero (a scelta
dell‘interessato) previa mera denunzia di inizio attività interventi
di ristrutturazione edilizia che comportino integrazioni funzionali o
strutturali dell’edificio esistente, pure con incrementi limitati di superficie
e di volume.
Le «modifiche del volume” previste
dall’art.10 possono consistere, però, in diminuzioni o trasformazioni dei volumi
preesistenti ed in incrementi volumetrici modesti (tali da non configurare
apprezzabili aumenti di volumetria) poiché, qualora si ammettesse la possibilità
di un sostanziale ampliamento dell’edificio, verrebbe meno la linea di
distinzione tra “ristrutturazione edilizia» e "nuova Costruzione”.
L’art. 3, 1° comma, lett. d), del TU. a 380/2001, come modificato dal D.Lgs. a
301/2002, ha esteso, inoltre, la nozione di "ristrutturazione edilizia"
ricomprendendovi pure gli interventi ricostruttivi “consistenti nella
demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello
preesistente fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento
alla normativa antisismica”.
Volumetria e sagoma, dunque, debbono rimanere identiche nei casi di
ristrutturazione attuata attraverso demolizione e ricostruzione mentre non si
pongono come limiti per gli interventi di ristrutturazione che non comportino la
previa demolizione.
Nella vicenda in esame, al contrario, il risultato finale dell’attività demolitoria-ricostruttiva non coincide nella volumetria e nella sagoma con
l’edificio precedente.
4. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e
rilevato che, nella specie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, alla declaratoria della inammissibilità medesima
segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro
1.000,00.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, visti gli art. 607,615 e 616 c.p.p.,
dichiara inammissibile il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento
della somma di mille/00 euro in favore della Cassa delle ammende.
ROMA 26-9-2006
L' estensore
Il presidente
Aldo Fiale
Ernesto Lupo
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