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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
Urbanistica e edilizia - Esecuzione ordine di demolizione e sanatoria -
Procedura di sanatoria e rilascio della concessione - Revoca in sede esecutiva -
Giudice dell’esecuzione - Controllo della legittimità dell’atto concessorio -
Necessità - Requisiti di forma e di sostanza - Verifica. Art. 7, L. n.47/1985.
In materia di abusivismo edilizio e relativa sanatoria, l’esecutività
dell’ordine di ripristino adottato ai sensi dell’art. 7, ultimo comma, della
legge 28 febbraio 1985, n. 47, e la vincolatività del relativo comando imposto
al soggetto destinatario vengono meno una volta che sia stata definita la
procedura di sanatoria con il rilascio della concessione, la quale, comportando
la regolarizzazione dal punto di vista amministrativo dell’opera abusiva, rende
incompatibile la sopravvivenza della misura sanzionatoria e ne giustifica la
revoca in sede esecutiva. Tuttavia, tale revoca non è, automatica giacché, prima
di disporla, il giudice dell’esecuzione è tenuto a controllare la legittimità
dell’atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti
per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla
legge per il corretto esercizio del potere di rilascio. Pres. Lupo - Est. Franco
- Ric. PG in proc. Sergio ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6
dicembre 2006 (c.c. 26/09/2006), Sentenza n. 40183
Urbanistica e edilizia - Domanda di condono - Soggetto legittimato alla
proposizione della domanda - Limiti ex Art.39, L. 724/1994 - Concedibilità
della sanatoria - Considerazione delle singole parti dell’edificio in luogo
dell’intero complesso edificatorio - Esclusione. Ai fini della
individuazione dei limiti stabiliti dall’art. 39 della legge 23 dicembre 1994,
n. 724, per la concedibilità della sanatoria, ogni edificio va inteso quale
complesso unitario che fa capo ad unico soggetto legittimato alla proposizione
della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze
presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono
riferirsi ad un’unica concessione in sanatoria, che riguarda l’edificio nella
sua totalità, e ciò in quanto la ratio della norma è di non consentire l’elusione
del limite legale (750 mc.) di consistenza dell’opera per la concedibilità della
sanatoria, attraverso la considerazione delle singole parti in luogo dell’intero
complesso edificatorio (cfr. Cass. Sez. III, 26 aprile 1999, La Mantia, m.
214.280; Sez. III, 19 aprile 2005, Merra, m. 231.643). Pres. Lupo - Est. Franco
- Ric. PG in proc. Sergio ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6
dicembre 2006 (c.c. 26/09/2006), Sentenza n. 40183
Urbanistica e edilizia - Domanda di sanatoria - Principio della
considerazione unitaria dell'opera - Concetto normativo di ultimazione ai fini
della sanatoria. Il principio della considerazione unitaria dell'opera cui
si riferisce la sanatoria, al quale si uniforma la disciplina dettata sotto il
profilo soggettivo dall’art. 39 legge 23 dicembre 1994, n. 724 in relazione
all’art. 38, comma 2, ultima parte, e 5, legge 28 febbraio 1985, n. 47, si trova
già affermato, sotto il profilo oggettivo, nell’art. 31, comma 2, della stessa
legge 28 febbraio 1985, n. 47, laddove si fa riferimento ai concetti paralleli
di esecuzione del rustico e di completamento della copertura per gli edifici
destinati alla residenza (vale a dire, ad abitazione) e di completamento
funzionale per le opere interne agli edifici suddetti, già esistenti, e per
quelle non destinate alla residenza per escludere la possibilità di scindere
l'edificio negli elementi che lo compongono (rispettivamente, piani,
appartamenti e singole opere nell’ambito di un complesso funzionale in corso di
realizzazione) in rapporto al concetto normativo di ultimazione ai fini della
sanatoria di singole parti dell’immobile completate entro il termine utile di
legge. (Cass. Sez. III, 26 aprile 1999, sent. n. 8584, La Mantia). Pres. Lupo -
Est. Franco - Ric. PG in proc. Sergio ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 6 dicembre 2006 (c.c. 26/09/2006), Sentenza n. 40183
Camera di consiglio del 26.9.2006
SENTENZA N. 875
REG. GENERALE n. 7430/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
1. Dott. Ernesto Lupo Presidente
2. Dott. Vincenzo Tardino Consigliere
3. Dott.ssa. Claudia Squassoni Consigliere
4. Dott. Aldo Fiale Consigliere
5. Dott. Amedeo Franco (est.) Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello dl Bari;
avverso l’ordinanza emessa l’11 novembre 2005 dalla corte d’appello di Bari,
quale giudice dell’esecuzione, nei confronti di Sergio Anna e Lorusso Riccardo;
udita nella udienza in camera di consiglio del 26 settembre 2006 la relazione
fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
lette le conclusioni del Procuratore generale con le quali chiede l’annullamento
con rinvio della ordinanza impugnata
Svolgimento del processo
Con sentenza 23 settembre 1994 della corte d’appello di Bari (divenuta
irrevocabile) Lorusso Riccardo e Sergio Anna furono condannati, per violazione
dell’art. 20, lett. b), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, alla pena di
giustizia con la sanzione della demolizione delle opere abusive, consistenti
nella costruzione di un fabbricato composto da piano terra di mq. 310, primo
piano di mq. 180 e secondo piano di mq. 70.
Il Procuratore generale della Repubblica di Bari in data 26 gennaio 2005 emise
ordine di demolizione dei manufatti abusivi rilevando che le tre concessioni in sanatoria rilasciate il 21 agosto 2002 dai comune di Andria in favore di Sergio
Anna, ciascuna relativamente ad un piano dell’unità immobiliare, erano
illegittime in quanto si era ricorso, strumentalmente, alla ripartizione delle
diverse unità immobiliari, pur appartenenti alla stessa proprietaria, al solo
fine di eludere il limite massimo della volumetria, imposto dall’art. 39 legge
23 dicembre 1994, n. 724, per la condonabilità delle opere.
Contro questo provvedimento era proposto incidente d’esecuzione che la corte
d’appello di Bari, con l’ordinanza in epigrafe, ha accolto, revocando l’ordine
di demolizione, per il motivo che la normativa di cui all’art. 39, comma 1,
legge 23 dicembre 1994, n. 724 consentirebbe il rilascio di diversi
provvedimenti in sanatoria per singola richiesta di condono edilizio purché non
superiore a 750 mc. per ciascuna unità immobiliare e che nessuna esplicita
previsione legislativa escluderebbe che le richieste siano avanzate dalla stessa
persona.
Il Procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Bari
propone
ricorso per cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge in
punto
di esclusione della commessa violazione del limite volumetrico (750 mc.) fissato
dalla legge 23 dicembre 1994, n. 724, il quale, se fosse stato riferito
all’intero manufatto e non alle singole parti di esso, avrebbe dovuto, invece,
ritenersi superato oltre misura, con la conseguenza che erano da considerare
illegittimamente concessi i relativi provvedimenti di sanatoria.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
Possono qui riportarsi - in quanto il Collegio le condivide pienamente e le fa proprie
- le considerazioni svolte nella sua requisitoria scritta dal
Procuratore generale, il quale ha osservato che «se è vero che l’esecutività
dell’ordine di ripristino adottato ai sensi dell’art. 7, ultimo comma, della
legge 28 febbraio 1985, n. 47, e la vincolatività del relativo comando imposto
al soggetto destinatario vengono meno una volta che sia stata definita la
procedura di sanatoria con il rilascio della concessione, la quale, comportando
la regolarizzazione dal punto di vista amministrativo dell’opera abusiva,
rende incompatibile la sopravvivenza della misura sanzionatoria e ne giustifica
la revoca in sede esecutiva, è anche vero che tale revoca non è, però,
automatica giacché, prima di disporla, il giudice dell’esecuzione è tenuto a
controllare la legittimità dell’atto concessorio sotto il duplice profilo della
sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di
sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio.
Dalla intervenuta concessione in sanatoria non deriva, quindi, quale immediata e
diretta conseguenza, la caducazione dell’ordine di demolizione poiché,
altrimenti, si finirebbe non soltanto per svuotare di contenuto il compito che
al giudice è demandato, ma soprattutto per vanificare il principio di
disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo, la cui osservanza è,
invece, necessaria al fine di garantire la più efficace tutela dell’interesse
protetto.
Fatta questa debita puntualizzazione, occorre, inoltre, precisare che tutta la
legislazione urbanistica e la giurisprudenza formatasi in materia di condono
edilizio escludono la possibilità di una sanatoria parziale; infatti il
concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e tale aspetto è
rilevante per l’accertamento dell’avvenuto rispetto del limite di 750 metri
cubi stabilito dalla legge.
Orbene, la linea argomentativa attraverso cui la corte di merito è pervenuta
alla conclusione di ritenere legittime le tre concessioni rilasciate alla Sergio
dal comune di Andria non può essere seguita ed accettata. E’ evidente, invero,
che alla prospettata questione se le diverse porzioni del fabbricato in oggetto,
composto da un piano terra e da altri due in sopraelevazione, dovessero essere
oppure no considerate distinte unità immobiliari, ciascuna delle quali avente
una cubatura infèriore a detto limite, non è stata data corretta soluzione.
Nel senso in cui è stata interpretata la norma contenuta nell’art. 39, primo
comma, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, essa si presterebbe a facili
espedienti elusivi nel calcolo della consistenza volumetrica di una costruzione
in ogni sua parte abusivamente realizzata. Tale calcolo deve avere riguardo
alla destinazione dell’immobile nel suo complesso e va effettuato,
indipendentemente da eventuali successivi e strumentali frazionamenti
catastali, con riferimento non alle singole porzioni di cui si compone, non
formando esse autonome unità immobiliari sotto l’aspetto strutturale e
funzionale, bensì all’intero corpo di fabbrica, come entità unica e
unitariamente considerata.
Consegue che il giudice adito, nel non ravvisare i sussistenti profili di
illegittimità nei provvedimenti di sanatoria concessi alla Sergio, è incorso
nella denunciata violazione della disciplina di cui all’art. 39 della legge
citata, atteso che il limite ivi inderogabilmente sancito avrebbe dovuto essere
rapportato alla volumetria dell’intero manufatto, mentre è stato riferito alle
singole parti di esso sull’erroneo presupposto che ciascuna, costituendo
autonoma unità immobiliare, suscettibile di accatastamento, avrebbe potuto
essere separatamente considerata ai sensi della suddetta disposizione
normativa».
Deve quindi essere qui ribadito il principio di diritto secondo cui in materia
dì condono edilizio, ai fini della individuazione dei limiti stabiliti dall’art.
39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, per la concedibilità della sanatoria,
ogni edificio va inteso quale complesso unitario che fa capo ad unico soggetto
legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che
le eventuali singole istanze presentate in relazione alle singole unità che
compongono tale edificio devono riferirsi ad una unica concessione in sanatoria,
che riguarda l’edificio nella sua totalità, e ciò in quanto la ratio della norma
è di non consentire l’elusione del limite legale (750 mc.) di consistenza
dell’opera per la concedibilità della sanatoria, attraverso la considerazione
delle singole parti in luogo dell’intero complesso edificatorio (cfr. Sez. III,
26 aprile 1999, La Mantia, m. 214.280; Sez. III, 19 aprile 2005, Merra, m.
231.643)
Del resto (come già rilevato dalla citata sent. Sez. III, 26 aprile 1999, n.
8584, La Mantia) il principio della considerazione unitaria dell'opera cui si
riferisce la sanatoria, al quale si uniforma la disciplina dettata sotto il
profilo soggettivo dall’art. 39 legge 23 dicembre 1994, n. 724. in relazione
all’art. 38, comma 2, ultima parte, e 5, legge 28 febbraio 1985, n. 47, si trova
già affermato, sotto il profilo oggettivo, nell’art. 31, comma 2, della stessa
legge 28 febbraio 1985, n. 47, laddove si fa riferimento ai concetti paralleli
di esecuzione del rustico e di completamento della copertura per gli edifici
destinati alla residenza (vale a dire, ad abitazione) e di completamento
funzionale per le opere interne agli edifici suddetti, già esistenti, e per
quelle non destinate alla residenza per escludere la possibilità di scindere l'edificio negli elementi che lo compongono (rispettivamente, piani,
appartamenti e singole opere nell’ambito di un complesso funzionale in corso di
realizzazione) in rapporto al concetto normativo di ultimazione ai fini della
sanatoria di singole parti dell’immobile completate entro il termine utile di
legge.
L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio per nuovo
giudizio alla corte d’appello di Bari, che si uniformerà al principio di diritto
dianzi enunciato.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla corte d’appello di Bari.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 26 settembre 2006.
L' estensore
Il presidente
Amedeo Franco
Ernesto Lupo
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