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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III,6 dicembre 2006 (c.c. 26/09/2006), Sentenza n. 40183


Urbanistica e edilizia - Esecuzione ordine di demolizione e sanatoria - Procedura di sanatoria e rilascio della concessione - Revoca in sede esecutiva - Giudice dell’esecuzione - Controllo della legittimità dell’atto concessorio - Necessità - Requisiti di forma e di sostanza - Verifica. Art. 7, L. n.47/1985. In materia di abusivismo edilizio e relativa sanatoria, l’esecutività dell’ordine di ripristino adottato ai sensi dell’art. 7, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e la vincolatività del relativo comando imposto al soggetto destinatario vengono meno una volta che sia stata definita la procedura di sanatoria con il rilascio della concessione, la quale, comportando la regolarizzazione dal punto di vista amministrativo dell’opera abusiva, rende incompatibile la sopravvivenza della misura sanzionatoria e ne giustifica la revoca in sede esecutiva. Tuttavia, tale revoca non è, automatica giacché, prima di disporla, il giudice dell’esecuzione è tenuto a controllare la legittimità dell’atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio. Pres. Lupo - Est. Franco - Ric. PG in proc. Sergio ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6 dicembre 2006 (c.c. 26/09/2006), Sentenza n. 40183

Urbanistica e edilizia - Domanda di condono - Soggetto legittimato alla proposizione della domanda - Limiti ex Art.39, L. 724/1994 - Concedibilità della sanatoria - Considerazione delle singole parti dell’edificio in luogo dell’intero complesso edificatorio - Esclusione. Ai fini della individuazione dei limiti stabiliti dall’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, per la concedibilità della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario che fa capo ad unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad un’unica concessione in sanatoria, che riguarda l’edificio nella sua totalità, e ciò in quanto la ratio della norma è di non consentire l’elusione del limite legale (750 mc.) di consistenza dell’opera per la concedibilità della sanatoria, attraverso la considerazione delle singole parti in luogo dell’intero complesso edificatorio (cfr. Cass. Sez. III, 26 aprile 1999, La Mantia, m. 214.280; Sez. III, 19 aprile 2005, Merra, m. 231.643). Pres. Lupo - Est. Franco - Ric. PG in proc. Sergio ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6 dicembre 2006 (c.c. 26/09/2006), Sentenza n. 40183

Urbanistica e edilizia - Domanda di sanatoria - Principio della considerazione unitaria dell'opera - Concetto normativo di ultimazione ai fini della sanatoria. Il principio della considerazione unitaria dell'opera cui si riferisce la sanatoria, al quale si uniforma la disciplina dettata sotto il profilo soggettivo dall’art. 39 legge 23 dicembre 1994, n. 724 in relazione all’art. 38, comma 2, ultima parte, e 5, legge 28 febbraio 1985, n. 47, si trova già affermato, sotto il profilo oggettivo, nell’art. 31, comma 2, della stessa legge 28 febbraio 1985, n. 47, laddove si fa riferimento ai concetti paralleli di esecuzione del rustico e di completamento della copertura per gli edifici destinati alla residenza (vale a dire, ad abitazione) e di completamento funzionale per le opere interne agli edifici suddetti, già esistenti, e per quelle non destinate alla residenza per escludere la possibilità di scindere l'edificio negli elementi che lo compongono (rispettivamente, piani, appartamenti e singole opere nell’ambito di un complesso funzionale in corso di realizzazione) in rapporto al concetto normativo di ultimazione ai fini della sanatoria di singole parti dell’immobile completate entro il termine utile di legge. (Cass. Sez. III, 26 aprile 1999, sent. n. 8584, La Mantia). Pres. Lupo - Est. Franco - Ric. PG in proc. Sergio ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6 dicembre 2006 (c.c. 26/09/2006), Sentenza n. 40183



Camera di consiglio del 26.9.2006
SENTENZA N. 875
REG. GENERALE n. 7430/2006


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli III. mi Signori
 

1. Dott. Ernesto Lupo                                                    Presidente
2. Dott. Vincenzo Tardino                                             Consigliere
3. Dott.ssa. Claudia Squassoni                                     Consigliere
4. Dott. Aldo Fiale                                                        Consigliere
5. Dott. Amedeo Franco (est.)                                       Consigliere
ha pronunciato la seguente


SENTENZA

 

sul ricorso proposto dal Procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello dl Bari;


avverso l’ordinanza emessa l’11 novembre 2005 dalla corte d’appello di Bari, quale giudice dell’esecuzione, nei confronti di Sergio Anna e Lorusso Riccardo;


udita nella udienza in camera di consiglio del 26 settembre 2006 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;


lette le conclusioni del Procuratore generale con le quali chiede l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata


Svolgimento del processo


Con sentenza 23 settembre 1994 della corte d’appello di Bari (divenuta irrevocabile) Lorusso Riccardo e Sergio Anna furono condannati, per violazione dell’art. 20, lett. b), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, alla pena di giustizia con la sanzione della demolizione delle opere abusive, consistenti nella costruzione di un fabbricato composto da piano terra di mq. 310, primo piano di mq. 180 e secondo piano di mq. 70.


Il Procuratore generale della Repubblica di Bari in data 26 gennaio 2005 emise ordine di demolizione dei manufatti abusivi rilevando che le tre concessioni in sanatoria rilasciate il 21 agosto 2002 dai comune di Andria in favore di Sergio Anna, ciascuna relativamente ad un piano dell’unità immobiliare, erano illegittime in quanto si era ricorso, strumentalmente, alla ripartizione delle diverse unità immobiliari, pur appartenenti alla stessa proprietaria, al solo fine di eludere il limite massimo della volumetria, imposto dall’art. 39 legge 23 dicembre 1994, n. 724, per la condonabilità delle opere.


Contro questo provvedimento era proposto incidente d’esecuzione che la corte d’appello di Bari, con l’ordinanza in epigrafe, ha accolto, revocando l’ordine di demolizione, per il motivo che la normativa di cui all’art. 39, comma 1, legge 23 dicembre 1994, n. 724 consentirebbe il rilascio di diversi provvedimenti in sanatoria per singola richiesta di condono edilizio purché non superiore a 750 mc. per ciascuna unità immobiliare e che nessuna esplicita previsione legislativa escluderebbe che le richieste siano avanzate dalla stessa persona.


Il Procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Bari propone ricorso per cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge in punto di esclusione della commessa violazione del limite volumetrico (750 mc.) fissato dalla legge 23 dicembre 1994, n. 724, il quale, se fosse stato riferito all’intero manufatto e non alle singole parti di esso, avrebbe dovuto, invece, ritenersi superato oltre misura, con la conseguenza che erano da considerare illegittimamente concessi i relativi provvedimenti di sanatoria.


Motivi della decisione


Il ricorso è fondato.


Possono qui riportarsi - in quanto il Collegio le condivide pienamente e le fa proprie - le considerazioni svolte nella sua requisitoria scritta dal Procuratore generale, il quale ha osservato che «se è vero che l’esecutività dell’ordine di ripristino adottato ai sensi dell’art. 7, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e la vincolatività del relativo comando imposto al soggetto destinatario vengono meno una volta che sia stata definita la procedura di sanatoria con il rilascio della concessione, la quale, comportando la regolarizzazione dal punto di vista amministrativo dell’opera abusiva, rende incompatibile la sopravvivenza della misura sanzionatoria e ne giustifica la revoca in sede esecutiva, è anche vero che tale revoca non è, però, automatica giacché, prima di disporla, il giudice dell’esecuzione è tenuto a controllare la legittimità dell’atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio.


Dalla intervenuta concessione in sanatoria non deriva, quindi, quale immediata e diretta conseguenza, la caducazione dell’ordine di demolizione poiché, altrimenti, si finirebbe non soltanto per svuotare di contenuto il compito che al giudice è demandato, ma soprattutto per vanificare il principio di disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo, la cui osservanza è, invece, necessaria al fine di garantire la più efficace tutela dell’interesse protetto.


Fatta questa debita puntualizzazione, occorre, inoltre, precisare che tutta la legislazione urbanistica e la giurisprudenza formatasi in materia di condono edilizio escludono la possibilità di una sanatoria parziale; infatti il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e tale aspetto è rilevante per l’accertamento dell’avvenuto rispetto del limite di 750 metri cubi stabilito dalla legge.


Orbene, la linea argomentativa attraverso cui la corte di merito è pervenuta alla conclusione di ritenere legittime le tre concessioni rilasciate alla Sergio dal comune di Andria non può essere seguita ed accettata. E’ evidente, invero, che alla prospettata questione se le diverse porzioni del fabbricato in oggetto, composto da un piano terra e da altri due in sopraelevazione, dovessero essere oppure no considerate distinte unità immobiliari, ciascuna delle quali avente una cubatura infèriore a detto limite, non è stata data corretta soluzione.


Nel senso in cui è stata interpretata la norma contenuta nell’art. 39, primo comma, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, essa si presterebbe a facili espedienti elusivi nel calcolo della consistenza volumetrica di una costruzione in ogni sua parte abusivamente realizzata. Tale calcolo deve avere riguardo alla destinazione dell’immobile nel suo complesso e va effettuato, indipendentemente da eventuali successivi e strumentali frazionamenti catastali, con riferimento non alle singole porzioni di cui si compone, non formando esse autonome unità immobiliari sotto l’aspetto strutturale e funzionale, bensì all’intero corpo di fabbrica, come entità unica e unitariamente considerata.


Consegue che il giudice adito, nel non ravvisare i sussistenti profili di illegittimità nei provvedimenti di sanatoria concessi alla Sergio, è incorso nella denunciata violazione della disciplina di cui all’art. 39 della legge citata, atteso che il limite ivi inderogabilmente sancito avrebbe dovuto essere rapportato alla volumetria dell’intero manufatto, mentre è stato riferito alle singole parti di esso sull’erroneo presupposto che ciascuna, costituendo autonoma unità immobiliare, suscettibile di accatastamento, avrebbe potuto essere separatamente considerata ai sensi della suddetta disposizione normativa».


Deve quindi essere qui ribadito il principio di diritto secondo cui in materia dì condono edilizio, ai fini della individuazione dei limiti stabiliti dall’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, per la concedibilità della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario che fa capo ad unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad una unica concessione in sanatoria, che riguarda l’edificio nella sua totalità, e ciò in quanto la ratio della norma è di non consentire l’elusione del limite legale (750 mc.) di consistenza dell’opera per la concedibilità della sanatoria, attraverso la considerazione delle singole parti in luogo dell’intero complesso edificatorio (cfr. Sez. III, 26 aprile 1999, La Mantia, m. 214.280; Sez. III, 19 aprile 2005, Merra, m. 231.643)


Del resto (come già rilevato dalla citata sent. Sez. III, 26 aprile 1999, n. 8584, La Mantia) il principio della considerazione unitaria dell'opera cui si riferisce la sanatoria, al quale si uniforma la disciplina dettata sotto il profilo soggettivo dall’art. 39 legge 23 dicembre 1994, n. 724. in relazione all’art. 38, comma 2, ultima parte, e 5, legge 28 febbraio 1985, n. 47, si trova già affermato, sotto il profilo oggettivo, nell’art. 31, comma 2, della stessa legge 28 febbraio 1985, n. 47, laddove si fa riferimento ai concetti paralleli di esecuzione del rustico e di completamento della copertura per gli edifici destinati alla residenza (vale a dire, ad abitazione) e di completamento funzionale per le opere interne agli edifici suddetti, già esistenti, e per quelle non destinate alla residenza per escludere la possibilità di scindere l'edificio negli elementi che lo compongono (rispettivamente, piani, appartamenti e singole opere nell’ambito di un complesso funzionale in corso di realizzazione) in rapporto al concetto normativo di ultimazione ai fini della sanatoria di singole parti dell’immobile completate entro il termine utile di legge.


L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla corte d’appello di Bari, che si uniformerà al principio di diritto dianzi enunciato.

 


Per questi motivi


La Corte Suprema di Cassazione


annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla corte d’appello di Bari.
 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 26 settembre 2006.


L' estensore              Il presidente
 Amedeo Franco                    Ernesto Lupo


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