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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
URBANISTICA E EDILIZIA - Intervento realizzato con DIA in difetto dei
requisiti normativi - Reato di cui all'art. 44 D.P.R. n. 380/2001 -
Configurabilità - Decorso del termine e lavori eseguiti - Irrilevanza - Poteri
di autotutela e sanzionatorio della P.A. - Sussistenza. Nessuna rilevanza
può attribuirsi al mancato esercizio, da parte dell'Amministrazione comunale,
del potere inibitorio connesso alla procedura di D.I.A. esperita in concreto,
poiché la decadenza (ovvero la consumazione) di detto potere non preclude
all'Amministrazione di esercitare successivamente, sussistendone i presupposti,
i diversi poteri di autotutela e sanzionatorio - repressivo. Pertanto, qualora
si accerti, che un intervento realizzato in seguito a D.I.A. non sia
riconducibile a detto regime, per carenza dei requisiti normativamente previsti,
la intervenuta presentazione della denuncia medesima ed il compiuto decorso del
termine assegnato alla P.A. per assumere provvedimenti inibitori sono
assolutamente irrilevanti ed i lavori eseguiti sono da considerare abusivi, ex
art. 44 lett. b) D.P.R. n. 380 del 2001. Pres. Papa, Est. Fiale, Imp. Di Luggo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6 Dicembre 2006 (C.c. 27/09/2006),
Sentenza n. 40189
URBANISTICA E EDILIZIA - Manutenzione straordinaria - Interventi edilizi -
Duplice limite - L. n. 457/1978, art. 31, c. 1, lett. b), attualmente D.P.R. n.
380/2001, art. 3, c. 1, lett. b). In tema di manutenzione straordinaria, gli
interventi - già previsti dalla L. 5 agosto 1978, n. 457, art. 31, comma 1,
lett. b), ed attualmente definiti dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3,
comma 1, lett. b) - sono caratterizzati da un duplice limite: uno, di ordine
funzionale, costituito dalla necessità che i lavori siano rivolti alla mera
sostituzione o al puro rinnovo di parti dell'edificio, e l'altro, di ordine
strutturale, consistente nel divieto di alterare i volumi e le superfici delle
singole unità immobiliari. Pres. Papa, Est. Fiale, Imp. Di Luggo. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6 Dicembre 2006 (C.c. 27/09/2006), Sentenza n. 40189
URBANISTICA E EDILIZIA - Restauro e risanamento conservativo - Nozione -
D.P.R. n. 380/2001, art. 3, c. 1, lett. c). Nella nozione di restauro e
risanamento conservativo, il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3, comma 1,
lett. c), con definizione già fornita dalla L. n. 47 del 1985, art. 31, comma 1,
lett. c), identifica gli interventi "rivolti a conservare l'organismo edilizio e
ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che -
nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo
stesso - ne consentano destinazioni d'uso con esso compatibili". La finalità di
rinnovare l'organismo edilizio in modo sistematico e globale, deve essere
attuata - poiché si tratta pur sempre di conservazione - nel rispetto dei suoi
elementi essenziali "tipologici, formali e strutturali". Pres. Papa, Est. Fiale,
Imp. Di Luggo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6 Dicembre 2006 (C.c.
27/09/2006), Sentenza n. 40189
URBANISTICA E EDILIZIA - Interventi di ristrutturazione - Immobile
preesistente abusivo - Permesso di costruire o DIA. In tema di interventi di
ristrutturazione - di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 10, comma 1,
lett. c), come modificato dal D.Lgs. n. 301 del 2002 - sono subordinati a
permesso di costruire o, in alternativa, a D.I.A. gli interventi che "portino ad
un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e comportino
aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti
o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone
omogenee A), comportino mutamenti della destinazione d'uso". Qualora interventi
siffatti, comportino la preventiva demolizione dell'edificio, il risultato
finale deve coincidere nella volumetria e nella sagoma con l'edificio
precedente. In ogni caso, per aversi ristrutturazione, l'immobile preesistente
non deve essere abusivo. Pres. Papa, Est. Fiale, Imp. Di Luggo. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6 Dicembre 2006 (C.c. 27/09/2006), Sentenza n. 40189
URBANISTICA E EDILIZIA - Costruzione abusiva - Interventi di manutenzione e
di risanamento conservativo - Ripresa dell'attività illecita - Nuovo reato
edilizio - Configurabilità. Gli interventi di manutenzione e di risanamento
conservativo devono comunque accedere ad un edificio preesistente edificato
legittimamente, poiché l'assenza originaria di un titolo abilitativo priva il
Comune del parametro di legalità al quale deve riferirsi il potere di
autorizzare la realizzazione di opere strettamente connesse a quanto conserva
caratteristiche di contrarietà all'assetto urbanistico del territorio.
L'intervento di ristrutturazione di una costruzione originariamente abusiva
costituisce ripresa dell'attività illecita, integrando un nuovo reato edilizio
(vedi Cass, Sez. 3, 11.10.2005, Daniele). Pres. Papa, Est. Fiale, Imp. Di Luggo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6 Dicembre 2006 (C.c. 27/09/2006),
Sentenza n. 40189
PROCEDURA E VARIE - Tribunale del riesame - Competenze e limiti -
Procedimenti incidentali - Interpretazione limitativa della cognizione. Il
Tribunale del riesame, non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere
l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni
difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni
aspetto l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro. Pertanto,
nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di
sequestro, non è ipotizzarle una "plena cognitio" del Tribunale, al quale
è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità
dell'esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed a
verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi
endoprocessuali che sono propri della stessa, con l'assenza di ogni potere
conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere questo riservato al giudice
del procedimento principale. (Cass. Sezioni Unite sentenza 29.1.1997, ric. P.M.
in proc. Bassi). Tale interpretazione limitativa della cognizione incidentale
risponde all'esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare surrettiziamente
la relativa procedura per un preventivo accertamento sul "meritum causae",
così da determinare una non-consentita preventiva verifica della fondatezza
dell'accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la rigida attribuzione di
competenze nell'ambito di un medesimo procedimento. Presidente Papa, Estensore
Fiale, Imputato Di Luggo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6/12/2006 (C.c.
27/09/2006), Sentenza n. 40189
PROCEDURA E VARIE - Accertamento della sussistenza del fumus commissi
delicti - Congruità degli elementi rappresentati - Verifica.
L'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto
sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono
essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali
risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di
verificare se essi consentono - in una prospettiva di ragionevole probabilità -
di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Presidente Papa, Estensore
Fiale, Imputato Di Luggo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6/12/2006 (C.c.
27/09/2006), Sentenza n. 40189
Camera di consiglio del 27.9.2006
SENTENZA N. 893
REG. GENERALE n. 20864/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
1. Dott. PAPA Enrico Presidente
2. Dott. DE MAIO Guido Consigliere
3. Dott. SQUASSONI Claudia Consigliere
4. Dott. FIALE Aldo Consigliere
5. Dott. FRANCO Amadeo Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI LUGGO Ruggiero, n. a Napoli il 22/10/1926;
avverso l'ordinanza 12/01/2006 del Tribunale per il riesame di Napoli;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. IZZO Gioacchino che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
Letta la memoria depositata dal difensore del ricorrente, Avv.to FONTANA
Giorgio.
FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 12.01.2006, rigettava l'istanza di
riesame proposta nell'interesse di Di Luggo Ruggiero avverso il provvedimento
13.12.2005 con cui il G.I.P. di quello stesso Tribunale - in relazione
all'ipotizzato reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c),
- aveva disposto il sequestro preventivo di due manufatti interessati da lavori
edilizi, siti in Pozzuoli, alla via Antiniana.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore del Di Luggo, il quale -
sotto il profilo della violazione di legge - ha eccepito che:
- gli interventi edilizi contestati non sarebbero riconducibili al regime del
permesso di costruire, poiché consisterebbero nella mera manutenzione
straordinaria di due vecchi prefabbricati pericolanti, finalizzata a scongiurare
il degrado degli stessi;
- per quei due manufatti era stata presentata domanda di condono ai sensi della
L. n. 47 del 1985 e, per i lavori successivamente realizzati su di essi, che non
avrebbero comportato "una totale demolizione e contestuale ricostruzione", era
stata esperita regolare procedura di D.I.A.;
- penalmente irrilevanti devono ritenersi, infine, le opere realizzate in
assenza della D.I.A. o in totale difformità. Il difensore dell'indagato, con
successiva memoria, ha ulteriormente eccepito che la legittimità delle opere in
sequestro e della esperita procedura di D.I.A. sarebbe stata confermata
dall'azione della stessa Amministrazione comunale di Pozzuoli, poiché questa,
con provvedimento del 25.6.2003, aveva richiesto documentazione integrativa
della D.I.A. e, con successivo provvedimento del 14.12.2004, "prendendo atto
dell'intervenuta integrazione documentale, aveva consentito la prosecuzione dei
lavori".
Il ricorso deve essere rigettato,
poiché infondato.
1. Alla stregua della giurisprudenza
di questa Corte Suprema, con le specificazioni indicate dalle Sezioni Unite con
la sentenza 29.1.1997, ric. P.M. in proc. Bassi, nei procedimenti incidentali
aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro, non è ipotizzarle
una "plena cognitio" del Tribunale, al quale è conferita esclusivamente
la competenza a conoscere della legittimità dell'esercizio della funzione
processuale attribuita alla misura ed a verificare, quindi, la correttezza del
perseguimento degli obiettivi endoprocessuali che sono propri della stessa, con
l'assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere
questo riservato al giudice del procedimento principale.
Tale interpretazione limitativa della cognizione incidentale risponde
all'esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare surrettiziamente la
relativa procedura per un preventivo accertamento sul "meritum causae",
così da determinare una non-consentita preventiva verifica della fondatezza
dell'accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la rigida attribuzione di
competenze nell'ambito di un medesimo procedimento.
L'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto
sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono
essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali
risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di
verificare se essi consentono - in una prospettiva di ragionevole probabilità -
di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica.
Il Tribunale del riesame, dunque, non deve instaurare un processo nel processo,
ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le
contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando
sotto ogni aspetto l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro.
2. Nella fattispecie in oggetto il Tribunale di Napoli risulta essersi
correttamente attenuto a tali principi, dal momento che quei giudici - valutando
specificamente le prospettazioni difensive e con riferimento ad un accertamento
effettuato dai tecnici comunali in data 28.11.2005 - hanno evidenziato che gli
interventi edilizi per i quali si procede hanno interessato due corpi di
fabbrica (sostanzialmente delle baracche) per i quali era stata presentata, in
data 4.8.1986, istanza di condono ai sensi della L. n. 47 del 1985, il cui
procedimento, però, non risulta ancora definito. Trattavasi, dunque, di
manufatti abusivi e non condonati. Essi sono stati poi demoliti ed al loro posto
sono in corso di realizzazione due strutture nuove "con travi di ferro zincato e
copertura a doppia falda in lamiere coibentate" aventi le rispettive dimensioni:
la prima di mt. 6,30 x 18,80 con altezza a colmo interna di mt. 3,55 e mt. 3,10
alla gronda e la seconda di mt. 6,25 x 28,70 con altezza a colmo interna di mt.
3,55 e mt. 3,10 alla gronda.
2.1 Alla stregua di tali accertamenti fattuali, non si verte, pertanto, in tema
di manutenzione straordinaria, poiché interventi siffatti - già previsti dalla
L. 5 agosto 1978, n. 457, art. 31, comma 1, lett. b), ed attualmente definiti
dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3, comma 1, lett. b) - sono
caratterizzati da un duplice limite: uno, di ordine funzionale, costituito dalla
necessità che i lavori siano rivolti alla mera sostituzione o al puro rinnovo di
parti dell'edificio, e l'altro, di ordine strutturale, consistente nel divieto
di alterare i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari.
Neppure l'attività posta concretamente in essere può ricondursi alla nozione di
restauro e risanamento conservativo, in quanto il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380,
art. 3, comma 1, lett. c), con definizione già fornita dalla L. n. 47 del 1985,
art. 31, comma 1, lett. c), identifica detti interventi come quelli "rivolti a
conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un
insieme sistematico di opere che - nel rispetto degli elementi tipologici,
formali e strutturali dell'organismo stesso - ne consentano destinazioni d'uso
con esso compatibili". La finalità è quella di rinnovare l'organismo edilizio in
modo sistematico e globale, ma essa deve essere attuata - poiché si tratta pur
sempre di conservazione - nel rispetto dei suoi elementi essenziali "tipologici,
formali e strutturali".
Deve escludersi pure che si verta in tema di interventi di ristrutturazione - di
cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 10, comma 1, lett. c), come modificato
dal D.Lgs. n. 301 del 2002 - che sono subordinati a permesso di costruire ma, in
alternativa, possono essere realizzati medianti D.I.A. se "portino ad un
organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e comportino
aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti
o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone
omogenee A), comportino mutamenti della destinazione d'uso".
Qualora interventi siffatti, invero, comportino la preventiva demolizione
dell'edificio, il risultato finale deve coincidere nella volumetria e nella
sagoma con l'edificio precedente. Tali coincidenze non risultano nella specie
verificate ed in ogni caso, per aversi ristrutturazione, l'immobile preesistente
non deve essere abusivo.
2.2 Secondo la giurisprudenza di
questa Corte Suprema, infatti:
- gli interventi di manutenzione e di risanamento conservativo devono comunque
accedere ad un edificio preesistente edificato legittimamente, poiché l'assenza
originaria di un titolo abilitativo priva il Comune del parametro di legalità al
quale deve riferirsi il potere di autorizzare la realizzazione di opere
strettamente connesse a quanto conserva caratteristiche di contrarietà
all'assetto urbanistico del territorio;
- l'intervento di ristrutturazione di una costruzione originariamente abusiva
costituisce ripresa dell'attività illecita, integrando un nuovo reato edilizio
(vedi Cass, Sez. 3, 11.10.2005, Daniele).
2.3 Allo stato risulta realizzata -
in conclusione - una attività di nuova edificazione previa demolizione di
manufatti abusivi preesistenti, che non può considerarsi "ristrutturazione",
perché questa non è mai configurabile allorché l'opera demolita sia abusiva e
non sanata, pure allorquando sia stata presentata istanza di condono ai sensi
della L. n. 47 del 1985 e L. 724 del 1994 ma i relativi procedimenti non siano
stati ancora conclusi. Un'attività siffatta necessiti di autonomo permesso di
costruire qualora non siano ravvisatoli (e ciò, nella specie, non viene
prospettato) le altre ipotesi di alternatività tra D.I.A. e permesso di
costruire, di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 22, comma 3, lettere b)
e c).
2.4 Nessuna rilevanza può attribuirsi al mancato esercizio, da parte
dell'Amministrazione comunale, del potere inibitoria connesso alla procedura di
D.I.A. esperita in concreto, poiché la decadenza (ovvero la consumazione) di
detto potere non preclude all'Amministrazione di esercitare successivamente,
sussistendone i presupposti, i diversi poteri di autotutela e sanzionatorio-
repressivo.
Qualora si accerti, infatti, che un intervento realizzato in seguito a D.I.A.
non sia riconducibile a detto regime, per carenza dei requisiti normativamente
previsti, la intervenuta presentazione della denuncia medesima ed il compiuto
decorso del termine assegnato alla P.A. per assumere provvedimenti inibitori
sono assolutamente irrilevanti ed i lavori eseguiti sono da considerare abusivi.
3. L'ulteriore approfondimento e la
compiuta verifica spettano ai giudici del merito ma, allo stato, a fronte dei
prospettati elementi di segno positivo, della cui sufficienza in sede cautelare
non può dubitarsi, le contrarie affermazioni del ricorrente non valgono certo ad
escludere la configurabilità del "fumus" del reato ipotizzato.
4. Al rigetto del ricorso segue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 127 e 325 c.p.p., rigetta il
ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2006
L' estensore
Il presidente
Aldo Fiale
Enrico Papa
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