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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 Dicembre 2006 (Ud. 28/09/2006), Sentenza n. 40425


 

URBANISTICA E EDILIZIA - Atto abilitativo edilizio e "disapplicazione" - Sindacato del giudice penale. Il giudice penale, allorquando accerta profili di illegittimità sostanziale di un titolo abilitativo edilizio, procede ad una identificazione in concreto della fattispecie sanzionata e non pone in essere alcuna “disapplicazzione" riconducibile all'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E), né incide, con indebita ingerenza, sulla sfera riservata alla Pubblica Amministrazione, poiché esercita un potere che trova fondamento e giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice. La non conformità dell'atto amministrativo alla normativa che ne regola l'emanazione, alle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico edilizia ed alle previsioni degli strumenti urbanistici può essere rilevata non soltanto se l'atto medesimo sia illecito, cioè frutto di attività criminosa ed a prescindere da eventuali collusioni dolose del soggetto privato interessato con organi dell'amministrazione. Il sindacato del giudice penale, al contrario, è possibile tanto nelle ipotesi in cui l’emanazione dell'atto sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge, quanto in quella di mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio del potere. Spetta in ogni caso ai giudice del merito, e non certo a quello del riesame di provvedimenti di sequestro, la individuazione, in concreto, di eventuali situazioni di buona fede e di affidamento incolpevole. Pres. De Maio - Est. Fiale - Ric. Consiglio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 dicembre 2006 (Ud. 28/09/2006), Sentenza n. 40425

URBANISTICA E EDILIZIA - Reato di lottizzazione abusiva - Fumus - Presupposti.
Il fumus del reato di Iottizzazione abusiva può realizzarsi sia quando manchi un provvedimento di autorizzazione sia quando questo esista ma contrasti con le prescrizioni degli strumenti urbanistici. Pres. De Maio - Est. Fiale - Ric. Consiglio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 dicembre 2006 (Ud. 28/09/2006), Sentenza n. 40425

URBANISTICA E EDILIZIA - Conformità urbanistica - Oggetto della tutela penale - Accertamento del giudice penale in materia urbanistico - edilizia - Art. 44 del T.U. a 380/2001 - Art. 20 L. n. 47/1985. Al giudice penale non è affidato alcun sindacato sull’atto amministrativo, ma questi, nell’esercizio della potestà penale, è tenuto ad accertare la conformità tra ipotesi di fatto (opera eseguenda o eseguita) e fattispecie legale (identificata dalle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico - edilizia, dalle previsioni degli strumenti urbanistici e dalle prescrizioni del regolamento edilizio). (Cass. Sezioni Unite - con la sentenza 12.11.1993, ric. Borgia). Il complesso di tali disposizioni, previsioni e prescrizioni, tutte insieme considerate, costituisce il parametro organico per l’accertamento della liceità o dell’illiceità dell’opera edilizia e ciò in quanto l'oggetto della tutela penale apprestata dall’art. 20 della legge n. 47/1985 [oggi art. 44 del T.U. a 380/2001] non è più - come nella legge n. 1150 del 1942 - il bene strumentale del controllo e della disciplina degli usi del territorio, bensì la salvaguardia degli usi pubblici e sociali del territorio medesimo” . Pres. De Maio - Est. Fiale - Ric. Consiglio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 dicembre 2006 (Ud. 28/09/2006), Sentenza n. 40425


URBANISTICA E EDILIZIA - PROCEDURE E VARIE - Non conformità dell'atto amministrativo alla normativa - Sindacato del giudice penale. La non-conformità dell'atto amministrativo alla normativa che ne regola l'emanazione alle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico-edilizia ed alle previsioni degli strumenti urbanistici può essere rilevata non soltanto se l'atto medesimo sia illecito, cioè frutto di attività criminosa, ed a prescindere da eventuali collusioni dolose del soggetto privato interessato con organi dell'amministrazione. Il sindacato del giudice penale, al contrario, è possibile tanto nelle ipotesi in cui l'emanazione dell'atto sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge quanto in quelle di mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio del potere. Pres. De Maio - Est. Fiale - Ric. Consiglio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 dicembre 2006 (Ud. 28/09/2006), Sentenza n. 40425

PROCEDURE E VARIE - Verifica delle condizioni di legittimità della misura - Controllo di compatibilità tra fattispecie concreta e fattispecie legale ipotizzata. La verifica delle condizioni di legittimità della misura da parte del Tribunale non può tradursi in un’anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità degli indagati in ordine al reato o ai reati oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra fattispecie concreta e fattispecie legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria ed attenta della antigiuridicità penale del fatto (Cass., Sez. Unite, 7.11.1992, ric. Midolini). Pres. De Maio - Est. Fiale - Ric. Consiglio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 dicembre 2006 (Ud. 28/09/2006), Sentenza n. 40425

PROCEDURE E VARIE - Sequestro - Fumus commissi delicti - Accertamento - Reali risultanze processuali - Processo nel processo - Esclusione - Ruolo di garanzia. L’accertamento della sussistenza del "fumus commissi delicti" va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica. Il Tribunale, dunque, non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro" (Cass. Sez. Un, 29.1.1997, n 23, ric. P.M. in proc. Bassi e altri). Pres. De Maio - Est. Fiale - Ric. Consiglio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 dicembre 2006 (Ud. 28/09/2006), Sentenza n. 40425


PROCEDURA E VARIE - Riesame di provvedimenti di sequestro - Situazioni di buona fede e di affidamento incolpevole - Potestà del giudice. Spetta in ogni caso al giudice del merito, e non certo a quello del riesame di provvedimenti di sequestro, la individuazione, in concreto, di eventuali situazioni di buona fede e di affidamento incolpevole. Pres. De Maio - Est. Fiale - Ric. Consiglio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 dicembre 2006 (Ud. 28/09/2006), Sentenza n. 40425



Udienza in Camera di Consiglio 28.9.2006
SENTENZA N. 908
REG. GENERALE n. 21847/06


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli III. mi Signori
 

    Dott. Guido DE MAIO                                                       Presidente
1. Dott. Vincenzo TARDINO                                                  Consigliere
2. Dott. Aldo FIALE                                                              Consigliere
3. Dott. Amedeo FRANCO                                                    Consigliere
4. Dott. Giulio SARNO                                                          Consigliere
 

ha pronunciato la seguente


SENTENZA

 

sul ricorso proposto da CONSIGLIO Salvatore, n. a Cammarata il 2.2.1960

 

avverso l'ordinanza 4-4-2006 del Tribunale per il riesame di Palermo.

 

Sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Aldo FIALE

 

udito il pubblico Ministero nella persona del dr. Marco FAVALLI

 

che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata restituzione del bene all'avente diritto - In subordine : annullamento con rinvio.

 

Udito il difensore avv.to Maurizio GIANNONE e Giovanni Pitruzzella, i quali hanno concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso

 

FATTO E DIRITTO

 

Il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 4.4.2006, rigettava l’istanza di riesame proposta da Consiglio Salvatore, legale rappresentante della s.r.l. “IACEV”, avverso il decreto 1.3.2006 con il quale il G.I.P. di quel Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di un’area di proprietà della società anzidetta, sita nella località «Rocca Mezzomonreale” del Comune di Palermo, e delle opere in corso di realizzazione sulla stessa, in relazione all’ipotizzato reato di lottizzazione abusiva (art. 44. Iett. c, del T.U. n. 380/2001).

Rilevava il Tribunale che:


- la s.r.l. “IACEV’ aveva iniziato sull’area in questione lavori finalizzati all’edificazione di un complesso di edilizia residenziale pubblica costituito da 150 abitazioni;


- erano state già realizzate opere di spianamento e sbancamento per complessivi mq. 9.000 di terreno, nonché l’edificazione di due corpi di fabbrica: il primo con struttura di fondazione ed una elevazione fuori terra in cemento armato della superficie totale di mq. 330 ed il secondo, per analoga superficie, con sola armatura metallica della fondazione;


- tutta l’attività anzidetta doveva considerarsi illecita, poiché eseguita in relazione ad un programma costruttivo dichiarato illegittimo dal TAR della Sicilia - Palermo con sentenza del 23 marzo 2005, “nonché attuata in specifico contrasto con le previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione non modificabili da piani urbanistici attuativi”.

Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso il Consiglio, il quale - sotto il profilo della violazione di legge - ha lamentato l’incongrua disapplicazione di atti amministrativi legittimi, alla quale il Tribunale sarebbe pervenuto sulla base di argomentazioni che si porrebbero in contrasto con le disposizioni dell’art. 25 della legge della Regione Siciliana n. 22/1996 e dell’art. 2,3° comma, della legge regionale n. 37/1985.

Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.

1. La vicenda in esame è caratterizzata dalle seguenti scansioni fattuali e procedimentali:


- La s.r.l. «IACEV” aveva richiesto al Comune di Palermo l’approvazione di un progetto per la realizzazione di un programma costruttivo di 150 alloggi sociali, in quanto destinataria di un finanziamento ottenuto (ai sensi della legge n. 457/1978) nell’ambito dell’edilizia residenziale pubblica.


- Il Comune di Palermo, con nota del 14.1.2002, aveva comunicato a quella società “la necessità di localizzare il programma edificatorio nelle zone individuate con la delibera di indirizzo n. 225 adottata dal Consiglio comunale in data 3.8.1999”, che escludeva la possibilità dì realizzare alloggi di edilizia sociale in zone destinate a verde agricolo.


- La s.r.l. “IACEV”, con istanza presentata il 28.1.2002, richiedeva all’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente la nomina di un commissario ad acta, finalizzata all’approvazione del programma costruttivo in via sostitutiva rispetto alla competenza comunale.


- Il commissario ad acta veniva nominato con decreto assessoriale n. 223 del 17.5.2002 e tale nomina veniva prorogata con decreti successivi: n. 674 del 28.8.2002, n. 1058 del 26.11.2002 e n. 246 del 27.2.2003.


- La medesima società presentava quindi (in data 31.10.2002) un progetto ricadente interamente in zona agricola (E1) del vigente P.R.G. [altri tre progetti erano stati in precedenza respinti per la demanialità ovvero per la destinazione a sede stradale di alcune delle aree in essi ricompresse] e lo stesso commissario, in relazione a tale ultimo progetto, predisponeva la proposta n. 9 del 7.3.2003, avente ad oggetto l’approvazione dello stesso di parte del Consiglio comunale in variazione dello strumento urbanistico generale.


- Il commissario, quindi, con delibera n. 108 del 23.4.2003, ritenuto che il termine di 45 giorni assegnato al Consiglio comunale per pronunciarsi sulla proposta fosse scaduto e che, pertanto, fosse maturato il silenzio-assenso, dichiarava approvato il programma costitutivo.


- Il Consiglio comunale di Palermo, con delibera adottata anch’essa in data 23.4.2003, respingeva, invece, la proposta di deliberazione inviata dal commissario, denegando la ritenuta maturazione del silenzio-assenso, in quanto l’intervento progettato si poneva in contrasto con una variante al piano regolatore generale, approvata con delibera regionale n. 124 del 13.3.2002, che prevedeva nuovi insediamenti abitativi nelle zone “C”; “B2” e "B3” e non invece in zona"E1"

- Il Consiglio comunale di Palermo, con successiva delibera del 27.1.2004 (rettificata poi con nuova deliberazione del 6.10.2004), annullava l’anzidetto provvedimento (la delibera n. 108 del 23.4.2003) del commissario ad acta.


- L’Assessorato regionale, invece, con nota n. 4764 del 30.1.2004, attestava che sul programma costruttivo si era formato il silenzio-assenso, a causa della decorrenza dei termini prescritti dall’art. 25, comma 2 della legge regionale n. 22/1996.


- Alla stregua di tale attestazione, la stessa società, in data 11.2.2004, formalizzava la D.I.A. per l'esecuzione dei lavori sull’area assentita [ D.I.A. alternativa alla concessione edilizia, all’epoca prevista dall’art. 1, comma 6 - lett. c)della legge n. 443/2001 per "gli interventi sottoposti a concessione, se sono specificamente disciplinati da piani attuativi che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata dichiarata dal Consiglio comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti”].


- Il settore urbanistica del Comune di Palermo, però, in forza dell'intervenuto annullamento in via di autotutela dell’atto di approvazione commissariale - con note del 19.3.2004 e del 27.4.2004 - dichiarava la volontà dell’amministrazione comunale di non sottoscrivere la convenzione urbanistica allegata al progetto presentato dalla società.


- In data 28.5.2004 il Comune emanava un provvedimento di sospensione dei lavori, sul rilievo che essi erano stati iniziati in assenza della sottoscrizione della convenzione urbanistica.


- Allo scadere del termine di 60 giorni dalla notifica dell’ordino di sospensione dei lavori, la s.r.l. “IACEV”, ritenendo che quel provvedimento di sospensione avesse perso efficacia a causa della mancata adozione di un provvedimento sanzionatorio definitivo, riprendeva l'attività di edificazione .


- La Regione Siciliana, con provvedimento dirigenziale del 3.8.2004 (adottato in conformità al voto 21.7.2004 del Consiglio ragionale dell’urbanistica), annullava la delibera 27.1.2004 con la quale il Consiglio comunale di Palermo aveva annullato la delibera n. 108 del 23.4.2003 del commissario ad acta.


- Il TAR della Sicilia - sede di Palermo con decisione del 7.10.2004 sospendeva l‘esecutività di tutti i provvedimenti adottati dal commissario ad acta [la società, quindi sospendeva nuovamente i lavori] e poi, con sentenza del 23.3.2005, annullava tutti gli atti relativi all’approvazione del programma costruttivo in argomento e gli atti amministrativi consequenziali.

2. Quanto alla normativa applicata deve rilevarsi che:

L’art. 16 della legge della Regione Siciliana 27.12.1978  n. 71 dispone che:


"1. I Comuni con popolazione superiore a 15 mila abitanti sono tenuti entro un anno dall'entrata in  vigore della presente legge all'adozione di piani per l'edilizia economica e popolare ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167, e  successive modifiche ed integrazioni.

2. All’adozione di detti piani sono tenuti, altresì, i Comuni indicati con decreto dell’assessore regionale per il territorio e l’ambiente, allorché ricorrano le condizioni previste dal terzo comma dell’art. 1 della legge 18 aprile 1962, n. 167.


3. L’estensione dalle zone da includere nei piani è determinata in  relazione alle esigenze dall’edilizia economica e popolare per un decennio o non può essere inferiore al 40 per cento o superiore al 70 per cento di quella necessaria a soddisfare il fabbisogno complessivo di edilizia abitativa del periodo considerato.


4. Nei rimanenti Comuni i fabbisogni di edilizia residenziale pubblica, convenzionata e agevolata, da realizzare a favore dei soggetti previsti dall’art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, devono essere soddisfatti mediante programmi costruttivi da attuare con la procedura di cui all’art. 51 della predetta legge 22 ottobre 1971, n. 865, salvo quanto disposto dal comma seguente.


5. Nell’ambito della Regione Siciliana, la disposizione di cui al terzo comma dell’art. 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, è sostituita dalla seguente:


“La deliberazione del Consiglio comunale è adottata entro trenta giorni dalla richiesta formulata dagli aventi diritto e diventa esecutiva dopo che sia stata riscontrata legittima da parte della commissione provinciale di controllo”.


6. I piani per l’edilizia economica o popolare redatti in conformità delle previsioni degli strumenti urbanistici generali, e salvi i casi previsti alle lettere a), b), c), d) del precedente art. 12 sono approvati dai Comuni e diventano esecutivi dopo il riscontro di legittimità della commissione provinciale di controllo.


7. In tutti gli altri casi l’approvazione dei piani è demandata all’assessorato regionale del territorio e dell’ambiente, che provvede nel termine massimo di tre mesi dalla presentazione dei piani.”.

L’art. 5 della legge 28.1.1986, n. 1 della Regione Siciliana dispone a sua volta:


"1. I Comuni di cui all’art 2, non dotati di strumenti necessari per la localizzazione degli alloggi o sprovvisti di sufficienti aree nell’ambito dei  piani di zona adottati, sono tenuti all'approvazione di programmi costruttivi ai sensi dell'art. 16 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, nei modi e nei termini previsti dai comuni successivi.


2. La delimitazione dalle aree costituenti il programma costruttivo è effettuata dal Comune a mezzo del proprio ufficio tecnico.


3. La deliberazione di approvazione del programma costruttivo è pubblicata in un giorno festivo successivo alla data del provvedimento e diviene esecutiva dopo il riscontro di legittimità da parte della commissione provinciale di controllo.


4. Qualora le aree comprese nei programmi costruttivi ricadano in zone vincolate ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, il parere della competente Soprintendenza deve essere reso entro il termine di due mesi dalla richiesta


5. Trascorso infruttuosamente tale termine, il parere si intende espresso favorevolmente.


6. I programmi costruttivi di cui al presente articolo sono adottati dai Comuni, anche in varianti degli strumenti urbanistici vigenti, entro quattro mesi dall’entrata in vigore della presente legge ove risultino esaurite le aree destinate all’espansione edilizia.


7. I programmi di cui al precedeste comma, anche se in variante, possono essere redatti senza la preventiva autorizzazione dell’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente.


8. I programmi costruttivi sono dimensionati per un fabbisogno nel biennio successivo alla adozione del piano pari al numero degli alloggi da costruire in ciascun Comune.


9. L’approvazione dei programmi costruttivi comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità delle opere in essi contenute.


10. I Comuni, entro novanta giorni dalla comunicazione del programma, sono tenuti a localizzare le aree entro cui procedere alla costruzione degli alloggi.


11. In caso di inosservanza  dei termini previsti al sesto comma del presente articolo, entro i trenta giorni successivi l’Assessore regionale per il territorio e l’ambiente è tenuto a nominare un commissario ad acta, che procederà agli adempimenti relativi, entro i successivi sessanta giorni”.
 

L'art. 25 della legge 6.4.1996, n. 22 della Regione Siciliana prescrive poi:


“Art. 2

Snellimento di procedure per  l'edilizia di tipo economico-popolare.


1. Limitatamente all’utilizzazione dei finanziamenti assegnati per la realizzazione di interventi di edilizia sovvenzionata, convenzionata e convenzionata-agevolata, i Comuni che seppur obbligati a dotarsi di piani di zona o programmi  costruttivi ne siano ancora privi o non dispongano di sufficienti aree all’intorno degli stessi, sono tenuti ad approvare i programmi costruttivi di cui all’articolo 5 della legge regionale 28 gennaio 1986, n. 1 con le procedure, i termini o le modalità previste dal medesimo articolo.


2. Il programma è sottoposto ad approvazione dell'assessore regionale per il territorio e per l’ambiente, che decide anche prescindendo dal parere del Consiglio regionale dell’urbanistica. Decorsi quarantacinque giorni dal ricevimento deII’istanza in caso di silenzio il programma si intende approvato.


3. Qualora risultino esaurite od insufficienti le zone residenziali di espansione previste dagli strumenti urbanistici vigenti, limitatamente all'utilizzazione delle risorse finanziarie in qualunque forma destinate entro il 31 dicembre 1996 alla realizzazione di interventi di edilizia sovvenzionata, convenzionata e convenzionata-agevolata, i programmi costruttivi di cui al precedente comma 1  possono interessare zone destinate a verde agricolo contigue ad insediamenti abitativi e suscettibili di immediata urbanizzazione.


4. In presenza di piano di zona adottato, i programmi costruttivi di cui al comma 1 devono allocarsi prioritariamente all’interno dello steso piano. Nel caso in cui lo schema di massima del Piano regolatore generale approvato abbia individuato le aree relative alla formazione del piano di zona, i programmi costruttivi devono essere allocati prioritariamente all’interno delle stesse aree.


5. Gli enti ed i soggetti interessati all'edilizia di cui al comma 1 possono presentare al Comune programmi costruttivi muniti di studi geologici ai fini dell’approvazione da parte del consiglio comunale, che vi provvede entro il termine di quarantacinque giorni.


6. E' abrogato il comma 1 dell’articolo 9 della legge regionale 19 giugno 1982 n. 55.”

3. Il TAR della Sicilia - sede di Palermo, con l’anzidetta sentenza del 23.3.2005 di annullamento degli atti relativi all'approvazione del programma costruttivo in argomento e dei provvedimenti consequenziali, ha svolto le seguenti argomentazioni:


a) “Il commissariamento regionale relativo all’approvazione dei programmi costruttivi ex art. 25 della legge regionale n. 22/1996 non può spogliare i Comuni siciliani dei poteri propri in tema di programmazione urbanistica fino al punto da rendere irrilevante il contrasto di tali programmi con gli strumenti urbanistici vigenti e, nella fattispecie, con le delibere consiliari nn. 187/96, 232/97 e 225/99 [del Comune dl Palermo: n.d.r.] che prevedono l‘allocazione di detti programmi costruttivi nel centro storico, stante già la riduzione oltre ogni limite del verde agricolo previsto dal piano regolatore generale.


Pertanto, l’impugnato decreto assessoriale di nomina del commissario ad acta, al fine di proporre al Consiglio comunale l’approvazione del programma costruttivo della società IACEV in area di verde agricolo, o di approvare esso stesso il programma in caso di omessa pronuncia dell’organo comunale, si appalesa illegittimo, laddove sì evince l’obbligo di approvare in ogni caso detto programma nell’area scelta dalla nominata società secondo proprie soggettive valutazioni, ritenute dal Consiglio comunale non compatibili con le previsioni del P.R.G. e delle diverse linee programmatiche contenute nelle delibere avanti citate nonché nella delibera n. 293/1992, con cui è stato previsto la redazione di un piano di settore compatibile con le risorse del territorio nel rispetto di un equilibrio tra aree verdi ed eventuali nuove aree di espansione edilizia”.


b) L’art. 27 della legge regionale n. 71/1978 stabilisce che la durata in carica del commissario ad acta non può eccedere il termine di tre mesi, salvo proroga fino a dodici mesi per giustificati motivi in rapporto alla complessità degli atti da compiere.

Nella specie il decreto di proroga n. 674 del 28.2.2002 è intervenuto dopo la scadenza dei tre mesi dalla prima nomina (coincidente con il 26 agosto), laddove non è giuridicamente configurabile una proroga che intervenga su un atto ormai scaduto di efficacia, poiché l'effetto di estendere il termine di efficacia di un atto amministrativo deve intervenire nella piena vigenza ed efficacia dell’atto su cui il provvedimento di proroga si salda, costituendo con questo un unicum temporale.


Da ciò deriva “l’illegittimità del decreto assessoriale n. 674/2002 e, per derivazione, anche dei successivi decreti di proroga nonché degli atti adottati sulla base ditali decreti”.


c) La nomina del commissario ad acta, intervenuta con il primo decreto assessoriale n. 223 del 17.5.2002, era finalizzata all’approvazione del programma costruttivo ed all’assegnazione della relativa area di impianto con riferimento alla domanda avanzata dalla s.r.l. «IACEV” il 28.1.2002. Il provvedimento del commissario, invece, è stato emesso in seguito a successive istanze di localizzazione del programma in area diversa.


Ciò integra il vizio di “eccesso di potere per sviamento”, in quanto al commissario non era stato conferito alcun potere per l’adozione di un programma costruttivo da realizzarsi in area diversa da quella in relazione alla quale era stato attivato e disposto l’intervento commissariale medesimo.


d) Nella specie risultano violate sia la legge regionale n. 22/1996 sia la variante generale del P.R.G. del Comune di Palermo, approvata con delibera regionale n. 124 del 13.3.2002, dal momento che detta variante di piano ha specificamente previsto delle aree da destinare ad edilizia sovvenzionata, sicché, alla data dell’adozione della delibera commissariale di approvazione (23.4.2003), non sussistevano i presupposti individuati dal 3° comma dell’art. 25 della stessa legge regionale n. 22/1996 per l’applicazione della normativa derogatoria sulla cui base può essere consentita l’edificazione in area destinata a verde agricolo (non risultavano, cioè, "esaurite od insufficienti le zone residenziali di espansione previste dagli strumenti urbanistici vigenti”).

4. Tenuto anche conto delle anzidette argomentazioni svolte dal giudice amministrativo, il Tribunale del riesame, nell’ordinanza costituente oggetto del presente ricorso, ha affermato che:


- l’attività edificatoria della s.r.l. “IACEV” è stata intrapresa nella vigenza di uno strumento pianificatorio attuativo e di atti amministrativi illegittimi, nonché realizzata in specifico contrasto con le previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione comunale;


- l’invalidazione degli atti amministrativi di approvazione del programma costruttivo determina la carenza di un provvedimento amministrativo legittimante l’attività di trasformazione del terreno agricolo in zona destinata all’edilizia residenziale pubblica, posta in essere dalla società ‘IACEV” in violazione delle previsioni urbanistiche dello strumento di pianificazione generale del Comune;


- sussiste, pertanto, il fumus dell’ipotizzato reato di Iottizzazione abusiva (che può realizzarsi sia quando manchi un provvedimento di autorizzazione sia quando questo esista ma contrasti con le prescrizioni degli strumenti urbanistici), legittimante il mantenimento del vincolo reale e non può trovare ingresso, in sede di valutazione del disposto sequestro preventivo, l’indagine relativa all’elemento psicologico del reato di natura contravvenzionale (la colpa), sottratta alla cognizione limitata del giudice del riesame e devoluta alla pienezza dei poteri conoscitivi del giudice del merito;


- la situazione dianzi delineata rende superflua l’ulteriore valutazione riferita alla mancata stipulazione della convenzione prevista dall’art. 35 della legge n. 865/1971 ed all’incidenza del non-perfezionato convenzionamento sull’efficacia e sull’esecutività dello stesso programma costruttivo.

5. Il ricorrente ha prospettato:


a) la piena legittimità ed efficacia del programma costruttivo in oggetto, in seguito alla rituale formazione del silenzio-assenso regionale sulla delibera commissariale, ai sensi dell’art. 2, 2° comma, della legge regionale n. 86/1981, come modificato dall’art. 25 della legge regionale n. 22/ 1996. Tale programma costruttivo legittimamente avrebbe introdotto prescrizioni in variante allo strumento urbanistico generale;


b) l’incongrua “disapplicazione” del programma costruttivo medesimo, da parte del Tribunale del riesame.


Secondo la prospettazione difensiva, l’atto amministrativo, pure quando si ponga in contrasto diretto con la norma che Io regola, può dare luogo a disapplicazione da parte del giudice ordinario soltanto se sia frutto di attività criminosa. Il sindacato del giudice penale è possibile soltanto nell’ipotesi di "inesistenza" del potere dell’organo che ha emanato il provvedimento amministrativo e tale ipotesi si configura allorché l’emanazione dell’atto sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni formali e sostanziali previste dalla legge; detto sindacato non è consentito, invece, nell’ipotesi di mancato rispetto delle norme che, regolando l’esercizio del potere, determinano solo invalidità.


Nella specie, i vizi evidenziati dal TAR “non hanno natura criminosa ma al più possono rilevare in termini di invalidità”.


c) la legittima ripresa dell’attività edilizia, da parte della s.r.l. “IACEV”, una volta scaduto il termine (60 giorni) di efficacia dell’ordinanza di sospensione dei lavori senza che fosse stato adottato un provvedimento di annullamento del titolo autorizzativo.

6. A fronte di tali contestazioni difensive, va rilevato che - secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema - nei procedimenti incidentali aventi oggetto provvedimenti di sequestro:


- la verifica delle condizioni di legittimità della misura da parte del Tribunale non può tradursi in una anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità degli indagati in ordine al reato o ai reati oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra fattispecie concreta e fattispecie legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria ed attenta della antigiuridicità penale del fatto (Cass., Sez. Unite, 7.11.1992, ric. Midolini);


- l’accertamento della sussistenza del "fumus commissi delicti" va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica. Il Tribunale, dunque, non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro" (Cass. Sez. Un, 29.1.1997, n 23, ric. P.M. in proc. Bassi e altri).

6.1 Il Tribunale di Palermo, nella specie, si è attenuto ai principi anzidetti e - con le argomentazioni razionali e coerenti di cui si è dato conto dianzi - ha ravvisato correttamente il fumus dell’ipotizzato reato di lottizzazione abusiva (quanto meno sotto il profilo dell’esistenza di un provvedimento attuativo di pianificazione inficiato da vizi genetici, contrastante con le prescrizioni del P.R.G. ed inidoneo ad apportare ad esso varianti).


E’ vero che l’art. 5 della legge 28.1.1986, n. 1 della Regione Siciliana prevede espressamente al 6° comma, la possibilità, per i Comuni, di adottare i programmi costruttivi "anche in variante degli strumenti urbanistici vigenti”, ma il potere di variare le scelte urbanistiche effettuate nel piano generale è limitata alle sole situazioni (diverse da quella che ci occupa) in cui “risultino esaurite le aree destinate all’espansione edilizia"

6.2 Ciò travolge anche la legittimità della D.I.A. formalizzata in data 11.2.2004, in quanto l’attuale formulazione dell’art. 22, 3° comma del T.U. n. 380/2001 [come sostituito dall’art. 1, comma 1 - lett. a), del D.Lgs. 27.12.2002, n. 301, che, in seguito alla delega conferita al Governo dall’art. 1, 14° comma, della legge a 443/2001, ha provveduto ad introdurre nel T.U. dell’edilizia ‘le modifiche strettamente necessarie” per adeguarlo alle disposizioni di cui ai commi da 6 a 13 del medesimo art. 1 di quella legge] consente dì fare ricorso alla D.I.A., alternativamente al permesso di costruire ed in base alla scelta discrezionale dell’interessato, per “gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti”.


Nella specie, esclusa la ravvisabilità dell’esistenza di un valido piano attuativo avente le caratteristiche dianzi enunciate, i lavori risultano eseguiti, quindi, in assenza di qualsiasi titolo abilitativo ed è inutile discettare circa la legittimità della prosecuzione degli stessi una volta scaduta l’efficacia temporale dell’ordinanza comunale di sospensione.

6.3 Quanto alla lamentata illegittimità della “disapplicazione”, da parte del giudice penale, di provvedimenti amministrativi emessi in materia edilizia, può farsi rinvio alle ampie argomentazioni svolte in proposito da questa Sezione con la sentenza 21.3.2006, ric. Di Mauro ed altro, che il Collegio integralmente condivide.


Appare sufficiente ricordare al riguardo, per esigenze di concisione, che le Sezioni Unite - con la sentenza 12.11.1993, ric. Borgia - hanno affermato che “al giudice penale non è affidato alcun sindacato sull’atto amministrativo, ma questi, nell’esercizio della potestà penale, è tenuto ad accertare la conformità tra ipotesi di fatto (opera eseguenda o eseguita) e fattispecie legale (identificata dalle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico - edilizia, dalle previsioni degli strumenti urbanistici e dalle prescrizioni del regolamento edilizio).


Il complesso di tali disposizioni, previsioni e prescrizioni, tutte insieme considerate, costituisce il parametro organico per l’accertamento della liceità o dell’illiceità dell’opera edilizia e ciò in quanto l'oggetto della tutela penale apprestata dall’art. 20 della legge n. 47/1985 [oggi art. 44 del T.U. a 380/2001] non è più - come nella legge n. 1150 del 1942 - il bene strumentale del controllo e della disciplina degli usi del territorio, bensì la salvaguardia degli usi pubblici e sociali del territorio medesimo” .


In questa prospettiva, nell’ipotesi di realizzazione di opere di trasformazione del territorio in violazione dell’anzidetto parametro di legalità urbanistica ed edilizia, il giudice non deve concludere per la mancanza di illiceità penale solo perché siano stati emanati titoli amministrativi abilitanti: titoli siffatti, invero, non sono idonei "a definire esaurientemente lo statuto urbanistico ed edilizio dell’opera realizzanda senza rinviare al quadro delle prescrizioni degli strumenti urbanistici . . . Né il limite al potere di accertamento penale del giudice può essere posto evocando l’enunciato dell’art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E), in quanto tale potere non è volto ad incidere sulla sfera dei poteri riservati alla Pubblica Amministrazione, e quindi ad esercitare un’indebita ingerenza, ma trova fondamento e giustificazione in una esplicita previsione normativa, la quale postula la potestà del giudice di procedere ad un’identificazione in concreto della fattispecie sanzionata”.

In seguito a tale intervento delle Sezioni Unite ed alla successiva evoluzione interpretativa, ritiene questo Collegio di dovere ribadire i principi secondo i quali:


a) Il giudice penale, allorquando accerta profili di illegittimità sostanziale di un titolo abilitativo edilizio, procede ad una identificazione in concreto della fattispecie sanzionata e non pone in essere alcuna "disapplicazione” riconducibile all‘art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 allegato E), né incide, con indebita ingerenza, sulla sfera riservata alla Pubblica Amministrazione, poiché esercita un potere che trova fondamento e giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice;


b) la non-conformità dell’atto amministrativo alla normativa che ne regola l’emanazione, alle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico - edilizia ed alle previsioni degli strumenti urbanistici può essere rilevata non soltanto se l’atto medesimo sia illecito, cioè frutto di attività criminosa, ed a prescindere da eventuali collusioni dolose del soggetto privato interessato con organi dell’amministrazione. Il sindacato del giudice penale, al contrario, è possibile tanto nelle ipotesi in cui l’emanazione dell’atto sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge quanto in quelle di mancato rispetto delle norme che regolano l’esercizio del potere (e, nella specie, gli evidenziati vizi del programma costruttivo riguardano, come si è detto, gli stessi presupposti dell’esercizio del potere);


c) spetta in ogni caso al giudice del merito, e non certo a quello del riesame di provvedimenti di sequestro, la individuazione, in concreto, di eventuali situazioni di buona fede e di affidamento incolpevole.

7. L’ulteriore approfondimento e la compiuta verifica restano demandati - in conclusione - ai giudici del merito ma, allo stato, a fronte dei prospettati elementi, della cui sufficienza in sede cautelare non può dubitarsi, le argomentazioni svolte dal ricorrente non valgono certo ad escludere la legittimità della misura adottata.


Il ricorso, per tutte le argomentazioni dianzi svolte, deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente a1 pagamento delle spese del procedimento.


P.Q.M.


La Corte Suprema di Cassazione,

 

visti gli artt. 607, 127 e 325 c.p.p.,

 

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
 

Così deliberato in ROMA, nella camera di consiglio del 28.9.2006

 


L' estensore              Il presidente
 Aldo Fiale                    Guido De Maio


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