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Beni culturali e ambientali - Tutela dei beni vincolati - Natura del reato -
Art. 181, comma l, del D.Lgs. n. 42/2004 - Art. 161 D.Lgs n. 490/1999. In
materia di tutela dei beni culturali e ambientali, il reato di cui all’art. 161
D.Lgs n. 490/1999 (attualmente art. 181, comma l, del D.Lgs. n. 42/2004) non è
un "reato proprio” e non ha come destinatari soltanto i proprietari del bene
vincolato ed i soggetti a questi equiparati, ovvero i committenti di "lavori di
qualsiasi genere su beni paesaggistici. Esso può essere anche commesso, invece,
da qualsiasi altro soggetto che, pur non essendo titolare di poteri o facoltà
sul bene protetto, può di fatto, con il proprio comportamento, modificare la
condizione materiale o giuridica dello stesso nel senso vietato dalla norma.
Questa, infatti, è rivolta a "chiunque" trasgredisca le disposizioni poste a
tutela degli immobili vincolati e, quindi, anche al terzo che non si ponga in
rapporto qualificato (sia pure di mero possesso) con la cosa. Pres. De Maio -
Est. Fiale - Ric. Gambino. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 Dicembre
2006 (Ud. 13/07/2006), Sentenza n. 40434
Beni culturali e ambientali - Urbanistica e edilizia - Condono Edilizio -
Presupposti inesistenti - Sanatoria - Sospensione del procedimento penale -
Esclusione - Art. 101 del D.P.R. n. 380/2001 (già art. 26 L. n. 64/1974).
Quando non sussistano i presupposti del condono edilizio, non solo non può
essere applicata la sanatoria ma neppure può ritenersi la sospensione del
procedimento penale (con le ovvie conseguenze con riguardo alla prescrizione del
reato) e ciò indipendentemente dal fatto che il giudice abbia disposto o negato
la sospensione del procedimento dovendosi nel primo caso ritenere la sospensione
inesistente. (Ric. Sadini. Corte di Cassazione Sezioni Unite 24.11.1999,
sentenza n. 22). Pres. De Maio - Est. Fiale - Ric. Gambino. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 Dicembre 2006 (Ud. 13/07/2006), Sentenza n. 40434
Procedure e varie - Difesa dell’imputato - Principio della correlazione tra
fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza - Verifica. Il principio della
correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza non va inteso in
senso rigorosamente formale o meccanicistico ma, conformemente al suo scopo ed
alla sua funzione, in senso realistico e sostanziale. La verifica
dell'osservanza di detto principio non può esaurirsi, quindi, in un pedissequo e
mero confronto puramente letterale tra contestazione e sentenza, ma va condotta
sulla base della possibilità assicurata all'imputato di difendersi in relazione
a tutte le circostanze del fatto, sicché deve escludersene la violazione ogni
volta che non sia ravvisabile pregiudizio delle possibilità di compiuta difesa.
Pres. De Maio - Est. Fiale - Ric. Gambino. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.
III, 12 Dicembre 2006 (Ud. 13/07/2006), Sentenza n. 40434
Procedure e varie - Difesa dell’imputato - Mutamento del fatto - Imputazione
contestata e sentenza - Principio di correlazione. Con riferimento al
principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, per aversi
mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale nei suoi elementi
essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi
astratta prevista dalla legge, si da pervenire ad un'incertezza sull'oggetto
dell'imputazione e "...vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la
violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del
processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in
ordine all'oggetto dell'imputazione”. (Ric. Di Francesco. Corte di Cassazione
Sezioni Unite del 22.10.1996, sentenza n. 16). Pres. De Maio - Est. Fiale -
Ric. Gambino. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 Dicembre 2006 (Ud.
13/07/2006), Sentenza n. 40434
Udienza Pubblica del 13.7.2006
SENTENZA N. 1400
REG. GENERALE n. 15883/06
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
Dott. Guido DE MAIO Presidente
1. Dott. Vincenzo MIRANDA Consigliere
2. Dott. Alfredo M. LOMBARDI Consigliere
3. Dott. Aldo FIALE Consigliere
4. Dott. Giovani AMOROSO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da Gambino Leonardo n. a Messina il 28.4.1939
avverso la sentenza 20-9-2005 della Corte di Appello di Messina.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso,
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal consigliere M. Aldo Fiale
Udito il Pubblico Ministero in persona del dr. Guglielmo PASSACANTANDO che ha concluso per l'annullamento senza rinvio, limitatamente al reato sub C) per intervenuta prescrizione ed elusione della relativa pena, rigetto del ricorso nel resto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Messina, con sentenza del 20.9.2005, in parziale riforma della sentenza 23.12.2004 del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto - Sezione distaccata di Milazzo:
a) ribadiva l'affermazione della responsabilità penale di Gambino Leonardo in ordine ai reati di cui:
- all'art. 163 D.Lgs. n. 490/1999 (per avere eseguito lavori edilizi, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, senza la prescritta autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela del vincolo - in Monforte San Giorgio, in data anteriore e prossima al 14.5.2002);
- agli artt. 9,10,17,18 e 20 legge n. 64/1974 (per avere eseguito i medesimi lavori senza darne avviso all'Ufficio del Genio Civile, senza la preventiva autorizzazione scritta di tale Ufficio e senza la preventiva presentazione dei calcoli di stabilità )
b) con le già riconosciute circostanze attenuanti generiche ed essendo stati unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., confermava la condanna alla pena complessiva di giorni 60 di arresto ed euro 18.000.00 di ammenda, con la concessione dei doppi benefici di legge ;
c) revocava gli ordini di demolizione delle opere abusive e di rimessione in pristino dello stato dei luoghi.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Gambino, il quale ha eccepito:
- violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p., nonché vizio di motivazione, quanto alla denunziata diversità tra i fatti descritti nel decreto che ha disposto il giudizio e quelli per i quali è stata pronunciata condanna: egli, in vero era stato chiamato a rispondere delle contravvenzioni specificate in epigrafe quale proprietario dell'immobile interessato da lavori edilizi o committente di tali lavori, mentre era stato poi ritenuto responsabile nella qualità di direttore dei lavori medesimi, pur non essendogli stata contestata un'ipotesi di concorso ex art. 110 cod. pen.;
- La prescrizione delle contravvenzioni alla legge n. 64/1974 già al momento della pronuncia di secondo grado.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L'impugnata sentenza deve essere annullata senza rinvio, limitatamente ai reati di cui alla legge n. 64/1974 (capo C della rubrica), perché estinti per prescrizione.
Trattasi di contravvenzioni punite con sola ammenda, commesse in epoca anteriore al 14.5.2002, sicché il termine massimo prescrizionale (di anni tre, ex artt. 157 e 160, ultimo comma, cod. pen.), si è definitivamente compiuto il 14.5.2005, cioè in epoca antecedente alla pronuncia della stessa sentenza impugnata.
Non può tenersi conto delle sospensioni disposte ai sensi dell'art. 44 della legge n. 47/1945, perché si applicano i principi fissati dalle Sezioni Unite di questa Corte Suprema - con la sentenza 24.11.1999 , n. 22, ric. Sadini - secondo cui, ove (come nella fattispecie in esame) non sussistano i presupposti del condono edilizio, "non solo non può essere applicata la sanatoria ma neppure può ritenersi la sospensione del procedimento penale (con le ovvie conseguenze con riguardo alla prescrizione del reato) e ciò indipendentemente dal fatto che il giudice abbia disposto o negato la sospensione del procedimento dovendosi nel primo caso ritenere la sospensione inesistente".
In seguito alla pronuncia di prescrizione dei reati sismici deve essere eliminata la pena di euro 6.000,00 di ammenda , inflitta per tali reati ex art. 81 cpv. cod. pen.
A norma dell'art. 101 del D.P.R. n. 380/2001 (già art. 26 della legge n. 64/1974), copia della presente sentenza deve essere trasmessa all'Ufficio tecnico della Regione Siciliana per le determinazioni di competenza.
2. Il ricorso, invece deve essere rigettato nel resto, poiché infondato.
2.1 Correttamente, infatti nella specie, la Corte territoriale non ha ravvisato violazione dell'art. 521 c.p.p.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema il principio della correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza non va inteso in senso rigorosamente formale o meccanicistico ma, conformemente al suo scopo ed alla sua funzione, in senso realistico e sostanziale.
La verifica dell'osservanza di detto principio non può esaurirsi, quindi, in un pedissequo e mero confronto puramente letterale tra contestazione e sentenza, ma va condotta sulla base della possibilità assicurata all'imputato di difendersi in relazione a tutte le circostanze del fatto, sicché deve escludersene la violazione ogni volta che non sia ravvisabile pregiudizio delle possibilità di compiuta difesa.
Le Sezioni Unite - con la sentenza n. 16 del 22.10.1996, ric. Di Francesco - anno affermato in particolare che "con riferimento al principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, si da pervenire ad un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione" e " ... vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione".
Nella specie, i contenuti essenziali dell'addebito erano fin dall'origine riferiti al specifici lavori eseguiti in mancanza di provvedimenti abilitativi (parametro di riferimento dell'attività difensiva) ed in ordine a tale accusa l'imputato ha avuto piena possibilità di difendersi attraverso la prospettazione de una propria assoluta estraneità ovvero l'illustrazione dei limiti del suo effettivo contributo causale.
2.2. Il reato di cui all'art. 163 D.Lgs n. 490/1999 (attualmente art. 181, comma 1, del D. Lgs. n. 42/2005) (rectius D. Lgs. n. 42/2004) non è un "reato proprio" e non ha come destinatari soltanto i proprietari del bene vincolato ed i soggetti a questi equiparati, ovvero i committenti di "lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici".
Esso può essere anche commesso, invece, da qualsiasi altro soggetto che, pur non essendo titolare di poteri o facoltà sul bene protetto, può di fatto, con il proprio comportamento, modificare la condizione materiale o giuridica dello stesso nel senso vietato dalla norma. Questa, infatti, è rivolta a "chiunque" trasgredisca le disposizioni poste a tutela degli immobili vincolati e, quindi, anche al terzo che non si ponga in rapporto qualificato (sia pure di mero possesso) con la cosa.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione
visti gli artt. 607, 615 e 620 c.p.p.,
annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alle contravvenzioni di cui alla legge n. 64/1974 ( capo C della rubrica), perchè estinte per prescrizione, ed elimina la relativa pena di euro 6.000,00 di ammenda.
Rigetta il ricorso nel resto.
Dispone la trasmissione di copia della sentenza all'Ufficio tecnico della Regione Siciliana.
ROMA, 13.7.2006
L' estensore
Il presidente
Aldo Fiale
Guido di Maio
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