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RIFIUTI - Accumulo dei rifiuti - Nozione - Caratteristiche modalità e tempi.
Le caratteristiche delle modalità e dei tempi d'accumulo dei materiali delineano
la nozione normativa di discarica abusiva punibile quando, per effetto di una
condotta ripetuta, i rifiuti vengono scaricati in una determinata area,
trasformata di fatto in deposito o ricettacolo di rifiuti, sicché rientra nella
nozione in parola l'accumulo sul ruolo ripetuto dei rifiuti con tendenziale
carattere di definitività, in considerazione delle quantità considerevoli dei
rifiuti e dello spazio occupato, a nulla rilevando la circostanza che tale
accumulo avvenga sullo stesso terreno in cui è situato l'operatore che in parte
li tratta [Cassazione Sezione III n. 7577/1992, Abortivi, RV. 190924]. Pres. De
Maio - Est. Teresi - Ric. Ferro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12
dicembre 2006 (Ud. 28/11/2006), Sentenza n. 40446
Rifiuti - Differenza tra abbandono e discarica abusiva - Fattispecie - D.
L.vo n. 36/2003 - Art. 6 lett. m. decreto n. 22/1997. Solo l'abbandono di
rifiuti connotato dall'assenza di caratteristiche quantitative e di
sistematicità, vale ad escludere la realizzazione o la gestione di una discarica
abusiva. Rientra,. in specie, nella definizione di discarica introdotta col
decreto legislativo n. 36/2003, la realizzazione di un depositato incontrollato
nell'area circostante a una segheria di un ingente quantità di rifiuti prodotti
dalla lavorazione del marmo [polveri e fanghi di marmo] raccolti in vasche di
decantazione aziendali per oltre un anno. Né era in atto una legittima
operazione preliminare all'attività di gestione, preparatoria al recupero non
ricorrendo un deposito temporaneo di rifiuti [art. 6 lett. m. decreto n.
22/1997] " quale raggruppamento dei rifiuti effettuando, prima della raccolta,
nel luogo in cui gli stessi sono prodotti" nel rispetto di precise condizioni
temporanee, quantitative e qualitative. Pres. De Maio - Est. Teresi - Ric.
Ferro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 dicembre 2006 (Ud.
28/11/2006), Sentenza n. 40446
Rifiuti - Deposito di rifiuti nel luogo diverso da quello in cui sono stati
prodotti - Gestione di rifiuti non autorizzata - Presupposti. Il deposito di
rifiuti nel luogo diverso da quello in cui sono stati prodotti è equiparabile
giuridicamente all'attività di gestione di rifiuti non autorizzata, prevista
come reato dall'art. 51 del d. lgs. 22/1997 (Cass. Sez. III n. 7140, 21.03.2000,
Eterno, RV 216977). In specie, correttamente è stata esclusa la ricorrenza delle
condizioni che integrano il concetto normativo di deposito temporaneo di rifiuti
poiché risulta che non sono state rispettate la condizioni relative alle cadenze
temporali di raccolta e d'avviamento alle operazioni di recupero o di
smaltimento; ai termini massimi di durata e alle modalità de deposito stesso.
Quindi, i detentori si sono disfatti degli scarti della lavorazione del marmo
effettuando un'attività di smaltimento mediante deposito al suolo di rifiuti per
un tempo prolungato. Pres. De Maio - Est. Teresi - Ric. Ferro. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 dicembre 2006 (Ud. 28/11/2006), Sentenza n. 40446
Pubblica Udienza 28.11.2006
SENTENZA N. 1908
REG. GENERALE n. 09018/2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Guido De
Maio Presidente
1. Dott. Alfredo Teresi Consigliere
rel.
2. Dott. Aldo Fiale Consigliere
3. Dott. Margherita Marmo Consigliere
4. Dott. Maria Silvia Sensini Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da Ferro Giuseppe, nato a Castellammare del Golfo il 10.12.1968, e da Ferro Roberto, nato a Trapani il 2.02.1966,avverso la sentenza pronunciata dalla Corte d'Appello di Palermo in data 5.12.2005 con cui è stata confermata la condanna alla pena dell'arresto e dell'ammenda loro inflitta nel giudizio di primo grado [per Ferro Roberto con declaratoria di non procedibilità limitatamente ai fatti commessi prima del 26 agosto 1998] per il reato di cui all'art. 51, commi 1, 2, 3 d.lgs. n. 22/1997;
Visti gli atti, la sentenza denunciata e i ricorsi;
Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
Sentito il PM nella persona del PG dott. Giovani D'Angelo, il quale ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
osserva
Con sentenza in data 5.12.2005 la Corte d'Appello di Palermo confermava la condanna alla pena dell'arresto e dell'ammenda inflitta agli imputati nel giudizio di primo grado [per Ferro Roberto con declaratoria di non procedibilità limitatamente ai fatti commessi prima del 26 agosto 1998] per avere, Ferro Roberto, quale conduttore di una segheria di marmo sita in Castellammare del Golfo e Ferro Giuseppe, quale presidente della cooperativa Golfo Marmi a.r.l., ma di fatto gestori dell'attività fino all'11.07.2002, depositato in modo incontrollato nell'area circostante la segheria un ingente quantità di rifiuti della lavorazione del marmo [polveri e fanghi di marmo] e per avere raccolto in vasche di decantazione aziendali rifiuti di lavorazione per oltre un anno, così realizzando una discarica non autorizzata.
Riteneva la Corte che Ferro Roberto avesse cogestito la segheria presso la quale erano stati ammassati ingenti quantitativi di rifiuti non pericolosi della lavorazione del marmo per un prolungato periodo di tempo.
Proponevano ricorsi per cassazione gli imputati denunciando.
Ferro Giuseppe
manifesta illogicità della motivazione in ordine.
- all'affermazione di responsabilità per il periodo antecedente all'assunzione della carica di legale rappresentante della società [maggio 2000] a partire dall'anno 1989;
- alla ritenuta configurabilità del reato di discarica abusiva trattandosi, invece, di deposito controllato di rifiuti propri da conferire in discarica perché in appena due anni erano stati accumulati 10.000 mc. di fanghi essiccati, mentre quelli riversati in vasche non potevano essere smaltiti per mancanza di discariche nella provincia di Trapani;
- all'applicazione di una pena non adeguata alla modestia del fatto.
Ferro Roberto
illogicità della motivazione in ordine
- all'affermazione di responsabilità erroneamente ritenuta perché la cessazione di attività di operaio non autorizza a ritenere che egli avesse curato la gestione della segheria;
- alla disconoscimento dell'impossibilità di smaltire i fanghi raccolti nelle vasche di decantazione per la mancanza di discariche nella provincia di Trapani;
- alla ritenuta configurabilità del reato di discarica abusiva trattandosi, invece, di deposito controllato di rifiuti propri da conferire in discarica perché in appena due anni erano stati accumulati 10.000 mc di fanghi essiccati;
violazione di legge in ordine
- al riconoscimento della recidiva specifica infraquinquennale non applicabile alle contravvenzioni;
- al diniego delle attenuanti generiche basato esclusivamente sui precedenti penali.
Chiedevano l'annullamento della sentenza.
I ricorsi non sono puntuali perché censurano in fatto la decisione fondata, invece, su congrue argomentazioni esenti da vizi logico - giuridici essendo stati specificati gli elementi probatori emersi a carico degli imputati e confutate le obiezioni difensive.
Il positivo giudizio della compartecipazione degli imputati alla gestione dell'azienda è sorretto da logiche considerazioni perché, per Ferro Roberto [condannato con sentenza definitiva per la gestione dell'azienda per le medesime condotte fino al 26.08.1998] non è stato chiamato soltanto il legame familiare ma sopratutto la sua esperienza nel settore, elementi che legittimano il convincimento che egli abbia concorso attivamente nella gestione della società cooperativa della quale il fratello è divenuto legale rappresentante sin dal maggio 2000.
Sebbene i giudici di merito non abbiano preso in considerazione la doglianza di Ferro Giuseppe sulla data d'inizio della gestione aziendale menzionata in rubrica [1989], nessun concreto pregiudizio è allo steso derivato sul piano sanzionatorio perché la pena per la discarica abusiva è stata determinata violando il minimo edittale.
Anche i motivi sulla configurabilità dei reati non sono puntuali, anche se va puntualizzato che il richiamo in rubrica ad entrambe le ipotesi criminose di deposito incontrollato di rifiuti e di discarica abusiva meritava un intervento chiarificatore dei giudici di merito in ordine alla esatta qualificazione giuridica dei fatti di reati riscontrati, vale a dire l'accumulo di residui, essiccati, della lavorazione del marmo all'esterno dello stabilimento aziendale e la raccolta di fanghi di polvere di marmo in vasche di decantazione per un tempo prolungato.
Infatti, le caratteristiche delle modalità e dei tempi d'accumulo dei materiali delineano la nozione normativa di discarica abusiva punibile quando, per effetto di una condotta ripetuta, i rifiuti vengono scaricati in una determinata area, trasformata di fatto in deposito o ricettacolo di rifiuti, sicché rientra nella nozione in parola l'accumulo sul ruolo ripetuto dei rifiuti con tendenziale carattere di definitività, in considerazione delle quantità considerevoli dei rifiuti e dello spazio occupato, a nulla rilevando la circostanza che tale accumulo avvenga sullo stesso terreno in cui è situato l'operatore che in parte li tratta [Cassazione Sezione III n. 7577/1992, Abortivi, RV. 190924]
I fatti sopra descritti rientrano, peraltro, nella definizione di discarica introdotta col decreto legislativo n. 36/2003 sia per durata - superiore all'anno - del deposito sia la assenza di preparazione per il successivo recupero o trattamento o smaltimento in discarica, che non era inesigibile [come asserito in ricorso] per la possibilità di effettuarlo preso discariche esistenti in province siciliane diverse da quella in cui operavano gli imprenditori.
Solo l'abbandono di rifiuti connotato d'assenza di caratteristiche quantitative o di sistematicità nella specie non ravvisabili, vale ad escludere la realizzazione o la gestione di una discarica, sicché a rettifica della motivazione della sentenza impugnata, va affermato che sia stata addebita agli imputati la gestione di distinte fattispecie criminose di discariche non utilizzate, unificate dal vincolo della continuazione, essendo stato accertato, in fatto, che un consistente quantitativo stratificato di fanghi derivanti della attività di lavorazione del marmo è stato depositato all'esterno dell'insediamento produttivo per un tempo prolungato, desumibile della costatata essiccazione, e che altri fanghi sono stati depositati in vasche di decantazione all'interno dell'azienda per oltre un anno.
Né era in atto una legittima operazione preliminare all'attività di gestione, preparatoria al recupero non ricorrendo un deposito temporaneo di rifiuti [art. 6 lett. m. decreto n. 22/1997] " quale raggruppamento dei rifiuti effettuando, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti" nel rispetto di precise condizioni temporanee, quantitative e qualitative.
Pertanto, puntualizzando che, in assenza di tali condizioni, il deposito di rifiuti nel luogo diverso da quello in cui sono stati prodotti è equiparabile giuridicamente all'attività di gestione di rifiuti non autorizzata, prevista come reato dall'art. 51 del d. lgs. 22/1997 (Cass. Sez. III n. 7140, 21.03.2000, Eterno, RV 216977), correttamente è stata esclusa la ricorrenza delle condizioni che integrano il concetto normativo di deposito temporaneo di rifiuti poiché risulta che non sono state rispettate la condizioni relative alle cadenze temporali di raccolta e d'avviamento alle operazioni di recupero o di smaltimento; ai termini massimi di durata e alle modalità de deposito stesso.
Quindi, i detentori si sono disfatti degli scarti della lavorazione del marmo effettuando un'attività di smaltimento mediante deposito al suolo di rifiuti per un tempo prolungato.
Manifestamente infondate, perché generiche e in fatto, sono le censure relative alla pena, applicata in violazione del minimo edittale e al diniego a Ferro Roberto dalle attenuanti generiche per gli ostativi precedenti penali.
Corretto è il rilievo, proposto da Ferro Roberto, sull'inapplicabilità della recidiva alle contravvenzioni poiché la nuova formulazione dell'art. 99 cod. pen. [introdotta dell'art. 4 della legge dicembre 2005 n. 251] prende in considerazione ai fini dell'aumento delle pene solo la commissione di "nuovo delitto colposo"
Tuttavia, l'esclusione della recidiva non comporta alcuna diminuzione di pena per non essere stato effettuato, nel relativo calcolo, alcun aumento per tale titolo.
Infatti, l'espressione "recidiva reiterata specifica, infraquinquennale" è stata impropriamente utilizzata solo nella motivazione del diniego delle attenuanti generiche come sinonimo di ostatività per i negativi precedenti penali.
Il rigetto dei ricorsi comporta condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 28.11.2006.
L' estensore
Il presidente
Alfredo Teresi
Guido Di Maio
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