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Rifiuti - Autosmaltimento - Metodi e condizioni di smaltimento -
Comunicazione d'inizio attività - Rispetto delle norme tecniche - Autorizzazione
- Necessità - D. l.vo n. 22/1997 - D. L.vo n. 152/2006. L'autosmaltimento, a
norma dell'articolo 32, decreto legislativo n. 22 del 1997, può essere
effettuato decorsi novanta giorni dalla comunicazione d'inizio attività alla
provincia a condizione però che siano rispettate le norme tecniche dettate per
tale attività dal Governo in persona dei Ministri competenti (Ambiente,
Industria Commercio, Artigianato ecc). I decreti ministeriali devono individuare
per ciascun tipo di attività le quantità di rifiuti, i procedimenti, i metodi e
le condizioni di smaltimento. Senza l'adozione dei decreti ministeriali non è
possibile avvalersi della procedura semplificata e l'interessato è obbligato a
richiedere l'autorizzazione. Ora, mentre per le attività di recupero di cui
all'articolo 33 sono stati adottati decreti ministeriali, analoga iniziativa non
è stata assunta per l'autosmaltimento. Pertanto, non si tratta di una violazione
meramente formale, non essendo demandato all'arbitrio del singolo la scelta
delle quantità o delle condizioni ritenute più idonee per l'autosmaltimento. A
seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006, la
disciplina in materia non ha subito modificazioni più favorevoli. Pres. Papa -
Est. Petti - Ric. Rando. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 18 dicembre
2006 (Ud. 08/11/2006), Sentenza n. 41290
Rifiuti - Impianto di smaltimento - Generica autorizzazione - Esclusione -
Fattispecie: Autosmaltimento - D. l.vo n. 22/1997 - D. L.vo n. 152/2006. A
norma degli articoli 27 e 28 decreto Ronchi (d. l.vo n. 22/1997) sia la mera
realizzazione di un impianto di smaltimento che la stessa attività di
smaltimento devono essere autorizzate. L'obbligo dell'autorizzazione è
inderogabile solo per l'attività di smaltimento vero e proprio ossia per il
conferimento in discarica mentre può essere derogato da procedure semplificate
per quanto riguarda le attività di recupero e quelle di autosmaltimento.
Tuttavia non è sufficiente una qualsivoglia generica autorizzazione, ma ciascuna
attività deve essere esplicitamente assentita con la procedura specificamente
prevista per essa ed alle condizioni appositamente stabilite, non potendo essere
demandato all'arbitrio del singolo la scelta delle quantità o delle condizioni
ritenute più idonee per l'autosmaltimento. La disciplina in materia non ha
subito modificazioni più favorevoli a seguito dell'entrata in vigore del decreto
legislativo n. 152 del 2006. Pres. Papa - Est. Petti - Ric. Rando. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 18/12/2006 (Ud. 08/11/2006), Sentenza n. 41290
Procedure e varie - Ricorso in cassazione - Produzione di nuovi documenti -
Limiti - Indagine di merito - Esclusione. Nel ricorso in cassazione possono
essere introdotti solo documenti relativi a cause estintive del reato che non
richiedono accertamenti fattuali, allo ius superveniens ed in genere documenti
sopravvenuti non attinenti al merito (Cass. giugno del 1999 Calascibetta). Nella
fattispecie è stata respinta l'istanza avanzata in sede di discussione diretta
alla produzione di nuovi documenti, tendenti, secondo il difensore, alla
dimostrazione in via interpretativa dell'esistenza di un'autorizzazione
implicita. Si tratterebbe quindi di un documento che richiede comunque
un'indagine di merito e che non può essere esaminato separatamente dagli altri
documenti, e d'altra parte, sarebbe irrilevante perché l'autorizzazione deve
essere esplicita. Pres. Papa - Est. Petti - Ric. Rando. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE Sez. III, 18 dicembre 2006 (Ud. 08/11/2006), Sentenza n. 41290
Udienza pubblica dell'8 novembre 2006
SENTENZA N. 1730
REG. GENERALE n. 46645/2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dai sigg. magistrati:
Dott. Enrico Papa
presidente
Dott. Ciro Petti
consigliere
Dott. Vincenzo Tardino
consigliere
Dott. Alfredo Maria Lombardi consigliere
Dott. Franco Amedeo
consigliere
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto dal difensore di Rando Francesco, nato a Genova il 12 agosto del 1937, avverso la sentenza del tribunale di Roma del 26 settembre del 2003;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
sentito il P.M. nella persona del sostituto procuratore generale dott. Vittorio Meloni, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso
sentito il difensore avv. Gian Michele Gentile il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso
letti il ricorso e la sentenza denunciata, osserva
quanto segue
IN FATTO
Con sentenza deI 26 settembre del 2003, il tribunale di Roma condannava Rando
Francesco alla pena, condizionalmente sospesa, di € 8000,00 di ammenda, quale
responsabile, in concorso di circostanze attenuanti generiche, del reato di cui
all'articolo 51 comma 1 lettera a) del D. L.vo n 22 del 5 febbraio 1997, per
avere, nella sua qualità di responsabile della società "E Giovi", con sede in
Roma, la quale gestiva la discarica di Malagotta, effettuato senza la prescritta
autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli artt 27, 28, 31 e 33 del
decreto legislativo citato, attività di smaltimento del percolato, tramite
trattamento di inertizzazione mediante l'uso di calce viva, al fine di renderlo
palabile e depositarlo nella discarica stessa, limitatamente al periodo compreso
tra il 2 marzo del 2001 ed il 12 dicembre del 2002.
Il tribunale, dopo avere precisata che il trattamento innanzi indicato
consisteva in un'operazione di smaltimento di cui all'allegato B) lettera d )
del decreto legislativo n. 22 del 1997 e per ciò necessitava di specifica
autorizzazione, osservava che non era applicabile l'articola 32 del decreto
citato perché non risultavano ancora emanate norme tecniche per quanto
concerneva il trattamento del percolato; che l'autorizzazione rilasciata in
precedenza all'imputato era scaduta a norma dell'articolo 57 decreto Ronchi a
seguito del decorso del quadriennio successivo all'entrata in vigore del decreto
citato; che i provvedimenti autorizzativi successivi al marzo del 2001 e fino al
mese di dicembre del 2002 non riguardavano gli impianti relativi alla raccolta
ed al trattamento del percolato e quindi l'attività di autosmaltimento doveva
ritenersi illecita fino al dicembre del 2002.
Ricorre per cassazione l'imputato sulla base di un unico articolato motivo.
IN DIRITTO
Preliminarmente va respinta l'istanza avanzata in sede di discussione diretta
alla produzione di nuovi documenti, tendenti, secondo il difensore, alla
dimostrazione in via interpretativa dell'esistenza di un'autorizzazione
implicita. Invero i documenti esibiti per la prima volta in sede di legittimità
non sono ricevibili perché il nuovo codice di rito non ha previsto all'articolo
613 c.p.p., diversamente dall'abrogato articolo 533, tale facoltà, giacché il
legislatore del 1988 ha voluto esaltare il ruolo di pura legittimità della Corte
suprema, la quale procede non ad un esame degli atti, ma soltanto alla
valutazione della logicità della motivazione e della sua correttezza sotto il
profilo giuridico. In cassazione possono essere introdotti solo documenti
relativi a cause estintive del reato che non richiedono accertamenti fattuali,
all'ius superveniens ed in genere documenti sopravvenuti non attinenti al
merito (Cass. giugno del 1999 Calascibetta). Nella fattispecie, peraltro,
secondo quanto riferito dallo stesso difensore, dalla nuova documentazione si
dovrebbe desumere in via interpretativa l'esistenza di un'autorizzazione
implicita. Si tratterebbe quindi di un documento che richiede comunque
un'indagine di merito e che non può essere esaminato separatamente dagli altri
documenti, e d'altra parte, sarebbe irrilevante perché l'autorizzazione deve
essere esplicita.
Ciò premesso, con l'unico motivo di ricorso il difensore deduce la violazione
della norma incriminatrice nonché contraddittorietà della motivazione desumibile
dal testo del provvedimento. Il ricorrente, dopo avere premesso che il processo
di trattamento in questione non è chimico - fisico, come ritenuto dal
tribunale, ma unicamente fisico, posto che la possibilità di ricovero di tali
rifiuti liquidi in discarica si realizza solo attraverso la loro solidificazione
e la loro palabilità, osserva che tale operazione non costituisce trattamento
perché non mira al recupero o alla riutilizzazione del rifiuto; che pertanto è
errato il riferimento all'allegato b) del decreto Ronchi, perché, per il
ricovero in discarica di quel percolato reso palabile, non era necessaria alcuna
autorizzazione. In ogni caso l'autorizzazione si poteva considerare contenuta
nei decreti deI 2001 che avevano avuto ad oggetto la discarica in questione.
Sostiene infine che illegittimamente il tribunale aveva escluso l'applicabilità
dell'articolo 32 del decreto dianzi citato per la ritenuta mancata formale
adozione delle norme tecniche di cui all'articolo 31 del medesimo decreto:
infatti l'esistenza delle condizioni tecniche di sicurezza, peraltro già
esistenti nella prassi, era stata di fatto constatata dalla provincia allorché
aveva concesso l'autorizzazione del 1987.
Il motivo è infondato.
A norma dell'articolo 5 del decreto Ronchi Io smaltimento deve essere effettuato
in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale dell'attività di
gestione dei rifiuti. A norma dell'articolo 6 lettera g) del citato decreto, per
smaltimento si intendono tutte le operazioni indicate nell'allegato B) che sono
quindici e sono costituite per Io più da sistemi e tecnologie di smaltimento,
fatta eccezione per quelle indicate sotto i punti d) 14 e d) 15, che
costituiscono operazioni preliminari e temporanee preordinate all'espletamento
di quelle precedenti. La più semplice operazione di smaltimento è costituita dal
mero deposito sul suolo e nel suolo di cui al punto d/l) senza alcun
trattamento. A norma degli articoli 27 e 28 decreto Ronchi sia la mera
realizzazione di un impianto di smaltimento che la stessa attività di
smaltimento devono essere autorizzate. Tuttavia l'obbligo dell'autorizzazione è
inderogabile solo per l'attività di smaltimento vero e proprio ossia per il
conferimento in discarica mentre può essere derogato da procedure semplificate
per quanto riguarda le attività di recupero e quelle di autosmaltimento.
L'esercizio dell'attività di smaltimento senza l'autorizzazione o, nei casi in
cui è consentita, senza l'adozione della procedura semplificata è sanzionata a
norma dell'articolo 51 decreto legislativo n. 22 del 1997, il quale dispone che
"chiunque effettua un'attività di raccolta, trasporto, ... smaltimento ecc in
mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli
artt 27, 28, 29, 30, 31, 32 e 33 è punito.." Dall'uso del termine "prescritta"
si evince che non è sufficiente una qualsivoglia generica autorizzazione, ma
ciascuna attività deve essere esplicitamente assentita con la procedura
specificamente prevista per essa ed alle condizioni appositamente stabilite. L'autosmaltimento,
a norma dell'articolo 32, può essere effettuato decorsi novanta giorni dalla
comunicazione d'inizio attività alla provincia a condizione però che siano
rispettate le norme tecniche dettate per tale attività dal Governo in persona
dei Ministri competenti (Ambiente, Industria Commercio, Artigianato ecc). I
decreti ministeriali devono individuare per ciascun tipo di attività le quantità
di rifiuti, i procedimenti, i metodi e le condizioni di smaltimento. Senza
l'adozione dei decreti ministeriali non è possibile avvalersi della procedura
semplificata e l'interessato è obbligato a richiedere l'autorizzazione. Ora,
mentre per le attività di recupero di cui all'articolo 33 sono stati adottati
decreti ministeriali, analoga iniziativa non è stata assunta per l'autosmaltimento.
L'imputato quindi non poteva avvalersi della procedura semplificata. Non si
tratta di una violazione meramente formale, come sostiene il difensore, perché
non può essere demandato all'arbitrio del singolo la scelta delle quantità o
delle condizioni ritenute più idonee per l'autosmaltimento.
La disciplina anzidetta non ha subito modificazioni più favorevoli per
l'imputato a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n 152 del
2006.
Nella fattispecie, il tribunale si è attenuto a tali principi e, con motivazione
esente da vizi logici, ha accertato che 'l'imputato non era in possesso
dell'autorizzazione prescritta per l'attività dì autosmaltimento e, d'altra
parte, non poteva optare per la procedura semplificata per la mancata adozione
dei decreti indicati nell'articolo 31 del decreto legislativo n. 22 del 1997.
Per il rigetto del ricorso il ricorrente è tenuto al pagamento delle spese
processuali
P. Q. M
la Corte
Letto l'art. 616 c.p.p.,
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma l'8 novembre del 2006
Il consigliere estensore Il Presidente
Ciro Petti Enrico Papa
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