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INQUINAMENTO ATMOSFERICO - ARIA - Esalazioni maleodoranti provenienti da
stalle, allevamenti o luoghi simili - Reato di cui all'art. 674 c.p. -
Sussistenza - Risarcibilità ex art. 844 c.c. - Fattispecie. Le esalazioni
maleodoranti provenienti da stalle, allevamenti o luoghi simili configurano il
reato di cui all'articolo 674 c.p. e non solo un illecito penale risarcibile ex
articolo 844 c.c. allorché siano idonee a creare offesa al benessere dei vicini
e grave pregiudizio per lo svolgimento della loro attività (Cass n. 678 del 1996
P.M. in proc. Viale; Cass n. 138 del 1995 Composto; 1293 del 1994 Sperotto).
Nella specie, dai manufatti destinati all'allevamento di suini e pollame ed
ubicati ad una distanza di circa 10 - 20 metri dalle abitazioni, si avvertivano
cattivi odori i quali provocavano nei confronti delle persone offese ivi
residenti uno stato d'ansia accertato documentalmente, che nonostante,
l'avvenuto adeguamento della porcilaia alle prescrizioni vigenti non escludeva
la sussistenza del reato proprio perché le emissioni maleodoranti non erano
state comunque eliminate. Pres. Papa - Est. Petti - Ric. Labanca. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 21 dicembre 2006 (Ud. 21/11/2006), Sentenza n. 42087
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - ARIA - "Esalazioni" maleodoranti - Superamento del
limite della normale tollerabilità - Molestie - Nozione - Fattispecie -
Relazione del medico dell'azienda sanitaria e dei sopraluoghi espletati. Per
molestia deve intendersi ogni fatto idoneo a recare fastidio, disagio o disturbo
ed in genere qualsiasi fatto idoneo a turbare il modo di vivere quotidiano. Il
superamento del limite della normale tollerabilità costituisce il parametro
principale ( ma non l'unico) per valutare l'idoneità dell'esalazione
maleodorante a recare offesa o molestia e ciò perché le emissioni maleodorante
sono vietate nei casi non consentiti dalla legge, la quale contiene una sorta di
presunzione di legittimità delle emissione dei fumi che non superino la soglia
fissata da leggi speciali. Nella fattispecie, anche se non è stata espletata
alcuna perizia tecnica (ma di ciò non si è doluto il ricorrente, il quale non ha
sollevato alcuna specifica doglianza in merito ad un eventuale mancato
superamento dei limiti di tollerabilità), si è comunque accertato per mezzo
della relazione del medico dell'azienda sanitaria e dei sopraluoghi espletati
dagli inquirenti, che si trattava di esalazioni non tollerabili tanto e vero che
creavano "una condizione di disagio che culminava nella non vivibilità
dell'ambiente". Pres. Papa - Est. Petti - Ric. Labanca. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE Sez. III, 21 dicembre 2006 (Ud. 21/11/2006), Sentenza n. 42087
Udienza pubblica del 21 novembre 2006
SENTENZA N. 1858
REG. GENERALE n. 6159/06
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
Dott. Enrico Papa Presidente
Dott. Ciro Petti Consigliere
Dott. Vincenzo Tardino Consigliere
Dott. Claudia Squassoni
Consigliere
Dott. Alfredo Maria Lombardi Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto dal difensore di Labanca Luigi, nato a Lauria il 20 giugno del 1952, avverso la sentenza del tribunale di Lagonegro del 27 settembre del 2005;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
sentito il sostituto procuratore generale dott. Vitto Dambrosio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata, osserva quanto segue
IN FATTO
Con sentenza del 27 settembre del 2005, il tribunale di Lagonegro condannava Labanca Luigi alla pena di € 40 di ammenda, quale responsabile, in concorso di circostanze attenuanti generiche, della contravvenzione di cui all'articolo 674 c.p. per avere, mediante emissioni maleodoranti provenienti dalla sua porcilaia, leso il benessere di Grisolia Anna e Balena Nicolina. Fatto commesso in Lauria fino al 17 agosto del 2002.
Secondo la ricostruzione fattuale emergente dalla sentenza impugnata, l'imputato era proprietario in Lauria di alcuni manufatti sicuramente destinati fino al mese di novembre del 2002 all'allevamento di suini e pollame ed ubicati ad una distanza di circa 10 - 20 metri dalle abitazioni di Grisolia Anna e Balena Nicolina. A seguito di una visita ispettiva, effettuata nell'ottobre 2001 da funzionari dall'azienda sanitaria, il prevenuto era stato invitato a regolarizzare la porcilaia che non era conforme alle disposizioni vigenti in materia.
Successivamente si costatava che, nonostante l'adeguamento, la azienda provocava ancora delle "esalazioni" maleodoranti che venivano avvertite chiaramente sia all'esterno che all'interno dell'abitazione della sig.ra Balena. Tanto premesso, il tribunale osservava che dalla relazione dell'ispettore dott. Schettino Biagio, dalle deposizioni dei verbalizzanti e delle parti lese era emerso che nonostante l'adeguamento e le cure apprestate dal prevenuto, dall'abitazione predetta si avvertivano ancora cattivi odori i quali provocavano nei confronti delle persone offese ivi residenti uno stato d'ansia accertato documentalmente; che l'avvenuto adeguamento della porcilaia alle prescrizioni vigenti non escludeva la sussistenza del reato proprio perché le emissioni maleodoranti non erano state eliminate.
Ricorre per Cassazione l'imputato denunciando la violazione dei criteri di valutazione della prova, per avere il tribunale prestato credito alle persone offese senza considerare le deposizioni testimoniale indicate dalla difesa, dalle quali emergeva la cura profusa dall'imputato nella gestione della porcilaia.
IN DIRITTO
Il ricorso, al limite dell'ammissibilità, è comunque infondato.
il ricorrente sotto l'apparente deduzione della violazione dei criteri di valutazione della prova in realtà censura l'apprezzamento delle risultanze processuali da parte del tribunale.
Invero, la decisione impugnata non presenta manifeste incoerenze. Anzitutto non è vero che il tribunale non abbia tenuto conto delle deposizioni dei testimoni indicati dalla difesa.
Anzi ha dato atto dell'impegno profuso dal prevenuto nella pulizia dei locali, ma sulla base di altre testimonianze anche diverse da quelle delle denuncianti, ha ritenuto che, nonostante l'impegno profuso, le emissioni maleodoranti non erano state eliminate e si percepivano dalle abitazioni delle persone offese, come costatato dell'ispettore Schettino e dal maresciallo Bellusci, e creavano una condizione di disagio che culminava nella non vivibilità dell'ambiente. Si trattava quindi di esalazioni non tollerabili, secondo gli accertamenti compiuti dal giudice del merito, che recavano offesa o molestia alle persone che abitavano nelle vicinanze... Sotto il profilo strettamente giuridico si osserva che secondo la giurisprudenza di questa corte, le esalazioni maleodoranti provenienti da stalle, allevamenti o luoghi simili configurano il reato di cui all'articolo 674 c.p. e non solo un illecito penale risarcibile ex articolo 844 c.c. allorché siano idonee a creare offesa al benessere dei vicini e grave pregiudizio per lo svolgimento della loro attività (Cass n. 678 del 1996 P.M. in proc. Viale; Cass n. 138 del 1995 Composto; 1293 del 1994 Sperotto).
Per molestia deve intendersi ogni fatto idoneo a recare fastidio, disagio o disturbo ed in genere qualsiasi fatto idoneo a turbare il modo di vivere quotidiano. Il superamento del limite della normale tollerabilità costituisce il parametro principale ( ma non l'unico) per valutare l'idoneità dell'esalazione maleodorante a recare offesa o molestia e ciò perché le emissioni maleodorante sono vietate nei casi non consentiti dalla legge, la quale contiene una sorta di presunzione di legittimità delle emissione dei fumi che non superino la soglia fissata da leggi speciali. Nella fattispecie, anche se non è stata espletata alcuna perizia tecnica ( ma di ciò non si è doluto il ricorrente, il quale non ha sollevato alcuna specifica doglianza in merito ad un eventuale mancato superamento dei limiti di tollerabilità), si è comunque accertato per mezzo della relazione del medico dell'azienda sanitaria e dei sopraluoghi espletati dagli inquirenti, che si trattava di esalazioni non tollerabili tanto e vero che creavano "una condizione di disagio che culminava nella non vivibilità dell'ambiente".
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'art. 616 c.p.p.
RIGETTA
il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 21 novembre del 2006.
L' estensore
Il presidente
Ciro Petti
Enrico Papa
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