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CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 11/01/2006 (Ud. 17/11/2005), Sentenza n. 563
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III,
11/01/2006 (Ud. 17/11/2005), Sentenza n. 563
(Presidente: Lupo E. Estensore: Franco A. Relatore: Franco A. Imputato: Martinico. P.M. Ciampoli L. (Conf.), (Dichiara inammissibile, App. Palermo, 4 Aprile 2005).
del 17/11/2005
SENTENZA N.2089
REGISTRO GENERALE
N. 28900/2005
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente -
Dott. PETTI Ciro - Consigliere -
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere -
Dott. GENTILE Mario - Consigliere -
Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MARTINICO Salvatore, nato a Trapani il 1 giugno 1961;
avverso la sentenza emessa il 4 aprile 2005 dalla Corte d'Appello di Palermo;
udita nella Pubblica udienza del 17 novembre 2005 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CIAMPOLI Luigi, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. CAUDULLO Raffaele, in sostituzione dell'avv. Carlo
Ventimiglia.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza in epigrafe la corte d'appello di Palermo confermò la sentenza
emessa il 6 dicembre 2002 dal giudice del tribunale di Palermo, sezione
distaccata di Carini, che aveva dichiarato Martinico Salvatore colpevole dei
reati di cui: a) L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, lett. c), per avere
realizzato, senza concessione edilizia, una costruzione nel piano attico di un
preesistente edificio consistente in un corpo di m. 4,10 x 2,10 in muratura e
copertura con pannelli isotermici, adibito a servizi igienici e un corpo di
circa mq. 42 a ridosso del precedente costituito da pannelli isotermici con
infissi sulle aperture e copertura con pannelli isotermici; b) L. 5 novembre
1971, n. 1086, art. 13; c) L. 5 novembre 1971, n. 1086, art. 14; f) del D.Lgs.
29 ottobre 1999, n. 490, art. 163, per avere eseguito le dette opere in zona
protetta ai sensi della L. n. 1497 del 1939 senza la previa autorizzazione delle
autorità competenti, e lo aveva condannato alla pena di mesi uno e giorni venti
di arresto ed Euro 12.300,00 di ammenda, con l'ordine di demolizione delle opere
abusive e l'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi e con la
sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione delle opere
abusive, mentre aveva dichiarato estinti per prescrizione i reati di cui
all'art. 674 cod. pen. ed alla L. 2 febbraio 1974, n. 64.
L'imputato propone ricorso per Cassazione deducendo inosservanza e violazione di
legge. Lamenta che il 22 marzo 2004 aveva presentato al comune domanda di
condono per le opere abusive in questione ed aveva versato la prima rata
relativa alla oblazione ed agli oneri accessori. Aveva quindi depositato la
relativa documentazione alla corte d'appello ed alla udienza dell'08/11/2004 il
difensore aveva chiesto di produrre anche copia dei versamenti della seconda
rata. La corte d'appello avrebbe quindi dovuto sospendere il processo in attesa
della definizione della pratica di condono.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è manifestamente infondato.
Alla udienza dell'8 novembre 2004, dopo diversi rinvii in applicazione delle
recenti norme sul condono edilizio, la corte d'appello dette espressamente atto
che non risultava presentata istanza di sanatoria edilizia e quindi rinviò il
processo alla udienza del 4 aprile 2005, nella quale pronunciò la decisione. È
peraltro anche vero che nel fascicolo della corte d'appello si trova
documentazione attestante l'avvenuta presentazione, in data 22 marzo 2004, di
domanda di condono edilizio con la ricevuta del versamento della prima rata
relativa alla oblazione ed agli oneri accessori.
Senonché, a parte il fatto che un eventuale errore del giudice di appello nel
non sospendere il processo in attesa della definizione della domanda di condono
edilizio non comporta nullità della sentenza ma solo il dovere di questa Corte
di disporre essa stessa la sospensione, va rilevato che nella specie non è
riscontrabile alcun errore della Corte d'Appello perché nessuna sospensione
doveva essere disposta e nessuna sospensione può essere disposta in questa sede
in quanto si tratta di opere non sanabili ai sensi del D.L. 30 settembre 2003,
n. 269, art. 32 convertito con modificazioni nella L. 24 novembre 2003, n. 326,
poiché abusivamente realizzate in zona sottoposta a vincolo ai sensi della L. n.
1497 del 1939, e ciò in forza del comma 27, lett. b), del citato art. 32,
secondo cui le opere abusive non sono comunque suscettibili di condono qualora
siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di
leggi statali e regionali a tutela dei beni ambientali e paesistici qualora
istituiti prima della esecuzione di dette opere. La giurisprudenza di questa
Corte, del resto, ha costantemente affermato il principio che la sospensione del
procedimento ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 38, in relazione
alla domanda di condono edilizio presentata dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269,
ex art. 32, convertito con modificazioni nella L. 24 novembre 2003, n. 326, non
può essere disposta nel caso in cui le opere abusive siano state realizzate su
immobili sottoposti a vincolo (Sez. 3^, 13 novembre 2003, Lasi, m. 227.217; Sez.
3^, 9 luglio 2004, Canu, m. 229.630; Sez. 4^, 12 gennaio 2005, Ricci, m.
231.315). Ed invero, la sospensione del procedimento penale in attesa della
definizione della domanda di sanatoria richiede in ogni caso la previa verifica
da parte del giudice della sussistenza dei requisiti astrattamente previsti
dalla legge per la applicabilità del condono edilizio (Sez. 3^, 25 marzo 2004,
Barreca, m. 229.652).
Nel caso di specie, inoltre, può per completezza rilevarsi che la domanda di
condono si riferisce espressamente ad una "lavanderia con annesso w.c. in
struttura precaria", mentre i giudici del merito hanno accertato che le opere
abusive riguardano un ampliamento dell'attico ed hanno una struttura stabile e
non precaria. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per
manifesta infondatezza dei motivi.
Trattandosi di opera non condonabile il procedimento non avrebbe dovuto essere
sospeso dalla corte d'appello ai sensi della L. 28 febbraio 1985 n. 47, art. 44.
La sospensione erroneamente disposta dal giudice di appello, quindi, deve essere
considerata come inesistente con le ovvie conseguenze in tema di computo dei
termini prescrizionali (Sez. 3^, 13 novembre 2003, Lasi, m. 227.217). Ne
consegue che nella specie non può tenersi conto delle sospensioni disposte dalla
Corte d'Appello dal 26/01/2004 al 04/04/2005. Tenuto quindi conto dei periodi di
sospensioni del corso della prescrizione verificatisi nel giudizio di primo
grado dal 27/05/2002 al 14/10/2002 a causa di rinvii delle udienze a richiesta
della difesa, la prescrizione si è maturata il 27/09/2004.
Tuttavia, l'inammissibilità del ricorso per Cassazione preclude ogni possibilità
sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell'art. 129 cod. proc.
pen., l'estinzione del reato per prescrizione, pur maturata in data anteriore
alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta ne' rilevata da quel
giudice (Sez. Un., 22 marzo 2005, Bracale, m. 231.164).
In applicazione dell'art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far
ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in
favore della Cassa delle Ammende di una somma, che, in considerazione delle
ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in
Euro 500,00.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 17
novembre 2005.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2006
1) Urbanistica e edilizia - Disciplina urbanistica - Condono edilizio - D.L. 269 del 2003 - Opere non condonabili - Sospensione del procedimento ex art. 44 L. n. 47 del 1985 - Non rilevanza ai fini della prescrizione. La sospensione del procedimento per reati edilizi prevista dall'art. 44 L. 28 febbraio 1985 n. 47, in relazione alla domanda di condono edilizio presentata ex art. 32 del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, convertito con L. 24 novembre 2003 n. 326, non può essere disposta in relazione ad opere non condonabili, con la conseguenza che l'eventuale periodo di sospensione deve essere considerato ai fini del computo dei termini di prescrizione del reato. Presidente: Lupo E. Estensore: Franco A. Relatore: Franco A. Imputato: Martinico. P.M. Ciampoli L. (Conf.), (Dichiara inammissibile, App. Palermo, 4 Aprile 2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 11/01/2006 (Ud. 17/11/2005), Sentenza n. 563
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