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CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/02/2006 (24/01/2006 Cc.), Sentenza n. 6446
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE
DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/02/2006 (24/01/2006 Cc.), Sentenza n. 6446
Pres. Postiglione A. - Est. Teresi A. - Rel.Teresi A. - Imp. Ornano ed altri. P.M. Siniscalchi A. (Conf.) (Rigetta, Trib. Sassari, 30 Maggio 2005).
del 24/01/2006
SENTENZA N. 118
REGISTRO GENERALE
N. 39020/2005
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente -
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere -
Dott. TERESI Alfredo - rel. Consigliere -
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere -
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. Beretta Bruno;
2. Lanzi Roberto;
3. Baldini Lucilio;
4. Saretta Giuseppe;
5. De Santis Mario;
6. Pellacini Giuseppe;
7. Costantini Annalisa;
8. Biasion Francesco;
9. Serena Graziella;
10. Restivo Luigi;
11. Pignatelli Adriano;
12. Ornano Giorgio;
13. Zaccone Mariarosa;
14. Manconi Giovanni Gavino;
15. Puggioni Mario;
indagati del reato di cui all'art. 349 cod. pen., avverso l'ordinanza del
Tribunale di Sassari in data 30.05.2005 che, in accoglimento dell'appello del
P.M. e in riforma dell'ordinanza di rigetto del GIP in data 28.08.2004, ha
ordinato il sequestro preventivo delle camere e delle unità abitative di
proprietà o nella disponibilità degli indagati e, comunque, di tutte quelle
nelle quali era stata accertata dalla P.G. la violazione dei sigilli, come da
annotazione dei CC di Alghero in data 18.08.2004;
Visti gli atti, l'ordinanza denunciata, i ricorsi e la memoria difensiva;
Sentita nella Camera di Consiglio la relazione del Consigliere Dott. Alfredo
Teresi;
Sentito il P.M. nella persona del P.G., Dott. Siniscalchi Antonio, il quale ha
chiesto il rigetto dei ricorsi;
Sentiti i difensori dei ricorrenti, avv. Martellato Luigino, Ghedini Nicolo e
Anedda Gianfranco, i quali hanno chiesto l'accoglimento dei ricorsi.
OSSERVA
Con ordinanza 30.05.2005 il Tribunale di Sassari, in accoglimento dell'appello
del P.M. e in riforma dell'ordinanza di rigetto del GIP in data 28.08.2004,
ordinava il sequestro preventivo delle camere e delle unità abitative di
proprietà o nella disponibilità degli indagati e, comunque, di tutte quelle
nelle quali era stata accertata dalla PG la violazione dei sigilli, come da
annotazione dei CC di Alghero in data 18.08.2004.
Rilevava il Tribunale quanto segue:
1. Il P.M. aveva chiesto al GIP il sequestro preventivo delle camere e delle
unità abitative situate nel complesso alberghiero Capo Caccia di Alghero
riconducibili agli indagati e, comunque, di quelle in cui era stata accertata la
violazione dei sigilli ad opera di ignoti.
2. Il fumus del delitto di violazione dei sigilli (commesso nelle date 14
luglio, 4, 8 e 10 agosto 2004) si basava sulla circostanza che gli indagati, con
reiterate condotte illecite, si erano introdotti nelle camere e nelle unità
abitative sulle quali erano stati apposti i sigilli in forza dell'ordinanza
sindacale n. 202/1997 del Comune di Alghero, in esito a giudicati amministrativi
e civili, per impedirne l'accesso ai proprietari.
3. Il GIP, con ordinanza 28.08.2004, aveva rigettato la richiesta per
l'insussistenza dell'elemento soggettivo del reato riportandosi, per il resto,
in foto alla motivazione dell'ordinanza (integralmente riportata nel
provvedimento impugnato) con cui il Tribunale del riesame, in data 18/05/2004,
aveva rigettato l'appello del P.M. avverso la mancata convalida del sequestro
preventivo di alcune unità immobiliari inserite nello stesso complesso
alberghiero in relazione alla stesso reato di violazione di simili ascritto al
solo Puggioni.
4. Nell'ordinanza "18.05.2004 il Tribunale aveva ritenuto:
- che la vigente ordinanza sindacale n. 202/1997, indirizzata a tutti i titolari
di diritti reali sul complesso Capo Caccia e, per quanto di competenza, a varie
autorità, era stata emessa sul presupposto che tale complesso edilizio, avente
un unitaria destinazione d'uso di tipo ricettivo-alberghiero, risultava di fatto
destinato in parte per talune unità abitative all'uopo attrezzate i ad uso
residenziale:
- che la natura unitaria del complesso, quanto alla finalità recettiva,
escludeva l'uso differente di talune unità;
- che l'uso abitativo dei vani destinati ad attività alberghiera si poneva in
contrasto anche con norme di pubblica sicurezza;
- che, pertanto, l'ordine era stato impartito non solo per l'uso difforme da
quello consentito, ma anche per la violazione di norme di pubblica sicurezza;
- che il provvedimento diffidava i destinatari all'esecuzione, ferma restando
l'esecuzione d'ufficio in caso d'inottemperanza e l'apposizione dei sigilli ai
siti interessati per garantire la conservazione e l'identità dei bene, quale
complesso edilizio finalizzato all'esclusivo utilizzo ricettivo-alberghiero e
non residenziale:
- che oggetto dei provvedimento era il complesso Capo Caccia e solo
indirettamente le singole unità abitative che lo componevano;
- che "si tratta, per l'autorità amministrativa, di un albergo e non di un
insieme di residenze private per vacanze: questa è l'identità della cosa che
l'atto amministrativo intende salvaguardare e conservare, se necessario mediante
la chiusura dei locali adibiti a destinazione incompatibile";
- che l'inadempimento dell'ordinanza, concluso il contenzioso amministrativo con
la conferma da parte del Consiglio di Stato dell'esclusiva destinazione
turistico-alberghiera del complesso, ne aveva comportato l'esecuzione d'ufficio
con l'affissione alle porte delle unità abitative di un cartello recante la
dicitura "Città d'Alghero (SS) Comando di Polizia Municipale... Complesso Capo
Caccia Unità abitativa"... Chiusa ai sensi dell'ordinanza sindacale n. 202 del
24 luglio 1997 sentenze Consiglio di Stato n. 1518, 1519 e 1527 depositate il 20
marzo 2000..";
- che tale atto costituiva in vero e proprio sigillo.
5. Essendo state dichiarate inammissibili, con ordinanza 3.11.2004, le
impugnazioni proposte dal P.M. e dal Puggioni, era intervenuto giudicato
cautelare, sicché l'unica questione che poteva essere presa in considerazione
era quella dedotta dal P.M. e relativa alla sussistenza del dolo alla luce dei
fatti sopravvenuti, non esaminati in precedenza.
6. La comunicazione agli interessati delle decisioni di rigetto delle istanze di
modifica della destinazione d'uso del complesso alberghiero; la negativa
pronuncia del TAR Sardegna in merito alla richiesta sospensiva; la permanenza
del vincolo ribadita dalla costante presenza dei cartelli recanti la dicitura
sopraindicata; il reiterato intervento delle forze dell'ordine a garanzia
dell'osservanza del divieto d'accesso alle unità sigillate sicuramente
escludevano la buona fede, sicché quando, nei mesi di luglio e d'agosto 2004,
gli indagati ed altre persone avevano fatto irruzione nelle camere sigillate
erano pienamente consapevoli di violare i sigilli.
7. Sussistevano i presupposti per l'applicazione del sequestro preventivo alla
stregua delle costatate condotte di violazione dei sigilli e della soluzione
delle questioni giuridiche con provvedimento cautelare sul quale si era formato
il giudicato con la specificazione che "si fa riferimento, tra l'altro, a tutte
le questioni relative alla natura e sussistenza del sequestro e dei sigilli".
8. Era irrilevante la presentazione di domande di condono edilizio perché gli
abusi, commessi in zona soggetta a vincolo paesaggistico, non erano sanabili.
9. Era, altresì, irrilevante che alcuni indagati non fossero stati notati al
momento dell'irruzione di persone nelle loro unità abitative perché il sequestro
può essere adottato, quando ne ricorrano i presupposti, anche nei confronti di
persone che non risultino indagate.
10. Era ravvisabile il concreto pericolo, per il ripetersi di condotte di
arbitrario accesso e di permanenza nei locali interdetti, che la libera
disponibilità delle cose potesse aggravare o protrarre le conseguenze del reato
o agevolare la commissione di altri reati. 11. Potevano concorrere autonomi
provvedimenti cautelari assolvendo quello amministrativo e quello giudiziario a
diverse funzioni. Proponevano ricorsi per Cassazione gli indagati denunciando:
Biasion Serena, Restivo, Pignatteli (avv. Martellato). - violazione dell'art.
322 bis c.p.p., quanto all'esistenza ed alla natura dei (pretesi) sigilli,
perché il Tribunale aveva affermato che l'appello del P.M. è motivato solo in
relazione all'elemento soggettivo del reato escluso dal GIP, mentre, in realtà,
il GIP aveva escluso anche l'elemento oggettivo, sicché l'appello doveva essere
dichiarato inammissibile;
- violazione dell'art. 321 c.p.p., art. 322 bis c.p.p., e art. 649 c.p.p., in
ordine all'omesso esame della questione relativa all'esistenza o meno dei
sigilli fondato sull'erronea asserzione che sul punto si sarebbe formato il
giudicato cautelare perché, nella specie, l'ordinanza del Tribunale 18.05.2004
era stata pronunciata solo nei confronti di Puggioni Mario e per fatti diversi
quanto meno perché occorsi in date diverse, sicché erano state violate le
disposizioni sui limiti del giudicato cautelare;
- violazione dell'art. 125 c.p.p. e art. 349 cod. pen. nell'ipotesi che la
trascrizione dell'ordinanza 18.05.2004 possa essere considerata come motivazione
sul merito delle questioni perché l'ordinanza sindacale n. 202/1997 era stata
adottata nell'esercizio di poteri e con finalità di pubblica sicurezza (onde
evitare pericolo per l'incolumità delle persone) e non al fine di conservare
l'identità e/o la consistenza della cosa, sicché l'ordinanza impugnata era
ugualmente illegittima;
- violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla qualificazione
dei cartelli affissi sulle porte degli appartamenti come sigilli penalmente
rilevanti per l'inesistenza dell'ordine di apposizione dei sigilli (l'ordinanza
era stata adottata per ragioni di pubblica sicurezza; aveva ristretti limiti
temporali; i cartelli erano stati apposti d'iniziativa dai vigili urbani);
- violazione di legge e dell'art. 125 c.p.p. perché il Tribunale non aveva
diffusamente esaminato "la sussistenza delle condotte mediante l'ingresso nei
locali interdetti", avendo il GIP escluso la sussistenza dell'elemento oggettivo
del reato;
- violazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 32, e dell'art. 125 c.p.p. perché la
ritenuta esclusione dei manufatti dalla normativa sul condono edilizio non era
supportata da elementi probatori relativi all'esistenza, natura e durata del
vincolo paesaggistico e alla tipologia dell'abuso;
- violazione di legge per assoluta mancanza di motivazione in ordine alla
ritenuta consapevolezza da parte degli autori della violazione dei sigilli di
agire contro legem poiché il dirigente l'ufficio comunale dell'edilizia privata
aveva emesso provvedimento di mutamento della destinazione d'uso; il
provvedimento del TAR di rigetto di sospensione degli effetti del provvedimento
di diniego al mutamento della destinazione d'uso non era definitivo; i cartelli
apposti sulle porte non erano stati rimossi neppure quando le unità interessate
erano state restituite all'uso ricettivo e turistico; le forze dell'ordine non
avevano impedito fisicamente l'accesso o la permanenza delle persone nei locali;
l'ordinanza 18.05.2004 riguardava esclusivamente il Puggioni;
- violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta
sussistenza delle esigenze cautelari perché i pretesi sigilli amministrativi
sarebbero troppo esili per trattenere gli indagati dal reiterare le condotte
criminose. I sigilli, infatti, non hanno, in sè, la funzione d'opporre un
impedimento fisico e materiale all'uso ed all'accesso del bene, ma solo di
rendere palese la volontà della PA o dell'AG di assicurarne la conservazione
dell'identità e la conseguente indisponibilità. Inoltre, avendo il Tribunale
ritenuto che i sigilli, applicati in forza di un provvedimento amministrativo,
abbiano totalmente privato gli indagati della disponibilità delle loro unità,
non residuano ulteriori esigenze cautelari cui il sequestro penale dovrebbe
sopperire;
- violazione di legge in ordine all'ipotizzabilità del reato nei confronti dei
ricorrenti Pignatelli e Restivo, i quali non erano presenti in loco al momento
dei fatti;
- violazione dell'art. 597 c.p.p. in ordine alla ritenuta sussistenza delle
esigenze cautelari anche per il pericolo della commissione di reati diversi
dalla violazione di sigilli per prevenire la reiterazione del quale il P.M.
aveva chiesto la misura cautelare de qua.
Beretta, Lanzi, Baldini, Saretta, De Santis, Pellacini, Costantini (avv. Anedda), Ornago, Zaccone, (avv. Ghedini).
violazione dell'art. 321 c.p.p. sia in ordine alla ritenuta, ma inesistente,
formazione del giudicato cautelare interno sulle questioni diverse da quella
della sussistenza dell'elemento psicologico del reato, sicché era stata omessa
ogni motivazione sulla sussistenza dei presupposti per l'applicazione della
misura cautelare, sia con riferimento alla natura del sequestro preventivo e
alla sussistenza del periculum in mora. Non erano state specificate le
modalità con cui potrebbero essere aggravate le conseguenze del reato di
violazione dei sigilli, che è ha carattere istantaneo; non era motivata la
concretezza del pericolo, ne' spiegato perché i cartelli siano qualificabili
come sigilli, tanto più che l'ordinanza sindacale aveva vietato l'uso
residenziale, ma non escluso l'accesso ai locali. Peraltro, la sottrazione ai
proprietari della disponibilità dei beni in forza del provvedimento
amministrativo, rendeva superflua la sovrapposizione della misura cautelare
penale. Manconi e Puggioni.
violazione di legge in ordine:
- all'imposizione del sequestro preventivo senza l'individuazione dei beni da
assoggettare al vincolo d'indisponibilità;
- alla sussistenza del giudicato cautelare interno, erroneamente ritenuta;
- all'inutile imposizione di un vincolo reale aggiuntivo a quello
amministrativo;
- al travisamento del contenuto di quest'ultimo, che aveva inibito, non già
l'ingresso, ma soltanto l'uso dei beni.
Chiedevano l'annullamento dell'ordinanza.
Con motivi aggiunti veniva eccepita l'inammissibilità dell'appello del P.M. il
quale aveva impugnato soltanto in punto di elemento psicologico del reato e
veniva dedotta l'insussistenza del periculum e del fumus perché il provvedimento
amministrativo, che non disponeva il sequestro delle unità immobiliari ne'
imponeva l'apposizione di sigilli, non era stato emesso al fine di assicurare la
conservazione e l'identità della cosa con riferimento a reati edilizi, mai
ipotizzati.
Il motivo relativo alla formazione del giudicato cautelare interno, proposto da
tutti i ricorrenti, è fondato nei limiti di cui si dirà.
Il Tribunale del riesame, nell'ordinanza 18.05.2004, ha rigettato l'appello del
P.M. avverso il provvedimento con cui il GIP aveva respinto la richiesta di
convalida del sequestro preventivo relativa all'indagato Puggioni motivando
positivamente sulla sussistenza dei presupposti per l'emissione della misura
cautelare (provvedimento amministrativo di sequestro; indicazione dei
destinatali e delle autorità competenti a garantirne l'osservanza;
determinazione delle finalità e dell'oggetto del sequestro; apposizione in
concreto dei sigilli).
Ha negato, però, la misura cautelare non ritenendo sussistente l'elemento
soggettivo del reato.
Essendo stati dichiarati inammissibili i gravami proposti avverso l'ordinanza,
il P.M. ha reiterato l'istanza di sequestro estendendola ad altri indagati per
fatti analoghi, ma successivi a quello che aveva riguardato il solo Puggioni,
che aveva agito per incarico dei proprietari, dando per scontato l'intangibilità
delle considerazioni svolte nell'ordinanza 18.05.2004 circa la sussistenza dei
requisiti e argomentando su fatti sopravvenuti indicativi del dolo.
Nell'ordinanza impugnata il Tribunale ha dato atto che il GIP, pur rigettando la
richiesta per difetto dell'elemento soggettivo esteso stavolta ad una pluralità
di persone e non al solo Puggioni, "ha fatto integrale riferimento all'ordinanza
18.05.2004 di questo Tribunale" e, trascrivendo nella sua interezza l'ordinanza
18.05.2004, ha ritenuto che sul contenuto della stessa "sia intervenuto
giudicato cautelare, atteso che la Suprema Corte ha dichiarato inammissibili le
impugnazioni proposte dal PM e da Puggioni Mario con ordinanza n. 27127/04 del
3.11.2004". Tanto premesso, va osservato Cassazione n. 4515/1998 RV. 210364
19/12/1997 - 13/02/1998 che può configurarsi giudicato cautelare tra più
provvedimenti soltanto quando ricorra assoluta coincidenza oggettiva e
soggettiva, non ravvisabile nella specie perché le considerazioni giuridiche
svolte nella prima ordinanza riguardavano ipotesi di reato ascritte al solo
indagato Puggioni, mentre il presente procedimento incidentale riguarda fatti
analoghi, ma successivi ed interessa numerosi altri indagati estranei al
precedente procedimento e, quindi, privati del diritto di difesa in quella sede.
Ne consegue che neanche astrattamente possa ipotizzarsi la formazione del
giudicato cautelare nel caso di argomentazioni giuridiche, relative
all'imponibilità di sequestro preventivo su immobili abusivamente utilizzati,
svolte in un giudizio relativo a fatti e soggetti diversi.
Ciò, però, non produce alcuna significativa incidenza in ordine all'assolvimento
dell'obbligo della motivazione perché il Tribunale ha trascritto integralmente,
per quel che interessa, le parti rilevanti dell'ordinanza 18.05.2004
specificando che "si fa riferimento, tra l'altro, a tutte le questioni relative
alla natura e sussistenza del sequestro e dei sigilli" e, quindi, facendo
proprie tutte le argomentazioni riportate sul punto e sanando, così, i
riferimenti impliciti fattine dal PM nei motivi d'appello. I requisiti per la
legittima adozione del sequestro preventivo sono esclusivamente la
corrispondenza tra fattispecie astratta e fattispecie reale, alla stregua di un
controllo sommario, e la concretezza ed attualità dell'esigenza di prevenzione.
Le misure cautelari reali, infatti, vanno disposte tutte le volte che un bene
sia suscettibile d'essere oggetto o strumento per aggravare e protrarre le
conseguenze del reato ipotizzato: la disponibilità delle cose sequestrate può
fare presumere che l'indagato possa proseguire nel reato o nei reati.
In tale ipotesi l'obbligo della motivazione è assolto quando il giudice accerti
che l'esigenza di prevenzione sia attuale e concreta. In ordine al fumus, i
ricorrenti hanno sollevato varie doglianze che investono:
- l'esistenza, la vigenza e/o la
portata del provvedimento amministrativo di sequestro;
- l'individuazione dei destinatali del provvedimento;
- la qualificazione quali sigilli dei cartelli apposti, asseritamente
d'iniziativa, sulle porte delle unità immobiliari dal Comando dei vigili urbani.
Le censure sono infondate.
L'ordinanza n. 202 emessa il 24.07.1997 dal sindaco di Alghero, sicuramente
vigente perché in data 28.08.1997 è stato revocato il provvedimento 31.07.1997
del presidente del Tribunale che ne aveva disposto la sospensione, partendo
dalla constatazione che il complesso edilizio Capo Caccia, avente un'unitaria
destinazione turistico-alberghiera, è di fatto parzialmente destinato ad uso
residenziale considera che, essendo state rigettate con sentenze definitive le
azioni giudiziarie intraprese dai titolari delle unità immobiliari residenziali,
sussiste "la necessità di disporre la chiusura delle attività condotte in
difetto di autorizzazione" sia perché occorre ripristinare la legittima
destinazione d'uso in tutto il complesso alberghiero (con la cessazione
dell'utilizzo di alcune parti come residenze private) e, quindi, per assicurare
il rispetto della normativa urbanistica sulla destinazione d'uso degli immobili,
sia per ragioni di sicurezza pubblica.
Il provvedimento, quindi, vieta l'utilizzo delle unità abitative prive delle
prescritte autorizzazioni per l'esercizio dell'attività recettiva e la
cessazione entro sei giorni dalla ricezione del provvedimento di ogni ospitalità
all'interno di dette unità;
diffida i destinatali all'esecuzione, "ferma restando l'esecuzione d'ufficio in
caso di non ottemperanza, oltre all'apposizione dei sigilli nelle camere e nelle
unità abitative interessare a spese dei responsabili", determina l'oggetto del
sequestro i locali interessati dalla modifica di destinazione d'uso ed indica il
bene che la PA intende salvaguardare e cioè l'integrità del complesso
alberghiero che non può subire menomazione in conseguenza delle violazioni
urbanistiche accertate.
Sussiste, quindi, un legittimo provvedimento amministrativo di sequestro su beni
determinati e diretto a soggetti sicuramente identificabili, poiché "non è
necessario che l'opposizione di sigilli trovi la sua fonte in una specifica
norma giuridica e si concreti in un provvedimento cautelare tipico, essendo
sufficiente che la autorità amministrativa agisca sulla base dei poteri
discrezionali che l'ordinamento le attribuisce (Cassazione Sezione 6^, n.
4637/1984, RV. 164276).
In forza di tale provvedimento, all'esito negativo delle azioni giudiziarie
intraprese dagli interessati, legittimamente sono stati apposti dal Comando di
Polizia municipale sulle porte delle stanze e delle varie unità destinate a
privata residenza i cartelli d'interdizione all'accesso con la locuzione
"chiusa" riferita alla porta dei locali, interdizione superabile solo per
comprovate ragioni contingenti con la richiesta di accesso controllato e
delimitato nel tempo.
Quindi l'apposizione di tali cartelli sigilli rispondeva alla finalità di
assicurare la conservazione dei beni.
I cartelli andavano qualificati come sigilli la cui la cui funzione strumentale
"è quella di identificare esattamente il bene e di intimare a chiunque di
astenersi da qualsiasi atto che possa, comunque, alterare l'indisponibilità
della cosa" (Cassazione Sezione 3^ n. 2508/2000; RV. 215529).
Per la configurabilità del reato di violazione di sigilli è sufficiente una
condotta che "costituisca disobbedienza al divieto che i sigilli visualizzano, e
quindi sia volta a frustrare rassicurazione a della cosa per la finalità di
pubblico interesse che ha determinato l'adozione del vincolo" (Cass. A - Sez.
3^, 4.12.1997, Petrone, RV 209823), a nulla rilevando la legittimità del
sequestro, mentre gli eventuali vizi devono essere fatti valere nei modi di
legge (Cass. Sez. 3^ n. 8354, 23.071994, Di Lorenzo; n. 3005, 16.11.1995,
Mauro).
Nel delitto de quo, infatti, "oggetto della tutela penale non è la cosa,
assicurata dai sigilli stessi, bensì il mezzo giuridico che ne garantisce
l'assoluta intangibilità.
Ciò perché la ratio della norma incriminatrice risiede nella necessità di
presidiare con una sanzione penale il mancato rispetto dello stato di custodia,
nel quale vengano a trovarsi determinate cose, mobili od immobili, per effetto
della manifestazione di volontà della pubblica amministrazione caratterizzata
dall'apposizione dei sigilli.
Quindi, la finalità di assicurare la conservazione della cosa, colla quale fa
riferimento l'art. 349 c.p.p., viene frustrata anche mediante il semplice uso di
essa, poiché il concetto di conservazione comprende non solo la categoria
dell'indisponibilità, ma anche quella dell'interdizione dell'uso" (Sez. 6^, RV.
194900, 1993).
Non può, quindi, essere censurata l'ordinanza impugnata che ha ritenuto, alla
stregua di dati obiettivi, che nel caso in esame sia astrattamente ipotizzabile
il reato di cui all'art. 349 c.p., che "si perfeziona con anabiosi condotta
idonea ad eludere l'obbligo di immodificabilità del bene, pur in assenza di
sigilli o segni esteriori dell'avvenuto sequestro, sempre che si tratti di
soggetto comunque edotto del vincolo posto sul bene" (Cassazione Sezione 3^ n
37570/2002; RV. 222557) essendo emerso che gli indagati, pur in presenza dei
sigilli apposti sulle porte dei locali e pur consapevoli di essere privi di
titolo autorizzativo, vi hanno fatto irruzione in più occasioni superando
l'opposizione del personale alberghiero. Per quanto esposto, sono erronei i
rilievi difensivi relativi alla insussistenza delle finalità conservative della
cosa chiaramente individuate nel provvedimento con specifico riferimento
all'integrità del complesso alberghiero lesa dalla modifica della destinazione
d'uso di alcuni locali; alla consapevolezza della sussistenza del vincolo posto
sui locali la cui conoscenza non poteva essere ignorata alla stregua
dell'ordinanza sindacale e del tenore dei cartelli affissi che vietavano anche
l'accesso. Anche la doglianza sollevata dai ricorrenti Pignatelli e Restivo è
infondata perché, in tema di sequestro preventivo, il mancato coinvolgimento del
proprietario del bene nel procedimento penale sottoposto a sequestro "è del
tutto irrilevante e improduttivo di conseguenze, poiché il sequestro preventivo
costituisce una misura cautelare reale destinata a colpire un bene, cosa
pertinente al reato oggetto di indagine, a chiunque esso appartenga ed
indipendentemente dalla avvenuta identificazione di tutti i responsabili del
reato" (Cassazione Sezione 3^, n. 4478/1998, RV. 210359), sicché la mancata
estensione dell'imputazione anche nei loro confronti non incide sulla
legittimità del provvedimento di sequestro.
Non può essere censurata la ritenuta sussistenza del periculum, basata
sul concreto pericolo della reiterazione del reato correttamente individuato nel
fatto che coloro proprietari o loro incaricati che sono entrati nei locali
mantengono ancora il possesso delle chiavi e nei reiterati e plateali tentativi
di accedere, isolatamente e in gruppo, nei locali stessi.
Ciò posto, è pertinente l'indicazione da parte del Tribunale dell'esigenza di
prevenire al commissione di reati diversi da quello per cui si procede pur senza
specifica doglianza del PM perché "in tema di misure cautelari reali, il
sequestro preventivo deve ritenersi consentito pur nell'ipotesi in cui il reato
si sia perfezionato, ma ciò solo qualora la libera disponibilità della cosa
possa agevolare la commissione di altri specifici reati, la cui consumazione
appaia come probabile e logica conseguenza dei fatti criminosi già verificatisi"
(Cassazione Sezione 3^, n. 336/1998; RV. 210331).
È pure infondata la doglianza relativa all'asserita disapplicazione della
normativa sul condono edilizio perché "la possibilità che le opere realizzate
abusivamente siano suscettibili di sanatoria ai sensi del condono edilizio (di
cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, convertito in L. 24 novembre
2003, n. 326) non impedisce da parte del giudice l'adozione di provvedimenti
urgenti quali il sequestro preventivo o probatorio, atteso che questi sono
finalizzati ad impedire che i reati siano portati ad ulteriori conseguenze o ad
assicurarne la prova" (Cassazione Sezione 3^, n. 32428/2004, RV 229390).
Non è censurabile la ritenuta compatibilità tra il sequestro amministrativo e
quello penale, peraltro disposti per finalità non totalmente coincidenti,
essendo ammissibile il sequestro preventivo di cosa già sequestrata "purché però
sussista un pericolo concreto ed attuale della cessazione del vincolo di
indisponibilità impresso da quest'ultimo, che renda reale e non solo presunta la
prospettiva dello riconduzione del bene nello sfera di chi potrebbe servirsene
in contrasto con le esigenze protette dall'art. 321 c.p.p.". (Cassazione Sezione
2^, n. 3537/1997; RV: 207786).
Nella specie, tale pericolo deve ritenersi sussistente perché il P.M. non è in
grado di conoscere e di controllare tempestivamente le vicende dei vincoli
civili o amministrativi che limitano la disponibilità sulla cosa (vedi
Cassazione Sezione 3^ n. 379/1998, Lusetti RV. 210499 e SU ASN 1995/00023 RV.
200114; SU 1994/00009 RV 199173).
Il rigetto dei ricorsi comporta l'onere delle spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle
spese del procedimento.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio in Roma il 24 gennaio 2006.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2006.
1) Urbanistica e edilizia - Violazione di sigilli - Configurabilità del reato - Apposizione di cartelli sul luogo con la indicazione del provvedimento di sequestro - Sufficienza - Fondamento - Art. 349 cod. pen.. Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 349 cod. pen., (violazione dei sigilli) vanno qualificati quali sigilli anche i cartelli apposti sul luogo con la indicazione del provvedimento di sequestro, atteso che ciò che rileva è la funzione strumentale di identificare esattamente il bene e la intimazione a chiunque di astenersi da qualsiasi atto che possa attentare alla indisponibilità della cosa.(Cass. Sez. 3^ n. 2508/2000; RV. 215529) Pres. Postiglione A. - Est. Teresi A. - Rel.Teresi A. - Imp. Ornano ed altri. P.M. Siniscalchi A. (Conf.) (Rigetta, Trib. Sassari, 30 Maggio 2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/02/2006 (24/01/2006 Cc.), Sentenza n. 6446
2) Urbanistica e edilizia - Condono edilizio - Opere abusive suscettibili a sanatoria - Potere del giudice adottare provvedimenti urgenti - Sussiste - Sequestro preventivo o probatorio. La possibilità che le opere realizzate abusivamente siano suscettibili di sanatoria ai sensi del condono edilizio (di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326) non impedisce da parte del giudice l'adozione di provvedimenti urgenti quali il sequestro preventivo o probatorio, atteso che questi sono finalizzati ad impedire che i reati siano portati ad ulteriori conseguenze o ad assicurarne la prova" (Cassazione Sezione 3^, n. 32428/2004, RV 229390). Pres. Postiglione A. - Est. Teresi A. - Rel.Teresi A. - Imp. Ornano ed altri. P.M. Siniscalchi A. (Conf.) (Rigetta, Trib. Sassari, 30 Maggio 2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/02/2006 (24/01/2006 Cc.), Sentenza n. 6446
3) Urbanistica e edilizia - Violazione di sigilli - Concetto di conservazione - Configurabilità del reato. Per la configurabilità del reato di violazione di sigilli è sufficiente una condotta che "costituisca disobbedienza al divieto che i sigilli visualizzano, e quindi sia volta a frustrare rassicurazione a della cosa per la finalità di pubblico interesse che ha determinato l'adozione del vincolo" (Cass. A - Sez. 3^, 4.12.1997, Petrone, RV 209823), a nulla rilevando la legittimità del sequestro, mentre gli eventuali vizi devono essere fatti valere nei modi di legge (Cass. Sez. 3^ n. 8354, 23.071994, Di Lorenzo; n. 3005, 16.11.1995, Mauro). Nel concetto di conservazione deve comprendersi non solo la categoria dell'indisponibilità, ma anche quella dell'interdizione dell'uso" (Sez. 6^, RV. 194900, 1993). Pres. Postiglione A. - Est. Teresi A. - Rel.Teresi A. - Imp. Ornano ed altri. P.M. Siniscalchi A. (Conf.) (Rigetta, Trib. Sassari, 30 Maggio 2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/02/2006 (24/01/2006 Cc.), Sentenza n. 6446
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