Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 129/2006
Reg. Dec..
N. 6391-6740
6776 Reg.Ric.
ANNO 2005
Disp.vo n. 500/2005
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sui ricorsi riuniti in appello nn. 6391/2005, 6740/2005, 6776/2005
proposti rispettivamente da:
1) quanto al ricorso n. 6391/2005, da AUTOSTRADA BRESCIA-VERONA-VICENZA-PADOVA
S.P.A in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli
Avv. Andrea Di Porto, Mario Bertolissi e Mario Sanino con domicilio eletto in
Roma via Guido D'Arezzo n. 2, presso lo studio del primo;
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA
TUTELA DEL TERRITORIO, MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI, MINISTERO
DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, MINISTERO DELLE COMUNICAZIONI - ISPETT.
TERRITORIALE VENETO, in persona dei rispettivi Ministri in carica, A.N.A.S.
S.P.A., AGENZIA DEL DEMANIO, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
p.t., tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato con
domicilio in Roma via dei Portoghesi n. 12;
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ITALIA NOSTRA ONLUS, in persona del suo legale
rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Carlo Malinconico con
domicilio eletto in Roma piazza dei Caprettari n.70;
WWF in persona del suo legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso
dall’Avv. Alessio Petretti con domicilio eletto in Roma via degli Scipioni n.
268/A;
THE LANDMARK TRUST, COMITATO INTERCOMUNALE CONTRO LA REALIZZAZIONE
DELL’AUTOSTRADA A-31 VALDASTICO SUD ONLUS, in persona dei rispettivi legali
rappresentanti p.t., DALL'ARMELLINA LUIGI, GAZZIERO ROBERTA, DALL'ARMELLINA
MAURO, RINDOLLI SERENO, ZARANTONELLO PAOLINO, ZARANTONELLO BEPPINO, GRAZIOTTO
FRANCO, GRAZIOTTO OTTORINO, GRAZIOTTO NELLO, ZANAICA FRANCESCA, MARUFFA ANGELO,
ASTORINO BIANCA PATRIZIA, TOFFANIN GIOVANNI, TOFFANIN MAURO, TOFFANIN ELSA,
TOFFANIN PATRIZIA, tutti rappresentati e difesi dagli Avv. Alessio Petretti e
Gianluigi Ceruti con domicilio eletto in Roma via degli Scipioni n. 268/A,
presso lo studio del primo;
REGIONE VENETO, PROVINCIA DI ROVIGO, COMUNE DI MASI, AUTORITA' DI BACINO DEL
FIUME ADIGE, CONSORZIO DI BONIFICA POLESINE-ADIGE - ANALBIANCO, SOCIETA’
ITALIANA PER IL GAS S.P.A., IES - ITALIANA ENERGIA E SERVIZI S.P.A., AATO -
AUTORITA' D'AMBITO TERRITORIALE OTTIMALE BACCHIGLIONE, CONSORZIO ATO E POLESINE,
POLIMERI EUROPA S.P.A., POLESINE ACQUE S.P.A., in persona dei rispettivi legali
rappresentanti p.t., FRANCHIN GIORGIO, LORENZI CLEMENTINA, tutti non costituiti;
PROVINCIA DI VERONA, in persona del Presidente p.t. della Giunta Provinciale,
PROVINCIA DI VICENZA, in persona del Presidente p.t., della Giunta Provinciale,
rappresentate e difese dagli Avv. Chiara Cacciavillani, Ivone Cacciavillani e
Luigi Manzi con domicilio eletto in Roma via Federico Confalonieri n. 5, presso
lo studio dell’ultimo;
PROVINCIA DI PADOVA, in persona del Presidente p.t. della Giunta Provinciale
rappresentata e difesa dall’Avv. Andrea Di Porto con domicilio eletto in Roma
via Guido D'arezzo n. 2;
Interventori ad Adiuvandum
COMUNE DI TORRI DI QUARTESOLO, COMUNE DI LONGARE, COMUNE DI MONTEGALDA,
COMUNE DI MONTEGALDELLA, COMUNE DI CASTEGNERO, COMUNE DI MOSSANO, COMUNE DI
NANTO, COMUNE DI BARBARANO VICENTINO, COMUNE DI ALBETTONE, COMUNE DI AGUGLIARO,
COMUNE DI NOVENTA VICENTINA, COMUNE DI POJANA MAGGIORE, COMUNE DI ROVEREDO DI
GUA', COMUNE DI OSPEDALETTO EUGANEO, COMUNE DI SALETTO, COMUNE DI SANTA
MARGHERITA D'ADIGE, COMUNE DI MAGLIADINO SAN FIDENZIO, COMUNE DI MEGLIADINO SAN
VITALE, COMUNE DI PIACENZA D'ADIGE, COMUNE DI BADIA POLESINE, COMUNE DI
LENDINARA, COMUNE DI CANDA, COMUNE DI ESTE, COMUNE DI MONTAGNANA, COMUNE DI
ALONTE, in persona dei rispettivi Sindaci p.t., tutti rappresentati e difesi
dagli Avv. Ivone Cacciavillani e Luigi Manzi con domicilio eletto in Roma via
Confalonieri n. 5, presso lo studio dell’ultimo;
C.C.I.A.A. VICENZA, CONFINDUSTRIA VENETO, ASS.NE IND.LI PROVINCIA DI VICENZA,
APINDUSTRIA VICENZA, UNINDUSTRIA PADOVA, ASSINDUSTRIA ROVIGO, CONFCOMMERCIO
VENETO, ASCOM DELLA PROVINCIA DI VICENZA, ASCOM DELLA PROVINCIA DI PADOVA, CNA-
ASS.NE PROV.LE DI PADOVA, ASS.NE ARTIGIANI PROVINCIA DI VICENZA, in persona dei
rispettivi rappresentanti legali p.t., tutti rappresentati e difesi dagli Avv.
Luigi Manzi e Vittorio Domenichelli con domicilio eletto in Roma via Federico
Confalonieri n. 5, presso lo studio del primo;
ASSOCIAZIONE REGIONALE COMUNI DEL VENETO (ANCIVENETO) in persona del suo legale
rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Dario Meneguzzo e
Francesco Braschi con domicilio eletto in Roma viale Parioli n. 180, presso lo
studio dell’ultimo;
2) quanto al ricorso n. 6740/2005, dall’AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI ROVIGO in
persona del suo legale rappresentante legale p.t., rappresentata e difesa dagli
Avv. Carla Bernecoli e Licia Paparella con domicilio eletto in Roma via Val Di
Non n. 18 presso, lo studio dell’avv. Gianfranco Massafra;
contro
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ITALIA NOSTRA O.N.LU.S. in persona del suo legale
rappresentante legale p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Carlo Malinconico
con domicilio eletto in Roma piazza dei Caprettari n.70;
WWF - ASS. ITALIANA PER IL WORLD WIDE FUND FOR NATURE ONLUS, in persona del suo
legale rappresentante legale p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Alessio
Petretti con domicilio eletto in Roma via degli Scipioni n. 268/A;
THE LANDMARK TRUST, COMITATO INTERCOMUNALE CONTRO LA REALIZZAZIONE
DELL’AUTOSTRADA VALDASTICO SUD ONLUS, in persona dei rispettivi rappresentanti
legali p.t., DALL'ARMELLINA LUIGI, GAZZIERO ROBERTA, DALL'ARMELLINA MAURO,
RINDOLLI SERENO, ZARANTONELLO PAOLINO, ZARANTONELLO BEPPINO, GRAZIOTTO FRANCO,
GRAZIOTTO OTTORINO, GRAZIOTTO NELLO, MARUFFA ANGELO, ASTORINO BIANCA PATRIZIA,
TOFFANIN GIOVANNI, TOFFANIN MAURO, TOFFANIN ELSA, TOFFANIN PATRIZIA tutti
rappresentati e difesi dagli Avv. Alessio Petretti e Gianluigi Ceruti con
domicilio eletto in Roma via degli Scipioni n. 268/A presso lo studio del primo;
SOC. AUT. BRESCIA-VERONA-VICENZA-PADOVA S.P.A., in persona del suo
rappresentante legale p.t., FRANCHIN GIORGIO, LORENZI CLEMENTINA, ZANAICA
FRANCESCA, tutti non costituiti;
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO
DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO, MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E
DEI TRASPORTI, in persona dei rispettivi Ministri p.t., rappresentati e difesi
dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi n.
12;
PROVINCIA DI VICENZA, in persona del Presidente p.t., della Giunta Provinciale,
PROVINCIA DI VERONA, in persona del Presidente p.t., della Giunta Provinciale,
entrambe rappresentate e difese dagli Avv. Chiara Cacciavillani, Ivone
Cacciavillani e Luigi Manzi con domicilio eletto in Roma via Federico
Confalonieri n. 5, presso lo studio dell’ultimo;
3) quanto al ricorso n. 6776/2005, dalla REGIONE VENETO in persona del
Presidente della Giunta Provinciale p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti
Alfredo Biagini, Angelo Clarizia e Romano Morra con domicilio eletto in Roma via
di Porta Castello n. 33, presso lo studio del primo;
contro
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ITALIA NOSTRA O.N.L.U.S. in persona del suo legale
rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Carlo Malinconico con
domicilio eletto in Roma piazza dei Caprettari n.70;
WWF-ASS.ITALIANA WORLD WIDE FUND FOR NATURE O.N.L.U.S. in persona del suo legale
rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Alessio Petretti con
domicilio eletto in Roma via degli Scipioni n. 268/A;
THE LANDMARK TRUST, COMITATO INTERCOMUNALE CONTRO LA REALIZZAZIONE
DELL’AUTOSTRADA A31 “VALDASTICO SUD”, in persona dei rispettivi legali
rappresentanti p.t., DALL'ARMELLINA LUIGI, GAZZIERO ROBERTA, DALL'ARMELLINA
MAURO, RINDOLLI SERENO, ZARANTONELLO PAOLINO, ZARANTONELLO BEPPINO, GRAZIOTTO
FRANCO, GRAZIOTTO OTTORINO, GRAZIOTTO NELLO, ZANAICA FRANCESCA, MARUFFA ANGELO,
ASTORINO BIANCA PATRIZIA, ZANAICA FRANCESCA, TOFFANIN GIOVANNI, TOFFANIN MAURO,
TOFFANIN ELSA, TOFFANIN PATRIZIA, tutti rappresentati e difesi dagli Avv.ti
Alessio Petretti e Gianluigi Ceruti con domicilio eletto in Roma via degli
Scipioni n. 268/A;
FRANCHIN GIORGIO, LORENZINI CLEMENTINA entrambi non costituiti;
CONSIGLIO DI MINISTRI, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO PER I
BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI, MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL
TERRITORIO, MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona dei
rispettivi Ministri in carica, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura
Generale dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti di
SOC. AUTOSTRADA BRESCIA-VERONA-VICENZA-PADOVA S.P.A., POLIMERI EUROPA S.P.A.,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., PROVINCIA DI VICENZA, in
persona del Presidente p.t. della Giunta Provinciale, tutte non costituite;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto- Venezia, Sez.
I n. 2234/2005;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti appellate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 14 Ottobre 2005, relatore il Consigliere Cons. Sabino
Luce ed uditi, altresì, gli avvocati Di Porto, Sanino, Bertolissi, Malinconico,
Petretti, Ceruti, Biagini, Clarizia, Morra, I. Cacciavillani, L. Manzi,
Domenichelli, e l’avv.to Sanino per delega dell’avv.to Braschi;
FATTO
1. Con sentenza n. 2234/05, del 12 maggio 2005, depositata il 30 maggio
successivo, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, dopo averli
riuniti, accoglieva alcuni ricorsi (nn. 2060/2003, 1821/2004, 1822/2004,
1823/2004, 2060/2004) proposti contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri,
il Consiglio dei Ministri, il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e nei confronti della società autostrada Brescia- Verona- Vicenza-
Padova s.p.a., il Ministero dei beni e delle attività culturali, la regione
Veneto, l’Anas, le province di Verona, Padova e Rovigo, i comuni Torri di
Quartesolo, Longare, Montegalda, Montegaldella, Castene, Nanto, Barbarano
vicentino, Alettone, Agugliaro, Noventa vicentina, Poiana maggiore, Rovereto di
Guà, Ospedaletto euganeo, Saletto, Santa Margherita d’Adige, Megliadino San
Fidenzio, Magliadino San Vitale, Piacenza d’Adige, Badia Polesine, Lendinara,
Canda e Masi, dell’Autorità di bacino del fiume Adige, del Consorzio di bonifica
Polesine- Adige- Canalbianco, dell’Agenzia del demanio, dell’AATO- Autorità
d’ambito territoriale Bacchiglione, del consorziato A.T.O. Polesine acque, della
società italiana per il gas e dell’I.E.S.-italiana energia servizi s.p.a., la
provincia di Vicenza e Polimeri Europa s.p.a.
2. I ricorsi erano stati proposti avverso:
- il decreto del presidente del Consiglio dei ministri in data 16 maggio 2003,
pubblicato in gazzetta ufficiale della Repubblica, n. 129, del 6 giugno 2003,
con il quale era stata resa pronuncia di compatibilità ambientale con
prescrizioni e raccomandazioni sulla proposta v.i.a. per il completamento (rectius)
prolungamento verso sud dell’autostrada A-31 Valdastico, presentata il 3 luglio
2002 dalla società per l’autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova s.p.a. e si
era disposto che poteva essere autorizzata dal Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti la realizzazione del progetto del tratto autostradale, con tutti
gli atti presupposti, inerenti, collegati fra cui: la relazione in data 16
dicembre 2002 del gruppo istruttore della commissione per la valutazione
dell’impatto ambientale operante presso il Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e istituita ai sensi dell’art. 18, comma quinto, della
legge n. 67/1988, il parere della commissione v.i.a. della regione Veneto n. 43,
in data 25 novembre 2002, fatto proprio dalla Giunta regionale con D.G.R. n.
37/48 del 20 dicembre 2002, il parere n. 504 espresso in data 19 dicembre 2002
dalla commissione via statale, le delibere del Consiglio dei ministri assunte
nelle riunioni del 20 dicembre 2002 e del 18 aprile 2003;
- il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti- Dipartimento
dello sviluppo del territorio, per le politiche del personale e per gli affari
generali, direzione generale per le trasformazioni industriali prot. n. 277, in
data 5 aprile 2004 ed a firma del direttore generale (pubblicato sul foglio
delle iscrizioni della Gazzetta ufficiale del 22 aprile 2004) recante
autorizzazione “ai sensi e per gli effetti della raggiunta intersa Stato-
Regione” ex articolo 81 del D.P.R. n. 616/1977, della realizzazione del progetto
dell’autostrada A31 Valdastico- completamento a sud;
- il verbale degli atti di assenso espressi e delle determinazioni assunte dalla
Conferenza di servizi del 20 novembre 2003 indetta dal Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti avente per oggetto l’accertamento di conformità
del progetto de quo ai sensi del D.P.R. n. 383/1994;
- il parere espresso dalla Commissione tecnica regionale- sezione urbanistica
per il Veneto n. 292 in data 29 ottobre 2003 e del decreto del presidente della
Giunta regionale del Veneto D.P.G. R. prot. n. 5935/4701 in data 19 novembre
2003 con cui ha fatto proprio il parere della Commissione predetta con cui è
stato espresso parere favorevole ai sensi dell’articolo 151 del decreto
legislativo n. 490/1999;
- ogni altro atto presupposto, collegato, inerente, conseguente, correlato e
derivato anche se non nominato, anche relativo alla procedura di espropriazione
e di occupazione di urgenza, in particolare- per quanto concerneva i ricorsi
proposti da Baruffa Angelo e Toffanin Giovanni e litisconsorzi-tutti gli atti
costituenti oggetto di impugnazione con i ricorsi n. 2060/2003 e 2065/2003.
3. Contro l’indicata sentenza la regione Veneto, l’amministrazione provinciale
di Rovigo e la società autostrada Brescia- Verona-Vicenza-Padova s.p.a.
proponevano appello al Consiglio di Stato, chiedendo la riforma dell’impugnata
decisione con il rigetto dei ricorsi proposti in primo grado; nel relativo
giudizio proponevano ricorso incidentale le rubricate amministrazioni, ed il
giudizio, nella resistenza delle rubricate parti appellate costituite, che
riproponevano i motivi di gravame non esaminati in primo grado perché ritenuti
assorbiti, era chiamato per l’udienza odierna al cui esito era trattenuto in
decisone dal collegio.
DIRITTO
I ricorsi, in quanto proposti avverso la stessa sentenza, vanno riuniti e
congiuntamente esaminati.
4. La causa all’esame del collegio attiene alla legittimità degli atti di
approvazione del progetto per l’esecuzione di un tratto dell’autostrada A31-
Valdastico, di collegamento del Polesine con il Trentino. Come già rilevato
nelle premesse di fatto, i ricorsi di primo grado sono stati proposti avverso
gli atti ed i provvedimenti conclusivi del procedimento di verifica della
compatibilità ambientale ed urbanistica del progettato intervento.
5. La realizzazione dell’autostrada A31-Valdastico era stata prevista, sin dal
30 settembre 1970, da una convenzione con la quale l’Anas ne aveva concessa
l’esecuzione e la successiva gestione alla società Autostrada Trento-
Valdastico-Vicenza- Riviera Berica- Rovigo. Costruito, tuttavia, un primo tratto
di 36,4 chilometri, tra Torri di Quartesolo e Pioverne Rocchette, l’opera era
stata sospesa; dopo di che la società concessionaria, non più in condizioni di
eseguire l’intervento, si fondeva per incorporazione nella società Bs-Vr-Vi-Pd-
s.p.a. Il progetto era ripreso nel 2001, con la previsione della realizzazione
di un nuovo tratto verso sud fino all’immissione sulla ss Transpolesana per un
totale di 53,9 km. Tutte le amministrazioni locali interessate dal tracciato
autostradale (regione, province e comuni) erano favorevoli all’esecuzione
dell’opera ed era raggiunto, il 26 maggio 1997, un accordo di programma per
l’adattamento del tratto viario alle prospettate esigenze delle autonomie
locali. A seguito, tuttavia, di parere contrario del ministero per i beni e le
attività culturali ed un parere negativo del gruppo istruttore della commissione
v.i.a. presso il ministero delle infrastrutture, il progetto era ritirato.
Successivamente, era presentata una nuova proposta di compatibilità d’impatto
ambientale su cui la Commissione statale si esprimeva favorevolmente nella
seduta del 19 dicembre 2002, sia pure nel rinnovato manifestato dissenso del
ministero dei beni culturali e delle competenti soprintendenze. Seguivano nuove
deliberazioni del Consiglio dei ministri ed infine il d.p.c.m. 16 maggio 2002 di
attestazione della compatibilità ambientale dell’opera per la cui esecuzione si
esprimeva favorevolmente anche la Commissione v.i.a. regionale. Con decreto del
5 aprile 2004 n. 277, infine, il ministero delle infrastrutture autorizzava la
realizzazione del progetto
6. Come anche già rilevato nelle premesse di fatto, i ricorsi di primo grado
sono stati proposti da Italia nostra, dal WWF, dalla Fondazione di diritto
inglese The Landmark trust e dal Comitato intercomunale contro la realizzazione
dell’autostrada; e nei confronti dei ricorrenti è stata eccepita la mancanza di
legittimazione a ricorrere per non essere gli stessi titolari di alcun interesse
giuridicamente tutelabile. Il Tribunale amministrativo regionale, con
l’impugnata sentenza, ha, tuttavia, respinto l’eccezione in considerazione dei
profili di carattere ambientale ravvisabili nei motivi di ricorso ritenuti
fondati, della personalità dell’interesse dedotto dalla fondazione di diritto
inglese e dal Comitato di cittadini ricorrente.
7. L’eccepito difetto di legittimazione è ripreso nell’atto di appello dalla
regione Veneto, dall’Amministrazione provinciale di Rovigo e dalla società
Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova. L’eccezione è stata, invece,
rinunziata dall’Avvocatura generale dello Stato nel ricorso incidentale con
riferimento alle censure proposte da Italia nostra. Secondo l’Avvocatura, i
motivi di ricorso accolti dal Tribunale amministrativo regionale erano attinenti
alla tutela dell’ambiente; dal che la legittimazione a dedurli da parte di
Italia nostra in quanto associazione ambientalista. Diversa, invece- secondo
l’Avvocatura generale dello Stato- era la posizione soggettiva del Comitato
intercomunale indicato. Lo stesso non era un comitato tra comuni bensì un
comitato tra privati proprietari, privo di riconoscimento giuridico, che
intendeva opporsi alla realizzazione dell’opera pubblica. Quanto, poi, alla
fondazione di diritto inglese l’asserito interesse personale che- secondo il
Tribunale amministrativo regionale- ne legittimava il ricorso, era inesistente
dato che la villa di cui la fondazione era proprietaria, e per la cui tutela
l’ente si era attivato al giudizio, distava 500 mt. dall’autostrada e non ne
risultava danneggiata.
8. La dedotta eccezione d’inammissibilità dei ricorsi di primo grado - ad avviso
del collegio- è infondata, non soltanto con riferimento all’interesse fatto
valere dall’associazione Italia nostra, per il quale valgono i rilievi
dell’Avvocatura generale dello Stato, ma anche con riferimento all’interesse
fatto valere dal Comitato intercomunale contro la realizzazione dell’autostrada
e dalla fondazione di diritto inglese Land mark trust, trattandosi- come
correttamente ritenuto dal Tribunale amministrativo regionale- di interesse
patrimoniale personale, risultando i soggetti indicati proprietari di fondi che,
direttamente o indirettamente, risentono degli effetti economici conseguenti
alla realizzazione dell’opera.
9. I provvedimenti impugnati in primo grado al Tribunale amministrativo
regionale (decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 16 marzo 2003 e
decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 5 aprile 2004) e
dallo stesso annullati, unitamente agli atti prodromici e strumentali
analiticamente in precedenza elencati, correttamente, sono stati qualificati dai
giudici di prima istanza come atti di alta amministrazione. Si era trattato,
infatti, di provvedimenti con i quali le massime autorità dello Stato avevano
provveduto (tra l’altro, nella collegialità del Governo) a rendere
amministrativamente operativa la volontà politica di realizzare il programmato
intervento autostradale. La natura indicata di alta amministrazione dei
provvedimenti impugnati- trattandosi pur sempre di atti amministrativi, sia pure
altamente discrezionali- non ne escludeva, inoltre- come pure correttamente
ritenuto dai giudici di prima istanza- la sindacabilità in sede giurisdizionale
con riferimento ad eventuali vizi di legittimità per eccesso di potere. Nello
scrutinio della verifica di legittimità degli atti medesimi, occorreva,
tuttavia, tenere presente che l’esercizio del potere discrezionale, impinguendo
nel merito dell’azione amministrativa, soggiace al sindacato del giudice solo
ove sia affetto ictu oculi dal vizio di eccesso di potere nelle particolari
figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento, illogicità,
contraddittorietà, dell’ingiustizia manifesta, dell’arbitrarietà, ovvero
dell’irragionevolezza della scelta adottata.
Si trattava, inoltre, di provvedimenti assunti in esito a complessi ed
articolati procedimenti ampiamente partecipati, nel corso dei quali erano state
acquisite, discusse e definite tutte le valutazioni connesse alla realizzazione
dell’opera pubblica e conciliati tutti i dissensi manifestati al riguardo. In
tale prospettiva- ad avviso del collegio- l’indagine di verifica della
legittimità, che era devoluta al Tribunale amministrativo regionale, implicava
l’ulteriore necessità che dei singoli atti della serie procedimentale censurati
dai ricorrenti dovesse operarsi una valutazione non limitata al solo
accertamento dell’eventuale loro specifica contrarietà alla legge, ma che
giustificasse anche un’eventuale ricaduta della ritenuta illegittimità
sull’intero procedimento, in modo da invalidare anche la scelta finale
dell’organo decidente che era- ripetesi- di alta amministrazione.
10. Occorreva, poi, tenere presente che l’impatto del progettato intervento sul
territorio, anche se dannoso ed invasivo, non poteva essere, per ciò solo,
ritenuto preclusivo alla realizzazione dell’opera pubblica.
Come questa sezione ha già avuto modo di sottolineare in altra occasione, il
concetto di valutazione d’impatto ambientale implica necessariamente che le
opere da valutare abbiano un’incidenza negativa sugli elementi naturalistici del
territorio, modificandolo in misura più o meno invasiva e penetrante. Di modo
che il procedimento medesimo tende a stabilire se le alterazioni conseguenti
alla sua realizzazione possano ritenersi accettabili alla stregua di un giudizio
comparativo che tenga conto, da un lato, della necessità di salvaguardare
preminenti valori ambientali, dall’altro, dell’interesse pubblico all’esecuzione
dell’opera (Cons. St. Sez. VI, 5 gennaio 2004, n. 1). Il procedimento di
valutazione d’impatto ambientale, inoltre, anche se finalizzato a migliorare la
trasparenza della decisione finale, consentendo di acquisire gli elementi
necessari ad un corretto bilanciamento tra danni e benefici derivanti
dall’esecuzione dell’opera pubblica, costituisce, tuttavia, mero strumento di
supporto tecnico alla decisione finale, la quale, nel caso in esame, essendo
stata assunta dalla collegialità del Governo, oltre ad essere di tipo
tecnico-discrezionale, riguardando l’attuazione del programma del Governo,
implicava marcati profili di valutazione politica che ne restringevano
ulteriormente la sindacabilità del giudica amministrativo.
11. Nella valutazione della giustificazione degli atti impugnati, i giudici di
primo grado dovevano, infine, tenere presente che l’adeguatezza della
motivazione, occorrente anche per i provvedimenti discrezionali, non andava
valutata in astratto, ma con diretto ed immediato riferimento alla natura
dell’atto ed alla corrispondenza fra la determinazione adottata e le
acquisizioni istruttorie compiute. Occorreva considerare, quindi, che era anche
consentita una motivazione per relationem, in cui le ragioni della scelta
operata potevano ricavarsi dagli atti della serie procedimentale che avevano
preceduto il provvedimento finale e che erano stati dallo stesso richiamati. In
ogni caso, stante la natura discrezionale degli atti impugnati, non era
richiesta una motivazione che convincesse dell’opportunità della scelta operata.
In considerazione dei limiti imposti al sindacato di legittimità del giudice
amministrativo, era sufficiente una motivazione da cui risultasse un’adeguata
completezza del procedimento, la non illogicità, arbitrarietà, contraddittorietà
o iniquità della soluzione prescelta; senza pretendere che l’amministrazione
desse contezza delle ragioni che, nel suo apprezzamento di merito, l’avevano
indotta a preferire l’una o l’altra delle diverse ed opposte soluzioni valutate
e nelle competenti sedi confrontate.
12. Agli indicati criteri d’interpretazione degli atti di causa- ad avviso del
collegio- non si è attenuto il Tribunale amministrativo regionale, la cui
decisione appare, anzi, scaturita da una aprioristica opzione (di merito) di
dichiarata contrarietà all’esecuzione dell’opera pubblica.
Come si legge nell’impugnata sentenza, il Tribunale amministrativo regionale,
prima di passare all’esame dei motivi dei proposti ricorsi, ha ritenuto,
preliminarmente, di dover prendere atto della notevole delicatezza dei temi
sottoposti al (suo) giudizio, rilevante (essa delicatezza) addirittura sotto il
profilo politico-costituzionale. Erano in gioco interessi forti (per quanto su
versanti diversi e contrapposti) e pressocché naturaliter in antitesi tra loro.
Si contrapponevano (così continua la sentenza impugnata), da un lato la
protezione dell’ambiente e del territorio nel suo assieme, dall’altro un
presunto interesse connesso allo sviluppo economico, che passa(va) attraverso il
miglioramento della viabilità e del traffico, condicio sine qua non..( come
sembra(va) dirsi specialmente da parte della regione) perché po(tesse)
mantenersi ed espandersi l’economia tipica del modello Veneto.
13. Fatta, tuttavia, tale, distaccata ed apparentemente neutrale, premessa, i
giudici di primo grado- nel disattendere la tesi prospettata dalle
amministrazioni resistenti e relativa ad un’asserita insindacabilità (perché
politica o di alta amministrazione) dell’avvenuta soluzione del conflitto- hanno
ritenuto, invece, di dovere aprioristicamente manifestare la loro adesione alla
soluzione implicante la necessità della tutela dell’ambiente, col sacrificio del
(qualificato) presunto interesse connesso allo sviluppo economico. Nella
sentenza risulta testualmente sottolineato che, proprio valutando tale tipo di
approccio, gli organi competenti- posti di fronte ad una forma di opposizione
che sal(iva) in buona misura, come sul dirsi dal basso, nel caso espressa
specialmente dal comitato intercomunale, che in passato era riuscita, a quanto
pare, a bloccare il completamento dell’autostrada A31 da Trento a Rovigo- al
cospetto di variegato tipo di opposizione che si (era) manifestato.. con i
ricorsi (al suo) esame, avrebbero dovuto quanto meno porsi il dubbio di fondo
circa l’opportunità di realizzare il completamento verso sud della A31 (la
cosiddetta opzione zero), considerando che anche verso nord pare(va) che detto
completamento non (fosse) possibile per l’opposizione, si dice delle
popolazioni, e finanche delle amministrazioni locali interessate. Se così
stavano le cose- continua ancora il Tribunale amministrativo regionale- si
tratta(va)..di una questione di democrazia sostanziale, al di là degli interessi
fatti valere da chi si oppone(va) all’opera sotto il profilo della legittimità
degli atti impugnati. D’altronde- sempre secondo i giudici di primo grado-
l’assunto che dovesse prevalere la volontà ultima, favorevole alla realizzazione
dell’autostrada, dell’organo di vertice chiamato a comporre gli opposti
interessi, non pareva nel caso di specie confortato da considerazioni in ordine
alla indispensabilità o utilità dell’opera (come poteva sostenersi in altri casi
venuti a giudizio di (esso) Tribunale amministrativo, dove si rappresentava la
necessità di realizzazione, ad es. del passante di Mestre notoriamente invocato
per decongestionare il traffico che ha raggiunto livelli insostenibili sulla
relativa tangenziale). Nel caso in esame, invece- si legge sempre nell’impugnata
sentenza- non si evincevano- né dagli scritti difensivi, né dagli atti- dati e
considerazioni circa l’urgente necessità di realizzare il collegamento in
questione. Di modo che era sembrato ad esso collegio che (sia pure), sempre ad
una valutazione di massima e in certo senso esterna alla verifica di legittimità
degli atti impugnati sotto il profilo della corretta applicazione della
normativa concernente la via, che si impon(esse) una riconsiderazione della
scelta di realizzare il tronco autostradale in questione, nel contesto di una
politica del territorio finora mancata, e in una valutazione critica di un
modello economico di cui oggi emergono connotazioni negative (legate
essenzialmente allo spreco della risorsa-territorio), alla luce-oltre che della
fondatezza di talune delle censure, su cui infra- della rinnovata opposizione,
di varia provenienza, alla costruzione del medesimo.
14. Le riportate considerazioni del Tribunale amministrativo regionale, in
aggiunta all’evidente pretestuosità di alcune delle ragioni sulle quali è stato
basato l’accoglimento dei proposti (in primo grado) ricorsi, inducono a ritenere
fondata- ad avviso del collegio- la censura dedotta dalle parti appellanti di
sconfinamento da parte dei giudici di prima istanza dai limiti del sindacato a
loro consentito, avendo gli stessi inteso censurare, non già la conformità alla
legge delle adottate determinazioni di alta amministrazione, ma il merito
amministrativo delle stesse, quasi, poi, rivendicando il ruolo di tutore
oggettivo del merito amministrativo cui competeva stabilire quali delle opere
programmate dal Governo potessero (per la loro ritenuta indispensabilità o
utilità) essere realizzate e quali, invece, non dovessero essere eseguite,
perché prive di detti requisiti.
15. Delle censure proposte in primo grado, infatti, con riferimento al ricorso
n. 2060/2003, il Tribunale amministrativo regionale ha accolto quelle di:
eccesso di potere per difetto di motivazione e violazione dell’art. 3.1 della
legge n. 241/1990 (terzo motivo);
violazione di legge per falsa o errata applicazione della legge, violazione
dell’art. 3 della direttiva europea del Consiglio del 27 luglio 1985, modificata
dall’art. 1, punto 5, della direttiva europea 97/11/CE del 3 marzo 1997 e
violazione dell’art. 2, primo comma, lettera b) del d.P.R. 12 aprile 1996
(quinto motivo);
violazione dell’art. 2, primo comma lettera e) del d.P.C.M. 10 agosto 1988, n.
377, nonché dell’art. 7 della legge n. 241/1990, violazione della circolare del
ministero dell’ambiente 7 ottobre 1996, n. 15208,violazione dell’art. 7, secondo
comma, del d.P.C.M. 27 dicembre 1988,oltre ad eccesso di potere per difetto di
istruttoria e di motivazione e per travisamento dei fatti (nono motivo);
violazione dell’art. 7, secondo comma, del d.P.C.M. 27 dicembre 1988 che
regolamenta la pronuncia di compatibilità ambientale di cui all’art. 6 della
legge 8 luglio 1986, n. 349 (sedicesimo motivo).
16. In particolare, secondo i giudici di prima istanza- pur nel contesto di
questioni opinabili e di non univoca valutazione e, insomma di incerta
soluzione, le indicate censure apparivano sicuramente fondate, innanzitutto, per
una carenza di motivazione in ordine alla decisione di completamento del tratto
autostradale. Il ministro dei beni culturali e ambientali- così recita la
sentenza impugnata- aveva, nel corso della seduta del Consiglio dei ministri del
20 ottobre 2002, dapprima riferito “dei motivi che (erano) alla base di tante
opposizioni, che alimentavano proteste e che giustificavano le perplessità degli
uffici del proprio ministero”, esprimendo parere largamente critico motivandolo
sull’impatto paesaggistico e ambientale del nuovo tracciato autostradale, di
poi, dichiarando di rimettersi alla valutazione collegiale del Consiglio alla
luce della necessità di comporre le varie e contrastanti esigenze e comunque di
astenersi dal voto. Subito dopo, nel verbale si dice(va): il Consiglio, preso
atto delle dichiarazioni rese dai Ministri Matteoli e Urbani, delibera che debba
avere corso il completamento del tratto autostradale A31. Secondo i giudici di
prima istanza, dalle descritte operazioni e dichiarazioni di volontà, stante il
tenore delle osservazioni critiche, occorre(va) un minimum di motivazione
diretta a superare le stesse, tanto più necessaria poiché ivi si faceva
riferimento a quelle opposizioni di base cui si (era) accennato poco addietro.
Invece- il che giustificava la censura- come si evince(va) dal testo del
verbale, … nemmeno si (era) tentato di abbozzare una qualche giustificazione del
perché la determinazione finale (fosse) stata di segno positivo.
Non bastava, quindi- secondo il Tribunale amministrativo regionale, che
estendeva, in tal modo, il sindacato al merito amministrativo- che, nella
riunione del Consiglio dei ministri, alla fine della discussione, il Ministro
dell’ambiente (che era il rappresentante istituzionale degli interessi
ambientali e paesaggistici coinvolti dal procedimento) avesse riconosciuto che
gli stessi potevano, nel concreto, recedere a fronte di quelli (di tipo
economico) espressi dalla maggioranza del Consiglio, alla cui volontà
dichiarava, quindi, di rimettersi, né era sufficiente l’esplicito richiamo al
parere della commissione via n. 504, del 19 dicembre 2003, che le contrapposte
soluzioni aveva comparativamente confrontato, analizzato e valutato e che pure
era stato favorevole alla realizzazione del tratto autostradale. Era sottaciuta,
inoltre, la circostanza che tutte le istituzioni rappresentative delle
amministrazioni locali si erano espresse favorevolmente all’esecuzione
dell’opera (sia pure con qualche riserva per i soli comuni di Montegaldella e
Logare); e che il dissenso proveniva, oltre che da alcune associazioni
ambientalisti, da privati proprietari che ritenevano lesi i propri interessi
economici. Trattandosi di scegliere tra due orientamenti contrapposti
(espressivi d’interessi orientati, l’uno alla realizzazione dell’opera, l’altro
di senso contrario, per la sua inopportunità e invasività del contesto
ambientale in cui l’opera andava ad inserirsi)- a giudizio del Tribunale
amministrativo regionale- non era sufficiente la mera affermazione della
ritenuta prevalenza dell’uno sull’altro, occorrendo, altresì, ulteriormente
giustificare il perché della prevalenza dell’opzione preferita. In definitiva,
occorreva- secondo i giudici di primo grado- che il Consiglio dei Ministri,
nonostante la rappresentata unanime volontà di realizzare il tronco
autostradale, desse anche conto delle specifiche ragioni di merito che rendevano
opportuna tale scelta (ad es. con considerazioni o dati sulla viabilità e sui
volumi di traffico, sulla situazione stradale esistente e sui vantaggi che
scaturirebbero dalla realizzazione, sui riflessi di ordine economico ecc); in
modo che ne risultasse giustificata ad esso giudice la valenza del progettato
intervento, nel contesto- come rileva il Tribunale amministrativo regionale- di
una politica del territorio finora mancata, e in una valutazione critica di un
modello economico di cui oggi emergono connotazioni negative (legate
essenzialmente allo spreco della risorsa-territorio).
17. Oggettivamente singolare appare, poi, la giustificazione data dal Tribunale
amministrativo regionale all’accoglimento dell’ulteriore censura dedotta con il
quinto motivo del ricorso di primo grado. Secondo i giudici di prima istanza, la
Commissione per la valutazione dell’impatto ambientale si era pronunciata non
avendo presente il parere negativo del Ministro per i beni e le attività
produttive. Per la verità, nella sentenza impugnata si dà atto che il presidente
della Commissione, nel corso della riunione, aveva comunicato che il Ministero
per i beni e le attività culturali (aveva) trasmesso in data 18/12 il proprio
parere negativo sull’opera in questione; ciò, tuttavia, ad avviso del Tribunale
amministrativo regionale, non era sufficiente a consentire ai componenti della
stessa di deliberare tenendo presente detto parere, dal momento che lo stesso
non (era) stato previamente distribuito ed i componenti della commissione, ne
(avevano) conosciuto l’esistenza nel corso della riunione.. solo su esplicita
(di uno di loro) richiesta. Di modo che la mancata preventiva distribuzione ai
componenti del collegio decidente di un atto del procedimento riguardante la
valutazione dell’impatto ambientale, di cui pure veniva riferito nel corso della
riunione e del quale ogni membro poteva prendere visione, comportava- secondo i
giudici di primo grado- anche per il fatto che se ne era avuta conoscenza
soltanto a specifica richiesta, non soltanto l’invalidazione del formulato
parere ma addirittura l’illegittimità della deliberazione del Consiglio dei
Ministri che, sulla base anche di quel parere, aveva reso operativa la volontà
politica di realizzare l’opera pubblica; e tutto ciò perché di qui (dalla
mancata distribuzione del parere- come, testualmente, si legge nell’impugnata
sentenza- derivava l’obbligo di fornire adeguata motivazione al riguardo,
18. Infondata era, poi, la tesi prospettata con il nono motivo del ricorso di
primo grado, accolta anch’essa dal Tribunale amministrativo regionale e relativa
all’asserita necessità che la valutazione dell’impatto ambientale riguardasse
tutto il tracciato autostradale: ai sensi, infatti, dell’art. 1 comma 4 del
d.P.R. 11 febbraio 1998, di modifica dell’art. 1 del d.P.C.M. n. 377/1988, la
valutazione dell’impatto ambientale può riguardare anche tronchi
ferroviari….autostrade e strade riservate alla circolazione e tratti di esse;
per cui è legittima valutazione di impatto ambientale di un progetto che prevede
la realizzazione del primo tratto di un più ampio intervento viario qualora
l’opera che si intende realizzare sia funzionalmente e strutturalmente autonoma
nella sua globalità (Cons. St. Sez- VI, 17 settembre 2001, n. 4876). Allo stesso
modo, infine, era infondato il sedicesimo motivo del ricorso di primo grado,
anch’esso accolto dal Tribunale amministrativo regionale, relativo ad
un’asserita violazione dell’art. 7 del d.P.C.M. 27 dicembre 1988, dato che nel
procedimento conclusivo della valutazione dell’impatto ambientale non si era
dato conto delle osservazioni presentate nel corso del relativo procedimento. Al
riguardo, a quanto già rilevato precedentemente in ordine alla motivazione degli
atti discrezionali (qual è anche la valutazione dell’impatto ambientale), va
aggiunto il rilievo che il comma 2 dell’art. 7 del d.P.C.M. 27 dicembre 1988,
richiamato dai giudici di primo grado, nell’imporre la considerazione nell’atto
definitivo delle osservazioni proposte e le allegazioni presentate nel corso del
procedimento, non va interpretato- come sembrerebbe sottointeso alla decisione
del Tribunale amministrativo regionale- nel senso che impone l’estrinsecazione
nel decreto presidenziale di pronuncia della compatibilità ambientale delle
ragioni che portano a disattendere le osservazioni e le allegazioni comunque
prodotte nel corso del procedimento. La disposizione intende, invece,
prescrivere che di tali osservazioni e produzioni si tenga conto nel corso della
progressiva maturazione della scelta finale che, a sua volta, assorbe e riassume
tutte la valutazioni dell’istruttoria compiuta e che, pertanto, con riferimento
al caso di specie, è immune da censure perché ha tenuto anche conto delle
risposte fornite dal gruppo istruttore nella relazione del 16 dicembre 2002 alle
osservazioni acquisite.
19. Oltre a quelli indicati ed accolti dal Tribunale amministrativo regionale,
avverso il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 16 maggio 2003,
conclusivo della procedura di valutazione dell’impatto ambientale e dei relativi
atti inerenti, collegati e derivati, in primo grado- come già rilevato
precedentemente- erano stati proposti altri motivi di ricorso non esaminati
perché ritenuti assorbiti dai giudici di prima istanza.
In particolare, era stata dedotta (primo motivo) incompetenza della Commissione
per la valutazione dell’impatto ambientale che aveva espresso il parere n. 504,
del 19 dicembre 2002, per illegittima composizione del collegio. La commissione,
dopo un precedente parere contrario all’esecuzione dei lavori, era stata
radicalmente modificata con D.P.C.M. del 15 maggio 2001, a sua volta, annullato
dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Ne sarebbe conseguita- per
l’effetto retroattivo dell’annullamento- oltre all’illegittimità della
deliberazione per incompetenza dell’organo, anche l’invalidità della successiva
delibera del Consiglio dei Ministri che sulla base di essa aveva provveduto.
Era stata, inoltre, dedotta (con il secondo motivo di ricorso di primo grado)
violazione per falsa o errata applicazione dell’art. 6 della legge n. 349/1986,
violazione per falsa o errata applicazione dell’art. 14 quater, introdotto
dall’art. 12 della legge 24 novembre 2000, n. 340, violazione per falsa o errata
applicazione dell’art. 5, comma secondo, lettera c-bis, della legge 23 agosto
1988, n. 400, eccesso di potere per violazione del procedimento. Era mancato il
formale decreto di valutazione negativa dell’impatto ambientale del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio, il quale, ai sensi dell’indicata
normativa- secondo i ricorrenti- costituiva l’indefettibile presupposto per il
deferimento della verifica della compatibilità ambientale al Consiglio dei
ministri, e non si era tenuto conto del fatto che, stante un vincolo culturale o
paesaggistico, il dissenso del Ministero dell’ambiente precludeva la conclusione
positiva della v.i.a. Anche per tale ragione- secondo i ricorrenti- l’adozione
del D.P.C.M. 16 maggio 2003, sulla base delle determinazioni assunte dal
Consiglio dei ministri nelle riunioni del 20 dicembre 2002 e del 18 dicembre
2003, avrebbe costituito una violenta forzatura della normativa sulla
valutazione dell’impatto ambientale e sarebbe stata pertanto illegittima.
Entrambe le indicate censure sono, tuttavia, infondate e vanno respinte.
Quanto, invero, all’asserita illegittima composizione della Commissione che ha
espresso il parere sulla valutazione dell’impatto ambientale dell’opera
pubblica, va rilevato che il richiamato annullamento del Tribunale
amministrativo regionale ha riguardato la sola revoca di alcuni dei componenti
originari della Commissione, ma non la nomina di quelli che hanno poi emesso il
parere (che non è stata da alcuno impugnata, né dichiarata illegittima). Né,
poi, occorreva- come pretendono i ricorrenti-alcun formale provvedimento
negativo della valutazione dell’impatto ambientale per poter ritenere che vi
fosse legittima remissione della questione al Consiglio dei Ministri: come già
rilevato da questa Sezione, l’estensione e l’elevazione del conflitto tra
Ministri non esigono una forma vincolata, trattandosi di atti aventi una
connotazione squisitamente politica e, come tale, non assoggettati a parametri
tipizzanti sul piano schiettamente formale. Inoltre, l’investitura del Consiglio
dei Ministri non poteva, nel caso in esame, che essere diretta a dirimere una
divergenza tra Ministri e l’indagine con esito positivo sulla sostanza del
potere ne rendeva ininfluente il profilo formale dell’omessa esplicitazione del
contrasto. Il tutto, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che in altre
occasioni la remissione al Consiglio dei Ministri della pronuncia finale della
compatibilità ambientale sia stata effettuata con provvedimenti formali nella
specie mancanti (Cons. St. Sez. 7 gennaio 2005, n. 1102).
20. Sempre in primo grado, avverso l’indicato D.P.C.M. 16 maggio 2003 era stato,
poi, dedotto:
con il quarto motivo violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90 ed eccesso di
potere per difetto di istruttoria in relazione al parere della commissione via,
sull’assunto che, a fronte delle carenze evidenziate nei pareri negativi del
ministero per i beni culturali ed ambientali e delle competenti soprintendenze,
peraltro scaturiti da approfonditi studi, la commissione per la valutazione
dell’impatto ambientale avrebbe dovuto richiedere un maggior approfondimento
istruttorio anche in considerazione del riscontrato altissimo rischio al
patrimonio archeologico, in relazione al quale il gruppo istruttore aveva
suggerito una prescrizione immotivatamente disattesa dalla commissione;
con il sesto motivo, violazione dell’art. 6 primo comma lettera a del d.p.c.m 10
agosto 1988, n. 377 e dell’art. 6 quarto comma del d.p.c.m. 27 dicembre 1988,
eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione o per
motivazione perplessa e per violazione del procedimento in relazione all’intero
parere della commissione via statale espresso nella seduta plenaria del 19
dicembre 2002. La Commissione per la valutazione dell’impatto ambientale ed il
suo gruppo istruttore, in presenza dell’incompletezza documentale avrebbero
dovuto richiedere alla società proponente le necessarie integrazioni ai sensi di
quanto disposto dal richiamato art. 6, quarto comma, del d.P.C.M. 27 dicembre
1998, con la precisazione che la richiesta d’integrazione costituiva pronuncia
interlocutoria negativa. La Commissione, di cui ben dieci componenti avevano
deciso di astenersi, avrebbe dovuto provvedere dopo avere acquisito le
integrazioni documentali indicate e non prima come invece frettolosamente aveva
fatto;
con il settimo motivo, eccesso di potere per travisamento dei fatti e per errore
nella formazione della volontà della Commissione v.i.a. nella parte in cui il
rappresentante del gruppo istruttore aveva fuorviato i componenti riferendo che
il precedente parere negativo interlocutoria della Commissione medesima era
dipeso esclusivamente dal parere negativo dell’amministrazione dei beni e delle
attività culturali per l’eccessiva vicinanza del tracciato a importanti ville
venete;
con l’ottavo motivo del ricorso, eccesso di potere per travisamento dei fatti
per errore nella formazione della volontà della Commissione v.i.a. nella parte
in cui era stata fuorviata dall’informazione non veritiera resa nella relazione
ufficiale del gruppo istruttore e non smentita da alcuno che si trattasse del
mero completamento di un’autostrada in gran parte esistente.
Anche le indicate censure, relative tutte ad un’asserita insufficienza della
svolta istruttoria, non sembrano, tuttavia, fondate; ed in ogni caso- anche a
voler ammettere la veridicità delle addotte e riportate circostanze-non sono
tali da poter invalidare il parere conclusivo espresso dalla Commissione
deputata alla valutazione dell’impatto ambientale e la successiva deliberazione
del Consiglio dei Ministri che, richiamando tale parere, ha disposto di dare
corso all’esecuzione dell’opera pubblica. Non esisteva alcuna disposizione che
imponesse specifici e puntuali adempimenti alla Commissione istruttoria prima
della formulazione del parere a pena d’invalidità dello stesso; né era
necessario che il parere fosse formulato sulla base di unanimità dei consensi
dei componenti la commissione. Erano stati, poi, acquisiti dati ed elementi
sufficientemente adeguati a che i commissari avessero piena consapevolezza
dell’esatta portata delle questioni trattate e la decisione della Commissione è
stata assunta col voto favorevole della maggioranza dei componenti e senza alcun
voto contrario. Costituisce, infine, mera illazione degli appellanti
l’asserzione secondo cui il parere della maggioranza sarebbe stato sviato dal
gruppo istruttore e non vi è alcun elemento per ritenere che una più puntuale
relazione dello stesso avrebbe comportato un diverso risultato nella votazione
finale.
21. Sempre in primo grado, infine, era stato dedotto:
con il decimo motivo, eccesso di potere per difetti istruttori, per travisamento
e per illogicità manifesta in ordine all’inquinamento atmosferico indotto
dall’autostrada. Nelle osservazioni presentate ex art. 6.9. della legge n.
349/86, i ricorrenti in primo grado avevano rilevato che non era possibile
valutare l’attendibilità dei risultati in quanto vi erano carenze nei dati
d’ingresso (descrizione incompleta dei regimi anemologici, omessa considerazione
delle condizioni d’inversione termica e di nebbia che notoriamente hanno forti
implicazioni sulla diffusione degli inquinamenti). Il gruppo istruttore,
inoltre, aveva riferito che le analisi condotte non riguardavano le condizioni
reali di esercizio dell’infrastruttura, ma solo condizioni estreme, con la
conseguente impossibilità di effettuare un raffronto con i limiti posti dalla
normativa. Sennonché, contraddittoriamente non aveva anche proposto
integrazioni, anzi si era spinto addirittura a concludere, assiomaticamente e
sbrigativamente, che non si prevedevano inquinamenti significativi. Quindi il
d.p.c.m conclusivo aveva ripreso supinamente dette conclusioni. Né poteva valere
la mera raccomandazione di aggiornare il calcolo delle immissioni in atmosfera
ai sensi del d.m. n. 60/2002 che doveva, invece, applicarsi alla richiesta di
pronuncia di compatibilità ambientale;
con l’undicesimo motivo, eccesso di potere per travisamento della proposta di
prescrizione sul rischio idraulico del gruppo istruttore della commissione via,
sul rilievo che quanto al rischio di allagamenti-ciclici in corrispondenza di
determinati tratti in relazione ai quali si era riscontrato che il tracciato era
previsto in trincea o in galleria- il gruppo istruttore aveva proposto che il
tracciato prevedesse sistemi di arginatura coerenti con la specificità dei
luoghi e corresse in rilevato, laddove nel parere n. 504 del 19 dicembre 2002 e
nel d.p.c.m. 16 maggio 2003 si travisava il suggerimento prevedendo un
rimodellamento morfologico per l’opportuno inserimento nello specifico contesto
dei luoghi;
con il dodicesimo, tredicesimo e quattordicesimo motivo, rispettivamente:
-violazione dell’art. 3 primo comma del d.p.c.m. 27 dicembre 1988, dell’art. 6
quarto comma del d.p.c.m. 27 dicembre 1988, eccesso di potere per plurimi
difetti assoluti di istruttoria e per violazione del procedimento con
riferimento al programma regionale di sviluppo vigente e operante alla data di
avvio della procedura di via de qua;
- violazione dell’art. 3, primo comma, del d.p.c.m. 27 dicembre 1988, dell’art.
6, primo comma, lett. A) del d.p.c.m. 10 agosto 1988 n. 377, dell’art. 6 quarto
comma del d.,p.c.m. 27 dicembre b1988, eccesso di potere per plurimi difetti
assoluti di istruttoria e violazione del procedimento con riferimento agli
strumenti di programmazione e pianificazione del settore agricolo;
- violazione dell’art. 3, primo comma, del d.p.c.m. 27 dicembre 1988, dell’art.
6 quarto comma del d.p.c.m. 27 dicembre b1988, eccesso di potere per plurimi
difetti assoluti di istruttoria e per violazione del procedimento con
riferimento piano faunistico provinciale di Vicenza, approvato dal consiglio
provinciale il 21 marzo 1994, aggiornato con delibera consiliare del 23 luglio
1998 e successivamente riaggiornato con delibera consiliare del 16 settembre
1999;
con il quindicesimo motivo, violazione del d.p.r. 8 settembre 1997 n. 357 e in
particolare del suo art. 5, terzo comma, del d,p.c.m. 27 dicembre 1988 all.ati I
e II eccesso di potere per difetti assoluti plurimi di istruttoria.
Anche tali ultime censure sono infondate e vanno respinte.
In proposito valgono, innanzitutto le considerazioni precedentemente svolte in
merito alla ritenuta adeguatezza dell’istruttoria espletata. A ciò si aggiunge
che il gruppo istruttore ha dato atto che lo studio di impatto ambientale aveva
tenuto conto non delle condizioni normali di esercizio dell’autostrada alla
quale faceva riferimento la normativa di settore, bensì condizioni estreme
(cosiddette a picco) di utilizzo della stessa verificando che, ciononostante,
l’infrastruttura non provocava inquinamenti significativi e comunque
prescrivendo l’ottimizzazione del progetto con filtri arborei e vegetali da
ubicarsi nei punti critici a protezione dei campi agricoli. Non era, inoltre,
necessaria alcuna integrazione del procedimento alla stregua dell’art. 1 comma
1, del D.M. ambiente n. 60/2002, dal momento che tale decreto era intervenuto
successivamente alla data (del 3 luglio 2002) di avvio della procedura di
verificazione della compatibilità ambientale. Il rischio idraulico previsto
nella zona di Longare è stato adeguatamente considerato e valutato dal gruppo
istruttore che, al fine di meglio contenerlo, ha imposto prescrizioni
integrative del progetto. Quanto, poi, all’asserita mancata considerazione del
programma regionale di sviluppo, del piano di sviluppo rurale 2000, del piano
faunistico venatorio, a parte l’infondatezza in fatto delle svolte censure- è
sufficiente il richiamo al comma 1, del D.P.C.M. 27 dicembre 1998, secondo il
quale è comunque escluso che il giudizio di compatibilità ambientale abbia ad
oggetto i contenuti dei suddetti atti di pianificazione. Inesatta, infine, è
l’affermazione dei resistenti in merito ai siti estrattivi, i quali,
contrariamente a quanto dagli stessi dedotto, risultano individuati ed
adeguatamente considerati ai fini della valutazione complessiva dell’impatto
sull’ambiente dell’opera pubblica.
22. Come, poi, già rilevato nelle premesse di fatto, il Tribunale amministrativo
regionale ha anche annullato il decreto ministeriale n. 277, del 5 aprile 2004,
n. 277, di autorizzazione all’esecuzione dell’opera a seguito d’intesa ex art.
81 del d.P.R. n. 616/1977 e relativi atti presupposti tra cui, in particolare,
la determinazione della Conferenza di servizi del 20 novembre 2003 ed il parere
della Commissione tecnica regionale- sezione urbanistica della regione Veneto n.
292, del 29 ottobre 2003.
Secondo i giudici di primo grado, stante la non conformità dell’opera progettata
ai piani urbanistici dei comuni interessati dal tracciato autostradale ed in
mancanza dell’intesa tra Stato e regione, la localizzazione dell’opera in
difformità alla pianificazione locale, avrebbe dovuto essere adottata con
decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei
Ministri e sentita la Commissione interparlamentare per le questioni regionali.
Nel contesto del verbale della conferenza di servizi del 20 novembre 2003, si
dava atto che il rappresentante del Ministero dei beni e attività culturali, con
modulo-parere ad esso allegato aveva riconfermato, concordemente con quanto
valutato dalle Soprintendenze territorialmente competenti, parere negativo; di
modo che- secondo il Tribunale amministrativo regionale- in mancanza
dell’unanimità di consenso, si imponeva il ricorso alla procedura di cui al
quarto comma dell’art. 81 dell’indicato d.P.R. n. 616/1977, come modificato dal
d.P.R. n. 383/1994. Secondo i giudici di primo grado, il parere, favorevole
all’esecuzione dell’opera, espresso dalla commissione tecnica regionale- sezione
urbanistica, il 29 ottobre 2003 e recepito nel decreto del presidente della
Giunta prot. n. 5935/47.01 del 19 novembre 2003- era anch’esso illegittimo per
omessa motivazione ed intrinseca contraddittorietà.
23. Anche su tali punti la decisione è errata e va riformata.
E’ pur vero, come rilevato dai giudici di prima istanza che, ai sensi delle
disposizioni di cui ai decreti presidenziali indicati, ai fini
dell’autorizzazione alla localizzazione delle opere pubbliche di interesse
statale, nel caso di mancata conformazione ai piani urbanistici territoriali,
occorre un’intesa tra Stato e Regione. Ed altrettanto vero che, ove tale intesa
non si realizzi e non vi sia unanimità di consensi nella successiva ed
appositamente convocata conferenza di servizi, la questione è rimessa ad una
decisione del Governo poi formalizzata con provvedimento del Presidente della
Repubblica. Tuttavia, nel caso in esame l’intesa tra Stato e Regione è stata
regolarmente conseguita, dal momento che il presidente della Giunta regionale
Veneto, con il già menzionato decreto prot. n. 5935/47,01, del 19 novembre 2003,
facendo proprio il parere della commissione tecnica regionale n. 292, del 29
ottobre 2003, ha dato esplicitamente l’assenso alla realizzazione del tronco
autostradale.
Né convince la tesi dei giudici di primo grado, secondo cui il parere favorevole
all’esecuzione dell’opera, esplicitamente formulato dalla Commissione tecnica
regionale, doveva essere considerato illegittimo per mancata indicazione dei
piani o programmi di livello regionale o provinciale (la cui esistenza,
peraltro, non avrebbe richiesto il ricorso all’intesa) contenenti le “previsioni
urbanistiche generali” cui l’opera risultava comunque conforme, trattandosi,
all’evidenza, di un riferimento riguardante le prescrizioni generali dei
medesimi piani urbanistici dei comuni interessati dalla realizzazione del tratto
autostradale. Così come nessuna rilevanza, nell’indicata prospettiva, assumeva
la circostanza che, nella successiva conferenza di servizi tenutasi il 20
novembre 2003, non si fosse realizzata l’unanimità dei consensi per il ribadito
dissenso dei rappresentanti del Ministero per beni culturali ed ambientali. La
volontà dello Stato di realizzare e localizzare l’opera pubblica così come
previsto nel relativo progetto derivava dalla deliberazione del Consiglio dei
Ministri del 20 dicembre 2002, nel corso della quale- coma già rilevato- il
Ministro per i beni e le attività culturali aveva ritirato il suo iniziale
dissenso astenendosi dal voto finale; e veramente pretestuosa- ad avviso del
collegio- appare la tesi dei giudici di primo grado secondo cui la
determinazione collegiale del Consiglio dei ministri, come in quella sede
unanimemente adottata, potesse essere successivamente smentita e rimessa in
discussione dal Ministro dell’ambiente o dai rappresentanti del suo Ministero in
considerazione del fato che nella precedente occasione, pur astenendosi dal
voto, vi era stato parere “largamente critico” sull’esecuzione dell’opera. Senza
contare che il parere espresso in occasione della seconda conferenza di servizi
dai rappresentanti del Ministero per i beni e le attività culturali non aveva
alcuna rilevanza ai fini della formazione dell’unanimità del consenso
riguardante la localizzazione urbanistica dell’opera pubblica, essendo le
relative competenze di merito spettanti alla regione; al che va aggiunto che il
Soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio di Verona con
provvedimento n. 4186 del 31 marzo 2004, aveva revocato l’atto di annullamento
dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione il 21 gennaio 2004.
24. Le considerazioni indicate in merito all’avvenuta realizzazione dell’intesa
tra Stato e regione relativamente alla localizzazione dell’opera pubblica
comportano, inoltre, l’infondatezza degli ulteriori motivi di ricorso di primo
grado relativi ai ricorsi (R.G. 1821/04, 1822/04, 1823/04 e 1824/04) contro il
decreto ministeriale n. 277 del 5 aprile 2004 non esaminati dal Tribunale
amministrativo regionale e riproposti dai rubricati appellati resistenti.
Ed invero, nessuna rilevanza ai fini della legittimità dell’impugnato
provvedimento aveva la circostanza, di cui al dedotto secondo motivo,
riguardante il diniego di assenso dell’autorità ministeriale preposta alla
tutela del vincolo paesistico; a parte la considerazione che la competenza
relativa ai profili di merito di detta tutela spettava alla regione che si era,
invece, espressa favorevolmente, resta il fatto che la conferenza di servizi
tenuta il 20 novembre non era necessaria in quanto l’assenso della regione era
stato precedentemente regolarmente conseguito. Per le medesime ragioni, ne
consegue anche la palese infondatezza dell’ulteriore doglianza di cui al motivo
indicato con il n. quattro concernente il parere del consiglio comunale di
Montegaldella il quale avrebbe imposto a condizioni e prescrizioni non accolte
in occasione della conferenza di sevizi tenuta nell’indicata data del 20
novembre 2005. Senza contare che con riferimento al procedimento di cui all’art.
81 d.P.R.n. 616/1977, il parere del comune è solo facoltativo, decisivo essendo
in ogni caso l’assenso della regione. Lo stesso dicasi per il successivo quinto
motivo riguardante il parere favorevole condizionato del comune di Longare. Allo
stesso modo e per le stesse ragioni non ha fondamento, infine, il motivo di cui
al punto n. 6 della memoria concernente l’asserita mancata convocazione alla
conferenza di servizi delle USL competenti per territorio e dell’Arpa Veneto.
Per tutte le esposte considerazioni, i proposti appelli devono essere accolti ed
in riforma dell’impugnata sentenza, devono essere respinti i ricorsi proposti in
primo grado, con compensazione delle spese processuali ricorrendovi giusti
motivi per la complessità della lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, riuniti i ricorsi,
accoglie gli appelli ed in riforma dell’impugnata decisione respinge i ricorsi
proposti in primo grado. Spese compensate.
Ordina che la decisione venga eseguita in via amministrativa.
Così deciso in Roma il 14 ottobre 2005 in camera di consiglio dal Consiglio di
Stato in sede giurisdizionale,sezione sesta,con l’intervento dei sigg:
Claudio VARRONE Presidente
Sabino LUCE Consigliere Est.
Luigi MARUOTTI Consigliere
Carmine VOLPE Consigliere
Giuseppe MINICONE Consigliere
Presidente
Consigliere
Segretario
CLAUDIO VARRONE
SABINO LUCE
VITTORIO ZOFFOLI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il...18/01/2006
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
1) Valutazione di impatto ambientale – Giudizio comparativo tra l’interesse alla salvaguardia dell’ambiente e l’interesse all’esecuzione dell’opera – Discrezionalità tecnica – Sindacabilità del giudice amministrativo – Limiti. Il concetto di valutazione d’impatto ambientale implica necessariamente che le opere da valutare abbiano un’incidenza negativa sugli elementi naturalistici del territorio, modificandolo in misura più o meno invasiva e penetrante. Di modo che il procedimento medesimo tende a stabilire se le alterazioni conseguenti alla sua realizzazione possano ritenersi accettabili alla stregua di un giudizio comparativo che tenga conto, da un lato, della necessità di salvaguardare preminenti valori ambientali, dall’altro, dell’interesse pubblico all’esecuzione dell’opera (Cons. St. Sez. VI, 5 gennaio 2004, n. 1). Il procedimento di valutazione d’impatto ambientale, inoltre, anche se finalizzato a migliorare la trasparenza della decisione finale, consentendo di acquisire gli elementi necessari ad un corretto bilanciamento tra danni e benefici derivanti dall’esecuzione dell’opera pubblica, costituisce, tuttavia, mero strumento di supporto tecnico alla decisione finale, la quale, ove sia assunta dalla collegialità del Governo (come nel caso di specie, inerente il prolungamento dell’A31), oltre ad essere di tipo tecnico-discrezionale, riguardando l’attuazione del programma del Governo, implica marcati profili di valutazione politica che ne restringono ulteriormente la sindacabilità del giudice amministrativo. Pres. Varrone, Est. Luce - Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova S.p.A. (avv.ti Di Porto, Bertolissi e Sanino) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri e altri (Avv. Stato), Associazione Nazionale Italia Nostra onlus (avv. Malinconico), WWF (avv. Petretti), The Landmark Trust e altri (avv.ti Petretti e Ceruti), Provincia di Verona e altro (avv.ti Cacciavillani, Cacciavillani e Manzi), Provincia di Padova (avv. Di Porto) e altri (n.c.), con intervento ad adiuvandum di Comune di Torre e altri (avv.ti Cacciavilllani e Manzi), C.C.I.A.A. Vicenza e altri (avv.ti Manzi e Domenichelli) e Associazione Regionale Comuni del Veneto (avv.ti Meneguzzo e Braschi), riunito ad altri ric. (riforma T.A.R. VENETO, Sez. I, n. 2234/2005) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI – 18 gennaio 2006 (c.c. 14 ottobre 2005), Sentenza n. 129
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