Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.2261/06 REG.DEC.
N. 11085 REG.RIC.
Anno 2000
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, Sezione Quinta ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.r.g. 11085 del 2000, proposto dalla PA.LU.CE.
S.N.C. in persona dell’amministratore sig. Pasquale Cesarano rappresentata e
difesa dagli avv.ti Gennaro Improta, Vincenzo Improta e Lucia Mancusi domicilia
presso la Segreteria della Sezione, in Roma, Piazza Capo di Ferro, 13;
contro
il Comune di Scafati rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Caliulo ed
elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Angelo Clarizia, in Roma,
via Principessa Clotilde n. 2;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede
staccata di Salerno, n. 209/2000, pubblicata il 12 aprile 2000;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore, alla camera di consiglio dell’8.2.2005, il consigliere
Adolfo Metro ed uditi, altresì, gli avvocati G. Improta e G. Caliulo come da
verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
La società appellante, a seguito del formarsi del silenzio-assenso, maturò
titolo per la realizzazione di un intervento edificatorio su un suolo di
proprietà.
Il sindaco, tuttavia, dispose, con atto 18 febbraio 1992 n. 004175, la
sospensione dei lavori e, con provvedimento n. 4953 del 25/2/92, “annullò” la
“concessione edilizia” in quanto “dalla documentazione allegata dalla
richiedente alla richiesta di concessione edilizia non si evince lo stato di
edificazione ed urbanizzazione della zona indispensabile ai fini del superamento
delle preclusioni per mancanza del piano attuativo approvato e programma
pluriennale di attuazione”.
Il Tribunale di primo grado, dopo aver disposto l’acquisizione di una relazione
tecnica che evidenziasse lo stato di edificazione e di urbanizzazione della zona
interessata all’intervento edilizio, ha dichiarato il gravame inammissibile per
difetto di interesse.
Ciò in quanto il progetto sul quale si era formato il silenzio-assenso si pone
in netto contrasto con le norme urbanistiche applicabili alla zona interessata
“poiché l’articolo 8, nono comma della L. 25/3/82, n. 94… include tra i
presupposti essenziali della formazione del silenzio assenso l’allegazione alla
domanda medesima del certificato di destinazione urbanistica dell’area
interessata all’intervento, unitamente alla dichiarazione del progettista di
conformità della istanza alle prescrizioni ivi indicate; “pertanto, anche se il
collegio avesse dichiarato illegittimo l’atto di “annullamento” di cui al
provvedimento sindacale, la società sarebbe rimasta comunque priva della
concessione edilizia, attesa la non conformità del progetto alle norme
urbanistiche vigenti.
Avverso tale sentenza, si sostengono i seguenti motivi di appello:
-violazione di legge (art. 112 c.p.c.) in quanto la sentenza avrebbe violato il
fondamentale principio di cui alla richiamata norma, ampliando e modificando il
“thema decidendum”, che era limitato alla mancata dimostrazione della
sufficiente urbanizzazione della zona;
-violazione di legge (artt.100 e 112 c.p.c., art. 2 della L. n. 1034/71, art.
654 c.p.c.), perché il solo annullamento dell’atto non sarebbe stato privo di
valore pratico, dato che la concessione edilizia avrebbe riacquistato la sua
efficacia, consentendo l’esercizio dell’attività edilizia già assentita;
-violazione di legge (art. 8, comma 12 della L. n. 94/82) in quanto, prima di
procedere all’annullamento, l’amministrazione avrebbe dovuto indicare gli
elementi progettuali o esecutivi in contrasto con le norme vigenti, assegnando
un termine per provvedere alle modifiche richieste; inoltre, essendo la zona già
urbanizzata, doveva escludersi la necessità di un piano particolareggiato;
-violazione di legge (art. 112 c.p.c., norme di attuazione del P.di. F, art. 13
della L. n. 1150/42) perchè la sentenza di primo grado ha omesso di decidere
sull’impugnativa del piano particolareggiato, adottato dal Comune con delibera
n. 629/90 che, nel caso di specie, avrebbe illegittimamente modificato le
previsioni del P.di F.;
-contradditorietà della motivazione della sentenza, in relazione ai motivi sopra
esposti.
In memoria, è stato affermato, inoltre, che la decisione del Tar sarebbe in
contrasto con l’accertamento del giudice penale che, con sentenza del 5/12/95,
ha assolto il legale rappresentante della Società appellante, ritenendo che
quest’ultima fosse in possesso della concessione edilizia, essendo maturato il
silenzio-assenso.
Il Comune, costituitosi in giudizio, ha sostenuto l’infondatezza dell’appello.
DIRITTO
Con l’appello in esame la società ricorrente sostiene l’erroneità della sentenza
appellata perché ha dichiarato inammissibile il gravame non con specifico
riferimento al motivo posto dall’amministrazione a fondamento dell’atto di
“annullamento” della “concessione” ottenuta per silenzio-assenso e censurato da
parte ricorrente, ma con riferimento alla non conformità del progetto edilizio
alle norme urbanistiche vigenti, motivo non dedotto dall’amministrazione e che
era emerso soltanto a seguito di ordinanza istruttoria disposta dal giudice di I
grado.
La censura di ultrapetizione non appare condivisibile in quanto, secondo
consolidata giurisprudenza, tale vizio non sussiste nel caso in cui il giudice,
nell’ambito del “petitum” e della “causa petendi”, motivi la propria decisione
con argomentazioni diverse da quelle prospettate dalle parti, ovvero, proceda ad
autonoma ricerca delle norme sulle quali fondare la decisione ( C.S. V n.
8997/04).
Sotto altro profilo, va comunque rilevato che è ormai consolidato l’orientamento
della giurisprudenza secondo cui l’equivalenza tra pianificazione urbanistica
esecutiva e stato di sufficiente urbanizzazione della zona, ai fini del rilascio
della concessione edilizia, non opera nel procedimento di formazione del
silenzio-assenso sulla domanda di concessione edilizia, ex articolo 8 D.L. 23
gennaio 1982, n. 9, convertito in L. 25 marzo 1982, n. 94, applicabile alla
specie in esame.
Infatti, nella previsione dell’art. 8 cit., l’assenso tacito si perfeziona “per
gli interventi da attuare su aree dotate di strumenti urbanistici attuativi
vigenti e approvati non anteriormente all’entrata in vigore della legge 6 agosto
1967, n. 765, nonché quando la concessione o autorizzazione è atto dovuto in
forza degli strumenti urbanistici vigenti e approvati non anteriormente alla
predetta data“.
Il legislatore, dunque, ha subordinato il silenzio-assenso alla esistenza di una
disciplina di dettaglio “che predetermini in modo puntuale le caratteristiche
della edificazione consentita”, in modo che l’assenso, in quanto atto dovuto,
sia “agevolmente verificabile mediante un raffronto fra dati obiettivi
dettagliatamente predeterminati“.
Del resto, l’applicazione del citato art. 8 in assenza del presupposto anzidetto
trova ostacolo “nella formulazione testuale della norma, indirizzata ad una
regolamentazione esaustiva e circoscritta del silenzio” (cfr. C.S. V, n. 150/98;
V, n. 1381/98; cfr. anche C.Cost. n. 12/96).
Deriva da ciò la legittimità della motivazione del provvedimento 25 febbraio
1992 n. 4953 dell’Amministrazione, secondo cui la formazione del
silenzio-assenso postula la operatività di un piano attuativo (o comunque ad un
livello di urbanizzazione tale da superare le preclusioni derivanti dalla
mancanza di un piano attuativo, situazione, questa, non provata da parte
appellante).
Anche per tale profilo l’appello deve, di conseguenza, ritenersi infondato
poiché, in mancanza di un piano attuativo, non si è verificato il
silenzio-assenso vantato dalla società appellante in ordine alla domanda di
concessione edilizia de quo, con conseguente inammissibilità anche delle
ulteriori censure proposte.
Nessun rilievo, infine, può attribuirsi alla sentenza 14 settembre 2000 n.
1550-95 del pretore di Nocera Inferiore atteso che la valutazione dei fatti in
quella sede considerati non influiscono sul giudizio amministrativo.
Per altro verso nella stessa sentenza si dà atto che il piano particolareggiato
“S. Pietro” era stato adottato dal Consiglio comunale di Scafati, ma non era
stato approvato; pertanto tale strumento non era efficace e quindi non poteva
costituire il presupposto per la formazione del silenzio-assenso, secondo la
disciplina posta dalla l. n. 94 del 1982.
Infatti il giudicato penale può essere efficace, quanto all’accertamento dei
fatti materiali accertati, nel giudizio amministrativo, nei confronti
dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile, giusta l’art. 654
del c.p.p. vigente.
E’ evidente che il Comune di Scafati non può essere identificato come imputato o
responsabile civile; lo stesso comune d’altra parte non si è costituito parte
civile nel giudizio penale nei confronti del Sig. Pasquale Cesarano, giusta
quanto si desume e dal testo della sentenza 14 settembre 2000 n. 1550-1995 (doc.
3 fascicolo depositato presso il Consiglio di Stato il 7 dicembre 2000).
L’ininfluenza della sentenza di proscioglimento citata sopra non potrebbe essere
esclusa in relazione al disposto dell’art. 652 c.p.p. vigente.
Infatti tale norma, a parte qualsiasi altra considerazione, riguarda l’efficacia
della sentenza penale di proscioglimento nel giudizio civile amministrativo di
danno.
Il presente giudizio non è di danno, posto che nessuna domanda risarcitoria è
stata proposta.
Né si può trascurare il fatto che il Comune di Scafati, giusta quanto già
precisato, non è stato parte del giudizio penale;
la costituzione in tale giudizio è indispensabile per l’applicazione del citato
art. 652 c.p.p..
L’impossibilità di identificare nel caso di specie il silenzio-assenso importa
la fondatezza della misura adottata dall’amministrazione comunale, preordinata a
contestare la difformità dell’iniziativa edilizia rispetto alla normativa
vigente.
Rispetto a tale conclusione elaborata sul presupposto delle acquisizioni
istruttorie e delle deduzioni delle parti in giudizio, è corretta la soluzione
della improcedibilità del giudizio di primo grado.
Invero la eventuale fondatezza delle censure proposte in prime cure non
potrebbe importare la identificabilità di una situazione abilitante al
completamento lecito dell’iniziativa edilizia.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sez.V, definitivamente
pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, respinge l’appello e, per
l’effetto, conferma la sentenza di primo grado; compensa, tra le parti, le spese
di onorario e di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso, in Roma, l’8 febbraio 2005, dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, sezione V, nella Camera di Consiglio, con l’intervento dei
magistrati:
Raffaele Iannotta Presidente
Raffaele Carboni Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Claudio Marchitiello Consigliere
Adolfo Metro Consigliere relatore estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
f.to Adolfo Metro
f.to Raffaele Iannotta
f.to Rosi Graziano
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21 aprile 2006
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
PER IL DIRIGENTE
Livia Patroni Griffi
1) Procedure e varie - Giudice - Censura di ultrapetizione - Argomentazioni diverse da quelle prospettate dalle parti - Autonoma ricerca delle norme sulle quali fondare la decisione - Legittimità. La censura di ultrapetizione, secondo consolidata giurisprudenza, non sussiste nel caso in cui il giudice, nell’ambito del “petitum” e della “causa petendi”, motivi la propria decisione con argomentazioni diverse da quelle prospettate dalle parti, ovvero, proceda ad autonoma ricerca delle norme sulle quali fondare la decisione (C.d.S. Sez. V, n. 8997/04). Pres. Iannotta - Est. Metro - PA.LU.CE. S.N.C. (avv.ti Improta e Mancusi) c. Comune di Scafati (avv. Caliulo) (conferma TAR Campania, sede staccata di Salerno, n. 209/2000). CONSIGLIO DI STATO, Sezione V, 21 aprile 2006 (c.c. 8/2/2005), Sentenza n. 2261
2) Urbanistica e edilizia - Pianificazione urbanistica esecutiva e stato di sufficiente urbanizzazione della zona - Concessione edilizia - Silenzio assenso - Operatività - Presupposti - Fondamento - Fattispecie. L’equivalenza tra pianificazione urbanistica esecutiva e stato di sufficiente urbanizzazione della zona, ai fini del rilascio della concessione edilizia, non opera nel procedimento di formazione del silenzio-assenso sulla domanda di concessione edilizia, ex articolo 8 D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito in L. 25 marzo 1982, n. 94. Sicché, l’applicazione del citato art. 8 in assenza del presupposto anzidetto trova ostacolo “nella formulazione testuale della norma, indirizzata ad una regolamentazione esaustiva e circoscritta del silenzio” (cfr. C.S. V, n. 150/98; V, n. 1381/98; cfr. anche C.Cost. n. 12/96). Il legislatore, dunque, ha subordinato il silenzio-assenso alla esistenza di una disciplina di dettaglio “che predetermini in modo puntuale le caratteristiche della edificazione consentita”, in modo che l’assenso, in quanto atto dovuto, sia “agevolmente verificabile mediante un raffronto fra dati obiettivi dettagliatamente predeterminati“. Nel caso di specie, l’impossibilità di identificare il silenzio-assenso importa la fondatezza della misura adottata dall’amministrazione comunale, preordinata a contestare la difformità dell’iniziativa edilizia rispetto alla normativa vigente. Pres. Iannotta - Est. Metro - PA.LU.CE. S.N.C. (avv.ti Improta e Mancusi) c. Comune di Scafati (avv. Caliulo) (conferma TAR Campania, sede staccata di Salerno, n. 209/2000). CONSIGLIO DI STATO, Sezione V, 21 aprile 2006 (c.c. 8/2/2005), Sentenza n. 2261
3) Urbanistica e edilizia - Concessione edilizia - Silenzio assenso - Operatività - Limiti. L’equivalenza tra pianificazione urbanistica esecutiva e stato di sufficiente urbanizzazione della zona, ai fini del rilascio della concessione edilizia, non opera nel procedimento di formazione del silenzio-assenso sulla domanda di concessione edilizia, ex articolo 8 D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito in L. 25 marzo 1982, n. 94. Pres. Iannotta - Est. Metro - PA.LU.CE. S.N.C. (avv.ti Improta e Mancusi) c. Comune di Scafati (avv. Caliulo) (conferma TAR Campania, sede staccata di Salerno, n. 209/2000). CONSIGLIO DI STATO, Sezione V, 21 aprile 2006 (c.c. 8/2/2005), Sentenza n. 2261
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