Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.2676/2006
Reg. Dec.
N. 5107 Reg. Ric.
Anno 1999
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 5107 del 1999, proposto da
MINISTERO delle Finanze,
in persona del Ministro p.t.,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso
gli ufficii della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, 12,
c o n t r o
il Comune di San Giorgio della Richinvelda,
in persona del Sindaco p.t.,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Longo e
Valeria Mazzarelli ed elettivamente domiciliato presso lo studio della seconda,
in Roma, via Donatello, 71,
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia
Giulia, n. 1459/98.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta, alla pubblica udienza del 17 febbraio 2006, la relazione del
Consigliere Salvatore Cacace;
Udito, alla stessa udienza, l’avv. Vittorio Cesaroni dello Stato per
l’appellante, nessuno essendo comparso per l’appellato;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
La sentenza impugnata ha respinto il ricorso proposto dal Ministero odierno
appellante avverso l’Ordinanza n. 08/96 prot. n. 6607 in data 7 ottobre 1996,
con la quale il Sindaco del Comune di San Giorgio della Richinvelda ordinava al
Dipartimento del Territorio, Direzione Compartimentale per il Trenitino A.A.,
Veneto e Friuli V.G., alla Sezione Staccata per i Servizi Demaniali di Pordenone
ed al Ministero delle Finanze di provvedere alla rimozione dei rifiuti
abusivamente depositati sull’area demaniale del fiume Meduna ed alla esecuzione
delle bonifiche necessarie.
L’appellante censura la sentenza, deducendo, in sostanza, come, in presenza di
un fenomeno “di abbandono indiscriminato dei rifiuti … era il Comune a dover
provvedere, in base agli artt. 8 e 9 dPR 915 e all’art. 24, lett. e) LR 30/87” (
pag. 3 app. ).
Il Comune appellato si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto
dell’appello.
La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 17
febbraio 2006.
D I R I T T O
1. - La controversia ha per oggetto l'ordinanza sindacale, con cui è stato
ordinato all’appellante Ministero, in relazione ad un’area “di proprietà del
Demanio dello Stato … gestita ed in possesso del Ministero delle Finanze” (
così, testualmente, le premesse dell’Ordinanza medesima ), di provvedere, ai
sensi dell'art. 9 del D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915, alla rimozione dei
rifiuti sulla stessa abusivamente depositati ed alla esecuzione delle bonifiche
necessarie.
L’appellante censura la sentenza di primo grado, che ha respinto il ricorso
avverso detta Ordinanza proposto, deducendo, in sostanza, come, in presenza di
un fenomeno “di abbandono indiscriminato dei rifiuti … era il Comune a dover
provvedere, in base agli artt. 8 e 9 dPR 915 e all’art. 24, lett. e) LR 30/87” (
pag. 3 app. ).
L’appello è in parte inammissibile ed in parte infondato.
Inammissibile, invero, si rivela, in applicazione di pacifico orientamento
giurisprudenziale, la mera riproposizione della doglianza, dedotta con il
ricorso originario, concernente “la inammissibilità di un provvedimento con cui
una pubblica amministrazione impartisca ordini ad un’altra” ( pag. 3 app. ), non
accompagnata da alcuna pertinente e specifica critica alla motivazione sul punto
resa dalla sentenza impugnata ( Cons. St., IV, 29 aprile 2004, n. 2620 ).
Per il resto, l’appello si fonda su un’unica, articolata, censura, priva di
pregio.
Premesso, invero, che, all’época della adozione dell’atto oggetto del giudizio,
era in vigore, in materia di smaltimento dei rifiuti, il D.P.R. 10 settembre
1982, n. 915 (in sincronia con le cui disposizioni la Regione Friuli Venezia
Giulia, nel cui territorio si situa il Comune appellato, ha recato, con legge
regionale 7 settembre 1987, n. 30, “norme regionali relative allo smaltimento
dei rifiuti” ), deve rilevarsi che l’ordinanza in parola, in quanto vòlta alla
rimozione di rifiuti abbandonati così come risulta dalle sue premesse,
confermate dai documenti versati in atti su area pubblica (di proprietà del
Demanio dello Stato), si configùra quale sanzione avente carattere
ripristinatòrio (v. Cons. St., V, 8 febbraio 2005, n. 323), che del tutto
legittimamente il Comune appellato ha adottato nell’esercizio dei poteri
conferitigli dall’art. 9, comma 2, del citato D.P.R. n. 915/82 (rientranti,
dunque, tra quelle competenze attribuite ai Comuni dallo stesso D.P.R., che il
comma 1 dell’art. 24 della citata legge regionale tiene “ferme”), disponendo lo
smaltimento dei rifiuti abbandonati su area pubblica inidonea a riceverli, al
fine della destinazione degli stessi presso i soggetti autorizzati, con òneri a
càrico dell’obbligato.
Quanto a quest’ultimo profilo, il Collegio ritiene che, trattandosi di abbandono
di rifiuti su area demaniale, pure legittimamente il Comune abbia individuato
l’Amministrazione finanziaria quale destinatario della stessa, a nulla rilevando
l’obiezione, mossa in primo grado e reiterata con l’atto di appello, che detta
Amministrazione sia priva di funzioni gestionali rispetto a tale tipologia di
beni del demanio idrico (funzioni attribuite al Genio Civile, quale ufficio
periferico del Ministero dei Lavori Pubblici), dal momento che, come del tutto
correttamente osservato dal T.A.R, “spetta al titolare del bene attivarsi presso
gli organi statali deputati alla sua gestione affinché procedano allo sgombero”
(pagg. 19 20 sent.) e che, aggiunge in proposito la Sezione, il rapporto
intercorrente tra Ministero delle Finanze e Ministero dei Lavori Pubblici in
òrdine alle funzioni di gestione e polizia dei beni demaniali posti dalla legge
in capo al primo si configura come meramente interno all’Amministrazione dello
Stato unitariamente considerata, senza per nulla incidere sulla imputazione dei
beni stessi (e delle responsabilità connesse a tale titolarità) alla prima.
Né viene in considerazione, poi, nel caso all’esame, la questione se, secondo il
disposto dell’art. 9 citato, l’ordine di smaltimento dei rifiuti potesse o meno
essere rivolto al proprietario come tale (e se, dunque, egli dovesse ritenersi
sempre e comunque responsabile, in virtù di tale sua qualità, dell’abbandono,
dello scarico e del deposito incontrollato dei rifiuti di cui al ridetto art. 9,
ovvero se potesse invece ritenersi “obbligato” solo in caso di un comportamento anche omissivo di corresponsabilità con l’autore dell’abbandono illecito dei
rifiuti), giacché la relativa censùra, pur proposta in primo grado (dove il
ricorrente lamentava che i soggetti obbligati alla rimozione dei rifiuti non
potevano essere i proprietari dei fondi, in quanto “vittime” dell’abuso), non è
stata in alcun modo riformulata nell’atto di appello.
Nel caso di specie, dunque, il ripristino dei luoghi è stato legittimamente
posto a càrico dell’appellante, trattandosi di area “di proprietà del Demanio
dello Stato … gestita ed in possesso del Ministero delle Finanze” (così,
testualmente, come s’è visto, le premesse dell’Ordinanza di cui si discute), con
la quale esso indubbiamente si trovava in un rapporto tale da consentirgli,
prima, di impedire la causazione dell’illecito de quo e, poi, di eseguire
gli interventi necessarii al fine di eliminare la riscontrata situazione di
pericolo per la salubrità dell’ambiente e dunque per la salute pubblica (v.
Cons. St., V, 2 aprile 2001, n. 1904 e 2 aprile 2003, n. 1678), ch’è, per di
più, pacificamente presupposto legittimante l’esercizio del potere sindacale di
intervenire in via contingibile ed urgente, al quale pure l’ordinanza in
questione, con il richiamo in essa contenuto dell’art. 38 della legge 8 giugno
1990, n. 142, è ascrivibile.
Né siffatta, corretta, individuazione dell’obbligato ad eseguire i lavori
occorrenti per l’eliminazione della minaccia all’interesse pubblico risulta in
qualche modo inficiata dalla riconducibilità, secondo le tesi dell’appellante,
dell’ordinanza in argomento nel novero degli “interventi urgenti e necessari per
la bonifica e ripristino delle aree degradate da irrazionali attività connesse
con lo smaltimento dei rifiuti, in modo da restituire le stesse alle
destinazioni previste dallo strumento urbanistico”, spettanti ai Comuni ai sensi
dell’art. 24, comma 1, lett. e), della L.R. n. 30/1987, in quanto detta
attribuzione ( che, come s’è visto, fa salve le competenze attribuite ai Comuni
dal D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 ) non esclude affatto il potere/dovere del
Comune, fondato sul disposto del comma 2 dell’art. 9 del D.P.R. n. 915 medesimo,
di ricercare ed individuare l’obbligato di diritto.
Del tutto inconferente, infine, si rivela l’invocazione, da parte
dell’appellante, del principio di sussidiarietà ( che “impone che gli interventi
pubblici siano svolti al livello più appropriato” ), poiché, se è vero che tale
proprio principio sembra presiedere al complesso riparto di competenze fra
Stato, Regioni, Province e Comuni disegnato nella materia dello smaltimento dei
rifiuti dal legislatore del D.P.R. n. 915, la sua applicazione concreta non
comporta di certo un esonero dalla specifica obbligazione gravante su chi ha la
responsabilità dell’area compromessa dall’abbandono abusivo, anche quando tale
soggetto sia, come nel caso di specie, una pubblica amministrazione, il
principio di sussidiarietà non potendo di sicuro valere a coprire le conseguenze
della violazione di precisi obblighi posti dal legislatore a salvaguardia degli
interessi rilevanti in materia; salvo, poi, dover verificare in un successivo
momento quali siano i soggetti, a cui effettivamente accollare le spese
sostenute per il perseguimento, d'ufficio, della tutela degli interessi della
collettività interessata.
2. - Alla stregua delle riportate considerazioni, l'appello, in definitiva, va
rigettato, con compensazione delle spese del presente grado tra le parti
costituite, sussistendone giusti motivi.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente
pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto,
conferma, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 17 febbraio 2006, dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale Sezione Quarta riunito in Camera di consiglio con
l’intervento dei seguenti Magistrati:
Carlo Saltelli - Presidente f.f.
Carlo Deodato - Consigliere
Salvatore Cacace - Consigliere, rel. est.
Sergio De Felice - Consigliere
Eugenio Mele - Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE F.F.
IL SEGRETARIO
Salvatore Cacace
Carlo Saltelli
Giacomo Manzo
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
12 maggio 2006
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
Il Dirigente
Giuseppe Testa
1) Rifiuti - Smaltimento dei rifiuti - Demanio dello Stato - Ordine di ripristino dei luoghi imposto ad altra P.A. Legittimità Fondamento - Spese sostenute per il perseguimento d'ufficio - Principio di sussidiarietà Esclusione - Riparto di competenze fra Stato, Regioni, Province e Comuni. In materia dello smaltimento dei rifiuti, l’ordine di ripristino dei luoghi (rimozione dei rifiuti abusivamente depositati su un’area demaniale di un fiume e l’esecuzione delle bonifiche necessarie), è legittimamente posto a carico di altra P.A., quando si tratta di area (in specie di proprietà del Demanio dello Stato … gestita ed in possesso del Ministero delle Finanze), con la quale essa si trovi in un rapporto tale da poter, prima, impedire la causazione dell’illecito de quo e, poi, eseguire gli interventi necessari al fine di eliminare la riscontrata situazione di pericolo per la salubrità dell’ambiente e dunque per la salute pubblica (v. Cons. St., V, 2 aprile 2001, n. 1904 e 2 aprile 2003, n. 1678), che è, per di più, pacificamente presupposto legittimante l’esercizio del potere sindacale di intervenire in via contingibile ed urgente, con il richiamo in essa contenuto dell’art. 38 della legge 8 giugno 1990, n. 142. In tali casi, è inconferente l’invocazione del principio di sussidiarietà (che “impone che gli interventi pubblici siano svolti al livello più appropriato”), poiché, se è vero che tale principio sembra presiedere al complesso riparto di competenze fra Stato, Regioni, Province e Comuni disegnato nella materia dello smaltimento dei rifiuti dal legislatore del D.P.R. n. 915, la sua applicazione concreta non comporta di certo un esonero dalla specifica obbligazione gravante su chi ha la responsabilità dell’area compromessa dall’abbandono abusivo, anche quando tale soggetto sia, come nel caso di specie, una pubblica amministrazione, il principio di sussidiarietà non potendo di sicuro valere a coprire le conseguenze della violazione di precisi obblighi posti dal legislatore a salvaguardia degli interessi rilevanti in materia; salvo, poi, dover verificare in un successivo momento quali siano i soggetti, a cui effettivamente accollare le spese sostenute per il perseguimento, d'ufficio, della tutela degli interessi della collettività interessata. Pres. Saltelli - Est. Cacace - MINISTERO delle Finanze (Avvocatura Generale dello Stato) c. Comune di San Giorgio della Richinvelda (avv.ti Longo e Mazzarelli) (conferma T.A.R. Friuli Venezia Giulia, n. 1459/98). CONSIGLIO DI STATO, Sezione IV, 12/05/2006 (c.c. 17/2/2006), Sentenza n. 2676
2) Procedure e varie - Pubblica amministrazione - Mera riproposizione della doglianza Inammissibilità. E’ inammissibile, la mera riproposizione della doglianza, dedotta con il ricorso originario, concernente “la inammissibilità di un provvedimento con cui una pubblica amministrazione impartisca ordini ad un’altra”, non accompagnata da alcuna pertinente e specifica critica alla motivazione sul punto resa dalla sentenza impugnata (Cons. St., IV, 29 aprile 2004, n. 2620). Pres. Saltelli - Est. Cacace - MINISTERO delle Finanze (Avvocatura Generale dello Stato) c. Comune di San Giorgio della Richinvelda (avv.ti Longo e Mazzarelli) (conferma T.A.R. Friuli Venezia Giulia, n. 1459/98). CONSIGLIO DI STATO, Sezione IV, 12/05/2006 (c.c. 17/2/2006), Sentenza n. 2676
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