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 Massime della sentenza

 

 

CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31/01/2006 (CC 25/10/2005), Sentenza n. 330

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N.330/2006
Reg.Dec.
N. 2360 Reg.Ric.
ANNO 2005I

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello proposto da Comune di Sant’Anastasia in persona del Sindaco p.t. rappresentato e difeso dall'avv. Corrado Diaco e con questi elettivamente domiciliato presso l’avv. Alberto D’Auria in Roma via Calcutta n. 45;
contro
H3G SPA in persona del legale rappresentante p.t. rappresentato e difeso dall’avv. Prof. Marcello Clarich presso cui è elettivamente domiciliato in Roma, piazza di Monte Citorio n. 115;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Sezione Prima - n.16284 del 3 novembre 2004.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di H3G SpA;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 25 ottobre 2005 relatore il Consigliere Luciano Barra Caracciolo.
Uditi l’avv. Fantini per delega dell’avv. Diaco e l’avv. Clarich;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


F A T T O


Con la sentenza in epigrafe, resa ai sensi dell’art. 26, comma 4, l. n.1034 del 1971, è stato accolto il ricorso proposto dalla H3G SPA avverso la nota del Sindaco del Comune di Sant’Anastasia con cui veniva negato il nulla osta paesistico per la realizzazione di un impianto di telefonia UMTS, sul lastrico solare di un edificio sito in via Mosè Coppola n.22 “…in quanto non rientra tra gli interventi ammissibili dal vigente P.T.P. e perché costituisce impatto ambientale, in conformità del parere espresso dalla Commissione edilizia integrata nella seduta del 26 aprile 2004”. Riteneva il Tar che fosse fondato il primo motivo di ricorso, atteso che gli impianti di telefonia mobile vanno ricompresi tra gli impianti tecnologici ed infrastrutturali la cui realizzazione era consentita dall’art.21 del P.T.P., anche in deroga alle norme e prescrizioni delle singole zone; accoglieva altresì il secondo motivo di ricorso, perché l’Amministrazione avrebbe dovuto motivare in modo più specifico l’incompatibilità dell’impianto con il paesaggio circostante, affermandosi solo un generico impatto ambientale, mentre si trattava di “un modestissimo manufatto tale da sfuggire a un osservatore di media attenzione anche per la presenza circostante di fabbricati più elevati e per nulla dotati di omogeneità stilistico formale preclusiva dell’inserimento di un piccolo corpo estraneo”.


Appella il Comune deducendo i seguenti motivi:
1. La zona interessata dall’installazione rientra in pieno centro storico cittadino, in zona classificata di Recupero urbanistico edilizio e di Restauro paesistico ambientale- RUA- dall’art.13 del PTP dei Comuni vesuviani, che prevede l’assoluto divieto di interventi che comportino l’incremento dei volumi esistenti. L’opera in questione non è irrilevante da un punto di vista urbanistico, non essendo né precaria né priva di impatto estetico ambientale (si tratterebbe di un finto camino in vetroresina dell’altezza di circa 6 mt, con una sezione di 1mq., da apporre sul terrazzo di un immobile sito in zona densamente abitata). Dunque, l’atto impugnato è congruamente motivato dal contrasto con i valori ambientai e paesaggistici concretamente tutelati con la normativa del PTP per la zone RUA, che vieta l’edificazione privata. Inoltre, l’istanza presentata da H3G non è conforme a quanto previsto dall’art.87 D.lgs.259\2003, non essendo corredata da tutta la documentazione richiesta dalla previsione normativa, onde consentire una corretta valutazione dell’impatto ambientale. Questo va valutato non solo sotto il profilo urbanistico-edilizio, ma anche sotto quello sanitario e di tutela della salute, di inderogabile competenza dell’ente locale.


2. Una volta valutata la incompatibilità dell’intervento con le specifiche esigenze di salvaguardia ambientale della zona, non può esigersi dall’autorità emanante un’ulteriore comparazione con interessi di diversa natura, poiché la tutela del paesaggio costituisce valore costituzionalmente primario e prevalente. E in tal senso va letto l’art.21 PTP, che non attribuisce ai soggetti privati gestori di telefonia mobile il potere o la pretesa di poter individuare a loro piacimento i siti dove posizionare gli impianti radioelettrici. L’art.21 si limita solo a riconoscere al Comune la possibilità di autorizzare la realizzazione dell’impianto anche in deroga alla disciplina urbanistica di zona, previa valutazione dell’impatto ambientale, che nel caso è stata operata nel senso della ritenuta prevalenza della tutela dell’area sita in pieno centro storico e classificata RUA, con divieto di interventi che comportino incremento dei volumi esistenti.


3. La legge 36\2002 attribuisce ai Comuni un generale potere di regolamentazione e individuazione delle zone ove ubicare impianti generatori di campi elettromagnetici, tra cui rientrano i ripetitori di telefonia mobile. La valutazione nel caso è stata effettuata in considerazione della densità di abitanti dell’area interessata dalla struttura, posta su un edificio che è circondato da molte altre costruzioni più elevate, esponendo centinaia di persone a rischi alla salute. H3G poteva invece ricorrere alla coubicazione e condivisione della infrastruttura con altro operatore ai sensi dell’art.89, co.2, del D.lgs. 259\2003.


4. La sentenza impugnata è ingiusta e illegittima in quanto non si limita a valutare la legittimità del provvedimento impugnato, ma opera una valutazione delle scelte urbanistiche, non consentita al giudice amministrativo che non può sostituire la propria valutazione tecnica a quella dell’Amministrazione. L’ente nella specie ha solo valutato l’impatto ambientale della costruzione con un apprezzamento non microscopicamente illegittimo né affetto da incongruenze manifeste. La sentenza ha oltretutto riportato un passaggio relativo alla descrizione del tessuto urbanistico circostante il manufatto da realizzare, ripreso da altra sentenza, citata a pag. 11 del ricorso introduttivo.


Si è costituita la società appellata deducendo l’integrale infondatezza del gravame.


D I R I T T O


1. Le disposizioni dell’art.13 del P.T.P. dei comuni vesuviani, che includono l’edificio sopra il quale è da effettuarsi l’installazione dell’impianto in contestazione nella zona di Recupero urbanistico edilizio e di Restauro paesistico ambientale- RUA- sono compatibili con le previsioni dell’art.21 dello stesso P.T.P., che consentono “in tutte le zone del presente piano, anche in deroga alle norme e prescrizioni delle singole zone di cui alla presente normativa”, tra l’altro, la realizzazione di “impianti telefonici” (comma 1), ammettendo le “volumetrie strettamente indispensabili alla realizzazione e funzionalità dei predetti impianti” (comma 2).


E’ pertanto da respingere il primo motivo di appello che fa leva invece sulla impossibilità “tout court” in base all’art.13 P.T.P. di interventi che comportino incrementi volumetrici nella zona RUA, motivazione che, oltre a essere errata in punto di diritto, non è neppure esplicitata nel provvedimento impugnato.
Va sottolineato infatti come il provvedimento stesso neppure menzioni il predetto art.13, e in alcun modo contenga uno svolgimento fattuale e giuridico che sia identificabile come una motivazione su un concreto contrasto con valori paesistici e ambientali.


2. Sussiste pienamente perciò il difetto di motivazione rilevato dal Tar, oltrechè la violazione di legge per avere, il provvedimento impugnato, sostenuto che l’intervento “de quo”: a) “non rientra fra gli interventi ammissibili dal vigente PTP” ( il che, appunto, nasce dall’evidenziata erronea lettura dell’art.21 in combinazione con l’art.13 da parte del Comune); b)”costituisce impatto ambientale”, asserzione sintetica non sostenuta da alcun processo valutativo opportunamente esternato.


3. Costituisce poi un’inammissibile integrazione postuma dell’atto impugnato, operata in sede processuale sub specie di atto di parte, l’affermazione che la documentazione a corredo della domanda di H3G sia incompleta, affermazione oltretutto indimostrata, attesa anche al sua genericità.
4. Infondate sono poi le ulteriori censure d’appello, posto che la soccombenza del Comune attiene da una lato all’ammissibilità dell’intervento alla luce del vigente P:T.P., dall’altro all’assoluta genericità della motivazione, da cui discende che, contrariamente a quanto sostiene l’appellante, ciò che risulta mancante è proprio una seria valutazione di incompatibilità ambientale che, comunque, non può giungere a negare la previsione dell’art.21 P.T.P., nei termini dianzi precisati, né a contraddire ciò che è scontato in tale previsione, e cioè che gli impianti di telefonia possono naturalmente essere ubicati anche in zone ad alta densità abitativa, purché siano rispettate le prescrizioni tecniche dettate dalla normativa di settore (la cui mancata osservanza non è però in discussione nel provvedimento impugnato).


5. Da ultimo va chiarito che la sentenza appellata, nell’affermare “ad abundantiam” che si tratta di “un modestissimo manufatto tale da sfuggire a un osservatore di media attenzione, anche per la presenza circostante di fabbricati più elevati e per nulla dotati di omogeneità stilistico formale, preclusiva dell’inserimento di un piccolo corpo estraneo”, non travalica nel merito tecnico. Piuttosto compie una notazione didascalica, tesa cioè a chiarire i termini della questione per le parti in controversia e meglio indirizzare il successivo esercizio della potestà amministrativa, e ciò in base ad una mera enunciazione descrittiva, la cui valenza sul piano estetico è esprimibile secondo ragionevolezza, tenuto conto di dati sensibili e della comune esperienza.
Va al riguardo notato che la descrizione dell’esistenza di circostanti fabbricati più elevati risulta ammessa dallo stesso appellante (cfr; pag.5, sub 3, dell’appello) e se richiama in termini un precedente giurisprudenziale, ciò risulta obiettivamente compiuto nell’ottica rafforzativa del “dictum” decisorio, senza che risulti inficiato nella sua verità storica.
Da quanto precede deriva l’integrale reiezione dell’appello. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.


P. Q. M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe, confermando per l’effetto la sentenza impugnata.


Condanna l’appellante alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate, in complessivi euro 4000, di cui 3500 per diritti ed onorari, oltre a IVA e oneri di legge.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2005 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Giorgio GIOVANNINI Presidente
Carmine VOLPE Consigliere
Luciano BARRA CARACCIOLO Consigliere Est.
Lanfranco BALUCANI Consigliere
Rosanna DE NICTOLIS Consigliere



      Presidente                                                       Consigliere                                                              Segretario

GIORGIO GIOVANNINI                                     LUCIANO BARRA CARACCIOLO                              GLAUCO SIMONINI

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 31/01/2006
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
 

M A S S I M E

Sentenza per esteso


1) Inquinamento elettromagnetico - Diniego del nulla osta paesistico per la realizzazione di un impianto di telefonia UMTS, sul lastrico solare di un edificio – Illegittimità - Profilo urbanistico-edilizio – Motivazione – Obbligo – Sussiste. Sotto il profilo urbanistico-edilizio, deve essere motivata tecnicamente la non precarietà delle opere finalizzate ad “impianti telefonici” e il conseguente impatto estetico ambientale. Inoltre, deve essere puntualmente dimostrata e non generica, l’affermazione che la documentazione a corredo della domanda sia incompleta. In specie, risulta mancante, anche, una seria valutazione di incompatibilità storico-ambientale collegata ad uno svolgimento fattuale e giuridico che sia identificabile come una motivazione su un concreto contrasto con valori paesistici e ambientali. Pres. GIOVANNINI - Est. BARRA CARACCIOLO - Comune di Sant’Anastasia (avv. Diaco) c. H3G SPA (avv. Clarich) (conferma T.A.R. Campania - Sezione Prima - n.16284 del 3 novembre 2004). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31/01/2006 (CC 25/10/2005), Sentenza n. 330

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