Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
Copyright © Ambiente Diritto.it
Segnalata da Augusto Atturo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 5375/2006
Reg. Dec..
N. 3226 Reg.Ric.
ANNO 2005
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso iscritto al NRG 3226/2005 proposto dal COMUNE DI VIBO VALENTIA, in
persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Michele
Accorinti ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Roma, Via della
Ferratella in Laterano, n. 33;
contro
BARBIERI RODOLFO e CORREALE MARIA, rappresentati e difesi dall’avv. Gianfranco
Spinelli ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. Maria Mele in
Roma, Via Crescenzio, n. 37;
e nei confronti di
SCHEPIS TERESINA, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria –
Sezione di Catanzaro, n. 2381 del 12 novembre 2004.
Visto il ricorso in appello;
visto l'atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale proposto dai
summenzionati signori Barbieri e Correale;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
data per letta alla pubblica udienza dell’11 luglio 2006 la relazione del
consigliere Pier Luigi Lodi; nessuno comparso per le parti;
ritenuto e considerato quanto segue:
FATTO
Con atto notificato il 25 marzo 2005, depositato il successivo 21 aprile, il
Comune di Vibo Valentia ha presentato appello avverso la sentenza del T.A.R.
Calabria – Sezione di Catanzaro, n. 2381/2004, che aveva accolto in parte il
ricorso proposto dai signori Rodolfo Barbieri e Maria Correale per
l’annullamento dei provvedimenti comunali in data 28 gennaio e 27 febbraio 2003,
di definizione in senso positivo del procedimento di verifica di legittimità
della denuncia di inizio di attività inoltrata dalla signora Schepis per la
ristrutturazione di un fabbricato contiguo alla proprietà dei ricorrenti.
In particolare il Comune appellante contesta l’accoglimento, da parte del
giudice di primo grado, della censura relativa alla non riconducibilità ad una
ipotesi di ristrutturazione della prevista ricostruzione di un vano, ridotto a
rudere, posto nel cortile dell’edificio, sostenendo che anche tale intervento
poteva rientrare nell’insieme sistematico di opere oggetto della D.I.A. in
questione.
Con atto notificato il 18 – 19 maggio 2005, depositato il 1° giugno successivo,
i signori Barbieri e Correale hanno presentato controricorso, con appello
incidentale, contestando in fatto ed in diritto le diverse statuizioni del
giudice di primo grado.
Con memorie le parti hanno ulteriormente insistito nelle rispettive tesi.
La causa è passata in decisione all’udienza pubblica dell’11 luglio 2006.
DIRITTO
1. - I ricorrenti in primo grado, proprietari di un immobile sito nel Comune di
Vibo Valentia, avevano impugnato i provvedimenti del medesimo Comune concernenti
la verifica di legittimità, in senso positivo, della denuncia di inizio di
attività, relativa alla ristrutturazione di un fabbricato confinante con quello
di loro proprietà.
Con la sentenza appellata il giudice di primo grado ha accolto il ricorso per la sola parte relativa al previsto intervento di ricostruzione di un vano già esistente nel cortile retrostante al fabbricato, trattandosi di attività ritenuta non riconducibile alla nozione di ristrutturazione.
2. - L’appello principale è stato proposto dal menzionato Comune per riaffermare
la legittimità anche della ricostruzione del vano in questione, ormai ridotto
allo stato di rudere, sostenendosi che per configurare una ipotesi di
ristrutturazione sarebbe sufficiente la preesistenza di un fabbricato demolito
da ricostruire fedelmente; nel caso in esame, poi, si doveva effettuare una
valutazione complessiva dell’intervento previsto, che comprendeva anche il
piccolo vano in parola, da considerare come pertinenza del fabbricato
principale, la volumetria del quale sarebbe comunque desumibile dalle tracce
rimaste.
2.1. - Ritiene la Sezione che tali argomentazioni non siano condivisibili.
Appare anzitutto contraddittorio l’assunto della sostanziale unitarietà
dell’intervento, a fronte della obiezione in ordine alla scindibilità dei
singoli titoli abilitativi riguardanti i lavori progettati, formulata con
memoria dalla difesa comunale in riferimento alla censura dedotta in proposito
dai ricorrenti in primo grado, riproposta dai medesimi con appello incidentale.
Non sembra attendibile, d’altronde, la qualificazione come “pertinenza”, ossia
come “ cosa destinata in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra
cosa” ai sensi dell’art. 817 c.c., del rudere di cui si tratta, del quale
rimangono soltanto pochi residui e tracce, a quanto emerge dalla documentazione
fotografica prodotta dalla stessa parte interessata.
In ogni caso, quindi, non potrebbe farsi rientrare in una fattispecie di
ristrutturazione edilizia un intervento come quello in discorso, in cui la parte
dell’opera muraria ancora esistente non consentirebbe, in realtà, la sicura
individuazione dei connotati essenziali del manufatto originario e, quindi, la
sua fedele ricostruzione.
Deve condividersi, pertanto, la pronuncia del giudice di primo grado in
proposito, in quanto la ricostruzione degli anzidetti ruderi va considerata, a
tutti gli effetti, realizzazione di una nuova costruzione, in quanto non
equiparabile alla ristrutturazione edilizia, e per simile attività deve essere
richiesto apposito permesso di costruzione, non essendo possibile far ricorso
alla denuncia di inizio di attività, ai sensi dell’art. 1, comma 6, della legge
21 dicembre 2001, n. 443 (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10 febbraio 2004, n. 475).
In conclusione l’appello principale si palesa infondato e va respinto.
3. - La Sezione ritiene che pure il ricorso incidentale, proposto dai ricorrenti
in primo grado per contestare le altre statuizioni della sentenza appellata, sia
ugualmente privo di concreto fondamento.
3.1. - In primo luogo, i predetti ricorrenti insistono sul fatto che,
trattandosi di un solo progetto edificatorio, l’annullamento disposto dal
giudice di primo grado, con riferimento alla prevista ricostruzione del rudere
di cui sopra, doveva estendersi all’intero intervento, producendosi altrimenti
una vera e propria modifica progettuale da parte del detto giudice.
L’assunto va disatteso in quanto trattasi, come accennato sopra, di parti
chiaramente scindibili del progetto, caratterizzate da una propria autonomia,
con conseguente possibilità di eliminazione delle sole attività edificatorie che
siano riconosciute illegittime, senza che ciò possa riflettersi, con effetti
invalidanti, sulla legittimità della restante parte dell’intervento nel suo
complesso.
3.2. - In secondo luogo non appaiono sussistenti le asserite violazioni delle
norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico vigente, ed in ispecie
dell’art. 45 che, per la porzione di zona residenziale di ristrutturazione RR,
ricompresa tra i due rami ferroviari – su cui insiste l’immobile in questione –
prevede l’applicabilità del precedente art. 35, in base al quale, come
sottolineato dai ricorrenti incidentali, sono ammessi interventi di
ristrutturazione solo nel caso di “comprovata ed urgente necessità”, non
dimostrata nel caso di specie.
Al riguardo va condiviso l’assunto del primo giudice, che fa riferimento ad una
apposita relazione illustrativa del tecnico comunale, acquisita in via
istruttoria, rilevando che la predetta zona residenziale di ristrutturazione RR
è specificamente disciplinata dall’art. 36 delle N.T.A., il quale non subordina
ad alcuna condizione l’esecuzione degli interventi di ristrutturazione, mentre
il richiamato art. 35 si applica solo alle zone degli insediamenti storici RS,
che riguardano esclusivamente il centro storico e non interessano il luogo ove
si trova l’immobile ora considerato.
3.3. - Infine, i ricorrenti prospettano un aumento di volumetria - con
conseguente necessità di previo rilascio di concessione edilizia - per effetto
della maggiore elevazione delle tamponature, rispetto a quelle prima esistenti,
che sarebbe stata realizzata in una verandina al primo piano, prevista sulla
solettina esistente del ripostiglio del piano terra, con relativa pavimentazione
e parapetto in muratura.
Osserva in proposito il Collegio che pur tenendosi conto della varia
documentazione, anche fotografica, versata in atti, assume determinante rilievo
la circostanza che trattasi di una loggia (della limitata superficie di mq 2,80
circa) ricavata dal prolungamento del tetto di copertura ed in aderenza ad un
preesistente corpo sporgente, per cui risulta applicabile la disposizione
dell’art. 5 delle N.T.A. il quale esclude - ai fini del calcolo della superficie
lorda - simili superfici se non superiori (come in questo caso) al 30% della
superficie coperta. Se ne desume, quindi, la insussistenza dei presupposti per
il calcolo di una ulteriore volumetria.
3.4. - Alla stregua di quanto sopra esposto, anche il ricorso incidentale deve
essere respinto.
4. - Stante la soccombenza di entrambe le parti, sussistono giusti motivi per
l’integrale compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),
definitivamente pronunciando sul ricorso e sull’appello incidentale meglio
specificati in epigrafe:
- respinge l’appello principale e l’appello incidentale e, per l’effetto,
conferma la sentenza impugnata;
- dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del presente grado di
giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 luglio 2006, con la
partecipazione di:
Lucio Venturini - Presidente
Pier Luigi Lodi Rel. Estensore - Consigliere
Antonino Anastasi - Consigliere
Carlo Deodato - Consigliere
Salvatore Cacace - Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Pier Luigi Lodi
Lucio Venturini
IL SEGRETARIO
Rosario Giorgio Carnabuci
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
15 settembre 2006
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
Il Dirigente
Antonio Serrao
1) Urbanistica ed edilizia - Intervento su rudere - Parte muraria esistente - Impossibilità di individuare i connotati essenziali del manufatto originario - Ristrutturazione edilizia - Esclusione - Nuova costruzione - Permesso di costruire - Necessità. Non può farsi rientrare nella fattispecie di ristrutturazione edilizia un intervento su un rudere in cui la parte dell'opera muraria ancora esistente non consenta la sicura individuazione dei connotati essenziali del manufatto originario e, quindi la sua fedele ricostruzione. L'intervento va pertanto considerato a tutti gli effetti realizzazione di una nuova costruzione, per la quale deve essere richiesto apposito permesso di costruire, non essendo possibile far ricorso alla denuncia di inizio attività ai sensi dell'art. 1, comma 6, della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10 febbraio 2004, n. 475). Pres. Venturini, Est. Lodi - Comune di Vibo Valentia (avv. Accorinti) c. B.R. e altro (avv. Spinelli) - (conferma TAR Calabria, Catanzaro, n. 2381/2004) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 15 settembre 2006 (c.c. 11 luglio 2006), sentenza n. 5375
2) Urbanistica ed edilizia - Parti scindibili del progetto - Eliminazione delle sole attività edificatorie illegittime - Possibilità - Invalidità del progetto nel suo complesso - Esclusione. Nell'ipotesi di parti scindibili del progetto, caratterizzate da una propria autonomia, deve ritenersi possibile l'eliminazione delle sole attività edificatorie riconosciute illegittime, senza che ciò possa riflettersi, con effetti invalidanti, sulla legittimità della restante parte dell'intervento nel suo complesso. Pres. Venturini, Est. Lodi - Comune di Vibo Valentia (avv. Accorinti) c. B.R. e altro (avv. Spinelli) - (conferma TAR Calabria, Catanzaro, n. 2381/2004) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 15 settembre 2006 (c.c. 11 luglio 2006), sentenza n. 5375
Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale: Giurisprudenza
|