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 Massime della sentenza

 

 

CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 10 ottobre 2006 (Ud. 11/07/2006), Sentenza n. 6029

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.6029/06REG.DEC.
N. 108+278 REG:RIC.
ANNO 2006

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente


decisione


sui ricorsi in appello proposti da:
1) (procedimento 108/2006) dalla PROVINCIA DI ROMA, in persona del presidente, dottor Enrico Gasbarra, difesa dagli avvocati Antonio Fancellu e Massimiliano Sieni e domiciliata in Roma, via 4 Novembre 119/A, presso l’avvocatura provinciale;
contro
le società a responsabilità limitata ECOFER AMBIENTE e ITALFERRO, con sede in Roma, costituitesi in giudizio in persona dell’ingegnere Valerio Fiori, legale rappresentante di entrambe, difese dall’avvocato Sandro Amorosino e domiciliate presso di lui in Roma, via Ciro Menotti 24;
e nei confronti
- della regione LAZIO, non costituita in giudizio
- del comune di ROMA, in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Marco BRIGATO, domiciliato in Roma alla via del Tempio di Giove 21;
- dei signori Spina CIANETTI, Carlo GIUNCHI, Giulio SELVAGGI, residenti in Roma, costituitisi in giudizio con gli avvocati Carlo e Marco Selvaggi e domiciliati in Roma, via Nomentana 76
- del signor Armando PONZI (residenza non indicata), non costituito in giudizio
- della società SA.LI.MA. di Ponzi Carla (sede non indicata), non costituita in giudizio
- delle imprese ALTOBELLI LUIGI, con sede in Borgo San Michele Latina (Luigi Altobelli), società in accomandita semplice AUTOCOLLATINA, con sede in Roma (Tiziana Splendori), CALÒ ROBERTO, con sede in Roma (Anselmo Calò), società a responsabilità limitata RULLO TEC.E.R., con sede in Roma, società a responsabilità limitata ECO RICICLA 2000, con sede in Roma (Marcello Bellachioma), società a responsabilità limitata EURODEMOLIZIONI, con sede in Roma (Giorgio Amadori), società a responsabilità limitata FE.RO.M., con sede in Roma (Bartolomeo Casagrande), società a responsabilità limitata MARTINELLI ROTTAMI, con sede in Roma (Renato Pozzi), società in nome collettivo PARABELLA, con sede in Roma (Marcello Bellachioma), PEPE VINCENZO, con sede in Roma (Vincenzo Pepe), società in nome collettivo PETRINI ANTONIO & C., con sede in Roma (Sergio Petrini), della società a responsailità limitata AUTODEMOLITORI ROMA NORD, con sede in Roma (Maurizio Petrini), della società a responsabilità limitata AUTODEMOLITORI EUR MAGLIANA, con sede in Roma (Marcello Bellachioma), costituitisi in giudizio in persona dei legali rappresentanti, sopra indicati tra parentesi, difesi dagli avvocati Lazzaro Di Trani e Lucio V. Moscarini e domiciliate presso il secondo in Roma, via Sesto Rufo 23
- delle società a responsabilità limitata D.A.R., F.LLI LUPOLI, STATION SERVICE s.n.c., AUTODEMOLITORI ROMA SUD (sedi non indicate), non costituite in giudizio
- del COMITATO DI DIFESA DEL TERRITORIO DEL DIVINO AMORE, con sede in Roma, non costituito in giudizio
- del signor Francesco EVANGELISTI, titolare dell’azienda agricola La Collinetta, con sede in Roma, non costituito in giudizio
- dei signori Gualtiero BOSSI, Tiziana CESCHIN, Massimo DE SANTIS, Sergio CAPONI, Emilio CAPONI, Bruno SAVIANTONI, Luciano AGOSTINI, Angelo BOTTARO, Luciana IZZI, Enzo CHIATTELLI, Marina D’ALESIO, Paolo CIARLANTINI, Rita Patrizia PERILLI, Anna Maria BORGESE, Sara ANTONUCCI (residenze non indicate), non costituiti in giudizio;
con l’intervento
della società a responsabilità limitata EKOROMA, con sede in Roma, in persona del signor Lauro Paladini, difesa dall’avvocato Francesco Castiello e domiciliata presso di lui in Roma via Giuseppe Cerbara 64;
2) (procedimento 278/2006) dai signori Spina CIANETTI, Carlo GIUNCHI, Giulio SELVAGGI e Stefano AMBROSETTI e dall’azienda agricola LA COLLINETTA, difesi e domiciliati come indicato sopra;
contro
- le società ITALFERRO ed ECOFER AMBIENTE, costituitesi in giudizio rappresentate, difese e domiciliate come indicato sopra
- le imprese ALTOBELLI LUIGI, AUTOCOLLATINA, AUTODEMOLITORI EUR MAGLIANA, AUTODEMOLITORI ROMA NORD, AUTODEMOLITORI ROMA SUD, CALÒ ROBERTO, D.A.R., ECO RICICLA 2000, EURODEMOLIZIONI F.LLI LUPOLI, FE.RO.M., MARTINELLI ROTTAMI, PARABELLA, PEPE VINCENZO, PETRINI ANTONIO & C, RULLO TEC.E.R., STATION SERVICE, costituitesi in giudizio rappresentate, difese e domiciliate come indicato sopra
- AUTODEMOLITORI PIETRALATA 2 (sede non indicata), non costituita in giudizio;
e nei confronti
- del PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI e dei MINISTERI DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO, DELLA SALUTE, DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE, non costituiti in giudizio
- della regione LAZIO, non costituita in giudizio
- della PROVINCIA DI ROMA, costituitasi in giudizio rappresentata, difesa e domiciliata come indicato sopra
- del comune di ROMA, costituitosi in giudizio in persona del sindaco Walter Veltroni, difeso dall’avvocato Marco Brigato e domiciliato in Roma, via Tempio di Giove 21, presso l’ufficio dell’avvocatura comunale;
- dei signori CAPPONI, CESCHIN, DE SANTIS, OCCHIONI, ROSSI, SAVIANTONI, TREZZA, Andrea e Venanzio VIRGILI, non costituiti in giudizio;
- COMMISSARIO DELEGATO PER L’EMERGENZA AMBIENTALE NEL TERRITORIO DELLA REGIONE LAZIO, non costituito in giudizio;
con l’intervento
- della società EKOROMA, rappresentata, difesa e domiciliata come indicato sopra
- del signor Sergio SPIZZICHINI, residente in Roma, difeso dagli avvocati Carlo e Marco Selvaggi e domiciliato in Roma, via Nomentana 76;
per la riforma
della sentenza 2005 n. 11218, notificata il 28 novembre 2005, con la quale il tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima-ter, ha respinto il ricorso contro il provvedimento 4 aprile 2003 n. 28, adottato dall’assessore all’ambiente della regione Lazio in qualità di soggetto attuatore, contenente autorizzazione all’esercizio di una discarica da realizzare in località Falcognana al km 15,300 della via Ardeatina, e ha annullato il decreto 25 marzo 2004 n. 36 del soggetto attuatore, di revoca del suo decreto n. 28 del 2003.
Visto il ricorso in appello 108/2006, notificato tra il 23 e il 27 dicembre 2005, depositato il 5 gennaio 2006 e nuovamente depositato il 28 gennaio 2006;
visto l’atto d’intervento della società Ekoroma, notificato il 25 e 26 gennaio 2006 e depositato il 6 febbraio 2006;
visti il controricorso delle società Ecofer Ambiente e Italferro, depositato il 23 gennaio 2006, e la loro successiva memoria difensiva del depositata il 21 febbraio 2006;
visto il controricorso dei signori Cianetti, Giunchi e Selvaggi, depositato il 27 febbraio 2006;
visto il ricorso in appello 278/2006, notificato il 29 e 30 dicembre 2005 e depositato il 13 gennaio 2006;
visti i controricorsi delle società Ecofer Ambiente e Italferro, depositato il 27 gennaio 2006, della provincia di Roma, depositato il 27 gennaio 2006, del comune di Roma, depositato il 30 gennaio 2006, e delle imprese Altobelli ed altre sopra indicate, depositato il 26 maggio 2006;
visto l’atto d’intervento della società Ekoroma, notificato il 25 e 26 gennaio e depositato l’1 febbraio 2006;
visto l’atto d’intervento del signor Spizzichini, notificato il 2 e depositato il 7 febbraio 2006;
viste le ulteriori memorie difensive presentate dalle parti;
visti gli atti tutti delle cause;
relatore, all’udienza dell’11 luglio 2006, il consigliere Raffaele Carboni, e uditi altresì gli avvocati Sieni, Amorosino, Selvaggi, Brigato, Moscarini, Di Trani e Castiello;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO


La società Italferro esercita attività di recupero del metallo delle carcasse degli autoveicoli demoliti, e conferiva un composto denominato fluff (parola inglese che significa lanugine), essenzialmente costituito dalla gommapiuma, non recuperabile, contenuta negli autoveicoli, in una discarica in comune di Malagrotta. Ecofer Ambiente (d’ora in poi anche solo: Ecofer) è una società appositamente costituita da Italferro allo scopo di progettare e realizzare una nuova discarica per lo smaltimento per il fluff in una cava non più coltivata di pozzolana in comune di Roma, al km 13,500 della via Ardeatina. Quest’ultima società il 23 luglio 2003 aveva presentato al commissario regionale delegato per l’emergenza dei rifiuti di Roma il progetto della discarica “monouso”, cioè appunto solo per il fluff, nella località predetta, e la domanda di autorizzazione a realizzarla e ad esercitarla.

La predetta autorità, dopo avere espletato l’istruttoria ed acquisito i vari pareri prescritti, con provvedimento 4 aprile 2003 n. 28 aveva autorizzato quanto richiesto, con la prescrizione di conformarsi alla direttiva europea sulle discariche (direttiva 1999/31/CE) recepita con decreto legislativo 13 gennaio 2003 n. 36.


L’autorizzazione è stata impugnata dai signor Cianetti, Selvaggi, Giunchi e Ponzi, quest’ultimo anche quale legale rappresentante della società SA.LI.MA. di Ponzi Carla, con ricorso al tribunale amministrativo regionale per il Lazio (procedimento di primo grado 3202/2004).

Premesso di abitare o aver sede in prossimità dell’area destinata a discarica, i ricorrenti hanno dedotto: 1) che non c’erano le condizioni per far luogo alla dichiarazione dello stato di emergenza socio-ambientale, e che quindi l’atto era viziato da incompetenza del soggetto attuatore; 2) che erano state violate le norme sullo svolgimento del procedimento per l’autorizzazione; 3) che non era stata acquisita la relazione sulla valutazione d’impatto ambientale (d’ora in poi: VIA); 4) che non erano stati valutati i requisiti di idoneità del sito, la vicinanza a corsi d’acqua e ad abitazioni e la destinazione urbanistica di zona e la conformità al piano regionale di gestione dei rifiuti; 5) che non erano stati esaminti i pareri resi durante il procedimento.


Sono intervenuti in giudizio, in adesione al ricorso, due comitati per la difesa del territorio, l’azienda agricola La Collinetta, avente sede in prossimità dei luoghi, e i signori Ceschin, De Santis, Rossi, Ambrosetti, Caponi, Saviantoni, Agostini, Occhioni, Trezza e Andrea e Venanzio Virgili, anch’essi residenti nei pressi.


Il 5 gennaio 2004 l’amministrazione provinciale di Roma con nota n. 247/A aveva rappresentato al commissario che la discarica era stata erroneamente classificata, e che, di conseguenza, non erano state osservate le norme previste dalla legge per la categoria conferente. Il responsabile del procedimento, per conto del commissario delegato, tenuto conto delle obiezioni della provincia, il 2 febbraio 2004 ingiunse a Ecofer di limitarsi a recintare l’area e il 17 marzo le comunicò l’avvio del procedimento di revoca. Il vice commissario delegato, con decreto 25 marzo 2004 n. 36, ha revocato l’autorizzazione concessa col decreto n. 28 del 2003.


Ecofer con ricorso al tribunale amministrativo regionale per il Lazio (procedimento di primo grado 6304/2004) ha impugnato il provvedimento di revoca, deducendo i motivi che si possono riassumere come segue.


1) e 2) All’avviso di avvio del procedimento non erano allegate le note del comune e della provincia di Roma, alle quali si faceva riferimento, e nell’avviso non si faceva menzione delle repliche del commissario-soggetto attuatore alle osservazioni della provincia.


3) Le deliberazioni degli enti territoriali richiamate nel provvedimento hanno valore di atti politici e non di provvedimenti amministrativi.


4) La deliberazione del Consiglio regionale richiamata nel provvedimento, che era una semplice sollecitazione al riesame, aveva erroneamente affermato che la zona è classificata dal piano regolatore generale del comune di Roma come zona agricola vincolata.


5) L’atto di revoca è viziato da contraddittorietà con i precedenti atti della medesima autorità, e da mancata considerazione degli elementi acquisiti nell’istruttoria dell’autorizzazione.


La ricorrente ha chiesto anche il risarcimento dei danni.


In giudizio sono intervenuti, in adesione al ricorso, Italferro e numerosi imprenditori, individuali e societari, interessati alla demolizione degli autoveicoli (Altobelli Luigi, Autocollatina, Calò, DAR, Eco Ricicla, Eurodemolizioni, Lupoli, FE.RO.M., Martinelli Rottami, Oarabella, Pepe vincenzo, Petrini Antonio, Rullo TEC.E.R., Station Service, Autodemolitori Roma Nord, Autodemolitori Eur Magliana e Autodemolitori Roma Sud). Sono intervenuti, in opposizione al ricorso, i ricorrenti nel procedimento 3202/2004 nonché i signori Ceschin, De Santis, Sergio ed Emilio Caponi, Saviantoni, Agostini, Bottaro, Izzi, Chiattelli, D’Alesio, Ciarlantini, Perilli, Borgesi e Antonucci.


Il tribunale amministrativo regionale, riuniti i due giudizi ed esperita istruttoria, con la sentenza indicata in epigrafe ha respinto il ricorso 3202/2004 contro l’autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio della discarica, e ha accolto il ricorso 6304/2004 contro la revoca dell’autorizzazione.


In particolare ha giudicato infondati i motivi del ricorso contro l’autorizzazione, quanto al primo motivo perché l’impossibilità di smaltire i rifiuti legittima lo stato di emergenza di cui all’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225, quanto al secondo motivo perché lo stato di emergenza consentiva di omettere l’acquisizione della VIA, specie essendo stata accertata dai competenti organi regionali la compatibilità del progetto con l’ambiente; e ha rilevato la regolarità del progetto e la sua conformità con tutte le norme di tutela dell’ambiente e di distanza dalle acque e dalle abitazioni.


Ha poi accolto il ricorso contro la revoca dell’autorizzazione, sia perché l’avviso di avvio del procedimento di revoca aveva assegnato termini irrisori per le controdeduzioni e aveva comunicato i documenti si sostegno all’avvio del procedimento quanto i termini per controdeduzioni erano già scaduti; sia perché il soggetto attuatore aveva acriticamente recepito le sollecitazioni, di tipo non tecnico, alla revoca dell’autorizzazione.


Infine ha respinto la domanda di Ecofer di risarcimento dei danni, con la motivazione che non erano provati il dolo o la colpa dell’amministrazione.


La provincia di Roma appella deducendo un unico motivo, relativo sia al rigetto del ricorso 3202/2004 sia all’accoglimento del ricorso 6304/2004, nel quale confuta le conclusioni e lamenta le carenze della relazione della perizia fatta eseguire dal tribunale amministrativo regionale, aggiungendo che il giudice di primo grado ha errato nel respingere il terzo motivo concernente la mancanza di VIA.


È intervenuta Ekoroma, che dichiara di svolgere occasionalmente attività di smaltimento dei rifiuti per conto di Ecofer, opponendosi all’accoglimento dell’appello della provincia.

Altro appello è stato proposto dalla signora Cianetti e dagli altri autori del ricorso di primo grado contro l’autorizzazione, deducendo i motivi che si possono riassumere come segue.

(Contro il rigetto del ricorso 3202/2004)

1) I ricorrenti con il primo motivo del ricorso di primo grado non hanno inteso negare che lo stato di emergenza possa essere dichiarato anche nel caso d’impossibilità di smaltire rifiuti, bensì che tale possibilità è esclusa per i rifiuti da demolizione di automezzi, i quali abitualmente vengono smaltiti senza difficoltà; in particolare, lo smaltimento del fluff non ha nesso con eventi calamitosi.

2) Il giudice di primo grado ha errato nel respingere il terzo motivo, relativo alla mancanza di VIA.

3) Il giudice di primo grado ha errato nel respingere il quarto motivo, con cui ci si doleva anche della difformità dalle norme del piano regionale di gestione dei rifiuti, risultando dagli atti di causa che l’istruttoria dell’amministrazione era stata inconsistente, e che sono state violate le distanze dagli insediamenti abitativi.

(Contro l’accoglimento del ricorso 6304/2004)

4) Il giudice di primo grado ha errato ad accogliere il ricorso contro la revoca dell’autorizzazione, che era inammissibile «perché diretto contro il provvedimento adottato dal Soggetto Attuatore in forza della delega dello Stato alla persona e non alla carica».

5) «La giurisprudenza applica con larghezza la norma che impone la comunicazione di avvio del procedimento, pertanto la sentenza sotto questo profilo è erronea e se ne chiede la riforma».

6) La motivazione della sentenza implica la qualificazione del provvedimento come atto d’annullamento, laddove esso è una revoca dell’autorizzazione, per una diversa valutazione discrezionale dell’interesse pubblico.

Sono intervenuti Ekoroma, la quale eccepisce l’inammissibilità dell’appello 278/2006 per la genericità della censura contro il capo della sentenza relativo all’avvio del procedimento di revoca; e il signor Spizzichini, proprietario di terreni agricoli e titolare di un’impresa zootecnica confinanti con l’area della discarica, propugnando invece l’accoglimento dell’appello.

All’udienza del 13 giugno 2006 la causa è stata rinviata per acquisire i fascicoli d’ufficio delle cause di primo grado.


DIRITTO


I due appelli, proposti contro la stessa sentenza, vanno riuniti ai sensi dell’articolo 335 del codice di procedura civile.


L’appello 278/2006 proposto dai signori Cianetti, Giunchi, Selvaggi e Ambrosetti e dall’azienda agricola La Collinetta, ricorrenti di primo grado contro l’autorizzazione alla realizzazione della discarica, è inammissibile per la parte in cui viene impugnato l’accoglimento del ricorso di Ecofer contro la revoca dell’autorizzazione: il giudice di primo grado ha annullato la revoca tra l’altro con la motivazione, di per sé idonea a sorreggere la pronuncia d’annullamento, che nella comunicazione d’avvio del procedimento l’amministrazione aveva assegnato a Ecofer termini irrisori per le controdeduzioni e che i documenti (occorrenti a Ecofer per le controdeduzioni) erano stati inviati all’interessata quando i termini erano scaduti. Gli appellanti non hanno censurato tale motivazione il capo della sentenza, essendosi limitati ad affermare che la giurisprudenza applica con larghezza la norma che impone la comunicazione di avvio del procedimento.


Per quanto riguarda il rigetto del ricorso contro l’autorizzazione alla realizzazione della discarica, è decisiva la verificazione disposta dal giudice di primo grado ed eseguita dal dottor Guido Moteran, geologo dipendente dell’Azienda per l’Ambiente e il Territorio in servizio presso il dipartimento per la difesa del suolo del ministero dell’ambiente.


Quanto alle distanze dalle abitazioni il verificatore ha accertato, dopo aver fatto eseguire misurazioni, che rispetto alle località Falcogna, definito centro abitato, le vasche della discarica distano m 1235,41, rispetto alla località Sprecamore, definita nucleo abitato, la distanza è di m 1499,58, rispetto alle località Falcognana di Sotto e Falcogna di Sopra, definite come nuclei di case sparse, la distanza è, rispettivamente, di m 734, 28 e di m 603,61; tutte distanze superiori a quelle di 1200 m dai centri abitati e di 6000 m dalle case sparse stabilite dal piano degl’interventi di emergenza del settore dello smaltimento dei rifiuti solidi pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 15 novembre 2002 n. 268, in base al quale è stata autorizzata la discarica, e tenendo presente la definizione di “case sparse” intese “non come singole abitazioni ma come nuclei abitativi”, contenuta nel piano medesimo.

Quanto alle singole case, per le quali nell’autorizzazione è stata prescritta, su richiesta dell’Azienda sanitaria locale competente, una distanza di 200 m, la distanza minima è di m 415,93, relativa alla proprietà dell’azienda agricola La Collinetta.

Gli appellanti fanno presente che con la sentenza istruttoria il tribunale amministrativo regionale aveva chiesto di conoscere se fossero state rispettate le prescrizioni del piano regionale dei rifiuti, approvato con deliberazione del Consiglio regionale del Lazio 10 luglio 2002 n. 112, e, come motivo d’appello (pagine da 15 a 19 dell’atto d’appello), sostengono che tale indicazione costituisce cosa giudicata e impediva al primo giudice di tener conto delle distanze stabilite dal piano degl’interventi d’emergenza; e che alcune delle distanze stabilite dal primo dei due piani (il quale, come ha evidenziato anche il verificatore, contiene indicazioni contraddittorie) sono state violate.

Il motivo è inconsistente:
l’oggetto dell’istruttoria è il fatto, ossia, nel caso in esame, la distanza, e non si vede come l’indicazione, al perito, di una piuttosto che di un’altra di riferimento possa costituire cosa giudicata e impedire l’accertamento dei fatti. Gli appellanti aggiungono (pagina 19) che che il piano regionale speciale non è applicabile perché è destinato (soltanto) all’attuazione del programma di raccolta differenziata dei rifiuti.

I due piani regolano invece la stessa materia, e il piano speciale è successivo a quello ordinario, e in ogni caso la realizzazione della discarica in questione è stata prevista dal programma di emergenza dei rifiuti, sicché è naturale che le distanze siano quelle ivi previste.

Infine gli appellanti ripiegano (pagina 22) sulla tesi che le distanze dalla discarica ai centri abitati dovevano essere misurate con riferimento non già alle case (più vicine), bensì al cartello stradale che indica l’inizio del centro abitato; e la tesi è immotivata e priva di consistenza, e oltretutto introduce criteri di misurazione differenti per i centri abitati, da una parte, e i gruppi di case sparse e le singole case dall’altra.


Il verificatore ha anche concluso per il rispetto delle distanze dai corsi d’acqua e della falda acquifera anche in relazione al grado di permeabilità del terreno, e gli appellanti al riguardo si limitano all’affermazione, che il Collegio non ha nessun motivo di ritenere attendibile, che un episodio d’assorbimento dell’acqua durante un sondaggio, riferito dal perito e da lui giudicato non rilevante, è invece determinante perché è indice di fratturazioni «che sono indice di sussistenza di un requisito, espressamente indicato come fattore escludente di qualsiasi discarica».

Gli appellanti rinnovano poi la censura di difetto d’istruttoria, perché il rispetto delle varie distanze è stato accertato per la prima volta dal verificatore, confermando che non era stata eseguita un’adeguata istruttoria.

La censura è infondata, perché l’istruttoria amministrativa non è fine a se stessa, ma è finalizzata ad acquisire la cognizione dei fatti rilevanti ai fini dell’applicabilità delle norme; quando risulti che queste ultime sono state rispettate, non ha neppur senso denunciare una carenza d’istruttoria, ed è arbitrario affermare che l’autorità non ha preso cognizione di presupposti che, in fatto, sussistono.

Resta da esaminare, dell’appello 278/2006, soltanto il motivo di mancata allegazione, alla domanda autorizzazione alla realizzazione della discarica, della valutazione d’impatto ambientale (VIA).

Il primo motivo d’appello, infatti, è una espressa ammissione della legittimità dello stato di emergenza nel caso d’impossibilità di smaltire rifiuti (esclusi però, precisano gli appellanti, i rifiuti da demolizione di automezzi, che a loro giudizio vengono smaltiti senza difficoltà).


La mancata allegazione della VIA è anche l’unico motivo dell’appello 108/2006 della provincia di Roma, che per il resto è una generica confutazione della verificazione fatta eseguire dal tribunale amministrativo regionale.


La VIA è prevista in via generale dalla legge 8 luglio 1986 n. 349, istitutiva del ministero dell’ambiente, il cui articolo 6 «In attesa dell’attuazione legislativa delle direttive comunitarie in materia di impatto ambientale» demanda a un decreto del presidente del Consiglio dei ministri d’individuare le categorie di opere in grado di produrre rilevanti modificazioni dell’ambiente.

I progetti di tali opere devono essere «comunicati, prima della loro approvazione, al ministro dell’ambiente, al ministro per i beni culturali e ambientali e alla regione territorialmente interessata» (comma 2). Il comma 3 dispone che «Il ministro dell’ambiente, sentita la regione interessata, di concerto con il Ministro per i beni culturali e ambientali, si pronuncia sulla compatibilità ambientale nei successivi novanta giorni» salvo proroga.

Il decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, di attuazione delle direttive 91/156/CE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, all’articolo 27 disciplina la procedura per l’approvazione dei progetti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, disponendo al comma 1 che «Ove l’impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale statale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all’autorità competente ai predetti fini e il termine di cui al comma 3» (per la valutazione del progetto dell’impianto) «resta sospeso fino all’acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi dell’articolo 6, comma 4, della legge 8 luglio 1986 n. 349».

La legge 24 febbraio 1992 n. 225, istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile, all’articolo 5, intitolato “Stato di emergenza e potere di ordinanza”, prevede che, al verificarsi degli eventi previsti dall’articolo 2 (eventi che richiedono l’intervento della protezione civile) il Consiglio dei ministri delibera lo stato d’emergenza (comma 1) e provvedere all’attuazione degli interventi di emergenza «anche a mezzo di ordinanze in deroga a ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei princìpi gnerali dell’ordinamento giuridico»; il comma 4 prevede che per l’attuazione degli interventi d’emergenza il presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, il ministro per il coordinamento della protezione civile, possa avvalersi di commissari delegati; e infine il comma 5 dispone «Le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione delle principali norme e devono essere motivate».


Nel caso in esame, lo stato di emergenza per i rifiuti per Roma e provincia è stato dichiarato con decreto del presidente del Consiglio dei ministri 19 febbraio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 23 febbraio 1999 n. 44 e prorogato con decreto 15 dicembre 2000 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 2000 n. 299; il ministro dell’Interno, delegato al coordinamento della protezione civile con decreto del presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 1998, con propria ordinanza 23 giugno 1999 n. 2992, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 1 luglio 1999 n. 152, ha nominato il presidente della regione Lazio commissario delegato per la predisposizione di un piano di interventi di emergenza nel settore della gestione dei rifiuti e per la realizzazione degli interventi necessari per far fronte alla situazione di emergenza, con potere esclusivo di approvare i progetti di discariche.

L’articolo 13 dell’ordinanza autorizza il commissario a derogare a numerose disposizioni di legge (sempre nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento giuridico), tra le quali l’articolo 6 della legge n. 349 del 1986, ossia alla disposizione che prevede l’acquisizione della VIA (con la precisazione, che qui non interessa, «ferma restando l’acquisizione del parere del ministero dei beni e delle attività culturali, ove necessario»).

Risulta chiaro, perciò, che la censura di mancata acquisizione della VIA è infondata.

In ogni caso, nel corso dell’istruttoria amministrativa sono stati acquisiti: la pronuncia di compatibilità ambientale 5 novembre 2002 della Direzione regionale dell’ambiente e della protezione civile, il parere favorevole dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del 19 dicembre 2002 e il parere favorevole 2 aprile 2003 del dipartimento per la difesa del suolo e il servizio geologico.

Il motivo pertanto è infondato, come lo sono, in conclusione, gli appelli.

Il Collegio peraltro stima equo, considerata la materia del contendere, compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.


Per questi motivi


riunisce gli appelli indicati in epigrafe e li respinge e compensa le spese di giudizio.


Così deciso in Roma l’11 luglio 2006 dal collegio costituito dai signori:
Emidio Frascione presidente
Raffaele Carboni componente, estensore
Chiarenza Millemaggi Cogliani componente
Nicola Russo componente
Michele Corradino componente


L'ESTENSORE                                   IL PRESIDENTE
F.to Raffaele Carboni                           F.to Emidio Frascione

IL SEGRETARIO
F.to Agatina Vilardo

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10 ottobre 2006
(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
F.to Antonio Natale
 

M A S S I M E

Sentenza per esteso


1) Rifiuti - VIA - Stato di emergenza - Progetto della discarica “monouso” per lo smaltimento per il fluff in una cava - Rifiuti da demolizione di automezzi - Poteri del commissario a derogare disposizioni di legge - Sussiste - Limiti - Acquisizione della VIA - Omissione - Presupposti. L’articolo 13 dell’ordinanza del 23 giugno 1999 n. 2992, (che ha nominato il presidente della regione Lazio commissario delegato per la predisposizione di un piano di interventi di emergenza nel settore della gestione dei rifiuti e per la realizzazione degli interventi necessari per far fronte alla situazione di emergenza, con potere esclusivo di approvare i progetti di discariche), autorizza il commissario a derogare a numerose disposizioni di legge (sempre nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento giuridico), tra le quali l’articolo 6 della legge n. 349 del 1986, ossia alla disposizione che prevede l’acquisizione della VIA (con la precisazione, «ferma restando l’acquisizione del parere del ministero dei beni e delle attività culturali, ove necessario»). Nella specie, legittimamente lo stato di emergenza consentiva di omettere l’acquisizione della VIA, essendo stata accertata dai competenti organi regionali la compatibilità del progetto con l’ambiente; e rilevando la regolarità del progetto e la sua conformità con tutte le norme di tutela dell’ambiente e di distanza dalle acque e dalle abitazioni. Pres. Frascione - Est. Carboni - Provincia di Roma (avv.ti Fancellu e Sieni) c. Ecofer Ambiente e Italferro ed altri (avv. Amorosino), (Conferma TAR Lazio, sezione prima-ter, sentenza 2005 n. 11218, notificata il 28/11/2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 10 ottobre 2006 (Ud. 11/07/2006), Sentenza n. 6029

 

2) Pubblica Amministrazione - Procedura e varie - Istruttoria amministrativa - Nozione - Finalità - Carenza d’istruttoria. L’istruttoria amministrativa non è fine a se stessa, ma è finalizzata ad acquisire la cognizione dei fatti rilevanti ai fini dell’applicabilità delle norme; quando risulti che queste ultime sono state rispettate, non ha neppur senso denunciare una carenza d’istruttoria, ed è arbitrario affermare che l’autorità non ha preso cognizione di presupposti che, in fatto, sussistono. Pres. Frascione - Est. Carboni - Provincia di Roma (avv.ti Fancellu e Sieni) c. Ecofer Ambiente e Italferro ed altri (avv. Amorosino), (Conferma TAR Lazio, sezione prima-ter, sentenza 2005 n. 11218, notificata il 28/11/2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 10 ottobre 2006 (Ud. 11/07/2006), Sentenza n. 6029

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