Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
Copyright © Ambiente Diritto.it
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.6211/06 REG.DEC.
N. 10293 REG.RIC.
ANNO 2005
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 2005 ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 10293 del 2005, proposto dalla S.a.S. STUDIO
RADIOLOGICO FISIOTERAPICO CASALPALOCCO di A. RONCONI rappresentato e difeso
dagli avv.ti Claudio Chiola e Mary Ferrajuolo, elettivamente domiciliato presso
lo studio del primo in Roma, via della Camilluccia;
CONTRO
- la REGIONE LAZIO, in persona del presidente della Giunta rappresentato e
difeso dall’avv. Paolo Salis dell’Avvocatura Regionale, elettivamente
domiciliata in Roma, via Marcantonio Colonna, n. 27;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio, sez. III n. 11317 del 16 novembre 2005.
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;
Visti gli atti tutti della causa,
Alla pubblica udienza del 28 aprile 2006, relatore il Consigliere Nicola Russo
ed udito, l’avv. Chiola;
FATTO
Con ricorso dinanzi al TAR Lazio, sede di Roma, notificato il 10 maggio 2005, la
s.a.s. Studio Radiologico Fisioterapico Casalpalocco di A. Ronconi,
provvisoriamente accreditata per le prestazioni di radiologia e fisioterapia (ma
già in precedenza convenzionata con il S.S.N.) relativamente a due ambulatori di
radiologia e fisioterapia ubicati nel distretto della ASL RM D, assumeva di
avere installato nell’anno 2002 presso il proprio Ambulatorio di Acilia (ASL RM
D), via G. da Pian del Carmine, 19, un’apparecchiatura di risonanza magnetica
nucleare “Philips Gyroscan T5 - NT Powertrak 1000” da 0,5 Tesla.
Con domanda del 4.4.2002 essa deducente, quindi, richiedeva formalmente alla
Regione Lazio, Assessorato alle Politiche per la Sanità, Area 10 -
Autorizzazioni ed Accreditamenti, la concessione per l’accreditamento
provvisorio delle prestazioni di risonanza magnetica nucleare erogate in tale
struttura.
In ordine alla suddetta domanda, istruita da parte dei competenti organi della
Asl RM D, quest’ultima, con nota prot. n. 000691 dell’1.8.2002, avrebbe espresso
parere favorevole ai fini della concessione dell’autorizzazione
all’accreditamento provvisorio per attività di risonanza magnetica nucleare.
Assumeva, inoltre, che la Regione Lazio non avrebbe ancora emesso alcun
provvedimento in ordine alle formali richieste inoltrate dalla società
ricorrente.
Al protratto silenzio della Regione Lazio nei confronti dell’istanza avanzata
dalla ricorrente, nonostante il suddetto parere favorevole della ASL RM D reso
in data 1.8.02, avrebbe, invece, fatto seguito, nel febbraio 2005, la
concessione dell’accreditamento provvisorio a due diverse strutture: MARILAB
s.r.l. e AXA Medica s.r.l., nonostante le relative domande fossero state
avanzate due anni dopo quella della ricorrente.
Stante il protrarsi del silenzio per oltre trenta giorni, previsti dall’art. 2
della l. 241/90 (dopo la prima richiesta del 4.4.02, l’istanza è stata reiterata
con lettera racc. r.r. del 2.3.2005 ricevuta l’11.3.05 e con una seconda lettera
racc. r.r del 10.3.05 ricevuta il 23.3.05), la richiesta di accreditamento
provvisorio delle prestazioni di RMN avanzata dalla ricorrente, deve intendersi
rifiutata.
La società ricorrente lamentava, pertanto, l’illegittimità dell’impugnato
silenzio rifiuto.
L’intimata Regione Lazio non si costituiva in giudizio.
Con sentenza n. 11317/05 del 16 novembre 2005, il TAR adìto ha respinto il
ricorso.
Con ricorso notificato il 15 dicembre 2005 e depositato il 20 dicembre
successivo lo Studio Radiologico ha chiesto la riforma della sentenza,
deducendone l’erroneità e l’ingiustizia.
La Regione Lazio si è costituita in calce al ricorso in appello notificato,
senza depositare una memoria.
Alla camera di consiglio del 28 aprile 2006 la causa è stata ritenuta in
decisione.
DIRITTO
Si controverte in materia di silenzio rifiuto in ordine ad istanza del 4.4.2002
volta all’accreditamento ai fini dell’erogazione di prestazioni ambulatoriali di
Risonanza Magnetica Nucleare da parte di soggetto già convenzionato con il
Servizio Sanitario Nazionale ed ora provvisoriamente accreditato.
Tale istanza è stata seguita da atto di significazione e diffida del 2.3.2005,
non notificato, e, sulla base delle medesime premesse, da altra domanda in
reiterazione datata 10.3.2005.
Con il ricorso di primo grado la società ricorrente invocava l’applicazione
dell’art. 2 della l. 11.2.2005, n. 15, che ha aggiunto il comma 4 bis all’art. 2
della l. 241/90, con il quale si prevede la proposizione del ricorso avverso il
silenzio, ai sensi dell’art. 21 bis della legge 6.12.71, n. 1034, così come
modificato dall’art. 2 della l. 21.7.2000, n. 205, senza necessità di previa
diffida all’amministrazione inadempiente.
La tesi propugnata dalla odierna deducente non è stata seguita dal TAR, che ha
respinto il ricorso siccome infondato, osservando che l’istanza è stata inviata
il 4.4.2002, ossia ben prima dell’entrata in vigore della legge 11.2.2005, n.
15, mentre l’impugnazione è stata proposta oltre un anno dalla formazione del
silenzio rifiuto, per cui, secondo i primi giudici, “sul versante processuale,
delle due l’una: o non si è formato il silenzio (per mancata rituale diffida)
ovvero è tardiva l’impugnazione (oltre l’anno) a termini dell’art. 4 bis della
legge 7.8.1990, n. 241, come introdotto dall’art. 2 della legge 11.2.2005, n.
15”.
L’appellante lamenta l’erroneità della statuizione di primo grado di rigetto del
ricorso, per violazione dell’art. 2 l. n. 241/90 in relazione al principio
tempus regit actum, nonché per contraddittorietà e travisamento dei fatti.
L’appello è fondato.
Come, infatti, fondatamente sostenuto dall’appellante, la scelta del primo
giudice, di non affrontare la questione sottopostagli (illegittimità del
silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza), utilizzando l’espediente
della motivazione alternativa o perplessa, non appare legittima. Con tale
alternativa, invero, dapprima si nega immediata applicazione alla novella
dell’art. 2 l. n. 241/90 e, poi, invece, contraddittoriamente, se ne postula
addirittura un’efficacia retroattiva, laddove si afferma che sarebbe decorso
l’anno dalla formazione del silenzio-rifiuto.
Seguendo la prima opzione (non si è formato il silenzio per mancata rituale
diffida), alternativamente proposta dal TAR, si giunge alla conclusione che
nella fattispecie in esame si dovrebbe continuare ad applicare la disciplina
legislativa in vigore nel momento della presentazione dell’istanza che ha dato
avvio al procedimento stesso, senza che le innovazioni legislative
successivamente intervenute possano spiegare alcuna efficacia. Seguendo tale
nozione ermeneutica, perché si determini nella vicenda in esame un silenzio
significativo, suscettibile di impugnazione nelle forme di cui all’art. 21 bis
l. n. 1034/1971, occorrerebbe tuttora, nel vigore della l. n. 15/2005 (e ormai
anche del d.l. n. 35/2005, come modificato dalla legge di conversione n.
80/2005) esperire la via della diffida notificata a mezzo di ufficiale
giudiziario.
Conseguenza questa che urta apertamente con i principi generali in tema di
successione delle leggi nel tempo, secondo cui in base al principio tempus regit
actum ogni fase o atto del procedimento - ivi compresi quelli con i quali la
parte privata assume oneri di iniziativa, impulso e documentazione - riceve
disciplina, per quanto riguarda la struttura, i requisiti ed il ruolo
funzionale, dalle disposizioni di legge e di regolamento vigenti alla data in
cui ha luogo ciascuna sequenza procedimentale (cfr. Cons. St., sez. IV, 12
maggio 2004, n. 2894).
Questi principi comportanto che la l. n. 15/2005 deve trovare immediata
applicazione, dal giorno della sua entrata in vigore, anche nei confronti delle
istanze presentate anteriormente. Dalla data di entrata in vigore della nuova
disciplina, pertanto, si deve riconoscere che il silenzio della P.A. superiore a
trenta giorni (o al diverso termine specificamente stabilito per il singolo
caso) facoltizza il privato ad esperire il rimedio di cui all’art. 21 bis l. n.
1034/1971, senza necessità di ricorrere alla diffida.
In ogni caso, come pure fondatamente dedotto dall’appellante, il giudice di
prime cure non si è avveduto del fatto che la ricorrente ha reiterato la domanda
con nuova istanza in data 10 marzo 2005, pervenuta all’Amministrazione
resistente il successivo 23 marzo e, quindi, nella vigenza della l. n. 15/2005.
Non si vede, pertanto, come sia possibile sottrarre questa istanza
all’applicazione del novellato art. 2 della l. n. 241/90, di talché il silenzio
deve ritenersi formato anche senza il ricorso alla diffida. Oltretutto, la
perpetuazione della necessità della diffida, con concessione di un ulteriore
termine dilatorio all’Amministrazione, urta apertamente con gli intenti di
semplificazione ed accelerazione del procedimento perseguiti dal legislatore del
2005, rivelandosi, anche per questo, un’interpetazione ermeneutica in contrasto
con i canoni di cui all’art. 12 delle disp. prel. al c.c. .
Insostenibile appare, inoltre, come fondatamente sostenuto dall’appellante,
anche la seconda opzione alternativa ventilata dal TAR, vale a dire ritenere la
tardività dell’impugnazione del silenzio per decorso del termine annuale
decorrente dalla formazione del silenzio-rifiuto. L’assunto presuppone, infatti,
una retroattività della disciplina introdotta nel 2005 in contrasto sia con la
regola generale sancita dall’art. 11 delle preleggi sia con il principio tempus
regit actum. Per pervenire alla conclusione accolta dal TAR, si dovrebbe infatti
ammettere che dalla data di originaria presentazione dell’istanza inizi a
decorrere non soltanto il termine per la formazione del silenzio-rifiuto, ma
anche il termine annuale di decadenza, pur essendo stato esso introdotto dalla
sduccessiva l. n. 15/2005. Tale ricostruzione comporta, in pratica, la negazione
automatica di qualsivoglia tutela a tutti coloro che abbiano presentato
un’istanza alla P.A. oltre un anno prima dall’entrata in vigore della l. n.
15/2005 (che ha introdotto il termine annuale di decadenza).
Anche tale opzione, comunque, trascura la circostanza che l’istanza del 2002 è
stata reiterata nel marzo 2005, e, pertanto, per questa domanda non può certo
sostenersi che sia decorso il termine decadenziale annuale.
Per i suesposti motivi l’appello in esame deve, pertanto, essere accolto e, per
l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve dichiararsi l’obbligo della
Regione Lazio, Assessorato alle Politiche per la Sanità, Area 10 -
Autorizzazioni ed accreditamenti, di provvedere in ordine alla istanza di
accreditamento provvisorio per le prestazioni di Risonanza Magnetica Nucleare (RMN)
avanzata dalla s.a.s. Studio Radiologico Fisioterapico di A. Ronconi, entro un
termine di giorni novanta dalla comunicazione a cura della Segreteria o, ove
anteriore, dalla notifica a cura di parte della presente decisione.
Le spese del doppio grado di giudizio sono poste a carico dell’Amministrazione
appellata in applicazione del principio della soccombenza, e vengono liquidate
come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie
l’appello indicato in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della impugnata
sentenza, dichiara l’obbligo della Regione Lazio di provvedere sulla istanza
dell’appellante di ottenere l’accreditamento provvisorio per prestazioni di
risonanza magnetica nucleare nei sensi di cui in motivazione.
Condanna l’Amministrazione appellata al pagamento in favore dell’appellante
delle spese ed onorari del doppio grado di giudizio, che liquida
complessivamente in euro 2.500,00 (duemilacinquecento), di cui euro 1.000,00 per
il primo ed euro 1.500,00 per il secondo grado.
Così deciso dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,
nella camera di consiglio del 28 aprile 2006, dal Collegio composto dai seguenti
signori magistrati:
Sergio Santoro Presidente
Chiarenza Millemaggi Cogliani Consigliere
Cesare Lamberti Consigliere
Goffredo Zaccardi Consigliere
Nicola Russo Consigliere rel. est.
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
f.to Nicola Russo
f.to Sergio Santoro
IL SEGRETARIO
f.to Gaetano Navarra
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19 ottobre 2006
(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)
p.IL DIRIGENTE
f.to Livia Patroni Griffi
1) Pubblica Amministrazione - Procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti - Silenzio della P.A. superiore a 30 gg. - Ricorso avverso il silenzio - Diffida - Necessità - Esclusione - Nuova disciplina - Immediata applicazione - L. n. 15/2005 e s.m. (d.l. n. 35/2005, come mod. dalla L. di conv.ne n. 80/2005) - L. n. 241/1990 - L. n.1034/1971. In materia di nuove norme sul procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti, la L. n. 15/2005 trova immediata applicazione, dal giorno della sua entrata in vigore, anche nei confronti delle istanze presentate anteriormente, alla data di entrata in vigore della nuova disciplina. Pertanto, si deve riconoscere che il silenzio della P.A. superiore a trenta giorni (o al diverso termine specificamente stabilito per il singolo caso) facoltizza il privato ad esperire il rimedio di cui all’art. 21 bis l. n. 1034/1971, senza necessità di ricorrere alla diffida. Oltretutto, la perpetuazione della necessità della diffida, con concessione di un ulteriore termine dilatorio all’Amministrazione, urta apertamente con gli intenti di semplificazione ed accelerazione del procedimento perseguiti dal legislatore del 2005, rivelandosi, anche per questo, un’interpetazione ermeneutica in contrasto con i canoni di cui all’art. 12 delle disp. prel. al c.c.. Pres. Santoro - Est. Russo - S.a.S. Studio Radiologico Fisioterapico Casalpalocco di A. Ronconi (avv.ti Chiola e Ferrajuolo) c. Regione Lazio (avv. Salis dell’Avv. Reg.) (accoglie T.A.R. Lazio, sez. III n. 11317 del 16 novembre 2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 19 ottobre 2006 (C.C. 28/04/2006), Sentenza n. 6211
Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale: Giurisprudenza