AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 

 

Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 Copyright © Ambiente Diritto.it

 

 Massime della sentenza

 

 

CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 25 ottobre 2006 (C.C. 8.6.2006), Ordinanza n. 6375

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.6375/2006
Reg. Dec.
N. 8632 Reg. Ric.
Anno 2002

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente


ORDINANZA


sul ricorso in appello n.8632/2002, ed in particolare nel suo ambito sull’istanza di ricusazione presentata dall’avv. Stara in data 27.11.2002, come integrata in data 7.12.2002, di cui all’ordinanza della sez. IV n. 5328/2002, proposto dall’avv. Salvatore Stara, rappresentato e difeso da sé stesso con domicilio eletto in Roma presso Agenzia Omnia Service, Via Duilio 22;
contro
Presidente e Segretario Generale TAR Sardegna, in persona del Presidente p.t e Segretario Generale p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma via dei Portoghesi n. 12;
per la riforma
della sentenza TAR Sardegna n. 851/2001, con la quale è stata dichiarata inammissibile l’istanza di ricusazione del ricorrente, con compensazione delle spese.
Visto il presente ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore alla Camera di Consiglio dell’8.6.2006 il Consigliere Aniello Cerreto; ed udito altresì l’avv. Stara, il quale ha tra l’altro precisato che la documentazione relativa all’istanza di ricusazione del 21.1.2001 era depositata agli atti di altro ricorso chiamato alla stessa pubblica udienza e quindi ha chiesto di tenerne conto;
Considerato che con decreto del Presidente del Consiglio di Stato n.29 del 17.4 2003, e successive integrazioni, sono stati assegnati alla Sez. IV dei Magistrati, compreso il Presidente, per la costituzione di un particolare Collegio per l’esame delle istanze di ricusazione proposte dall’avv. Stara nei confronti dei magistrati assegnati alla Sezione stessa;
Vista l’ordinanza della sez. IV n. 5328/2002 in data 10.12.2002, con la quale il Collegio composto dai signori Salvatore Costantino-pres. f.f., e dai Consiglieri Raffaele Maria De Lipsis, Marinella Rulli Dedi, Carlo Saltelli, Nicola Russo, ha ritenuto che sull’istanza di ricusazione presentata dall’avv. Stara in data 7.12.2002, ad integrazione dell’istanza del 27.11.2002, si pronunciasse un Collegio diverso;
Considerato che dalla documentazione in atti non risultavano le specifiche ragioni di ricusazione dei singoli magistrati componenti del Collegio in data 10.12.002, in quanto le istanze di ricusazione in atti facevano rinvio a precedenti istanze di ricusazione e così di seguito, per cui questa Sezione ha ordinato incombenti istruttori con ordinanza n.5274/2005;
Vista la documentazione depositata dall’avv. Stara in data 22.11.2005, nonché quella relativa alla ricusazione del 21.1.2001 rinvenuta in altro fascicolo;
Considerato che occorre pronunciarsi unicamente sull’istanza di ricusazione del 7.12.2002 (riguardante il collegio composto dai signori Salvatore Costantino-pres. f.f., e dai Consiglieri Raffaele Maria De Lipsis, Marinella Rulli Dedi, Carlo Saltelli, Nicola Russo) ad integrazione dell’istanza del 27.11.2002 (riguardante il collegio composto dai signori Stenio Riccio-pres. e dai Consiglieri Anna Leoni, Domenico La Medica, Giuseppe Carinci e Vito Poli), non potendosi considerare ulteriori istanze di ricusazione indirettamente richiamate e riguardanti altre controversie;
Per quanto concerne l’istanza di ricusazione del 7.12. 2002, viene dedotto:
-Per il presidente f.f. Costantino Salvatore :
“è incompatibile in quanto ha fatto parte del collegio che ha adottato la singolare pronuncia Sez. IV n. 911/2000, per la quale si è ritenuto che il giudice ricusato sarebbe legittimato a far parte del collegio che deve decidere sulla sua ricusazione”, con conseguente esclusione della sua terzietà ed imparzialità;
-Per il cons. De Lipsis :
“ha concorso, con ordinanza n.100 dell’11.1.2002, alla decisione dell’istanza cautelare nel ricorso n.2180/01, con gravi ed inescusabili violazioni del diritto di difesa e di fatto con ingiusto vantaggio per le amministrazioni appellate, come lamentato nelle note del 15.1.2002, 18.1.2002 e 6.2.2002, prodotte nella ricusazione del 10.10.2002”, con evidente ed inconfutabile atteggiamento non sereno, non terzo e non imparziale.
Inoltre, per il fatto in esame, con atto del 9.8.2002 è stato prodotto esposto-denuncia ai sensi dell’art. 333 c.p.p. a carico del Cons. De Lipsis e degli altri quattro componenti del Collegio in data 11.1.2002.
Per cui il Cons. De Lipsis è incompatibile.
-Per il cons. Rulli:
ha partecipato alla decisione di cui al ric. n. 3039/99, deciso in data 11.5.1999 a sfavore dell’istante con la sentenza n. 1648/99, relativa ad un regolamento di competenza inammissibile ed improponibile.
Inoltre, il collegio che decise tale controversia doveva essere composto dal pres. Pezzana e dal Cons. Camera, ma poi tali componenti vennero sostituiti dai cons. Rulli e Poli con un decreto del Pres. Pezzana, con modalità non palesate e privo di data certa, per cui il Cons. Rulli poteva contrastare tale mutamento della composizione del Collegio, mentre non lo ha fatto.
Pertanto il cons. Rulli è incompatibile;
-Per il cons. Saltelli:
ha concorso a decidere le cause dell’istante n. 5712/2000 e 6696/2000 senza che fosse stata decisa la precedente ricusazione proposta anche a suo carico con atto del 26-27.1.2001, relativa al ric. 2287/2002.
Per tale omissione pendono due denunce penali a carico di detto componente e di altri.
Pertanto il cons. Saltelli è incompatibile.
-Per il Pres. Salvatore e per quanti con lui concordi (compreso il cons. Russo) per la mancata fissazione della causa in udienza pubblica.
Per quanto concerne l’istanza di ricusazione del 27.11. 2002, viene dedotto:
-Per il presidente Riccio ed il Cons. Carinci:
hanno concorso, con ordinanza n.100 dell’11.1.2002, alla decisione dell’istanza cautelare nel ricorso n.2180/01, con gravi ed inescusabili violazioni del diritto di difesa e di fatto con ingiusto vantaggio per le amministrazioni appellate, come lamentato nelle note del 15.1.2002, 18.1.2002 e 6.2.2002.
Per tale fatto il Pres. Riccio ha prodotto esposto-denuncia a carico dell’istante che, a sua volta, ha presentato esposto-denuncia;
-Per il presidente Riccio, il Cons Leoni ed il Cons. Carinci :
Detti magistrati hanno partecipato alla decisione di cui all’ordinanza n. 1343/2002 , con la quale nel prendere atto di una rinuncia dell’istante alla domanda cautelare, l’istante medesimo è stato condannato alle spese di giudizio liquidate in euro 2.500,00 a favore della Presidenza del Consiglio. L’ordinanza, ingiusta ed erronea, è frutto di un atteggiamento non sereno e non imparziale, in quanto, da una parte, la Presidenza del Consiglio, che non aveva svolto difese scritte, non è parte in causa, dall’altra la normativa non prevede tale possibilità per una rinuncia ad istanza cautelare.
Il fatto è stato denunciato dall’istante con esposto-denuncia.
Sussiste perciò inimicizia grave di detti magistrati nei confronti dell’istante, anche in considerazione delle iniziative penali intraprese.
-per il Cons. Poli :
ha concorso a decidere le cause n. 5712/2000 e 6696/2000 senza che fosse stata decisa la ricusazione proposta anche a suo carico con atto del 26-27.1.2001 ed altra ricusazione relativa la ricorso n. 2287/2002.
Per tale omissione pendono due denunce penali a carico di detto componente e di altri.
-Per il cons. La Medica:
ha partecipato alla decisione di rigetto della istanza cautelare (ordinanza n. 1044/1998) nel ric. n. 4528/98, con decisione antigiuridica e abnorme con ingiusto vantaggio del CPGA e con ingiusto danno del ricorrente, tanto che poi nel merito il ricorso è stato accolto sia pure in parte dal TAR Lazio con sentenza n. 1940/98.
-Per il Pres. Riccio e per quanti con lui concordi per la mancata fissazione della causa in udienza pubblica.
Considerato in generale che, venendo nella specie in rilievo reiterate istanze di ricusazione di tutti i componendi del Collegio della IV Sezione per le camere di consiglio del 10 e 3 dicembre 2002, le stesse debbono essere valutate anche alla luce dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’istituto della ricusazione non può essere utilizzato in modo da determinare una sostanziale paralisi dell’attività giurisdizionale (V. Cass. S.U. n. 5041 del 9.3.2006), tanto è vero che il vigente art. 40, comma 3°, c.p.p. prevede che “non è ammessa la ricusazione dei giudici chiamati a decidere sulla ricusazione” (V. Cass. pen., sez. 3°, n. 5658 del 13.2.2002);
Considerato altresì che i casi di astensione obbligatoria del giudice di cui all’art. 51 c.p.c., applicabili anche al processo amministrativo ex art. 47 R.D. 17.8.1907 n. 642, sono di stretta interpretazione in quanto incidono sulla capacità del giudice, determinando una deroga al principio del giudice naturale precostituito per legge (V. Cass. S. U. n.12345 dell’8.10.2001).
Considerato inoltre che la maggior parte dei motivi, che ad avviso dell’istante avrebbero dovuto determinare l’astensione obbligatoria di detti magistrati, è stata indicata nel fatto che essi hanno contribuito ad assumere in altri giudizi (in sede cautelare o di merito) decisioni sfavorevoli all’istante, ma ciò di per sè non può costituire espressione di “grave inimicizia” di cui all’art. 51,comma 1 n.3, che obbliga il magistrato ad astenersi dalla relativa decisione (V. Cass. S.U. n.2343 bis del 2.2.2006). Invero, detta inimicizia deve riguardare rapporti estranei al processo e non può, in linea di principio, concretarsi in comportamenti processuali del giudice, ritenuti anomali dalla parte, la quale è tenuta ad indicare fatti e circostanze concrete, che rivelino l’esistenza di ragioni di rancore o di avversione (V. Cass. S. U. n. 12345/2001, già citata).
Né, nei casi denunciati, vi sono state violazioni talmente grossolane e macroscopiche, non imputabili ad incertezze interpretative, che possano apparire come sintomo di un esercizio dei poteri del giudice volto a danneggiare la parte per ragioni di ostilità o di rancore:
-Per quanto concerne il Cons. Costantino Salvatore, “per aver fatto parte del collegio che ha adottato la singolare pronuncia Sez. V n. 911/2000, per la quale si è ritenuto che il giudice ricusato sarebbe legittimato a far parte del collegio che deve decidere sulla sua ricusazione”, occorre rilevare in primis che trattasi di una decisione riguardante altre parti e non l’avv. Stara. Inoltre, il principio contestato non è per nulla aberrante se valutato nell’ambito di una corretta ricostruzione del decisum. Invero. in detta sentenza si sostiene che “la sola proposizione del ricorso per ricusazione non può determinare ipso iure la sospensione del procedimento e la devoluzione della questione al giudice competente a decidere della questione stessa, in quanto spetta pur sempre al giudice a quo una sommaria delibazione della sua ammissibilità all'esito della quale, ove risultino ictu oculi carenti i requisiti formali posti dalla legge per l'ammissibilità della stessa, tale circostanza, pur non potendo assumere valore ostativo della rimessione del ricorso a detto giudice competente, esclude non di meno l'automatismo dell'effetto sospensivo, risultando in tal guisa contemperate le contrapposte esigenze, sottese all'istituto, di assicurare alle parti l'imparzialità del giudizio nella specifica controversia di cui trattasi e di impedire nel contempo, l'uso distorto dell'istituto medesimo”. Tale assunto non solo era conforme all’orientamento della Cassazione all’epoca vigente (V. sez. II, 29 maggio 1998, n. 5307; sez. III, 1 aprile 1995, n. 3825), ma è anche conforme all’orientamento recentemente enunciato dalla Corte cost. nell’ordinanza n. 115 del 18.3.2005, in cui è stato ribadito “il carattere non automatico della sospensione del processo e l’esistenza di un potere delibatorio del giudice della causa in presenza di ricusazioni che rivelino un uso distorto dell’istituto” .
-Per quanto concerne il Pres. Riccio ed i Cons. De Lipsis e Carinci, per aver fatto parte del collegio che ha adottato l’ordinanza cautelare n.100 dell’11.1.2002, relativa al ric. n.2180/01, con la quale è stata respinta l’istanza di rinvio della parte ai fini della decisione cautelare e poi l’istanza cautelare è stata rigetta per mancanza di fumus boni juris. In detta ordinanza non vi è alcunché di anomalo per essere stata respinta l’istanza di rinvio con considerazioni di irrilevanza della ragione addotta, rientrando ciò nell’ampia discrezionalità del Collegio.
-Per quanto concerne il cons. Rulli, per aver partecipato alla decisione di cui al ric. n. 3039/99, deciso in data 11.5.1999 con la decisione sez. IV n. 1648/1999 (versata in atti), relativa ad un regolamento di competenza inammissibile ed improponibile “in quanto privo di ricorso introduttivo”. La richiesta di ricusazione è in parte infondata in quanto dell’esistenza dell’istanza di regolamento di competenza viene dato atto nelle premesse della decisione stessa; ed in parte inammissibile in quanto si fa riferimento ad una precedente ricusazione del 26.1.2001, dalla quale neppure sono enucleabili le ragioni per le quali la statuizione di accoglimento del regolamento di competenza sarebbe del tutto abnorme.
Né può considerarsi sintomo di ostilità il fatto che detto magistrato non abbia contestato la modifica del collegio decisa dal Presidente Pezzana in data 11.5.1999, trattandosi di sostituzioni che riguardavano altri componenti del collegio.
-Per quanto concerne il Cons. La Medica, per aver contribuito alla decisione di rigetto dell’istanza cautelare (ordinanza n. 1044/1998) nel ric. n. 4528/98, occorre in primis precisare che l’ordinanza contestata è nel senso dell’inammissibilità dell’appello riguardante un’istanza di revoca di diniego di sospensiva, per irrilevanza delle sopravvenute circostanze denunciate, il che rientra nelle valutazioni discrezionali del Collegio. Né depone a favore della tesi dell’istante la circostanza che poi nel merito il ricorso è stato parzialmente accolto con sentenza TAR Lazio, sez. III, n.1940/98, trattandosi di valutare aspetti non del tutto coincidenti nel giudizio cautelare ed in quello di merito.
- Per quanto concerne il Pres. Riccio ed i Cons. Leoni e Carinci, per aver fatto parte del collegio che ha adottato l’ordinanza n. 1343/2002, con la quale nel prendere atto della rinuncia all’istanza cautelare per la sospensione dell’esecuzione della sentenza TAR Sardegna n. 836/2001, la parte rinunciante è stata condannata alle spese di giudizio liquidate in euro 2.500,00 a favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri, occorre tener presente che la condanna alle spese nella fase cautelare è espressamente consentita, sia pure “in via provvisoria”, nel processo amministrativo dall’art. 21 L. 6.12.1971 n. 1034, come sostituito dalla L. 21.7.2000 n. 205. D’altra parte, l’avv. Stara potrà chiedere al Collegio che si pronuncerà in sede di merito di riesaminare la condanna alle spese ricevuta in sede cautelare, atteso il carattere “provvisorio” di tale condanna.
-Per quanto concerne i cons. Poli e Saltelli, per aver partecipato al Collegio che aveva deciso le cause n. 5712/2000 e 6696/2000 senza che fosse stata decisa la ricusazione proposta anche a loro carico con atto del 26-27.1.2001 ed altra ricusazione relativa la ricorso n. 2287/2002, è sufficiente osservare che l’aver presentato un’istanza di ricusazione a carico di un magistrato in un determinato giudizio non può precludergli di decidere o concorrere a decidere altre controversie successive in mancanza di un’ulteriore istanza di ricusazione (sia pure ripetitiva della prima), atteso che tale istituto non può essere utilizzato in modo da determinare una sostanziale paralisi dell’attività giurisdizionale.
Irrilevanti sono allo stato anche gli esposti-denuncie intervenuti tra l’avv. Stara ed alcuni dei menzionati magistrati, in quanto da una parte non riguardano fatti estranei a fasi processuali e dall’altra non risultano tuttora intervenute condanne a carico dell’una o delle altre parti (V. Cass. pen., II, 18 giugno 2003, n. 30443; Cass. pen., I, 25 giugno 1996, n. 4336).
Infine, non vi è alcunché di aberrante nel fatto che non siano state accolte istanze del Cons. Stara tendenti a conseguire la trattazione in pubblica udienza di affari che normalmente vengono trattati in camera di consiglio (ad es. le istanze cautelari, ai sensi dell’art. 33 L. 6.12.1971 n. 1034).
Invero, la pubblicità del giudizio che si svolge dinanzi ad organi giudiziari, pur costituendo un cardine dell'ordinamento democratico, fondato sulla sovranità popolare sulla quale si basa l'amministrazione della giustizia ai sensi dell'art. 101 Cost., comma 1, non ha una applicazione assoluta, potendo essere limitato, oltre che nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico, della sicurezza nazionale, dei minori e della vita privata delle stesse parti del processo, anche nell'interesse della giustizia.
Inoltre, l'art. 6, comma 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, invocato dal ricorrente, consente che, per esigenze di giustizia, il principio di pubblicità delle udienze possa essere derogato (V. Cass. S.U. n. 7585 del 20.4.2004 e n. 5041 del 9.3.2006 anche in riferimento a giudizi particolari, Cons. Stato, sez. IV, 29 novembre 2002, n. 6510 resa in materia di accesso; Corte Cost., 4 febbraio 1993, n. 36, resa in sede di giurisdizione domestica).
Ritenuto perciò che le menzionate istanze di ricusazione del 27.11.2002 e del 7.12.2002 debbono essere in parte dichiarate inammissibili ed in parte rigettate, con restituzione del presente fascicolo alla Segreteria della Sez. IV per gli adempimenti di competenza.

Ritenuto di compensare tra le parti le spese della presente fase incidentale di giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, in parte dichiara inammissibili ed in parte respinge le istanze di ricusazione di cui in epigrafe.
Dispone la restituzione del relativo fascicolo alla segreteria della Sezione per gli adempimenti di competenza.
Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio dell’8.6.2006 con l’intervento dei signori:
Giorgio Giovannini Presidente
Giuseppe Minicone Consigliere
Claudio Marchitiello Consigliere
Aniello Cerreto Consigliere, est.
Sandro Aureli Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Aniello Cerreto Giorgio Giovannini

IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
25 ottobre 2006
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
Il Dirigente
Giuseppe Testa

 

M A S S I M E

Sentenza per esteso


1) Procedura e varie - Processo amministrativo - Istanza di ricusazione - Deroga al principio del giudice naturale - Utilizzo - Limiti. I casi di astensione obbligatoria del giudice di cui all’art. 51 c.p.c., applicabili anche al processo amministrativo ex art. 47 R.D. 17.8.1907 n. 642, sono di stretta interpretazione in quanto incidono sulla capacità del giudice, determinando una deroga al principio del giudice naturale precostituito per legge (V. Cass. S. U. n.12345 dell’8.10.2001). Pertanto, l’istituto della ricusazione non può essere utilizzato in modo da determinare una sostanziale paralisi dell’attività giurisdizionale (V. Cass. S.U. n. 5041 del 9.3.2006), tanto è vero che il vigente art. 40, comma 3°, c.p.p. prevede che “non è ammessa la ricusazione dei giudici chiamati a decidere sulla ricusazione” (V. Cass. pen., sez. 3°, n. 5658 del 13.2.2002). Pres. Giovannini - Est. Cerreto - (TAR Sardegna n. 851/2001). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 25 ottobre 2006 (C.C. 8.6.2006), Ordinanza n. 6375


2) Procedura e varie - Astensione obbligatoria dei magistrati - “grave inimicizia” - Presupposti. L’astensione obbligatoria dei magistrati, è stata indicata nel fatto che essi hanno contribuito ad assumere in altri giudizi (in sede cautelare o di merito) decisioni sfavorevoli all’istante, ma ciò di per sè non può costituire espressione di “grave inimicizia” di cui all’art. 51,comma 1 n.3, che obbliga il magistrato ad astenersi dalla relativa decisione (V. Cass. S.U. n.2343 bis del 2.2.2006). Detta inimicizia deve riguardare rapporti estranei al processo e non può, in linea di principio, concretarsi in comportamenti processuali del giudice, ritenuti anomali dalla parte, la quale è tenuta ad indicare fatti e circostanze concrete, che rivelino l’esistenza di ragioni di rancore o di avversione (V. Cass. S. U. n. 12345/2001, già citata). Pres. Giovannini - Est. Cerreto - (TAR Sardegna n. 851/2001). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 25 ottobre 2006 (C.C. 8.6.2006), Ordinanza n. 6375

3) Procedura e varie - Processo amministrativo - Principio di pubblicità delle udienze - Deroga - Esigenze di giustizia. L'art. 6, comma 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, consente che, per esigenze di giustizia, il principio di pubblicità delle udienze possa essere derogato (V. Cass. S.U. n. 7585 del 20.4.2004 e n. 5041 del 9.3.2006 anche in riferimento a giudizi particolari, Cons. Stato, sez. IV, 29 novembre 2002, n. 6510 resa in materia di accesso; Corte Cost., 4 febbraio 1993, n. 36, resa in sede di giurisdizione domestica). Pres. Giovannini - Est. Cerreto - (TAR Sardegna n. 851/2001). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 25 ottobre 2006 (C.C. 8.6.2006), Ordinanza n. 6375

Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale:  Giurisprudenza