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CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 14/11/2006 (C.C. 14/07/2006), Sentenza n. 6698



Beni culturali e ambientali - Vincolo storico artistico - Imposizione - Valutazione tecnico-discrezionale dell’Amministrazione - Sindacabilità - Limiti - Adeguata motivazione - Necessità - Elementi di pregio - Mera descrizione - Insufficienza - Fattispecie - L. n. 1089/1939. La valutazione tecnico - discrezionale dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo è sindacabile in sede di legittimità nei soli limiti di palese illogicità. Pertanto, le ragioni di interesse pubblico alla conservazione del bene o alla sua destinazione a pubblico godimento devono essere esternate attraverso un’adeguata motivazione. Nella specie, è stato ritenuto insufficiente, in materia d’imposizione di un vincolo storico artistico, l’individuazione di alcuni elementi di pregio dell’immobile che non superano la soglia della mera descrizione. Pres. Varrone - Est. Romeo - De Martino Norante (avv. Pinto) c. Ministero dei beni e delle attività culturali e la Sovrintendenza ai beni ambientali di Napoli (annulla T.A.R. Campania, sez. I, sentenza n. 7241 del 2002). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 14/11/2006 (C.C. 14/07/2006), Sentenza n. 6698



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CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 14/11/2006 (C.C. 14/07/2006), Sentenza n. 6698


N.6698/2006
Reg.Dec.
N. 373 Reg.Ric.
ANNO 2004


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello proposto da De Martino Norante Luisa, e successivamente, per suo conto, per gli eredi Cacace Giovanni e Gabriele, rappresentati e difesi dall’avv. prof. Ferdinando Pinto, ed elettivamente domiciliati in Roma, via Vittorio Veneto, n. 7;
contro
il Ministero dei beni e delle attività culturali e la Sovrintendenza ai beni ambientali di Napoli, non costituito;
per l'annullamento
della sentenza n. 7241 del 2002 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sez. I, resa inter partes.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 14 luglio 2006, relatore il Consigliere Giuseppe Romeo, nessuno è comparso per le parti.
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


1.- L’istante ha contestato la legittimità del decreto di imposizione di vincolo storico - artistico ex lege 1089/1939, con allegata relazione del Sovrintendente, di un fabbricato sito nel Comune di Meta, qualificato “vecchia struttura” che è risultata danneggiata dal sisma del 1980, per il quale la stessa ha chiesto l’autorizzazione per i lavori di consolidamento e ristrutturazione ai sensi della legge n. 219/1981, assentiti dal Ministero dei Beni Ambientali e Culturali con decreto del 1993 e, successivamente dal Comune di Meta nel marzo 1994. Questa autorizzazione comunale è stata sospesa nel marzo 1995, a motivo della comunicazione del medesimo Ministero che era in corso la pratica di vincolo ai sensi della predetta legge n. 1089 del 1939, attivata a seguito di un esposto della associazione Italia Nostra alla Sovrintendenza di Napoli. Il vincolo, imposto con decreto notificato in data 8.1.1996, è stato - come detto - impugnato innanzi al TAR Napoli, il quale, con la sentenza di cui viene chiesta la riforma, ha respinto il ricorso, perché le censure dedotte di difetto di presupposti e di motivazione, nonché di contraddittorietà del comportamento del Ministero che afferma il valore artistico e storico del fabbricato dopo avere rilasciato il nulla osta per i lavori di consolidamento e ristrutturazione, sono state ritenute infondate.


In particolare, il primo giudice ha (correttamente) esaminato l’intera vicenda, muovendo dalla relazione della Sovrintendenza (allegata al decreto ministeriale di vincolo), nella quale possono leggersi “le caratteristiche del fabbricato onde trattasi che ne hanno consigliato la dichiarazione di notevole interesse ai sensi della legge n. 1089/1939”; caratteristiche e valore artistico che sono sembrati inutilmente contestati, perché non è stata data “alcuna documentazione probatoria” di segno contrario. In ogni caso, prosegue il TAR, le valutazioni espresse in proposito dalla Amministrazione “costituiscono un giudizio tecnico…insindacabile in sede di legittimità”, a meno che le considerazioni svolte non siano palesemente illogiche. D’altra parte, “sono tutelabili non soltanto le cose di sommo interesse ma anche quelle che documentino un determinato stile od epoca e siano qualificate da un interesse culturale pubblico. Analogamente il pregio artistico di un’opera architettonica non può riporsi esclusivamente nella dignità ed armonia del risultato costruttivo”. Per questo il bene (non importa il suo stato di degrado) in questione è stato vincolato, rappresentando “testimonianza qualificata ed irripetibile di un’epoca” ed “espressione della cultura contadina del luogo e delle sue tradizioni”. Nessuna contraddittorietà, infine, è ravvisabile tra l’imposizione del vincolo e la assentita ristrutturazione del fabbricato, trattandosi di valutazioni espresse nell’esercizio di distinti poteri, comunque finalizzate alla valorizzazione del bene.


2.- Contesta questa conclusione la ricorrente, la quale insiste sul difetto di presupposto e sulla mancata esplicitazione delle ragioni che hanno indotto l’Amministrazione ad imporre il vincolo, sopraggiunto dopo molti anni da quando altri edifici della stessa strada sono stati considerati degni di tutela, e dopo che erano stati assentiti lavori di risanamento. La relazione, allegata al decreto di vincolo, sarebbe contraddittoria, perché, per un verso, illustra gli elementi strutturali dell’immobile in questione “come espressioni tipiche dell’architettura locale”, e, per l’altro, sottolinea “che lo schema strutturale e tipologico del bene considerato non troverebbe frequenti riscontri nella zona in cui è ubicato”. In definitiva - secondo l’appellante - ci si deve interrogare se il bene è degno di tutela perché è “espressione di una tipica cultura” ovvero perché “le sue peculiari caratteristiche strutturali” lo differenziano dal “contesto ambientale in cui si trova”. Relativamente poi all’agrumeto, anch’esso vincolato, viene osservato che esso non differisce dalla maggior parte degli agrumeti della zona, e che, in ogni caso, la motivazione del provvedimento impugnato attiene al fabbricato ed “ignora l’annesso agrumeto”.


3.- Il ricorso, trattenuto in decisione all’udienza del 14 luglio 2006, è fondato.


Molte delle proposizioni della sentenza impugnata sono da condividere pienamente: la valutazione tecnico - discrezionale dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo è sindacabile in sede di legittimità nei soli limiti di palese illogicità; sono vincolabili i beni che testimoniano in modo qualificato un’epoca; le ragioni di interesse pubblico alla conservazione del bene o alla sua destinazione a pubblico godimento devono essere esternate attraverso una adeguata motivazione. È anche da condividere il metodo seguito dal primo giudice per verificare la fondatezza delle censure di difetto di presupposto e di motivazione, dedotte nei confronti del decreto impugnato: l’esame del profilo storico - artistico - ambientale va condotto alla stregua della relazione allegata al menzionato decreto, giacché essa sola è in grado di illustrare le caratteristiche del fabbricato, le quali hanno determinato il Ministero ad imporre il vincolo.


Ma, una lettura attenta della menzionata relazione convince della fondatezza del dedotto difetto di motivazione dell’impugnato decreto ministeriale, dal momento che, in questa, vengono solo precisate alcune caratteristiche del fabbricato, inserito in “una delle più antiche strade di Meta che delimita verso levante il centro storico e verso ponente una fascia di agrumeti, anch’essa vincolata da Piano Paesistico”, ed esternato un giudizio che non sembra adeguatamente motivato in relazione alla topologia del fabbricato.


Il TAR individua alcuni elementi di pregio dell’immobile, quali “le logge ricorrenti da archi e pilastri tipiche dell’architettura locale” e la sua “destinazione residenziale ed agricola assieme, articolata su ampie volumetrie secondo uno schema strutturale tipologico che non trova frequenti riscontri nelle campagne sorrentine”.


Questa indicazione non supera la soglia della descrizione dell’immobile, il cui pregio dovrebbe essere avvalorato dalla sua ubicazione in una delle più antiche strade di Meta, i cui edifici sono stati nel passato vincolati. Nell’ambito, quindi, di un programma di salvaguardia dell’antico tessuto urbano di Meta, questo immobile non è stato ritenuto meritevole di “particolare interesse”, mentre tale “particolare interesse” viene successivamente in evidenza quando ci si accorge (così precisa la relazione) che “Purtroppo sono trascorsi oltre 7 anni e l’Amministrazione Comunale non si è dotata di un P.R.G. tale da poter assicurare la salvaguardia dell’antico Tessuto Urbano dove molti edifici sono stati gravemente manomessi o addirittura demoliti dalle maglie dei perversi meccanismi delle leggi post-Terremoto”.


Con questo richiamo non si vuole mettere in dubbio la perduranza del potere della Sovrintendenza di “operare ai sensi della legge n. 1089/39 per assicurare la compiuta tutela delle fabbriche di maggiore interesse storico, artistico e ambientale”, e neppure avvalorare la dedotta contraddittorietà del comportamento della Sovrintendenza medesima, la quale (anche di recente) ha “concordato con il parere (favorevole) della C.E.I. espresso sul progetto di restauro del fabbricato in via C. Colombo n. 84 (si veda nota di deposito della ricorrente del 12.6.2006). Si vuole solo evidenziare che, nella specie, occorreva una motivazione ancora più pregnante per dimostrare che l’imposizione del vincolo storico artistico era l’unica modalità idonea ad assicurare la protezione del fabbricato, il cui progetto di restauro risulta peraltro essere stato apprezzato dalla Sovrintendenza, con una valutazione positiva dell’interesse pubblico alla conservazione del bene.


Non va, comunque, trascurata l’osservazione della ricorrente, la quale sottolinea la assenza di ogni motivazione in ordine all’estensione del vincolo in questione all’agrumeto, che è stato “ignorato” dalla relazione.


L’appello va, pertanto, accolto, e, in riforma della sentenza impugnata, va dichiarato fondato il ricorso di primo grado, con il conseguente annullamento dell’atto impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.


Sussistono motivi per disporre la compensazione delle spese e degli onorari di ambedue i giudizi.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in epigrafe. Compensa le spese di ambedue i giudizi.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 14 luglio 2006 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) nella Camera di Consiglio con l'intervento dei Signori:
Claudio Varrone Presidente
Sabino Luce Consigliere
Carmine Volpe Consigliere
Giuseppe Romeo Consigliere est.
Luciano Barra Caracciolo Consigliere


 
Presidente                                                    Consigliere                                                      Segretario
CLAUDIO VARRONE                                     GIUSEPPE ROMEO                                       GLAUCO SIMONINI

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il...14/11/2006...
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA


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