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CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 18 DICEMBRE 2006 (C.c. 9/6/2006), Sentenza n. 7601



Urbanistica e edilizia - Strada - Servitù di passaggio - Presupposti - Limiti - Dicatio ad patriam - Fattispecie. Affinché una strada possa ricondursi fra quelle gravate da servitù anche di solo passaggio, è necessario che l’uso risponda alla necessità o alla utilità di una collettività di persone (C.d.S. Sezione V, 28 gennaio 1998, n. 102). Nella specie, il carattere “interno” dell’area esclude il presupposto in esame facendo concludere per una utilità limitata ai soli proprietari frontisti (quando l’uso avvenga in favore di soggetti considerati uti singuli, e non uti cives, non può darsi uso pubblico di passaggio né per usucapione di servitù, né per dicatio ad patriam: Cass. 21 maggio 2001, n. 6924; 13 febbraio 2006, n. 3075). Pres. Elefante - Est. Farina - Condominio di via Ariosto 3-9 di Potenza (avv. Brognieri) c. Comune di Potenza (avv.ti Pignatari e Matera) (annulla T.A.R. Basilicata, n. 779, del 23/11/2004). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 18 DICEMBRE 2006 (C.c. 9/6/2006), Sentenza n. 7601



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Reg. Dec. 7601/2006
N. 5896 Reg. Ric.
Anno: 2005


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello n.r.g. 5896 del 2005, proposto dal Condominio di via Ariosto 3-9 di Potenza, rappresentato e difeso dall’avv. Rodolfo Brognieri ed elettivamente con lui domiciliato presso lo studio dell’avv. Antonio Cutolo, in Roma, via Asmara, n. 16,
contro
il Comune di Potenza, rappresentato e difeso dagli avv. Brigida Pignatari e Concetta Matera ed elettivamente domiciliato presso la Segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13,
e nei confronti
del dirigente l’Unità di direzione edilizia, del Condominio di via Leonardo da Vinci, n. 45/C e del Condominio di via Leonardo da Vinci, n. 53 di Potenza, non costituitisi,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Basilicata, n. 779, pubblicata il 23 novembre 2004.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte indicata sopra;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista l’ordinanza n. 4712/05, in data 7 ottobre 2005, con la quale è stata accolta la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore, alla pubblica udienza del 9 giugno 2006, il consigliere Giuseppe Farina. Nessuno è comparso per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO


1. Il ricorso in appello n. 5896 del 2005 è proposto dal Condominio di via Ariosto n. 3-9 di Potenza. È stato notificato il 15 giugno - 4 luglio 2005 al Comune di Potenza, ai Condomìni di via L. da Vinci nn. 45/C e 53 ed al dirigente autore del provvedimento impugnato. È stato depositato il 13 luglio.
2. È impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Basilicata n. 779 del 23 novembre 2004, con la quale è stato respinto il ricorso del medesimo condominio per annullamento del provvedimento del Comune di Potenza - adottato dal dirigente dell’ufficio “edilizia” - n. 15075 del 27 novembre 2000.
3. Sono proposte censure nei riguardi della sentenza del T.A.R. e del provvedimento comunale.
4. Il comune di Potenza si è costituito con memoria del 16 settembre 2005 ed ha controdedotto l’infondatezza dell’appello.
5. Nella camera di consiglio del 7 ottobre 2005 è stata accolta, con ordinanza n. 4712/05, la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.
6. All’udienza del 9 giugno 2006, il ricorso è stato chiamato per la discussione e, quindi, trattenuto in decisione.


DIRITTO


1. Il condominio ricorrente ha impugnato, dinanzi al T.A.R. della Basilicata, il provvedimento del comune di Potenza - adottato dal dirigente dell’ufficio “edilizia” - n. 15075 del 27 novembre 2000.
L’atto dispone:
1.1. l’annullamento della autorizzazione, rilasciata al condominio in data 17 novembre 1999, ad installare “elementi tubolari metallici” del tipo “ad U capovolta”, di altezza minima di cm. 80, a delimitazione “dell’area di pertinenza [del condominio] sul retro del fabbricato “sito alla v. Ariosto nn. 3 e 9”;
1.2. il ripristino dello stato dei luoghi.


La misura del comune è motivata:
1.3. con riguardo al parere dell’unità di direzione “affari legali” del 26 ottobre 2000;
1.4. con riguardo alla circostanza che, sull’area di pertinenza suddetta, “si è instaurata una servitù pubblica in seguito a “dicatio ad patriam”.


2. Il ricorso introduttivo del condominio ha denunciato:
2.1. che la costituzione di una servitù di uso pubblico per dicatio ad patriam postula la volontaria messa a disposizione della collettività di un bene, con realizzazione di fini di pubblico interesse.
Nella specie, nel provvedimento comunale, neppure è definito l’uso pubblico oggetto di dicatio, con conseguente assenza di motivazione;
2.2. che la striscia di terreno, ricadente alle spalle dei tre condomìni di via Ariosto, è una pertinenza non classificabile come via e che non può essere strada di transito;
2.3. che manca un interesse pubblico all’annullamento della autorizzazione rilasciata un anno prima.

 
3. Il Tribunale amministrativo regionale ha respinto il ricorso, con la sentenza in epigrafe:
3.1. per la ragione che i motivi del provvedimento di autotutela “sono stati individuati nella ritenuta esistenza di una servitù di uso pubblico (di transito e di parcheggio) per dicatio ad patriam”;
3.2. per la ragione che l’autorità aveva ritenuto coerentemente che la servitù di uso pubblico aveva ad oggetto sia il transito sia il parcheggio di veicoli;
3.3. per la ragione che l’interesse pubblico salvaguardato dalla amministrazione è quello al libero esercizio della servitù di uso pubblico.


4. Il ricorso in appello del condominio è affidato alle censure che seguono:
4.1. non è desumibile dalla nota dell’ufficio (in termini del Comune: “unità”) “viabilità e reti tecnologiche”, in data 27 aprile 2000, portata a sostegno della misura adottata, “la esistenza di una servitù di oggetto definito (di transito e di parcheggio), né è dato evincere su quali basi si potessero ritenere le condizioni per riconoscere una dicatio ad patriam”;
4.2. non vi sono accertamenti adeguati sull’esistenza della servitù e della dicatio. L’unico comportamento riconducibile al proprietario dell’area (A.T.E.R.: Azienda territoriale per l’edilizia residenziale) è l’aver concesso in affitto al condominio appellante l’area in questione, per realizzare un parcheggio;
4.3. l’asserita “urbanizzazione” dell’area in parola si riduce alla installazione, nel sottosuolo, di una linea telefonica.


5. L’appello è fondato.


5.1. Il provvedimento comunale impugnato non fornisce alcun elemento, anche di minima persuasività, che consenta di definire in che cosa consistesse, per il Comune, la servitù pubblica che lo ha indotto a revocare l’autorizzazione del 1999, posto che l’area, come è dimostrato anche dal materiale fotografico esibito, non è una strada che ne collega altre, pubbliche o gravate di servitù pubblica di passaggio, ma semplicemente una zona “chiusa” o “cieca” da almeno un lato.


Non è dimostrato perciò che l’utilizzazione dell’area in discussione potesse presumersi in favore della collettività. Ma, affinché una strada possa ricondursi fra quelle gravate da servitù anche di solo passaggio, è necessario che l’uso risponda alla necessità o alla utilità di una collettività di persone (V Sezione 28 gennaio 1998, n. 102). Il carattere “interno” dell’area esclude il presupposto in esame.


5.2. Né è possibile rilevare sia dal provvedimento, sia dagli atti preparatori ai quali si richiama, esplicitamente o implicitamente, da quale dato sia stata desunta la volontà di mettere a disposizione dei cittadini la strada.


Depongono, invece, in senso contrario alla asserita dicatio:
sia il connotato di interclusione dell’area, che esclude che possa essere sorto un suo uso in favore di una collettività indeterminata, e fa invece concludere per una utilità limitata ai soli proprietari frontisti (quando l’uso avvenga in favore di soggetti considerati uti singuli, e non uti cives, non può darsi uso pubblico di passaggio né per usucapione di servitù, né per dicatio ad patriam: Cass. 21 maggio 2001, n. 6924; 13 febbraio 2006, n. 3075);
sia il fatto che l’area è di proprietà dell’Azienda territoriale menzionata sopra, la quale ha trattato per l’affitto o la vendita di essa al condominio ricorrente. Nella stessa memoria difensiva del Comune in questo grado (pag. 2), si espone che esisterebbe una convenzione con l’amministrazione comunale dell’Azienda predetta, ma di essa non viene fornita alcuna più precisa indicazione (quale la data della stipulazione ed il suo preciso oggetto), sicché si tratta di una mera asserzione sfornita di valore probatorio. Ed anzi neppure presa in considerazione nel provvedimento di annullamento impugnato col ricorso introduttivo, sicché la tesi si configura anche come una inammissibile integrazione, in sede giurisdizionale, della motivazione della misura discrezionalmente adottata.


6. Non è significativo, ai fini del decidere, che l’area sia stata inclusa, come assume la difesa comunale, nel “piano di ricostruzione della città” e nel “piano comunale di protezione civile”.


Invero, in proposito si deve osservare:
6.1. che si tratta di assunti indimostrati;
6.2. che anch’essi, se fondati, si risolverebbero in una non ammissibile integrazione, in sede giurisdizionale, della motivazione dell’atto discrezionale di annullamento;
6.3. che neppure è dimostrato che siffatti “piani” abbiano attitudine a costituire una servitù pubblica o a dichiarare la esistenza di un siffatto vincolo su un immobile che non appartiene al comune.


7. In conclusione, il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo deve essere annullato, in riforma della sentenza appellata.


8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello.


Condanna il Comune resistente al pagamento, in favore del ricorrente condominio, delle spese del giudizio, che liquida in duemilacinquecento euro.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), nella camera di consiglio del 9 giugno 2006, con l'intervento dei Signori:
Agostino Elefante Presidente
Giuseppe Farina rel. est. Consigliere
Chiarenza Millemaggi Consigliere
Marzio Branca Consigliere
Nicola Russo Consigliere


L’Estensore                                   Il Presidente                             Il Segretario
f.to Giuseppe Farina                       f.to Agostino Elefante               f.to Antonietta Fancello


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il...18 DICEMBRE 2006..
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Sezione
f.to Antonio Natale

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