Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DEI CONTI, Sez. Giur. Lombardia - 22 Febbraio 2006 (c.c. 09.11.2005), n. 114
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LOMBARDIA
sent.114/06 del 22 febbraio 2006
composta dai seguenti magistrati:
dott. Giuseppe Nicoletti Presidente
dott. Giacomo Rossano Consigliere
dott. Luigi Caso Referendario relatore
VISTI il regio decreto 13 agosto 1933, n.1038, il decreto-legge 15 novembre 1993, n.453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n.19 e la legge 14 gennaio 1994, n.20;
VISTI gli atti ed i documenti di causa;
UDITI nella pubblica udienza del giorno 9 novembre 2005 il relatore, referendario Luigi Caso, il Pubblico ministero, rappresentato dai Sostituti procuratori regionali dott. Claudio Chiarenza e dott. Paolo Evangelista, l’avv. Matteo Salvi per il convenuto Z, l’avv. Fabio Todarello per il convenuto Y, l’avv. Paolo Borghi per il convenuto W, , l’avv. Alberto Bianchi per il convenuto X, l’avv. Mario P. Chiti per ENEL s.p.a., ENELPOWER s.p.a. ed ENELPRODUZIONE s.p.a.;
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n.22524/R, proposto ad istanza del Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia della Corte dei Conti nei confronti di Luigi Z, elett.te dom.to in Milano, via del Conservatorio, 15, presso lo studio degli avv.ti Matteo Salvi e Luca de Nora, giusta procura a margine della comparsa di costituzione depositata in data 19 ottobre 2005, Gabriele Y, elett.te dom.to in Milano, p.zza Velasca, 4, presso lo studio dell’avv. Fabio Todarello, giusta procura a margine della comparsa di costituzione depositata in data 18 ottobre 2005, Vito X, elett.te dom.to in Milano, via Lupetta 2, presso lo studio degli avv.ti Ambra Giovene e Alberto Bianchi, che lo rappresentano e difendono giusta procura a margine della comparsa di costituzione depositata in data 19 ottobre 2005 e Antonino W, elett.te dom.to in Milano, c.so di Porta Vittoria, 16, presso lo studio degli avv.ti. Nerio Diodà e Paolo Borghi, giusta procura a margine della comparsa di costituzione depositata in data 19 ottobre 2005
CONVENUTI
e nei confronti di ENEL s.p.a., ENELPOWER s.p.a. ed ENELPRODUZIONE s.p.a., tutte elettivamente domiciliate in Milano, p.zza S. Pietro in Gessate, 2, presso lo studio dell’avv. Alberto Moro Visconti, che le rappresenta e difende, unitamente all’avv. Mario P. Chiti, giusta mandato posto a margine dell’atto di intervento depositato all’udienza del 9 novembre 2005
INTERVENUTE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.1. Con atto di citazione depositato l’8 aprile 2005 e notificato in data 10-31 maggio 2005, la Procura regionale presso questa sezione regionale della Corte dei conti, premesso che dall’attività istruttoria posta in essere in seguito sia alle notizie apparse sugli organi di stampa, sia alle dichiarazioni rese da alcuni degli attuali convenuti nell’ambito del procedimento penale n.2460/03 R.G.N.R., sia agli accertamenti giudiziari contenuti nell’ordinanza n.905/03 R.GIP depositata in data 5 giugno 2003 (con la quale il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano ha applicato la misura della custodia cautelare nei confronti dei convenuti Z e Y) sono emersi indizi di possibili comportamenti illeciti causativi di danno erariale posti in essere dai convenuti medesimi, li ha citati in giudizio per sentirli condannare in solido tra loro - salva diversa ripartizione per i soli fini interni - al pagamento, in favore dell’ENELPOWER s.p.a., dell’ENEL s.p.a. e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, della complessiva somma di €.62.442.681,01, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.
Tali danni, secondo l’ipotesi accusatoria, sono stati arrecati al Ministero dell’Economia e delle Finanze, titolare della quota di partecipazione statale in ENEL s.p.a., attraverso la lesione del patrimonio della controllata ENELPOWER s.p.a., società in mano pubblica, presso la quale, all’epoca dei fatti, i convenuti Z, Y e X svolgevano funzioni, rispettivamente, di amministratore delegato, di dirigente, con funzioni di Vice Presidente a supporto dell’A.D. e di consulente; alla medesima epoca, il convenuto W era, invece, amministratore delegato della diversa società (appartenente allo stesso gruppo) ENELPRODUZIONE s.p.a.
1.2. In particolare, le diverse ipotesi di illecito erariale contestate ai convenuti possono così riassumersi.
In primo luogo, viene contestata al W ed al Z l’indebita percezione di tangenti (per complessivi €.6.121.022,00, di cui €.2.697.511,00 + US$.242.000,00 confluiti su conti bancari riferibili al W e €.2.939.511,00 + US$.242.000,00 su quelli riferibili al Z), versate dalla SIEMENS AG. s.p.a. - e transitate sul conto MEEISCO LCC della EMIRATE HOLDING, società riconducibile al signor Al Nowais Hussein, che ha reso, anche per il tramite di un proprio delegato, dichiarazioni in tal senso in sede penale - al fine di vedersi aggiudicata la gara comunitaria espletata dall’ENELPOWER per la fornitura di turbine a gas; ad avviso dell’organo requirente, in cambio di tale dazione di danaro, all’impresa SIEMENS - che partecipava alla gara in Associazione Temporanea d’Imprese con ANSALDO ENERGIA s.p.a. e ANSALDO CALDAIE s.p.a. - era stata garantita non solo l’aggiudicazione della gara ma anche l’omissione della contestuale stipula di un contratto di manutenzione del prodotto fornito, c.d. global service, al fine di assicurarle la posizione monopolistica di vantaggio per la determinazione del successivo contratto di gestione e manutenzione degli impianti.
A conferma di tali circostanze, la Procura evidenzia come, nonostante la SIEMENS abbia offerto e versato ad ENELPOWER, a titolo risarcitorio e per riequilibrare le reciproche posizioni contrattuali, la somma di €.180.000.000,00, in sede penale né il GIP né il Tribunale del riesame hanno revocato la misura interdittiva del divieto di contrarre con la P.A., emessa nei confronti di tale impresa ex art.45 d.lgs.231/2001.
Quanto esposto, in relazione sia alle circostanze in cui l’accordo corruttivo era maturato sia alle modalità con le quali era stato posto in essere - con particolare riferimento alla c.d. triangolazione delle somme attraverso i conti bancari della MEEISCO - è confermato anche dalle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria penale dal W in data 10 e 22 luglio 2003 e dal Z in data 24 luglio 2003.
Facendo riferimento ad una puntuale relazione della Guardia di Finanza, regolarmente depositata in atti, la Procura regionale mette in evidenza come l’oggetto del contratto stipulato tra ANSALDO ENERGIA s.p.a. (che agiva in ATI con SIEMENS) ed ENELPOWER s.p.a., sia stato esteso a contenuti ulteriori rispetto a quanto previsto nella bando di gara (acquisto di “palette turbina” e attribuzione ad ENELPOWER s.p.a. di un diritto di opzione per l’acquisto di ulteriori tre turbogas).
Sulla scorta della medesima documentazione, viene altresì evidenziato come, in base a successivi addendum, nonché all’acquisto di altre turbine e di ulteriori beni necessari a rendere le stesse conformi ai requisiti contrattuali richiesti per limitare le emissioni rumorose, sia l’oggetto che il prezzo finale del complessivo accordo stipulato tra i due soggetti siano risultati, rispettivamente, diversi e più elevati di quelli previsti nel bando di gara.
1.3. Al W ed al Z viene, inoltre, contestata l’indebita percezione di ulteriori tangenti (per complessivi €.436.740,00), versate loro dalla ALSTOM POWER ITALIA s.p.a. prima per ottenere l’annullamento della già bandita gara europea per la fornitura di caldaie per la centrale termoelettrica del Sulcis, e poi, grazie alla scelta di ENELPOWER di procedere a trattativa negoziata, per assicurarsi l’affidamento di detto appalto.
In particolare, dalla citata relazione della Guardia di Finanza, dagli atti penali e, in particolare, dalla dichiarazioni rese in tale sede da entrambi i detti convenuti in data 22 (W) e 24 (Z) luglio 2003, emerge che, fin dal 16 luglio 1999, a seguito dell’esame delle offerte presentate, era emersa la volontà di procedere all’aggiudicazione dell’appalto in favore della ATI COMBUSTION ENGEENIRING (in tale data, infatti, il Z, in qualità di A.D. di ENELPOWER s.p.a. aveva comunicato all’A.D. dell’ENEL la proposta di procedere all’aggiudicazione dell’appalto in favore di tale ATI), nonostante l’offerta della stessa si presentasse anormalmente bassa (circa la metà di quelle degli altri concorrenti).
Pur tuttavia, l’aggiudicazione era stata sospesa, senza alcun motivo apparente, per ben ventotto mesi, durante i quali vi erano state nuove trattative, era stata disposta una variante del progetto iniziale in previsione di un futuro accordo - mai raggiunto - con la società EUROALLUMINA e, soprattutto, a seguito di richiesta di conferma delle offerte, si era giunti ad una sostanziale modifica di quella presentata dalla ALSTOM POWER, nel frattempo subentrata alla COMBUSTION ENGEENIRING.
La nuova offerta prevedeva diverse disposizioni in danno di ENELPOWER: aumento del prezzo finale, anticipo dei pagamenti - con assunzione degli oneri finanziari in capo al committente - previsione di rideterminazione del prezzo in lire sulla base del cambio £/US$ pubblicato il giorno della stipula del contratto sul Financial Times (con particolare riferimento a tale ultimo profilo, la Procura avanza seri dubbi sulla liceità dell’offerta, sul presupposto che l’indeterminatezza di un elemento essenziale della stessa, quale il prezzo, la rendesse incomparabile con le altre).
Al termine delle trattative, ENELPOWER annullava la gara e procedeva a procedura negoziata (pur non sussistendo i presupposti previsti dall’art.13 del d.lvo 158/1995), pervenendo alla stipula del contratto con ALSTOM a condizioni enormemente deteriori rispetto all’offerta a suo tempo presentata dalla COMBUSTION.
In particolare, la Procura sottolinea che:
a) il prezzo finale di aggiudicazione (£.115.638.103.669) è stato maggiore di quello contenuto nella proposta iniziale (£.70.161.000.000) di ben 23.486.963,94;
b) il prezzo concordato per la variante intervenuta in corso di aggiudicazione (€.19.237.570,00) ha superato quello ritenuto congruo dall’ENELPOWER (€.14.289.621,00) per €.4.947.949,00;
c) a causa del convenuto anticipo sui pagamenti, ENELPOWER ha subito una perdita pari a €.665.011,56.
Ad avviso della Procura, le ragioni di tale - altrimenti inspiegabile - comportamento sono da ricercare nell’accordo illecito siglato dai rappresentanti della ALSTOM con i convenuti (da questi ultimi ammesso in sede penale) per favorire detta società e attribuirsi la promessa tangente pari ad una percentuale del prezzo finale (ragion per cui, ad avviso dell’organo requirente, i convenuti ne hanno favorito la lievitazione).
Anche in tale ipotesi, le somme erano transitate su conti bancari riconducibili al signor Al Nowais Hussein, che aveva stipulato un consultancy agreement con la predetta ALSTOM, che gli riconosceva un fee del 2% in caso di aggiudicazione della fornitura.
Il contratto di consulenza mascherava, secondo l’assunto attoreo, il prezzo della corruzione; a riprova di ciò, le dette somme erano state poi nuovamente versate sui conti correnti bancari dei convenuti.
1.4. Ai convenuti Z e Y viene, inoltre, contestata l’indebita percezione di complessivi US$ 5.359.345, costituenti quota-parte della provvigione corrisposta da ENELPOWER agli agenti reperiti in loco in occasione della stipula di diverse commesse ottenute in Medio Oriente.
Spiega, infatti, l’organo requirente che, per poter svolgere colà l’attività d’impresa, l’ENELPOWER aveva dovuto munirsi di un local agent cui veniva corrisposto un corrispettivo detto agency fee; peraltro, tale agente (il signor Al Nowais) riconsegnava ai resistenti una parte di tale fee.
In particolare, per la commessa ottenuta a Jebel Ali (EAU), a fronte di un fee del 2% vi era stata una “retrocessione” dello 0,9%, per la commessa ottenuta a Barka (Oman), su di un fee del 3% la “retrocessione” era stata dello 0,5%, mentre per la commessa ottenuta a Ras Laffan (Quatar), su di un fee del 2,5% la “retrocessione” ammontava allo 0,5%; le somme così sottratte alle casse dell’ENELPOWER, secondo la ricostruzione della Procura, ammontano dunque a €.3.507.840,00 (commessa di Jebel Alì), €.878.710,04 (commessa di Barka) e €.1.443.928,36 (commessa di Ras Laffan), per complessivi €.5.830.478,44.
Peraltro, poiché il gruppo EMIRATES HOLDINGS (riconducibile, come già precisato, al signor Al Nowais Hussein) ha sede negli Emirati Arabi Uniti, lo stesso non poteva svolgere funzioni di local agent né in Oman né in Quatar.
Ne consegue, ad avviso della Procura, che i contratti di consulenza stipulati a tal proposito con la EMIRATES non avevano alcuna giustificazione economica - se non quella illecita - come provato dal fatto che detto gruppo dovette a sua volta appoggiarsi ad un altro local agent (la WINMOSS INVESTMENTS LTD per l’Oman e la MIDDLE EAST ENERGY & PETROLEUM SERVICE CO. per il Quatar).
A riprova di tale assunto la Procura fa riferimento alla citata ordinanza di custodia cautelare del 5 giugno 2003, alle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio dai convenuti Z (15, 24 e 30 luglio 2003) e Y (17 e 30 luglio 2003), dai signori Al Nowais (1° aprile 2003) e Chatila Walid Antoum, direttore amministrativo e finanziario del gruppo EMIRATES HOLDINGS (24 aprile 2003).
1.5. Il medesimo meccanismo illecito di “retrocessione” viene contestato dalla Procura regionale ai convenuti Z e Y anche con riferimento a diversi contratti di consulenza e di appalto di servizi in outsourcing stipulati dalla ENELPOWER con società riconducibili al signor Contini (SERMIDE LTD, MIVARADA LLP e CENTAR PROMET DOO) e privi, ad avviso dell’organo requirente, di qualsiasi effettiva utilità.
In particolare, tra i numerosi contratti conclusi dall’ENELPOWER per assicurarsi le prestazioni dei servizi professionali necessari a dare esecuzione ad accordi assunti all’estero, senza addivenire all’assunzione del relativo personale, i detti convenuti avevano favorito la stipula di quelli con le citate società e, in tale contesto, avevano replicato il collaudato meccanismo di retrocessione sulle provvigioni, così da ricevere dal Contini (che ha ammesso la circostanza in sede di istruttoria penale) una somma - di cui parte consegnata in contanti ed in busta chiusa - superiore a US$.1.000.000.
Peraltro, mente il Contini ha ammesso di aver sempre ricevuto i nomi dei consulenti direttamente dal Y e di non aver mai avuto conoscenza diretta del lavoro dai medesimi svolto, le indagini condotte dalla Guardia di Finanza per conto della Procura hanno evidenziato diverse irregolarità che potrebbero far dubitare dell’effettività di tali prestazioni.
Fra le altre, viene evidenziata l’assenza di una procedura di gara finalizzata alla scelta della società di consulenza, la previsione di una decorrenza contrattuale anteriore alla stipula dell’accordo, l’assenza di documentazione relativa ai servizi fatturati, la presenza di minimi rimborsi di spese di viaggio in relazione a rapporti di consulenza da svolgersi per lunghi periodi di tempo all’estero.
In due occasioni (entrambe relative ai contratti di consulenza stipulati con la società croata CENTAR PROMET), le somme “retrocesse” sono state depositate presso un conto corrente nella disponibilità del signor Vito X, dirigente dell’ENELPOWER, nei cui confronti - limitatamente a tale episodio - è pure indirizzato l’atto di citazione e la relativa contestazione.
Anche con riferimento a tali due contratti, la Procura evidenzia le medesime irregolarità documentali già sottolineate; peraltro, l’inesistenza delle relative prestazioni professionali che avrebbero giustificato il pagamento è stata espressamente ammessa dal Contini in sede penale.
1.6. Contestualmente all’invito a dedurre, la Procura regionale ha chiesto il sequestro conservativo di diversi beni mobili ed immobili dei convenuti Z, Y e W.
Il provvedimento, concesso prime cure con decreto presidenziale del 16 dicembre 2004, è stato confermato con provvedimento del giudice designato depositato il 9 febbraio 2005, a sua volta confermato, a seguito di reclamo, con provvedimento collegiale del 21 marzo 2005, con il quale è stato concesso termine di giorni sessanta per il deposito dell’atto di citazione.
2.1. In sede di deduzioni, i convenuti hanno eccepito il difetto di giurisdizione di questa Corte, in ragione della natura privatistica dell’ENELPOWER, e l’inammissibilità ovvero l’infondatezza dell’azione di responsabilità per danno erariale.
A tali eccezioni il convenuto W ha aggiunto quella sull’incompetenza territoriale dell’adìta sezione lombarda, in favore di quella laziale, per non essere il medesimo residente in Italia, e il convenuto X ha rilevato, a conforto dell’eccezione di difetto di giurisdizione, l’assenza di un suo rapporto di impiego con l’ENELPOWER all’epoca dei fatti.
2.2. Tali eccezioni, ad avviso della Procura, appaiono prive di pregio mentre, al contrario, sussisterebbero tutti gli elementi per sostenere la fondatezza della responsabilità erariale dei convenuti.
In particolare, a sostegno della giurisdizione della magistratura contabile, l’organo requirente formula un’articolata riflessione.
In primo luogo, viene precisato che la causa petendi non concerne le scelte imprenditoriali poste in essere dal management dell’ENELPOWER, scelte ritenute insindacabili in analogia con quanto previsto dall’art.1, 1° co., l. 20/1994 per le scelte discrezionali del soggetto pubblico, bensì singoli episodi illeciti realizzati dai convenuti (quali la percezione di tangenti e la sottrazione di fondi della società).
In secondo luogo, si rileva come, a sostegno della contestata giurisdizione, militi l’art.7 della l. 27 marzo 2001, n.97 (che fa salva l’applicazione dell’art.129 disp. att. c.p.p. e non impone di attendere l’esito del giudizio penale) e la recente giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione (in particolare l’ord.19667/2003) che ha riconosciuto la giurisdizione del giudice contabile sui dipendenti di enti pubblici economici.
Con particolare riferimento alla specifica fattispecie, si evidenzia come - all’epoca dei fatti - la partecipazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze in ENEL - che deteneva e detiene ancora l’intero pacchetto azionario di ENELPOWER e di ENELPRODUZIONE - fosse pari al 70%.
Peraltro, a norma dello Statuto dell’ENEL, il Ministro dell’Economia gode di particolari poteri, superiori a quelli di un normale azionista - sia pure di maggioranza - da esercitare d’intesa con il Ministro per le Attività produttive.
Viene, inoltre, sottolineata l’esistenza di una fitta trama di disposizioni che caratterizza l’attività di produzione ed erogazione di energia elettrica come servizio pubblico essenziale.
Solo in ragione di ciò, peraltro, si giustifica la sottoposizione dell’attività contrattuale dell’ENEL e delle controllate alle regole della contabilità pubblica - la cui violazione costituisce un elemento del preteso danno erariale - ed il loro inserimento tra gli enti aggiudicatori come riportato, da ultimo, nell’allegato II alla direttiva CE del 31 marzo 2004, n.17.
A supporto della natura pubblica dell’ENEL (e delle relative controllate) vengono ricordate diverse decisioni della magistratura costituzionale, contabile ed amministrativa e viene affermata la riconducibilità dell’ente alla categoria degli organismi di diritto pubblico, come definita dall’art.2 della legge 109/1994.
A riprova della sussistenza della giurisdizione contabile nella presente fattispecie, la Procura svolge alcune considerazioni in via di fatto.
Innanzi tutto, nell’anno 2002 la perdita finale di esercizio dell’ENELPOWER (pari a €.194.996.000 su un patrimonio netto di 42 milioni di euro) è stata ripianata con una ricapitalizzazione finanziata da ENEL con un versamento di €.100.000.000.
In secondo luogo, l’ENELPOWER, nata dalla scissione e privatizzazione di un ramo dell’ENEL, anche dopo la sua costituzione in autonomo soggetto giuridico, ha continuato a comportarsi come una mera componente dell’ENEL: l’A.D. di ENEL è presidente del Consiglio d’amministrazione di ENELPOWER, l’ENEL garantisce in diverso modo l’attività e le finanze di ENELPOWER, cui viene peraltro affidata l’attività di costruzione di infrastrutture per il gruppo ENEL senza previo esperimento di gara.
Scarso rilievo, ad avviso della Procura, assume la circostanza che all’epoca dei fatti la maggior parte del fatturato di ENELPOWER derivasse da contratti con soggetti estranei al gruppo, in quanto tale risultato è in parte frutto della riclassificazione di rapporti in essere con la ENDESA ITALIA s.r.l. (già ELETTROGEN s.p.a., società del gruppo ENEL poi ceduta nel 2001), in parte relativa a contratti stipulati per le necessità delle “GENCO” (i cui impianti sono ancora di proprietà dell’ENEL, seppure destinati ad essere ceduti), ed in parte relativa a rapporti gestiti da ENELPOWER tramite le sue controllate e, quindi, riconducibili all’intero gruppo ENEL e non alla detta società.
Infine, l’organo requirente ritiene di aver debitamente provato i rapporti di dipendenza con l’ENELPOWER del convenuto X e respinge l’eccezione di incompetenza territoriale sul presupposto della corretta utilizzazione del criterio loci commissi damni di cui alla legge 19/94.
2.3. Le descritte condotte, secondo la Procura regionale, hanno realizzato una triplice ipotesi di danno erariale:
a) danno diretto conseguente all’aggiudicazione delle gare d’appalto a condizioni meno vantaggiose per l’impresa appaltante ovvero conseguente al recupero da parte dell’impresa aggiudicataria della dazione illecita nel corso dell’esecuzione del contratto ovvero attraverso la retrocessione dei corrispettivi contrattuali convenuti.
Tale danno, a seguito di un’analisi casistica effettuata su ogni singolo evento causativo di illecito erariale, anche attraverso la comparazione tra il contenuto dei contratti finali ed i bandi di gara, è quantificato in complessivi €.44.048.634,39.
Con riferimento esclusivo alla gara per le forniture della centrale termoelettrica del Sulcis, la Procura ritiene irrilevante l’accordo transattivo intervenuto tra la ALSTOM e l’ENEL sia perché relativo ai danni cagionati dalla prima all’intero gruppo, sia perché di entità (€.4.500.000,00) da considerare irrilevante rispetto a quella ritenuta congrua (€.29.099.924,50).
b) Danno patrimoniale da disservizio, consistente nelle spese sostenute dall’amministrazione per ripristinare l’efficienza lesa.
Tale danno, tenuto conto delle spese sostenute da ENELPOWER per il procedimento penale, per l’assistenza legale stragiudiziale, per attività di auditing e di riorganizzazione, ammonterebbe a €.5.295.827,48.
c) Danno all’immagine dell’amministrazione e, in particolare, del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dell’ENEL s.p.a. e dell’ENELPOWER s.p.a.
Tale danno, in considerazione del valore del bene leso, della posizione assunta dai convenuti nell’organizzazione dell’ente, della ripetitività degli illeciti, dell’importanza dell’ente e della pubblicità dell’evento, viene quantificato in €.13.098.219,14, misura pari alle tangenti percepite.
Complessivamente, il danno erariale ammonterebbe a €.62.442,681,01, da dividere tra i convenuti, in ragione delle diverse responsabilità avute nella causazione dello stesso.
3.1. Costituitosi con memoria depositata in data 18 ottobre 2005, il resistente Y ha svolto preliminarmente un’argomentata relazione sulle fasi che hanno caratterizzato sia il processo di privatizzazione dell’ENEL s.p.a. sia la nascita di ENELPOWER s.p.a., avvenuta in seguito allo scorporo da ENEL della Divisione denominata “Ingegneria e Costruzioni (SIN)” e la sua trasformazione in autonomo soggetto di diritto privato.
Con riferimento ai rapporti intercorsi con il signor Al Nowais, il convenuto contesta la modifica della causa petendi intercorsa tra l’invito a dedurre e l’atto di citazione (eccependone in parte qua la nullità): nel primo atto la Procura ha stigmatizzato il pagamento di un fee maggiore di quello convenuto, nel secondo le presunte retrocessioni di parte del medesimo fee.
Ciò premesso, viene sottolineato come l’aggiudicazione delle commesse in Medio Oriente abbia consentito cospicui utili per ENELPOWER; per il conseguimento di tale risultato è stato utile e necessario avvalersi dell’opera di Al Nowais in funzione di local agent.
Le somme corrisposte a quest’ultimo sono conformi agli accordi approvati anche dal vertice ENEL e non vi è stato alcun ulteriore aggravio né per tale società né per la controllata ENELPOWER.
Inoltre, viene ricordato come in forza del sistema di libero scambio e circolazione di beni, merci e capitali vigente nell’area del Golfo Persico (Gulf cooperation council), il signor Al Nowais poteva liberamente operare in tutti i paesi del Golfo, sicché lecito e possibile era stato l’utilizzo dei suoi servigi in Quatar ed Oman.
Infine, si sottolinea come i pagamenti effettuati dall’Al Nowais al convenuto fossero avvenuti in tempi diversi rispetto all’espletamento dei compiti assegnatigli dall’ENELPOWER, sicché non è possibile ipotizzarne un collegamento; si tratta, invece, di elargizioni effettuate da un privato con soldi propri (difatti, le somme provenivano da conti personali dell’Al Nowais e non da conti della EMIRATES HOLDING).
Per quanto attiene al preteso danno erariale conseguente all’utilizzo dei servizi di consulenti (dirigenti ENEL pensionati) messi a disposizione da società di consulenza estere, il resistente evidenzia come sia stato necessario avvalersi di tale management esterno perché si trattava dei soli soggetti in possesso dell’esperienza necessaria per portare a termine un importante contratto stipulato dall’ENEL in Albania.
Peraltro, l’utilizzo dei servizi delle società di consulenza estere aveva garantito un notevole risparmio all’ENEL (i pagamenti effettuati da una società estera su conti esteri avevano permesso di aggirare la normativa italiana in materia fiscale, contributiva e previdenziale), di cui però non si erano giovati gli attuali convenuti.
Il medesimo convenuto dichiara che a tal fine erano stati creati dei “fondi neri” di cui si era servita la medesima ENEL per pagare consulenti utilizzati anche in altre occasioni.
Tutti ciò premesso in fatto, il resistente Y eccepisce, in diritto, il difetto di giurisdizione dell’adìta Corte.
Fa, infatti, presente che, pur essendo ENELPOWER partecipata al 99% da ENEL, quest’ultima vede una partecipazione azionaria statale non maggioritaria e, dunque, al di sotto della soglia stabilita dalla Corte costituzionale con la sentenza 28 dicembre 1993, n.466 (che considerava legittimo il controllo concomitante della Corte dei conti sulle s.p.a. nate a seguito della privatizzazione di IRI, ENI, INA ed ENEL “fino a che fosse rimasta la partecipazione esclusiva ovvero totalitaria dello Stato sul relativo patrimonio sociale”).
In tale fattispecie, l’assenza di tale presupposto si accompagna alla natura privatistica sia della forma sociale assunta, sia del tipo di attività svolta sia, infine, delle fonti di finanziamento (acquisite prevalentemente attraverso operazioni di diritto privato nell’ambito di commesse ottenute all’estero).
Nel merito delle tipologie di danno contestate, il resistente afferma che:
a) le retrocessioni effettuate dall’Al Nowais riguardavano guadagni personali di quest’ultimo, riconosciutigli e corrispostigli dall’ENEL e dall’ENELPOWER in forza di regolari contratti;
b) i “fondi neri” creati in occasione delle consulenze espletate da società specializzate ovvero da ex dipendenti ENEL in pensione, pur se transitati sui conti dei resistenti, sono stati adoperati per pagare tali servizi;
c) la Procura regionale non ha fornito alcuna prova né dell’an né del quantum del danno contestato.
Inoltre, viene chiesta l’ammissione di prova testimoniale e documentale.
3.2. Con memoria depositata in data 19 ottobre 2005 si è costituito in giudizio il convenuto X, eccependo in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione di questa Corte sotto un duplice profilo.
In via generale, viene negata la sussistenza della giurisdizione contabile nei confronti dei dipendenti dell’ENELPOWER, in quanto società di diritto privato; in particolare, il convenuto nega la sussistenza della medesima giurisdizione nei suoi confronti, in quanto non più dipendente della stessa società all’epoca dei fatti.
Sempre in via preliminare, viene chiesta la sospensione del presente giudizio in attesa della conclusione di quello pendente innanzi al tribunale penale ed avente il medesimo oggetto; nel merito, viene richiesto il rigetto dell’azione ovvero, in subordine, l’applicazione da parte di questa Corte del proprio potere riduttivo.
Sotto il primo profilo, viene evidenziato che l’ENEL s.p.a. (società controllante ENELPOWER s.p.a):
a) è società per azioni con capitale sociale maggioritario (58%) detenuto dal mercato;
b) è società quotata in borsa e assoggettata al controllo della CONSOB;
c) ha fini di lucro e svolge la propria attività in un contesto di libero mercato, non essendovi più monopolio nell’attività di distribuzione dell’energia elettrica;
d) non gode di finanziamento pubblico né di alcun meccanismo compensativo pubblico al fine di ripianare eventuali perdite, il cui rischio sopporta autonomamente;
e) ha un fine istituzionale - peraltro marginale - affidato alla controllata ENELPRODUZIONE s.p.a., anch’essa operante in regime di libera concorrenza;
f) non ha come fine prevalente la soddisfazione di bisogni di interesse generale;
g) ha un consiglio d’amministrazione nominato dall’assemblea dei soci con un solo amministratore - privo di diritto di voto - nominato dallo Stato;
h) ha un collegio sindacale nominato dall’assemblea dei soci;
i) riconosce allo Stato solo il potere di veto che, debitamente motivato, può essere esercitato esclusivamente in caso di pregiudizio arrecato agli interessi vitali dello Stato medesimo.
A sua volta, l’ENELPOWER:
a) non svolge alcun servizio pubblico;
b) non esercita poteri autoritativi;
c) svolge la propria attività prevalentemente nel mercato energetico estero;
d) ha un giro d’affari extragruppo (€.3.446.000.000) maggiore di quello intergruppo (€.421.000.000).
Tali circostanze, ad avviso del resistente, appaiono tali da escludere la giurisdizione della Corte dei conti sui dipendenti dell’ENELPOWER s.p.a.
Con riferimento alla propria posizione, il convenuto ricorda di essere stato collocato in quiescenza fin dal 30 novembre 2000 e di aver svolto per ENEL, successivamente a tale data, solo attività di consulenza liberoprofessionale.
Peraltro, poiché il compenso per tale attività, inizialmente pattuito in £.450.000.000 all’anno, era stato ridotto dal Responsabile del Settore personale dell’ENEL in £.300.000.000, i convenuti Z e Y gli avevano assicurato che la differenza gli sarebbe stata versata con rimesse su un conto corrente appositamente aperto presso una banca svizzera.
In attuazione di tale accordo, il convenuto aveva ricevuto nel corso del 2001, quattro rate trimestrali posticipate di US$15.000.
Tali somme erano state poi riportate in Italia avvalendosi delle legge sul condono fiscale per il rientro dei capitali dall’estero.
In virtù del contratto, egli aveva svolto mera attività di consulente senior e non quelle di direttore organizzativo né si era mai occupato delle commesse all’estero di cui è causa (anche perché non conosceva la lingua inglese).
Sempre preliminarmente, viene sottolineata l’opportunità di sospendere il presente giudizio per attendere la conclusione di quello penale.
Nel merito, il convenuto, nel ribadire di aver ricevuto US$15.000, contesta l’avvenuta percezione sul proprio conto corrente bancario delle somme indicate dal Contini; in tal senso deposita documentazione e chiede l’ammissione di prova per testi.
Infine, contesta nell’an e nel quantum la sussistenza del danno erariale; con particolare riferimento al danno all’immagine, chiede di ridurne l’importo in proporzione alla quota di partecipazione pubblica delle società ENEL ed ENELPOWER.
3.3. Il resistente Z si è costituito depositando propria comparsa in data 19 ottobre 2005.
In via preliminare, viene eccepito il difetto di giurisdizione dell’adìta Corte dei conti, in ragione dell’impossibilità di considerare ENELPOWER s.p.a. organismo di diritto pubblico.
A tal proposito, oltre alle medesime considerazioni già svolte dai convenuti Y ed X, viene ulteriormente dedotto che all’ENEL - per essere qualificata organismo di diritto pubblico - difetta sia una partecipazione pubblica maggioritaria (elemento determinante ai fini della suo inquadramento nel modello di ente pubblico descritto dalla Corte costituzionale con la sentenza 28 dicembre 1993, n. 466) sia la riconducibilità della propria attività nel novero dei servizi pubblici essenziali.
In particolare, mentre le attività di produzione e distribuzione di energia elettrica sono ormai completamente liberalizzate (in virtù degli artt.8 e 9 del d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79), la trasmissione della stessa è affidata ad un soggetto pubblico, il GRTN, diverso dall’ENEL (che rimane mero proprietario della rete).
Viene poi ricordato che, nonostante l’esistenza di un azionista statale, la gestione sociale dell’ENEL appartiene al consiglio d’amministrazione, nel quale siede un unico amministratore indicato dal Ministero dell’economia e delle Finanze, privo del diritto di voto.
Inoltre, le uniche attività ancora connesse al servizio elettrico svolte da ENEL rimangono quelle di produzione e distribuzione di energia elettrica, entrambe svolte, in un contesto concorrenziale, rispettivamente da ENEL PRODUZIONE e ENEL DISTRIBUZIONE, che costituiscono soggetti giuridici autonomi e separati da ENEL, ancorché da questa controllate; viene poi sottolineato che l’attività negoziale dell’ENEL avviene al di fuori delle norme di contabilità pubblica.
Se, dunque, secondo la ricostruzione fornita dal convenuto, l’ENEL non può essere considerata soggetto pubblico, a maggior ragione tale qualifica non si addice alla controllata ENELPOWER che non è sottoposta ad influenza pubblica e svolge un’attività (quale l’impiantistica) priva di rilievo pubblico e, soprattutto, la esplica - o, più correttamente la esplicava all’epoca dei fatti - prevalentemente al di fuori del mercato nazionale.
Alcun rilievo, ad avviso del convenuto, può essere annesso né al fatto che il servizio di finanza e tesoreria di ENELPOWER sia gestito da ENEL (si tratta di un meccanismo atto a compensare internamente i rapporti debito-credito intergruppo) né al fatto che ENEL abbia ripianato i debiti ENELPOWER tramite finanziamento, trattandosi di operazione finanziaria cui hanno aderito anche i soci privati.
Venendo al merito dei fatti oggetto di contestazione, il convenuto preliminarmente contesta l’assenza di un’autonoma attività istruttoria da parte della Procura regionale, che - a suo avviso - si è limitata ad utilizzare il rapporto della Guardia di Finanza e le conclusioni - provvisorie - di un’inchiesta penale ancora in itinere.
A tal proposito evidenzia che non vi siano prove documentali dei presunti illeciti addebitatigli e che le dichiarazioni rese in sede penale non possono assumere valore di prova in assenza di sentenza.
Ciò premesso, viene, poi, contestata la prova del preteso danno erariale “da tangente”, in quanto apoditticamente ritenuto sussistente, sulla base della pretesa dazione illecita, in assenza di qualsivoglia prova circa l’effettiva “traslazione” (in termini di maggiorazione dei prezzi ovvero diminuzione della qualità dei beni offerti) del relativo onere dall’impresa aggiudicatrice all’ente appaltante.
Inoltre, con riferimento alla gara aggiudicata all’impresa SIEMENS, viene fatto notare come la somma offerta da quest’ultima in via risarcitoria (€.180.000.000,00) copra integralmente il danno erariale contestato, che deve, quindi, ritenersi estinto per il principio della compensatio lucrum cum damno.
Le medesime argomentazioni possono applicarsi al preteso danno erariale originato dall’aggiudicazione della gara alla ALSTOM; anche tale impresa, infatti, ha versato, a titolo risarcitorio, una somma (€.4.500.000,00) che supera ampiamente il preteso danno erariale.
Per quanto attiene ai rapporti intercorsi tra ENELPOWER e SIEMENS, il convenuto fa notare come il contratto stipulato con detta impresa abbia rispettato i termini di gara; le maggiori somme spese da ENELPOWER riguardava la fornitura di altri beni non ricompresi nell’oggetto del bando di gara.
A tal proposito, si evidenzia che il servizio di global service non formava oggetto del bando di gara e, dunque, correttamente era stato escluso dall’oggetto del contratto (peraltro, una simile pattuizione sarebbe stata non conveniente per l’ENELPOWER, tenuto conto della particolare competenza del proprio personale a svolgere attività di assistenza e manutenzione).
L’inidoneità delle turbine al rispetto dei requisiti previsti nel bando di gara (peraltro non vincolanti per le quattro turbine acquistate al di fuori di tale gara), relativi alla limitazione delle emissioni sonore, non è imputabile né alla SIEMENS né al convenuto bensì ad errori di immagazzinamento che hanno reso inidoneo il materiale originale; inoltre, la previsione di un diritto di opzione per l’acquisto di altre turbine era prassi negoziale consolidata all’epoca dei fatti.
Venendo ai rapporti intercorsi con la ALSTOM inerenti gli impianti del Sulcis, il convenuto svolge una compiuta disanima degli eventi (tecnici, politici ed economici), indipendenti dalla propria volontà e dalla propria condotta, che hanno ritardato l’aggiudicazione della gara ed hanno portato alla trattativa privata con la ALSTOM.
Inoltre, viene contestato che la clausola di determinazione del prezzo ad un tasso di cambio futuro possa essere considerata di per sé svantaggiosa per l’ENELPOWER (trattandosi di clausola aleatoria).
Con riferimento, infine, ai rapporti di consulenza in outsourcing, il convenuto fornisce un’articolata spiegazione.
All’epoca dei fatti, ENEL era risultata aggiudicataria di una gara per la cogestione dell’ente elettrico albanese KESH.
Purtroppo, i manager i cui curricula avevano pesato ai fini dell’aggiudicazione della gara, erano ormai in pensione, sicché ENEL chiese ad ENELPOWER di farli assumere da una società estera (la SERMIDE) e poi di stipulare con questa un contratto di consulenza, così da pagare i servigi dei propri ex manager con transazioni sul mercato estero.
Ad avviso del ricorrente, all’ENEL era convenuto acquisire, attraverso tali società, gli indispensabili servizi di alcuni dirigenti ENEL in pensione anziché stipulare con i medesimi appositi rapporti di contrattuali.
Con riferimento ai rapporti intercorsi con il signor Al Nowais, contesta anch’egli la modifica della causa petendi intercorsa tra l’invito a dedurre e l’atto di citazione (eccependone in parte qua la nullità), consistente nel fatto che nel primo atto si eccepisce l’avvenuto pagamento di un fee maggiore di quello pattuito e nel secondo le presunte retrocessioni di parte del prezzo.
Il convenuto spiega che normalmente nei contratti di nomina di local agent viene indicato un fee di base, cui viene aggiunto poi un ulteriore fee negoziato di volta in volta.
Anche nel contratto stipulato con Al Nowais era indicato il fee di base (pari all’1%) cui doveva aggiungersi un ulteriore fee di valore variabile tra il 2% e il 3% (comunque inferiore a quello normalmente richiesto da altri simili operatori), oggetto di un ulteriore contratto sottoscritto ma non registrato, il cui contenuto era stato regolarmente reso noto dal convenuto al Consiglio d’amministrazione dell’ENELPOWER in data 10 dicembre 2001.
Le somme corrispostegli dall’Al Nowais non avevano alcun rapporto con tale contratto ma riguardavano un diverso e contrario rapporto di consulenza che il convenuto aveva svolto per Al Nowais relativamente all’attività imprenditoriale esercitata da quest’ultimo nell’area del Golfo; a tal proposito, il convenuto contesta l’assunto della Procura circa l’inidoneità di Al Nowais a fungere da local agent in paesi del Golfo diversi dal suo, atteso che tra i detti Paesi vige un sistema di libero scambio e circolazione di beni, merci e capitali (Gulf cooperation council).
In ogni caso, si sottolinea come, grazie all’attività del resistente ed ai relativi contatti con Al Nowais, era stato possibile per ENELPOWER aggiudicarsi ingenti commesse nell’area mediorientale.
Infine, viene contestata l’aprioristica determinazione del danno all’immagine dell’ENEL.
In via istruttoria viene richiesta l’acquisizione di numerosa documentazione nonché l’espletamento di prova testimoniale.
3.4. Depositando, in data 19 ottobre 2005 propria memoria, si è costituito anche il resistente W, il quale eccepisce preliminarmente il difetto di giurisdizione della Corte dei conti nonché il difetto di competenza dell’adìta sezione Lombardia.
Sotto il primo profilo, conformemente a quanto già argomentato dagli altri resistenti, viene evidenziata la natura eminentemente privata dell’ENELPOWER; inoltre, viene contestato che l’art.7 della legge 2001/97 e l’allegato II alla Direttiva CE n. 17 del 2004 depongano nel senso della soggezione della stessa alla giurisdizione della Corte dei conti.
Ad avviso del convenuto, la prima legge presuppone e non comporta la qualità di soggetto pubblico; inoltre, la presenza dell’ENELPOWER nel citato elenco è conseguente allo svolgimento da parte della medesima di attività sottoposta a concessione (fattispecie diversa da quella in oggetto).
Sotto l’altro profilo, il resistente, in quanto iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero dal 1° aprile 2004, rileva la competenza territoriale della sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, ai sensi dell’art.1, comma 6, della legge 20/1994.
Nel merito, viene eccepita l’assenza di prova dei pretesi illeciti erariali nonché dei danni di cui viene chiesto il risarcimento.
In particolare, il convenuto fa notare come sia la SIEMENS che la ALSTOM abbiano versato cospicue somme all’ENEL a titolo transattivo allo scopo di saldare ogni e qualsiasi danno derivante dalle vicende de quo; conseguentemente, non vi è spazio per altri risarcimenti.
Inoltre, il convenuto contesta l’assenza di prova di un nesso causale tra la presunta apprensione di tangenti ed il danno erariale contestato.
In particolare dimostra le ragioni economiche ed imprenditoriali che hanno comportato la mancata conclusione di un contratto di global service ovvero la lunga gestazione della gara per la centrale del Sulcis.
4. All’udienza del 9 novembre 2005, le società ENEL s.p.a., ENELPOWER s.p.a. ed ENELPRODUZIONE s.p.a. si sono costituite in giudizio, depositando proprio atto di intervento ad adiuvandum e chiedendo l’accoglimento della domanda all’esito del regolamento preventivo di giurisdizione.
Udita la relazione del giudice relatore, tutte le parti hanno illustrato le proprie tesi.
Il sostituto procuratore regionale dott. Chiarenza ha ribadito la sussistenza della giurisdizione contabile nella presente controversia.
In particolare, ha ricordato che le gare per l’aggiudicazione dei contratti de quo erano state bandite da ENEL e poi proseguite dall’ENELPOWER s.p.a., a seguito della trasformazione dell’ENEL in s.p.a., ai sensi dell’art.11 del decreto-legge 31 maggio 1994, n.332, convertito in legge 30 luglio 1994, n.474.
Venendo ai fatti di causa, con particolare riferimento alla gara relativa alla centrale elettrica del Sulcis, il sostituto procuratore ha dichiarato di accedere alle tesi sostenute dei convenuti Y e Z e, dunque, di escludere che la differenza tra la caldaia fornita rispetto a quella oggetto del bando di gara abbia comportato una modifica sostanziale dell’oggetto della gara stessa; al contrario, concorda nel ritenere che tale differenza si sia sostanziata solo in un aumento della capacità della caldaia.
In ragione di ciò, considerato che una parte del maggior prezzo finale dell’impianto deve considerarsi conseguente a tale aumento di capacità, il rappresentante della Procura ha dichiarato di ridurre la relativa richiesta risarcitoria ad €.17.789.749,83 (rispetto al prospetto di quantificazione di tale voce di danno erariale presente in citazione, viene effettuata la diminuzione da €.23.486.963,94 a €.10.558.219,44 della voce relativa alla differenza tra il prezzo finale di aggiudicazione e quello offerto nella proposta valutata da ENELPOWER il 16 giugno 1999).
Con riferimento al danno erariale conseguente all’illecita retrocessione di parte delle somme corrisposte al local agent per l’area del Golfo Persico, il rappresentante della Procura afferma la piena validità dell’atto di citazione, atteso che l’ipotesi di danno erariale per illecita retrocessione di somme era già presente nell’invito a dedurre, unitamente a quella - poi abbandonata - connessa all’ipotizzata mancata comunicazione ai vertici ENEL del reale prezzo corrisposto al signor Al Nowais per le sua prestazioni.
Ad avviso del sostituto procuratore regionale Evangelista, la transazione stipulata tra ENEL e SIEMENS, seppur inerente in parte anche al danno all’immagine, ha ad oggetto fatti diversi da quelli di causa e pertanto, la sua stipula non ha comportato la cessazione della presente materia del contendere.
Con riferimento alle consulenze stipulate con le società riconducili al Contini, viene stigmatizzato che tutti i predetti rapporti contrattuali abbiano avuto come interlocutore le società di consulenza del medesimo gruppo.
Infine, per quanto riguarda il danno erariale imputato al convenuto X, il sostituto procuratore ha dichiarato di ridurne l’importo nella misura della somma che il medesimo convenuto asserisce di aver ricevuto a titolo di quota di compenso per la sua attività di consulenza eccedente quella indicata nel contratto.
L’avv. Salvi, per il convenuto Z, ha dichiarato di aver proposto ricorso preventivo di giurisdizione in Cassazione ma di non essere in grado di depositarne la copia notificata o depositata.
Nel merito, ha chiesto respingersi la domanda in quanto infondata.
In particolare, ha rilevato come il danno all’immagine sia già stato risarcito dalla SIEMENS
L’avv. Borghi per il convenuto W, ha evidenziato la contraddittorietà della citazione laddove qualifica anomala la prima offerta presentata dalla ALSTOM per la gara per la centrale elettrica del Sulcis ma poi la utilizza come parametro per la determinazione del danno.
Inoltre, ha rilevato l’assoluta ininfluenza delle dazioni illecite sul decorso della vicenda contrattuale, nonché l’avvenuto integrale risarcimento del danno da parte della ALSTOM.
L’avv. Todarello, per il convenuto Y, ha contestato, con riferimento al preteso danno da disservizio, l’imputazione ai convenuti delle somme dovute ai componenti del servizio di auditing interno delle società ENEL ed ENELPOWER (trattandosi di compensi comunque dovuti per il mero svolgimento dei compiti di ufficio) e delle spese legali (non comprendendosi in quale misura esse potessero ricondursi alla pretesa attività illecita del convenuto).
L’avv. Bianchi per il convenuto X, ha evidenziato come il suo assistito si sia limitato a percepire le somme pattuite per lo svolgimento del proprio lavoro.
L’avv. Chiti per l’ENEL s.p.a., l’ENELPOWER s.p.a. e l’ENELPRODUZIONE s.p.a., si è riportato al proprio atto di intervento ad adiuvandum.
A tale proposito, il dott. Evangelista, in rappresentanza della Procura, ha rilevato, in sede di replica, che l’unico intervento ammesso nel processo contabile è quello adesivo e che, pertanto, l’interventore non può dubitare della giurisdizione di questa Corte, come infatti non ne dubita la Procura attrice.
Terminata la discussione, il Presidente ha dichiarato chiusa l’udienza e la causa è stata trattenute in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. In via assolutamente preliminare, occorre precisare, per completezza di esposizione, che il mero preannuncio della proposizione di un regolamento preventivo di giurisdizione non equivale alla sua effettiva presentazione.
Pertanto, non essendovi in atti prova alcuna dell’introduzione di tale autonoma fase processuale, questo collegio deve procedere all’esame degli elementi costitutivi - in fatto ed in diritto - della presente controversia, iniziando, per l’appunto, da quelli inerenti la sussistenza della propria giurisdizione e competenza.
Com’è noto, presupposto indefettibile per la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti nei giudizi di responsabilità amministrativo-contabile è la qualifica di pubblico dipendente del convenuto.
Nel caso di specie, i convenuti Y, Z a Caprarotta erano, all’epoca dei fatti, dipendenti di due s.p.a. (ENELPOWER s.p.a. e ENELPRODUZIONE s.p.a.) controllate in misura largamente maggioritaria da ENEL s.p.a., mentre il convenuto X svolgeva attività di collaborazione coordinata e continuativa per una delle due predette società (in particolare, per ENELPOWER s.p.a.).
Pertanto, riservando al prosieguo l’esame della configurabilità del rapporto di servizio tra il convenuto X e la ENELPOWER s.p.a., appare immediatamente necessario esaminare la sussistenza della giurisdizione contabile relativamente ai dipendenti di ENEL s.p.a. per, poi, verificarla anche con riferimento a quelli delle predette società controllate.
1.2. Con un recente revirement giurisprudenziale di grande importanza, la Corte di Cassazione ha affermato che sono attribuiti al giudice contabile i giudizi di responsabilità amministrativa, per fatti commessi dopo l'entrata in vigore dell'art.1, quarto comma, della legge n.20 del 1994, anche nei confronti di amministratori e dipendenti di enti pubblici economici (Cass. civ. S.S. U.U., ord. 22 dicembre 2003 n.19667).
La Suprema Corte ha ritenuto che, per effetto dell'evoluzione normativa, a far data dalla legge 241/90 ed al conseguente mutamento dei moduli organizzativi ed operativi della P.A., deve ritenersi superata, ai fini del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice contabile, la tradizionale distinzione tra enti pubblici economici e non economici.
Il citato mutamento di giurisprudenza è stato motivato con tre distinti argomenti.
Il primo è costituito dell’uso crescente degli strumenti e delle tecniche privatistiche da parte della P.A., sicché si può dire che essa “svolge attività amministrativa non solo quando esercita pubbliche funzioni o poteri autoritativi, ma anche quando, nei limiti consentiti dall’ordinamento, persegue le proprie finalità istituzionali mediante un’attività disciplinata, in tutto o in parte, dal diritto privato”.
Il secondo consiste nell’espansione della sfera di competenza giurisdizionale della Corte dei conti, soprattutto per il superamento, ai sensi della legge 20 del 1994, della responsabilità contrattuale quale limite alla sua giurisdizione “l’ambito della quale investe ora anche la responsabilità extracontrattuale nei confronti di amministrazioni ed enti pubblici diversi da quelli di appartenenza”; con la conseguenza dell’esclusiva rilevanza, ai fini della determinazione della giurisdizione, della sola natura del soggetto danneggiato, sia in caso di danno arrecato ad amministrazione diversa da quella di appartenenza sia, a fortiori, di danno arrecato alla propria amministrazione.
Il terzo argomento, fondato sull’applicazione in parte qua del criterio di riparto di giurisdizione in base alla materia disciplinata (seppure estremamente ridimensionato ad opera della successiva sentenza 204/2004 della Corte costituzionale, che ha circoscritto l’ambito della giurisdizione amministrativa esclusiva ai soli casi in cui l’amministrazione agisce come autorità), conserva ancora qualche utilità con riferimento alla giurisdizione della Corte dei conti, per la quale il criterio di riparto per materie è costituzionalmente previsto e garantito (l’art. 103 Cost. esplicitamente afferma che “la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge”).
Ne consegue che, in tema di responsabilità contabile degli amministratori di enti pubblici economici, la giurisdizione spetta alla Corte dei conti, quand'anche l'ente operi attraverso l'impiego di strumenti privatistici.
1.3. Ciò posto per i dipendenti degli enti pubblici economici, quid juris per quelli delle c.d. società per azioni in mano pubblica?
La sussistenza della giurisdizione contabile di responsabilità nei confronti dei dipendenti di s.p.a. in mano pubblica è affermata expressis verbis dall’art.7 della legge 97/2001, che impone all’A.G.O. di comunicare al Procuratore regionale della Corte dei conti, affinché promuova l'eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale, le sentenze pronunciate contro i dipendenti di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica.
Da tale disposizione si desume la volontà esplicita del Legislatore di ritenere sussistente la giurisdizione della Corte dei Conti nei confronti di soggetti che operano presso enti a capitale prevalentemente pubblico e, quindi, anche nei confronti di dipendenti delle società per azioni il cui capitale sociale sia in misura prevalente in mani pubbliche (in tal senso, si veda C. conti sez. Marche, 4 luglio 2001, n.28).
1.4. Tale disposizione, di per sé sola, basterebbe a fondare la giurisdizione di questa Corte in subjecta materia.
Apparirebbe, difatti, estremamente strano che detta giurisdizione sorga solo a seguito di una pronuncia del giudice penale ovvero che necessiti, per concretizzarsi, della possibilità di inquadrare la fattispecie contemporaneamente sotto un profilo di responsabilità sia penale che contabile; molto più semplicemente, deve ritenersi che il Legislatore si sia limitato a constatare l’esistenza di un simile spazio di giurisdizione contabile ed ne abbia tratto le necessarie conseguenze sul piano dei rapporti tra distinte autorità giudiziarie.
Pur tuttavia, la possibilità di equiparare, ai fini del riconoscimento della giurisdizione contabile di responsabilità (e quindi anche al di fuori degli eventuali più ristretti confini di applicabilità della legge 97/2001), gli enti pubblici economici alle dette s.p.a. in mano pubblica, pare trovare ulteriori e sufficienti elementi di conferma sia nella stessa giurisprudenza di Cassazione, sia nell’attuale quadro normativo, come costantemente interpretato dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria.
Le Sezioni Unite della Cassazione, sin dalla sentenza n.363 del 1969, avevano affermato l’immediata efficacia precettiva dell’art.103, secondo comma, Cost., nei casi di compresenza di due elementi, qualificanti la nozione di contabilità pubblica: uno soggettivo, che attiene alla natura pubblica del soggetto - ente od amministrazione - al quale l’agente sia legato da un rapporto di impiego o di servizio; l’altro oggettivo, che riflette la qualificazione pubblica del denaro o del bene oggetto della gestione nell’ambito della quale si è verificato l’evento, fonte di responsabilità.
All’esito di un lungo percorso evolutivo, comunque maturato nel solco della ricordata giurisprudenza, nella citata ordinanza 19667/2003, le medesime Sezioni Unite hanno chiarito che il discrimen tra le due giurisdizioni risiede unicamente nella qualità del soggetto passivo, e, pertanto, nella natura - pubblica o privata - delle risorse finanziarie di cui esso si avvale (non facendo, significativamente, alcun accenno alla formula organizzativa assunta dall’ente).
D’altro canto, sempre nella stessa ordinanza, le medesime S.S. U.U. hanno ricordato la costante giurisprudenza delle proprie sezioni penali, le quali hanno più volte affermato che la trasformazione di amministrazioni pubbliche in enti pubblici economici e poi in società per azioni non ne fa venir meno la natura pubblicistica (Cass., sez. I pen., 22 giugno 2000 n.10027, Aalam, per l'Ente Ferrovie dello Stato, e Cass. sez. VI pen., 8 marzo 2001 n.20118, Di Bartolo, per l'Ente Poste), con il conseguente persistere, per i rispettivi dipendenti, della qualità di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.
Inoltre, può essere utile ricordare che, proprio nel giudizio per responsabilità contabile in relazione al quale le S.S. U.U. erano state adìte per regolamento preventivo di giurisdizione risolto, per l’appunto, con la citata ordinanza 19667/2003, era stata nuovamente sollevata eccezione di difetto di giurisdizione, sul presupposto della sopravvenuta trasformazione dell’ente economico in s.p.a.; ciò nonostante, proprio sulla scorta dell’iter logico utilizzato dalle S.S. U.U., l’adìta sezione giurisdizionale della Corte dei conti ha affermato decisamente la propria giurisdizione (Corte conti, sez. giurisd. Abruzzo, 14 gennaio 2005, n.67).
Le medesime Sezioni Unite, nella successiva sentenza 26 febbraio 2004, n.3899, hanno affermato la sussistenza della giurisdizione di questa Corte dei conti in una vicenda che vedeva coinvolti i dipendenti di una s.p.a. partecipata in misura largamente maggioritaria (ma non totalitaria) dal Comune di Milano; seppure in tale decisione il giudice della giurisdizione abbia fondato il suo convincimento sul rapporto di servizio sussistente tra detta società ed il citato Comune, pur tuttavia deve evidenziarsi come la natura societaria dell’ente non abbia impedito l’applicazione del suddetto criterio di riparto.
Infine, le stesse S.S. U.U. di cassazione (Cass. civ. S.S. U.U. civ., 25 novembre 2004 - 3 maggio 2005, n.9096) nel decidere in ordine al diritto degli avvocati al trasferimento all’elenco speciale ex art.3 R.D.L. 1578/1933, in occasione dell’assunzione presso una s.p.a. costituita per la gestione di servizi pubblici locali, hanno chiuso il cerchio, dando ormai per acquisita l’esistenza di s.p.a. che - per essere il relativo capitale detenuto da soggetti pubblici - costituiscono “istituzione pubblica” e sono, conseguentemente, sottoposte alla giurisdizione della Corte dei conti.
A riprova della neutralità della veste societaria, vale la pena ricordare che la Corte costituzionale (Corte cost. sent. 28 dicembre 1993 n.466), nel decidere il conflitto di attribuzioni tra la Corte dei conti ed il Governo della Repubblica, ha avuto modo di affermare che spetta a detta Corte il controllo sulla gestione delle società per azioni derivanti dalla trasformazione dell'IRI, ENI, INA ed ENEL fin quando permanga una partecipazione esclusiva o maggioritaria dello Stato al capitale azionario di tali società, osservando tra l'altro che le ragioni, che stanno alla base del controllo spettante alla Corte del conti sugli enti pubblici economici sottoposti a trasformazione, non possono considerarsi superate in conseguenza del solo mutamento della veste giuridica degli stessi enti, e che il controllo verrà a perdere la propria ragion d'essere solo nel momento in cui “il processo di privatizzazione avrà assunto connotati sostanziali tali da determinare l'uscita delle società derivate dalla sfera della finanza pubblica”.
Il discrimen individuato dal Giudice delle Leggi (permanenza o meno dell’ente nella sfera della finanza pubblica) rende del tutto simili (e, dunque, assimilabili quanto a disciplina normativa) l’ipotesi di partecipazione pubblica maggioritaria, riferita al (sempre più raro) caso di possesso in mano pubblica di una quota azionaria superiore al 50%, e quella di possesso del c.d. pacchetto di controllo (cioè, di quella quota azionaria che, seppure inferiore al 50%, consente, in ipotesi di azionariato diffuso, il controllo della società), in quanto in entrambi i casi l’ente è gestito da soggetti pubblici che esercitano su di esso un potere di direzione.
Tale, in particolare, è la situazione attuale dell’ENEL s.p.a., in cui ad una quota azionaria pubblica del 42% si contrappone un 58% che, in mano ad un vasto numero di soggetto privati, risulta inidoneo a sottrarre all’azionista pubblico il controllo della società.
D’altro canto, lo stesso Statuto societario dell’ENEL- nel testo vigente, come da ultimo modificato dall’Assemblea straordinaria del 26 maggio 2005 - detta, all’art.6, un’inequivoca disposizione atta a conservare in capo all’azionista pubblico il controllo della società: “nessuno può possedere, a qualsiasi titolo, azioni della Società che comportino una partecipazione superiore al 3% del capitale sociale”.
Inoltre, ai sensi del medesimo articolo, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, d’intesa con il Ministro delle attività produttive, può opporsi all’assunzione da parte di determinati soci di partecipazioni rilevanti (pari al 3% del capitale) nonché a patti o accordi parasociali comportanti un’influenza dominante sulla gestione societaria.
A fortiori, tale veste societaria è inidonea a nascondere la natura pubblica dell’ente laddove esso presenti una partecipazione pubblica nettamente maggioritaria, situazione nella quale, come ricordato dalla Procura regionale, all’epoca dei fatti versava l’ENEL, la cui partecipazione pubblica era pari al 70%.
1.5. Ulteriori argomenti a favore della sussistenza della giurisdizione contabile di responsabilità sui dipendenti della s.p.a. in mano pubblica possono trarsi dalla normativa e dalla giurisprudenza amministrativa.
È noto come, sull’influsso della giurisprudenza comunitaria (spinta dalla necessità di individuare formule definitorie atte ad operare in ordinamenti caratterizzati da rilevanti diversità e, dunque, dall’irrefrenabile forza espansiva del c.d. principio di effettività), si sia affermata anche in Italia una nozione sostanziale di Pubblica amministrazione, che prescinde dagli aspetti formali caratterizzanti l’organizzazione dell’ente, per concentrare la propria attenzione sull'elemento funzionale della relativa attività e, in particolare, sul soddisfacimento diretto di bisogni di interesse generale.
A tal fine, con particolare riferimento alla problematica degli appalti pubblici (in merito alla quale è particolarmente avvertita l’esigenza di salvaguardare la piena concorrenza degli operatori economici comunitari), alla nozione di pubblica amministrazione si sono affiancate quelle di organismo di diritto pubblico e, per gli appalti nei c.d. settori esclusi, di impresa pubblica, nel senso di equipararli, a tutti gli effetti, all’ente pubblico.
L’organismo di diritto pubblico, ai sensi dell’art. 2 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come da ultimo modificata dal decreto legislativo 22 gennaio 2004 n.30 - disposizione che si conforma, nel punto, a quanto stabilito in ambito comunitario dall’art.1, nono comma della direttiva CEE 3 febbraio 2004 - è definito come “qualsiasi organismo con personalità giuridica, istituito per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale e la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dalle regioni, dalle province autonome di Trento e Bolzano, dagli enti locali, da altri enti pubblici o da altri organismi di diritto pubblico, ovvero la cui gestione sia sottoposta al controllo di tali soggetti, ovvero i cui organismi di amministrazione, di direzione o di vigilanza siano costituiti in misura non inferiore alla metà dei componenti designati dai medesimi soggetti”.
Dall’esame di tale norma, la giurisprudenza ha ricavato i tre parametri per identificare l’organismo di diritto pubblico: l’influenza dominante di un ente pubblico, la personalità giuridica ed il c.d. requisito teleologico (il carattere generale e la natura non industriale o commerciale dell’attività svolta).
Per l’art.2 d.lgs. n.158 del 1995, negli appalti nei c.d. settori esclusi, e cioè negli appalti relativi alla messa a disposizione o alla gestione di reti fisse per la fornitura di un servizio al pubblico per quanto riguarda la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile, gas, energia elettrica, energia termica, nonché l'alimentazione delle suddette reti, fra i soggetti aggiudicatori figurano anche le imprese pubbliche.
L’impresa pubblica è definita come quell’impresa sulla quale le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, gli enti territoriali e locali, gli altri enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico comunque denominati e loro associazioni, possono esercitare, direttamente o indirettamente, un'influenza dominante perché ne hanno la proprietà, o hanno in esse una partecipazione finanziaria, oppure in conseguenza delle norme che disciplinano le imprese in questione; l'influenza dominante su un'impresa è presunta quando, rispetto ad essa, i soggetti anzidetti, direttamente o indirettamente, ne detengono la maggioranza del capitale sottoscritto, oppure controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall'impresa, o hanno il diritto di nominare più della metà dei membri del consiglio d'amministrazione, del comitato esecutivo o del collegio sindacale della stessa.
La differenza sostanziale tra la definizione di organismo di diritto pubblico e quella di impresa pubblica (data la sostanziale identità dei requisiti costituiti dalla personalità giuridica e dall’influenza dominante esercitata da soggetti pubblici) consiste nell’irrilevanza, ai fini della definizione dell’impresa pubblica, del requisito teleologico (che in via positiva implica il carattere generale dell’attività svolta e, in via negativa, la natura non industriale o commerciale della medesima).
Ebbene, ai fini dell’appartenenza dell’ente alla categoria di impresa pubblica, la sussistenza di tale requisito è indifferente (come affermato dal Consiglio di Stato a. plen., 23 luglio 2004, n. 9, con riferimento alla s.p.a. Grandi Stazioni).
Come si vede, nessun rilievo assume, al fine dell’inquadramento dell’ente all’interno di tali categorie, l’eventuale sua veste societaria, considerata “neutrale” in ordine all’accertamento della c.d. pubblicità reale.
Prima di verificare in concreto la sussistenza dei parametri che dimostrano l’appartenenza dell’ENEL s.p.a. alla categoria dell’organismo di diritto pubblico ovvero dell’impresa pubblica, questo collegio vuole farsi carico di rispondere ad una prevedibile obiezione al percorso logico-argomentativo fin qui seguito.
Trova, infatti, sostenitori in dottrina la tesi secondo la quale l’appartenenza di una persona giuridica alla categoria dell’organismo di diritto pubblico ovvero dell’impresa pubblica non costituisce affatto un indice di pubblicità dello stesso ma comporta esclusivamente l’applicazione alla medesima della normativa comunitaria in tema di appalti.
Principio fondante di tale tesi è l’estraneità, rispetto ai fini perseguiti dalla normativa comunitaria in tema di appalti (e, di conseguenza, da quella nazionale che ne costituisce il recepimento), di qualsiasi preoccupazione in ordine alla legalità, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa (al cui perseguimento è, invece, finalizzata qualsiasi normativa pubblicistica), e, per converso, l’esclusività del diverso scopo costituito dallo sviluppo della concorrenza effettiva nel settore degli appalti pubblici; in tal senso, viene citata la recente sentenza 7 ottobre 2004, n. 247/02 della Corte di giustizia europea.
Tali orientamento non appare condivisibile.
È inequivoco che la principale - se non addirittura l’unica - preoccupazione del legislatore comunitario in subjecta materia sia quella di definire le regole per mantenere ed ampliare la concorrenza all’interno della comunità europea.
È, altresì, evidente che non rientra né tra i suoi fini né tra i suoi compiti quello di emanare norme definitorie in ordine all’appartenenza di soggetti nazionali all’ambito della pubblica amministrazione; ciò non di meno, la normativa comunitaria, soprattutto dopo il suo recepimento, può e deve costituire un elemento di cui l’interprete si serve ai fini dell’applicazione della normativa nazionale.
A tal fine, non può non rilevarsi come tutta la normativa comunitaria in materia nasca dall’esigenza di evitare (o, quanto meno limitare) gli effetti distorsivi sul mercato conseguenti all’azione della P.A. e che, dunque, al fine di garantire la concorrenza nel mercato europeo ed impedire alle diverse amministrazioni nazionali di limitarla, la normativa europea si trovi nella necessità di individuare gli indici di pubblicità dei soggetti che operano in tale mercato.
Asserire che tale operazione sia finalizzata unicamente all’applicazione della normativa europea significa attribuire a tale opera di definizione una valenza parziale, idonea a realizzare una qualificazione in parte qua e, dunque, confondere il profilo attinente all’essenza dell’ente con quello relativo alle modalità della sua azione.
Una simile asserzione non potrebbe essere condivisa, perché qualsiasi operazione definitoria non può che avere una valenza ontologica e non meramente funzionale, in quanto finalizzata ad individuare ciò che l’oggetto è nella sua essenza più profonda, indipendentemente dalle forme in cui si presenta ovvero dagli atti e comportamenti contingenti nei quali si manifesti il suo operato.
Ovviamente, ciò non toglie che un soggetto pubblico possa, senza per questo mutare la propria natura, avere delle caratteristiche e dei comportamenti privatistici (e viceversa) purché essi assumano un carattere marginale; laddove tali caratteristiche assumano una valenza prevalente, esse non potranno che determinare la modifica della natura e della qualificazione dell’ente.
Nella normativa comunitaria, l’organismo di diritto pubblico e l’impresa pubblica sono definiti facendo riferimento ad indici di indiscussa pubblicità, tali da connotarne in maniera sostanziale la loro essenza come soggetti appartenenti all’area pubblicistica.
L’inquadrabilità del soggetto in tale ambito non può non avere conseguenze anche al di fuori della materia degli appalti, svolgendo tale normativa la funzione di elemento utile alla definizione della natura del soggetto in toto e non in parte qua (e, dunque, anche al di là ed al di fuori di tale materia).
D’altro canto, è notorio che, nel nostro ordinamento nazionale, la normativa in tema di evidenza pubblica, nata al fine di favorire l’economicità dell’azione amministrativa ed evitare sprechi e danni all’erario pubblico, ha finito con il divenire modus agendi tipico della pubblica amministrazione, in quando modalità procedimentale idonea a garantire il perseguimento non solo dei fini di economicità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa, ma altresì di quelli di legalità, trasparenza e responsabilità.
Seppure è vero che il fine precipuo della normativa di evidenza pubblica di derivazione comunitaria sia quello di favorire la concorrenza (ed in tal senso è chiara la citata sentenza 247/02 della Corte di giustizia europea) è anche vero che il perseguimento di tale fine può coesistere con altri, soprattutto se ad esso collegati o addirittura funzionali al suo raggiungimento.
In particolare, si vuole evidenziare come la concorrenza nel settore degli appalti pubblici venga favorita dalla legalità dell’azione amministrativa, così come il perseguimento di questa (finalità di cui questa Corte è garante) favorisce, al contempo, il miglior funzionamento del mercato concorrenziale.
Conseguentemente, la circostanza che un ente sia soggetto alla normativa europea in tema di appalti trova il suo fondamento nella sua natura pubblica, la quale, a sua volta, lo rende sottoposto ad una serie di disposizioni nazionali (compreso il controllo di questa Corte) che, favorendo la trasparenza e legalità della relativa azione, garantiscono al contempo e necessariamente il miglioramento del mercato.
In altri termini, si può dire che la garanzia della legalità, trasparenza, efficacia ed efficienza dell’azione dei pubblici poteri, garantita dall’attività della Corte dei conti (sia in sede di controllo che in sede giurisdizionale) è connessa e funzionale alla tutela della concorrenza in tutti quei mercati comunitari contraddistinti dalla presenza di operatori pubblici (in quanto la legalità del loro agere adiuva la formazione, il consolidamento ed il miglioramento di un mercato concorrenziale).
Pertanto, la classificabilità di un ente come organismo di diritto pubblico ovvero impresa pubblica ne implica la sottoponibilità non solo alle regole comunitarie in tema di appalti ma, al tempo stesso e per i medesimi motivi, anche a quelle interne in tema di controllo e sindacato giurisdizionale della magistratura contabile e ciò non solo per motivi logici, ontologici e sistematici, ma altresì per motivi funzionali e di coerenza del sistema.
Ad abundantiam ed in via di mero fatto deve, infine, rilevarsi come ben due dei presunti illeciti erariali oggetto del presente giudizio abbiano riguardato fatti connessi a due appalti di servizi il cui bando era stato emanato, secondo la normativa comunitaria, dall’ENEL prima della sua trasformazione in soggetto privato e nella cui gestione l’ENELPOWER s.p.a. era subentrata in ragione di una specifica disposizione di legge (art.11 del decreto-legge 31 maggio 1994, n.332, convertito in legge 30 luglio 1994, n.474), succedendo così nella posizione di fatto e di diritto della sua dante causa.
1.6. Posta, dunque, la sussistenza della giurisdizione di responsabilità della Corte dei conti sui dipendenti sia degli enti pubblici economici che degli organismi di diritto pubblico che delle imprese pubbliche (anche se organizzati in forma societaria), occorre accertare l’appartenenza o meno di ENEL ad una di tali categorie.
Depongono nel senso dell’appartenenza dell’ENEL s.p.a. alla categoria dell’organismo di diritto pubblico (seppure sub specie di società per azioni), la sua personalità giuridica, l’influenza dominante esercitata su di essa dallo Stato e la destinazione della relativa attività a fini prevalentemente - seppure non esclusivamente - di interesse generale.
Come chiaramente affermato dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. VI, 17 settembre 2002, n.4711), nonostante la sua trasformazione in società per azioni e la progressiva liberalizzazione del settore dell'energia elettrica, ENEL s.p.a. continua ad agire per il conseguimento di finalità pubblicistiche (la produzione ed erogazione di energia elettrica rimane servizio pubblico essenziale anche se non più gestito in modo monopolista dallo Stato) e lo Stato, nella sua veste di azionista di maggioranza, continua a indirizzare tali attività societarie a fini di interesse pubblico generale, anche al di là e prescindendo dal mero intento lucrativo.
Inoltre, le importanti deroghe rispetto al regime societario tipico (le ricordate facoltà statutariamente riconosciute al Ministro dell’Economia di opporsi alla realizzazione di posizioni dominanti da parte di soggetti privati), nel comportare una consistente alterazione dei normali meccanismi di funzionamento degli organismi societari e una compressione di non poco conto dell'autonomia funzionale di quegli organi societari con potestà deliberante (derivante dall'aver, almeno in parte, vincolato le procedure ordinarie di formazione della volontà sociale ad intese e soprattutto ad un atto - il programma - elaborati in sede pubblicistica), costituiscono dati normativi il cui rilievo è decisivo per affermarne la natura pubblica.
Il medesimo Consiglio di Stato ritiene, peraltro, che la natura pubblica di ENEL s.p.a. sia confermata (e non già semplicemente affermata) anche dalla circostanza che la società è qualificabile come organismo di diritto pubblico, poiché ne possiede i tre requisiti: a) il requisito della personalità giuridica, soddisfatto dalla veste di società per azioni; b) la sottoposizione ad una influenza pubblica, trattandosi di s.p.a. a prevalente partecipazione pubblica; c) il requisito del soddisfacimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale - che non determina la non imprenditorialità della gestione, ma la sua funzionalizzazione per il soddisfacimento di bisogni generali della collettività che lo Stato preferisce soddisfare direttamente ovvero nei confronti dei quali intende mantenere un'influenza determinante - soddisfatto dalla circostanza che si tratta di società costituita per il principale fine di gestire, anche attraverso le società controllate, le attività di produzione e distribuzione dell'energia elettrica.
D’altro canto, l’art.1 della legge 23 agosto 2004 n.239, sottopone le attività di produzione, importazione, esportazione, stoccaggio non in sotterraneo anche di oli minerali, acquisto e vendita di energia ai clienti idonei, nonché di trasformazione delle materie fonti di energia, al rispetto degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla normativa comunitaria e dalla legislazione vigente.
Di non poco peso appare il fatto che, per argomentare la natura pubblica di ENEL s.p.a., il Consiglio di Stato abbia evidenziato, tra le deroghe al regime societario tipico, la sussistenza di disposizioni legislative che impongono al socio pubblico di tener conto, nell'esercizio dei diritti dell'azionista, delle direttive del Presidente del Consiglio, dell'intesa da raggiungere con altri ministri, oltre che del programma di riordino elaborato in sede pubblica.
Tale circostanza assume un particolare rilievo alla luce di una recente pronuncia della Corte costituzionale (Corte cost., 19 dicembre 2003, n.363) che, chiamata a dirimere un conflitto di attribuzione tra lo Stato e la regione Marche, ha affermato che Italia lavoro s.p.a., società per azioni a capitale interamente pubblico, anch’esso - come ENEL s.p.a. - detenuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che esercita i diritti dell'azionista su direttiva del Presidente del Consiglio e d'intesa con il Ministro del Welfare, pur rivestendo la forma della società per azioni, presenti - proprio in ragione delle suddette caratteristiche, comuni anche ad ENEL - i caratteri propri dell'ente strumentale.
Conclusivamente, può affermarsi come dall’esame della normativa e della giurisprudenza nazionale e comunitaria emerga la natura di ente pubblico o, quanto meno, di organismo di diritto pubblico, dell’ENEL s.p.a.
1.7. Nonostante la satisfattività delle argomentazioni finora esposte per stabilire la giurisdizione della Corte dei conti sulle controversie in tema di responsabilità erariale dei dipendenti di società in mano pubblica (e, in particolare, dell’ENEL s.p.a.), pare opportuno accennare ad altre ragioni che depongono nel medesimo senso.
Un ulteriore argomento, di natura sistematica, a favore della natura pubblica dell’ENEL s.p.a. e della sussistenza della relativa giurisdizione di questa Corte (evidenziato dalla dottrina con riferimento alla RAI s.p.a.), è costituito dall’espletamento presso la medesima del c.d. controllo concomitante (disciplinato dall’art.12 della legge 259/58) da parte di un consigliere della Corte dei conti.
Tale tipologia di controllo che coinvolge gli enti beneficiari di apporti pubblici di carattere patrimoniale in capitale, beni o servizi ovvero beneficiari di concessione di garanzia finanziaria pubblica, si estrinseca non solo nella delibera che analizza le regolarità dei conti consuntivi e dei bilanci degli enti, ma, per l’appunto, anche attraverso la partecipazione diretta ai lavori degli organi di amministrazione o revisione di un magistrato della Corte dei conti, e tende alla tutela della finanza pubblica lato sensu intesa.
Ciò posto, l’assenza del sindacato del giudice contabile sul medesimo ente su cui si esercita una simile forma di controllo parrebbe un’incoerenza sistematica perché non consentirebbe a posteriori la repressione di quelle medesime inefficienze e lesioni al patrimonio erariale alla cui prevenzione tende invece il controllo concomitante.
Inoltre, circostanza questa di particolare rilievo nell’ambito della giurisdizione contabile, deve evidenziarsi come essendo ENEL s.p.a. massicciamente partecipata dallo Stato, una notevole parte del suo patrimonio sociale risulti essere stato sottoscritto con denaro pubblico; ne consegue il dovere della magistratura contabile di assicurare la corretta e sana gestione di tali pubblici danari.
A tal proposito, pur non volendosi discostare dal principio tradizionale che lega la sussistenza della giurisdizione contabile al rapporto di pubblico impiego tra l’autore del danno erariale e l’ente danneggiato, può essere utile ricordare come una recente sentenza della Corte dei conti, (C. conti, sez. Molise, 7 ottobre 2002, n.234), abbia superato il criterio della sussistenza di un rapporto di servizio per l’incardinazione della giurisdizione della Corte dei conti ed abbia individuato proprio nella natura pubblica delle risorse finanziarie in relazione alle quali si configura il danno di cui alla pretesa risarcitoria, il presupposto per l’incardinazione della stessa giurisdizione, operando così un passaggio dalla responsabilità amministrativa dei soli amministratori e dipendenti pubblici per il danno patrimoniale da essi determinato alle finanze dell’amministrazione di appartenenza in relazione alla violazione di obblighi di servizio, alla responsabilità finanziaria, intesa come una generale forma di responsabilità patrimoniale per danno alle pubbliche finanze in cui possono incorrere tutti i soggetti che abbiano maneggio o che utilizzino pubbliche risorse, e che si configura, in via generale, in relazione alla violazione degli obblighi nascenti in capo al soggetto stesso dalla finalizzazione delle risorse pubbliche.
In particolare, i giudici della Sezione molisana della Corte dei conti, nel respingere l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal difensore di un soggetto convenuto in giudizio nella sua qualità di Presidente di una Società cooperativa privata che aveva beneficiato di alcuni finanziamenti statali e con riferimento ai quali il Procuratore regionale della Corte dei conti riteneva essersi configurato un danno patrimoniale per l’erario, in relazione al fatto che nei confronti dello stesso “mancava quell’indefettibile rapporto di servizio necessario ai fini della affermazione della giurisdizione della Corte dei conti”, discostandosi dal tradizionale orientamento giurisprudenziale che vede nel rapporto di servizio il presupposto per l’insorgenza della responsabilità patrimoniale e per la conseguente incardinazione della giurisdizione del giudice contabile, hanno affermato che “alla luce della evoluzione dell’ordinamento della pubblica amministrazione iniziata a partire dagli anni ’90 attraverso il processo di privatizzazione e di aziendalizzazione della stessa avviato con il d.lgs. 3 febbraio 1993, n.29 (che ha disposto, in particolare, la privatizzazione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni), proseguito con il d.lgs. 31 marzo 1998, n.80 (che ha affermato, fra l’altro, la giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie in materia di rapporto di lavoro con le amministrazioni pubbliche) e con il d.lgs. 30 luglio 1999, n.286 (che ha riordinato i controlli interni nelle amministrazioni pubbliche), ed esitato nella approvazione del d.lgs. 30 marzo 2001, n.165, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, ai fini della affermazione della giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativa, che trova il suo fondamento nell’art.103, comma 2, della Costituzione (“La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge”), assume rilievo non tanto l’elemento formale della qualificazione soggettiva del soggetto chiamato in giudizio innanzi alla Corte dei conti e il rapporto di servizio fra il soggetto stesso e l’amministrazione danneggiata, quanto l’elemento sostanziale della qualificazione oggettivamente pubblica delle risorse finanziarie gestite dal soggetto convenuto in giudizio e in relazione alle quali si configura il danno patrimoniale di cui alla pretesa risarcitoria oggetto del giudizio”.
1.8. Premesso quanto finora argomentato sulla natura di ente pubblico, ovvero di organismo di diritto pubblico, dell’ENEL s.p.a., occorre ora verificare se detta natura possa essere condivisa anche dalle società ENELPOWER ed ENELPRODUZIONE, entrambe controllate dalla prima in misura pressoché totalitaria.
In via preliminare, può essere utile ricordare come il novello Capo IX del Titolo V del Libro V del codice civile, intitolato alla “Direzione e coordinamento di società” abbia ratificato e codificato gli stretti vincoli che legano tra loro le società appartenenti ad uno stesso gruppo e, in particolare, le società controllate alle relative controllanti.
La pregnanza di un simile collegamento, ai fini dell’individuazione dei confini della giurisdizione contabile, non è ignota alla giurisprudenza di questa Corte.
Difatti, in una recente pronuncia di questa stessa sezione giurisdizionale (C. conti, sez. Lombardia, sent. 1198 del 24 ottobre 2003) si è affermato che la giurisdizione della Corte dei conti si estende anche all’accertamento degli eventuali illeciti amministrativi-contabili posti in essere da amministratori o dipendenti dell’holding esercitante il controllo sulla società concessionaria, in quanto, nonostante l’alterità formale dei due soggetti, la prima esercita il potere decisionale sugli atti posti in essere dalla seconda.
Ovviamente, tale legame tra controllante e controllata non può essere a senso unico ma impone, necessariamente, una corrispondenza biunivoca, sicché appare irrazionale negare alla seconda la natura che si è inteso attribuire alla prima.
Ciò posto in termini generali, con espresso riferimento alla presente fattispecie deve ricordarsi che il Consiglio di Stato, nella già ricordata sent.4711/2002, ha affermato che “lo svolgere, da parte di una s.p.a., di un’attività strettamente funzionalizzata ai bisogni della società controllante, che, a sua volta, è organismo di diritto pubblico, determina il partecipare della prima alle stesse finalità della seconda, anche sotto il profilo del soddisfacimento di bisogni di interesse generale, con la conseguenza che alla s.p.a. controllata va ascritta la qualifica di organismo di diritto pubblico”.
In particolare, in tale pronuncia il Consiglio di Stato aveva considerato la società Enel.it organismo di diritto pubblico, sul presupposto che questa svolgeva un’attività strettamente funzionalizzata ai bisogni di ENEL s.p.a., di cui nella sostanza costituiva la divisione informatica, solo formalmente costituita in soggetto distinto, con la conseguenza che si trattava di un soggetto che partecipava alle stesse finalità della controllante ENEL s.p.a., anche sotto il profilo dello scopo di soddisfare di bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale.
Tali considerazioni dei giudici di Palazzo Spada valgono anche per la presente fattispecie.
Difatti, come ricordato dagli stessi ricorrenti, ENELPOWER s.p.a. è nata in seguito allo scorporo da ENEL della Divisione denominata “Ingegneria e Costruzioni” e la sua trasformazione in autonomo soggetto di diritto privato.
In tale veste, la nuova società ha continuato a svolgere in favore della controllata ENEL le medesime attività che già svolgeva quando ne era una mera componente.
La circostanza che a tale funzioni si sia aggiunto anche l’espletamento di ulteriori attività per soggetti esterni al gruppo, pur testimoniando la propensione (indubbiamente sussistente all’epoca dei fatti) di ENELPOWER ad affermarsi come protagonista del mercato nazionale ed internazionale, non le ha mai impedito di proseguire nel suo compito originario - rimasto invariato a dispetto delle modifiche dell’assetto organizzativo - di soggetto deputato alla progettazione, acquisto, costruzione e messa in servizio di sistemi energetici per ENEL s.p.a., con ciò stesso contribuendo al perseguimento dei medesimi suoi fini di soddisfazione di bisogni di interesse generale, quali, per l’appunto, la produzione ed erogazione di energia elettrica.
Conclusivamente, posto che ENELPOWER ha personalità giuridica, è sottoposta ad influenza pubblica dominante - in quanto controllata da un soggetto a sua volta posto sotto un’influenza pubblica dominante - e partecipa, unitamente alla controllante, al soddisfacimento dei predetti compiti di interesse generale, se ne deve ritenere sussistente la natura di organismo di diritto pubblico.
A tale ultimo proposito, non appaiono condivisibili le obiezioni sollevate, in via di fatto, dalle difese dei convenuti, con riferimento alla prevalenza, all’epoca dei fatti, del fatturato extragruppo dell’ENELPOWER s.p.a. rispetto a quello intergruppo.
La nascita di ENELPOWER, conseguente al distacco dall’ENEL della Divisione “Ingegneria e Costruzioni” ed alla sua erezione in autonoma persona giuridica di diritto privato, ha coinciso, temporalmente, con la creazione, previo distacco da ENEL, di diverse persone giuridiche, messe sul mercato e cedute a privati.
Ciò nonostante, nelle fasi immediatamente successive alla (parziale) privatizzazione del mercato elettrico, nonostante le rilevanti modifiche apportate alla forma giuridica dei suoi tanti protagonisti, i precedenti rapporti commerciali sono rimasti pressocché immutati.
In tal senso, sono proseguite le attività svolte dalla neonata ENELPOWER in favore dei soggetti privati nati dallo scorporo e dalla vendita di altre componenti dell’ENEL cedute a privati al fine di creare un mercato energetico concorrenziale (quali le Endesa Italia s.r.l., già Elettrogen s.p.a. e le tre “Genco”).
In altri termini, come tale circostanza conferma, non solo ENELPOWER s.p.a. ha proseguito, dopo la sua creazione, a svolgere le medesime attività che svolgeva quando era ancora una mera componente dell’ENEL ma (circostanza ancor più rilevante) la natura privatistica di molti dei soggetti per i quali svolgeva tale attività extragruppo era di recente istituzione (più correttamente, essi costituivano una sorta di filiazione della medesima ENEL) ed i descritti rapporti commerciali più che provare la supposta massiccia propensione di ENELPOWER verso le attività extragruppo dimostra solo il suo sostanziale subentro (nella veste si s.p.a.) nei medesimi compiti, funzioni e attività svolte dalla Divisione di cui costituisce una sorta di nuova e più moderna versione.
Infine, non può non rilevarsi che, ove mai si dovessero accogliere tali eccezioni sollevate delle difese dei convenuti ed ammettere l’inesistenza del requisito teleologico (per la prevalenza delle finalità di ordine industriale o commerciale su quelle di ordine pubblico), ciò nonostante l’ENELPOWER s.p.a. dovrebbe, comunque, essere ricompresa nella categoria dell’impresa pubblica, in quanto caratterizzata da personalità giuridica e da influenza pubblica dominante (essendo partecipata in misura pressocché totalitaria da un organismo di diritto pubblico quale l’ENEL).
Anche in tal caso, non sussisterebbero dubbi sulla sua natura pubblica.
Parimenti e per i medesimi motivi, deve ritenersi organismo di diritto pubblico ENELPRODUZIONE s.p.a., posto, peraltro, che i compiti della medesima attengono proprio allo specifico fine pubblico istituzionale di ENEL s.p.a. (la produzione di energia) e che, dunque, innegabile appare la sussistenza del relativo requisito teleologico.
Pertanto, ritenuta la natura pubblica degli enti con i quali sussisteva il rapporto di dipendenza degli attuali ricorrenti, deve ritenersi sussistente la giurisdizione di questa Corte a giudicare sulla presente controversia.
A tal proposito, vale appena la pena di ricordare come la presente pronuncia non si potrà mai porre in contrasto con quelle scaturenti da possibili azioni di responsabilità sociale intentate, ai sensi del codice civile, nei confronti dei medesimi soggetti, attese le diversità tra i presupposti e le finalità delle due azioni (officiosa e connotata da elementi di natura sanzionatoria questa innanzi alla Corte dei conti, facoltativa ed esclusivamente recuperatoria quella innanzi al giudice ordinario).
La natura pubblica di tali tipologie di società non diminuisce ma, anzi, amplia la tutela degli azionisti privati, che cumulano alle normali azioni previste dalla normativa civilistica quelle di stampo pubblicistico, connesse alla funzione giurisdizionale della Corte dei conti.
Tale maggior tutela non si sostanzia in un’irragionevole disparità di trattamento ma bilancia i minori poteri dei medesimi azionisti privati statutariamente posti (come si è visto) in una posizione minoritaria all’interno della compagine sociale.
In ogni caso, ove l’esito di una delle due azioni (sia quella proposta innanzi al giudice civile che quella proposta innanzi al magistrato contabile) dovesse comportare la piena soddisfazione delle ragioni degli azionisti, si porrebbe non una questione di giurisdizione ma una questione afferente ai limiti della proponibilità della domanda avanti al giudice adìto per secondo (una simile questione, quindi, concernerebbe esclusivamente i limiti interni della sua giurisdizione, sotto il profilo dell’eventuale pericolo di violazione del principio del ne bis in idem).
1.9. Connotati peculiari riveste, invece, l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal convenuto X sul presupposto dell’assenza, all’epoca dei fatti, di un suo rapporto di servizio sia con l’ENELPOWER s.p.a. che con l’ENELPRODUZIONE s.p.a.
Com’è noto, la Corte costituzionale (sentenza 24 ottobre 2001, n.340), ha affermato che “la responsabilità amministrativa non richiede necessariamente l’esistenza di un rapporto d’impiego o la qualità di dipendente, ma il semplice inserimento (del convenuto) nell’organizzazione della Pubblica Amministrazione con lo svolgimento di funzioni proprie della stessa Amministrazione ... (conseguentemente) il Legislatore può prevedere l’esercizio di dette funzioni da parte di soggetti con un rapporto sottostante anche meramente onorario o di mero servizio o di obbligo”.
In conformità a tale insegnamento del Giudice delle Leggi, la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo univocamente affermato il potere di cognizione del giudice contabile anche in presenza di un rapporto di servizio in senso lato, tale cioè da collocare comunque il soggetto in relazione funzionale con l'ente pubblico rendendolo compartecipe fattivo dell'Ente medesimo, posto che, in tal caso viene comunque ad instaurarsi un rapporto di pubblico servizio, seppure temporaneo quale organo straordinario, fra professionista e amministrazione (Corte Conti, sez. III, 79/2001; sez. III, 19 maggio 1997, n.153/A; sez. II, n.40 del 27 gennaio 1994; SS.RR. n.817, 4 gennaio 1993).
Nessun dubbio può sussistere in ordine all’avvenuto inserimento del convenuto X nell’organizzazione dell’ENELPOWER s.p.a., con la quale aveva stipulato un contratto di collaborazione coordinata e continuativa (cfr. lettera ENELPOWER in data 6 dicembre 2002, prot. ris.PO/3091 IPO25045) e per la quale svolgeva un importante ruolo di consulenza (addirittura due disposizioni organizzative interne dell’ENELPOWER - rispettivamente la n.1 del 20 gennaio 2000 e la n.8 del 24 maggio 2002 - gli attribuiscono il ruolo di Direttore operativo con importanti compiti organizzativi e direttivi), comportante un rapporto duraturo, iniziato in concomitanza con la risoluzione del precedente rapporto di lavoro con l’ENEL ed il conseguente collocamento in quiescenza del convenuto medesimo.
Pertanto, deve affermarsi la giurisdizione di questa Corte anche con riferimento all’accertamento dei fatti di responsabilità contabile addebitati al convenuto X.
2. Venendo all’esame dell’eccezione di incompetenza territoriale di questa sezione giurisdizionale della Corte dei conti, sollevata dal resistente Caprarotta, pare possa dichiararsene l’infondatezza.
La competenza territoriale delle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti è funzionale ed inderogabile e si determina, in base all'art.1, legge 14 gennaio 1994 n.19 ed all'art.2, legge 8 ottobre 1984 n.658 ivi richiamato, con riferimento, alternativamente, all'espletamento dell'attività di gestione dei beni pubblici nel territorio regionale ovvero al verificarsi in ambito regionale del fatto da cui derivi il danno; pertanto il criterio in base al quale determinare la competenza territoriale è da individuarsi nel luogo in cui si è svolta l'azione generatrice del danno in base al principio del locus commissi delicti, previsto dalle suddette norme in alternativa a quello della localizzazione dell'attività gestionale.
In questo senso, si è più volte espressa questa sezione della Corte dei conti (recentior C. conti, sez. Lombardia, 4 dicembre 2002, n.1947 e C. conti, sez. Lombardia, 21 dicembre 2001, n.1970), con un orientamento giurisprudenziale che si ritiene di dover condividere.
Il diverso criterio della residenza anagrafica - indicato dal resistente Caprarotta - riguarda, per espressa indicazione dell’art.2, comma 1, lett.c) della legge 658/1984, i soli giudizi “sui ricorsi e sulle istanze in materia di pensioni, assegni o indennità civili, militari o di guerra a carico totale o parziale dello Stato o degli enti pubblici previsti dalla legge”.
Pertanto, trattandosi di fatti attinenti l’attività gestionale di ENELPOWER, ente con sede in Milano, deve ritenersi sussistente la competenza territoriale di questa sezione giurisdizionale della Corte dei conti.
3. Com’è noto, in sede di contenzioso contabile, mentre le condizioni dell'intervento del terzo in giudizio, quale previsto dall'art.47 r.d. 13 agosto 1933 n. 1038, sono da identificare nelle norme processuali civili, l'ammissibilità dell'intervento stesso trova limiti nella compatibilità di applicazione di dette norme nell'ordinamento processuale proprio del giudizio di responsabilità amministrativa, nel quale, quindi, resta esclusa l'ammissibilità dell'intervento sia principale (ad escludendum) che adesivo autonomo (litisconsortile), giacché, in caso contrario, si introdurrebbe un elemento obiettivo nuovo incompatibile con il diritto esclusivo vantato dall'attore e con la legittimazione personale del convenuto (incardinato nella p.a.); ne consegue l'ammissibilità solo dell'intervento adesivo dipendente, che non introduce una domanda nuova, né amplia il tema del contendere, essendo diretto unicamente a sostenere le ragioni di una delle parti, sempre che l'interventore abbia un interesse concreto e meritevole di protezione giuridica, nel senso che lo stesso deve presentarsi come titolare di un diritto che, per essere connesso o dipendente con quello oggetto della controversia tra le parti originarie, subirebbe un pregiudizio nell'ipotesi di soccombenza della parte adiuvata (Corte Conti, sez. II, 13 novembre 1992, n. 250, e, più recentemente, Corte Conti, sez. II, 16 marzo 2000, n. 87/A).
Nel caso di specie, la particolare natura dell’ENEL s.p.a. (organismo di diritto pubblico costituito in forma di società per azioni partecipata anche da privati) rende sussistente un peculiare interesse della stessa a sostenere l’azione introdotta dalla Procura regionale con l’atto di citazione, a vantaggio di tutta la società e non soltanto dell’azionista statale.
D’altro canto, per i suesposti motivi, tale intervento è da considerarsi legittimo solo laddove si presenti come adesivo e dipendente, in quanto del tutto assimilabile alla posizione attorea.
Tale, infatti, appare l’intervento proposto dalla detta società all’odierna udienza, che si conclude con la richiesta di accoglimento della medesima domanda introduttiva proposta dalla Procura, non costituendo l’inciso “all’esito del regolamento preventivo di giurisdizione” un’autonoma richiesta di accertamento preventivo della giurisdizione di questa Corte bensì la conferma della propria domanda anche all’esito di un’eventuale fase processuale (peraltro, mai realizzatasi).
4. Con riferimento all’eccezione di nullità dell’atto di citazione, perché contenente una modifica della causa petendi rispetto a quanto contestato con l’invito a dedurre (nel primo atto la Procura si sarebbe limitata a stigmatizzare il pagamento di un fee maggiore di quello pattuito, con la citazione avrebbe invece contestato le presunte retrocessioni di parte del medesimo fee), sollevata dai convenuti Y e Z, occorre chiarire, ancorandosi ad una consolidata giurisprudenza di questa Corte (si veda S.S.R.R., 19 giugno 1998, n.14/QM), che l’invito a dedurre non deve (né può) essere identico all’atto di citazione, per una serie di motivi facilmente intuibili (acquisizione di nuovi elementi di prova, inutilità, in caso contrario, della garanzia difensiva insita nell’invito medesimo).
Ciò che deve rimanere identico nei due atti è il quadro generale della fattispecie dannosa contestata, così che questa sia sempre la stessa.
Il mutamento di tale quadro può essere ravvisato solo quando il contenuto della citazione muti completamente (con riferimento a causa petendi e petitum) rispetto a quanto ipotizzato nell’invito, sicché la prima non possa più essere ricondotta al secondo.
Nel caso di specie, deve ritenersi la scarsa incidenza della trascurabile differenza tra i due atti rilevata dai convenuti, posta la palese identità del contesto investigativo in cui sono collocate le contestazioni attoree (i danni erariali conseguenti alla concreta gestione - posta in essere dagli odierni convenuti per conto delle società ENELPOWER ed ENELPRODUZIONE - dei rapporti di collaborazione - e del pagamento dei relativi compensi - sussistenti con il local agent per la regione del Golfo Persico, signor Al Nowais, nonché gli episodi oggetto di indagine nel procedimento penale n.2460/03 R.G.N.R. pendente presso il tribunale di Milano).
Pertanto, l’eccezione deve ritenersi infondata.
5. Va, infine, respinta la richiesta sospensione del presente giudizio in attesa della definizione di quello penale, attesa la completa autonomia dei due processi, più volte ribadita dalla giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, Corte conti, sez.I, 23 marzo 2005, n.100/A).
6. Venendo al merito della controversia, occorre inizialmente esaminare, per rigettarle tutte, le richieste istruttorie avanzate dalle difese dei convenuti.
Per quanto riguarda le istanze di esibizione avanzate dal convenuto Y, si osserva quanto segue.
La richiesta esibizione del verbale del CdA di ENELPOWER del 10 dicembre 2001 appare non indispensabile ai sensi degli artt. 118 e 210 c.p.c., atteso che fra le diverse ipotesi di illecito erariale imputate al convenuto non vi è quella di aver applicato in favore del signor Al Nowais un fee diverso da quello pattuito ed approvato dal CdA dell’ENELPOWER, ma quella di aver ricevuto indietro dal medesimo signor Al Nowais una parte di tale provvigione regolarmente pattuita e pagata.
Le medesime ragioni portano al rigetto dell’identica richiesta istruttoria avanzata dal Z.
Parimenti non indispensabili al fine della presente decisione sono i documenti relativi ai rapporti tra l’ENELPOWER e le società off shore del Contini, atteso che non è posta in dubbio la sussistenza né di tali rapporti né del contratto tra ENEL e la società KESH per la cogestione dell’ente elettrico albanese, bensì la corretta e puntuale esecuzione delle prestazioni oggetto dei primi.
Infine, assolutamente inammissibile con riferimento all’art.94 disp. att. c.p.c. , in quanto generica, è la richiesta esibizione dei documenti asseritamente idonei a consentire una più corretta quantificazione del danno erariale.
Assolutamente inammissibili sono le prove testimoniali richieste dal medesimo convenuto sia perché aventi un oggetto di valore superiore a quello stabilito dall’art.2721, primo comma, c.c., sia perché inerenti a fatti da provare necessariamente in forma scritta ex art.2725 c.c., trattandosi di contratti stipulati da una persona giuridica pubblica.
Infine, assorbente su tutte le predette valutazioni è quella inerente la non rilevanza della detta prova testimoniale in quanto vertente su fatti non contestati; infatti, oggetto dell’imputazione contabile non è l’inesistenza della gara vinta dall’ENEL per la cogestione dell’ente elettrico albanese, né il concreto esercizio del servizio da parte di ENELPOWER, nè la soddisfazione dei committenti, bensì la reale e concreta attività svolta con riferimento a tale cogestione da taluni dei consulenti forniti all’ENELPOWER dalle società off shore del Contini.
Assolutamente inammissibile e non rilevante è la prova testimoniale richiesta dall’X, atteso non solo il già ricordato divieto posto dall’art.2721, primo comma, c.c., ma anche la non contestazione dei fatti oggetto di prova, avendo la procura attrice affermato all’odierna udienza di ridurre l’importo della domanda rivolta nei suoi confronti nei limiti della somma che lo stesso ha dichiarato di aver ricevuto (a titolo di quota di compenso per la sua attività di consulenza) in misura eccedente quella indicata nel contratto.
Venendo alle richieste istruttorie avanzate dal convenuto Z, si osserva come assolutamente inammissibili e irrilevanti sono le richieste di acquisizioni di pareri (punti 1 e 3 della richiesta di ordine di esibizione di documenti relativi alla quantificazione del danno erariale), trattandosi di documentazione non inerente i fatti di causa bensì mere valutazioni di terzi, che non possono - in quanto tali - trovare ingresso nel presente giudizio, se non attraverso gli appositi strumenti della consulenza tecnica (sia d’ufficio che di parte).
Per il medesimo motivo, l’acquisizione dell’analisi svolta da KPMG in ordine all’effettiva prestazione delle consulenze pagate da ENELPOWER deve considerarsi inammissibile; la stessa deve, inoltre, considerarsi irrilevante, atteso che la Procura regionale ha versato in atti tutta la documentazione contabile relativa alle le medesime consulenze e che, dunque, questo collegio è nelle condizioni di valutare autonomamente l’effettiva prestazione di detta attività.
Inammissibile con riferimento all’art.94 disp. att. c.p.c. , in quanto generica, è la richiesta esibizione di tutti i verbali del CdA di ENEL ed ENELPOWER relativi alle commesse aggiudicate dalla SIEMENS ed alla centrale del Sulcis negli anni 2000-2004.
Per quanto attiene alla richiesta acquisizione del Reservation Agreement del 16 marzo 2001 e della lettera dell’ANSALDO del 3 aprile 2002 si osserva che il primo è già versato in atti (allegato n.44 della nota di deposito 31 del fascicolo della Procura) e che l’acquisizione della seconda non appare necessaria, trattandosi di documento il cui contenuto, riportato negli atti defensionali dei convenuti Z e W, non è stato contestato dalla Procura, differendo le impostazioni delle parti unicamente sul valore probatorio da attribuire a tali atti.
Assolutamente non rilevanti sono i fatti oggetto della richiesta di prova per testi, in quanto vertenti sulla gestione economico-imprenditoriale dell’ENELPOWER, che non costituisce argomento della presente controversia.
Venendo, infine, alle richieste istruttorie avanzate dal W, si osserva che l’oggetto della consulenza di cui si chiede l’ammissione riguarda in parte fatti ammessi dalla Procura regionale (che all’odierna udienza ha concordato con i convenuti nell’escludere che la differenza tra la caldaia fornita rispetto a quella oggetto del bando di gara comportasse una modifica sostanziale dell’oggetto della gara stessa ed ha convenuto sul fatto che tale differenza si sia sostanziata solo in un aumento della capacità della caldaia) ed in parte fatti che non possono formare oggetto di valutazione tecnica ma di valutazione giuridica da parte del collegio (sussistenza dei presupposti per l’applicabilità dell’art.13, comma 1, lett.c) d.lgs.158/1995).
Inammissibile con riferimento all’art.94 disp. att. c.p.c. , in quanto generica, è l’ulteriore richiesta di esibizione di altra documentazione (tutti i verbali del CdA di ENEL ed ENELPOWER relativi alla centrale del Sulcis negli anni 2000-2004 e tutti i “pareri, atti giudiziali e stragiudiziali e relative fatture” con riferimento ai fatti causativi dei pretesi danni erariali).
7.1. Una volta affrontate e risolte tutte le questioni istruttorie, può addivenirsi all’esame delle singole ipotesi di responsabilità contabile prospettate dalla Procura regionale; a tal proposito, questo collegio ritiene opportuno procedere separatamente all’esame di ciascuno dei quattro episodi considerati causativi di danno erariale, principiando da quello inerente le due gare comunitarie per la fornitura di turbine a gas aggiudicate all’ATI costituita dalla SIEMENS AG, ANSALDO ENERGIA s.p.a. e ANSALDO CALDAIE s.p.a.
A tal proposito, occorre in primo luogo rilevare come la prova della sussistenza del fatto illecito causativo del preteso danno erariale de quo agitur emerga pacificamente per tabulas.
Costituiscono prova chiara ed univoca in tal senso le dichiarazioni confessorie rese in sede penale dai convenuti W (interrogatori del 10 e 22 luglio 2003) e Z (interrogatorio del 24 luglio 2003).
Questi hanno affermato che vi fu un “accordo sostanziale, per il quale, a fronte di un’attività idonea a determinare un risultato favorevole per l’assegnazione a SIEMENS ... gli uomini di SIEMENS avrebbero provveduto a far pervenire a me e a Z la somma che ho già indicato” (affermazioni del W) e che “fornivo al Dietrich (manager della SIEMENS) tutte le informazioni utili perché aggiustasse l’offerta” (affermazioni del Z).
Tali affermazioni, pur non potendosi giovare della particolare valenza probatoria assicurata dagli artt. 651 e 652 c.p.p., trattandosi di dichiarazioni rese nel corso di un giudizio non ancora pervenuto alla sua conclusione (e, dunque, ben lungi dalla concretizzazione di un giudicato), costituiscono tuttavia confessione stragiudiziale, liberamente apprezzabile dal giudice ai sensi dell’art.2735 c.c.
Questo collegio, peraltro, ritiene di dover dare a tali affermazioni la massima valenza probatoria per due ordini di motivi.
In primo luogo, il terzo cui tali dichiarazioni sono state rivolte è un magistrato, che le ha raccolte nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali, nell’ambito di un interrogatorio svolto nelle fasi propedeutiche all’instaurazione di un giudizio penale; in secondo luogo, i convenuti non hanno mai smentito, nel presente giudizio, la veridicità delle dette affermazioni, limitandosi a contestarne, sul piano meramente giuridico, l’utilizzabilità nel presente giudizio.
Questo collegio, dunque, ritiene raggiunta la piena prova dell’avvenuta percezione da parte dei convenuti di dazioni illecite elargite da dipendenti della società SIEMENS e finalizzate all’aggiudicazione da parte della suddetta ATI della gara de quo.
Tale comportamento, a prescindere dai profili di responsabilità penale, costituisce una grave e dolosa (perché voluta nella sua realizzazione e conseguenze) violazione dei doveri di lealtà gravanti sui due convenuti nonché evidente causa di illegalità, inefficienza, inefficacia e diseconomicità dell’azione dell’ENELPOWER e della sua controllante ENEL.
Ne consegue, pertanto, la piena ascrivibilità della detta condotta nel novero dei comportamenti dolosi costituenti causa efficiente di danno erariale.
Posta tale qualificazione dell’azione dei convenuti, occorre verificare quali tra i danni diretti ipotizzati dalla Procura regionale siano causalmente riconducibili a tale attività illecita.
Prima di dare inizio a tale esame, pare corretto sottolineare come, nonostante nella parte espositiva della citazione venga affermato che tra i presunti vantaggi illeciti conseguiti da SIEMENS s.p.a. a cagione di tali dazioni vi fosse pure l’omissione della contestuale stipula di un contratto di manutenzione del prodotto fornito, c.d. global service (omissione finalizzata- secondo l’assunto attoreo - ad assicurare alla stessa società la posizione monopolistica di vantaggio per la determinazione del successivo contratto di gestione e manutenzione degli impianti) nonché l’acquisto di un set di palette turbine e di un diritto di opzione per l’acquisto di altre tre turbogas - cui se n’è poi aggiunta una quarta - non previsti nel bando di gara, tali voci di danno non hanno poi formato oggetto di specifica contestazione nella parte della medesima citazione intitolata alla “Determinazione del danno - Rapporti con la società “SIEMENS AG”.
In ragione di ciò, tenuto conto del principio di necessaria corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, questo collegio non ritiene di doversi pronunciare in merito a tale argomento, la cui esposizione ha contribuito ad illustrare ad colorandum il quadro probatorio proposto dalla Procura ma non ha costituito oggetto di specifico addebito.
Con riferimento alla gara I.A.A.Z.1001 per la fornitura di tre turbogas, la prima voce di danno che, ad avviso della Procura regionale, deve essere imputata ai convenuti Z e W consegue al mancato computo, ai fini della determinazione del prezzo finale pagato dall’ENELPOWER all’ATI ANSALDO/SIEMENS, stabilito con contratto del 18 febbraio 2000, dello sconto offerto dalla medesima ATI il 23 dicembre 1999, consistente in una riduzione del prezzo della fornitura pari a £.3.000.000.000, nonché all’applicazione di un ulteriore sconto del 2,5% sul prezzo aggiustato di fornitura.
A causa della mancata applicazione, in sede di determinazione del prezzo finale, di tali sconti, ogni turbogas acquistata da ENELPOWER sarebbe costata £.913.500.000 in più rispetto dal dovuto.
A tal proposito, contrariamente a quanto sostenuto dalle difese dei convenuti, si evidenzia come tale cifra sia frutto della differenza del prezzo pagato per l’acquisto di ciascuna turbina (con esclusione degli importi relativi all’acquisto delle palette turbina e del diritto d’opzione) ed il prezzo che la stessa avrebbe avuto a seguito dell’applicazione dello sconto, come emerge dalla lettura della relazione della Guardia di Finanza in data 23 marzo 2005, versata in atti dalla Procura regionale.
Le difese dei convenuti Z e W evidenziano che l’offerta iniziale presentata dalla medesima ATI in data 14 settembre 1999 non era comprensiva degli oneri di trasporto ed assemblaggio della turbogas destinata alla centrale di Pietrafitta; a loro avviso, lo sconto de quo era stato correttamente valutato ma poi assorbito dal costo del trasporto ed assemblaggio della detta turbina.
Tale supposizione, peraltro sfornita di prova, non appare condivisibile.
È vero che l’offerta iniziale (ed il successivo sconto che era calcolato su quella) non tenne conto dei predetti oneri di trasporto ed assemblaggio ma è assolutamente indimostrato che tali oneri corrispondessero nel quantum alle somme oggetto di detto sconto.
A tal proposito, basterebbe ricordare che (come emerge da quanto esposto a pag.7 della relazione della Guardia di Finanza del 23 marzo 2005), in data 22 maggio 2002 ANSALDO ENERGIA s.p.a. ha inviato ad ENELPOWER una proposta economica riguardante gli oneri extracontrattuali relativi al trasporto ed all’assemblaggio della turbina destinata a Pietrafitta, per un totale di €.859.614.
Premesso che dagli atti di causa non emerge la prova dell’avvenuta accettazione di tale proposta e, comunque, del quantum pagato a tale proposito, è indubitabile che tale circostanza fornisca prova piena sia dell’estraneità dei suddetti oneri (per l’appunto qualificati extracontrattuali) rispetto a quelli fatti oggetto dell’accordo contrattuale principale sia dell’evidente incomparabilità - per manifesta differenza quantitativa - delle suddette spese di trasporto con l’importo dello sconto offerto ma non computato nel contratto di fornitura delle turbine.
Non può, peraltro, non rilevarsi come l’intera dinamica contrattuale inerente detta fornitura abbia visto continue modifiche ed aggiustamenti sia dell’oggetto del contratto sia dei relativi costi, realizzate assolutamente al di fuori della corretta procedura di evidenza pubblica (cui pure la gara era sottoposta); in particolare, si vuole ricordare come l’ENELPOWER abbia acquistato sia dei set di palette turbine sia un diritto d’opzione assolutamente non previsti nel bando di gara.
A fronte di tali modifiche del quadro contrattuale non è possibile stabilire né quale sia stato l’importo di tali oneri di trasporto ed imballaggio né se il relativo pagamento non sia stato computato in altra sede (ad esempio al momento della determinazione del prezzo degli ulteriori beni acquistati dall’ENELPOWER al di fuori delle previsioni del bando di gara); quel che è certo che lo sconto offerto, a parità di condizioni, nel dicembre 1999 dall’ATI ANSALDO/SIEMENS non è stato considerato ai fini della determinazione del prezzo finale e che non vi è prova alcuna che tale maggior costo dell’opera sia andato a compensare i predetti oneri di trasporto.
Per quanto attiene alla determinazione del danno erariale conseguente a tale mancata valutazione dello sconto, seppure è vero che detta offerta più vantaggiosa si riferiva alle tre turbine oggetto della gara, è altresì vero che il prezzo delle altre quattro turbine (tre acquistate in virtù del diritto di opzione ed una acquistata al di fuori di tale diritto) è stato pattuito con espresso riferimento a quello versato per le prime tre, sicché la mancata valutazione dello sconto in sede di gara ha influenzato il prezzo dei beni acquistati al di fuori della gara.
Conseguentemente, sotto il profilo causale, deve ritenersi sussistente un preciso nesso tra il favor concesso alla suddetta ATI nell’acquisto delle prime tre turbine e quello successivo inerente l’acquisto delle altre tre.
Pertanto, il danno complessivo deve valutarsi in £.913.500.000 moltiplicate per le sette turbine, per un importo complessivo di £.6.394.500.000, pari a €.3.302.484,00.
Tale condotta, di per sé caratterizzata da colpa grave (in quanto costituente manifestazione di notevole imperizia nella gestione della procedura di gara) assume una caratterizzazione dolosa se messa in collegamento con l’illecita apprensione di denaro da parte di una delle ditte componenti la citata ATI.
In questo senso, l’ipotesi avanzata dalla Procura in ordine alla normale traslazione della tangente sul prezzo dell’appalto trova un suo preciso ed inequivocabile riscontro, non riuscendosi altrimenti a spiegare tale macroscopica pretermissione di una così vantaggiosa offerta di sconto.
Attesa la pari responsabilità dei convenuti Z e W nell’accettare tali illecite dazioni per favorire la ditta SIEMENS ad aggiudicarsi la gara, i medesimi vanno condannati in solido ed in parti uguali al risarcimento del suddetto danno erariale.
Per la medesima gara, la Procura Regionale imputa altresì a carico dei convenuti il danno (pari a €.452.420) conseguente all’acquisto di pareti silenzianti da porre intorno alle turbine, già previste nella specifica tecnica di acquisizione contrattuale e, dunque, da ritenersi comprese nel contratto di fornitura.
Su tale aspetto, particolarmente interessanti appaiono le dichiarazioni dei convenuti relativamente alle ragioni di tale ulteriore spesa.
Sostengono i medesimi che tali pareti erano state effettivamente fornite in sede di esecuzione del contratto e che, dunque, la loro fornitura era compresa nel bando di gara.
Peraltro, le stesse pareti erano stati acquistate una seconda volta perché quelle previamente fornite si erano rivelate inadatte sia perché malamente stoccate (e, dunque, deteriorate) sia perché inadatte alle esigenze architettoniche delle centrali di Casella e Porto Corsini.
Tali deduzioni, seppure chiariscono le circostanze nelle quali è maturata tale maggior spesa, non diminuiscono le responsabilità dei convenuti.
Entrambe le cause che hanno comportato il nuovo acquisto di tali pareti (il cattivo stoccaggio e l’inesatta valutazione delle esigenze architettoniche) denotano una particolare imperizia, negligenza e trascuratezza dell’agire dell’ENELPOWER, di cui il convenuto Z era responsabile in quanto amministratore delegato.
In ragione di tale sua carica, egli aveva il dovere di individuare, all’interno dell’ente, il soggetto responsabile di tali danni, e cioè colui che avrebbe dovuto provvedere al corretto stoccaggio dei beni ed alla programmazione tempestiva delle esigenze architettoniche delle centrali, così da inserire le dovute modifiche nelle specifiche tecniche del bando di gara.
La mancata effettuazione di tali suoi compiti di vigilanza, controllo, individuazione e sanzione delle responsabilità altrui costituirebbe ex se un comportamento gravemente colposo del convenuto Z, idoneo a far sorgere in capo al medesimo la relativa responsabilità erariale.
Su tale quadro non può non avere rilievo l’avvenuta percezione di tangenti da parte del medesimo convenuto; tale suo illecito e sleale comportamento nei confronti dell’ente ne ha naturaliter inficiato l’attività di direzione e controllo, rendendogli difficile - se non addirittura impossibile - l’esercizio dei suoi poteri con riferimento ad una gara sul cui esito aveva così profondamente ed illegittimamente inciso; ne consegue che la responsabilità ascrivibile al Z per il danno erariale conseguente a tale duplice acquisto di pareti silenti (rectius per la mancata individuazione del responsabile dei comportamenti colposi che hanno determinato il duplice acquisto) non può essere considerata solo gravemente colposa ma di tipo doloso.
Attesa la natura dolosa della responsabilità, per il medesimo danno deve essere ritenuto responsabile in solido con il Z anche il W che ha attivamente partecipato alla conclusione dell’accordo corruttivo e ha operato perché lo stesso producesse i frutti convenuti.
Con riferimento alla gara I.A.A.0.1015 la Procura imputa ad entrambi i convenuti i danni erariali conseguenti a due comportamenti considerati illegittimi: da un lato l’aver anticipato il pagamento di talune somme rispetto alla fornitura del bene, dall’altro, aver pagato interessi passivi ad un tasso superiore a quello legale su fatture pagate in ritardo.
Per quanto attiene alla prima voce di danno, entrambe le parti concordano sul fatto che tale pagamento era frutto di un contratto di opzione stipulato dall’ENELPOWER con la SIEMENS (c.d. Reservation Agreement) il 16 marzo 2001.
Sostengono le difese dei convenuti che la stipula di tale contratto si era resa necessaria in quanto essa rappresentava “l’unico strumento per potersi approvvigionare con certezza di turbogas” in un momento in cui “il mercato mondiale registrava un fortissimo incremento della domanda”.
Ciò che però non appare né chiaro né congruente con tali affermazioni è il fatto che la stipula del Reservation Agreement sia da un lato successiva sia all’emanazione (in data 23 giugno 2000) del bando di gara per la fornitura delle medesime turbogas sia all’apertura delle offerte (con riscontro della maggior compatibilità con le esigenze dell’ENEL dell’offerta SIEMENS/ANSALDO) e, dall’altro, di pochi mesi precedente alla stipula del contratto per l’acquisto delle stesse (3 agosto 2001).
Per dirla in termini molto più semplicistici, non si comprende perché mai sia stato necessario addivenire alla stipula di un contratto di opzione per assicurarsi la fornitura del medesimo bene oggetto di una gara non solo bandita ed in fase di avanzata aggiudicazione ma il cui contratto era ormai pronto per la stipula; a riprova di ciò basti riflettere sul fatto che le somme offerte come prezzo dell’opzione siano poi state scomputate dal prezzo finale della fornitura.
In base a tali motivi, pare indiscutibile che l’unica conseguenza dell’azione sia stata quella di offrire all’impresa SIEMENS un’anticipazione sul prezzo, in violazione non solo dell’art.12 del r.d. 2440/1923 ma anche delle normali regole di prudenza ed esperienza del mondo commerciale, nel quale è notorio che plus dat qui cito dat.
Non riuscendosi ad individuare una ragione giustificatrice di tale indebito vantaggio riconosciuto alla società SIEMENS, questa non può che essere rintracciata nel più volte ricordato accordo corruttivo stipulato tra i rappresentanti della medesima ed i convenuti Z e W, che devono dunque ritenersi responsabili in solido del suddetto danno.
Questo, valutato applicando l’interesse legale dovuto sulle somme anticipate, corrisponde a €.679.174,61.
Per quanto attiene, invece, al danno conseguente al pagamento di interessi passivi su fatture pagate in ritardo, può ripetersi, mutatis mutandis, il medesimo discorso precedentemente svolto con riferimento ai danni conseguenti al cattivo stoccaggio delle pareti silenzianti.
Come ammesso sia dalla Procura regionale che dai convenuti, il mancato pagamento nei termini delle fatture SIEMENS è stato causato da “difficoltà nella gestione operativa”.
È evidente che tali inefficienze non possono essere fatte gravare, in quanto tali, sull’amministratore delegato dell’ente ma ricadono sui soggetti direttamente responsabili dei settori competenti.
Ciò che, invece, non può non imputarsi al convenuto Z, è il mancato esercizio dei propri doveri di controllo e repressione dell’inefficienze dei propri sottoposti, ad iniziare da quelli che ricoprono funzioni immediatamente inferiori alle sue.
Come è stato precedentemente osservato, tale circostanza basterebbe da sola a sostanziare una colpa grave, per non comune negligenza, del convenuto; peraltro, ove si rifletta sulle circostanze che hanno fatto nascere e maturare l’aggiudicazione della gara in favore della SIEMENS e del ruolo di primo piano avuto dal convenuto nel realizzare l’accordo illecito, non può non rilevarsi la sua impossibilità di svolgere con diligenza e capacità il ruolo di direzione e controllo che gli competeva e che aveva il dovere di esercitare.
In ragione di ciò, la relativa responsabilità non può che essere considerata dolosa e, in quanto tale, coinvolgere anche il convenuto W che nella realizzazione, perfezionamento e realizzazione dell’accordo tanta parte ha avuto.
Pertanto, entrambi i convenuti devono essere ritenuti solidalmente responsabili del danno erariale costituito dal pagamento, a titolo di interessi passivi, della somma di €.802.017,13.
Complessivamente, per le gare relative all’acquisto di turbogas dall’ATI ANSALDO/SIEMENS, i convenuti Z e W devono essere solidalmente condannati a pagare la somma di €.5.236.095,74 (€.3.302.484,00 + €.452.420,00 + €.679.174,61 + €.802.017,13).
Tale debito non può ritenersi in alcun modo compensato dal pagamento di €.180.000.000,00 versato da SIEMENS ad ENELPOWER, a titolo risarcitorio, per riequilibrare le reciproche posizioni contrattuali e per ottenere la revoca (rifiutata) della misura interdittiva del divieto di contrarre con la P.A., emessa nei confronti di tale impresa ex art.45 d.lgs.231/2001.
Si tratta, com’è appare evidente, di somme corrisposte da un soggetto diverso, aventi genesi e natura in una diversa tipologia di obbligazioni e finalizzate a scopi diversi da quelli inerenti l’assolvimento del debito erariale de quo.
Soprattutto, e con valenza assorbente, deve evidenziarsi la circostanza per la quale la responsabilità di cui si tratta innanzi a questa Corte trova la sua ragion d’essere nell’appartenenza del soggetto responsabile all’ambito della pubblica amministrazione, sicché il suo comportamento illecito ridonda a danno della stessa.
Nessuna responsabilità di tale tipo potrebbe essere addebitata a soggetti estranei alla P.A., in quanto dipendenti di una s.p.a. - per giunta non di diritto italiano - sicché le due responsabilità - e, dunque, le somme versate a tale titolo - non sono per nulla sovrapponibili.
Conseguentemente, trattandosi di obbligazioni non comparabili, deve escludersi qualsiasi possibilità di estinzione per compensazione di quella gravante sui citati convenuti a titolo di responsabilità erariale a causa dei pagamenti effettuati dalla SIEMENS.
7.2. La seconda vicenda in merito alla quale la Procura regionale ritiene sussistenti e provati fatti illeciti causativi di danno erariale riguarda la gara per la fornitura della centrale termoelettrica del Sulcis.
Anche in questo caso la prova del fatto storico emerge chiaramente dagli atti penali.
Nelle dichiarazioni rese in data 22 luglio 2003, il W ha affermato di aver avuto contatti con i dirigenti della COMBUSTION ENGINEERING (ora ALSTOM POWER Inc.), che gli promisero del denaro se fossero riusciti ad aggiudicarsi la gara; a sua volta, il Z (dichiarazioni rese in data 24 luglio 2003) ha dichiarato che “fu W a dirmi che occorreva favorire l’ALSTOM nell’assegnazione della fornitura sia per motivi tecnici sia perché ci sarebbe stato un ritorno economico per noi”.
Per i medesimi motivi precedentemente esposti (e che non si ritiene necessario dover ripetere) tali affermazioni costituiscono confessione stragiudiziale da valutarsi come assolutamente attendibile.
Dando, dunque, per provata l’illecita condotta dei convenuti, che hanno dolosamente violato i propri doveri d’ufficio, occorre verificare la riconducibilità alla stessa, sotto il profilo causale, dei danni erariali ipotizzati dalla Procura.
In primo luogo, la Procura regionale imputa - in citazione - ai convenuti il danno erariale conseguente alla differenza tra il prezzo offerto dalla ATI COMBUSTION ENERGY nel 1999 (offerta immediatamente considerata preferibile alle altre, al punto che il convenuto Z il 16 giugno 1999 comunicò all’A.D. di ENEL la proposta di aggiudicazione dell’appalto) ed il prezzo finale di aggiudicazione contenuto nel contratto stipulato a seguito di trattativa negoziata il 20 marzo 2001.
Peraltro, all’odierna udienza, il rappresentante della medesima Procura ha leggermente modificato nel quantum tale domanda, dichiarando di accedere parzialmente alle tesi sostenute dei convenuti Y e Z e, dunque, di escludere che la differenza tra la caldaia fornita rispetto a quella oggetto del bando di gara abbia comportato una modifica sostanziale dell’oggetto della gara stessa.
Al contrario, concordando coi predetti convenuti nel ritenere che tale differenza si sia sostanziata solo in un aumento della capacità della caldaia, ha voluto escludere dal computo del danno quella parte del maggior prezzo considerata conseguente a tale aumento di capacità.
Alla base della predetta determinazione del danno (seppure con le modifiche nel quantum spiegate in udienza) sta l’assunto attoreo secondo il quale “la corruzione non è servita a fare aggiudicare la fornitura a favore della ALSTOM, che era già vincitrice della gara, ma a fare lievitare il prezzo della fornitura”.
In altri termini, la Procura regionale ritiene che il pagamento illecito corrisposto dalla ALSTOM in favore dei convenuti abbia fatto necessariamente aumentare i prezzi dell’appalto, realizzando quella traslazione della dazione illecita sul prezzo finale che avrebbe giustificato, sotto un profilo economico, la stessa operazione illecita.
Questo collegio non contesta la correttezza, sul piano logico, di tale argomentazione ma non la ritiene sufficiente a pervenire ad un giudizio di condanna laddove non sia suffragata da gravi, precisi e concordanti elementi di prova circa la sussistenza di un indiscutibile nesso causale tra la lesione del patrimonio pubblico ed il fatto illecito.
Nel caso di specie, tale nesso causale non appare rinvenibile in atti.
In particolare, la tesi attorea non appare convincente per tre ordini di motivi.
In primo luogo, il lungo intervallo temporale (un anno e nove mesi) intercorso tra la valutazione dell’offerta considerata dalla Procura come primo termine di paragone e la stipula del contratto finale non fu causato dai convenuti.
Le cause che hanno comportato tale ritardo (di cui si dà atto sia nella citazione che nelle comparse di costituzione dei convenuti) sono state diverse: oltre a quelle di tipo politico e sindacale, ce ne sono state anche di tipo squisitamente tecnico, finalizzate sia al tentativo (poi abbandonato) di realizzare un diverso sistema di combustione (sistema di cogenerazione di vapore) ed ai relativi contatti con la società EUROALLUMINA sia alla realizzazione di modifiche alla caldaia.
Appare, dunque, difficile ipotizzare che i convenuti abbiano potuto governare tali eventi ed utilizzarli per addivenire all’aumento di prezzo indicato dalla Procura.
In secondo luogo, si rileva come l’offerta originaria della COMBUSTION sia stata presentata nel 1999, prima della conclusione degli accordi illeciti (realizzatasi nei primi mesi del 2000), sicché la stessa non può essere considerata come uno degli elementi del suddetto accordo.
Infine, come evidenziato dalla Procura, tale offerta era bassa in misura anomala e, dunque, non può formare un valido elemento di comparazione.
In altri termini, questo collegio è consapevole delle numerose irregolarità che hanno contraddistinto tale gara d’appalto (prime tra tutte sia l’annullamento della gara avvenuto il 6 marzo 2001 e la subitanea conclusione della rapidissima procedura negoziata - con aggiudicazione della gara alla ALSTOM - avvenuta il successivo 20 marzo 2001 sia l’ininterrotta trattativa svolta esclusivamente con ALSTOM durante il periodo - 17 giugno 1999-20 marzo 2000 - di sostanziale sospensione della gara) e ritiene possibile che l’importo della tangente versata sia stato traslato sul prezzo finale ma non concorda con la Procura - per tutti gli esposti motivi - nel considerare come elemento di comparazione per la determinazione del danno erariale il prezzo iniziale offerto dalla CONBUSTION.
D’altro canto, in ragione della peculiare dinamica che ha interessato tale gara, delle ricordate difficoltà di ordine tecnico e politico che ne hanno angustiato lo svolgimento non solo non pare possibile rintracciare il necessario nesso causale tra il prezzo finale ed il comportamento dei convenuti ma paiono altresì sussistere numerosi elementi esterni che hanno interrotto qualsiasi rapporto causale tra tale comportamento e l’esito finale della gara.
In assenza di un sufficiente quadro probatorio atto ad accogliere la domanda delle Procura, la stessa deve essere respinta in virtù del principio secondo il quale actor non probante reo absolvitur.
Ciò non toglie che delle predette irregolarità questa Corte terrà conto in sede di determinazione del danno all’immagine dell’amministrazione.
Vale la pena di sottolineare come nella voce di danno testè esaminata fosse ricompreso anche il danno erariale che, ad avviso della Procura regionale, era stato causato dalla previsione contrattuale di rideterminazione del prezzo dell’appalto in lire sulla base del cambio £/US$ pubblicato il giorno della stipula del contratto sul Financial Times.
Tale specifica ipotesi di danno erariale, anche se autonomamente considerata, non appare sussistente.
Difatti, pur nella sua originalità, la citata previsione contrattuale non appare di per sé idonea a realizzare un danno erariale, trattandosi di clausola aleatoria passibile di provocare indifferentemente un danno ovvero un guadagno in favore di uno dei due contraenti, a seconda dell’andamento del mercato valutario.
Un ulteriore profilo di danno erariale è ravvisato dalla Procura regionale nella differenza tra il prezzo della variante - connessa alla modifica della tipologia della caldaia - pagato all’ALSTOM e quello stimato congruo dall’ENELPOWER.
Neanche tale voce di danno appare provata nella sua sussistenza.
Costituisce fatto notorio che il prezzo che ciascuna parte di un rapporto contrattuale stima congruo costituisce solo la base di partenza della normale dialettica contrattuale, all’esito della quale si stabilirà il prezzo finale, che potrà essere più o meno congruente con quello precedentemente stimato; ne consegue che il prezzo della variante stimato dall’ENELPOWER non può costituire un utile elemento di paragone per la determinazione (nell’an e nel quantum) di un eventuale danno erariale.
Diversa questione - non priva di conseguenze per quanto attiene alla determinazione del danno all’immagine della P.A. - è quella inerente la definizione della variante in assenza di qualsiasi specifica tecnica e di autorizzazione del Ministero dell’Industria; tali irregolarità - di per sé gravi e lesive dell’immagine dell’ente - potrebbero aver contribuito a causare un danno erariale del tipo ipotizzato dalla Procura, ma non può non rilevarsi come difetti la prova di un simile danno e come la proposta comparazione tra lo stimato ed il pagato non sia un idoneo argomento di prova.
Merita, invece, accoglimento, l’ulteriore richiesta di condanna al risarcimento del danno erariale (per €.665.011,56) connessa agli interessi legali sulle somme pagate all’ALSTOM anticipatamente rispetto alla fornitura.
È incontestato tra le parti che, contestualmente all’invio della lettera d’ordine contenente la stipula del contratto formale (31 maggio 2001) l’ENELPOWER abbia versato all’ALSTOM POWER il 10% del valore del contratto, prima che la prima avesse non solo fornito i beni richiesti ma, addirittura, prestato la garanzia ovvero la documentazione richieste, rispettivamente, dall’art.12 del r.d. 2440/1923 e dall’art.22 del d.lgs.158/1995.
Dall’esame degli atti di causa non emerge un solo motivo che giustifichi un simile trattamento di favore nei confronti della suddetta società; non può, dunque, che convenirsi con la Procura regionale nel ritenere tale stravagante atteggiamento una conseguenza immediata e diretta del rapporto illecito intessuto con la medesima dai convenuti Z e W.
In tal senso, si danno per ripetute le medesime argomentazioni precedentemente esposte con riferimento agli anticipi immotivatamente corrisposti alla ditta SIEMENS.
Corretta appare, quindi, la condanna dei convenuti, in solido tra loro, al risarcimento di detto danno.
Tale condanna non può essere in alcun modo compensata con quanto versato all’ENEL da ALSTOM a titolo risarcitorio.
A tale proposito, possono darsi per reiterate le medesime argomentazione sopra svolte relativamente alle somme versate al medesimo titolo dalla SIEMENS per le vicende - già esaminate - legate all’acquisto di turbogas.
7.3. La Procura regionale contesta ai convenuti Z e Y l’indebita percezione di una quota-parte della provvigione corrisposta da ENELPOWER al signor Al Nowais che svolgeva il ruolo di local agent nell’area mediorientale.
Su tale profilo la domanda attrice non merita accoglimento.
Il fatto storico è incontestato, essendo stato ammesso dai convenuti Z e Y sia in sede penale (rispettivamente negli interrogatori resi in data 15, 24 e 30 luglio 2003 ed in data 17 e 30 luglio 2003), sia nelle memorie difensive depositate nel presente giudizio.
Dall’esame degli atti di causa emerge chiaramente (né è contestato dalla medesima Procura) sia che il signor Al Nowais potesse svolgere in tutti i Paesi del Golfo persico la funzione di local agent che gli era stata attribuita, sia che egli l’abbia svolta con risultati soddisfacenti sia, infine, che egli abbia percepito una provvigione minore (e, comunque, non maggiore) di quella corrisposta a suoi colleghi operanti nella medesima area.
A tal proposito, occorre rilevare che la decisione di avvalersi di ulteriori local agent (la WINMOSS INVESTMENTS LTD per l’Oman e la MIDDLE EAST ENERGY & PETROLEUM SERVICE CO. per il Quatar) non ha costituito una necessità - potendo il signor Al Nowais legittimamente operare anche nei suddetti paesi - ma una opzione lecita cui l’ente ha ritenuto di dover addivenire nell’esercizio della propria discrezionalità manageriale.
Ne emerge un quadro di sostanziale assenza di danno erariale, avendo l’ENELPOWER corrisposto al signor Al Nowais il compenso pattuito, determinato in misura vantaggiosa rispetto ai parametri vigenti, ed avendone ricevuto i servigi richiesti.
La presenza del descritto meccanismo di retrocessione non può dunque concretare un’ipotesi di illecito erariale, non emergendo profili di danno al patrimonio della società e, tramite questa, a quello dell’azionista pubblico.
Ciò non di meno, non può non rilevarsi come da tale comportamento emergano elementi suscettibili di concretizzarsi in diverse ipotesi di responsabilità, sotto il profilo civile, disciplinare (cui ovviamente provvederà- ove ne ricorrano gli estremi - l’ente di appartenenza) ovvero penale.
Sotto tale ultimo profilo, occorrerebbe valutare se l’esistenza di tali rapporti tra dipendenti dell’ente nella posizione dei convenuti (Z e Y svolgevano funzioni, rispettivamente, di amministratore delegato dell’ENELPOWER e di dirigente, con funzioni di Vice Presidente a supporto dell’A.D.) ed un local agent del medesimo ed il pagamento delle dette somme tramite conti esteri non abbia comportato la violazione di una o più norme cogenti.
Per tutti i predetti motivi, si ritiene necessario l’invio degli atti del giudizio, ivi compresa la presente sentenza, alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Milano, per gli eventuali provvedimenti di sua competenza.
7.4. Simili, anche se non completamente sovrapponibili, sono gli addebiti mossi ai medesimi convenuti con riferimento ai contratti di consulenza e di acquisizione di servizi in outsourcing stipulati dall’ENELPOWER con le società riconducibili al signor Contini (SERMIDE LTD, MIRAVADA LLP e CENTAR ROMET DOO), per avvalersi dei servigi di ex dirigenti ENEL posti in quiescenza.
In primo luogo, viene imputata ai medesimi la percezione di quota-parte delle somme destinate ai detti consulenti, attraverso il già descritto meccanismo di retrocessione.
Tale tipo di addebito deve essere respinto per le medesime ragioni precedentemente esposte con riferimento ai contratti stipulati con il signor Al Nowais, che non si ritiene necessario ripetere.
In altri termini, la “retrocessione” da parte del consulente di quota-parte del proprio guadagno al dipendente dell’ente non costituisce di per sé illecito erariale (ma semmai disciplinare) se non si provi che ciò abbia contestualmente comportato un aumento del prezzo del servizio pagato dall’ente medesimo; tale meccanismo di automatica traslazione del pretium sceleris sull’importo della controprestazione contrattuale, pur apparendo logicamente probabile, deve essere provato e non meramente supposto.
In secondo luogo, la Procura avanza il sospetto della mancata prestazione, da parte dei suddetti consulenti, delle attività per le quali erano stati detti contratti, con conseguente assenza di qualsiasi ragione giustificatrice dei relativi pagamenti.
In effetti, dall’esame della documentazione in atti emergono numerose irregolarità nella gestione di tali rapporti di consulenza (l’assenza di una procedura di gara finalizzata alla scelta della società di consulenza, la previsione di una decorrenza contrattuale anteriore alla stipula dell’accordo, la scarsa documentazione relativa ai servizi fatturati, la presenza di minimi rimborsi di spese di viaggio in relazione a rapporti di consulenza da svolgersi per lunghi periodi di tempo all’estero); peraltro, al di là di un vago sospetto, non si può dire raggiunta alcuna prova certa della mancata prestazione dei medesimi.
In altri termini, la Procura ha provato l’assenza di quella documentazione che, in una sana gestione contabile, avrebbe dovuto accompagnare l’attività di tali consulenti, ma tale elemento non costituisce una prova piena della mancata prestazione del servizio bensì un mero elemento indiziario che - se non accompagnato da altri simili elementi - non consente a questo collegio di ritenere provata la sussistenza del danno erariale.
A tale proposito, occorre evidenziare altre risultanze probatorie emerse da dichiarazioni di terzi ovvero dei medesimi convenuti.
In sede penale, il signor Contini ha dichiarato che i nomi dei consulenti da utilizzare nei contratti stipulati con l’ENLPOWER (ivi compreso quello del convenuto X, la cui posizione verrà esaminata tra breve) gli venivano sempre proposti dal Y.
Tale dichiarazioni pur non potendo costituire prova nel presente giudizio, atteso che è stata resa da un terzo all’interno di un giudizio penale non ancora concluso (e, dunque, privo della valenza probatoria derivante dal passaggio in giudicato), assume anch’essa valenza meramente indiziaria.
Peraltro, nei propri atti defensionali, i convenuti Z e Y non hanno negato l’esistenza di tale meccanismo di stipula di contratti di consulenza tramite società off shore, ma si sono limitati a contestare nel merito l’esistenza del danno, spiegando che l’attività oggetto dei suddetti contratti era stata effettivamente svolta, con buoni risultati, e che la scarsità documentale era frutto della volontà dell’ente di violare la normativa fiscale e previdenziale.
Il convenuto Y è stato ancora più esplicito ed ha affermato che le somme relative a tali contratti erano transitate sui propri conti bancari, che le medesime erano state tutte utilizzate per compensare i consulenti ed i professionisti così ingaggiati, tranne $800.000,00, anch’esse transitate sui propri conti correnti e poi utilizzate dall’ENEL per alimentare propri fondi neri; ad avviso del medesimo, l’utilizzo dei servizi delle società di consulenza estere aveva garantito un notevole risparmio all’ENEL perché i pagamenti effettuati su conti esteri avevano permesso sia di aggirare la normativa italiana in materia fiscale, contributiva e previdenziale, sia di creare “fondi neri” di cui si era servita l’ENEL per altre operazioni.
Le denunciate irregolarità, indice sicuro di un’indubbia leggerezza nella gestione dell’attività sociale (già precedentemente riscontrata con riferimento alle altre vicende fin qui esaminate) non sembrano però accompagnarsi alla prova certa di un danno erariale che rimane, per così dire, meramente accennata e non già compiutamente prodotta; anche in tal caso, in virtù del ricordato principio dell’onere della prova, la domanda deve essere parzialmente respinta.
La reiezione della domanda proposta dalla Procura nasce dall’assenza della prova della mancata effettuazione da parte dei consulenti dell’attività contrattualmente pattuita e, dunque, dall’assenza di prova del preteso danno erariale.
Peraltro, il convenuto Y, con dichiarazione confessoria contenuta nella propria comparsa di costituzione, ha ammesso che, nell’ambito di tale operazione, sono transitati sul suo conto $800.000,00 utilizzati dall’ENEL non per compensare dette prestazioni ma per creare “fondi neri”; peraltro, il medesimo mentre sostiene che dell’utilizzo delle somme finalizzate alla remunerazione dei consulenti sussiste un preciso riscontro contabile nelle scritture del Contini, della sorte dei citati $800.000,00, egli stesso ammette non esservi alcuna risultanza contabile.
Questo collegio, anche in considerazione di quanto disposto dall’ultimo periodo dell’art.2734 c.c., tenuto conto di tali dichiarazioni confessorie e delle contrapposta posizione della Procura regionale, non può che prendere atto dell’assunzione di responsabilità fatta dal convenuto in ordine alla percezione di somme non finalizzate al pagamento dei consulenti e, d’altra parte, dell’ammessa incapacità del medesimo di provare il preteso utilizzo delle stesse da parte dell’ENEL.
Ne consegue, necessariamente, la pronuncia della condanna del convenuto Y al pagamento della somma di €.410.256,00, pari a $800.000,00 per il tasso di cambio US$/€ 1,195.000, in vigore per il periodo dal 1° al 30 novembre 2005, in conformità all’art.169 del regolamento CEE n.2454/1993, somma già comprensiva di interessi e rivalutazioni alla data della presente udienza, in quanto attualizzata al tasso di cambio odierno.
Pur respingendo, nel resto, la domanda, non può non sottolinearsi come le riscontrate irregolarità contabili e gestionali possano - per ammissione degli stessi convenuti - costituire indice di ulteriori illeciti e dar vita ad ulteriori forme di responsabilità non solo sul piano civile e disciplinare ma anche penale.
Per tutti i predetti motivi, si ribadisce la necessità di inviare gli atti del giudizio, ivi compresa la presente sentenza, alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Milano, per gli eventuali provvedimenti di sua competenza.
Sempre con riferimento ai rapporti intercorsi con le società del signor Contini, la Procura chiede la condanna del convenuto X al risarcimento del danno erariale consistente nelle somme che il medesimo ha ricevuto presso un proprio conto corrente a titolo di integrazione del compenso indicato nel contratto di consulenza stipulato con l’ENELPOWER.
Anche in questo caso la circostanza, dal punto di vista storico, è acclarata.
Lo stesso convenuto, nella propria comparsa di costituzione, ha affermato di aver prestato attività liberoprofessionale per l’ENEL all’indomani del proprio collocamento in quiescenza.
Peraltro, poiché il compenso per tale attività, inizialmente pattuito in £.450.000.000 all’anno, era stato ridotto dal Responsabile del Settore personale dell’ENEL in £.300.000.000, egli aveva percepito l’ulteriore somma con rimesse su un conto corrente appositamente aperto presso una banca svizzera.
In particolare, egli afferma di aver ricevuto a tale titolo la somma di €.66.750,17, importo in ordine al quale la Procura regionale, nel corso dell’odierna udienza, dichiarava di limitare la propria richiesta di condanna.
La sussistenza di un illecito contabile appare, in questo caso, di un’evidenza palmare.
Indipendentemente da qualsiasi pattuizione verbale (mero elemento della trattativa precontrattuale) il convenuto X si è impegnato a svolgere la sua attività per il compenso previsto nel contratto; qualsiasi ulteriore compenso appare privo di causa giuridica e, dunque, integra una lesione del patrimonio dell’ente.
Di tutto ciò, non può dubitarsi che avesse conoscenza il medesimo convenuto, per lungo tempo dipendente dell’ENEL (peraltro, nel periodo in cui l’ente medesimo - anche sotto il profilo formale - aveva una ancor più spiccata connotazione pubblicistica).
Peraltro, il medesimo convenuto ha dichiarato nella propria comparsa di costituzione che l’utilizzo di tale meccanismo di pagamento al di fuori delle risultanze contrattuali gli era stato proposto dai convenuti Y e Z.
Tale dichiarazione assume una duplice valenza.
Da un lato, conferma la natura dolosa dell’illecito posto in essere (essendovi stata una preordinazione), dall’altro fornisce un elemento indiziario nel senso di ritenere corresponsabili del danno anche i convenuti Z e Y.
La dichiarazione dell’X, in quanto proveniente da un convenuto (che può, tramite confessione, rilasciare dichiarazioni a sé contrarie ma non anche dichiarazioni pregiudizievoli ad altre parti in causa) ha valore meramente indiziario.
Peraltro, come già stato ricordato, nei propri atti defensionali, i convenuti Z e Y non hanno respinto gli addebiti conseguenti ai contratti stipulati con le citate società del Contini (ivi compreso quello relativo all’X), ma si sono limitati a contestare nel merito l’esistenza del danno.
Ne consegue l’estensione anche ai medesimi della condanna (in solido con l’X) al risarcimento del danno così arrecato.
8. La Procura regionale, chiede poi la condanna dai convenuti Z, Y e W al risarcimento del danno da disservizio, inteso come pregiudizio patrimoniale effettivo, concreto ed attuale (C. conti, sez. Veneto, 10 dicembre 2002, n.1209).
A tale proposito, occorre ricordare sia che l’azione amministrativa è attività procedimentalizzata e funzionalizzata, sia che la stessa è improntata a criteri di efficienza, economicità ed efficacia; tutti i citati principi trovano una precisa e adeguata protezione nell’art.97 Cost.
In ragione del primo principio, l’agere amministrativo non può che svolgersi nel pieno rispetto dei moduli procedimentali stabiliti con atto normativo e non può che tendere al perseguimento di quegli scopi fissati per legge.
In altri termini, la legalità costituisce la quintessenza dell’attività amministrativa.
Conseguentemente, nell’instaurare un rapporto sinallagmatico con l’amministrazione, il pubblico dipendente assume non solo l’obbligo (comune a qualsiasi altro dipendente) di perseguire gli obiettivi volta per volta assegnatigli ma, altresì, quello di rispettare le regole procedurali e deontologiche stabilite dall’amministrazione e di adoperarsi per il raggiungimento dei fini pubblici stabiliti; pertanto, qualsiasi violazione di tali regole costituisce di per sé una violazione degli obblighi di servizio e, configurando una deviazione dai moduli procedimentali imposti all’amministrazione, configura un danno per la medesima.
Difatti, la violazione di tali regole vizia l’atto, lo rende inidoneo allo scopo prefissato e, dunque, vanifica l’attività svolta e ne comporta il necessario rinnovo.
Peraltro, una simile evenienza non è priva di costi per l’amministrazione.
Come osservato precedentemente, questa imposta il proprio operato sul rispetto dei ricordati principi di efficienza, economicità ed efficacia.
Pertanto, qualsiasi attività amministrativa è frutto, tra le altre cose, anche di una precisa programmazione economica.
Questa si esplica in diverse e distinte direzioni.
In primo luogo, il dipendente pubblico necessita spesso di un addestramento lungo e costoso, tanto più se si tratta di dipendenti in posizioni dirigenziali ovvero semi-dirigenziali.
Inoltre, nel destinare mezzi e personale all’espletamento di un servizio, l’amministrazione deve contestualmente distrarre risorse da altre attività, con ovvie ricadute in termini di efficienza ed efficacia.
Come avviene in tutte le strutture complesse, poi, l’attività illecita di un dipendente pubblico ha solitamente effetti negativi anche sull’attività di altri dipendenti, viziandola ovvero rallentandola.
Infine, non possono sottacersi le conseguenze che un processo (che nel caso di specie è sia penale che contabile) e l’eventuale condanna a carico di un pubblico dipendente ha sull’organizzazione interna dell’amministrazione, dovendosi necessariamente procedere a modifiche strutturali, trasferimenti di dipendenti, assegnazioni di nuovi incarichi.
Tirando le fila del discorso fin qui svolto, si deve affermare che ogni violazione delle norme poste a presidio dell’attività amministrativa implica una violazione degli obblighi di servizio assunti dal pubblico dipendente, cui consegue un danno patrimoniale pari alle somme inutilmente spese per perseguire gli obiettivi stabiliti ma non raggiunti nonché alle somme spese per ripristinare l’efficienza perduta (C. conti, sez. Lombardia, sent.1197 del 24 ottobre 2003).
Tale tipologia di danno, sinteticamente definibile come danno da disservizio, in quanto danno derivante da alterazione della funzione amministrativa, non è incompatibile con la veste formale privatistica assunta dall’ente che, anzi, ne accentua la portata potenziale.
Difatti, se si condivide il discorso fin qui svolto sulla natura sostanzialmente pubblica dell’ENEL e delle sue controllate (al di là dello loro veste formale societaria), deve ritenersi che anche esse sono tenute al rispetto dei citati principi di legalità, efficacia efficienza ed economicità.
Addirittura, il perseguimento degli ultimi tre obiettivi deve ritenersi ancor più cogente in ragione della natura societaria dell’ente.
Come evidenziato dalla Procura regionale, la mancata attuazione dei criteri necessari a selezionare la migliore impresa esistente sul mercato per la fornitura di un servizio di qualità e quantità ottimali, in un settore strategico quale quello energetico, ha avuto delle pesanti ricadute negative (non solo sulla programmazione energetica nazionale ma anche) sull’efficienza, economicità ed efficacia dell’attività stessa dell’ENEL, costretta a ricevere servizi di qualità inferiore a quelli che una corretta attuazione dei meccanismi concorrenziali avrebbe consentito di ottenere.
Né possono tacersi le conseguenze negative che una contabilità parallela (come quella realizzata per remunerare l’attività dei consulenti impiegati dall’ENEL ma dipendenti delle società del Contini) può avere sulla corretta gestione e programmazione economica di una società per azioni (basti pensare all’impossibilità di documentare la sorte di $800,000,00 ammessa dal convenuto Y).
A tali voci di danno, occorre aggiungere quella derivante dalla compromissione dell’efficienza dell’apparato dell’ente e dalla necessità di onerosi interventi correttivi (modifiche della struttura, trasferimenti di personale) conseguenti all’evidente inefficienza ed inefficacia dell’attività svolta dai convenuti (ovviamente, laddove vi sia l’accertamento di un’attività contraria ai doveri di ufficio deve ritenersi provata l’inefficienza, l’inefficacia e l’antieconomicità dell’azione medesima).
Venendo alla determinazione del danno erariale, occorre tener presente tutte le voci di danno elencate dalla Procura regionale (spese sostenute nel processo penale; spese per assistenza legale stragiudiziale; spese per funzioni di auditing; spese di organizzazione) ma al solo fine di trarne elementi di valutazione per la determinazione del danno de quo.
In tal senso, si condividono le perplessità manifestate dalle difese dei convenuti in ordine alla non corrispondenza del danno de quo alla mera sommatoria di tali voci.
Difatti, le spese sostenute nel processo penale potranno ivi trovare la loro riparazione nelle forme previste dalla normativa procedurale; allo stesso modo deve considerarsi che la funzione di auditing è svolta da un apposito apparato dell’ente esistente e funzionante comunque ed a prescindere dall’eventuale attività illecita dei dipendenti.
L’impossibilità di determinare con precisione l’incidenza di ciascuna delle singole voci di danno, rende dunque necessario il ricorso al metodo equitativo di cui all’art.1226 c.c., seppure sulla base dei parametri indicati dalla Procura regionale.
Tenuto conto di tali elementi, appare equo determinare il danno in €.2.100.000,00 (somma già comprensiva di interessi e rivalutazione alla data della presente pronuncia) al cui pagamento i tre convenuti vanno condannati in solido tra loro.
9. Per quanto attiene al danno all’immagine, si osserva quanto segue.
Com’è noto, il danno all’immagine della pubblica amministrazione costituisce una categoria di danno esistenziale, e cioè di danno patrimoniale non reddituale (distinto dal danno morale ex art.2059 c.c.), qualificabile quale danno-evento e non danno-conseguenza, originato dalla violazione congiunta dell’art.2043 c.c. e di un’altra specifica norma posta a tutela di attività esistenziali o comunque interessi primari del danneggiato.
In particolare, le sezioni riunite di questa Corte (C. conti, S.S.R.R., 23 aprile 2003, 10/SR/QM) hanno chiarito che ogni azione del pubblico dipendente che, violando il precetto del neminem laedere, offenda al contempo anche l’interesse costituzionalmente garantito dal secondo comma dell’art.97 Cost. (eludendo le disposizioni poste a tutela delle competenze, delle funzioni e delle responsabilità dei soggetti pubblici), si traduce in un’alterazione dell’identità della pubblica amministrazione, facendola apparire quale struttura organizzata confusamente, gestita in maniera inefficiente, non responsabile né responsabilizzata (“ogni azione del pubblico dipendente che leda tali interessi si traduce [non solo] in un’alterazione dell’identità della pubblica amministrazione … [ma anche] … e, più ancora, nell’apparire di una sua immagine negativa in quanto struttura organizzata confusamente, gestita in maniera inefficiente, non responsabile né responsabilizzata”).
In altri termini, le Sezioni Riunite ritengono economicamente valutabile e giuridicamente risarcibile il danno all’immagine dell’amministrazione, inteso come diritto al conseguimento, mantenimento e riconoscimento della propria identità giuridica pubblica.
Inoltre, ad avviso delle sezioni riunite, dalla prova della realizzazione della condotta delittuosa de qua (che implica necessariamente la lesione della normativa in tema di competenze, funzioni e responsabilità dei soggetti pubblici) sorge ex se la prova del danno all’immagine dell’amministrazione nonché del relativo nesso causale.
Per quanto attiene al quantum del danno risarcibile, si ricorda che questo può consistere nelle somme spese per il ripristino del prestigio leso ovvero in quelle che si dovranno spendere a tal fine.
In simili ipotesi, tra le quali è ricompresa anche la presente fattispecie, la quantificazione del danno non può essere ancorata a parametri certi ma dovrà essere effettuata facendo ricorso a criteri presuntivi, quali ad esempio la negativa impressione suscitata dal fatto lesivo sull’opinione pubblica, per effetto del clamor fori e della risonanza data alla notizia dai mezzi di informazione, e la connessa necessità di onerosi interventi correttivi dell’immagine lesa.
Inoltre, con specifico riferimento alla presente fattispecie, occorre aver riguardo al danno che i convenuti hanno arrecato, nel mercato nazionale, comunitario ed extracomunitario, all’immagine della maggiore impresa italiana operante nel settore dell’energia elettrica, con intuibili ricadute negative sull’immagine all’estero dell’imprenditoria, sia pubblica che privata, nazionale.
I citati elementi costituiscono, dunque, quegli indici di valutazione cui il giudice potrà ricorrere per la definizione equitativa del danno ai sensi dell’art.1226 c.c.
La determinazione di tale danno deve essere, invece, svincolata dall’importo delle tangenti percepite, che non costituiscono un criterio determinativo di tale danno.
In ragione delle suesposte considerazioni, pare equo determinare il danno arrecato all’immagine dell’Amministrazione finanziaria in €.5.500.000,00, somma già comprensiva di interessi e rivalutazione alla data della presente pronuncia.
Peraltro, ai meri fini interni, il danno da risarcire deve essere ripartito tra i convenuti in ragione della diversa loro responsabilità causale alla produzione dell’eventum damni.
Tale riparto deve avvenire con riferimento alle diverse responsabilità assunte da ciascuno dei convenuti all’interno dell’organigramma dell’ente, sul presupposto che la lesione dell’immagine dello stesso è direttamente proporzionale alla posizione assunta all’interno del medesimo dall’autore dell’illecito.
Pertanto, posto che i convenuti Z, Y e X svolgevano, all’interno dell’ENELPOWER s.p.a. funzioni, rispettivamente, di amministratore delegato, di dirigente, con funzioni di Vice Presidente a supporto dell’A.D. e di consulente; alla medesima epoca ed il convenuto W era, invece, amministratore delegato di ENELPRODUZIONE s.p.a., occorrerà addebitare la quota maggiore del danno da risarcire ai convenuti Z e W (€.2.000.000,00 ciascuno), la metà di tale somma (€.1.000.000,00) costituisce il danno erariale che è chiamato a risarcire il convenuto Y mentre al convenuto X è addebitata, a titolo di risarcimento del danno erariale, la somma di €.500.000,00.
A tale proposito, si deve infine respingere la richiesta sollevata dalla difesa del convenuto X di ridurre l’importo del danno all’immagine con riferimento alla sola quota di partecipazione pubblica nelle società ENEL ed ENELPOWER.
Difatti, seppure è vero che l’elemento fondamentale per affermare la natura pubblica di tali enti è la relativa partecipazione azionaria da parte di enti pubblici, è altresì vero che tale circostanza li rende pubblici in toto e non solo in parte qua, sicché il risarcimento del danno erariale loro arrecato deve essere totale e non meramente parziale.
10. Conclusivamente, occorre pronunciare le seguenti condanne al risarcimento del danno, in favore dell’ENELPOWER s.p.a., il cui patrimonio è risultato - nel suo insieme - leso dai fatti illeciti di cui è causa, e non già del solo azionista pubblico (costituito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze).
Come si è già chiarito in precedenza, la presente pronuncia non contrasta con quelle - eventuali - scaturenti da possibili azioni di responsabilità sociale intentate dai soci dell’ENELPOWER s.p.a. nei confronti degli attuali convenuti, ai sensi del codice civile, attese le diversità tra i presupposti e le finalità delle due azioni.
La maggior tutela prevista per gli azionisti privati, che cumulano alle normali azioni previste dalla normativa civilistica quelle di stampo pubblicistico, connesse alla funzione giurisdizionale della Corte dei conti, non si sostanzia in un’irragionevole disparità di trattamento ma bilancia i minori poteri dei medesimi azionisti privati statutariamente posti (come si è visto) in una posizione minoritaria all’interno della compagine sociale.
In ogni caso, ove l’esito di una delle due azioni (sia quella proposta innanzi al giudice civile che quella proposta innanzi al magistrato contabile) dovesse comportare la piena soddisfazione delle ragioni degli azionisti, si porrebbe non una questione di giurisdizione ma una questione afferente ai limiti della proponibilità della domanda avanti al giudice adìto per secondo, sotto il profilo dell’eventuale pericolo di violazione del principio del ne bis in idem.
I convenuti Z e W devono essere condannati, in solido tra loro, al pagamento della somma di €.5.901.107,30, equivalente alla somma di €.5.236.095,74 + €.665.011,56 (per il danno erariale diretto causato con riferimento alle gare aggiudicate alla ATI SIEMENS/ANSALDO ed alla ALSTOM), i convenuti Z, Y ed X, devono essere condannati al pagamento, in solido tra loro, della somma di €.66.750,17 (corrisposta all’X in aggiunta a quella contrattualmente pattuita), il convenuto Y deve essere condannato al pagamento della somma di €.410.256,00, (a causa della somma di US$.800.000,00 transitati sine titulo sul suo conto corrente bancario).
Inoltre, i convenuti Y, Z ed X devono essere condannati al pagamento - in solido tra loro - del danno da disservizio in ragione di €.2.100.000,00.
Infine, i convenuti Z, W, Y e X devono essere condannati al pagamento del danno arrecato all’immagine dell’ente in ragione, rispettivamente, di €.2.000.000,00, €.2.000.000,00, €.1.000.000,00 ed €.500.000,00.
La natura dolosa del comportamento tenuto dai altri convenuti e la reiterazione delle loro condotte impediscono di far uso nei loro confronti del potere riduttivo dell’addebito.
Su tutte le predette somme vanno calcolati interessi e rivalutazione, dalla data della presente sentenza al dì del soddisfo.
Dal momento in cui la presente sentenza di condanna diverrà esecutiva, si determinerà l’automatica conversione in pignoramento del sequestro come sopra concesso - nei limiti di cui alla presente sentenza di condanna - con onere dell’ente danneggiato di trasmettere al Giudice dell’esecuzione il fascicolo contenente tutta la documentazione del sequestro, ai fini dell’apertura del relativo fascicolo ex art.488 c.p.c.
11. La condanna dei convenuti al pagamento - in solido tra loro - delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, segue la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia - definitivamente pronunziando, condanna in favore dell’ENELPOWER s.p.a:
i signori Z e W, in solido tra loro, al pagamento della somma di €.5.901.107,30;
i signori Z, Y ed X, al pagamento, in solido tra loro, della somma di €.66.750,17;
il signor Y al pagamento della somma di €.410.256,00;
i signori Y, Z ed X al pagamento, in solido tra loro, della somma di €.2.100.000,00;
i signori Z, W, Y e X, al pagamento, rispettivamente, di €.2.000.000,00, €.2.000.000,00, €.1.000.000,00 ed €.500.000,00;
condanna tutti i suddetti convenuti al pagamento, sulle somma loro addebitate, dei relativi interessi e rivalutazione, dalla data della presente sentenza al dì del soddisfo;
condanna tutti i convenuti , in proporzione alla quota del danno erariale che i medesimi sono singolarmente chiamati a risarcire, al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi €........................
(euro ………………………………).
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 9 novembre 2005.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
(Luigi Caso) (Giuseppe Nicoletti)
Depositata in Segreteria il 22.2.2006
1) Pubblica Amministrazione - Trasformazione di amministrazioni pubbliche in enti pubblici economici e poi in società per azioni - Natura pubblicistica – Sussiste. La trasformazione di amministrazioni pubbliche in enti pubblici economici e poi in società per azioni non ne fa venir meno la natura pubblicistica (Cass., sez. I pen., 22 giugno 2000 n.10027, Aalam, per l'Ente Ferrovie dello Stato, e Cass. sez. VI pen., 8 marzo 2001 n.20118, Di Bartolo, per l'Ente Poste), con il conseguente persistere, per i rispettivi dipendenti, della qualità di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. CORTE DEI CONTI, Sez. Giur. Lombardia - 22 Febbraio 2006 (c.c. 09.11.2005), n. 114
2) Pubblica Amministrazione - Natura pubblica di ENEL s.p.a. – Fondamento. La natura pubblica di ENEL s.p.a. è confermata (e non già semplicemente affermata) anche dalla circostanza che la società è qualificabile come organismo di diritto pubblico, poiché ne possiede i tre requisiti: a) il requisito della personalità giuridica, soddisfatto dalla veste di società per azioni; b) la sottoposizione ad una influenza pubblica, trattandosi di s.p.a. a prevalente partecipazione pubblica; c) il requisito del soddisfacimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale - che non determina la non imprenditorialità della gestione, ma la sua funzionalizzazione per il soddisfacimento di bisogni generali della collettività che lo Stato preferisce soddisfare direttamente ovvero nei confronti dei quali intende mantenere un'influenza determinante - soddisfatto dalla circostanza che si tratta di società costituita per il principale fine di gestire, anche attraverso le società controllate, le attività di produzione e distribuzione dell'energia elettrica. CORTE DEI CONTI, Sez. Giur. Lombardia - 22 Febbraio 2006 (c.c. 09.11.2005), n. 114
3) Pubblica amministrazione – Influenza pubblica dominante – Ente sottoposto a controllo di altro ente sottoposto a sua volta all’influenza pubblica dominante – Natura di organismo di diritto pubblico – Sussistenza. L’ente con personalità giuridica (nella specie: ENELPOWER), sottoposto ad influenza pubblica dominante – in quanto controllata da un soggetto a sua volta posto sotto un’influenza pubblica dominante - e partecipante, unitamente alla controllante, al soddisfacimento dei predetti compiti di interesse generale, ha natura di organismo di diritto pubblico. CORTE DEI CONTI, Sez. Giur. Lombardia - 22 Febbraio 2006 (c.c. 09.11.2005), n. 114
4) Pubblica Amministrazione - Rapporto di servizio in senso lato - potere di cognizione del giudice contabile – Sussiste – Rapporto tra professionista e amministrazione. Sussiste il potere di cognizione del giudice contabile anche in presenza di un rapporto di servizio in senso lato, tale cioè da collocare comunque il soggetto in relazione funzionale con l'ente pubblico rendendolo compartecipe fattivo dell'Ente medesimo, posto che, in tal caso, viene comunque ad instaurarsi un rapporto di pubblico servizio, seppure temporaneo quale organo straordinario, fra professionista e amministrazione (Corte Conti, sez. III, 79/2001; sez. III, 19 maggio 1997, n.153/A; sez. II, n.40 del 27 gennaio 1994; SS.RR. n.817, 4 gennaio 1993). CORTE DEI CONTI, Sez. Giur. Lombardia - 22 Febbraio 2006 (c.c. 09.11.2005), n. 114
5) Pubblica Amministrazione - “Retrocessione” da parte del consulente - Automatica traslazione del pretium sceleris sull’importo della controprestazione contrattuale – Onere Probatorio. La “retrocessione” da parte del consulente di quota-parte del proprio guadagno al dipendente dell’ente non costituisce di per sé illecito erariale (ma semmai disciplinare) se non si provi che ciò abbia contestualmente comportato un aumento del prezzo del servizio pagato dall’ente medesimo; tale meccanismo di automatica traslazione del pretium sceleris sull’importo della controprestazione contrattuale, pur apparendo logicamente probabile, deve essere provato e non meramente supposto. CORTE DEI CONTI, Sez. Giur. Lombardia - 22 Febbraio 2006 (c.c. 09.11.2005), n. 114
6) Pubblica Amministrazione - Azione del pubblico dipendente - Funzioni e responsabilità dei soggetti pubblici - Precetto del neminem laedere - Danno all’immagine dell’amministrazione – Risarcibilità - Condotta delittuosa. Ogni azione del pubblico dipendente che, violando il precetto del neminem laedere, offende al contempo anche l’interesse costituzionalmente garantito dal secondo comma dell’art.97 Cost. (eludendo le disposizioni poste a tutela delle competenze, delle funzioni e delle responsabilità dei soggetti pubblici), si traduce in un’alterazione dell’identità della pubblica amministrazione, facendola apparire quale struttura organizzata confusamente, gestita in maniera inefficiente, non responsabile né responsabilizzata, (C. conti, S.S.R.R., 23 aprile 2003, 10/SR/QM). In altri termini, si ritiene economicamente valutabile e giuridicamente risarcibile il danno all’immagine dell’amministrazione, inteso come diritto al conseguimento, mantenimento e riconoscimento della propria identità giuridica pubblica. Inoltre, dalla prova della realizzazione della condotta delittuosa de qua (che implica necessariamente la lesione della normativa in tema di competenze, funzioni e responsabilità dei soggetti pubblici) sorge ex se la prova del danno all’immagine dell’amministrazione nonché del relativo nesso causale. CORTE DEI CONTI, Sez. Giur. Lombardia - 22 Febbraio 2006 (c.c. 09.11.2005), n. 114
7) Procedura e varie - Corte dei conti - Competenza territoriale - Attività di gestione dei beni pubblici - Locus commissi delicti. La competenza territoriale delle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti è funzionale ed inderogabile e si determina, in base all'art. 1, legge 14 gennaio 1994 n. 19 ed all'art. 2, legge 8 ottobre 1984 n. 658 ivi richiamato, con riferimento, alternativamente, all'espletamento dell'attività di gestione dei beni pubblici nel territorio regionale ovvero al verificarsi in ambito regionale del fatto da cui derivi il danno; pertanto il criterio in base al quale determinare la competenza territoriale è da individuarsi nel luogo in cui si è svolta l'azione generatrice del danno in base al principio del locus commissi delicti, previsto dalle suddette norme in alternativa a quello della localizzazione dell'attività gestionale. (C. conti, sez. Lombardia, 4 dicembre 2002, n.1947 e C. conti, sez. Lombardia, 21 dicembre 2001, n.1970). CORTE DEI CONTI, Sez. Giur. Lombardia - 22 Febbraio 2006 (c.c. 09.11.2005), n. 114
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