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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 23 novembre 2006, causa C-486/04
Rifiuti - Valutazione dell’impatto ambientale di taluni progetti -
Recupero dei rifiuti - Impianto di produzione di energia elettrica mediante
incenerimento di combustibili derivati da rifiuti e di biomasse sito in
Massafra (Taranto) - Inadempimento di uno Stato (Italia) - Direttive
75/442/CEE e 85/337/CEE. Avendo dispensato dalla procedura di
valutazione di impatto ambientale l’impianto, sito in Massafra, destinato
all’incenerimento di combustibili derivati da rifiuti e di biomasse, avente
una capacità superiore a 100 tonnellate al giorno e rientrante nell’allegato
I, punto 10, della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE,
concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti
pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo
1997, 97/11/CE, avendo adottato una norma quale l’art. 3, primo comma, del
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 settembre 1999,
intitolato «Atto di indirizzo e coordinamento che modifica ed integra il
precedente atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art. 40,
comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in
materia di valutazione dell’impatto ambientale», recante modifica
dell’allegato A, lett. i) ed l), del decreto del Presidente della Repubblica
12 aprile 1996, intitolato «Atto di indirizzo e coordinamento per
l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146,
concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale»,
la quale consente che i progetti di impianti di recupero di rifiuti
pericolosi e i progetti di impianti di recupero di rifiuti non pericolosi
con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, rientranti nell’allegato
I della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 97/11, siano
sottratti alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dagli
artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, della detta direttiva, e avendo adottato una norma
quale l’art. 3, primo comma, del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 3 settembre 1999, la quale, per stabilire se un progetto rientrante
nell’allegato II della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva
97/11, debba essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale, fissa un
criterio inadeguato, in quanto questo può portare all’esclusione dalla detta
valutazione di progetti che hanno rilevanti ripercussioni sull’ambiente, la
Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza
degli artt. 2, n. 1, e 4, nn. 1, 2 e 3, della detta direttiva. Commissione
delle Comunità europee c. Repubblica italiana. CORTE DI GIUSTIZIA CE,
Sez. II, 23 novembre 2006, Causa C-486/04
CORTE DI
GIUSTIZIA
delle Comunità
Europee,
SENTENZA DELLA CORTE
(Seconda Sezione)
23 novembre 2006 (*)
«Inadempimento di uno Stato - Valutazione dell’impatto ambientale di
taluni progetti - Recupero dei rifiuti - Impianto di produzione di
energia elettrica mediante incenerimento di combustibili derivati da
rifiuti e di biomasse sito in Massafra (Taranto) - Direttive 75/442/CEE
e 85/337/CEE»
Nella causa C‑486/04,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226
CE, proposto il 25 novembre 2004,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. M. van Beek,
in qualità di agente, assistito dal sig. F. Louis, avocat, e dal sig. A.
Capobianco, avvocato, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità
di agente, assistito dai sigg. M. Fiorilli e G. Fiengo, avvocati dello
Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, nonché dai
sigg. R. Schintgen, P. Kūris, J. Makarczyk (relatore) e L. Bay Larsen,
giudici,
avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25
aprile 2006,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 30 maggio 2006,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla
Corte di constatare che:
- non avendo sottoposto a procedura di valutazione di impatto
ambientale, ai sensi degli artt. 5‑10 della direttiva del Consiglio 27
giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag.
40), come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997,
97/11/CE (GU L 73, pag. 5; in prosieguo: la «direttiva 85/337»), il
progetto di impianto di incenerimento di combustibili derivati da
rifiuti (in prosieguo: i «CDR») e biomasse di Massafra, il quale è un
impianto del tipo di cui all’allegato I della direttiva 85/337,
- avendo adottato una normativa [art. 3, primo comma, del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 3 settembre 1999, intitolato «Atto
di indirizzo e coordinamento che modifica ed integra il precedente atto
di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art. 40, comma 1,
della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in
materia di valutazione dell’impatto ambientale» (GURI n. 302 del 27
dicembre 1999, pag. 17; in prosieguo: il «DPCM del 1999»), che modifica
l’allegato A, lett. i) ed l), del decreto del Presidente della
Repubblica 12 aprile 1996, intitolato «Atto di indirizzo e coordinamento
per l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n.
146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto
ambientale» (GURI n. 210 del 7 settembre 1996, pag. 28; in prosieguo: il
«DPR del 1996»)], la quale esclude dalla procedura di valutazione di
impatto ambientale alcuni progetti del tipo di cui all’allegato I della
direttiva 85/337 (progetti di impianti di recupero di rifiuti pericolosi
e progetti di impianti di recupero di rifiuti non pericolosi con
capacità superiore a 100 tonnellate al giorno) se sottoposti a procedura
di autorizzazione semplificata ai sensi dell’art. 11 della direttiva del
Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194,
pag. 39), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991,
91/156/CEE (GU L 78, pag. 32), e dalla decisione della Commissione 24
maggio 1996, 96/350/CE (GU L 135, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva
75/442»), e
- avendo adottato una normativa [art. 3, primo comma, del DPCM del 1999,
che modifica l’allegato A, lett. i) ed l), del DPR del 1996], la quale,
al fine di stabilire se un progetto ricadente nell’allegato II della
direttiva 85/337 debba essere o meno sottoposto a valutazione di impatto
ambientale, fissa un criterio non adeguato, in quanto può portare
all’esclusione dalla detta valutazione di progetti che hanno un impatto
ambientale significativo,
la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in
forza degli artt. 2, n. 1, e 4, nn. 1, 2 e 3, della direttiva 85/337.
Contesto normativo
Normativa comunitaria
Direttiva 75/442
2 L’art. 1 della direttiva 75/442 è così formulato:
«Ai sensi della presente direttiva, si intende per:
a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie
riportate nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso
o abbia l’obbligo di disfarsi.
(…)
d) “gestione”: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento
dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni nonché il
controllo delle discariche dopo la loro chiusura;
e) “smaltimento”: tutte le operazioni previste nell’allegato II A;
f) “ricupero”: tutte le operazioni previste nell’allegato II B;
(…)»
3 L’art. 4 di tale direttiva dispone quanto segue:
«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i
rifiuti siano ricuperati o smaltiti senza pericolo per la salute
dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare
pregiudizio all’ambiente e in particolare:
- senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo e per la fauna e la
flora;
- senza causare inconvenienti da rumori od odori;
- senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse.
(…)».
4 L’art. 9, n. 1, della detta direttiva è formulato nei seguenti
termini:
«Ai fini dell’applicazione degli articoli 4, 5 e 7 tutti gli
stabilimenti o imprese che effettuano le operazioni elencate
nell’allegato II A debbono ottenere l’autorizzazione dell’autorità
competente di cui all’articolo 6.
(…)».
5 L’art. 10 della medesima direttiva così dispone:
«Ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, tutti gli stabilimenti o
imprese che effettuano le operazioni elencate nell’allegato II B devono
ottenere un’autorizzazione a tal fine».
6 L’art. 11, n. 1, della direttiva 75/442 prevede quanto segue:
«Fatto salvo il disposto della direttiva 78/319/CEE (...), possono
essere dispensati dall’autorizzazione di cui all’articolo 9 o
all’articolo 10:
(...)
b) gli stabilimenti o le imprese che recuperano rifiuti.
Tale dispensa si può concedere solo:
- qualora le autorità competenti abbiano adottato per ciascun tipo di
attività norme generali che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le
condizioni alle quali l’attività può essere dispensata
dall’autorizzazione
e
- qualora i tipi o le quantità di rifiuti ed i metodi di smaltimento o
di ricupero siano tali da rispettare le condizioni imposte all’articolo
4».
7 L’allegato II A della direttiva 75/442, intitolato «Operazioni di
smaltimento», è inteso a ricapitolare le operazioni di smaltimento quali
vengono effettuate nella pratica. In esso si afferma che, conformemente
all’art. 4, i rifiuti devono essere smaltiti senza pericolo per la
salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che possano recare
pregiudizio all’ambiente.
8 L’allegato II B della medesima direttiva, intitolato «Operazioni che
comportano una possibilità di ricupero», mira a riepilogare le
operazioni di recupero quali vengono effettuate nella pratica. Anche in
tale allegato si afferma che, conformemente all’art. 4, i rifiuti devono
essere recuperati senza pericolo per la salute dell’uomo e senza che
vengano usati procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio
all’ambiente.
Direttiva 85/337
9 L’art. 1, nn. 2 e 3, della direttiva 85/337 è redatto nei seguenti
termini:
«2. Ai sensi della presente direttiva si intende per:
progetto:
- la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od
opere,
- altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi
quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo;
committente:
il richiedente dell’autorizzazione relativa ad un progetto privato o la
pubblica autorità che prende l’iniziativa relativa a un progetto;
autorizzazione:
decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che
conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso.
3. L’autorità o le autorità competenti sono quelle che gli Stati membri
designano per assolvere i compiti derivanti dalla presente direttiva».
10 L’art. 2, nn. 1, 2 e 3, primo comma, di tale direttiva così dispone:
«1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima
del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede
un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le
loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e
una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti
nell’articolo 4.
2. La valutazione dell’impatto ambientale può essere integrata nelle
procedure esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati membri
ovvero, in mancanza di queste, in altre procedure o nelle procedure da
stabilire per raggiungere gli obiettivi della presente direttiva.
(...)
3. Fatto salvo l’articolo 7, gli Stati membri, in casi eccezionali,
possono esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle
disposizioni della presente direttiva».
11 L’art. 3 della detta direttiva stabilisce quanto segue:
«La valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta, in
modo appropriato, per ciascun caso particolare e a norma degli articoli
da 4 a 11, gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti
fattori:
- l’uomo, la fauna e la flora;
- il suolo, l’acqua, l’aria, il clima e il paesaggio;
- i beni materiali ed il patrimonio culturale;
- l’interazione tra i fattori di cui al primo, secondo e terzo
trattino».
12 L’art. 4 della medesima direttiva prevede quanto segue:
«1. Fatto salvo il paragrafo 3 dell’articolo 2, i progetti elencati
nell’allegato I sono sottoposti a valutazione a norma degli articoli da
5 a 10.
2. Fatto salvo il paragrafo 3 dell’articolo 2, per i progetti elencati
nell’allegato II gli Stati membri determinano, mediante
a) un esame del progetto caso per caso
o
b) soglie o criteri fissati dagli Stati membri,
se il progetto debba essere sottoposto a valutazione a norma degli
articoli da 5 a 10.
Gli Stati membri possono decidere di applicare entrambe le procedure di
cui alle lettere a) e b).
3. Nell’esaminare caso per caso o nel fissare soglie o criteri ai fini
del paragrafo 2 si tiene conto dei relativi criteri di selezione
riportati nell’allegato III.
4. Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni adottate
dall’autorità competente di cui al paragrafo 2 siano messe a
disposizione del pubblico».
13 Al punto 9 dell’allegato I della direttiva 85/337 vengono menzionati
gli impianti di smaltimento dei rifiuti pericolosi [cioè dei rifiuti cui
si applica la direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE,
relativa ai rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20)] mediante
incenerimento, trattamento chimico, quale definito nell’allegato II A,
punto D 9, della direttiva 75/442, o messa in discarica.
14 Al punto 10 del medesimo allegato I vengono citati gli impianti di
smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante incenerimento o
trattamento chimico, quale definito nell’allegato II A, punto D 9, della
direttiva 75/442, aventi capacità superiore a 100 tonnellate al giorno.
15 Al punto 11, lett. b), dell’allegato II della direttiva 85/337
vengono menzionati gli impianti di smaltimento dei rifiuti (progetti non
compresi nell’allegato I).
16 L’allegato III della medesima direttiva elenca i criteri di selezione
contemplati dall’art. 4, n. 3:
«1. Caratteristiche dei progetti
Le caratteristiche dei progetti debbono essere considerate tenendo
conto, in particolare:
- delle dimensioni del progetto,
- del cumulo con altri progetti,
- dell’utilizzazione di risorse naturali,
- della produzione di rifiuti,
- dell’inquinamento e disturbi ambientali,
- del rischio di incidenti, per quanto riguarda, in particolare, le
sostanze o le tecnologie utilizzate.
2. Localizzazione dei progetti
Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche
che possono risentire dell’impatto dei progetti, tenendo conto, in
particolare:
- dell’utilizzazione attuale del territorio;
- della ricchezza relativa, della qualità e della capacità di
rigenerazione delle risorse naturali della zona;
- della capacità di carico dell’ambiente naturale, con particolare
attenzione alle seguenti zone:
(...)
3. Caratteristiche dell’impatto potenziale
Gli effetti potenzialmente significativi dei progetti debbono essere
considerati in relazione ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 e tenendo
conto, in particolare:
- della portata dell’impatto (area geografica e densità della
popolazione interessata);
(...)»
Normativa nazionale
17 L’art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero
dell’Ambiente (GURI n. 59 del 15 luglio 1986), ha trasposto la direttiva
85/337 nell’ordinamento italiano. Successivamente, l’art. 40 della legge
22 febbraio 1994, n. 146, recante disposizioni in materia di valutazione
di impatto ambientale (Supplemento ordinario alla GURI n. 52 del 4 marzo
1994; in prosieguo: la «legge n. 146/1994»), ha demandato al governo
italiano il compito di definire, con apposito atto di indirizzo e di
coordinamento, le condizioni, i criteri e le norme tecniche per
l’applicazione della procedura di valutazione di impatto ambientale ai
progetti compresi nell’allegato II della direttiva 85/337.
18 Il DPR del 1996 è stato adottato ai fini dell’attuazione dell’art.
40, primo comma, della legge n. 146/1994.
19 L’art. 1, terzo comma, del DPR del 1996 precisa quanto segue:
«Sono assoggettati alla procedura di valutazione di impatto ambientale i
progetti di cui all’allegato A».
20 L’art. 3, primo comma, del DPCM del 1999, che ha modificato il testo
originario dell’allegato A del DPR del 1996, è così formulato:
«Nell’allegato A al decreto del Presidente della Repubblica in data 12
aprile 1996 le lettere i), l) (...) sono sostituite dalle seguenti:
i) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante
operazioni di cui all’allegato B ed all’allegato C, lettere da R1 a R9,
del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 [in prosieguo: il
«decreto legislativo n. 22/1997»], ad esclusione degli impianti di
recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 31
e 33 del medesimo decreto legislativo n. 22/1997.
l) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con
capacità superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di
[incenerimento] o di trattamento di cui all’allegato B, lettere D2 e da
D8 a D11, ed all’allegato C, lettere da R1 a R9, del decreto legislativo
[n. 22/1997], ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle
procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del medesimo decreto
legislativo (...)».
21 Le disposizioni del decreto legislativo n. 22/1997, le quali
descrivono le caratteristiche dei rifiuti e le attività che consentono
di beneficiare della procedura semplificata, sono state adottate ai fini
della trasposizione dell’art. 11 della direttiva 75/442. Queste stesse
disposizioni hanno costituito l’oggetto di misure di attuazione adottate
mediante il decreto 5 febbraio 1998 del Ministero dell’Ambiente,
relativo all’individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle
procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del
decreto legislativo n. 22/1997 (Supplemento ordinario alla GURI n. 88
del 16 aprile 1998).
Procedimento precontenzioso
22 Con lettere in date 22 agosto e 12 novembre 2001, la Commissione
chiedeva alle autorità italiane informazioni in merito all’applicazione
delle procedure previste dalla direttiva 85/337 a due progetti di
impianti industriali nel territorio del comune di Massafra, ossia un
impianto di produzione di energia elettrica mediante incenerimento di
CDR e di biomasse ed un impianto per la preselezione dei rifiuti solidi
urbani e la produzione di CDR.
23 Le autorità italiane comunicavano di aver escluso i progetti in
questione dalla procedura di valutazione di impatto ambientale in quanto
essi rientravano nella deroga prevista dall’allegato A, lett. l), del
DPR del 1996, come modificato dall’art. 3, primo comma, del DPCM del
1999.
24 La Commissione, alla luce delle risposte così fornite dal governo
italiano, da essa reputate insoddisfacenti, avviava il procedimento
precontenzioso con una lettera di messa in mora iniziale in data 18
ottobre 2002, integrata da una lettera dell’11 luglio 2003, con le quali
veniva sollevata la questione degli inadempimenti risultanti dal
trattamento riservato all’impianto industriale di Massafra e dalla
normativa italiana stessa.
25 In seguito, mediante parere motivato in data 16 dicembre 2003, la
Commissione invitava la Repubblica italiana ad adottare le misure
necessarie per conformarsi agli obblighi derivanti dalla direttiva
85/337 entro un termine di due mesi dalla data di ricevimento del detto
parere.
26 La Commissione, avendo ritenuto insoddisfacente la posizione adottata
dal governo italiano in una lettera del 22 aprile 2004, ha proposto, a
norma dell’art. 226, secondo comma, CE, il presente ricorso.
Sul ricorso
Argomenti delle parti
27 Secondo la Commissione, l’impianto di incenerimento di Massafra,
dotato di una capacità superiore a 100 tonnellate di rifiuti al giorno,
rientra nell’allegato I, punto 10, della direttiva 85/337 e, come tale,
prima di essere autorizzato, avrebbe dovuto costituire l’oggetto di una
procedura di valutazione di impatto ambientale.
28 La detta istituzione sostiene, più in generale, che la normativa
italiana controversa, assoggettando taluni impianti di recupero dei
rifiuti alle speciali procedure previste dagli artt. 31 e 33 del decreto
legislativo n. 22/1997, produce l’effetto di sottrarre impianti
rientranti nell’allegato I della direttiva 85/337 alla procedura
istituita dall’art. 4, nn. 1 e 2, di quest’ultima.
29 La Commissione sostiene inoltre che gli impianti ricadenti
nell’allegato II della direttiva 85/337, e segnatamente quelli
contemplati al punto 11, lett. b), di tale allegato, debbono essere
quanto meno assoggettati alla procedura di verifica prevista dall’art.
4, n. 2, della detta direttiva, indipendentemente dal fatto che essi
riguardino lo smaltimento o il recupero dei rifiuti.
30 La Commissione afferma che, in base al testo originario della
direttiva 75/442, il termine «smaltimento» comprendeva tanto le
operazioni di smaltimento finale quanto le operazioni di recupero. Essa
sottolinea l’identità dei termini utilizzati nelle versioni originarie
delle direttive 75/442 e 85/337 e da ciò deduce che, adottando
quest’ultima direttiva, il legislatore comunitario ha necessariamente
voluto assoggettare talune operazioni di recupero dei rifiuti alle
disposizioni disciplinanti la procedura di valutazione dell’impatto
ambientale.
31 Ad avviso della detta istituzione, la nozione di «smaltimento»
contemplata nell’allegato I, punti 9 e 10, e nell’allegato II, punto 11,
lett. b), della direttiva 85/337 comprende tuttora sia lo smaltimento in
senso stretto sia le attività di recupero.
32 La Commissione aggiunge di non vedere quale differenza possa
esistere, dal punto di vista dell’impatto ambientale, tra la costruzione
in un determinato territorio di un impianto che effettui operazioni di
recupero dei rifiuti e quella di un impianto che effettui operazioni di
smaltimento dei medesimi. Al riguardo, essa ricorda che la direttiva
75/442 mira a sottoporre a controllo - seppure con alcune differenze -
tanto le attività di smaltimento quanto quelle di recupero, allo scopo
di garantire la tutela della salute umana e dell’ambiente.
33 La Repubblica italiana non riconosce l’inadempimento contestatole, in
quanto gli impianti controversi effettuano il recupero dei rifiuti e
sono assoggettati alle procedure semplificate introdotte dal decreto
legislativo n. 22/1997. Istituendo, da un lato, un nesso tra la
direttiva 85/337 e la direttiva 75/442 quanto ai termini tecnici
utilizzati in materia di rifiuti, e facendo riferimento, dall’altro, al
testo stesso dell’allegato I, punti 9 e 10, e a quello dell’allegato II,
punto 11, lett. b), della direttiva 85/337, nei quali si menziona
unicamente lo smaltimento dei rifiuti, la Repubblica italiana ritiene
che quest’ultima direttiva si applichi soltanto agli impianti che
effettuano lo smaltimento dei rifiuti, escludendo così dal suo ambito di
applicazione gli impianti che procedono al recupero di questi ultimi.
34 La Repubblica italiana fa valere altresì che le modifiche apportate
alla direttiva 75/442 dalla direttiva 91/156 hanno inteso stabilire una
terminologia comune e una definizione dei rifiuti armonizzata, allo
scopo di ravvicinare le diverse disposizioni che si occupano, tanto a
livello nazionale quanto a livello comunitario, dei rifiuti medesimi. A
suo avviso ne consegue che, quando la direttiva 97/11 menziona la
nozione di rifiuti, i termini e le definizioni da essa utilizzati
debbono essere mutuati dalla disciplina propria di questo settore, vale
a dire dalla direttiva 91/156.
35 Oltre a ciò, la Repubblica italiana sostiene che quando, in materia
di recupero dei rifiuti, le emissioni non superano i limiti consentiti
dalla normativa comunitaria, non è necessario mettere in atto la
procedura di valutazione, in quanto il recupero stesso dei rifiuti ha lo
scopo di tutelare l’ambiente.
Giudizio della Corte
36 Gli Stati membri devono attuare la direttiva 85/337 in modo
pienamente conforme ai precetti da essa stabiliti, tenendo conto del suo
obiettivo essenziale che - come si evince dall’art. 2, n. 1, della
direttiva medesima - consiste nel garantire che, prima della concessione
di un’autorizzazione, i progetti idonei ad avere un impatto ambientale
rilevante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro
ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto (v., in
tal senso, sentenza 19 settembre 2000, causa C‑287/98, Linster, Racc.
pag. I‑6917, punto 52).
37 Occorre inoltre sottolineare come risulti dalla giurisprudenza della
Corte che l’ambito di applicazione della direttiva 85/337 è vasto e il
suo obiettivo di portata molto ampia (v. sentenze 24 ottobre 1996, causa
C‑72/95, Kraaijeveld e a., Racc. pag. I‑5403, punti 31 e 39, e 16
settembre 2004, causa C‑227/01, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑8253,
punto 46).
Sulla censura relativa alla mancata sottoposizione alla procedura di
valutazione di impatto ambientale dell’impianto di produzione di energia
elettrica mediante incenerimento di CDR e di biomasse di Massafra
38 Allo stato attuale della normativa italiana, l’impianto di
incenerimento di CDR e biomasse di Massafra è considerato come un
impianto di recupero di rifiuti non pericolosi, con una capacità
superiore a 100 tonnellate al giorno, assoggettato alle procedure
semplificate in applicazione delle norme del decreto legislativo n.
22/1997 volte a trasporre l’art. 11 della direttiva 75/442. La
Commissione sostiene che, alla luce della classificazione operata dalla
direttiva 85/337, si tratta di un impianto di smaltimento dei rifiuti
non pericolosi mediante incenerimento o trattamento chimico, avente
capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, ai sensi dell’allegato I,
punto 10, della detta direttiva 85/337.
39 Per valutare la fondatezza di tale censura, occorre anzitutto
pronunciarsi sulla portata giuridica della nozione di smaltimento dei
rifiuti ai sensi della direttiva 85/337, tenendo conto di questa stessa
nozione quale risultante dalla direttiva 75/442.
40 È pacifico che la direttiva 85/337 non fornisce alcuna definizione
della nozione di smaltimento dei rifiuti, posto che i suoi allegati I e
II si limitano a menzionare alcuni impianti di smaltimento dei medesimi.
Inoltre, è altrettanto pacifico che la direttiva 75/442 non contiene
alcuna definizione generale delle nozioni di smaltimento e di recupero
dei rifiuti, limitandosi a rinviare agli allegati II A e II B nei quali
sono elencate diverse operazioni che rientrano nell’una o nell’altra di
tali nozioni (v. sentenza 27 febbraio 2002, causa C‑6/00, ASA, Racc.
pag. I‑1961, punto 58).
41 Peraltro, la caratteristica essenziale di un’operazione di recupero
di rifiuti, quale risulta dall’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva
75/442 nonché dal quarto ‘considerando’ di quest’ultima, consiste nel
fatto che il suo obiettivo principale è che i rifiuti possano svolgere
una funzione utile, sostituendosi all’uso di altri materiali che
avrebbero dovuto essere utilizzati per svolgere tale funzione,
consentendo così di preservare le risorse naturali (v., in particolare,
sentenze ASA, cit., punto 69; 13 febbraio 2003, causa C‑458/00,
Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I‑1553, punto 36, e 7 ottobre 2004,
causa C‑103/02, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑9127, punto 62).
42 Tale caratteristica non ha nulla che vedere con le conseguenze
sull’ambiente che le operazioni di recupero dei rifiuti possono di per
sé produrre. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi
54‑56 delle sue conclusioni, tali operazioni di recupero, al pari di
quelle di smaltimento dei rifiuti, sono idonee ad avere un impatto
ambientale rilevante. Del resto, la direttiva 75/442, all’art. 4,
obbliga gli Stati membri ad adottare le misure necessarie affinché i
rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute
dell’uomo e senza che vengano usati procedimenti o metodi che potrebbero
recare pregiudizio all’ambiente.
43 Infine, occorre rilevare che il legislatore comunitario, quando ha
reputato necessario, nell’ambito della direttiva 85/337, istituire un
collegamento con la direttiva 75/442, lo ha fatto in maniera espressa. È
il caso, in particolare, dell’allegato I, punti 9 e 10, della direttiva
85/337, dove il legislatore opera un rinvio al trattamento chimico quale
definito nell’allegato II A, punto D 9, della direttiva 75/442. Orbene,
nessun rinvio di questo tipo viene compiuto in relazione allo
smaltimento stesso dei rifiuti.
44 Occorre dunque affermare che la nozione di smaltimento dei rifiuti ai
sensi della direttiva 85/337 è una nozione autonoma che deve ricevere un
significato idoneo a rispondere pienamente all’obiettivo perseguito da
tale atto normativo, quale ricordato al punto 36 della presente
sentenza. Di conseguenza, tale nozione - che non è equivalente a quella
di smaltimento dei rifiuti ai sensi della direttiva 75/442 - deve essere
intesa in senso lato come comprensiva dell’insieme delle operazioni che
portano o allo smaltimento dei rifiuti, nel senso stretto del termine, o
al loro recupero.
45 Pertanto, lo stabilimento sito in Massafra, che genera elettricità
mediante l’incenerimento di biomasse e di CDR e dispone di una capacità
superiore a 100 tonnellate al giorno, rientra nella categoria degli
impianti che effettuano lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi
mediante incenerimento o trattamento chimico prevista dall’allegato I,
punto 10, della direttiva 85/337. In quanto tale, esso avrebbe dovuto
essere sottoposto, prima di essere autorizzato, alla procedura di
valutazione del suo impatto ambientale, posto che i progetti rientranti
nel detto allegato I della direttiva 85/337 devono essere sottoposti ad
una valutazione sistematica a norma degli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, di
quest’ultima (v., in tal senso, sentenza 11 agosto 1995, causa C‑431/92,
Commissione/Germania, Racc. pag. I‑2189, punto 35).
46 Alla luce di quanto precede, occorre constatare che, avendo
dispensato dalla procedura di valutazione di impatto ambientale
l’impianto, sito in Massafra, destinato all’incenerimento di CDR e di
biomasse, avente una capacità superiore a 100 tonnellate al giorno e
rientrante nell’allegato I, punto 10, della direttiva 85/337, la
Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in
forza degli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, di tale direttiva.
Sulla censura relativa all’adozione dell’art. 3, primo comma, del DPCM
del 1999, recante modifica dell’allegato A, lett. i) ed l), del DPR del
1996, che esclude dalla procedura di valutazione di impatto ambientale
taluni progetti rientranti nell’allegato I della direttiva 85/337
(progetti di impianti di recupero dei rifiuti pericolosi nonché progetti
di impianti di recupero di rifiuti non pericolosi aventi una capacità
superiore a 100 tonnellate al giorno) qualora costituiscano l’oggetto di
una procedura di autorizzazione semplificata ai sensi dell’art. 11 della
direttiva 75/442
47 Dall’allegato A, lett. i) ed l), del DPR del 1996 risulta che tanto
gli impianti di recupero di rifiuti pericolosi mediante operazioni del
tipo contemplato all’allegato B ed all’allegato C, lettere da R 1 a R 9,
del decreto legislativo n. 22/1997, sottoposti alle procedure
semplificate, quanto gli impianti di recupero di rifiuti non pericolosi,
con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, mediante operazioni
di incenerimento o di trattamento di cui all’allegato B, lettere D 2 e
da D 8 a D 11, ed all’allegato C, lettere da R 1 a R 9, del detto
decreto legislativo, sottoposti alle medesime procedure semplificate,
non sono assoggettati alla procedura di valutazione di impatto
ambientale.
48 Tenuto conto della portata della nozione di smaltimento dei rifiuti
ai sensi della direttiva 85/337, come precisata al punto 44 della
presente sentenza, risulta che tra i progetti in tal modo assoggettati
dalla normativa nazionale alle procedure semplificate possono figurare
impianti che, pur effettuando il recupero dei rifiuti, rientrano nella
categoria degli impianti di smaltimento dei rifiuti pericolosi mediante
incenerimento o trattamento chimico ai sensi dell’allegato I, punto 9,
della detta direttiva ovvero in quella degli impianti di smaltimento dei
rifiuti non pericolosi mediante incenerimento o trattamento chimico ai
sensi dell’allegato I, punto 10, della medesima direttiva.
49 Orbene, impianti di questo tipo non possono essere dispensati dalla
procedura di valutazione di impatto ambientale, posto che, come rilevato
al punto 45 della presente sentenza, i progetti elencati nell’allegato I
della direttiva 85/337 sono obbligatoriamente assoggettati a tale
valutazione in quanto idonei ad avere rilevanti ripercussioni
sull’ambiente.
50 Di conseguenza, avendo adottato una norma quale l’art. 3, primo
comma, del DPCM del 1999, recante modifica dell’allegato A, lett. i) ed
l), del DPR del 1996, la quale consente che i progetti di impianti di
recupero di rifiuti pericolosi e i progetti di impianti di recupero di
rifiuti non pericolosi con capacità superiore a 100 tonnellate al
giorno, rientranti nell’allegato I della direttiva 85/337, siano
sottratti alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista
dagli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, di quest’ultima, la Repubblica italiana
è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale direttiva.
Sulla censura relativa all’adozione dell’art. 3, primo comma, del DPCM
del 1999, recante modifica dell’allegato A, lett. i) ed l), del DPR del
1996, che, per stabilire se un progetto rientrante nell’allegato II
della direttiva 85/337 debba essere sottoposto a valutazione di impatto
ambientale, fissa un criterio non adeguato
51 Come rilevato al punto 47 della presente sentenza, risulta dalla
normativa nazionale contestata che i progetti di impianti di recupero di
rifiuti pericolosi o non pericolosi sottoposti alle procedure
semplificate sfuggono a qualsiasi procedura di valutazione del loro
impatto ambientale. Tra tali progetti possono figurare gli impianti di
recupero dei rifiuti contemplati dal punto 11, lett. b), dell’allegato
II della direttiva 85/337.
52 Secondo la Commissione, il criterio fissato dalle autorità italiane
per dispensare in tal modo dalla procedura di valutazione di impatto
ambientale gli impianti di recupero di rifiuti contemplati dal detto
allegato II - ossia il criterio relativo all’assoggettamento alle
procedure semplificate previste dal decreto legislativo n. 22/1997 - è
inadeguato nella misura in cui può portare ad escludere dalla detta
valutazione progetti che hanno un impatto ambientale rilevante.
53 A questo proposito, la Corte ha già statuito che gli Stati membri
hanno la possibilità di fissare i criteri e/o le soglie che consentono
di stabilire quali progetti rientranti nell’allegato II della direttiva
85/337, nella sua versione originaria, debbano costituire l’oggetto di
una valutazione. Tuttavia, il margine discrezionale così conferito agli
Stati membri trova il proprio limite nell’obbligo, enunciato all’art. 2,
n. 1, della detta direttiva, di sottoporre ad una valutazione d’impatto
i progetti idonei ad avere rilevanti ripercussioni sull’ambiente,
segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione
(v., in tal senso, sentenze Kraaijeveld e a., cit., punto 50, e 16 marzo
2006, causa C‑332/04, Commissione/Spagna, non pubblicata nella Raccolta,
punto 76). Pertanto, nel fissare tali soglie e/o criteri, gli Stati
membri devono tener conto non soltanto delle dimensioni dei progetti, ma
anche della loro natura e della loro ubicazione (v., in tal senso,
sentenze 21 settembre 1999, causa C‑392/96, Commissione/Irlanda, Racc.
pag. I‑5901, punto 65, e 16 marzo 2006, Commissione/Spagna, cit., punto
76).
54 Inoltre, a norma dell’art. 4, n. 3, della direttiva 85/337, gli Stati
membri hanno l’obbligo, in sede di fissazione delle soglie o dei
criteri, di tener conto dei criteri di selezione pertinenti definiti
nell’allegato III della direttiva stessa (v., in tal senso, sentenza 16
marzo 2006, Commissione/Spagna, cit., punto 79).
55 L’allegato III della direttiva 85/337 distingue, nell’ambito dei
criteri di selezione indicati al detto art. 4, n. 3, i seguenti
parametri: in primo luogo, le caratteristiche dei progetti, le quali
debbono essere considerate tenendo conto, in particolare, delle
dimensioni del progetto, del cumulo con altri progetti,
dell’utilizzazione delle risorse naturali, della produzione di rifiuti,
dell’inquinamento e delle nocività, e del rischio di incidenti; in
secondo luogo, la localizzazione dei progetti, vale a dire che occorre
considerare la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono
risentire dell’impatto del progetto tenendo conto, in particolare,
dell’utilizzazione attuale del territorio e della capacità di carico
dell’ambiente naturale; e, in terzo luogo, le caratteristiche
dell’impatto potenziale, segnatamente in rapporto all’area geografica ed
alla porzione di popolazione interessata.
56 Quanto al ricorso alle procedure semplificate, previsto dalle
disposizioni del decreto legislativo n. 22/1997 adottate ai fini della
trasposizione dell’art. 11 della direttiva 75/442, occorre rilevare che
la dispensa, per gli impianti o le imprese interessati, dall’obbligo di
ottenere l’autorizzazione a procedere al recupero dei rifiuti -
autorizzazione necessaria in linea di principio nella fase di attuazione
del processo di trattamento dei rifiuti a norma dell’art. 10 della detta
direttiva - può applicarsi soltanto in presenza delle condizioni
stabilite dagli artt. 4 e 11, n. 1, di quest’ultima.
57 Risulta da tali ultime disposizioni che, in primo luogo, le autorità
competenti devono aver adottato per ciascun tipo di attività norme
generali che fissano i tipi e le quantità di rifiuti nonché le
condizioni alle quali l’attività può essere dispensata
dall’autorizzazione. In secondo luogo, i tipi o le quantità di rifiuti
ed i metodi di recupero debbono essere tali da non mettere in pericolo
la salute dell’uomo e da non comportare l’utilizzo di procedimenti o
tecniche che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente, e in
particolare tali da non creare rischi per l’acqua, l’aria o il suolo
ovvero per la fauna e la flora, da non causare inconvenienti da rumori
od odori, e da non danneggiare il paesaggio e i siti di particolare
interesse.
58 Pertanto, escludendo dalla valutazione di impatto ambientale - che
deve intervenire prima del rilascio del provvedimento dell’autorità o
delle autorità competenti che conferisce al committente il diritto di
realizzare il progetto - i progetti di impianti che effettuano
operazioni di recupero dei rifiuti in base alla procedura semplificata,
la normativa italiana non tiene conto di tutti i criteri di selezione
precisati nell’allegato III della direttiva 85/337.
59 Di conseguenza, il criterio adottato dalla normativa italiana,
attinente esclusivamente all’attuazione delle procedure semplificate,
inteso a dispensare gli impianti di recupero dei rifiuti rientranti
nell’allegato II, punto 11, lett. b), della direttiva 85/337 dalla
valutazione di impatto ambientale, non soddisfa le condizioni ricordate
ai punti 53‑55 della presente sentenza, in quanto esso può far sì che
determinati progetti idonei ad avere rilevanti ripercussioni
sull’ambiente a motivo delle loro dimensioni o della loro ubicazione
siano sottratti alla verifica del loro impatto ambientale. Pertanto, la
normativa in questione è idonea a pregiudicare l’obiettivo della
direttiva 85/337 quale precisato al punto 37 della presente sentenza.
60 Tenuto conto delle considerazioni che precedono, occorre constatare
che, avendo adottato una norma quale l’art. 3, primo comma, del DPCM del
1999, recante modifica dell’allegato A, lett. i) ed l), del DPR del
1996, la quale, per stabilire se un progetto rientrante nell’allegato II
della direttiva 85/337 debba essere sottoposto a valutazione di impatto
ambientale, fissa un criterio inadeguato, in quanto questo può portare
all’esclusione dalla detta valutazione di progetti che hanno rilevanti
ripercussioni sull’ambiente, la Repubblica italiana è venuta meno agli
obblighi che le incombono in forza degli artt. 2, n. 1, e 4, nn. 2 e 3,
della detta direttiva.
Sulle spese
61 Ai termini dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta
soccombente, dev’essere condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:
1) - Avendo dispensato dalla procedura di valutazione di impatto
ambientale l’impianto, sito in Massafra, destinato all’incenerimento di
combustibili derivati da rifiuti e di biomasse, avente una capacità
superiore a 100 tonnellate al giorno e rientrante nell’allegato I, punto
10, della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE,
concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati
progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del
Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE,
- avendo adottato una norma quale l’art. 3, primo comma, del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 3 settembre 1999, intitolato «Atto
di indirizzo e coordinamento che modifica ed integra il precedente atto
di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art. 40, comma 1,
della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in
materia di valutazione dell’impatto ambientale», recante modifica
dell’allegato A, lett. i) ed l), del decreto del Presidente della
Repubblica 12 aprile 1996, intitolato «Atto di indirizzo e coordinamento
per l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n.
146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto
ambientale», la quale consente che i progetti di impianti di recupero di
rifiuti pericolosi e i progetti di impianti di recupero di rifiuti non
pericolosi con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, rientranti
nell’allegato I della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva
97/11, siano sottratti alla procedura di valutazione di impatto
ambientale prevista dagli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, della detta
direttiva, e
- avendo adottato una norma quale l’art. 3, primo comma, del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 3 settembre 1999, la quale, per
stabilire se un progetto rientrante nell’allegato II della direttiva
85/337, come modificata dalla direttiva 97/11, debba essere sottoposto a
valutazione di impatto ambientale, fissa un criterio inadeguato, in
quanto questo può portare all’esclusione dalla detta valutazione di
progetti che hanno rilevanti ripercussioni sull’ambiente,
la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in
forza degli artt. 2, n. 1, e 4, nn. 1, 2 e 3, della detta direttiva.
2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.
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