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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. IV, 21 novembre 2006, (C.C. 19/07/2006) n. 10122
Urbanistica e edilizia - Ordine di demolizione di opere abusive -
Comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Esclusione - Fondamento.
Non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento nel caso di ordine
di demolizione di opere abusive, in quanto trattasi di provvedimento alla cui
adozione l'Amministrazione comunale è vincolata per legge, a seguito
dell'accertata abusività delle opere, cioè in virtù di un presupposto di fatto
di cui il ricorrente doveva essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando
nella propria sfera di controllo (T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 10 luglio 2004,
n. 4974; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II, 18 febbraio 2003, n. 116;
T.A.R. Piemonte, sez. I, 15 aprile 2002, n. 838). Pres. Pugliese - Est. Pisano -
Ruspantini (avv. Covino) c. COMUNE DI NAPOLI (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons
d'Oranges e Crimaldi). T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. IV, 21 novembre 2006,
(C.C. 19/07/2006) n. 10122
Urbanistica e edilizia - Realizzazione di una tettoia - Permesso di costruire
- Casi specifici. La realizzazione di una tettoia può costituire una vera e
propria costruzione in relazione alle dimensioni ed ai materiali utilizzati e
come tale, in siffatte ipotesi, deve essere soggetta al permesso di costruire
(T.A.R. Toscana, sez. III, 17 luglio 2003, n. 2850; T.A.R Veneto, Sez. II, 10
febbraio 2003, n. 1216). Pres. Pugliese - Est. Pisano - Ruspantini (avv. Covino)
c. COMUNE DI NAPOLI (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons d'Oranges e Crimaldi).
T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. IV, 21 novembre 2006, (C.C. 19/07/2006) n. 10122
Urbanistica e edilizia - Installazione di tettoie - Disciplina urbanistica
applicabile - Concessione edilizia (oggi permesso di costruire) - Casi di
necessità o esclusione. In materia urbanistica, gli interventi consistenti
nella installazione di tettoie o di altre strutture che siano comunque apposte a
parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di
riparo di spazi liberi, cioè non compresi entro coperture volumetriche previste
in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al regime della
concessione edilizia (oggi permesso di costruire) soltanto ove la loro
conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la
loro finalità di arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici)
dell’immobile cui accedono, (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, n. 897 del 18
febbraio 2003, n. 12962 del 20 ottobre 2003, n. 4107 del 16 luglio 2002). Tali
strutture non possono viceversa ritenersi installabili senza concessione
edilizia (oggi permesso di costruire) allorquando le loro dimensioni sono di
entità tale da arrecare una visibile alterazione all'edificio o alle parti dello
stesso su cui vengono inserite; quando quindi per la loro consistenza
dimensionale non possono più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione
della accessorietà, nell'edificio principale o della parte dello stesso cui
accedono (in termini Consiglio di Stato, Sez. V^, 13 marzo 2001 n. 1442, sez. II^,
5 febbraio 1997, n. 336, TAR Lazio, Sez. II^ n. 1055 del 15 febbraio 2002, TAR
Parma n. 114 del 6 marzo 2003). Pres. Pugliese - Est. Pisano - Ruspantini (avv.
Covino) c. COMUNE DI NAPOLI (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons d'Oranges e
Crimaldi). T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. IV, 21 novembre 2006, (C.C.
19/07/2006) n. 10122
Urbanistica e edilizia - Nuova costruzione - Nozione - Ristrutturazione -
C.d. originaria sagoma d'ingombro - Volume edilizio - Fattispecie. Può
parlarsi di “nuova costruzione” soggetta a permesso di costruire anche in
ipotesi in cui non vengano realizzati nuovi volumi, perché altrimenti sarebbe
sufficiente la mera preesistenza di un edificio per qualificare ad esempio come
“ristrutturazione”, e non come “nuova costruzione”, qualunque nuova costruzione
effettuata in sostituzione di quella precedente (T.A.R. Veneto, sez. II, 17
dicembre 2002, n. 6620). Tale ipotesi per giurisprudenza costante è ad esempio
ravvisabile quando dell'edificio preesistente, pur rimanendo immutata la
volumetria, sia mutata la distribuzione delle superfici occupate in relazione
all'originaria sagoma d'ingombro (Cassazione civile, sez. II, 15 luglio 2003, n.
11027). Nella specie, le tettoie, delimitate entrambe su due lati da mura
perimetrali ed una delle quali munita di pareti di chiusura di parte dello
spazio coperto dalla tettoia - costituiscono, senza dubbio, un volume edilizio
in quanto in materia urbanistico edilizia il presupposto per l’esistenza di un
volume edilizio è costituito dalla costruzione di (almeno) un piano di base e
due superfici verticali contigue (Tar Piemonte n.2824 del 12.7.2005; T.A.R.
Liguria, I, 12 dicembre 1989, n. 943; T.A.R. Sicilia - Catania, 30 settembre
1994, n. 2171). Pres. Pugliese - Est. Pisano - Ruspantini (avv. Covino) c.
COMUNE DI NAPOLI (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons d'Oranges e Crimaldi).
T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. IV, 21 novembre 2006, (C.C. 19/07/2006) n. 10122
Urbanistica e edilizia - Permesso di costruire in sanatoria di abusi -
Procedimento ordine di demolizione - Improcedibile - Diniego di “permesso di
costruire” in sanatoria - Effetti - Rinnovazione dell’ordine di demolizione -
Necessità - DPR 380/01. Nel sistema delineato dal DPR 380/01, qualora
l'interessato abbia attivato il procedimento per ottenere il permesso di
costruire in sanatoria di abusi, il ricorso proposto contro un provvedimento
repressivo emesso in precedenza (nella specie, ordine di demolizione) diviene
improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, essendo tale ordinanza
divenuta priva di efficacia, atteso che a seguito dell'istanza di sanatoria essa
deve essere sostituita o dal permesso di costruire (espresso o implicito) o da
un nuovo provvedimento sanzionatorio, (da ultimo cfr. T.A.R. Campania Napoli,
sez. IV, 9 maggio 2005, n. 5672). Nel caso in esame correttamente
l’amministrazione a seguito del provvedimento di diniego di permesso di
costruire in sanatoria - in relazione all’istanza di accertamento in conformità
presentata dal ricorrente - ha rinnovato l’ordine di demolizione delle tettoie,
trattandosi di atto vincolato sulla base degli esiti dell’espletata istruttoria
- che conduceva al diniego della sanatoria. Pres. Pugliese - Est. Pisano -
Ruspantini (avv. Covino) c. COMUNE DI NAPOLI (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons
d'Oranges e Crimaldi). T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. IV, 21 novembre 2006,
(C.C. 19/07/2006) n. 10122
Urbanistica e edilizia - Ordine di demolizione - Natura di atto dovuto e
vincolato - Obbligo della motivazione espressa - Esclusione - Motivazione “per
relationem” o deduttiva - Sufficiente. L'ordinanza di demolizione è un atto
dovuto e vincolato; pertanto, l'obbligo della motivazione - inteso nella sua
essenzialità, senza inutili e fuorvianti formalismi - è sufficientemente assolto
con l'indicazione, anche "per relationem" (rinvio al contenuto dei pareri infra
procedimentali), dei presupposti di fatto ("id est", verbali di contravvenzione,
individuazione dettagliata delle opere abusive) attraverso i quali sia comunque
possibile ricostruire l'"iter" logico seguito dall'amministrazione ed al
giudice, per tale via, di esercitare il proprio sindacato di legittimità (T.A.R.
Puglia Bari, sez. II, 23 dicembre 2002, n. 5843). Pres. Pugliese - Est. Pisano -
Ruspantini (avv. Covino) c. COMUNE DI NAPOLI (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons
d'Oranges e Crimaldi). T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. IV, 21 novembre 2006,
(C.C. 19/07/2006) n. 10122
Urbanistica e edilizia - Pubblica Amministrazione - Rigetto dell'istanza del
Permesso di costruire in sanatoria - Avviso di inizio del procedimento -
Necessità - Esclusione - Giurisprudenza - Art.7 legge 241/90 - L. n. 15/2005.
Il provvedimento di rigetto dell'istanza di concessione edilizia in
sanatoria non deve essere preceduto dall'avviso di inizio del procedimento,
essendo questo ad istanza di parte (ex multis, 21 settembre 2002, n.5431; 17
giugno 2002, n.3611). Infatti, la previsione dell'onere partecipativo di cui
all'art.7 L. 7 agosto 1990 n. 241, presuppone che l'interessato ignori
l'esistenza del procedimento stesso, cosa ovviamente da escludere se il
procedimento è stato iniziato a seguito di un'istanza presentata dal
destinatario dell'atto (Cons. Stato, IV Sez., 5 luglio 2000 n. 3709). Peraltro,
rimane fermo il prevalente orientamento giurisprudenziale formatosi prima
dell’entrata in vigore della legge n. 15/2005, secondo il quale nei procedimenti
ad istanza di parte non è dovuta la comunicazione prescritta dall’articolo 7
della legge n. 241/1990 nei confronti del soggetto che ha attivato il
procedimento perché costui, essendo pienamente a conoscenza dell’esistenza del
procedimento medesimo, può intervenirvi in qualunque momento. (T.A.R. Campania,
Napoli, n. 651/2006) Pres. Pugliese - Est. Pisano - Ruspantini (avv. Covino) c.
COMUNE DI NAPOLI (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons d'Oranges e Crimaldi).
T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. IV, 21 novembre 2006, (C.C. 19/07/2006) n. 10122
Pubblica Amministrazione - Procedimenti ad istanza di parte - Comunicazione
di avvio del procedimento - Art. 8 L. n. 241/1990 - Interpretazione. L’art.
8 della legge n. 241/1990 deve essere interpretato unitamente all’art. 7 della
stessa legge (che tra i destinatari della comunicazione di avvio del
procedimento indica non solo i soggetti nei cui confronti dei quali il
provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti, ma anche quelli che
per legge debbono intervenirvi e quelli, diversi dai destinatari del
provvedimento finale, individuati o facilmente individuabili, che da esso
possano subire pregiudizio) e si deve quindi ritenere che nei procedimenti ad
istanza di parte la predetta comunicazione debba essere effettuata solo nei
confronti dei soggetti che per legge debbono intervenire al procedimento e dei
soggetti diversi dai destinatari del provvedimento finale che da esso possano
subire un pregiudizio. Pres. Pugliese - Est. Pisano - Ruspantini (avv. Covino)
c. COMUNE DI NAPOLI (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons d'Oranges e Crimaldi).
T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. IV, 21 novembre 2006, (C.C. 19/07/2006) n. 10122
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA CAMPANIA
SEDE DI NAPOLI SEZ. IV
N. 10122/06
composto dai signori magistrati:
EDUARDO PUGLIESE Presidente
RENATA IANIGRO I Referendario
INES SIMONA IMMACOLATA PISANO Ref., relatore
SENTENZA
sul ricorso n.4221/2005 proposto da RUSPANTINI Italo, rappresentato e difeso,
giusta procura a margine del ricorso, dall'avv.Roberta Covino, presso il cui
studio in Napoli, via Carducci n. 42 elettivamente domicilia;
contro
il COMUNE DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso,
in virtù di mandato in calce al ricorso notificato, dagli avv.ti Giuseppe
Tarallo, Barbara Accattatis Chalons d'Oranges e Bruno Crimaldi dell'Avvocatura
Municipale, presso la cui sede in P.zzo S.Giacomo, è elettivamente domiciliato;
PER L'ANNULLAMENTO,
- della disposizione dirigenziale n.112 del 24/2/2005, notificata in data
9.3.2005 del Dirigente del Servizio Edilizia Privata ed Antiabusivismo del
Comune di Napoli, con la quale è stata respinta l’istanza di accertamento in
conformità ex art.36 DPR 380/01 presentata dal ricorrente con pratica n.580/04
con riferimento a due tettoie realizzate sul terrazzo a livello dell’immobile
sito in Napoli alla via Teofilo Patini n.10 ed ha rinnovato l’ordine di
demolizione delle stesse;
-di tutti gli atti antecedenti, connessi e conseguenti;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione
intimata;
Vista l’ordinanza n.2156/05 con cui in data 13.7.2005 il Tribunale rigettava
l’istanza cautelare proposta;
Visti gli atti tutti di causa;
Data per letta alla pubblica udienza del 19 luglio 2006 la relazione
del Referendario Dott.ssa Ines Simona Immacolata Pisano;
Considerato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato in data 9 maggio 2005 il ricorrente ha impugnato,
chiedendone l'annullamento, il diniego di accertamento in conformità e
l'ordinanza di demolizione di cui in epigrafe - relativi alla realizzazione di
due tettoie, alte alla gronda mt.2,40 ed in mezzeria 2,60, costituite da
strutture portanti metalliche e copertura con pannelli isolanti delimitate da
muretti di altezza di m 0,80, a copertura di una superficie di circa 71,00 mq
(31,00+40,00)- realizzate sul terrazzo a livello dell’immobile sito in Napoli
alla via Teofilo Patini n.10.
Detto provvedimento, in particolare, veniva motivato in adesione alla relazione
istruttoria del responsabile del procedimento con il contrasto dell’opera con
gli artt.31 e 33 della variante generale al PRG, che in zona B-sottozona Bb
(agglomerati urbani di recente formazione, espansione recente) prevedono
interventi di conservazione dei volumi legittimi esistenti e non la
realizzazione di nuovi volumi.
Avverso la suindicata disposizione dirigenziale parte ricorrente muoveva le
seguenti censure:
A) Illegittimità del diniego di istanza di accertamento in conformità- 1)
Violazione art.36 DPR 380/01 e art.3 legge n.241/90. Eccesso di potere per
difetto di motivazione-Violazione degli artt.31 e 33 della variante generale,
del R.E. del Comune di Napoli. Violazione art.97 e 113 Cost. 2) Violazione del
giusto procedimento e difetto di motivazione stante l’assoluta mancanza nel
provvedimento di diniego di qualsiasi preciso riferimento alle ragioni di
contrasto dell’intervento con le prescrizioni urbanistiche vigenti;
B) Illegittimità dell’ordine di demolizione: 1) Illegittimità derivata,
violazione artt.3 e 10 legge 241/90. Difetto di motivazione. Difetto di
istruttoria. Violazione artt. 27 e art.31 DPR 380/01. Difetto di istruttoria. 2)
Violazione art.7 legge 7/8/1990 n.241. Eccesso di potere. Difetto di
istruttoria.
L'Amministrazione comunale si costituiva in giudizio, resistendo al ricorso ed
all'udienza pubblica del 19 luglio 2006 il ricorso veniva trattenuto in
decisione.
DIRITTO
1. Con il ricorso in esame viene impugnato, in primo luogo, il diniego
dell'istanza di sanatoria (provv.n.112 del 24.2.2005) motivato- visto il parere
contrario espresso dalla C.E. nella seduta del 20.1.05 e la proposta motivata in
data 14.2.2005 del Responsabile del Procedimento a conclusione dell’istruttoria-
sul presupposto che “l’intervento è consistito nella installazione, sul
terrazzo a livello dell’immobile, di due tettoie con strutture metalliche e
copertura con pannelli isolanti delimitate da muretti di altezza di m 0,80. Tali
strutture non essendo completamente a vento non presentano le caratteristiche
della tettoia come definita dall’art. 2 del Regolamento Edilizio, e sono da
valutarsi come volume non consentito a norma degli artt.31 e 33 della variante
generale, che prevedono interventi di conservazione dei volumi legittimi
esistenti e non la realizzazione di nuovi volumi come nel caso in esame”.
2. Le doglianze mosse dal ricorrente con il primo e secondo motivo di ricorso
avverso il provvedimento di diniego di accertamento in conformità attengono
innanzitutto all’infondatezza del diniego in punto di fatto laddove esso muove
dal presupposto che l’intervento realizzato abbia determinato un aumento di
volumetria, ed in secondo luogo alla carenza e comunque genericità della
motivazione laddove essa si è “limitata” a richiamare la violazione degli artt.
31 e 33 della variante generale del PRG, che in zona B- agglomerati urbani di
recente formazione- sottozona B1 consentono solo interventi conservativi dei
volumi legittimi esistenti e non la realizzazione di nuovi volumi.
Parte ricorrente, in primo luogo, deduce che la realizzazione della tettoia di
cui trattasi non ha comportato una “nuova” volumetria ed anzi non costituisce
affatto una “volumetria”.
Orbene, va premesso che la realizzazione di una tettoia può costituire una vera
e propria costruzione in relazione alle dimensioni ed ai materiali utilizzati e
come tale, in siffatte ipotesi, deve essere soggetta al permesso di costruire
(T.A.R. Toscana, sez. III, 17 luglio 2003, n. 2850; T.A.R Veneto, Sez. II, 10
febbraio 2003, n. 1216).
Per giurisprudenza costante di questa Sezione (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV,
n. 897 del 18 febbraio 2003, n. 12962 del 20 ottobre 2003, n. 4107 del 16 luglio
2002), gli interventi consistenti nella installazione di tettoie o di altre
strutture che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici come
strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi, cioè non
compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono
ritenersi sottratti al regime della concessione edilizia (oggi permesso di
costruire) soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni
rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di arredo o di riparo e
protezione (anche da agenti atmosferici) dell’immobile cui accedono. Tali
strutture non possono viceversa ritenersi installabili senza concessione
edilizia (oggi permesso di costruire) allorquando le loro dimensioni sono di
entità tale da arrecare una visibile alterazione all'edificio o alle parti dello
stesso su cui vengono inserite; quando quindi per la loro consistenza
dimensionale non possono più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione
della accessorietà, nell'edificio principale o della parte dello stesso cui
accedono (in termini Consiglio di Stato, Sez. V^, 13 marzo 2001 n. 1442, sez. II^,
5 febbraio 1997, n. 336, TAR Lazio, Sez. II^ n. 1055 del 15 febbraio 2002, TAR
Parma n. 114 del 6 marzo 2003).
Pertanto, correttamente nel caso in esame - trattandosi di una tettoia di circa
di 71,00 mq con altezza media di mt.2,40, costituite da strutture portanti in
ferro e copertura in lamiera isotermica e delimitate ai lati da due muretti di
cm.0,80 - parte ricorrente ne ha chiesto la sanatoria ai sensi dell’art. 36 DPR
380/01, trattandosi di “nuova costruzione” abusivamente realizzata, dall’altro è
innegabile che altrettanto correttamente l’amministrazione ha negato
l’accertamento in conformità, trattandosi di intervento realizzato in zona
B-sottozona B1, non consentito in quanto “tale struttura non essendo
completamente a vento non presenta le caratteristiche della tettoia come
definita dall’art. 2 del Regolamento Edilizio, ed è da valutarsi come volume non
consentito a norma degli artt. 31 e 33 della variante generale, che prevedono
interventi di conservazione dei volumi legittimi esistenti e non la
realizzazione di nuovi volumi come nel caso in esame”.
Le tettoie di cui si verte infatti - in relazione alle dimensioni ed alla
modalità di realizzazione- devono senz’altro considerarsi una “costruzione” che,
oltre a richiedere per la sua realizzazione l’esistenza di un titolo abilitativo,
determina indubbiamente un aumento volumetrico.
Se è vero, infatti, che può parlarsi di “nuova costruzione” soggetta a permesso
di costruire anche in ipotesi in cui non vengano realizzati nuovi volumi, perché
altrimenti sarebbe sufficiente la mera preesistenza di un edificio per
qualificare ad esempio come “ristrutturazione”, e non come “nuova costruzione”,
qualunque nuova costruzione effettuata in sostituzione di quella precedente
(T.A.R. Veneto, sez. II, 17 dicembre 2002, n. 6620) - mentre tale ipotesi per
giurisprudenza costante è ad esempio ravvisabile quando dell'edificio
preesistente, pur rimanendo immutata la volumetria, sia mutata la distribuzione
delle superfici occupate in relazione all'originaria sagoma d'ingombro
(Cassazione civile, sez. II, 15 luglio 2003, n. 11027)- nel caso specifico deve
osservarsi che le tettoie in esame, delimitate entrambe su due lati da mura
perimetrali ed una delle quali munita di pareti di chiusura di parte dello
spazio coperto dalla tettoia- costituiscono, senza dubbio, un volume edilizio in
quanto in materia urbanistico edilizia il presupposto per l’esistenza di un
volume edilizio è costituito dalla costruzione di (almeno) un piano di base e
due superfici verticali contigue (Tar Piemonte n.2824 del 12.7.2005; T.A.R.
Liguria, I, 12 dicembre 1989, n. 943; T.A.R. Sicilia - Catania, 30 settembre
1994, n. 2171).
Pertanto, risulta corretta la motivazione del diniego di sanatoria, sulla base
del parere sfavorevole del responsabile del procedimento, in relazione al
contrasto di detta tettoia con gli artt.31 e 33 della variante generale al PRG.
Contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, invero, risultano
adeguatamente esplicitate e in punto di fatto e in punto di diritto le ragioni
della scelta effettuata dall’amministrazione, senza che possa invocarsi la
violazione degli artt. 97 e 113 Cost.
3. Con il terzo e quarto motivo di ricorso parte ricorrente ha dedotto,
conseguentemente, l’illegittimità derivata dell’ordine di demolizione alla
stregua dei vizi inficianti il provvedimento presupposto - che, come osservato
al punto che precede, appaiono insussistenti - nonchè l’illegittimità per vizi
propri dell’atto, consistenti e nella violazione art.3 della legge 241/90 e
difetto di motivazione e nella violazione degli artt.27 e 31 del DPR e difetto
di istruttoria.
Il Comune, infatti, contestualmente all’adozione del diniego dell’istanza del
24.2.05, secondo quanto sostenuto da parte ricorrente si sarebbe limitato a
“rinnovare” l’ordine di demolizione già emanato precedentemente alla istanza di
accertamento in conformità del 28.12.2004, senza rinnovare l’istruttoria e senza
adeguatamente motivare in merito. Sussisterebbero pertanto i vizi di difetto di
istruttoria e difetto di motivazione.
La censura è infondata.
Infatti se è vero che, per giurisprudenza costante di questa sezione, nel
sistema delineato dalla l. 28 febbraio 1985 n. 47 (ora DPR 380/01), qualora
l'interessato abbia attivato il procedimento per ottenere la concessione di
costruzione edilizia- ora permesso di costruire- in sanatoria di abusi, il
ricorso proposto contro un provvedimento repressivo emesso in precedenza (nella
specie, ordine di demolizione ) diviene improcedibile per sopravvenuta carenza
di interesse, essendo tale ordinanza divenuta priva di efficacia, atteso che a
seguito dell'istanza di sanatoria essa deve essere sostituita o dalla
concessione in sanatoria (espressa o implicita) o da un nuovo provvedimento
sanzionatorio, in base alla disciplina posta dal capo I della l. n. 47 del 1985,
come prescrive l'art. 40 della stessa legge (per tutte, da ultimo cfr. T.A.R.
Campania Napoli, sez. IV, 9 maggio 2005, n. 5672), nel caso in esame
correttamente l’amministrazione a seguito del provvedimento di diniego di
permesso di costruire in sanatoria - in relazione all’istanza di accertamento in
conformità presentata dal ricorrente - ha rinnovato l’ordine di demolizione
delle tettoie, trattandosi di atto vincolato sulla base degli esiti
dell’espletata istruttoria- come sopra ampiamente evidenziato- che conduceva al
diniego della sanatoria.
4. Il ricorrente deduce, poi, l’ulteriore profilo di illegittimità della
disposizione dirigenziale di demolizione per difetto di motivazione, violazione
dell’artt.7 della legge 7/8/1990 n. 241. Eccesso di potere. Difetto di
istruttoria. Illogicità. Le censure sono infondate.
L'ordinanza di demolizione è infatti atto dovuto e vincolato; pertanto,
l'obbligo della motivazione - inteso nella sua essenzialità, senza inutili e
fuorvianti formalismi - è sufficientemente assolto con l'indicazione, anche "per
relationem" (rinvio al contenuto dei pareri infra procedimentali), dei
presupposti di fatto ("id est", verbali di contravvenzione, individuazione
dettagliata delle opere abusive) attraverso i quali sia comunque possibile
ricostruire l'"iter" logico seguito dall'amministrazione ed al giudice, per tale
via, di esercitare il proprio sindacato di legittimità (T.A.R. Puglia Bari, sez.
II, 23 dicembre 2002, n. 5843).
5. Parimenti infondata è la censura sotto il profilo dell’omesso avviso di
comunicazione di avvio del procedimento e conseguente violazione dell’art.7
legge 241/90, atteso che, come da costante orientamento di questa sezione (ex
multis, 21 settembre 2002, n.5431; 17 giugno 2002, n.3611), il provvedimento di
rigetto dell'istanza di concessione edilizia in sanatoria non deve essere
preceduto dall'avviso di inizio del procedimento, essendo questo ad istanza di
parte. Tale circostanza non è di poco momento, in quanto la previsione
dell'onere partecipativo di cui all'art.7 L. 7 agosto 1990 n. 241, presuppone
che l'interessato ignori l'esistenza del procedimento stesso, cosa ovviamente da
escludere se il procedimento è stato iniziato a seguito di un'istanza presentata
dal destinatario dell' atto (Cons. Stato, IV Sez., 5 luglio 2000 n. 3709).
Peraltro, questa Sezione (T.A.R. Campania, Napoli, n. 651/2006 cit.) ha già
avuto occasione di puntualizzare le ragioni inducono a mantenere fermo il
prevalente orientamento giurisprudenziale formatosi prima dell’entrata in vigore
della legge n. 15/2005, secondo il quale nei procedimenti ad istanza di parte
non è dovuta la comunicazione prescritta dall’articolo 7 della legge n. 241/1990
nei confronti del soggetto che ha attivato il procedimento perché costui,
essendo pienamente a conoscenza dell’esistenza del procedimento medesimo, può
intervenirvi in qualunque momento.
Occorre infatti rammentare che la tesi favorevole applicazione dell’art. 7 nei
procedimenti ad istanza di parte trova oggi un significativo riscontro nel testo
dell’art. 8 della legge n. 241/1990 (come modificato dalla legge n. 15/2005),
perché tale disposizione prevede espressamente (al primo comma, lettera c ter)
che nei procedimenti ad istanza di parte la comunicazione contenga la data di
presentazione della relativa istanza. Tuttavia tale disposizione, ad avviso del
Collegio, non può essere interpretata nel senso di ritenere che tra i
destinatari della comunicazione di cui all’art. 7 della legge n. 241/1990 debba
essere incluso anche colui che ha attivato il procedimento, perchè una siffatta
interpretazione si tradurrebbe in un significativo aggravamento del
procedimento, in palese contrasto con l’art. 1, comma 2, della stessa legge n.
241/1990, secondo il quale “la pubblica amministrazione non può aggravare il
procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo
svolgimento dell’istruttoria”. Infatti nell’applicazione delle norme sul
procedimento occorre evitare che siano posti a carico dell’Amministrazione
adempimenti che non risultino essenziali per il corretto svolgimento del
procedimento e per la piena salvaguardia degli interessi pubblici e privati
coinvolti, perché la regola sancita dall’art. 1, comma 2, della legge n.
241/1990 costituisce diretta espressione dei principi costituzionali di buon
andamento e di imparzialità dell’attività amministrativa. A ciò si deve poi
aggiungere che il principio del non aggravamento del procedimento deve essere
coordinato con l’esplicita previsione normativa del dovere dell’Amministrazione
di concludere i procedimenti (compresi quelli ad iniziativa di parte) con un
provvedimento espresso ed entro un tempo determinato. Ne consegue che, qualora
si accedesse ad un’interpretazione che impone l’obbligo di cui all’art. 7 della
legge n. 241/1990 anche nei confronti di chi ha attivato il procedimento, si
introdurrebbe una scissione tra il momento di attivazione e il momento di avvio
del procedimento, sicuramente pregiudizievole per la certezza e per il rispetto
dei termine fissato per la conclusione del procedimento, che risulterebbe
inevitabilmente condizionato dal termine in cui l’Amministrazione ha effettuato
la comunicazione di avvio del procedimento.
Per tali ragioni, l’art. 8 della legge n. 241/1990 deve essere interpretato
unitamente all’art. 7 della stessa legge (che tra i destinatari della
comunicazione di avvio del procedimento indica non solo i soggetti nei cui
confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti
diretti, ma anche quelli che per legge debbono intervenirvi e quelli, diversi
dai destinatari del provvedimento finale, individuati o facilmente
individuabili, che da esso possano subire pregiudizio) e si deve quindi ritenere
che nei procedimenti ad istanza di parte la predetta comunicazione debba essere
effettuata solo nei confronti dei soggetti che per legge debbono intervenire al
procedimento e dei soggetti diversi dai destinatari del provvedimento finale che
da esso possano subire un pregiudizio.
6. Stesso è a dirsi con riferimento all’omessa comunicazione dell’avvio del
procedimento con riferimento all’ordine di demolizione. Non è infatti necessaria
la comunicazione di avvio del procedimento nel caso di ordine di demolizione di
opere abusive, in quanto trattasi di provvedimento alla cui adozione
l'Amministrazione comunale è vincolata per legge, a seguito dell'accertata
abusività delle opere, cioè in virtù di un presupposto di fatto di cui il
ricorrente doveva essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria
sfera di controllo (T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 10 luglio 2004, n. 4974;
T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II, 18 febbraio 2003, n. 116; T.A.R.
Piemonte, sez. I, 15 aprile 2002, n. 838).
Tanto premesso, il ricorso deve essere respinto.
Sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione IV di Napoli,
definitivamente pronunciandosi sul ricorso n. 4221/05 proposto da RUSPANTINI
Italo lo rigetta.
Compensa spese.
Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 19 luglio 2006.
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
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