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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VII, 5 dicembre 2006, sentenza n. 10412
Beni culturali e ambientali - Tutela del territorio - Impianti eolici -
Bilanciamento tra le esigenze del sistema produttivo e quelle di tutela
ambientale - Coordinamento orizzontale Stato-Regioni. Il problema del
bilanciamento tra le esigenze di potenziamento del sistema produttivo e quelle
di tutela ambientale (nella specie: impatto ambientale sul territorio degli
impianti di energia eolica) si traduce, sotto il profilo decisionale-operativo,
nella necessità di un coordinamento orizzontale fra le sfere di attribuzioni
dello Stato e delle Regioni (e dei Comuni), come delineato dalla giurisprudenza
costituzionale. E questo sia allorquando la legge statale riservi allo Stato le
competenze al rilascio delle autorizzazioni, sia quando il legislatore statale
abbia individuato i percorsi affidando invece alle regioni o a soggetti da esse
delegati la competenza autorizzatoria. Pres. Guerriero, Est. Monaciliuni - E.
s.p.a. (avv.ti Todarello, Colicchia e Marchi) c. Regione Campania (avv. de
Gennaro) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 5 dicembre 2006, n. 10412
Beni culturali e ambientali - Tutela del territorio - Impianti eolici -
Regione Campania - Moratoria sine die dell’esame delle istanze autorizzatorie -
Illegittimità - Sent. Corte Cost. n. 364/2006. In tema di installazione di
impianti per la produzione di energia eolica, è illegittima l’intesa Stato-
Regione di sospensione sine die delle procedure autorizzatorie nelle more
dell’approvazione del piano regionale per l’inserimento delle tecnologia eolica
sul territorio. L’opportuna decisione di dettare previamente una generale
disciplina in ambito regionale non può infatti comportare una moratoria senza
termini nell’esame delle istanze (cfr. Sent. Corte Cost. n. 364/2006, per una
previsione analoga nella legge della Regione Puglia). Pres. Guerriero, Est.
Monaciliuni - E. s.p.a. (avv.ti Todarello, Colicchia e Marchi) c. Regione
Campania (avv. de Gennaro) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 5 dicembre
2006, n. 10412
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA CAMPANIA - SEZIONE SETTIMA -
N. 10412/06 Reg. Sent.
composto dai Magistrati:
1) dr. Francesco Guerriero - Presidente
2) dr. Arcangelo Monaciliuni - Consigliere, rel., est.
3) dott. ssa Mariangela Caminiti - 1^ Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 3920/2006 Reg. gen., proposto da Edison Energie Speciali s.p.a.,
con sede legale in Milano, Foro Bonaparte, n. 31, in persona del suo
amministratore delegato e legale rappresentante p.t., ing. Francesco Del Balzo,
rappresentata e difesa anche disgiuntamente, per mandato a margine dell'atto
introduttivo del giudizio, dagli avv.ti Fabio Todarello e Massimo Colicchia del
foro di Milano e dall'avv. Sonia Marchi del foro di Napoli, con domicilio eletto
presso lo studio di quest'ultima, in Napoli, via Luca da Penne, n. 3
contro
la Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e
difeso, in virtù di procura generale ad lites e di decreto dirigenziale n. 307
del 28 giugno 2006 di nomina del difensore, dall'avv. Maria Vittoria de Gennaro
dell'Avvocatura regionale, con domicilio eletto in Napoli, via S. Lucia, n. 81
e nei confronti
della società Gaia s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non
costituitasi in giudizio
per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione,
- nella parte in cui dovesse essere ritenuta applicabile al progetto della
ricorrente relativo al territorio di San Giorgio La Molara, della nota della
Giunta regionale della Campania prot. n. 2006.0223604 del 9 marzo 2006,
trasmessa alla ricorrente a mezzo fax il 15 marzo 2006, con cui si è inteso
sospendere, nelle more dell'approvazione del "Disciplinare per il corretto
inserimento della tecnologia eolica sul territorio regionale", l'indizione di
"ulteriori Conferenze di servizi" sulle istanze avanzate dagli operatori ai
sensi dell'art. 12, comma 3, del d. l.vo 387/2003 per l'autorizzazione alla
costruzione ed all'esercizio di impianti eolici;
- di ogni altro provvedimento a questo preordinato, conseguente o comunque
connesso, anche non conosciuto, di cui si chiede l'acquisizione in via
istruttoria, con espressa riserva di motivi aggiunti
nonchè, per il risarcimento dei danni subiti
a causa dell'illegittimo ed arbitrario rallentamento dell'iter autorizzatorio
Visto il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione regionale
intimata;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore il consigliere dott. Arcangelo Monaciliuni;
Uditi, alla pubblica udienza del 15 novembre 2006, i procuratori delle parti
costituite, ivi presenti come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
Fatto
La ricorrente, Edison Energie Speciali s.p.a., società del Gruppo Edison
operante nel settore delle energie rinnovabili, tra le quali vi è quella eolica,
espone di aver realizzato e di gestire, attraverso la sua controllata Parco
Eolico San Giorgio s.r.l., sin dal 1998 un parco eolico della potenza
complessiva di 10 MW nel territorio comunale di San Giorgio La Molara (BN).
Detto parco, prosegue l'esponente, in realtà era stato in origine concepito per
una potenza complessiva di 30,5 MW, come si evince dagli elaborati grafici
allegati alla convenzione stipulata in data 24 luglio 1996 tra detto Comune e la
società controllata sopra descritta, anche se fu convenuto fra le parti di
rimandare ad un secondo momento la realizzazione integrale dell'impianto per
tutti i 30,5 MW.
Tale momento, sempre secondo la prospettazione attorea, sopravvenne nel 2000,
allorquando il Consiglio comunale adottò la deliberazione n. 2 del 7 febbraio
2000 recante l'approvazione dello schema di convenzione per la messa a
disposizione delle ulteriori aree necessarie per la posa in opera delle
ulteriori 34 pale eoliche atte a raggiungere la potenza di 30,5 MW, già in
origine prevista.
In presenza di detto atto, riferisce ancora parte ricorrente, venivano operati
gli investimenti necessari, anche se non fu possibile concretizzare i comuni
intendimenti, essendo sopravvenuta la necessità di rimodulare il progetto per
ragioni tecniche.
Nel frattempo, entrato in vigore il decreto legislativo n. 387 del 2003 che
attribuiva alle Regioni la competenza ad autorizzare gli impianti da fonti
energetiche rinnovabili, Edison Energie Speciali, il 12 dicembre 2005, "in via
prudenziale riteneva opportuno inoltrare alla regione istanza di autorizzazione
per la realizzazione del completamento dell'impianto già esistente".
Se non che la Regione, in data 9 marzo 2006 emanava la nota prot. n.
2006.0223604 con cui, in adesione alla proposta avanzata dalla Direzione
regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania, nelle more
dell'approvazione del "Disciplinare per il corretto inserimento della tecnologia
eolica sul territorio regionale", da definirsi tenendo conto dell'impatto
ambientale di siffatti impianti, veniva sospesa l'indizione di "ulteriori
Conferenze di servizi" sulle istanze avanzate dagli operatori ai sensi dell'art.
12, comma 3, del d. l.vo 387/2003 per l'autorizzazione alla costruzione ed
all'esercizio di impianti eolici.
Per l'ipotesi che detta nota, trasmessa anche alla ripetuta società Edison
Energie Speciali, debba ritenersi applicabile anche nei suoi confronti, è stato
quindi proposto il ricorso in esame, teso ad ottenerne l'annullamento
giurisdizionale.
Il gravame è affidato a cinque motivi di ricorso, volti a denunciarne,
nell'ordine, l'illegittimità per:
1) eccesso di potere per travisamento dei fatti, mancanza del presupposto,
difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà ove la Edison Energie
Speciali avesse a doversi ritenere destinataria della nota impugnata (ove, cioè,
non le fosse stata inviata per mero errore), poichè in siffatta evenienza
illegittimamente non si sarebbe tenuto conto delle circostanze sopra indicate,
ossia del comune intendimento fra amministrazione pubblica ed Edison di far
luogo a successivi ampliamenti del rapporto già in essere e, quindi, del fatto
che alcun impatto lo stesso (ampliamento) potrebbe avere sul territorio, già
adibito a parco eolico;
2) violazione dell'art. 12, commi 3 e 4 del d. l.vo 387/2003, del Protocollo di
Kyoto e carenza di potere, in presenza di una sospensione sine die a fronte del
coacervo normativo calendato secondo cui nell'arco di sei mesi dal momento di
ricevimento dell'istanza la procedura di autorizzazione deve essere definita;
3) violazione dell'art. 12, comma 10, del d. l.vo 387/2003 ed ancora carenza di
potere, poichè il potere delle regioni di indicare le aree ed i siti non idonei
alle installazioni di che trattasi può essere esercitato solo a seguito
dell'emanazione delle linee guida demandate alla Conferenza Stato-regioni, nel
mentre, nelle more, deve procedersi nel rispetto dei termini fissati e dallo
stesso decreto n. 387 e dalla l. n. 241 del 1990;
4) violazione del canone della parità di trattamento, difetto di istruttoria,
del principio di razionalità amministrativa, contraddittorietà ed illogicità, in
presenza di conferenze di servizi che invece stanno per concludersi, ancorchè
riferite a progetti concepiti ben dopo il 1996 (epoca cui risale quello di Edens,
sempre secondo la sua prospettazione);
5) violazione dell'art. 7 della legge n. 241/1990 e del principio di buon
andamento in carenza di preventivo avviso agli istanti, ed in particolare ad
Edens, degli intendimenti dell'amministrazione.
L'intimata regione Campania si è costituita in giudizio per resistere alla
pretesa, della quale ha chiesto il rigetto nell'assunto di aver legittimamente
emanato l'atto soprassessorio in presenza di circa duecento istanze, alla cui
valutazione non poteva farsi luogo se non che in un contesto unitario da
predefinirsi d'intesa con l'amministrazione preposta alla difesa dei vincoli
paesaggistici. Nè potrebbe parlarsi di sospensione sine die, in presenza di
necessità istruttorie non pretestuose e (in presenza quindi) di un termine
legato alla (certa) adozione del disciplinare. Quanto agli assunti in ordine
alle pregresse circostanze di fatto e di diritto ed alle invocate refluenze ad
oggi, la regione rileva come sia stata la società oggi ricorrente ad attivare il
procedimento autorizzatorio invece che utilizzare la pregressa disciplina di cui
alla legge 9/1991, che prevedeva solo l'obbligo di comunicazione.
In data 19 ottobre 2006, la difesa attorea ha depositato atto di fusione fra la
Edison Energie Speciali s.p.a. e le s.r.l. Parco Eolico Foiano, Parco Eolico San
Giorgio e Parco Eolico Faeto, che vede la prima, ossia l'odierna ricorrente,
incorporare le restanti.
Con memoria depositata il 2 novembre 2006, parte ricorrente ha insistito sulle
già esposte tesi e conclusioni, in particolare evidenziando come ancora a tutt'oggi
non fosse sopravvenuta l'approvazione delle linee guida.
Alla pubblica udienza del 15 novembre 2006, il ricorso è stato trattenuto in
decisione, presenti i procuratori delle parti costituite.
Diritto
1- La controversia in esame oppone Edison Energie Speciali s.p.a. alla regione
Campania che, in data 9 marzo 2006, ha emanato la determinazione prot. n.
2006.0223604 con cui, in adesione alla proposta avanzata dalla Direzione
regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania, nelle more
dell'approvazione del "Disciplinare per il corretto inserimento della tecnologia
eolica sul territorio regionale" da definirsi tenendo conto dell'impatto
ambientale degli impianti di produzione elettrica a mezzo di tecnologia eolica,
ha sospeso l'indizione di ulteriori conferenze di servizi per l'esame delle
istanze prodotte per conseguire l'autorizzazione alla costruzione ed
all'esercizio di impianti eolici, quali avanzate ai sensi dell'art. 12, comma 3,
del d. l.vo 387/2003.
Detta decisione soprassessoria è stata impugnata dalla indicata società che ne
predica l'illegittimità, se ed ove la stessa avesse ad esser ritenuta
applicabile anche agli impianti di suo interesse da realizzarsi nel territorio
del Comune di San Giorgio La Molara (Bn).
2- Ciò premesso, va dato atto che la sopravvenuta fusione fra la s.p.a. Edison
Energie Speciali e le ss.rr.ll. Parco Eolico Foiano, Parco Eolico San Giorgio e
Parco Eolico Faeto non incide sul processo in corso, in quanto la ricorrente
Edison Energie Speciali risulta essere la società incorporante; il che esclude
che possa ipotizzarsi un'interruzione del processo, come per il contrario caso
in cui parte ricorrente fosse stata una delle società incorporate (cfr., da
ultimo, Cass. 1^, 24.32006, n. 6686).
E' evidente, peraltro, che l'atto di fusione è stato depositato da Edison
Energie Speciali (d'ora in avanti Edens, come da sintesi dalla medesima
effettuata) al solo fine di comprovare ulteriormente il legame fra essa
ricorrente e la Parco Eolico San Giorgio, già sua controllata e titolare del
pregresso rapporto con il Comune di San Giorgio La Molara (Bn), di cui si è
detto in narrativa e si dirà in avanti.
3- Tanto precisato in rito, prima di procedere con l'esame delle singole
doglianze attoree è il caso di dar conto delle specifiche previsioni dell'art.
12 del d.l.vo 29 dicembre 2003, n. 387, di cui è denunciata la violazione.
Orbene, il decreto reca l'attuazione della direttiva comunitaria 2001/77/CE
relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità e, nel suo seno, l'art. 12
disciplina la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure
autorizzative per la realizzazione degli impianti a tanto destinati.
Quest'ultimo, dopo aver qualificate di pubblica utilità, indifferibili ed
urgenti le opere per la realizzazione di siffatti impianti (comma 1), assoggetta
al regime autorizzatorio sia la costruzione e l'esercizio degli stessi che gli
interventi di modifica, potenziamento e rifacimento, sempre dei medesimi (comma
3).
Più nel dettaglio, la norma parla di "un'autorizzazione unica, rilasciata dalla
regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto
delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del
paesaggio e del patrimonio storico-artistico", prevedendo quindi "a tal fine" la
convocazione "a cura della regione ed entro trenta giorni dal ricevimento della
domanda di autorizzazione, di una conferenza di servizi" (sempre comma 3).
Il successivo comma 4 precisa poi che "l'autorizzazione di cui al comma 3" è
rilasciata "a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le
amministrazioni interessate ...." e che "..il termine massimo per la conclusione
del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a
centottanta giorni".
Infine il comma 10 -per lo svolgimento del procedimento di cui si è fin qui
detto ed allo scopo di assicurare il corretto inserimento degli impianti, "con
specifico riguardo a quelli eolici", nel paesaggio- ha previsto l'emanazione "di
linee guida" da parte della Conferenza unificata -su proposta del Ministro delle
attività produttive (oggi, ex l. 17 luglio 2006, n. 233 dello sviluppo
economico), di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali- "in attuazione
delle quali le regioni possono procedere all'indicazione di aree e siti non
idonei all'installazione di specifiche tipologie di impianti".
4- Con il primo motivo di ricorso Edens sostiene che, alla sopravvenienza del
decreto legislativo n. 387 del 2003, non avrebbe avuto l'onere di produrre la
domanda di autorizzazione, proposta "per la costruzione dell'ampliamento
dell'impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili "La
Montagna Noceverde - M. Lipi ed altre", sito nel Comune di San Giorgio La Molara
(Bn) di potenza prevista pari a 63 MW", in considerazione dei pregressi rapporti
instaurati con il Comune di San Giorgio La Molara e quindi del comune
intendimento di far luogo all'ampliamento dell'impianto già esistente sul
territorio comunale al verificarsi delle condizioni tecniche che lo avessero
reso possibile.
L'effetto delle sopravvenienze normative rispetto alla posizione vantata da
Edens si tradurrebbe nel mero trasferimento del rapporto dal Comune alla
regione, divenuta competente al rilascio dell'autorizzazione; nè, quanto al
merito della vicenda, potrebbe porsi un problema di tutela del territorio e di
salvaguardia dell'ambiente (e quindi di soprassessoria, costituente l'id est
della determinazione regionale impugnata) rispetto agli impianti di Edens che
non ricadono su di un territorio "per così dire vergine, ma già adibito a Parco
eolico e dunque, di per sè, idoneo...".
Tale prospettazione non può esser condivisa.
In primo luogo, ha facile gioco la resistente regione Campania ad eccepire che è
stata Edens a produrre l'istanza di autorizzazione imposta dalla normativa
sopravvenuta, senza invece avvalersi della procedura di comunicazione di cui
alla pregressa normativa (art. 22 della l. 9/1991), nel caso applicabile a
seguirsi la tesi oggi prospettata secondo la quale gli atti descritti e quindi
il comune intendimento (della società Parco Eolico San Giorgio e del Comune di
San Giorgio La Molara) di realizzare in appresso impianti più avanzati sarebbe
stato sufficiente alla bisogna rendendo non necessaria l'autorizzazione unica,
da rilasciarsi dalla regione all'esito del descritto procedimento, imposta dalla
normativa sopravvenuta.
E con la regione deve quindi convenirsi sul corollario che, in siffatta
situazione, l'istanza di Edens seguiva e segue necessariamente la sorte dei
restanti soggetti che la domanda avevano proposta ed erano rimaste assoggettate
alla descritta determinazione soprassessoria.
Del resto, l'assunto secondo cui l'istanza è stata da Edens prodotta solo
prudenzialmente (pag. 6 dell'atto introduttivo del giudizio) si colloca
all'interno della prospettazione processuale, senza risolutivi agganci a monte.
Ed infatti, a prescindere dalla diversità del soggetto titolare del pregresso
rapporto con il Comune di San Giorgio La Molara, che non viene meno a causa
della sopravvenuta fusione, in ogni caso dagli atti depositati da Edens si
ricava l'esistenza di una concessione per la durata di 29 anni (di cui all'atto
n. 48 del 24.7.1996) di aree di proprietà del Comune per la realizzazione di un
impianto eolico composto da 20 aerogeneratori di potenza pari a 10,5 MegaWatt e
la successiva approvazione, con delibera consiliare n. 2 del 7.2.2000, di uno
schema di convenzione prevedente l'installazione di 34 nuovi aerogeneratori per
la potenza complessiva di 20,5 MegaWatt (come è dato trarre dal dato inserito
nel deliberato, anche se Edens nel ricorso parla di una potenza di 30,5,
richiamando l’originaria concezione progettuale).
Senza che tale differenza rilevi ai fini di causa, è poi la stessa ricorrente a
precisare come all'ampliamento ipotizzato negli atti del 2000 non sia stato dato
corso (alcuna convenzione sia stata sottoscritta) per ragioni sia burocratiche
(interventi dell'Amministrazione provinciale) che tecniche (sviluppo di nuove
tecnologie comportanti la necessità di rimodulare la progettazione).
Nella descritta situazione, l'agevole conclusione è che non esisteva alcuna
posizione di diritto, che oggi Edens può far valere per sottrarsi al nuovo
regime.
Correttamente, nel rispetto della legge, essa ha invece richiesto
l'autorizzazione all'ampliamento, peraltro -ed è notazione di non poco rilievo-
per un impianto di potenza pari a 63 MegaWatt, ovvero ben superiore a quello di
potenza 10,5, solo autorizzato, e peraltro (ben superiore) a quello ipotizzato
(anche se) di potenza 30,5.
4.a- Ed agevole ancora è negare ingresso all'ulteriore profilo della doglianza.
A differenza di quanto ritiene Edens il problema della tutela del territorio e
della salvaguardia dell'ambiente rispetto ai realizzandi impianti si pone
pacificamente poichè la pregressa situazione, ovvero l'esistenza del Parco,
nelle ripetute ridotte dimensioni, non può evitare che si verifichi la
compatibilità ambientale delle nuove realizzazioni. Se pur il territorio
comunale non può esser definito vergine, non risulta che ciò sia avvenuto a
seguito di formali verifiche di compatibilità ambientale; esse, peraltro, non
potrebbero estendere la loro portata ultra vires e sottrarre l'ampliamento, oggi
da autorizzarsi, alle regole procedurali oggi disposte a salvaguardia del bene
ambientale.
Alla stregua di quanto fin qui detto, l'esaminata doglianza attorea va
rigettata, nella preannunciata conclusione che l'istanza di Edens è in tutto
assoggettata alla normativa in esecuzione della quale essa è stata presentata,
fermo che i fatti storici in una agli atti sopra evidenziati ed al grado di
aspettativa che ne consegue andranno tenuti in conto nelle assumende decisioni
dell'amministrazione.
5- Nei sensi appresso descritti deve invece trovare accoglimento il secondo
motivo di ricorso secondo il quale la determinazione impugnata, sostanziandosi
in una illegittima sospensione sine die dei procedimenti autorizzatori, viola
l'art. 12 del d.l.vo n. 387/2003, che prescrive la loro definizione entro sei
mesi dal momento di ricevimento dell'istanza.
Come innanzi ricordato, la decisione soprassessoria è stata assunta dalla
regione in adesione alla richiesta dell'amministrazione preposta alla tutela dei
vincoli paesaggistici e culturali; richiesta finalizzata -anche avuto conto del
rilevante numero di domande presentate (cfr., sul punto, pag. 4 della memoria
difensiva della regione Campania)- alla previa predisposizione di una generale e
puntuale disciplina per la localizzazione degli impianti in un'ottica
pianificatoria tesa a rendere effettiva la tutela dei beni
paesaggistico-culturali, protetti dal dettato costituzionale e, specificamente,
dall'art. 12 del decreto legislativo che disciplina la materia.
L’intesa (sia pur in senso atecnico) fra le due amministrazioni coinvolte in
posizione primaria nell'attuazione dell'art. 12 (vedi la prima parte del comma
3) in sè considerata non si presta a censure di sorta; anzi, senza che qui
rilevi la natura degli organi che hanno agito e quindi il contenitore
dell'intesa, intende comunque realizzare, al livello dato, quella necessitata
convergenza orizzontale (preliminare rispetto alle singole conferenze di servizi
deputate all’esame delle distinte domande) che costituisce il cardine della
giurisprudenza costituzionale chiamata a dirimere i conflitti di attribuzione
fra Stato e Regioni insorti nella materia di cui anche qui trattasi.
Il riferimento è alla pronuncia n. 6 del 2004, emessa su ricorso di alcune
regioni che denunciavano la compressione delle proprie competenze
costituzionali, operata dalla disciplina di dettaglio dei procedimenti
autorizzatori prevista in seno al decreto legge 7.2.2002, n. 7, convertito in
legge 9.4.2002, n. 55, recante misure urgenti per garantire la sicurezza del
sistema elettrico nazionale (c.detto decreto sblocca-centrali); disciplina poi
ripresa, nelle sue linee essenziali, dall'art. 12 del decreto legislativo qui
oggi in esame che agisce sempre nella materia energetica, ancorchè riguardo alla
specie: centrali eoliche.
La pronuncia (n. 6 del 2004 cit.) esalta infatti, ancor di più rispetto alle
precedenti statuizioni di cui alla sentenza n. 303 del 2003, l'intesa forte fra
Stato e regioni che deve supportare, in un coordinamento orizzontale, discipline
di procedimenti puntuali in materia devolute alla competenza legislativa
concorrente delle regioni, fra cui ricade (art. 117, secondo comma, lettera e)
la materia "produzione, trasporto e distribuzione dell'energia", come precisato
dal giudice delle leggi nella pronuncia richiamata.
Per quanto qui più interessa, la legittimità costituzionale della disciplina è
stata affermata poichè l'intesa a raggiungersi fra Stato e regioni ai sensi
della normativa aveva forza (durezza) tale da far sì che "il suo mancato
raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del
procedimento".
Il principio è stato poi riaffermato da Corte costituzionale 14 ottobre 2005, n.
383 in sede di scrutinio della legittimità costituzionale -posta in dubbio in
quanto anche qui sarebbe stata lesa la sfera di competenza regionale in materie
affidate alla competenza legislativa concorrente- di alcune disposizioni del
decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239 (recante anch’esso disposizioni urgenti per
la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di
potenza di energia elettrica), convertito, con modificazioni, nella legge 27
ottobre 2003, n. 290, nonché di altre disposizioni della legge 23 agosto 2004,
n. 239 (recante il riordino del settore energetico, nonché la delega al Governo
per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia).
Non è dubbio, si assume in quest'ultima pronuncia, che "nella materia
"produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia" la chiamata in
sussidiarietà da parte dello Stato dei poteri amministrativi di determinazione
delle linee generali di sviluppo della rete di trasmissione nazionale
dell'energia elettrica debba essere accompagnata dalla previsione di idonei
moduli collaborativi nella forma dell'intesa in senso forte fra gli organi
statali e la Conferenza unificata, rappresentativa dell'intera pluralità degli
enti regionali e locali. Analogamente si deve ritenere per i poteri statali
concernenti la determinazione dei criteri generali per le nuove concessioni di
distribuzione dell'energia elettrica e per il rilascio delle autorizzazioni
relative alle grandi centrali di produzione, per i quali non può essere ritenuto
sufficiente il semplice parere della Conferenza unificata previsto dalla norma
impugnata".
L'annoso problema del bilanciamento tra le esigenze di potenziamento del sistema
produttivo e quelle di tutela ambientale, legate all'impossibilità, in linea
generale, di ottenere energia senza incidere sull'ambiente, si traduce quindi,
sotto il profilo decisionale-operativo, nella necessità di un coordinamento
orizzontale fra le sfere di attribuzioni dello Stato e delle Regioni, non
dimenticando quella riconosciuta ai Comuni, a culminare in intese forti
Stato-Regioni, quali delineate dalla giurisprudenza costituzionale, da
riprodursi a valle, ove se ne presentino le occasioni, come ancora qui avvenuto.
E questo sia allorquando la legge statale riservi allo Stato le competenze al
rilascio delle autorizzazioni, sia quando, come qui accade, il legislatore
statale abbia individuato i percorsi affidando invece alle regioni o a soggetti
da esse delegati la competenza autorizzatoria.
5.a- Nondimeno, ciò non significa concludere anche per la legittimità
dell’intesa, e quindi del provvedimento regionale oggetto dell’impugnativa, per
la parte in cui, omettendo ogni fissazione di termini, si traduce nella
denunciata sospensione sine die dell’esame delle singole domande autorizzatorie,
a valle della definizione della disciplina.
L’avviso del Tribunale è nel senso che la legittima ed opportuna decisione di
dettare previamente una generale disciplina in ambito regionale ai fini
descritti non può tuttavia comportare una moratoria senza termini nell’esame
delle istanze. Conforto a tale conclusione si ritrae ancora dalla giurisprudenza
costituzionale.
Va premesso che il Collegio non ignora la pronuncia 10 febbraio 2006, n. 51 con
la quale è stato negato ingresso all'impugnativa proposta dal Presidente del
Consiglio dei Ministri di alcuni articoli della legge della regione Sardegna n.
8/2004, introdotti nell'ordinamento regionale "per la salvaguardia del
paesaggio, in funzione dei tempi occorrenti per l'approvazione di piani
paesaggistici regionali" e recanti lo specifico divieto, fino alla loro
approvazione, "di realizzazione di impianti di produzione di energia eolica
nell'intero territorio regionale": normativa quindi dichiaratamente
soprassessoria rispetto alle previsioni dell’art. 12 del d. l.vo n. 387 del 2003
e senza un ancoraggio temporale predefinito; ciò è avvenuto tuttavia con una
pronuncia di inammissibilità delle questioni proposte dalla Presidenza del
Consiglio, avuto riguardo allo Statuto speciale della regione Sardegna ed al
fatto che "il ricorrente muove dall'erroneo presupposto secondo cui la regione
Sardegna risulterebbe priva di potestà legislativa in tema di tutela
paesaggistica, omettendo conseguentemente di argomentare in base a quale titolo
la legislazione dello Stato in materia dovrebbe imporsi come limite per il
legislatore regionale…”.
Entrata invece, con la recentissima pronuncia 9 novembre 2006, n. 364, nel
merito della questione, riproposta dal Presidente del consiglio dei ministri per
denunciare questa volta analoghe previsioni moratorie della legge della regione
Puglia n. 9 /2005, la Corte ha statuito che “L’indicazione del termine,
contenuto nell’art. 12, comma 4, del d. l.vo n. 387/2003 deve qualificarsi quale
principio fondamentale in materia di «produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell’energia», in quanto tale disposizione risulta ispirata alle
regole della semplificazione amministrativa e della celerità garantendo, in modo
uniforme sull’intero territorio nazionale, la conclusione entro un termine
definito del procedimento autorizzativo”, con la conseguenza che “L’art. 1,
comma 1, della legge regionale impugnata, nella parte in cui sospende, fino
all’approvazione del piano energetico ambientale regionale e, comunque, fino al
30 giugno 2006, le procedure autorizzative presentate dopo il 31 maggio 2005 per
la realizzazione degli impianti eolici, si pone in contrasto con il suddetto
principio, in quanto, non essendo stato adottato il previsto piano, la
sospensione in tal modo disposta è superiore al termine fissato dal legislatore
statale”.
D’altra parte, può aggiungersi, il principio fissato dalla Consulta per le
situazioni esaminate nella materia in discorso non fa altro che riprodurre la
giurisprudenza della Corte quale, ad esempio, formatasi in sede di esame della
legittimità costituzionale dell'art. 87 del Codice delle comunicazioni; anche
lì, il giudice dei conflitti di attribuzione -in sede di scrutinio dei moduli di
definizione del procedimento ivi previsti e dell’introduzione dell’istituto del
silenzio assenso allo spirare del termine fissato per la pronuncia
dell’amministrazione (ancorchè temperato dalle specifiche previsioni in caso di
dissenso da parte di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, della
salute e del patrimonio storico-artistico), ritenuti di dettaglio dalle regioni
ricorrenti in quanto impedivano al legislatore regionale di prevedere modalità
di contemperamento delle esigenze di celerità del procedimento autorizzatorio
con le imprescindibili garanzie di tutela dell’ambiente, della salute e di
governo del territorio- ha concluso per la loro legittimità poichè informati
alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità ed espressivi
in quanto tali di un principio fondamentale di diretta derivazione comunitaria
teso a garantire un rapido sviluppo dell’intero sistema delle comunicazioni
elettroniche (C.C. n. 336 del 2005).
5.c- Tale situazione è esattamente quella anche qui data, con due differenze,
peraltro, di non secondario rilievo: la prima che qui non si è (neanche) di
fronte ad interventi del legislatore regionale e la seconda che l’art. 12 del d.
l.vo n. 387 in esame non prevede il silenzio assenso allo spirare del termine.
Ne consegue la preannunciata conclusione della fondatezza del mezzo di
impugnazione, laddove esso nega alla regione il potere di disporre una moratoria
sine die “dell’indizione delle conferenze di servizi sulle istanze avanti ad
essa pendenti, con ciò violando (rectius: eludendo) l’obbligo di dare
applicazione al d. l.vo 387” (pag. 14 dell’atto introduttivo del giudizio).
Alla luce di quanto fin qui argomentato con il supporto del riportato
orientamento della Corte Costituzionale, a detta conclusione non può infatti
essere validamente opposta la natura asseritamente non vanamente dilatoria del
termine od anche l’assunto che non si sarebbe in presenza di una sospensione
sine die, in quanto legata ad un avvenimento “futuro, ma certo qual è l’adozione
di una disciplina puntuale per la localizzazione degli impianti” (pag. 5 della
memoria della regione).
Anche a riconoscersi natura ordinatoria al termine individuato dall'art. 12 cit.,
argomentando dal fatto che alla sua scadenza infruttuosa la norma non ricollega
alcuna sanzione e tanto meno la decadenza dall'esercizio della relativa funzione
autorizzatoria, ciò non consente di conferire legittimità alla moratoria senza
termini qui disposta, non essendo affatto dato concludere, sulla scorta degli
atti, per l’esistenza di un termine futuro, ma certo.
6- Tanto deciso, per quanto attiene alla situazione concreta relativa ad Edens
va precisato che è tuttavia evidente che il perdurare del silenzio
dell'amministrazione (rispetto all'istanza presentata ed il cui iter
procedimentale è stato sospeso) non può che esser denunciato, nelle forme di
rito, attraverso i moduli processuali all'uopo previsti in grado di assicurare
pienezza di tutela nelle varie forme consentite dall'ordinamento.
7- Le considerazioni sopra sviluppate determinano l’accoglimento anche del terzo
motivo di ricorso poichè, in carenza delle linee guida nazionali da definirsi in
sede di Conferenza Stato-Regioni, poteva sì esser individuata la disciplina a
livello regionale di cui si è detto ma senza far luogo alla moratoria senza
termini, quale disposta.
8- Va invece negato ingresso al quarto mezzo di impugnazione, non potendo esser
predicati utilmente alcuna difformità di trattamento e difetto dei principi di
razionalità amministrativa.
Il Tribunale non sottovaluta il fatto che la determinazione di soprassedere
dall'indizione di ulteriori conferenze di servizi sia intervenuto dopo avere già
iniziato il percorso autorizzatorio di talune istanze, decidendo peraltro, a
quanto è dato comprendere, di portarlo a termine.
Nondimeno, la doglianza non può trovare accoglimento, poiché vi si frappone si
frappone la legittimità della decisione soprassessoria in sé considerata ed il
fatto che Edens non afferma che l'amministrazione abbia proceduto seguendo un
ordine di esame non corretto, ovvero, per intenderci, assicurando illegittimi
percorsi privilegiati a talune istanze; anzi, dalla sua prospettazione è dato
trarre il contrario, visto che essa sul punto si sorregge solo sull'assunto -che
non può esser condiviso- secondo cui la sua istanza avrebbe dovuto esser
riconosciuta come risalente al 1996 (data della convenzione con il Comune di San
Giorgio La Molara, di cui si è detto).
9- Il quinto ed ultimo mezzo di impugnazione va a sua volta rigettato, poichè, a
tacere della natura (organizzatoria-generale) dell'atto specifico di cui si
discute, l'art. 7 della l. 7 agosto 1990 n. 241 sulla comunicazione di avvio di
procedimento non è applicabile ai procedimenti avviati ad istanza di parte: osta
infatti a tale applicazione la finalità di non aggravare inutilmente il
procedimento, esigenza che collima con la ratio legislativa di tendere a
snellezza ed accelerazione dell'iter burocratico, mentre le esigenze di
partecipazione sono implicite nella stessa domanda di attivare il percorso
amministrativo necessario (da ultimo, per tutte, cfr. Tar Toscana, sez. I, 13
aprile 2006, n. 1200; Tar Campania Napoli, sez. IV, 21 febbraio 2006 , n. 2189).
10- Quanto alla domanda risarcitoria, all'esito delle conclusioni cui si è
pervenuti deve negarsene l'ingresso in questa sede poichè:
a- Edens non vantava alcun pregresso diritto al rilascio di un'autorizzazione
immediata, al di fuori della procedura in esecuzione del sopravvenuto disposto
normativo primario.
b- L'interesse pretensivo di cui è titolare è sì a tutela di un suo interesse
sostanziale, ma non può esser fatto valere allo stato, non essendo dato
prefigurare il prosieguo procedimentale e/o processuale, fermo peraltro, può
anticiparsi fin d’ora, che ove l’autorizzazione non avesse a poter esser
rilasciata per legittimi motivi, alcun danno, nemmeno da ritardo, potrà esser
riconosciuto, come a trarsi sul punto dalla recente decisione dell’adunanza
plenaria del Consiglio di Stato, 15 settembre 2005, n. 7.
c- Se pur vero che in tesi un danno da ritardo potrà comunque esser prefigurato,
anche in presenza di rilascio dell’autorizzazione, in relazione ai tempi di
attesa illegittimamente dilatati (e non anche rispetto ad altre inesistenti
illegittimità procedimentali, posto che, come sopra chiarito, l’esame
dell’istanza di Edens non è stato illegittimamente posposto) evidente che anche
rispetto a detto profilo risarcitorio necessita attendere il prosieguo e, al suo
interno, le iniziative procedimentali e processuali da attivarsi da Edens.
9- In definitiva, riannodando le fila, la domanda demolitoria va accolta nei
limiti della riconosciuta illegittimità della moratoria, in quanto disposta sine
die; quella risarcitoria va rigettata allo stato.
Le spese di giudizio vanno nondimeno compensate in ragione delle peculiarità
della vicenda, quale snodatasi nel tempo.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione settima, così
provvede sul ricorso in epigrafe:
a) accoglie nei limiti innanzi descritti la domanda di annullamento del
provvedimento regionale impugnato;
b) rigetta, allo stato, la domanda risarcitoria.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella Camera di consiglio del 15 novembre 2006.
dott. Francesco Guerriero, Presidente
dott. Arcangelo Monaciliuni, Consigliere, rel. est.
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