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TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VII, 5 dicembre 2006, sentenza n. 10412

 

Beni culturali e ambientali - Tutela del territorio - Impianti eolici - Bilanciamento tra le esigenze del sistema produttivo e quelle di tutela ambientale - Coordinamento orizzontale Stato-Regioni. Il problema del bilanciamento tra le esigenze di potenziamento del sistema produttivo e quelle di tutela ambientale (nella specie: impatto ambientale sul territorio degli impianti di energia eolica) si traduce, sotto il profilo decisionale-operativo, nella necessità di un coordinamento orizzontale fra le sfere di attribuzioni dello Stato e delle Regioni (e dei Comuni), come delineato dalla giurisprudenza costituzionale. E questo sia allorquando la legge statale riservi allo Stato le competenze al rilascio delle autorizzazioni, sia quando il legislatore statale abbia individuato i percorsi affidando invece alle regioni o a soggetti da esse delegati la competenza autorizzatoria. Pres. Guerriero, Est. Monaciliuni - E. s.p.a. (avv.ti Todarello, Colicchia e Marchi) c. Regione Campania (avv. de Gennaro) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 5 dicembre 2006, n. 10412

Beni culturali e ambientali - Tutela del territorio - Impianti eolici - Regione Campania - Moratoria sine die dell’esame delle istanze autorizzatorie - Illegittimità - Sent. Corte Cost. n. 364/2006. In tema di installazione di impianti per la produzione di energia eolica, è illegittima l’intesa Stato- Regione di sospensione sine die delle procedure autorizzatorie nelle more dell’approvazione del piano regionale per l’inserimento delle tecnologia eolica sul territorio. L’opportuna decisione di dettare previamente una generale disciplina in ambito regionale non può infatti comportare una moratoria senza termini nell’esame delle istanze (cfr. Sent. Corte Cost. n. 364/2006, per una previsione analoga nella legge della Regione Puglia). Pres. Guerriero, Est. Monaciliuni - E. s.p.a. (avv.ti Todarello, Colicchia e Marchi) c. Regione Campania (avv. de Gennaro) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 5 dicembre 2006, n. 10412

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER LA CAMPANIA - SEZIONE SETTIMA -


N. 10412/06 Reg. Sent.


composto dai Magistrati:


1) dr. Francesco Guerriero - Presidente
2) dr. Arcangelo Monaciliuni - Consigliere, rel., est.
3) dott. ssa Mariangela Caminiti - 1^ Referendario


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso n. 3920/2006 Reg. gen., proposto da Edison Energie Speciali s.p.a., con sede legale in Milano, Foro Bonaparte, n. 31, in persona del suo amministratore delegato e legale rappresentante p.t., ing. Francesco Del Balzo, rappresentata e difesa anche disgiuntamente, per mandato a margine dell'atto introduttivo del giudizio, dagli avv.ti Fabio Todarello e Massimo Colicchia del foro di Milano e dall'avv. Sonia Marchi del foro di Napoli, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultima, in Napoli, via Luca da Penne, n. 3


contro


la Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso, in virtù di procura generale ad lites e di decreto dirigenziale n. 307 del 28 giugno 2006 di nomina del difensore, dall'avv. Maria Vittoria de Gennaro dell'Avvocatura regionale, con domicilio eletto in Napoli, via S. Lucia, n. 81


e nei confronti


della società Gaia s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituitasi in giudizio


per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione,
- nella parte in cui dovesse essere ritenuta applicabile al progetto della ricorrente relativo al territorio di San Giorgio La Molara, della nota della Giunta regionale della Campania prot. n. 2006.0223604 del 9 marzo 2006, trasmessa alla ricorrente a mezzo fax il 15 marzo 2006, con cui si è inteso sospendere, nelle more dell'approvazione del "Disciplinare per il corretto inserimento della tecnologia eolica sul territorio regionale", l'indizione di "ulteriori Conferenze di servizi" sulle istanze avanzate dagli operatori ai sensi dell'art. 12, comma 3, del d. l.vo 387/2003 per l'autorizzazione alla costruzione ed all'esercizio di impianti eolici;
- di ogni altro provvedimento a questo preordinato, conseguente o comunque connesso, anche non conosciuto, di cui si chiede l'acquisizione in via istruttoria, con espressa riserva di motivi aggiunti


nonchè, per il risarcimento dei danni subiti
a causa dell'illegittimo ed arbitrario rallentamento dell'iter autorizzatorio


Visto il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione regionale intimata;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore il consigliere dott. Arcangelo Monaciliuni;
Uditi, alla pubblica udienza del 15 novembre 2006, i procuratori delle parti costituite, ivi presenti come da verbale di udienza;


Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


Fatto


La ricorrente, Edison Energie Speciali s.p.a., società del Gruppo Edison operante nel settore delle energie rinnovabili, tra le quali vi è quella eolica, espone di aver realizzato e di gestire, attraverso la sua controllata Parco Eolico San Giorgio s.r.l., sin dal 1998 un parco eolico della potenza complessiva di 10 MW nel territorio comunale di San Giorgio La Molara (BN).


Detto parco, prosegue l'esponente, in realtà era stato in origine concepito per una potenza complessiva di 30,5 MW, come si evince dagli elaborati grafici allegati alla convenzione stipulata in data 24 luglio 1996 tra detto Comune e la società controllata sopra descritta, anche se fu convenuto fra le parti di rimandare ad un secondo momento la realizzazione integrale dell'impianto per tutti i 30,5 MW.
Tale momento, sempre secondo la prospettazione attorea, sopravvenne nel 2000, allorquando il Consiglio comunale adottò la deliberazione n. 2 del 7 febbraio 2000 recante l'approvazione dello schema di convenzione per la messa a disposizione delle ulteriori aree necessarie per la posa in opera delle ulteriori 34 pale eoliche atte a raggiungere la potenza di 30,5 MW, già in origine prevista.


In presenza di detto atto, riferisce ancora parte ricorrente, venivano operati gli investimenti necessari, anche se non fu possibile concretizzare i comuni intendimenti, essendo sopravvenuta la necessità di rimodulare il progetto per ragioni tecniche.


Nel frattempo, entrato in vigore il decreto legislativo n. 387 del 2003 che attribuiva alle Regioni la competenza ad autorizzare gli impianti da fonti energetiche rinnovabili, Edison Energie Speciali, il 12 dicembre 2005, "in via prudenziale riteneva opportuno inoltrare alla regione istanza di autorizzazione per la realizzazione del completamento dell'impianto già esistente".


Se non che la Regione, in data 9 marzo 2006 emanava la nota prot. n. 2006.0223604 con cui, in adesione alla proposta avanzata dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania, nelle more dell'approvazione del "Disciplinare per il corretto inserimento della tecnologia eolica sul territorio regionale", da definirsi tenendo conto dell'impatto ambientale di siffatti impianti, veniva sospesa l'indizione di "ulteriori Conferenze di servizi" sulle istanze avanzate dagli operatori ai sensi dell'art. 12, comma 3, del d. l.vo 387/2003 per l'autorizzazione alla costruzione ed all'esercizio di impianti eolici.


Per l'ipotesi che detta nota, trasmessa anche alla ripetuta società Edison Energie Speciali, debba ritenersi applicabile anche nei suoi confronti, è stato quindi proposto il ricorso in esame, teso ad ottenerne l'annullamento giurisdizionale.


Il gravame è affidato a cinque motivi di ricorso, volti a denunciarne, nell'ordine, l'illegittimità per:


1) eccesso di potere per travisamento dei fatti, mancanza del presupposto, difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà ove la Edison Energie Speciali avesse a doversi ritenere destinataria della nota impugnata (ove, cioè, non le fosse stata inviata per mero errore), poichè in siffatta evenienza illegittimamente non si sarebbe tenuto conto delle circostanze sopra indicate, ossia del comune intendimento fra amministrazione pubblica ed Edison di far luogo a successivi ampliamenti del rapporto già in essere e, quindi, del fatto che alcun impatto lo stesso (ampliamento) potrebbe avere sul territorio, già adibito a parco eolico;


2) violazione dell'art. 12, commi 3 e 4 del d. l.vo 387/2003, del Protocollo di Kyoto e carenza di potere, in presenza di una sospensione sine die a fronte del coacervo normativo calendato secondo cui nell'arco di sei mesi dal momento di ricevimento dell'istanza la procedura di autorizzazione deve essere definita;


3) violazione dell'art. 12, comma 10, del d. l.vo 387/2003 ed ancora carenza di potere, poichè il potere delle regioni di indicare le aree ed i siti non idonei alle installazioni di che trattasi può essere esercitato solo a seguito dell'emanazione delle linee guida demandate alla Conferenza Stato-regioni, nel mentre, nelle more, deve procedersi nel rispetto dei termini fissati e dallo stesso decreto n. 387 e dalla l. n. 241 del 1990;


4) violazione del canone della parità di trattamento, difetto di istruttoria, del principio di razionalità amministrativa, contraddittorietà ed illogicità, in presenza di conferenze di servizi che invece stanno per concludersi, ancorchè riferite a progetti concepiti ben dopo il 1996 (epoca cui risale quello di Edens, sempre secondo la sua prospettazione);


5) violazione dell'art. 7 della legge n. 241/1990 e del principio di buon andamento in carenza di preventivo avviso agli istanti, ed in particolare ad Edens, degli intendimenti dell'amministrazione.


L'intimata regione Campania si è costituita in giudizio per resistere alla pretesa, della quale ha chiesto il rigetto nell'assunto di aver legittimamente emanato l'atto soprassessorio in presenza di circa duecento istanze, alla cui valutazione non poteva farsi luogo se non che in un contesto unitario da predefinirsi d'intesa con l'amministrazione preposta alla difesa dei vincoli paesaggistici. Nè potrebbe parlarsi di sospensione sine die, in presenza di necessità istruttorie non pretestuose e (in presenza quindi) di un termine legato alla (certa) adozione del disciplinare. Quanto agli assunti in ordine alle pregresse circostanze di fatto e di diritto ed alle invocate refluenze ad oggi, la regione rileva come sia stata la società oggi ricorrente ad attivare il procedimento autorizzatorio invece che utilizzare la pregressa disciplina di cui alla legge 9/1991, che prevedeva solo l'obbligo di comunicazione.


In data 19 ottobre 2006, la difesa attorea ha depositato atto di fusione fra la Edison Energie Speciali s.p.a. e le s.r.l. Parco Eolico Foiano, Parco Eolico San Giorgio e Parco Eolico Faeto, che vede la prima, ossia l'odierna ricorrente, incorporare le restanti.


Con memoria depositata il 2 novembre 2006, parte ricorrente ha insistito sulle già esposte tesi e conclusioni, in particolare evidenziando come ancora a tutt'oggi non fosse sopravvenuta l'approvazione delle linee guida.


Alla pubblica udienza del 15 novembre 2006, il ricorso è stato trattenuto in decisione, presenti i procuratori delle parti costituite.


Diritto


1- La controversia in esame oppone Edison Energie Speciali s.p.a. alla regione Campania che, in data 9 marzo 2006, ha emanato la determinazione prot. n. 2006.0223604 con cui, in adesione alla proposta avanzata dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania, nelle more dell'approvazione del "Disciplinare per il corretto inserimento della tecnologia eolica sul territorio regionale" da definirsi tenendo conto dell'impatto ambientale degli impianti di produzione elettrica a mezzo di tecnologia eolica, ha sospeso l'indizione di ulteriori conferenze di servizi per l'esame delle istanze prodotte per conseguire l'autorizzazione alla costruzione ed all'esercizio di impianti eolici, quali avanzate ai sensi dell'art. 12, comma 3, del d. l.vo 387/2003.
Detta decisione soprassessoria è stata impugnata dalla indicata società che ne predica l'illegittimità, se ed ove la stessa avesse ad esser ritenuta applicabile anche agli impianti di suo interesse da realizzarsi nel territorio del Comune di San Giorgio La Molara (Bn).


2- Ciò premesso, va dato atto che la sopravvenuta fusione fra la s.p.a. Edison Energie Speciali e le ss.rr.ll. Parco Eolico Foiano, Parco Eolico San Giorgio e Parco Eolico Faeto non incide sul processo in corso, in quanto la ricorrente Edison Energie Speciali risulta essere la società incorporante; il che esclude che possa ipotizzarsi un'interruzione del processo, come per il contrario caso in cui parte ricorrente fosse stata una delle società incorporate (cfr., da ultimo, Cass. 1^, 24.32006, n. 6686).
E' evidente, peraltro, che l'atto di fusione è stato depositato da Edison Energie Speciali (d'ora in avanti Edens, come da sintesi dalla medesima effettuata) al solo fine di comprovare ulteriormente il legame fra essa ricorrente e la Parco Eolico San Giorgio, già sua controllata e titolare del pregresso rapporto con il Comune di San Giorgio La Molara (Bn), di cui si è detto in narrativa e si dirà in avanti.


3- Tanto precisato in rito, prima di procedere con l'esame delle singole doglianze attoree è il caso di dar conto delle specifiche previsioni dell'art. 12 del d.l.vo 29 dicembre 2003, n. 387, di cui è denunciata la violazione.
Orbene, il decreto reca l'attuazione della direttiva comunitaria 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità e, nel suo seno, l'art. 12 disciplina la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione degli impianti a tanto destinati.
Quest'ultimo, dopo aver qualificate di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti le opere per la realizzazione di siffatti impianti (comma 1), assoggetta al regime autorizzatorio sia la costruzione e l'esercizio degli stessi che gli interventi di modifica, potenziamento e rifacimento, sempre dei medesimi (comma 3).
Più nel dettaglio, la norma parla di "un'autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico", prevedendo quindi "a tal fine" la convocazione "a cura della regione ed entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione, di una conferenza di servizi" (sempre comma 3).
Il successivo comma 4 precisa poi che "l'autorizzazione di cui al comma 3" è rilasciata "a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate ...." e che "..il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni".
Infine il comma 10 -per lo svolgimento del procedimento di cui si è fin qui detto ed allo scopo di assicurare il corretto inserimento degli impianti, "con specifico riguardo a quelli eolici", nel paesaggio- ha previsto l'emanazione "di linee guida" da parte della Conferenza unificata -su proposta del Ministro delle attività produttive (oggi, ex l. 17 luglio 2006, n. 233 dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali- "in attuazione delle quali le regioni possono procedere all'indicazione di aree e siti non idonei all'installazione di specifiche tipologie di impianti".


4- Con il primo motivo di ricorso Edens sostiene che, alla sopravvenienza del decreto legislativo n. 387 del 2003, non avrebbe avuto l'onere di produrre la domanda di autorizzazione, proposta "per la costruzione dell'ampliamento dell'impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili "La Montagna Noceverde - M. Lipi ed altre", sito nel Comune di San Giorgio La Molara (Bn) di potenza prevista pari a 63 MW", in considerazione dei pregressi rapporti instaurati con il Comune di San Giorgio La Molara e quindi del comune intendimento di far luogo all'ampliamento dell'impianto già esistente sul territorio comunale al verificarsi delle condizioni tecniche che lo avessero reso possibile.
L'effetto delle sopravvenienze normative rispetto alla posizione vantata da Edens si tradurrebbe nel mero trasferimento del rapporto dal Comune alla regione, divenuta competente al rilascio dell'autorizzazione; nè, quanto al merito della vicenda, potrebbe porsi un problema di tutela del territorio e di salvaguardia dell'ambiente (e quindi di soprassessoria, costituente l'id est della determinazione regionale impugnata) rispetto agli impianti di Edens che non ricadono su di un territorio "per così dire vergine, ma già adibito a Parco eolico e dunque, di per sè, idoneo...".
Tale prospettazione non può esser condivisa.
In primo luogo, ha facile gioco la resistente regione Campania ad eccepire che è stata Edens a produrre l'istanza di autorizzazione imposta dalla normativa sopravvenuta, senza invece avvalersi della procedura di comunicazione di cui alla pregressa normativa (art. 22 della l. 9/1991), nel caso applicabile a seguirsi la tesi oggi prospettata secondo la quale gli atti descritti e quindi il comune intendimento (della società Parco Eolico San Giorgio e del Comune di San Giorgio La Molara) di realizzare in appresso impianti più avanzati sarebbe stato sufficiente alla bisogna rendendo non necessaria l'autorizzazione unica, da rilasciarsi dalla regione all'esito del descritto procedimento, imposta dalla normativa sopravvenuta.
E con la regione deve quindi convenirsi sul corollario che, in siffatta situazione, l'istanza di Edens seguiva e segue necessariamente la sorte dei restanti soggetti che la domanda avevano proposta ed erano rimaste assoggettate alla descritta determinazione soprassessoria.
Del resto, l'assunto secondo cui l'istanza è stata da Edens prodotta solo prudenzialmente (pag. 6 dell'atto introduttivo del giudizio) si colloca all'interno della prospettazione processuale, senza risolutivi agganci a monte.
Ed infatti, a prescindere dalla diversità del soggetto titolare del pregresso rapporto con il Comune di San Giorgio La Molara, che non viene meno a causa della sopravvenuta fusione, in ogni caso dagli atti depositati da Edens si ricava l'esistenza di una concessione per la durata di 29 anni (di cui all'atto n. 48 del 24.7.1996) di aree di proprietà del Comune per la realizzazione di un impianto eolico composto da 20 aerogeneratori di potenza pari a 10,5 MegaWatt e la successiva approvazione, con delibera consiliare n. 2 del 7.2.2000, di uno schema di convenzione prevedente l'installazione di 34 nuovi aerogeneratori per la potenza complessiva di 20,5 MegaWatt (come è dato trarre dal dato inserito nel deliberato, anche se Edens nel ricorso parla di una potenza di 30,5, richiamando l’originaria concezione progettuale).
Senza che tale differenza rilevi ai fini di causa, è poi la stessa ricorrente a precisare come all'ampliamento ipotizzato negli atti del 2000 non sia stato dato corso (alcuna convenzione sia stata sottoscritta) per ragioni sia burocratiche (interventi dell'Amministrazione provinciale) che tecniche (sviluppo di nuove tecnologie comportanti la necessità di rimodulare la progettazione).
Nella descritta situazione, l'agevole conclusione è che non esisteva alcuna posizione di diritto, che oggi Edens può far valere per sottrarsi al nuovo regime.
Correttamente, nel rispetto della legge, essa ha invece richiesto l'autorizzazione all'ampliamento, peraltro -ed è notazione di non poco rilievo- per un impianto di potenza pari a 63 MegaWatt, ovvero ben superiore a quello di potenza 10,5, solo autorizzato, e peraltro (ben superiore) a quello ipotizzato (anche se) di potenza 30,5.


4.a- Ed agevole ancora è negare ingresso all'ulteriore profilo della doglianza.
A differenza di quanto ritiene Edens il problema della tutela del territorio e della salvaguardia dell'ambiente rispetto ai realizzandi impianti si pone pacificamente poichè la pregressa situazione, ovvero l'esistenza del Parco, nelle ripetute ridotte dimensioni, non può evitare che si verifichi la compatibilità ambientale delle nuove realizzazioni. Se pur il territorio comunale non può esser definito vergine, non risulta che ciò sia avvenuto a seguito di formali verifiche di compatibilità ambientale; esse, peraltro, non potrebbero estendere la loro portata ultra vires e sottrarre l'ampliamento, oggi da autorizzarsi, alle regole procedurali oggi disposte a salvaguardia del bene ambientale.
Alla stregua di quanto fin qui detto, l'esaminata doglianza attorea va rigettata, nella preannunciata conclusione che l'istanza di Edens è in tutto assoggettata alla normativa in esecuzione della quale essa è stata presentata, fermo che i fatti storici in una agli atti sopra evidenziati ed al grado di aspettativa che ne consegue andranno tenuti in conto nelle assumende decisioni dell'amministrazione.


5- Nei sensi appresso descritti deve invece trovare accoglimento il secondo motivo di ricorso secondo il quale la determinazione impugnata, sostanziandosi in una illegittima sospensione sine die dei procedimenti autorizzatori, viola l'art. 12 del d.l.vo n. 387/2003, che prescrive la loro definizione entro sei mesi dal momento di ricevimento dell'istanza.
Come innanzi ricordato, la decisione soprassessoria è stata assunta dalla regione in adesione alla richiesta dell'amministrazione preposta alla tutela dei vincoli paesaggistici e culturali; richiesta finalizzata -anche avuto conto del rilevante numero di domande presentate (cfr., sul punto, pag. 4 della memoria difensiva della regione Campania)- alla previa predisposizione di una generale e puntuale disciplina per la localizzazione degli impianti in un'ottica pianificatoria tesa a rendere effettiva la tutela dei beni paesaggistico-culturali, protetti dal dettato costituzionale e, specificamente, dall'art. 12 del decreto legislativo che disciplina la materia.
L’intesa (sia pur in senso atecnico) fra le due amministrazioni coinvolte in posizione primaria nell'attuazione dell'art. 12 (vedi la prima parte del comma 3) in sè considerata non si presta a censure di sorta; anzi, senza che qui rilevi la natura degli organi che hanno agito e quindi il contenitore dell'intesa, intende comunque realizzare, al livello dato, quella necessitata convergenza orizzontale (preliminare rispetto alle singole conferenze di servizi deputate all’esame delle distinte domande) che costituisce il cardine della giurisprudenza costituzionale chiamata a dirimere i conflitti di attribuzione fra Stato e Regioni insorti nella materia di cui anche qui trattasi.
Il riferimento è alla pronuncia n. 6 del 2004, emessa su ricorso di alcune regioni che denunciavano la compressione delle proprie competenze costituzionali, operata dalla disciplina di dettaglio dei procedimenti autorizzatori prevista in seno al decreto legge 7.2.2002, n. 7, convertito in legge 9.4.2002, n. 55, recante misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale (c.detto decreto sblocca-centrali); disciplina poi ripresa, nelle sue linee essenziali, dall'art. 12 del decreto legislativo qui oggi in esame che agisce sempre nella materia energetica, ancorchè riguardo alla specie: centrali eoliche.
La pronuncia (n. 6 del 2004 cit.) esalta infatti, ancor di più rispetto alle precedenti statuizioni di cui alla sentenza n. 303 del 2003, l'intesa forte fra Stato e regioni che deve supportare, in un coordinamento orizzontale, discipline di procedimenti puntuali in materia devolute alla competenza legislativa concorrente delle regioni, fra cui ricade (art. 117, secondo comma, lettera e) la materia "produzione, trasporto e distribuzione dell'energia", come precisato dal giudice delle leggi nella pronuncia richiamata.
Per quanto qui più interessa, la legittimità costituzionale della disciplina è stata affermata poichè l'intesa a raggiungersi fra Stato e regioni ai sensi della normativa aveva forza (durezza) tale da far sì che "il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento".
Il principio è stato poi riaffermato da Corte costituzionale 14 ottobre 2005, n. 383 in sede di scrutinio della legittimità costituzionale -posta in dubbio in quanto anche qui sarebbe stata lesa la sfera di competenza regionale in materie affidate alla competenza legislativa concorrente- di alcune disposizioni del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239 (recante anch’esso disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica), convertito, con modificazioni, nella legge 27 ottobre 2003, n. 290, nonché di altre disposizioni della legge 23 agosto 2004, n. 239 (recante il riordino del settore energetico, nonché la delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia).
Non è dubbio, si assume in quest'ultima pronuncia, che "nella materia "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia" la chiamata in sussidiarietà da parte dello Stato dei poteri amministrativi di determinazione delle linee generali di sviluppo della rete di trasmissione nazionale dell'energia elettrica debba essere accompagnata dalla previsione di idonei moduli collaborativi nella forma dell'intesa in senso forte fra gli organi statali e la Conferenza unificata, rappresentativa dell'intera pluralità degli enti regionali e locali. Analogamente si deve ritenere per i poteri statali concernenti la determinazione dei criteri generali per le nuove concessioni di distribuzione dell'energia elettrica e per il rilascio delle autorizzazioni relative alle grandi centrali di produzione, per i quali non può essere ritenuto sufficiente il semplice parere della Conferenza unificata previsto dalla norma impugnata".
L'annoso problema del bilanciamento tra le esigenze di potenziamento del sistema produttivo e quelle di tutela ambientale, legate all'impossibilità, in linea generale, di ottenere energia senza incidere sull'ambiente, si traduce quindi, sotto il profilo decisionale-operativo, nella necessità di un coordinamento orizzontale fra le sfere di attribuzioni dello Stato e delle Regioni, non dimenticando quella riconosciuta ai Comuni, a culminare in intese forti Stato-Regioni, quali delineate dalla giurisprudenza costituzionale, da riprodursi a valle, ove se ne presentino le occasioni, come ancora qui avvenuto.
E questo sia allorquando la legge statale riservi allo Stato le competenze al rilascio delle autorizzazioni, sia quando, come qui accade, il legislatore statale abbia individuato i percorsi affidando invece alle regioni o a soggetti da esse delegati la competenza autorizzatoria.


5.a- Nondimeno, ciò non significa concludere anche per la legittimità dell’intesa, e quindi del provvedimento regionale oggetto dell’impugnativa, per la parte in cui, omettendo ogni fissazione di termini, si traduce nella denunciata sospensione sine die dell’esame delle singole domande autorizzatorie, a valle della definizione della disciplina.
L’avviso del Tribunale è nel senso che la legittima ed opportuna decisione di dettare previamente una generale disciplina in ambito regionale ai fini descritti non può tuttavia comportare una moratoria senza termini nell’esame delle istanze. Conforto a tale conclusione si ritrae ancora dalla giurisprudenza costituzionale.
Va premesso che il Collegio non ignora la pronuncia 10 febbraio 2006, n. 51 con la quale è stato negato ingresso all'impugnativa proposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri di alcuni articoli della legge della regione Sardegna n. 8/2004, introdotti nell'ordinamento regionale "per la salvaguardia del paesaggio, in funzione dei tempi occorrenti per l'approvazione di piani paesaggistici regionali" e recanti lo specifico divieto, fino alla loro approvazione, "di realizzazione di impianti di produzione di energia eolica nell'intero territorio regionale": normativa quindi dichiaratamente soprassessoria rispetto alle previsioni dell’art. 12 del d. l.vo n. 387 del 2003 e senza un ancoraggio temporale predefinito; ciò è avvenuto tuttavia con una pronuncia di inammissibilità delle questioni proposte dalla Presidenza del Consiglio, avuto riguardo allo Statuto speciale della regione Sardegna ed al fatto che "il ricorrente muove dall'erroneo presupposto secondo cui la regione Sardegna risulterebbe priva di potestà legislativa in tema di tutela paesaggistica, omettendo conseguentemente di argomentare in base a quale titolo la legislazione dello Stato in materia dovrebbe imporsi come limite per il legislatore regionale…”.
Entrata invece, con la recentissima pronuncia 9 novembre 2006, n. 364, nel merito della questione, riproposta dal Presidente del consiglio dei ministri per denunciare questa volta analoghe previsioni moratorie della legge della regione Puglia n. 9 /2005, la Corte ha statuito che “L’indicazione del termine, contenuto nell’art. 12, comma 4, del d. l.vo n. 387/2003 deve qualificarsi quale principio fondamentale in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», in quanto tale disposizione risulta ispirata alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità garantendo, in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, la conclusione entro un termine definito del procedimento autorizzativo”, con la conseguenza che “L’art. 1, comma 1, della legge regionale impugnata, nella parte in cui sospende, fino all’approvazione del piano energetico ambientale regionale e, comunque, fino al 30 giugno 2006, le procedure autorizzative presentate dopo il 31 maggio 2005 per la realizzazione degli impianti eolici, si pone in contrasto con il suddetto principio, in quanto, non essendo stato adottato il previsto piano, la sospensione in tal modo disposta è superiore al termine fissato dal legislatore statale”.
D’altra parte, può aggiungersi, il principio fissato dalla Consulta per le situazioni esaminate nella materia in discorso non fa altro che riprodurre la giurisprudenza della Corte quale, ad esempio, formatasi in sede di esame della legittimità costituzionale dell'art. 87 del Codice delle comunicazioni; anche lì, il giudice dei conflitti di attribuzione -in sede di scrutinio dei moduli di definizione del procedimento ivi previsti e dell’introduzione dell’istituto del silenzio assenso allo spirare del termine fissato per la pronuncia dell’amministrazione (ancorchè temperato dalle specifiche previsioni in caso di dissenso da parte di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, della salute e del patrimonio storico-artistico), ritenuti di dettaglio dalle regioni ricorrenti in quanto impedivano al legislatore regionale di prevedere modalità di contemperamento delle esigenze di celerità del procedimento autorizzatorio con le imprescindibili garanzie di tutela dell’ambiente, della salute e di governo del territorio- ha concluso per la loro legittimità poichè informati alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità ed espressivi in quanto tali di un principio fondamentale di diretta derivazione comunitaria teso a garantire un rapido sviluppo dell’intero sistema delle comunicazioni elettroniche (C.C. n. 336 del 2005).


5.c- Tale situazione è esattamente quella anche qui data, con due differenze, peraltro, di non secondario rilievo: la prima che qui non si è (neanche) di fronte ad interventi del legislatore regionale e la seconda che l’art. 12 del d. l.vo n. 387 in esame non prevede il silenzio assenso allo spirare del termine.
Ne consegue la preannunciata conclusione della fondatezza del mezzo di impugnazione, laddove esso nega alla regione il potere di disporre una moratoria sine die “dell’indizione delle conferenze di servizi sulle istanze avanti ad essa pendenti, con ciò violando (rectius: eludendo) l’obbligo di dare applicazione al d. l.vo 387” (pag. 14 dell’atto introduttivo del giudizio).
Alla luce di quanto fin qui argomentato con il supporto del riportato orientamento della Corte Costituzionale, a detta conclusione non può infatti essere validamente opposta la natura asseritamente non vanamente dilatoria del termine od anche l’assunto che non si sarebbe in presenza di una sospensione sine die, in quanto legata ad un avvenimento “futuro, ma certo qual è l’adozione di una disciplina puntuale per la localizzazione degli impianti” (pag. 5 della memoria della regione).
Anche a riconoscersi natura ordinatoria al termine individuato dall'art. 12 cit., argomentando dal fatto che alla sua scadenza infruttuosa la norma non ricollega alcuna sanzione e tanto meno la decadenza dall'esercizio della relativa funzione autorizzatoria, ciò non consente di conferire legittimità alla moratoria senza termini qui disposta, non essendo affatto dato concludere, sulla scorta degli atti, per l’esistenza di un termine futuro, ma certo.


6- Tanto deciso, per quanto attiene alla situazione concreta relativa ad Edens va precisato che è tuttavia evidente che il perdurare del silenzio dell'amministrazione (rispetto all'istanza presentata ed il cui iter procedimentale è stato sospeso) non può che esser denunciato, nelle forme di rito, attraverso i moduli processuali all'uopo previsti in grado di assicurare pienezza di tutela nelle varie forme consentite dall'ordinamento.


7- Le considerazioni sopra sviluppate determinano l’accoglimento anche del terzo motivo di ricorso poichè, in carenza delle linee guida nazionali da definirsi in sede di Conferenza Stato-Regioni, poteva sì esser individuata la disciplina a livello regionale di cui si è detto ma senza far luogo alla moratoria senza termini, quale disposta.


8- Va invece negato ingresso al quarto mezzo di impugnazione, non potendo esser predicati utilmente alcuna difformità di trattamento e difetto dei principi di razionalità amministrativa.
Il Tribunale non sottovaluta il fatto che la determinazione di soprassedere dall'indizione di ulteriori conferenze di servizi sia intervenuto dopo avere già iniziato il percorso autorizzatorio di talune istanze, decidendo peraltro, a quanto è dato comprendere, di portarlo a termine.
Nondimeno, la doglianza non può trovare accoglimento, poiché vi si frappone si frappone la legittimità della decisione soprassessoria in sé considerata ed il fatto che Edens non afferma che l'amministrazione abbia proceduto seguendo un ordine di esame non corretto, ovvero, per intenderci, assicurando illegittimi percorsi privilegiati a talune istanze; anzi, dalla sua prospettazione è dato trarre il contrario, visto che essa sul punto si sorregge solo sull'assunto -che non può esser condiviso- secondo cui la sua istanza avrebbe dovuto esser riconosciuta come risalente al 1996 (data della convenzione con il Comune di San Giorgio La Molara, di cui si è detto).


9- Il quinto ed ultimo mezzo di impugnazione va a sua volta rigettato, poichè, a tacere della natura (organizzatoria-generale) dell'atto specifico di cui si discute, l'art. 7 della l. 7 agosto 1990 n. 241 sulla comunicazione di avvio di procedimento non è applicabile ai procedimenti avviati ad istanza di parte: osta infatti a tale applicazione la finalità di non aggravare inutilmente il procedimento, esigenza che collima con la ratio legislativa di tendere a snellezza ed accelerazione dell'iter burocratico, mentre le esigenze di partecipazione sono implicite nella stessa domanda di attivare il percorso amministrativo necessario (da ultimo, per tutte, cfr. Tar Toscana, sez. I, 13 aprile 2006, n. 1200; Tar Campania Napoli, sez. IV, 21 febbraio 2006 , n. 2189).


10- Quanto alla domanda risarcitoria, all'esito delle conclusioni cui si è pervenuti deve negarsene l'ingresso in questa sede poichè:


a- Edens non vantava alcun pregresso diritto al rilascio di un'autorizzazione immediata, al di fuori della procedura in esecuzione del sopravvenuto disposto normativo primario.


b- L'interesse pretensivo di cui è titolare è sì a tutela di un suo interesse sostanziale, ma non può esser fatto valere allo stato, non essendo dato prefigurare il prosieguo procedimentale e/o processuale, fermo peraltro, può anticiparsi fin d’ora, che ove l’autorizzazione non avesse a poter esser rilasciata per legittimi motivi, alcun danno, nemmeno da ritardo, potrà esser riconosciuto, come a trarsi sul punto dalla recente decisione dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 15 settembre 2005, n. 7.


c- Se pur vero che in tesi un danno da ritardo potrà comunque esser prefigurato, anche in presenza di rilascio dell’autorizzazione, in relazione ai tempi di attesa illegittimamente dilatati (e non anche rispetto ad altre inesistenti illegittimità procedimentali, posto che, come sopra chiarito, l’esame dell’istanza di Edens non è stato illegittimamente posposto) evidente che anche rispetto a detto profilo risarcitorio necessita attendere il prosieguo e, al suo interno, le iniziative procedimentali e processuali da attivarsi da Edens.


9- In definitiva, riannodando le fila, la domanda demolitoria va accolta nei limiti della riconosciuta illegittimità della moratoria, in quanto disposta sine die; quella risarcitoria va rigettata allo stato.


Le spese di giudizio vanno nondimeno compensate in ragione delle peculiarità della vicenda, quale snodatasi nel tempo.


P.Q.M.


Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione settima, così provvede sul ricorso in epigrafe:


a) accoglie nei limiti innanzi descritti la domanda di annullamento del provvedimento regionale impugnato;
b) rigetta, allo stato, la domanda risarcitoria.


Compensa le spese di giudizio.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


Così deciso in Napoli nella Camera di consiglio del 15 novembre 2006.

dott. Francesco Guerriero, Presidente
dott. Arcangelo Monaciliuni, Consigliere, rel. est.
 


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