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TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. IV, 10 novembre 2006, sentenza n. 9458

 

Urbanistica - Lottizzazione abusiva - Rilascio di concessione edilizia ex ante o in via di sanatoria - Effetti sananti - Esclusione - Applicabilità della sospensione ex art. 44 L. 47/1985 al procedimento sanzionatorio - Esclusione. Il rilascio di una concessione edilizia, sia ex ante, in presenza di concessioni edilizie già rilasciate, sia successivamente, in presenza di concessioni rilasciate in via di sanatoria non può avere alcun rilievo sanante sulla lottizzazione abusiva, atteso che gli interessi alla cui tutela i rispettivi procedimenti sono destinati - quello relativo alla contestata lottizzazione ed i procedimenti pendenti in presenza di domande di sanatoria - sono del tutto distinti. Il procedimento di lottizzazione è riferibile infatti alla tutela e conservazione delle destinazioni pubblicisticamente impresse dagli strumenti urbanistici ad una determinato terreno, che non tollerano di essere vanificate per illecite finalità di edificazione (art. 18 l. n. 47/1985), mentre gli altri sono destinati a far conseguire la sanatoria a singole opere necessitanti di concessione edilizia per la loro realizzazione. Ove manchi la specifica autorizzazione a lottizzare, pertanto, la lottizzazione abusiva sussite e deve essere sanzionata anche se, per le singole opere facenti parte di tale lottizzazione, sia stata rilasciata una concessione edilizia. L’autonomia dei procedimenti sanzionatori in questione induce ad escludere l’applicabilità della sospensione ex art. 44 della legge n. 47/1985, posto che la sospensione dei procedimenti ivi prevista non può che riferirsi alle misure sanzionatorie relative agli abusi suscettibili di sanatoria e/o di condono, ove, nel caso di presentazione della relativa istanza entro i termini, la sospensione del procedimento è strumentale a preservare l’interesse dell’istante a veder definito il procedimento instaurato e di evitare che la messa in esecuzione di un provvedimento di ripristino vanifichi del tutto il suo interesse legittimo a vedere definita la domanda di sanatoria (Cass. Pen. Sez. III, 18.11.1997 n. 3900). Pres. D’Alessio, Est. Ianigro - C.M.R. e altro (avv.ti Vanore e Cirillo) c. Comune di Napoli (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons D’Oranges, Andreottola, Carpentieri, Crimaldi, Cuomo, Furnari, Pizza, Pulcini, Ricci) riunito ad altri - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. IV - 10 novembre 2006, n. 9458

Urbanistica - Lottizzazione abusiva - Ordine di sospensione - Previa comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Atto cautelare di natura vincolata - Irrilevanza - Apporto partecipativo del privato - Vizio emendabile ex art. 21 octie L. 241/90 - Fattispecie. La previa comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della L. 241/90, deve ritenersi necessaria anche rispetto ad un atto cautelare di natura vincolata, qual è l’ordine di sospensione di una lottizzazione abusiva. La natura vincolata non è di per sé sufficiente ad escludere che l’Amministrazione sia gravata degli oneri partecipativi di cui alla legge n.241/90 (Consiglio di Stato, 23/4/98, n.474; Consiglio di Stato, 7/11/2001, n.5718), in quanto l’assenza di ogni profilo di discrezionalità non implica pure che l’Autorità non sia comunque tenuta a porre in essere un’attività di approfondito accertamento dei presupposti del provvedimento da adottare, al quale anche il privato possa utilmente cooperare, attraverso la prospettazione di fatti e argomenti a suo favore, particolarmente quando, come nell’ipotesi di lottizzazione abusiva, gli elementi da valutare, siano molteplici e di varia natura e debbano essere univoci e gravi. Tuttavia, ai sensi dell’art. 21 octies della legge 241/1990, come innovata dalla legge n. 15/2005, il vizio di omessa comunicazione appartiene alla categoria dei vizi emendabili, per cui l’annullabilità degli atti impugnati è preclusa laddove risulti palese che il contenuto del provvedimento non poteva essere diverso. Sicchè, con riferimento all’ipotesi di specie, non trova applicazione la sanatoria ex art. 21 octies nei confronti di coloro che, non avendo posto in essere alcuna attività edificatoria, deducano la loro estraneità all’abuso. Viceversa, la mancata comunicazione è sanata nei confronti di coloro che hanno posto in essere attività edificatoria materiale suscettibile di alterare e modificare sostanzialmente l’originario assetto dei luoghi, rispetto ai quali è da ritenersi palese che il risultato del procedimento non poteva essere diverso. Pres. D’Alessio, Est. Ianigro - C.M.R. e altro (avv.ti Vanore e Cirillo) c. Comune di Napoli (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons D’Oranges, Andreottola, Carpentieri, Crimaldi, Cuomo, Furnari, Pizza, Pulcini, Ricci) riunito ad altri - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. IV - 10 novembre 2006, n. 9458
 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE  PER LA CAMPANIA

QUARTA SEZIONE DI NAPOLI


N. 9458 Reg. Dec.

anno 2006


composto dai Magistrati:
Dante D’Alessio Presidente
Renata Emma Ianigro Componente rel/est.
Rosa Perna Componente


ha pronunciato la seguente:


S E N T E N Z A


Sui seguenti ricorsi riuniti:
n.3396/2000 proposto da:
CARUSO MARIA ROSARIA, CARUSO MAURO, rappresentati e difesi, giusta mandato a margine del ricorso, dagli avv.ti Antonio Vanore e Riccardo Cirillo, ed elettivamente domiciliati in Napoli al Centro direzionale isola C2 scala A;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 8489 del 27.12.1999 avente ad oggetto ordine sospensione lavori “Lottizzazione abusiva Montagna Spaccata 421”, e di tutti gli atti preordinati,connessi e consequenziali;
n.4013/2000 proposto da:
RAGNO SAVERIO, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine dell’atto di costituzione, dall’avv. Mario Anzisi, ed elettivamente domiciliato in Napoli alla via Toledo n.156;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 8489 del 27.12.1999 avente ad oggetto: ordine sospensione lavori “Lottizzazione abusiva Montagna Spaccata 421”, e di tutti gli atti preordinati,connessi e consequenziali;
n. 4065/2000, proposto da:
DEL VECCHIO RAFFAELLA, DEL VECCHIO PIETRO, RAGNO ANTONIO, ZAZZERI BRUNA, DE SOGUS LUCIANO, NIRO GIUSEPPE, D’ALESSANDRO DOMENICO, ALTRUDA MARIA, rappresentati e difesi, giusta mandato a margine del ricorso, dall’avv. Giuliano Cante, ed elettivamente domiciliati presso la segreteria del T.a.r.Campania-Napoli;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 8489 del 27.12.1999 avente ad oggetto ordine sospensione lavori “Lottizzazione abusiva Montagna Spaccata 421”, e di tutti gli atti preordinati,connessi e consequenziali;
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
n.4067/2000 proposto da:
GIZZI GIORGINA,GIZZI MARIA,GIZZI OLIMPIA,SCHIOPPO LUIGI, RAGNO MICHELE, ESPOSITO CONCETTA, MINOPOLI SALVATORE, STRAZZULLO MARIA, ROMANO FRANCESCO, POSTIGLIONE ANNA, rappresentati e difesi, giusta mandato a margine del ricorso, dall’avv. Giuliano Cante, ed elettivamente domiciliati presso la segreteria del T.a.r.Campania-Napoli;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 8489 del 27.12.1999 avente ad oggetto: ordine sospensione lavori “Lottizzazione abusiva Montagna Spaccata 421”, e di tutti gli atti preordinati,connessi e consequenziali;
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n.4069/2000 proposto da:
CIOCE SERAFINO, CIOCE TOBIA, POLVERINO ANNA, CIOCE SALVATORE, MELE FORTUNA, DI COSTANZO GENNARO; IMPERATRICE GIUSEPPINA, DI VICINO SALVATORE, DI VICINO FRANCESCA, DI VICINO CLARA quali eredi di DI VICINO FRANCESCO, rappresentati e difesi, giusta mandato a margine del ricorso, dall’avv. Giuliano Cante, ed elettivamente domiciliati presso la segreteria del T.a.r.Campania-Napoli;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 8489 del 27.12.1999 avente ad oggetto: ordine sospensione lavori “Lottizzazione abusiva Montagna Spaccata 421”, e di tutti gli atti preordinati,connessi e consequenziali;
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n. 4345/2000 proposto da:
CIOCE GIORGIO,CORRADO ROSA,CHIARO CIRO, rappresentati e difesi, giusta mandato a margine del ricorso, dall’avv. Giuliano Cante, ed elettivamente domiciliati presso la segreteria del T.a.r.Campania-Napoli;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 8489 del 27.12.1999 avente ad oggetto: ordine sospensione lavori “Lottizzazione abusiva Montagna Spaccata 421”, e di tutti gli atti preordinati,connessi e consequenziali;
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n. 5248/2001 proposto da:
MARASCA ROSARIO e IMAGLIAZZO MARIANGELA, rappresentati e difesi giusta mandato a margine del ricorso, dagli avv.ti Salvatore e Raffaele Monaco, ed elettivamente domiciliati in Napoli alla strada Provinciale 132;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n. 5533/2001 proposto da:
CARUSO MARIA ROSARIA, CARUSO MAURO,rappresentati e difesi, giusta mandato a margine del ricorso, dagli avv.ti Antonio Vanore e Riccardo Cirillo, ed elettivamente domiciliati in Napoli al Centro direzionale isola C2 scala A;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n.5571/2001 proposto da:
RAGNO SAVERIO, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine dell’atto di costituzione, dall’avv. Mario Anzisi, ed elettivamente domiciliato in Napoli alla via Toledo n.156;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n.5673/2001 proposto da:
DEL VECCHIO VINCENZO e RUSSO GENNARO rappresentati e difesi, giusta mandato a margine del ricorso, dall’avv. Giuliano Cante, ed elettivamente domiciliati presso la segreteria del T.a.r.Campania-Napoli;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n.5736/2001 proposto da:
AMABILE MARIA, AMABILE AGOSTINO, AMABILE FRANCESCA, AMABILE CHIARA,AMABILE RITA e AMABILE SALVATORE, rappresentati e difesi, giusta mandato a margine, dagli avv.ti Concetta Monaco e Fabio Orefice, ed elettivamente domiciliati in Napoli, alla via Giustiniano n.136;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n. 7438/2001 proposto da:
DI PAOLA IRENE rappresentata e difesa, giusta mandato a margine dell’atto di costituzione, dall’avv. Mario Anzisi, ed elettivamente domiciliato in Napoli alla via Toledo n.156;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;


CONTRO


COMUNE DI NAPOLI in persona del Sindaco p.t. rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Tarallo, Barbara Accattatis Chalons D’Oranges, Antonio Andreottola, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Anna Pulcini, Bruno Ricci, giusta mandato a margine dell’atto di costituzione, ed elettivamente domiciliato in Napoli p.zo S.Giacomo presso l’Avvocatura Municipale;


Relatore la dott.ssa Renata Emma Ianigro;
Letti i ricorsi ed i relativi allegati;
Vista la costituzione dell’amministrazione intimata;
sentite parti alla pubblica udienza del 19.04.2006 come da verbale;


Premesso in fatto


Con separati ricorsi iscritti rispettivamente ai n.n. 3396/2000, e 4013/2000, Caruso Maria Rosaria e Caruso Mario, quali proprietari di un fondo di are 12 in località San Lorenzo, per acquisto fattone in data 11.10.1983 da Sorrentino Amelia e Di Paola Irene, impugnavano, chiedendone l’annullamento, con il primo ricorso, il provvedimento n.8489 del 27.12.1999 recante sospensione delle opere abusive in corso nell’area ubicata in località Pianura via Montagna Spaccata e divieto di disporre dei suoli e delle opere, deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:


1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, e successive modificazioni ed integrazioni;
La normativa richiamata è inapplicabile nella specie poiché diretta a sanzionare gli atti stipulati ed i frazionamenti presentati ai competenti uffici del catasto dopo la entrata in vigore della legge medesima, mentre nella specie il frazionamento risale al 1983.


2) Violazione e falsa o mancata applicazione della legge n. 241/1990, violazione del giusto procedimento;
L’ente avrebbe dovuto, nella corretta osservanza della norma, comunicare l’avvio del procedimento amministrativo ai ricorrenti, non sussistendo le ragioni di impedimento cui la norma medesima fa riferimento. La norma è stata manifestamente violata poiché il procedimento si è svolto all’insaputa dei ricorrenti che ben avrebbero potuto far rilevare alla P.A. la totale infondatezza di quanto assunto poi nel provvedimento impugnato, dimostrando la persistente destinazione dl suolo quale terreno agricolo nel rispetto dei vincoli posti dal vigente strumento urbanistico.


3) Eccesso di potere, errata valutazione o travisamento dei fatti, errato presupposto;
L’ente avrebbe dovuto esaminare la posizione dei ricorrenti e verificare che sul terreno in questione non è stata effettuata alcuna costruzione di alcun tipo. L’istruttoria avrebbe consentito di evidenziare che i ricorrenti non hanno posto in essere alcun abuso edilizio, e non hanno violato la normativa vigente.


Con ricorso iscritto al n.5533/2001 gli stessi Caruso impugnavano, chiedendone l’annullamento, la disposizione dirigenziale di acquisizione del suolo n. 131 del 21.02.2001, deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:


1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, manifesta ingiustizia e illogicità;
I ricorrenti dalla data di acquisto del fondo, risalente all’11.10.1983 ad oggi, non hanno operato alcun trasferimento di proprietà né alcun frazionamento di particelle per cui ad essi non può essere addebitata alcuna lottizzazione negoziale.
La normativa richiamata inoltre è applicabile ai soli frazionamenti presentati dopo l’entrata in vigore della legge medesima.
Inoltre, dalla data di acquisto del terreno, i ricorrenti non hanno iniziato, né posto in essere alcuna opera di urbanizzazione primaria tale da trasformare la natura agricola del fondo di loro proprietà.
La P.A. ha peraltro omesso di indicare le opere che assume siano state iniziate ovvero eseguite sul fondo dei ricorrenti.
Il Comune, abusando dei suoi poteri, ha illegittimamente riunito una grande varietà di situazioni diverse rendendole oggetto di un unico provvedimento, ed impedendo ai ricorrenti di rendersi conto degli elementi di fatto.


2)Violazione e falsa o mancata applicazione della legge n. 241/1990, violazione del principio del giusto procedimento;
Il Comune avrebbe dovuto comunicare l’avvio del procedimento amministrativo ai ricorrenti, non sussistendo le ragioni di impedimento cui la norma fa riferimento.
Né può sostenersi la natura cautelare del provvedimento per escludere la applicazione dell’art. 7, in quanto esso non tende a conservare la situazione esistente in attesa dell’adozione di statuizione definitive, ma a sanzionare direttamente l’abuso.
Nella specie i ricorrenti avrebbero potuto far valere, già nella fase formativa del provvedimento amministrativo, le eccezioni derivanti dalla esistenza della domanda di sanatoria. Inoltre, avrebbero potuto far rilevare la totale infondatezza di quanto assunto poi nel provvedimento impugnato, dimostrando la persistente destinazione del suolo quale terreno agricolo nel rispetto dei vincoli posti dal vigente strumento urbanistico.
La diretta partecipazione degli interessati al procedimento trova in qualche modo riscontro nello stesso art. 18 comma ottavo della legge n. 47/1985, che, prevedendo la revoca del provvedimento di cui al comma 7 quando se ne ravvisano i presupposti, conferisce alla P.A. il potere dovere di ritirare il provvedimento che risulti inopportuno o viziato da una errata valutazione delle circostanze di fatto, anche alla luce delle argomentazioni sollevate dai ricorrenti.
I ricorrenti, non avendo avuto comunicazione di avvio del procedimento hanno impugnato la disposizione di sospensione fornendo ivi argomentazioni e circostanze di fatto che invece sono state debitamente ignorate.


Con separati ricorsi iscritti rispettivamente ai n.n.4013/2000 e 5571/2000, Ragno Saverio, quale proprietario di due zonette di terreno rispettivamente di m.q. 3030 e m.q. 1330 in località San Lorenzo, per acquisto fattone in data 30.03.1978 da Monaco Livia, impugnava, chiedendone l’annullamento, il provvedimento n.8489 del 27.12.1999 recante sospensione delle opere abusive in corso nell’area ubicata in località Pianura via Montagna Spaccata e divieto di disporre dei suoli e delle opere, deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:


1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985 e successive modificazioni ed integrazioni, eccesso di potere per erronea presupposizione dei fatti sviamento;
Nella specie non può parlarsi di lottizzazione abusiva poiché non di verte né in una ipotesi di lottizzazione materiale né in una ipotesi di lottizzazione cartolare. Sul suolo non vi sono opere, eccettuata una stradina interpoderale, ma i suoli hanno conservato la loro vocazione agricola e sono stati altresì ceduti in comodato per la utilizzazione


2)Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.;
Le doglianze dell’amministrazione sono riconducibili a fatti avvenuti oltre 20 anni addietro. Proprio a seguito della ricostruzione storica dei fatti sarebbe stato ancor più utile oltre che indispensabile provvedere alla comunicazione dell’avvio del procedimento proprio per consentire al privato di non dover subire passivamente l’azione amministrativa, e consentirgli di prendere posizione sui fatti rispetto ai quali è peraltro carente di legittimazione passiva.


3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso di potere per erronea presupposizione dei fatti, sviamento, violazione del principio generale tempus regit actum, e degli altri principi generali connessi;
La norma applicata è entrata in vigore cinque anni dopo le presunte illegittimità perpetrate.


4) Eccesso di potere, sviamento, carenza di istruttoria, illogicità manifesta, assoluta carenza di motivazione;

Se di lottizzazione abusiva si può parlare, lo si può fare solo con riguardo ai fatti recenti, per i quali il ricorrente non ha alcuna legittimazione passiva, poiché non gli sono imputabili.


Con il ricorso iscritto al n.5571/2001 lo stesso Ragno impugnava, chiedendone l’annullamento, la disposizione dirigenziale di acquisizione del suolo n. 131 del 21.02.2001, deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:


1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985 e successive modificazioni ed integrazioni, eccesso di potere per erronea presupposizione dei fatti sviamento;


2)Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.;


3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso di potere per erronea presupposizione dei fatti, sviamento, violazione del principio generale tempus regit actum, e degli altri principi generali connessi;


4) Eccesso di potere, sviamento, carenza di istruttoria, illogicità manifesta, assoluta carenza di motivazione;


Con ricorso iscritto al n. 4065/2000 Del Vecchio Raffaella, Del Vecchio Pietro, Ragno Antonio, Zazzeri Bruna, De Sogus Luciano, Niro Giuseppe, D’Alessandro Domenico, Altruda Maria, quali proprietari di piccoli fondi ubicati in località San Lorenzo, frazionati ed acquistati prima della entrata in vigore della legge n. 47/1985, impugnavano, chiedendone l’annullamento, il provvedimento di sospensione n.8489 del 27.12.1999 deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:


1) Violazione e falsa applicazione della legge n. 47/1985, eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto, altri profili;
Il provvedimento di sospensione ha natura cautelare, ed è emesso sul presupposto che la lottizzazione sia in corso al fine di evitare che la stessa venga portata ad ulteriori conseguenze.
Nel caso di specie, il provvedimento di sospensione è intervenuto allorquando alcuna opera, lavoro o altro tipo di attività era in corso, ed in particolare alcuna trasformazione poteva essere contestata in mancanza di attività dirette in tal senso. In mancanza dell’attualità delle opere dirette alla lottizzazione, l’intervento repressivo adottato dal Comune si dimostra assolutamente illegittimo perché contrario alle finalità della disposizione che mira a garantire una repressione preventiva.
L’ambito di applicazione della disposizione è altresì limitato agli atti ed ai frazionamenti effettuati dopo l’entrata in vigore della legge n. 4771985.
Gli appezzamenti di terreno in oggetto sono stati acquistati e frazionati nel 1980 e quindi prima della entrata in vigore della legge n. 47/1985.
Il provvedimento è stato adottato a distanza di venti anni dall’acquisto dei fondi, in assenza di opere realizzate, ed in presenza di un utilizzo a fini agricoli dei fondi, sicchè risulta più che dimostrato che l’acquisto dei terreni non era assolutamente preordinato a trasformazioni urbanistiche.
Va inoltre evidenziata altresì la mancanza di una specifica motivazione per il caso in cui gli interventi repressivi intervengano a distanza di tempo.
Né vale richiamare, a giustificazione del provvedimento impugnato, i vincoli insistenti sulle aree in questione. Tali vincoli, alla cui tutela è preposta un’autorità amministrativa diversa dal Comune, non possono in ogni caso impedire ai proprietari di godere dei beni secondo la specifica destinazione prevista dalla vigente strumentazione urbanistica.
Nel caso di specie non sono state realizzate opere di urbanizzazione ed esse non sono nemmeno indicate nell’atto impugnato;


2) Violazione di legge, artt 3 e 7 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta;
La comunicazione di avvio del procedimento è al più necessaria quando l’adozione del provvedimento implichi l’accertamento di circostanze di fatto suscettibili di vario apprezzamento, ed in particolare quando l’atto è destinato a spiegare notevoli e gravi effetti per il destinatario.
Nel caso di specie tale adempimento era reso ancor più necessario poiché i ricorrenti non hanno realizzato alcuna delle attività contestate nel provvedimento ed hanno il solo “torto” di aver acquistato un terreno e di averlo utilizzato secondo gli sui previsti dalla legge.
L’amministrazione ha adottato la grave misura prevista dall’art. 18 della legge n. 47/1985, senza considerare che nella specie non si è in presenza di opere, e nemmeno di alcuna trasformazione urbanistica dal momento che i terreni frazionati ed acquistati prima dell’entrata in vigore della legge n. 47/1985, sono allo stato, utilizzati secondo la destinazione prevista dal piano regolatore generale.


3) Violazione di legge, art. 3 della legge n. 241/1990, violazione della legge n. 47/1985, della legge n. 72471994, eccesso di potere per mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di istruttoria e di motivazione;
E’ evidente la contraddittorietà del provvedimento impugnato che non è stato preceduto da alcuna valutazione degli interessi legittimi dei ricorrenti ed adottato in assenza di qualunque acquisizione istruttoria che, senza dubbio, avrebbe evidenziato l’insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto idonei a giustificare l’adozione della contestata misura cautelare.


Con motivi aggiunti notificati il 30.04.2001, Del Vecchio Raffaella, Del Vecchio Pietro, Ragno Antonio, Zazzeri Bruna, De Sogus Luciano, Niro Giuseppe, D’Alessandro Domenico, Altruda Maria, impugnavano, chiedendone l’annullamento, la disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001, deducendone la illegittimità derivata dai vizi denunciati con riferimento alla sospensione costituente atto presupposto, nonché per i seguenti motivi di diritto:


1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto, altri profili;
Occorre nuovamente ribadire l’apoditticità e l’assoluta carenza di motivazione del provvedimento impugnato, atteso che il Dirigente del Servizio Antiabusivismo Edilizio del Comune di Napoli ha omesso di indicare, nell’impugnato provvedimento, gli elementi precisi ed univoci evidenzianti l’intento lottizzatorio posto in essere dai ricorrenti; indicazione tanto più necessaria allorquando i provvedimenti repressivi intervengano a distanza di tempo.


Con ricorso iscritto al n. 4067/2000, Gizzi Giorgina, Gizzi Maria, Gizzi Olimpia, Schioppo Luigi, Ragno Michele ed Esposito Concetta, Monopoli Salvatore, Strazzullo Maria, Romano Francesco e Postiglione Anna, quali proprietari di piccoli fondi siti in località S.Lorenzo, frazionati ed acquistati prima della entrata in vigore della legge n.47/1985, impugnavano, chiedendone l’annullamento, il provvedimento di sospensione n. 8489 del 27.12.1999, deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:


1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatti, altri profili;
Il provvedimento di sospensione ha natura cautelare, ed è emesso sul presupposto che la lottizzazione sia in corso al fine di evitare che la stessa venga portata ad ulteriori conseguenze.
Nel caso di specie, il provvedimento di sospensione è intervenuto allorquando alcuna opera, lavoro o altro tipo di attività era in corso.
Dalla documentazione versata in atti risulta, con tutta evidenza, che i ricorrenti hanno acquistato le aree già frazionate da circa un ventennio, realizzandovi successivamente le costruzioni oggetto di domanda di concessione in sanatoria.
In mancanza dell’attualità delle opere dirette alla lottizzazione, l’intervento repressivo adottato dal Comune si dimostra assolutamente illegittimo perché contrario alle finalità della disposizione che mira a garantire una repressione preventiva.
L’ambito di applicazione della disposizione è altresì limitato agli atti ed ai frazionamenti effettuati dopo l’entrata in vigore della legge n. 47/1985.
Gli appezzamenti di terreno in oggetto sono stati acquistati e frazionati nel 1980 e quindi prima della entrata in vigore della legge n. 47/1985, e gli immobili destinati ad abitazione dei ricorrenti sono già stati realizzati sulle aree predette già frazionate e sono oggetto di domanda di concessione in sanatoria ancora in corso di definizione.
Il provvedimento è stato adottato a distanza di venti anni dall’acquisto dei fondi, in assenza di opere realizzate, ed in presenza di un utilizzo a fini agricoli dei fondi, sicchè risulta più che dimostrato che l’acquisto dei terreni non era assolutamente preordinato a trasformazioni urbanistiche.
Va inoltre evidenziata altresì la mancanza di una specifica motivazione per il caso in cui gli interventi repressivi intervengano a distanza di tempo.
Né vale richiamare, a giustificazione del provvedimento impugnato, i vincoli insistenti sulle aree in questione. Tali vincoli, alla cui tutela è preposta un’autorità amministrativa diversa dal Comune, che non è stata coinvolta nel procedimento, possono al massimo essere rilevanti in sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria e non invece in tale fattispecie.
Per le ricorrenti Gizzi Olimpia, Gizzi Giorgina e Gizzi Maria che hanno acquistato le aree per effetto di donazione del padre Gizzi Pacifico nel 1979, deve infine escludersi l’applicabilità delle misure in materia di lottizzazione abusiva per la esclusione espressa prevista dall’art. 18 comma 11.


2) Violazione di legge art. 3 e 7 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta , altri profili;
La comunicazione di avvio del procedimento è al più necessaria quando l’adozione del provvedimento implichi l’accertamento di circostanze di fatto suscettibili di vario apprezzamento, ed in particolare quando l’atto è destinato a spiegare notevoli e gravi effetti per il destinatario.


3)Violazione di legge, art. 3 della legge n. 241/1990, violazione della legge n. 47/1985, della legge n. 724/1994, eccesso di potere per mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di istruttoria e di motivazione;
E’ evidente la contraddittorietà del provvedimento impugnato che non è stato preceduto da alcuna valutazione degli interessi legittimi dei ricorrenti ed adottato in assenza di qualunque acquisizione istruttoria che, senza dubbio, avrebbe evidenziato l’insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto idonei a giustificare l’adozione della contestata misura cautelare.


Con motivi aggiunti notificati il 30.04.2001, Gizzi Giorgina, Gizzi Maria, Gizzi Olimpia, Schioppo Luigi, Ragno Michele ed Esposito Concetta, Monopoli Salvatore, Strazzullo Maria, Romano Francesco e Postiglione Anna, impugnavano, chiedendone l’annullamento, la disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001, deducendone la illegittimità derivata dai vizi denunciati con riferimento alla sospensione costituente atto presupposto, nonché per i seguenti motivi di diritto:


1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto, altri profili;
Occorre nuovamente ribadire l’apoditticità e l’assoluta carenza di motivazione del provvedimento impugnato, atteso che il Dirigente del Servizio Antiabusivismo Edilizio del Comune di Napoli ha omesso di indicare nell’impugnato provvedimento gli elementi precisi ed univoci evidenzianti l’intento lottizzatorio posto in essere dai ricorrenti; indicazione tanto più necessaria allorquando i provvedimenti repressivi intervengano a distanza di tempo.


2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 comma 11 della legge n. 47/1985, eccesso di potere sotto molteplici aspetti;
Per le ricorrenti Gizzi Olimpia, Gizzi Giorgina e Gizzi Maria occorre ribadire che le aree di loro proprietà, oggetto di acquisizione al patrimonio comunale, sono loro pervenute per donazione del padre Gizzi Pacifico con atto del 1979, e con successivo atti pubblico, nel 1991, le ricorrenti hanno provveduto allo scioglimento della comunione, con attribuzione a ciascuna di esse della proprietà esclusiva degli attuali appezzamenti di terreno. Ne consegue la inapplicabilità delle misure sanzionatorie per la espressa esclusione prevista dall’art. 18 comma 11 della legge n. 47/1985.


Con ricorso iscritto al n. 4069/2000 Cioce Serafino, Cioce Tobia e Polverino Anna, Cioce Salvatore e Mele Fortuna, Di Costanzo Gennaro, Imperatrice Giuseppina, Di Vicino Salvatore, Di Vicino Francesca, Di Vicino Clara - eredi Di Vicino Francesco, quali proprietari di piccoli fondi ubicati in località San Lorenzo,frazionati ed acquistati prima della entrata in vigore della legge n. 47/1985, impugnavano, chiedendone l’annullamento, il provvedimento di sospensione n.8489 del 27.12.1999 deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:


1)Violazione e falsa applicazione della legge n. 47/1985, eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto, altri profili;
Il provvedimento di sospensione ha natura cautelare, ed è emesso sul presupposto che la lottizzazione sia in corso al fine di evitare che la stessa venga portata ad ulteriori conseguenze.
Nel caso di specie, il provvedimento di sospensione è intervenuto allorquando alcuna opera, lavoro o altro tipo di attività era in corso.
Dalla documentazione versata in atti , risulta, con tutta evidenza, che i ricorrenti hanno acquistato le aree già frazionate da circa un ventennio realizzandovi le costruzioni, comprensive delle occorrenti urbanizzazioni primarie, prima del 1983, e richiedendo ai seni della legge n. 47/1985 la concessione in sanatoria.
In mancanza dell’attualità delle opere dirette alla lottizzazione, l’intervento repressivo adottato dal Comune si dimostra assolutamente illegittimo perché contrario alle finalità della disposizione che mira a garantire una repressione preventiva.
L’ambito di applicazione della disposizione è altresì limitato agli atti ed ai frazionamenti effettuati dopo l’entrata in vigore della legge n. 47/1985.
Gli appezzamenti di terreno in oggetto sono stati acquistati e frazionati nel 1980 e quindi prima della entrata in vigore della legge n. 47/1985. Gli immobili destinati ad abitazione dei ricorrenti comprensivi delle occorrenti urbanizzazioni, sono stati realizzati anch’essi prima della entrata in vigore della legge n. 4771985, e sono oggetto di domanda di concessione in sanatoria ancora in corso di definizione.
Il provvedimento è stato adottato a distanza di venti anni dall’acquisto dei fondi, in assenza di opere realizzate. Va inoltre evidenziata altresì la mancanza di una specifica motivazione per il caso in cui gli interventi repressivi intervengano a distanza di tempo.
Né vale richiamare, a giustificazione del provvedimento impugnato, i vincoli insistenti sulle aree in questione. Tali vincoli, alla cui tutela è preposta un’autorità amministrativa diversa dal Comune, che non è stata coinvolta nel procedimento, possono al massimo essere rilevanti in sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria e non invece in tale fattispecie.
Per il ricorrente Di Costanzo, che risulta essere donatario di un immobile di 67 m.q. da parte della madre, deve infine escludersi, l’applicabilità delle misura in tema di lottizzazione abusiva per la espressa esclusione prevista dall’art. 18 comma 11.


2) Violazione di legge, artt 3 e 7 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta;
La comunicazione di avvio del procedimento è al più necessaria quando l’adozione del provvedimento implichi l’accertamento di circostanze di fatto suscettibili di vario apprezzamento, ed in particolare quando l’atto è destinato a spiegare notevoli e gravi effetti per il destinatario.
L’amministrazione ha adottato la grave misura prevista dall’art. 18 della legge n. 47/1985, senza considerare che nella specie non si è in presenza di opere “iniziate” come prevede il comma 1 dell’art. 18, bensì di fabbricati ed urbanizzazioni realizzate in tempi diversi, comunque prima del 1985 ed oggetto di specifica domanda di concessione in sanatoria.
In un unico provvedimento viene contestata la realizzazione di opere seguite in venti anni, senza alcuna acquisizione istruttoria, da cui sarebbe emersa senza dubbio la insussistenza di un disegno lottizzatorio.


3)Violazione di legge, art. 3 della legge n. 241/1990, violazione della legge n. 47/1985, della legge n. 724/1994, eccesso di potere per mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di motivazione per genericità ed indeterminatezza;
L’Amministrazione, in palese violazione della normativa rubricata, senza pronunciarsi sulle domande di sanatoria presentate ha adottato un provvedimento da cui, in mancanza di una revoca, conseguirà direttamente l’abbattimento delle costruzioni realizzate dai ricorrenti.
La contraddittorietà del predetto comportamento è aggravata dal fatto che il Comune, nel frattempo, ha richiesto documenti ed incassato oneri di urbanizzazione per la definizione delle pratiche di condono.
Nel provvedimento impugnato non sono indicate nemmeno le opere di urbanizzazione che si assumono realizzate nelle aree preordinate alla lottizzazione, quali abusi edilizi siano stato eseguiti, e da parte di quali dei destinatari dell’ordinanza. Tale individuazione è ancora più necessaria dal momento che nell’atto impugnato si perviene in modo generico ed indeterminato ad ipotizzare l’esistenza di una lottizzazione in corso.


Con motivi aggiunti notificati il 30.04.2001, Cioce Serafino, Cioce Tobia e Polverino Anna, Cioce Salvatore e Mele Fortuna, Di Costanzo Gennaro, Imperatrice Giuseppina, Di Vicino Salvatore, Di Vicino Francesca, Di Vicino Clara - eredi Di Vicino Francesco, impugnavano, chiedendone l’annullamento, la disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001, deducendone la illegittimità derivata dai vizi denunciati con riferimento alla sospensione costituente atto presupposto, nonché per i seguenti motivi di diritto:


1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto, altri profili;
I ricorrenti hanno acquistato gli immobili oggetto di acquisizione negli anni 1980,1993 e 1995, i suoli sono stati frazionati nel 1980, sicchè è evidente che la iniziativa lottizzatoria non può in alcun modo essere contestata ai ricorrenti, atteso che le attività compiute dai singoli proprietari, in modo autonomo ed in momenti distinti, escludono in radice l’esistenza di qualsiasi univoco intento, diretto all’abusiva lottizzazione dell’area.
Occorre nuovamente ribadire l’apoditticità e l’assoluta carenza di motivazione del provvedimento impugnato, atteso che il Dirigente del Servizio Antiabusivismo Edilizio del Comune di Napoli ha omesso di indicare nell’impugnato provvedimento gli elementi precisi ed univoci evidenzianti l’intento lottizzatorio posto in essere dai ricorrenti; indicazione tanto più necessaria allorquando i provvedimenti repressivi intervengano a distanza di tempo.


2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 comma 11 della legge n. 47/1985, eccesso di potere sotto molteplici aspetti;
Per il ricorrente Di Costanzo Gennaro occorre ribadire che l’area di sua proprietà, oggetto di acquisizione al patrimonio comunale, gli è pervenuta per donazione della madre Gizzi Olimpia con atto del 1994. Ne consegue la inapplicabilità delle misure sanzionatorie per la espressa esclusione prevista dall’art. 18 comma 11 della legge n. 47/1985.


Con ricorso iscritto al n. 4345/2000 Cioce Giorgio, Corrado Rosa e Chiaro Ciro, quali proprietari di piccoli fondi ubicati in località San Lorenzo, frazionati ed acquistati prima della entrata in vigore della legge n. 47/1985, impugnavano, chiedendone l’annullamento, il provvedimento di sospensione n.8489 del 27.12.1999 deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:


1)Violazione e falsa applicazione della legge n. 47/1985, eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto, altri profili;
Il provvedimento di sospensione ha natura cautelare, ed è emesso sul presupposto che la lottizzazione sia in corso al fine di evitare che la stessa venga portata ad ulteriori conseguenze.
Nel caso di specie, il provvedimento di sospensione è intervenuto allorquando alcuna opera, lavoro o altro tipo di attività era in corso.
Dalla documentazione versata in atti , risulta, con tutta evidenza, che i ricorrenti hanno acquistato le aree già frazionate da circa un ventennio realizzandovi successivamente le costruzioni.
In mancanza dell’attualità delle opere dirette alla lottizzazione, l’intervento repressivo adottato dal Comune si dimostra assolutamente illegittimo perché contrario alle finalità della disposizione che mira a garantire una repressione preventiva.
L’ambito di applicazione della disposizione è altresì limitato agli atti ed ai frazionamenti effettuati dopo l’entrata in vigore della legge n. 47/1985.
Gli appezzamenti di terreno in oggetto sono stati acquistati e frazionati nel 1980 e quindi prima della entrata in vigore della legge n. 47/1985.
Il provvedimento è stato adottato a distanza di venti anni dall’acquisto dei fondi, in assenza di opere realizzate. Va inoltre evidenziata altresì la mancanza di una specifica motivazione per il caso in cui gli interventi repressivi intervengano a distanza di tempo.
Né vale richiamare, a giustificazione del provvedimento impugnato, i vincoli insistenti sulle aree in questione. Tali vincoli, alla cui tutela è preposta un’autorità amministrativa diversa dal Comune, che non è stata coinvolta nel procedimento, possono al massimo essere rilevanti in sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria e non invece in tale fattispecie.


2) Violazione di legge, artt 3 e 7 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di istruttoria e di motivazione, altri profili;
La comunicazione di avvio del procedimento è al più necessaria quando l’adozione del provvedimento implichi l’accertamento di circostanze di fatto suscettibili di vario apprezzamento, ed in particolare quando l’atto è destinato a spiegare notevoli e gravi effetti per il destinatario.
In un unico provvedimento viene contestata la realizzazione di opere seguite in venti anni, senza alcuna acquisizione istruttoria, da cui sarebbe emersa senza dubbio la insussistenza di un disegno lottizzatorio.


3) Violazione di legge, art. 3 della legge n. 241/1990, violazione della legge n. 47/1985, della legge n. 724/1994, eccesso di potere per mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di motivazione per genericità ed indeterminatezza;
Nel provvedimento impugnato non sono indicate nemmeno le opere di urbanizzazione che si assumono realizzate nelle aree preordinate alla lottizzazione, né quali abusi edilizi siano stati eseguiti, e da parte di quali dei destinatari dell’ordinanza. Tale individuazione è ancora più necessaria dal momento che nell’atto impugnato si perviene in modo generico ed indeterminato ad ipotizzare l’esistenza di una lottizzazione in corso.


Con motivi aggiunti notificati il 30.04.2001, Cioce Giorgio, Corrado Rosa e Chiaro Ciro, impugnavano, chiedendone l’annullamento, la disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001, deducendone la illegittimità derivata dai vizi denunciati con riferimento alla sospensione costituente atto presupposto, nonché per i seguenti motivi di diritto:


1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto, altri profili;
I ricorrenti hanno acquistato gli immobili oggetto di acquisizione negli anni 1980,1993 e 1995, i suoli sono stati frazionati nel 1980, sicchè è evidente che la iniziativa lottizzatoria non può in alcun modo essere contestata ai ricorrenti, atteso che le attività compiute dai singoli proprietari, in modo autonomo ed in momenti distinti, escludono in radice l’esistenza di qualsiasi univoco intento, diretto all’abusiva lottizzazione dell’area.
L’impugnato provvedimento è intervenuto allorquando alcuna opera, lavoro o altro tipo di attività era in corso.
Occorre nuovamente ribadire l’apoditticità e l’assoluta carenza di motivazione del provvedimento impugnato, atteso che il Dirigente del Servizio Antiabusivismo Edilizio del Comune di Napoli ha omesso di indicare nell’impugnato provvedimento gli elementi precisi ed univoci evidenzianti l’intento lottizzatorio posto in essere dai ricorrenti; indicazione tanto più necessaria allorquando i provvedimenti repressivi intervengano a distanza di tempo.


Con ricorso iscritto al n. 5248/2001 Marasca Rosario e Impagliazzo Mariangela, quali proprietari del fondo sito nel Comune di Napoli località S.Lorebzo, ed iscritto al foglio n. 89 particella 272 e sub 5, impugnavano, chiedendone l’annullamento, la disposizione dirigenziale di acquisizione, deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:


1) Eccesso di potere, difetto di istruttoria, violazione di legge, errata applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985;
La zona oggetto di acquisizione è stata urbanizzata in modo abusivo sin dai primi anni settanta, e lo sviluppo edilizio non ha seguito tuttavia una logica comune, ma è stato caratterizzato da uno sfruttamento selvaggio del territorio legato alle necessità dei singoli.
Tanto risulta proprio dalla documentazione citata a sostegno del provvedimento di acquisizione che, cronologicamente, individua e distingue vari momenti dell’edificazione abusiva e, quindi, proprio per tale motivo esclude la fattispecie di cui all’art. 18 della legge n. 47/1985. Le varie stradine e presunte opere di urbanizzazione sono la prova della disomogeneità degli interventi edilizi.
Il provvedimento è inoltre affetto da evidente difetto, illogicità e contraddittorietà della motivazione.


2) Sospensione dell’efficacia, applicazione della legge n. 47/1985, art. 39 della legge n. 724/1994;
La proprietà oggetto di acquisizione è oggetto di istanza di concessione in sanatoria su cui allo stato pende ancora il procedimento amministrativo per cui si impone la sospensione prevista per legge.


Con ricorso iscritto al n. 5673/2001, Del Vecchio Vincenzo e Russo Gennaro, quali proprietari di piccoli fondi ubicati in località San Lorenzo, frazionati ed acquistati prima della entrata in vigore della legge n. 47/1985, impugnavano, chiedendone l’annullamento, la disposizione dirigenziale di acquisizione dei fondi in parola n. 131 del 21.02.2001, deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:


1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto, altri profili;
La pretesa iniziativa lottizzatoria non può in alcun modo essere contestata ai ricorrenti i cui suoli sono stati frazionati nel 1980, e, le attività compiute dai singoli proprietari, in modo autonomo ed in momenti distinti, escludono in radice l’esistenza di qualsiasi univoco intento diretto all’abusiva lottizzazione dell’area.
L’ambito di applicazione della disposizione è altresì limitato agli atti ed ai frazionamenti effettuati dopo l’entrata in vigore della legge n. 47/1985.
Il provvedimento è stato adottato a distanza di venti anni dall’acquisto dei fondi, in assenza di opere realizzate, di opere di urbanizzazione, nemmeno indicate, ed in presenza di un utilizzo a fini agricoli, sicchè è più che dimostrato che l’acquisto dei terreni non era assolutamente preordinato a trasformazioni urbanistiche ed edilizie. Va inoltre evidenziata altresì la mancanza di una specifica motivazione per il caso in cui gli interventi repressivi intervengano a distanza di tempo.


2) Violazione di legge, artt 3 e 7 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta, altri profili;
La comunicazione di avvio del procedimento è al più necessaria quando l’adozione del provvedimento implichi l’accertamento di circostanze di fatto suscettibili di vario apprezzamento, ed in particolare quando l’atto è destinato a spiegare notevoli e gravi effetti per il destinatario.
In un unico provvedimento viene contestata la realizzazione di opere seguite in venti anni, senza alcuna acquisizione istruttoria, da cui sarebbe emersa senza dubbio la insussistenza di un disegno lottizzatorio.


3) Violazione di legge, art. 3 della legge n. 241/1990, violazione della legge n. 47/1985, della legge n. 724/1994, eccesso di potere per mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di motivazione per genericità ed indeterminatezza;
Nel provvedimento impugnato non sono indicate nemmeno le opere di urbanizzazione che si assumono realizzate nelle aree preordinate alla lottizzazione, né quali abusi edilizi siano stati eseguiti, e da parte di quali dei destinatari dell’ordinanza. Tale individuazione è ancora più necessaria dal momento che nell’atto impugnato si perviene in modo generico ed indeterminato ad ipotizzare l’esistenza di una lottizzazione in corso.
Nella specie i ricorrenti non hanno realizzato alcuna delle attività contestate nel provvedimento ed hanno il solo torto di aver acquistato un suolo e di averlo utilizzato secondo gli usi previsti dalla legge.


3) Violazione dell’art. 3 della legge n. 24171990, violazione della legge n. 47/1985, della legge n. 724/1994, eccesso di potere per mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di motivazione per genericità ed indeterminatezza;
Il provvedimento impugnato non è stato preceduto da alcuna valutazione degli interessi legittimi dei ricorrenti ed adottato in assenza di qualunque acquisizione istruttoria che avrebbe evidenziato l’insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto idonei a giustificare l’adozione dell’atto contestato.


Con ricorso iscritto al n. 5736/2001, Amabile Maria, Amabile Agostino, Amabile Francesca, Amabile Chiara, Amabile Rita e Amabile Salvatore, quali proprietari jure successionis di un terreno situato a Napoli in località S.Lorenzo, iscritto in castato fg n. 89 p.lla 438, condotto in virtù di colonia dai genitori dei ricorrenti, impugnavano, chiedendone l’annullamento la disposizione dirigenziale di acquisizione n. 131 del 21.02.2001, deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:


1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, art. 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere, inesistenza dei presupposti in fatto ed in diritto, travisamento, difetto di istruttoria, carenza di motivazione, perplessità;
I genitori dei ricorrenti erano i coloni del terreno oggetto di acquisizione, ed il terreno è stato acquistato nella stessa consistenza originaria, e , successivamente, trasmesso jure successionis ai figli e frazionato.
Quello che i genitori coltivavano è stato venduto dalla proprietaria nel 1984 e solo successivamente trasmesso agli otto figli, sicchè, se pure lottizzazione vi è stata, la stessa non può essere contestata ai ricorrenti che si sono limitati a dividere un’eredità legittimamente acquisita dai genitori.


2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 4771985, eccesso di potere, carenza di istruttoria, erroneità dei presupposti, assenza di motivazione, apoditticità;
La giurisprudenza ha affermato che è illegittimo il provvedimento di sospensione di una lottizzazione abusiva qualora l’atto di vendita di una porzione del terreno, limitata rispetto all’area complessiva, sia stato effettuato in favore di un coltivatore diretto, per cui la vendita non può dirsi preordinata in modo non equivoco allo sfruttamento del terreno per scopi edificatori ed in cui a distanza quasi decennale sano seguiti ulteriori atti di vendita dei lotti frazionati che abbiano avuto, per risultato, la finale destinazione a scopi edificatori delle porzioni di terreno oggetto delle stesse successive alienazioni, e come sanzione, l’intervento repressivo del Comune (Tar Lazio Roma, sez, II 18.02.1999 n. 596).
Inoltre il frazionamento di un terreno nell’ambito di una divisione ereditaria non è elemento di per sé solo sufficiente a dimostrare la ricorrenza di una lottizzazione abusiva sanzionabile (T.a.r. L’Aquila, 20.01.1998, n. 183).


3)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso di potere, carenza di istruttoria, erroneità dei presupposti, difetto di motivazione, travisamento, perplessità;
La Giurisprudenza ha altresì affermato che l’identificazione della condotta illecita si collega ad un giudizio che opera su un piano presuntivo, e deve quindi fondarsi su elementi caratterizzati dalla gravità, precisione e concordanza. La indicazione di tali elementi manca nel provvedimento impugnato.
I ricorrenti ancora esercitano l’attività agricola sui fondi di loro proprietà, tanto che lo stesso Comune di Napoli ha, in passato, ordinato la rimozione, per motivi di igiene, di taluni animali da allevamento detenuti dagli stessi ricorrenti.


4) Violazione e falsa applicazione degli artt 7,8, e 10 della legge n. 24171990, eccesso di potere, violazione del giusto procedimento, difetto di istruttoria;
L’onere di comunicazione di avvio del procedimento sussiste anche nella ipotesi in cui il Comune intenda adottare le sanzioni relative alla presunta lottizzazione abusiva di un fondo.


5)Violazione e falsa applicazione della legge n. 47/1985, eccesso di potere, violazione del giusto procedimento, difetto dei presupposti;
L’intera area, ivi compreso l’appezzamento di proprietà dei ricorrenti è soggetta a sequestro penale disposto dalla Procura della Repubblica presso la ex Pretura Circondariale di Napoli giusta provvedimento di convalida del Gip del 18.09.1998.
Il sequestro penale congela l’intero procedimento per cui illegittimamente è stata disposta l’acquisizione.


Con ricorso iscritto al n. 7438/2001, Di Paola Irene, quale proprietaria unitamente a Sorrentino Amelia di un fondo rustico a destinazione agricola sito in località S.Lorenzo acquistato il 21.07.1983, in parte alienato prima della entrata in vigore della legge n. 47/1985, impugnava la disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 di acquisizione, deducendone la illegittimità , per i seguenti motivi di diritto:


1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985 e successive modificazioni ed integrazioni, eccesso di potere per erronea presupposizione dei fatti, sviamento;
Non può parlarsi nella specie di lottizzazione abusiva, non versandosi né in ipotesi di lottizzazione materiale, né in ipotesi di lottizzazione negoziale e/o cartolare. Sul suolo, infatti, non vi sono opere ad eccezione di una stradina interpoderale, sicchè i suoli hanno conservato intatta la loro vocazione agricola.
Né una lottizzazione negoziale può configurarsi nell’originario frazionamento del suolo attesa la vetustà degli atti traslativi.


2)Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.;
Le doglianze dell’amministrazione sono riconducibili a fatti avvenuti oltre venti anni addietro, per cui, proprio a seguito della ricostruzione storica dei fatti, sarebbe stato più utile, oltre che indispensabili per legge, provvedere alla comunicazione di avvio del procedimento proprio per consentire al privato di non dover subire passivamente l’azione amministrativa, e a distanza di così tanto tempo, consentirgli di prendere posizione sui fatti che tra l’altro trovano il ricorrente carente di qualunque legittimazione passiva.


3)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso di potere per erronea presupposizione dei fatti, sviamento, violazione del principio generale tempus regit actum, e degli altri principi generali connessi;


4) Eccesso di potere, sviamento, carenza di istruttoria, illogicità manifesta, assoluta carenza di motivazione;
Il frazionamento del suolo risale al lontano 1977, ed è mancata una puntuale ed accurata indagine da parte della P.A. onde verificare l’epoca dei fatti ed i presunti autori degli eventuali abusi.
L’amministrazione si costituiva per resistere al ricorso.
Alla udienza pubblica del 19.04.2006 il ricorso veniva discusso e ritenuto per la decisione.


Considerato in Diritto


1. Preliminarmente va disposta la riunione, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., dei ricorsi menzionati in epigrafe con quello preventivamente instaurato, iscritto al n.3396/2000, per motivi di connessione oggettiva, trattandosi di impugnative proposte avverso i medesimi provvedimenti.
Nel presente giudizio si controverte circa la legittimità dei provvedimenti n. 8489 del 27.12.1999 e n. 131 del 21.02.2001, con cui il Comune di Napoli, in un primo momento, ha intimato, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 47/1985, la sospensione immediata dei lavori abusivi in corso nell’area ubicata in località Pianura-via Montagna Spaccata n. 421, con altro ingresso da via Sartania n. 40, denominata contrada S.Lorenzo, ed ha ingiunto, altresì, nei confronti dei ricorrenti quali proprietari dei suoli e/o responsabili degli abusi, il divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con atto tra vivi. Successivamente, con disposizione dirigenziale n. 121 del 21.02.2001,il Comune medesimo disponeva l’acquisizione delle aree al patrimonio comunale.


1.1 Ciò posto, e premesso che, su alcuni dei suoli oggetto di acquisizione, insistono immobili realizzati abusivamente rispetto ai quali è stata dedotta la pendenza di domande di sanatoria, occorre valutare preliminarmente la censura con cui si è addotta la illegittimità degli atti sanzionatori adottati, poiché l’amministrazione comunale avrebbe dovuto sospendere il procedimento di repressione della lottizzazione abusiva, ai sensi dell’art. 44 della legge n. 47/1985 richiamato dall’art. 39 della legge n. 724/1994, in attesa della definizione delle domande di sanatoria avanzate.
La censura è priva di pregio.
Ad avviso del Collegio, la eventuale sanatoria delle opere edilizie realizzate sui suoli oggetto di contestazione per lottizzazione abusiva, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 47/1985, non riveste alcuna incidenza sugli atti del presente procedimento, che è distinto ed autonomo rispetto a quello di sanatoria delle opere edilizie abusive.
Ed infatti, gli interessi alla cui tutela i relativi procedimenti sono destinati - quello relativo alla contestata lottizzazione ed i procedimenti pendenti in presenza di domande di sanatoria - sono del tutto distinti, poiché il procedimento di lottizzazione è riferibile alla tutela e conservazione delle destinazioni pubblicisticamente impresse dagli strumenti urbanistici ad una determinato terreno, che non tollerano di essere vanificate per illecite finalità di edificazione (art. 18 l. n. 47/1985), gli altri sono destinati a far conseguire la sanatoria a singole opere necessitanti di concessione edilizia per la loro realizzazione.
In particolare, la fattispecie di lottizzazione abusiva disciplinata dall’art.. 18 l.n. 47 cit., si riferisce alla mancanza dell'autorizzazione specifica alla lottizzazione, prevista dall'art. 28 della legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150.
Alcun rilievo sanante sull’abuso in questione può rivestire, quindi, il rilascio di una eventuale concessione edilizia, sia ex ante, in presenza di concessioni edilizie già rilasciate, sia successivamente, in presenza di concessioni rilasciate in via di sanatoria. Ciò in quanto, ove manchi la specifica autorizzazione a lottizzare, la lottizzazione abusiva sussiste e deve essere sanzionata anche se, per le singole opere facenti parte di tale lottizzazione, sia stata rilasciata una concessione edilizia (cfr C.d.S. sez. V 26.03.1996 n. 301). In tal senso si è pressa altresì la Corte Costituzionale nella sentenza n. 148/1994 con cui è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale delle norme che escludono la condonabilità, ai fini penalistici, del reato di lottizzazione abusiva, nel caso in cui la stessa risulti conforme alle prescrizioni di legge ed alla strumentazione urbanistica. Sul punto la Corte ha chiarito al riguardo che: “il rilascio della concessione in sanatoria opera nell'ambito di uno schema procedimentale, delineato nell'art. 13 della stessa legge 26 febbraio 1985, n. 47, con previsione di interventi, adempimenti e termini, che appaiono specificamente modellati sulla fattispecie della costruzione priva di concessione. Di qui l'impossibilità di una mera trasposizione di un siffatto schema procedimentale all'ipotesi della lottizzazione abusiva, per la quale occorrerebbero, pertanto, soluzioni normative che mai potrebbero essere apprestate in questa sede, implicando, fermo quanto dedotto in ordine alla non comparabilità delle situazioni, scelte di modi, condizioni e termini che non spetta alla Corte stabilire”.
Pertanto, la constatata autonomia dei procedimenti sanzionatori in questione induce ad escludere l’applicabilità della sospensione invocata ex art. 44 della legge n. 47/1985, posto che la sospensione dei procedimenti ivi prevista non può che riferirsi alle misure sanzionatorie relative agli abusi suscettibili di sanatoria e/o di condono, ove, nel caso di presentazione della relativa istanza entro i termini, la sospensione del procedimento è strumentale a preservare l’interesse dell’istante a veder definito il procedimento instaurato e di evitare che la messa in esecuzione di un provvedimento di ripristino vanifichi del tutto il suo interesse legittimo a vedere definita la domanda di sanatoria
( cfr in tal senso vd anche Cass. Pen. Sez. III, 18.11.1997 n. 3900).


2. In rito, occorre inoltre valutare la questione di inammissibilità sollevata dal Comune di Napoli con riferimento alla posizione dei ricorrenti che, pur destinatari dell’ordine di sospensione dei lavori di cui alla disposizione n.8489/1999, hanno proposto impugnazione limitatamente alla ordinanza di acquisizione n. 131 del 21.02.2001. Ciò è avvenuto precisamente nei ricorsi iscritti ai n.n. 5248/2001, 5673/2001,5736/2001, 7428/2001. La eccezione è stata sollevata dal Comune anche rispetto al ricorso iscritto al n. 7438/2001 proposto da Di Paola Irene ove è stato dichiarato perenta la impugnativa avverso l’ordine di sospensione.
L’eccezione è infondata.
Ad avviso del Collegio la questione deve essere risolta nel senso della ammissibilità di una impugnativa separata del provvedimento di acquisizione, anche in assenza della previa impugnazione del provvedimento di sospensione. Ciò in quanto, nei casi in cui la sospensione preceda, come nella specie, la formale adozione di un atto di acquisizione, non può dirsi che l’effetto acquisitivo sia conseguito automaticamente al decorso dei termini fissati dall’amministrazione nel provvedimento di sospensione.
La sospensione, quale atto di natura cautelare preventiva, è rivolta, nel caso di lottizzazione materiale, ad impedire la prosecuzione dei lavori edilizi e ad impedire atti giuridici di disposizione dei terreni oggetto di lottizzazione.
Nel caso della lottizzazione abusiva, quindi, la legge rimette alla amministrazione uno strumento cautelare di intervento diretto e tempestivo, qual è la sospensione, ma fa salvo in ogni caso un eventuale ripensamento dell’amministrazione medesima che, nei successivi novanta giorni, può revocare il provvedimento di sospensione. Sicchè l’effetto acquisitivo in questo caso discende dal mancato esercizio, nei termini previsti, di un potere di revoca del provvedimento di sospensione, che può essere attivato, sia d’ufficio, melius re perpensa dalla stessa amministrazione, anche sulla base di nuovi elementi, oppure può essere sollecitato dagli stessi destinatari dell’atto di sospensione, attraverso la partecipazione al procedimento repressivo, o la spontanea rimozione degli abusi contestati. Di qui consegue, che, in seguito alla adozione del provvedimento di sospensione, l’effetto acquisitivo non consegue ad una mera attività materiale di mero accertamento di un comportamento di inottemperanza del privato.
Può accadere che l’amministrazione, nell’esercizio delle sua attività discrezionali, entro i successivi novanta giorni, attivi un procedimento di riesame al fine di decidere se permangono o meno, anche sulla base di nuove allegazioni, i presupposti per ritenere integrata la infrazione contestata e rivedere gli accertamenti a suo tempo compiuti.
Di qui consegue la ammissibilità dei ricorsi autonomi proposti solo avverso il provvedimento di acquisizione. Nel senso della ritenuta autonomia dell’acquisizione rispetto al provvedimento di sospensione si è espresso altresì il Consiglio di Stato, seppur incidentalmente, nella sentenza . n.3753/2005.


3. Va a questo punto esaminata, la censura comune ai ricorsi qui riuniti, riferita alla contestata applicabilità, ratione temporis, dell’art. 18 della legge n. 47/1985, sul presupposto che, come risulta per tabulas oltre che dalla motivazione del provvedimento impugnato, i frazionamenti oggetto di contestazione, ed alcune delle vendite che ne sono seguite, sono avvenute tutte in epoca anteriore alla data di entrata in vigore della legge medesima.
I ricorrenti hanno al riguardo invocato l’applicazione dell’ultimo comma dell’art. 18 cit, a tenore del quale, le disposizioni ivi contenute si applicano agli atti stipulati ed ai frazionamenti presentati ai competenti uffici del catasto, dopo l'entrata in vigore della stessa legge.
Le argomentazioni poste dai ricorrenti a sostegno di siffatta censura, benché persuasive poiché legate ad un preciso aggancio normativo, non convincono, in quanto tralasciano di considerare, innanzitutto, il rilievo della disciplina anteriore alla legge n. 47/1985, nonchè la funzione ed il ruolo delle norme volte a sanzionare la c.d. lottizzazione negoziale, ed inoltre omettono di considerare che il Comune, attraverso la disposta sospensione dei lavori, ha inteso sanzionare, nei confronti dei proprietari delle aree e/o responsabili degli abusi, anche una lottizzazione materiale eseguita attraverso opere materiali di trasformazione dei suoli a scopo lottizzatorio.


3.1 Sotto il primo profilo, occorre considerare che, nel periodo anteriore alla entrata in vigore della legge n. 47/1985, prima ancora della riforma approvata con la legge n. 765/1997, l’art. 28 della legge urbanistica n. 1150/1942, al comma 1, imponeva espressamente il divieto di procedere a lottizzazione dei terreni a scopo edilizio, senza preventiva autorizzazione del Comune, fino alla approvazione del piano regolatore particolareggiato. Pertanto, già all’epoca, la lottizzazione di un suolo a scopo edilizio qualora attuata in assenza di autorizzazione costituiva illecito urbanistico.
Il divieto di lottizzazione operava limitatamente ai Comuni provvisti di pano regolatore generale - che all’epoca era obbligatorio solo per pochi Comuni di particolare interesse urbanistico - poiché il piano particolareggiato poteva essere approvato solo nei Comuni provvisti di piano regolatore generale. In questo periodo, una lottizzazione non autorizzata era configurabile quale illecito urbanistico in presenza di vasti insediamenti di edilizia privata, edificati di solito in prossimità delle strade pubbliche, oppure attraverso una suddivisione materiale dei lotti, attraverso la esecuzione di opere di urbanizzazione (che all’epoca non erano nemmeno assoggettate a licenza o autorizzazione).
Con l’intervento della c.d. legge ponte n. 765/1967, ed in concomitanza con la estensione del controllo urbanistico a tutto il territorio e non alle sole aree edificate, la lottizzazione autorizzata è divenuta il principale strumento attuativo, non più subordinato alla presenza di un piano particolareggiato, ma alternativo ad esso, e ne è stata altresì ampliata l’operatività anche con riferimento ai Comuni dotati di programma di fabbricazione. In questo periodo la lottizzazione ha assunto dignità di piano urbanistico organico contente la disciplina attuativa di zone con finalità edilizie sia private che pubbliche, e doveva contemplare altresì la esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nel rispetto degli standards fissati dal d.m. 1444/1968.
In questo periodo la giurisprudenza ha iniziato a configurare, quale forma di lottizzazione non autorizzata, la c.d. lottizzazione indiretta, c.d. occulta o di fatto ravvisandone gli estremi qualora, in luogo della richiesta di autorizzazione a lottizzare classica, venivano inoltrate da parte di uno solo o di più soggetti una serie di domande di licenza o concessione edilizia per una pluralità di edifici, con il risultato di addivenire, al termine della edificazione, all’assetto definitivo di una vera e propria lottizzazione, secondo un assetto dettato dai privati con le singole richieste di concessione, in assenza di una preventiva pianificazione urbanistica. (cfr vd in tal senso C.d.S. sez. V 19.01.1981 n. 262).
Nel vigore del regime giuridico anteriore alla legge n. 47/1985, la giurisprudenza ha poi continuato ad elaborare il concetto di lottizzazione in assenza di autorizzazione, e, specie quella penale, ha iniziato col distinguere tra i casi in cui la lottizzazione abusiva di un’area veniva attuata attraverso la edificazione di opere o la realizzazione di opere di urbanizzazione, ed i casi in cui la formazione di lotti avveniva solo con atti giuridici, in assenza di opere materiali. Fu così che venne a crearsi quella figura di origine pretoria, identificata come lottizzazione cartolare, contraddistinta dalla assenza di opere di qualsiasi tipo, ed identificabile laddove potesse ravvisarsi, nella divisione giuridica del terreno, un effetto di preparazione e di agevolazione di un futuro insediamento. Sicchè, ancor prima della tipizzazione come reato della lottizzazione abusiva negoziale, avvenuta per la prima volta, con la legge n. 47/1985, la giurisprudenza penale qualificava come lottizzazione abusiva anche la sola vendita frazionata di terreni, sub specie di lottizzazione giuridica. Si è ritenuta infatti la configurabilità del reato di lottizzazione abusiva nei casi in cui, in presenza di indizi univoci e convergenti, si potesse ritenere intervenuto un frazionamento di un fondo a scopo edilizio anche in assenza di opere di urbanizzazione o di altre opere edilizie (cfr Cass. S.S.U.U. 28.11.1981, Cass. Pen. Sez. III 12.01.1982 m, Cass. Pen.15.06.1983,).
Tale essendo il quadro normativo ed interpretativo preesistente alla entrata in vigore della legge n. 47/1985, ove la lottizzazione non autorizzata era comunque sanzionata come illecito urbanistico ai sensi dell’art. 28 della legge 1150/1942, è intervenuto il legislatore che, con l’art. 18 cit., ha sostanzialmente equiparato alla lottizzazione abusiva c.d. materiale, ossia tramite la esecuzione di opere di trasformazione urbanistico edilizia del territorio, la diversa ipotesi della lottizzazione c.d. giuridica o cartolare che si realizza allorché venga posta in essere una operazione giuridica di frazionamento del suolo in lotti e successiva vendita, ed in presenza di indizi che denuncino in modo non equivoco la destinazione edificatoria del terreno.


3.2 Ciò premesso, è da evidenziare che, attraverso la tipizzazione della lottizzazione giuridica o cartolare quale illecito urbanistico, il legislatore ha inteso conferire una particolare protezione giuridica al bene interesse tutelato che è costituito dalla tutela del potere di pianificazione del territorio che è riservato alla amministrazione pubblica e, quindi, alla esigenza di assicurare che l’assetto urbanistico-edilizio del territorio non sia alterato sulla base di interventi di privati che intervengano al di fuori di una corretta programmazione e pianificazione. Ciò anche avuto riguardo al rilievo primario che la legge attribuisce al valore della pianificazione urbanistica, che può essere garantita solo impedendo in ogni caso la realizzazione di interventi di tipo lottizzatorio - e, come tali, modificativi della fisionomia urbanistica della zona - se questi ultimi non siano previamente pianificati ai fini di un loro corretto insediamento.
In sostanza, la punibilità della lottizzazione negoziale assolve alla esigenza di anticipare la soglia di tutelabilità del bene-interesse protetto dalla norma, quando ancora esso non è stato oggetto di modificazione materiale, sì da consentire alla amministrazione di intervenire, e di poter esercitare i poteri di vigilanza funzionali alla garanzia di assicurare un corretto ed ordinato uso del territorio, ancora prima che vengano posti in essere concreti atti di trasformazione del territorio medesimo, ed evitare che il territorio rischi così di essere trasformato in modo irreversibile.
In tal modo, attraverso la sanzionabilità della c.d. lottizzazione negoziale, a differenza di quanto avviene nelle altre tipologie di abuso edilizio, si viene ad anticipare la soglia minima di punibilità dell’illecito, ritenendo integrata la lesione al bene interesse tutelato dalla norma anche in presenza di un’attività solo giuridica ma potenzialmente preordinata alla manomissione del territorio, e suscettibile di precludere la strada della pianificazione urbanistica. Tale esigenza di intervento si è imposta alla attenzione prima dei giudici e poi del legislatore, proprio in considerazione delle peculiarità della lottizzazione giuridica che può anche restare in stato di quiescenza per lungo tempo, ben potendo i proprietari dei singoli lotti decidere di attendere il momento più opportuno per ottenere il rilascio della concessione edilizia per edificare.
Attraverso la configurabilità quale illecito della lottizzazione negoziale, il legislatore ha introdotto poi una serie di disposizioni e prescrizioni volte ad attuare un controllo preventivo degli atti di suddivisione dei lotti, attraverso la responsabilizzazione delle figure professionali deputate ad occuparsi degli atti di frazionamento e di trasferimento dei beni. Ed infatti, oltre agli obblighi ed alle sanzioni di natura civilistica, si prevede una sorta di sbarramento sin dal momento del frazionamento, di qui la prescrizione che i frazionamenti dei terreni non possono essere approvati dall’ufficio competente se non è allegata copia da cui risulti che il tipo di frazionamento è stato depositato presso il Comune. In tal modo si intende evitare che il Comune venga a conoscenza della divisione delle aree solo quando il trasferimento dei diritti sia già intervenuto, ossia al momento in cui pervengono le singole richieste di concessione edilizia.


3.3 In presenza di una siffatta disciplina, un problema di lottizzazione negoziale si pone laddove la contestazione sia formulata sulla base di atti giuridici e degli altri elementi indiziari che denunciano in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio, quali: la forma e la dimensione dei lotti, il numero dei lotti, la loro ubicazione, la qualità personali degli acquirenti, il prezzo pagato per l’acquisto dei lotti.
Diversamente, qualora sia contestata una ipotesi di lottizzazione materiale, un problema di configurabilità giuridica di lottizzazione negoziale non si pone più, poiché l’attività illecita, pur se originata da un originario e magari risalente frazionamento a scopo edificatorio, si è protratta sino a concretizzarsi in una attività di trasformazione materiale dei lotti che integra già di per sé la lottizzazione materia c.d. classica.
Di qui l’irrilevanza, nella specie, delle argomentazioni dedotte dai ricorrenti circa la irretroattività della normativa di cui all’art. 18 della legge n. 47/1985 per la parte relativa alla lottizzazione cartolare, innanzitutto, poiché le operazioni giuridiche di frazionamento dei lotti erano ritenute già punibili sin da data anteriore alla entrata in vigore della legge n. 47 cit. (in tal senso vd, ex plurimis, C.d.S. n.2445/2003, n.3531/2003, 3573/2003). Ed inoltre, poiché nella specie, la lottizzazione contestata si configura quale fattispecie di lottizzazione c.d. mista, in quanto, alla originaria suddivisione di un suolo agricolo di 120.000 m.q. sito in area inedificabile e vincolata, in lotti di dimensioni talmente modeste da rendere impraticabile la destinazione agricola, si è aggiunta, nel tempo, la successiva attività di trasformazione edilizia del suolo attraverso la esecuzione di opere di urbanizzazione, ampliamento di strade, ed erezione di manufatti con destinazione abitativa, sì da integrare una forma di lottizzazione c.d. mista, come si vedrà meglio di seguito.


3.4 Peraltro, perché possa configurarsi una lottizzazione materiale, è sufficiente la esecuzione di opere le quali, pur se nella fase iniziale, denotino che è stato iniziato o è in corso un procedimento di trasformazione urbanistica ed edilizia del terreno in contrasto con le norme vigenti.
La condotta lottizzatoria c.d. materiale può essere integrata da opere edilizie o da opere di urbanizzazione che conferiscano alla zona una articolazione apprezzabile in termini di trasformazione edilizia e che conferiscano ai terreni l’attitudine ad accogliere insediamenti non consentiti o non programmati. Pertanto, qualunque intervento o costruzione, ivi comprese le recinzioni o i picchettamenti purchè non precari, possono presentare siffatta idoneità a stravolgere l’assetto del territorio rendendone impraticabile la programmazione, anche quando non siano stati completati o si trovino in una fase iniziale. Sicchè anche la sola realizzazione di una strada, comportando un mutamento del precedente assetto del territorio, costituisce opera di trasformazione urbanistica soggetta ad autorizzazione comunale, tanto più qualora essa mal si concilii con la destinazione dei terreni e sia finalizzata a fornire un accesso a singoli lotti costituenti lottizzazione abusiva ai sensi dell'art. 18 l. 28 febbraio 1985 n. 47 (cfr T.a.r Lazio Latina 6.02.2002 n. 68; . C.d.S. sez.IV 8 maggio 2003 n.2445).


3.5 La lottizzazione in oggetto insiste su un suolo, in origine della estensione di 120.000 m.q. di proprietà di Monaco Livia, avente destinazione e natura agricola con alcuni fabbricati rurali, ed in parte, all’epoca, detenuto in affitto da alcuni coloni. Esso era individuato catastalmente al foglio 89 particelle 20-21-22-23-24-25. L’area è stata suddivisa in più lotti giusta atto di frazionamento del 21.12.1977. La vendita da parte della Monaco delle prime particelle frazionate, provenienti dalla ex particella 23 è avvenuta nel 1978. Successivamente, con atto di compravendita del 21.02.1983 una estensione di 84.022 m.q fu ceduta in comunione a Sorrentino Amelia e Di Paola Irene
(quest’ultima ricorrente nel presente giudizio). Tale appezzamento è stato poi frazionato in 18 lotti in un periodo compreso tra il 1983 ed il 1992, in cui le predette comproprietarie procedevano alla vendita delle singole particelle riservandosi la proprietà di alcune.
Dagli accertamenti espletati è risultato che alcuni tratti di strada, ancora in terra battuta, sono stati ampliati da una larghezza di tre a cinque metri in data successiva all’aprile del 1992, altri tracciati, invece, preesistevano a quella data.
L’attività oggetto di contestazione, come evincesi in atti, dal punto di vista materiale, è consistita nella realizzazione di opere di urbanizzazione quali strade, stradine interne di collegamento ai vari lotti di terreno, impianti idroelettrici e telefonici, fognature e pozzi neri, costruzioni abusive unifamiliari e multifamiliari con ingressi autonomi, recinzioni con muri e cancellate.
L’area insiste tutta in zona agricola, paesaggisticamente vincolata ai sensi dei d.d.m.m. 22.06.1967 e 28.03.1985, inclusa nel perimetro del piano territoriale paesistico Agnano Camaldoli approvato con d.m. 6.11.1995, e sottoposta, in virtù di detto piano, parte al regime della zona di protezione Integrale, ed in parte rientrante nella perimetrazione del Parco regionale dei Campi Flegrei, sottoposto al regime della zona B, area di riserva generale di protezione.
La lottizzazione contestata, è stata quindi attuata nel tempo, prima attraverso vari atti di frazionamento e conseguenti vendite di singoli lotti, e poi, più tardi attraverso la esecuzione di opere di urbanizzazione e la trasformazione edilizia dei singoli lotti.
Si è in presenza, pertanto, di una lottizzazione materiale nella forma c.d. mista ove alla trasformazione del suolo si è addivenuti attraverso una fattispecie a formazione progressiva, costituita , preliminarmente, dalla predisposizione di una suddivisione in più lotti, lotti di estensione assai limitata, di un suolo agricolo originariamente di 120.000 m.q. appartenente ad un unico proprietario con un intreccio di attività giuridiche e materiali, in cui, trattandosi di suoli non edificabili per i vincoli ivi esistenti la attività materiale di trasformazione del territorio ha assunto, infine, un rilievo decisivo e preponderante ai fini del perfezionamento della fattispecie.
Di qui la irrilevanza di una motivazione sull’interesse pubblico prevalente a sanzionare l’abuso in questione, trattandosi di un grave illecito di natura permanente grave che si è venuto perfezionando nel tempo sino all’epoca di adozione della ordinanza impugnata con sui si è intimata la sospensione dei lavori.


4. Una censura comune a quasi tutti i ricorsi qui riuniti attiene la illegittimità degli atti impugnati poiché non preceduti, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990, dalla comunicazione di avvio del procedimento.


4.1 Tale censura di violazione dell’art. 7 cit. non risulta formulata nel ricorso n. 5248/2001 proposto da Marasca Rosario e Impagliazzo Mariangela, che pertanto va ritenuto infondato nel merito poiché, in presenza di edificazione abusiva oggetto di domande di sanatoria pendenti, i motivi formulati attestati sulla irretroattività della normativa applicata, e sulla necessaria sospensione del procedimento sono stati ritenuti infondati sulla base delle argomentazioni di cui sopra.


4.2 La censura di violazione dell’art. 7 è fondata entro i termini di seguito precisati.
A ben vedere, ad avviso del Collegio, deve ritenersi necessaria la previa comunicazione di avvio prevista dall’art. 7, anche rispetto ad un atto cautelare di natura vincolata, qual è l’ordine di sospensione di una lottizzazione abusiva, cui può seguire, solo in un momento successivo, il perfezionarsi dell’effetto acquisitivo della proprietà al patrimonio comunale.
Questo Tribunale ha già avuto modo di risolvere la questione nel senso della applicabilità dell’art. 7 cit. in un precedente analogo caso, e precisamente con la sentenza n. 4811/2002, e tuttora non ritiene di discostarsi da siffatto orientamento.
Al riguardo, non sono condivisibili le conclusioni cui è pervenuta una parte, per la verità minoritaria, della giurisprudenza di merito, secondo cui la natura cautelare ed il carattere sostanzialmente vincolato del provvedimento di sospensione giustificherebbe la deroga all’obbligo di applicabilità dell’art. 7 cit (cfr in tal senso Tar Lazio Latina n 204/2000; Tar Calabria Catanzaro n.142/2002 ).
Si è già osservato in materia che la natura vincolata non è di per sé sufficiente ad escludere che l’Amministrazione sia gravata degli oneri partecipativi di cui alla legge n.241/90 (Consiglio di Stato, 23/4/98, n.474; Consiglio di Stato, 7/11/2001, n.5718), in quanto l’assenza di ogni profilo di discrezionalità non implica pure che l’Autorità non sia comunque tenuta a porre in essere un’attività di approfondito accertamento dei presupposti del provvedimento da adottare, al quale anche il privato possa contribuire, attraverso la prospettazione di fatti e argomenti a suo favore.
Come si è visto in precedenza, gli elementi che caratterizzano la lottizzazione abusiva sono molteplici e di varia natura, e devono essere, per costante giurisprudenza, univoci e gravi. La loro verifica, pertanto, richiede un accertamento complesso (accessi presso le Conservatorie dei registri Immobiliari, presso il catasto, presso i pubblici registri immobiliari, sopralluoghi, ecc.ecc.), al quale i soggetti interessati possono, con le loro osservazioni critiche e deduzioni in fatto, utilmente cooperare.
Sicchè, in casi come questi, è ben possibile che, anche in presenza di un provvedimento vincolato, la partecipazione del privato può introdurre circostanze ed elementi tali da indurre l’Amministrazione a recedere dall’emanazione di provvedimenti restrittivi.
Gli apporti partecipativi degli interessati al procedimento possono, infatti, idealmente collocarsi sia nella fase propriamente determinativa, fornendo elementi utili alla effettuazione della scelta tra i più comportamenti leciti che la stessa attribuzione di poteri di natura discrezionale comporta, sia nella fase logicamente e cronologicamente antecedente, nella quale occorre prendere contezza, in maniera il più possibile precisa, delle coordinate fattuali che connotano la fattispecie concreta da valutare, e quindi ciò a prescindere dalla natura, vincolata o discrezionale, della potestà amministrativa in esercizio.
Nemmeno risulta decisiva la concepita natura dell’atto quale mero provvedimento cautelare, conclusione alla quale si approda già per effetto della carica indubbiamente suggestiva posseduta dallo stesso nomen iuris del provvedimento interdittivo della fattispecie lottizzatoria, quando invece la soluzione del quesito va conseguita alla luce dell’intero assetto effettuale che la legge annette alla fattispecie dell’art.18, che non si esaurisce soltanto nella sospensione dei lavori abusivi e nel divieto di effettuare atti dispositivi inter vivos - effetti chiaramente parametrati alle diverse ipotesi della lottizzazione materiale e di quella negoziale - ma comprende pure il pregiudizievole effetto acquisitivo al patrimonio disponibile del Comune, effetto che si caratterizza soltanto per essere esso differito nel tempo, id est quando siano trascorsi novanta giorni senza che l’atto di sospensione sia stato revocato.
Si tratta, in conclusione, di un atto con il quale si concreta un vero e proprio potere repressivo, a tutela di uno specifico interesse pubblico, che l’Amministrazione è chiamata ad esercitare in presenza di un fatto di lottizzazione che, ove posto in essere senza che il Comune abbia rilasciato autorizzazione e senza la stipula della convenzione, prevista dagli artt.28 e 31 L. 17 agosto 1942 n. 1150, concreta un tipo di abuso che comporta la violazione della riserva di programmazione territoriale attribuita alla Pubblica amministrazione.
Ma l’esercizio di tale potere va necessariamente preceduto da approfonditi accertamenti tecnici, che la stessa fattispecie lottizzatoria per sua natura impone, involgendo aree solitamente di grosse dimensioni e una congerie di atti negoziali di trasferimento che si snodano in un arco temporale sovente molto ampio.
La stessa formulazione dell’art.18 depone in tal senso, prevedendo espressamente che il provvedimento di sospensione della lottizzazione abusiva va adottato previo “accertamento” della stessa. Pertanto è meritevole di adesione l’orientamento seguito di recente dal Supremo giudice amministrativo, secondo cui gli accertamenti tecnici che precedono l’adozione di un siffatto provvedimento sono di per sé complessi e quindi i soggetti interessati possono ad essi utilmente cooperare, con le loro osservazioni critiche e deduzioni in fatto, di talché, ai sensi della L. 7 agosto 1990 n. 241, l'Amministrazione deve dare avviso dell’avvio del procedimento (Consiglio di Stato, sez. V^, 23/2/2000, n. 948, e più di recente C.d.S. n. 2953/2004, C.d.S. n. 2307/2004).
Nella specie, nei provvedimenti impugnati, non risultano esplicitate eventuali ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità o di urgenza, che non avrebbero consentito la partecipazione suddetta.
Orbene, il non aver posto i ricorrenti in grado di intervenire nel procedimento sanzionatorio e presentare le proprie deduzioni ha illegittimamente privato l’istruttoria di un apporto collaborativo, che avrebbe potuto orientare in senso diverso l’Autorità Comunale.


4.1 La censura di illegittimità per violazione dell’art. 7 della legge n. 241/71990, benché fondata, deve comunque essere valutata unitamente alle disposizioni di cui all’art. 21 octies comma 2, della legge n. 241/1990, come modificata dalla legge n. 15/2005, che, quale norma di natura processuale, trova applicazione nel presente giudizio anche in relazione a procedimenti perfezionatisi sotto il vigore della precedente disciplina sul procedimento amministrativo.
Come noto, l’art. 21 octies, in talune fattispecie determinate, prevede una sorta di sanatoria della illegittimità, ossia consente di non pervenire ad una pronuncia di annullamento del provvedimento impugnato, anche qualora esso si presenti formalmente illegittimo, nei casi in cui la pronuncia del giudice non sia idonea a mutare l’esito del procedimento. La norma in questione disciplina infatti alcune ipotesi c.d. di sanatoria della illegittimità del provvedimento, in cui è preclusa al giudice amministrativo la pronuncia di annullamento dell’atto impugnato, sul presupposto della irrilevanza del vizio dedotto.
Ciò può avvenire in due casi.
Il primo riguarda esclusivamente gli atti di natura vincolata, ove è previsto che non si proceda ad annullamento in sede giurisdizionale, qualora, in presenza di violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, “risulti palese” che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Il secondo caso, non distingue tra atti di natura discrezionale e vincolata, e riguarda l’ipotesi in cui sia omessa la comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 cit.. In tal caso la norma pone a carico della amministrazione l’onere probatorio di dimostrare in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, e solo nel caso in cui tale onere probatorio sia assolto con esito positivo per l’amministrazione potrà operare la sanatoria giurisprudenziale.
Si introduce così nell’ambito della patologia dell’atto amministrativo una nuova categoria di vizi di legittimità c.d.minori o emendabili, da ritenersi tali in contrapposizione ai vizi sostanziali che resistono alla sanatoria di cui all’art. 21 octies.
Le norme di natura formale assumono ora una veste di cedevolezza rispetto alle norme di natura sostanziale. La natura cedevole delle norme procedimentali si rapporta alla loro valenza finale, essenzialmente strumentale al perseguimento dell’interesse sostanziale fatto valere dall’interessato.
La logica della cedevolezza dei vizi di natura formale risale al principio di conservazione degli atti giuridici, che trova applicazione laddove sia stato assicurato il “raggiungimento dello scopo”. In sostanza, lo scopo si intende raggiunto attraverso la realizzazione dell’interesse sostanziale che sta alla base del rapporto procedimentale tra privato e pubblica amministrazione.
Pertanto una volta che sia riconosciuta la natura formale della violazione contestata, per escludere l’annullamento occorre che sia palese che l’atto, pur in assenza del vizio constatato, avrebbe avuto comunque il medesimo contenuto provvedimentale negativo per l’interessato. In tal caso non si fa luogo ad annullamento poiché, la eventuale pronuncia di annullamento si rivelerebbe inutiliter data, in quanto la eventuale caducazione dell’atto impugnato non produrrebbe l’effetto voluto dall’interessato, dovendo l’amministrazione, in esecuzione della sentenza, reiterare un provvedimento di contenuto identico a quello annullato.
Con riferimento al vizio di cui all’art. 7, già nella giurisprudenza pregressa, come noto, era prevalsa una interpretazione in un certo senso “finalistica” delle regole relative alla comunicazione di avvio del procedimento la cui violazione rilevava, sotto il profilo dell’eccesso di potere, se ed in quanto essa concretava una lesione dell’interesse “sostanziale” di cui il ricorrente si faceva portatore. In questa prospettiva rilievo decisivo si è dato alla c.d. utilità del contributo che l’interessato, ove coinvolto, può apportare al procedimento amministrativo, ed alle concrete prospettive di vantaggio che da un’eventuale sua partecipazione sarebbero derivate. Ciò in quanto, si è ritenuto, che la comunicazione di avvio del procedimento assolva, prevalentemente, finalità sostanziali e non formali, per cui può dar luogo ad annullamento dell’atto solo ove risulti che, attraverso la partecipazione dell’interessato, l’esito del procedimento sarebbe stato differente.
Tale opzione interpretativa è decisamente prevalsa nella pregressa giurisprudenza amministrativa, a dispetto del contrario orientamento che, ravvisando nella violazione dell’art. 7 un vizio di violazione di legge, perveniva in ogni caso all’annullamento del provvedimento impugnato.
Alla predetta prevalente interpretazione giurisprudenziale paiono ispirate le nuove disposizioni in tema di annullabilità per omessa partecipazione al procedimento, ove però, rispetto alla sopradescritta impostazione, per il caso di violazione dell’art. 7 si assiste alla inversione dell’onere probatorio che, nell’attuale formulazione legislativa, grava a carico non del ricorrente ma della Pubblica Amministrazione. Si assiste in particolare ad una inversione dell’onere probatorio, rispetto alle regole ordinarie, laddove la prova del vizio che inficia l’atto non grava a carico di chi lo eccepisce, ma a carico della amministrazione nei cui confronti viene dedotto. La legge infatti rimette alla amministrazione l’onere di fornire la c.d. prova di resistenza, sicchè il giudizio postumo sulla utilità della partecipazione resta ancorato alla prova “contraria” che sarà fornita dalla amministrazione.
Nella specie il vizio prospettato con riferimento all’omessa comunicazione di avvio del procedimento, quale vizio di natura procedimentale, appartiene, senza dubbio, alla categoria dei vizi emendabili ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990 come innovata dalla legge n. 15/2005.
Ciò non solo riferimento alla previsione specifica ed espressa contenuta nella seconda parte del comma 2 dell’art. 21 octies, ma anche con riferimento al comma 2 prima parte dell’art. 21 octies, quale vizio afferente alla violazione di norme sul procedimento, emendabile limitatamente agli atti di natura vincolata entro i termini indicati dalla noma.
Ed infatti, con riferimento agli atti di natura vincolata, le disposizioni in tema di sanatoria contenute nell’art. 21 octies cit. comma 2 seconda parte per il caso di violazione dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento non si pongono in un rapporto di specialità rispetto alle disposizioni di cui alla prima parte della medesima disposizione, sì da comportare la applicazione della seconda parte in ogni caso di violazione dell’art. 7. Ciò in quanto, ad avviso del Collegio, sarebbe ultroneo ed irrazionale richiedere, in ogni caso, l’ottemperanza da parte della amministrazione ad un onere probatorio anche laddove “risulti palese”, sulla base degli atti già esistenti nel fascicolo di causa, che l’esito del procedimento non sarebbe comunque mutato anche a partecipazione avvenuta. Sicchè, limitatamente agli atti di natura vincolata, laddove “sia palese” che l’esito del procedimento sarebbe restato invariato nonostante la partecipazione dell’interessato, non si pone un problema di assolvimento della prova contraria da parte dell’amministrazione.
Nella specie, ove si controverte in ordine ad una attività di natura vincolata, sebbene preceduta da accertamenti complessi, la applicazione dell’art. 21 octies per violazione dell’art. 7 preclude l’annullabilità degli atti impugnati (cfr in tal senso vd anche C.d. S. sez. IV, n3124/2005), laddove risulti palese che il contenuto del provvedimento non poteva essere diverso.
Diversamente laddove non risulti palese il diverso esito del procedimento ed in ogni caso l’amministrazione non abbia assolto all’onere di fornire una prova contraria, non potrà operare la sanatoria, e dovrà pervenirsi ad annullare gli atti impugnati.


4.2 Nei ricorsi in esame, alcuni tra i ricorrenti che hanno lamentato la violazione delle garanzie partecipative, hanno dedotto la loro totale estraneità all’abuso contestato assumendo di non aver in alcun modo partecipato all’attività lottizzatoria, avendo lasciato immutata la destinazione agricola del suolo in assenza di alcuna modificazione dello stato dei luoghi.
Rispetto alla posizione di costoro, non può trovare applicazione la sanatoria di cui all’art. 21 octies cit, né con riferimento al primo comma, non risultando palese che l’esito del procedimento sarebbe stato diverso, né con riferimento al secondo comma non avendo ottemperato l’amministrazione comunale all’onere di fornire una prova contraria.
Ci si riferisce alla posizione dubbia e suscettibile di maggiore approfondimento di coloro che, non avendo posto in essere quasi nessuna attività edificatoria, sembrano essere stati coinvolti nella sola lottizzazione negoziale, e non anche nella fattispecie di lottizzazione mista oggetto di contestazione, per cui occorre verificare se sussiste, anche per essi, il concorso di tutta quella serie di elementi univoci e concordanti nella direzione edificatoria, di cui si è detto innanzi. Si tratta dei ricorrenti che non sembrano aver modificato la destinazione agricola del suolo, oppure hanno eseguito opere modeste quali recinzioni astrattamente compatibili con la destinazione agricola del fondo. Nei confronti di questi ultimi l’eventuale partecipazione al procedimento, avrebbe potuto far conseguire un qualche risultato utile ed avrebbe consentito alla amministrazione di pervenire ad una più esatta qualificazione della fattispecie, se non alla revoca del provvedimento impugnato.
Nella specie è mancato un contraddittorio procedimentale su tali elementi, essendosi formato il convincimento della amministrazione in maniera unilaterale, ossia sulla sola base degli accertamenti esperiti presso la Conservatoria e presso gli Uffici Catastali, noché degli accertamenti esperiti in data 12.04.1999 dalla Sezione di Polizia Giudiziaria Urbanistica presso la Procura della Repubblica, allegati al fascicolo della amministrazione resistente, e richiamati per relationem nella motivazione del provvedimento impugnato .


4.3 Vanno invece respinti, ai sensi dell’art. 21 octies cit. comma 2 prima parte, i ricorsi di coloro rispetto ai quali è da ritenersi palese, ai sensi del comma 1, che il risultato del procedimento non poteva essere diverso, e ci riferisce in particolare a coloro che hanno posto in essere attività edificatoria materiale suscettibile di alterare e modificare sostanzialmente l’originario assetto dei luoghi, oppure attraverso opere quali recinzioni o cancelli in muratura, specie laddove la estensione dell’area acquisita sia talmente ridotta da rendere improponibile una eventuale destinazione agricola, e precisamente:
Ricorso n. 4065/2000:
Ragno Antonio e Zazzeri Bruna sono proprietari di un suolo iscritto al fg.89 p.lla 884 della estensione di 1100. Su detto suolo insite un corpo di fabbrica abusivo in muratura, della estensione di circa m.q. 45, composto da un solo piano terra ed alto 3,10 metri, con adiacente tettoia in tegole sorretta da scatolari in ferro di circa m.q. 24. Sono stati inoltre realizzati un grillage in ferro in aderenza alla tettoia per una superficie di 20 m.q., ed un altro manufatto in muratura di circa 7 m.q. adibito a cucina con annesso forno a legna, il tutto con collegamenti di acqua e di energia elettrica.
Altruda Maria, con atto pubblico di compravendita del 26.02.1980 ha acquistato da Monaco Livia il suolo proveniente da frazionamento n. 712/1980, iscritto al f.g. 89 p.lla 221 della estensione di m.q. 1120. Detto suolo risulta recintato completamente con un muro alto 2,50 metri lato strada, dotato di un varco di accesso tramite cancello in ferro a due battenti. Sullo stesso suolo insiste un manufatto, realizzato in assenza di titolo legittimante, al piano terra della estensione di 45 m.q. ed alto 2,90 metri, oltre una tettoia a mò di patio occupante una superficie di m.q. 35 con muretto di recinzione alto 0,60, adibito a casetta di campagna. Tali interventi edilizi non risultano denunciati e nemmeno riportati come preesistenti nell’atto di compravendita allegato agli atti del fascicolo di parte ricorrente.
Ricorso n. 4067/2000:
Gizzi Giorgina, è proprietaria della particella fg 89 p.lla n. 215 della estensione m.q. 605. In detta area risulta realizzato, in assenza di concessione edilizia, un corpo di fabbrica occupante una superficie di circa m.q. 130 in muratura e c.a. su due livelli, oltre un locale cantinato; il fabbricato è composto da due appartamenti occupati dalla ricorrente con il proprio nucleo familiare.
Gizzi Maria è proprietaria di un suolo iscritto al fg. 89 p.lla 205 su cui insiste un corpo di fabbrica, realizzato in assenza di concessione edilizia, occupante una superficie di circa m.q. 270 composto da piano terra e primo piano, costituito da tre appartamenti ed un locale seminterrato.
Gizzi Olimpia è proprietaria del suolo iscritto al fg. 89 p.lla 216 della estensione di m.q. 605. L’area risulta completamente recintata, e su di essa è stato realizzato, in assenza di concessione edilizia, un corpo di fabbrica occupante una superficie di m.q. 220 composto da piano terra, primo e secondo piano: il piano terra è composto da due appartamenti di tre vani ed accessori occupato dalla ricorrente, e l’altro è composto di due vani ed accessori. Sullo stesso suolo sono stati realizzati altresì un corpo di fabbrica della estensione di 80 m.q. ed una struttura in ferro di 150 m.q. priva di copertura.
Schioppo Luigi è proprietario del suolo iscritto al fg 89 p.lla 834 della estensione di m.q. 1080, acquistato nel 1995 dai coniugi Di Pietro Antonio e Cozzolino Anna che a loro volta ne avevano acquisito la proprietà per acquisto fattone da Monaco Livia, precedente proprietaria,il 31.10.1980. L’area in questione è completamente recintata con muretto e cancello al varco di accesso, ed all’interno risulta realizzato un manufatto di 100 m.q. di un solo piano diviso in cinque ambienti oltre accessori, munito di impianti idrici ed elettrici.
Ragno Michele ed Esposito Concetta sono proprietari del suolo iscritto al f.g. 89 della particella 882 della estensione di m.q. 900, circa per acquisto fattone da Ragno Michele e Zazzeri Bruna che a loro volta ne avevano acquistato la proprietà da Monaco Livia con atto del 17.03.1980. Sul detto suolo insistono due manufatti realizzati abusivamente e precisamente il primo composto da due piani fuori terra oltre ad un seminterrato realizzato tra il 1992 ed il 1993, ed il secondo più recente occupante una superficie di m.q. 44 diviso in quattro ambienti al piano terra.
Minopoli Salvatore ha acquistato da Monaco Livia, con atto pubblico di compravendita del 26.02.1980, il suolo iscritto in catasto al fg.89 p.lla 222 (variata alla particella 848). L’area risulta completamente recintata ed è occupata da varie opere abusive e precisamente un manufatto occupante una superficie di 150 m.q. con servizi ed accessori, ed altri due manufatti rispettivamente di m.q. 16 e 30 m.q.
Strazzullo Maria, casalinga, ha acquistato da Monaco Livia, con atto pubblico di compravendita dell’8.04.1980, il suolo iscritto in catasto al f.g. 89 p.lla 233 della estensione di m.q. 930 circa. Su detto suolo risultano realizzati due fabbricati in muratura : il primo della superficie di m.q. 180 composto da piano terra e primo piano diviso in due appartamenti adibiti ad abitazione; ed il secondo della superficie di m.q. 45 composto da piano terra e primo piano.
Romano Francesco e Postiglione Anna , il primo cuoco e la seconda casalinga, hanno acquistato da Monaco Livia, con atto pubblico di compravendita dell’8.04.1980, il suolo iscritto in catasto al f.g. 89 p.lla 231 della estensione di m.q. 665 circa. Su detto suolo ( dislocato su due livelli con ingressi autonomi), è stato realizzato, nella parte a monte, un manufatto composto da due piani fuori terra con tre appartamenti uno a piano terra e due al primo piano. Nella parte a valle insiste un altro manufatto in muratura adibito ad alloggio di campagna.
Ricorso n. 4069/2000
Cioce Serafino, operaio, ha acquistato da Monaco Livia, con atto pubblico di compravendita dell’11.03.1980, un suolo iscritto al fg. 89 p.lla 226 della estensione di circa m.q. 970. Il suolo risulta recintato da muro in tufo e rete metallica e sullo stesso insiste un piccolo manufatto a piano terra di 30 mq, ed un deposito adibito a ricovero di animali da cortile
Cioce Tobia, operaio, e Polverino Anna , casalinga, hanno acquistato con atto pubblico di compravendita dell’11.03.1980 da Monaco Livia, un suolo iscritto in catasto al foglio 89 particella 225 della estensione di circa m.q. 860. L’area, disposta a terrazzamento, risulta recintata su tutti e quattro i lati, ed in particolare con muri in tufo su tre lati, e con un muro in cemento armato su un altro lato. Ivi sono stati realizzate abusivamente un grillage di ferro e legno di 20mtx7 , una pedana in cls di metri 10x7, un soprastante manufatto in muratura mista di 30 m.q., un corpo di fabbrica in aderenza allo stesso di mq. 6 coperto da lamiera recata adibito a voliera,ed un altro manufatto in muratura mista di 20 m.q. alto 2,20 metri circa adibito a forno e ricovero di animali.
Cioce Salvatore, commerciante, coniugato con Mele Fortuna, ha acquistato da Monaco Livia, con atto pubblico di compravendita dell’11.03.1980 un suolo iscritto al fg.89 p.lla 224 della estensione di m.q. 1100 circa. L’area risulta recintata con muratura alta circa 1 metro, e sovrastante ringhiera in ferro , in corrispondenza di un varco di accesso munito di cancello in ferro, ed all’interno risulta realizzato abusivamente un manufatto in muratura di 32 m.q. costituente una casetta di campagna.
Di Costanzo Gennaro ha ricevuto in donazione con atto pubblico del 13.12.1994 dalla madre Gizzi Olimpia un suolo iscritto al fg 89 p.lla 216 della estensione di m.q. 605. L’area, completamente recintata, di natura scoscesa, è occupata da un corpo di fabbrica di 220 m.q. composto da piano terra, primo e secondo piano.
Imperatrice Giuseppina, Di Vicino Salvatore, Di Vicino Francesca, Di Vicino Clara quali eredi di Di Vicino Francesco sono subentrati per successione mortis causa nella proprietà del suolo iscritto al fg. 89 p.lla 223 della estensione di m.q. 1375. Sull’area risulta edificata una costruzione di 140 m.q. in muratura e cemento armato, con annesse tettoie a mò di patio di circa m.q. 40, oltre ad una cantinola di circa 50 m.q. alta tre metri. L’immobile è frazionato in due unità immobiliari con ingressi indipendenti muniti di cancelli in ferro, ed è recintato da un muro alto 2,20 metri fronte strada.
Ricorso n.4345/2000
Cioce Giorgio ha acquistato da Sorrentino Amelia e Di Paola Irene, con atto pubblico di compravendita del 30.11.1993 e frazionamento approvato il 31.08.1993, il suolo iscritto al fg.89 p.lla 738 della estensione di m.q. 600 circa. L’area risulta completamente recintata con muratura di tufo e sovrastante inferriata, munita di varco di accesso con cancello in ferro, e sulla stessa è stato realizzato un corpo di fabbrica di solo piano terra della superficie di 70 m.q..
Corrado Rosa, ha acquistato da Monaco Livia con scrittura privata autenticata del 15.09.1980 il suolo iscritto al fg. 89 p.lla 270 della estensione di m.q. 1875 proveniente da frazionamento del 22.08.1980. L’area risulta recintata da muratura in tufo e munita di cancello in ferro scorrevole, ed ivi è stato realizzato abusivamente in corpo di fabbrica in cemento armato e tufo della estensione di circa 200 m.q. composto da un piano terra.
Chiaro Ciro, commerciante, ha acquistato da Sorrentino Amelia e Di Paola Irene, con atto pubblico di compravendita del 14.02.1995, il suolo iscritto al fg. 89 p.lla 783 della estensione di m.q. 700. Il suolo è completamente recintato con muratura e soprastante cancellata in ferro con varco di accesso munito di cancello in ferro. Sull’area insiste un corpo di fabbrica della estensione di m.q. 40 in muratura mista con calpestio in c.a., alto circa 2,60 metri, coperto da solaio in c.a. e diviso in tre ambienti.
Ricorso n.5673/2001:
Russo Gennaro, risulta destinatario delle ordinanze impugnate in relazione al suolo iscritto in catasto al fg. 89 p.lla 206 della estensione di m.q. 1040, successivamente ulteriormente frazionato in due particelle e precisamente la n. 206 di m.q. 508 e la n. 442 di m.q. 532 alienata quest’ultima nel 1991. Il ricorrente ha altresì presentato nel 1995, come da documentazione allegata al fascicolo del Comune, domanda di condono per aver ivi realizzato un manufatto abusivo.
Ricorso n. 5736/2001
Amabile Maria, Amabile Agostino, Amabile Francesca, Amabile Chiara, Amabile Rita e Amabile Salvatore proprietari del suolo iscritto al foglio n. 89 p.lla 438 della estensione di m.q. 8150 subentrati jure successionis a Di Vicino Maria. Il suolo è stato interessato dalla esecuzione di più opere edilizie abusive oggetto di richiesta di condono edilizio, strade di collegamento, ed in particolare due manufatti ed una tettoia sul lotto assegnato ad Amabile Anna, sicchè seppure poteva apparire dubbio l’originario frazionamento negoziale - peraltro in presenza di un preliminare di compravendita in ragione della estensione dell’area e della qualifica di coltivatore del promittente acquirente - come dedotto in atti, la attività edilizia successivamente eseguita consente di ricondurre la fattispecie nel disegno unitario della contestata lottizzazione materiale.
Ricorso n. 7438/2001
Di Paola Irene è risulta destinataria del provvedimento di acquisizione impugnato unitamente a Sorrentino Amelia per la stessa particella 438 di cui al ricorso n. 5736/2001 poiché oggetto di preliminare di vendita, per le particella 227 e 228 a lei intestate catastalmente (quest’ultima risultata appartenere a De Sogus di cui si è pronunciato l’accoglimento come si vedrà di seguito), nonché per aver proceduto alla originaria suddivisione dei lotti per le particelle risultanti dai frazionamenti e dalle vendite a vario titolo effettuate, e per quelli di cui è restata esclusiva proprietaria.


5.1 Meritano invece accoglimento i ricorsi di coloro rispetto ai quali non può operare il disposto di cui al comma 1 dell’art. 21 octies non risultando palese che la partecipazione al procedimento non ne avrebbe mutato l’esito, ed ove la amministrazione, ai sensi del comma secondo, non ha ottemperato all’onere di dedurre prova contraria, e precisamente:
Ricorsi n. 3396/2000 e n. 5533/2001:
Caruso Maria Rosaria e Caruso Mauro, la prima con la qualifica di ragioniera il secondo con la qualifica di commerciante hanno acquistato la particella n. 430 iscritta al fg. 89 della estensione di 1200 m.q. con atto di compravendita dell’11.10.1983 da Di Paola Irene e Sorrentino Amelia, con frazionamento avvenuto contestualmente. Sostengono in ricorso di non aver proceduto ad alcuna modificazione della destinazione agricola del terreno che sarebbe tuttora destinato a tal fine e completamente coltivato. Dagli accertamenti in atti risulta effettuata un’opera di recinzione non meglio specificata nella sua natura che è opera astrattamente compatibile con la destinazione agricola del fondo.
Ricorsi n.n. 4013/00 e 5571/01:
Ragno Saverio, di professione dottore in farmacia, ha acquistato da Monaco Livia, con atto di compravendita del 30.03.1978, due zonette di terreno iscritte in catasto al fg 89 p.lle n.n. 20(comodo rurale),203-204-208, della estensione complessiva di m.q. 3030.Iin ricorso ha dedotto di non aver mutato la destinazione agricola del suolo che ha concesso in comodato per uso agricolo a tale Ciardi Santino, come da allegata scrittura privata registrata il 14.05.1997. Dagli accertamenti in atti risulta che avrebbe eseguito lavori di sbancamento e livellamento in modo da portare il terreno da scosceso a comodo rurale, ma sul punto la Amministrazione non ha dimostrato che una sua eventuale partecipazione al procedimento non ne avrebbe variato l’esito.
Ricorso n. 4065/2000:
Del Vecchio Raffaella e Del Vecchio Pietro hanno ricevuto in donazione dalla madre Di Fusco Anna, con atto pubblico del 17.03.1997, il suo iscritto al fg 89 plla 209, della estensione di m.q. 1040 ed hanno dedotto in ricorso di non aver mutato la destinazione agricola del fondo. Dagli atti risulta che il suolo in questione è stato solo parzialmente recintato ad uso agricolo
De Sogus Luciano , di qualifica impiegato, ha acquistato da Monaco Livia, con atto di compravendita del 25.03.1980, fg. 89 p.lla 228 un suolo della estensione di m.q. 2000 circa. In ricorso ha dedotto di non aver mutato la destinazione agricola del suolo, e dagli atti risultano eseguite opere di recinzione non precisamente identificabili (pag. 14 accertamenti procura e foto allegata n. 17 ).
Niro Giuseppe, commerciante, ha acquistato, con atto pubblico di compravendita del 4.03.1988, da Ferrara Carmela (che a sua volta ne aveva acquistato la proprietà da Monaco Livia con atto dell’8.04.1980), il suolo iscritto al fg 89 p.lle 230 e 234 (sulla quale ultima insiste un vecchio comodo rurale) della estensione di m.q. 1130. In ricorso ha dedotto di non aver mutato la destinazione agricola del suolo, e dagli atti risultano eseguite sole opere di recinzione con pali in legno e rete metallica.
D’Alessandro Domenico, pensionato, ha acquistato, con atto pubblico di compravendita del 18.07.1996 da Sorrentino Amelia e Di Paola Irene, un suolo iscritto fg 89 così composto: p.lla 483 di circa m.q. 1094, p.lla 876 di circa m.q. 969, p.lla 878 della estensione di m.q. 1050. In ricorso ha dedotto di non aver mutato la destinazione agricola del suolo, e dagli accertamenti in atti non risulta eseguita alcuna opera edile né il suolo è recintato.
Ricorso n. 5673/2001:
Del Vecchio Vincenzo ha acquistato da Ercole Anna, con atto pubblico di compravendita del 17.01.1991, un suolo iscritto al fg. 89 p.lla 470 della estensione di m.q. 1000 circa. In ricorso ha dedotto di non aver mutato la destinazione agricola del suolo, e dagli accertamenti in atti il suolo risulta solo recintato, senza null’altra specificazione, e senza opere edilizi eseguite internamente.
Limitatamente a tali ultimi ricorrenti il ricorso merita accoglimento entro i limiti di cui sopra, e, quanto alle spese processuali, avuto riguardo alla complessità delle questioni tratte ricorrono giusti motivi per disporne la integrale compensazione tra le parti.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di Napoli sez. IV^, definitivamente pronunciandosi, sui ricorsi di cui in epigrafe qui riuniti, così provvede:
- accoglie i ricorsi proposti, per quanto di ragione, limitatamente alle seguenti parti ricorrenti:Caruso Maria Rosaria e Caruso Mauro (ricorsi n. 96/2000 e n. 5533/2001), Ragno Saverio (ricorsi n.n. 4013/00 e 5571/01), Del Vecchio Raffaella e Del Vecchio Pietro, De Sogus Luciano, Niro Giuseppe e D’Alessandro Domenico (ricorso n. 4065/2000), Del Vecchio Vincenzo (ricorso n. 5673/2001):
- respinge i ricorsi proposti dagli altri ricorrenti;
- spese compensate;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 19 Aprile 2006.


La presente decisione è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

 

dott. Dante D’Alessio - Presidente
dott. Renata Emma Ianigro - Primo Referendario estensore
 



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