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TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. IV, 10 novembre 2006, sentenza n. 9458
Urbanistica - Lottizzazione abusiva - Rilascio di concessione edilizia ex
ante o in via di sanatoria - Effetti sananti - Esclusione - Applicabilità della
sospensione ex art. 44 L. 47/1985 al procedimento sanzionatorio - Esclusione.
Il rilascio di una concessione edilizia, sia ex ante, in presenza di concessioni
edilizie già rilasciate, sia successivamente, in presenza di concessioni
rilasciate in via di sanatoria non può avere alcun rilievo sanante sulla
lottizzazione abusiva, atteso che gli interessi alla cui tutela i rispettivi
procedimenti sono destinati - quello relativo alla contestata lottizzazione ed i
procedimenti pendenti in presenza di domande di sanatoria - sono del tutto
distinti. Il procedimento di lottizzazione è riferibile infatti alla tutela e
conservazione delle destinazioni pubblicisticamente impresse dagli strumenti
urbanistici ad una determinato terreno, che non tollerano di essere vanificate
per illecite finalità di edificazione (art. 18 l. n. 47/1985), mentre gli altri
sono destinati a far conseguire la sanatoria a singole opere necessitanti di
concessione edilizia per la loro realizzazione. Ove manchi la specifica
autorizzazione a lottizzare, pertanto, la lottizzazione abusiva sussite e deve
essere sanzionata anche se, per le singole opere facenti parte di tale
lottizzazione, sia stata rilasciata una concessione edilizia. L’autonomia dei
procedimenti sanzionatori in questione induce ad escludere l’applicabilità della
sospensione ex art. 44 della legge n. 47/1985, posto che la sospensione dei
procedimenti ivi prevista non può che riferirsi alle misure sanzionatorie
relative agli abusi suscettibili di sanatoria e/o di condono, ove, nel caso di
presentazione della relativa istanza entro i termini, la sospensione del
procedimento è strumentale a preservare l’interesse dell’istante a veder
definito il procedimento instaurato e di evitare che la messa in esecuzione di
un provvedimento di ripristino vanifichi del tutto il suo interesse legittimo a
vedere definita la domanda di sanatoria (Cass. Pen. Sez. III, 18.11.1997 n.
3900). Pres. D’Alessio, Est. Ianigro - C.M.R. e altro (avv.ti Vanore e Cirillo)
c. Comune di Napoli (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons D’Oranges, Andreottola,
Carpentieri, Crimaldi, Cuomo, Furnari, Pizza, Pulcini, Ricci) riunito ad altri -
T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. IV - 10 novembre 2006, n. 9458
Urbanistica - Lottizzazione abusiva - Ordine di sospensione - Previa
comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Atto cautelare di natura
vincolata - Irrilevanza - Apporto partecipativo del privato - Vizio emendabile
ex art. 21 octie L. 241/90 - Fattispecie. La previa comunicazione di avvio
del procedimento ex art. 7 della L. 241/90, deve ritenersi necessaria anche
rispetto ad un atto cautelare di natura vincolata, qual è l’ordine di
sospensione di una lottizzazione abusiva. La natura vincolata non è di per sé
sufficiente ad escludere che l’Amministrazione sia gravata degli oneri
partecipativi di cui alla legge n.241/90 (Consiglio di Stato, 23/4/98, n.474;
Consiglio di Stato, 7/11/2001, n.5718), in quanto l’assenza di ogni profilo di
discrezionalità non implica pure che l’Autorità non sia comunque tenuta a porre
in essere un’attività di approfondito accertamento dei presupposti del
provvedimento da adottare, al quale anche il privato possa utilmente cooperare,
attraverso la prospettazione di fatti e argomenti a suo favore, particolarmente
quando, come nell’ipotesi di lottizzazione abusiva, gli elementi da valutare,
siano molteplici e di varia natura e debbano essere univoci e gravi. Tuttavia,
ai sensi dell’art. 21 octies della legge 241/1990, come innovata dalla legge n.
15/2005, il vizio di omessa comunicazione appartiene alla categoria dei vizi
emendabili, per cui l’annullabilità degli atti impugnati è preclusa laddove
risulti palese che il contenuto del provvedimento non poteva essere diverso.
Sicchè, con riferimento all’ipotesi di specie, non trova applicazione la
sanatoria ex art. 21 octies nei confronti di coloro che, non avendo posto in
essere alcuna attività edificatoria, deducano la loro estraneità all’abuso.
Viceversa, la mancata comunicazione è sanata nei confronti di coloro che hanno
posto in essere attività edificatoria materiale suscettibile di alterare e
modificare sostanzialmente l’originario assetto dei luoghi, rispetto ai quali è
da ritenersi palese che il risultato del procedimento non poteva essere diverso.
Pres. D’Alessio, Est. Ianigro - C.M.R. e altro (avv.ti Vanore e Cirillo) c.
Comune di Napoli (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons D’Oranges, Andreottola,
Carpentieri, Crimaldi, Cuomo, Furnari, Pizza, Pulcini, Ricci) riunito ad altri -
T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. IV - 10 novembre 2006, n. 9458
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA
QUARTA SEZIONE DI NAPOLI
N. 9458 Reg. Dec.
anno 2006
composto dai Magistrati:
Dante D’Alessio Presidente
Renata Emma Ianigro Componente rel/est.
Rosa Perna Componente
ha pronunciato la seguente:
S E N T E N Z A
Sui seguenti ricorsi riuniti:
n.3396/2000 proposto da:
CARUSO MARIA ROSARIA, CARUSO MAURO, rappresentati e difesi, giusta mandato a
margine del ricorso, dagli avv.ti Antonio Vanore e Riccardo Cirillo, ed
elettivamente domiciliati in Napoli al Centro direzionale isola C2 scala A;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 8489 del 27.12.1999 avente ad oggetto ordine
sospensione lavori “Lottizzazione abusiva Montagna Spaccata 421”, e di tutti gli
atti preordinati,connessi e consequenziali;
n.4013/2000 proposto da:
RAGNO SAVERIO, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine dell’atto di
costituzione, dall’avv. Mario Anzisi, ed elettivamente domiciliato in Napoli
alla via Toledo n.156;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 8489 del 27.12.1999 avente ad oggetto: ordine
sospensione lavori “Lottizzazione abusiva Montagna Spaccata 421”, e di tutti gli
atti preordinati,connessi e consequenziali;
n. 4065/2000, proposto da:
DEL VECCHIO RAFFAELLA, DEL VECCHIO PIETRO, RAGNO ANTONIO, ZAZZERI BRUNA, DE
SOGUS LUCIANO, NIRO GIUSEPPE, D’ALESSANDRO DOMENICO, ALTRUDA MARIA,
rappresentati e difesi, giusta mandato a margine del ricorso, dall’avv. Giuliano
Cante, ed elettivamente domiciliati presso la segreteria del
T.a.r.Campania-Napoli;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 8489 del 27.12.1999 avente ad oggetto ordine
sospensione lavori “Lottizzazione abusiva Montagna Spaccata 421”, e di tutti gli
atti preordinati,connessi e consequenziali;
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto
acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di
proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per
la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
n.4067/2000 proposto da:
GIZZI GIORGINA,GIZZI MARIA,GIZZI OLIMPIA,SCHIOPPO LUIGI, RAGNO MICHELE, ESPOSITO
CONCETTA, MINOPOLI SALVATORE, STRAZZULLO MARIA, ROMANO FRANCESCO, POSTIGLIONE
ANNA, rappresentati e difesi, giusta mandato a margine del ricorso, dall’avv.
Giuliano Cante, ed elettivamente domiciliati presso la segreteria del
T.a.r.Campania-Napoli;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 8489 del 27.12.1999 avente ad oggetto: ordine
sospensione lavori “Lottizzazione abusiva Montagna Spaccata 421”, e di tutti gli
atti preordinati,connessi e consequenziali;
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto
acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di
proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per
la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n.4069/2000 proposto da:
CIOCE SERAFINO, CIOCE TOBIA, POLVERINO ANNA, CIOCE SALVATORE, MELE FORTUNA, DI
COSTANZO GENNARO; IMPERATRICE GIUSEPPINA, DI VICINO SALVATORE, DI VICINO
FRANCESCA, DI VICINO CLARA quali eredi di DI VICINO FRANCESCO, rappresentati e
difesi, giusta mandato a margine del ricorso, dall’avv. Giuliano Cante, ed
elettivamente domiciliati presso la segreteria del T.a.r.Campania-Napoli;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 8489 del 27.12.1999 avente ad oggetto: ordine
sospensione lavori “Lottizzazione abusiva Montagna Spaccata 421”, e di tutti gli
atti preordinati,connessi e consequenziali;
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto
acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di
proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per
la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n. 4345/2000 proposto da:
CIOCE GIORGIO,CORRADO ROSA,CHIARO CIRO, rappresentati e difesi, giusta mandato a
margine del ricorso, dall’avv. Giuliano Cante, ed elettivamente domiciliati
presso la segreteria del T.a.r.Campania-Napoli;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 8489 del 27.12.1999 avente ad oggetto: ordine
sospensione lavori “Lottizzazione abusiva Montagna Spaccata 421”, e di tutti gli
atti preordinati,connessi e consequenziali;
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto
acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di
proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per
la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n. 5248/2001 proposto da:
MARASCA ROSARIO e IMAGLIAZZO MARIANGELA, rappresentati e difesi giusta mandato a
margine del ricorso, dagli avv.ti Salvatore e Raffaele Monaco, ed elettivamente
domiciliati in Napoli alla strada Provinciale 132;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto
acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di
proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per
la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n. 5533/2001 proposto da:
CARUSO MARIA ROSARIA, CARUSO MAURO,rappresentati e difesi, giusta mandato a
margine del ricorso, dagli avv.ti Antonio Vanore e Riccardo Cirillo, ed
elettivamente domiciliati in Napoli al Centro direzionale isola C2 scala A;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto
acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di
proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per
la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n.5571/2001 proposto da:
RAGNO SAVERIO, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine dell’atto di
costituzione, dall’avv. Mario Anzisi, ed elettivamente domiciliato in Napoli
alla via Toledo n.156;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto
acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di
proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per
la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n.5673/2001 proposto da:
DEL VECCHIO VINCENZO e RUSSO GENNARO rappresentati e difesi, giusta mandato a
margine del ricorso, dall’avv. Giuliano Cante, ed elettivamente domiciliati
presso la segreteria del T.a.r.Campania-Napoli;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto
acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di
proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per
la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n.5736/2001 proposto da:
AMABILE MARIA, AMABILE AGOSTINO, AMABILE FRANCESCA, AMABILE CHIARA,AMABILE RITA
e AMABILE SALVATORE, rappresentati e difesi, giusta mandato a margine, dagli avv.ti
Concetta Monaco e Fabio Orefice, ed elettivamente domiciliati in Napoli, alla
via Giustiniano n.136;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto
acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di
proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per
la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
ricorso n. 7438/2001 proposto da:
DI PAOLA IRENE rappresentata e difesa, giusta mandato a margine dell’atto di
costituzione, dall’avv. Mario Anzisi, ed elettivamente domiciliato in Napoli
alla via Toledo n.156;
per l’annullamento
della disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001 avente ad oggetto
acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Napoli delle aree di
proprietà dei ricorrenti, costituente titolo per l’immissione nel possesso e per
la trascrizione gratuita nei registri immobiliari;
CONTRO
COMUNE DI NAPOLI in persona del Sindaco p.t. rappresentato e difeso dagli avv.ti
Giuseppe Tarallo, Barbara Accattatis Chalons D’Oranges, Antonio Andreottola,
Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari,
Giacomo Pizza, Anna Pulcini, Bruno Ricci, giusta mandato a margine dell’atto di
costituzione, ed elettivamente domiciliato in Napoli p.zo S.Giacomo presso
l’Avvocatura Municipale;
Relatore la dott.ssa Renata Emma Ianigro;
Letti i ricorsi ed i relativi allegati;
Vista la costituzione dell’amministrazione intimata;
sentite parti alla pubblica udienza del 19.04.2006 come da verbale;
Premesso in fatto
Con separati ricorsi iscritti rispettivamente ai n.n. 3396/2000, e 4013/2000,
Caruso Maria Rosaria e Caruso Mario, quali proprietari di un fondo di are 12 in
località San Lorenzo, per acquisto fattone in data 11.10.1983 da Sorrentino
Amelia e Di Paola Irene, impugnavano, chiedendone l’annullamento, con il primo
ricorso, il provvedimento n.8489 del 27.12.1999 recante sospensione delle opere
abusive in corso nell’area ubicata in località Pianura via Montagna Spaccata e
divieto di disporre dei suoli e delle opere, deducendone la illegittimità per i
seguenti motivi di diritto:
1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, e
successive modificazioni ed integrazioni;
La normativa richiamata è inapplicabile nella specie poiché diretta a sanzionare
gli atti stipulati ed i frazionamenti presentati ai competenti uffici del
catasto dopo la entrata in vigore della legge medesima, mentre nella specie il
frazionamento risale al 1983.
2) Violazione e falsa o mancata applicazione della legge n. 241/1990, violazione
del giusto procedimento;
L’ente avrebbe dovuto, nella corretta osservanza della norma, comunicare l’avvio
del procedimento amministrativo ai ricorrenti, non sussistendo le ragioni di
impedimento cui la norma medesima fa riferimento. La norma è stata
manifestamente violata poiché il procedimento si è svolto all’insaputa dei
ricorrenti che ben avrebbero potuto far rilevare alla P.A. la totale
infondatezza di quanto assunto poi nel provvedimento impugnato, dimostrando la
persistente destinazione dl suolo quale terreno agricolo nel rispetto dei
vincoli posti dal vigente strumento urbanistico.
3) Eccesso di potere, errata valutazione o travisamento dei fatti, errato
presupposto;
L’ente avrebbe dovuto esaminare la posizione dei ricorrenti e verificare che sul
terreno in questione non è stata effettuata alcuna costruzione di alcun tipo.
L’istruttoria avrebbe consentito di evidenziare che i ricorrenti non hanno posto
in essere alcun abuso edilizio, e non hanno violato la normativa vigente.
Con ricorso iscritto al n.5533/2001 gli stessi Caruso impugnavano, chiedendone
l’annullamento, la disposizione dirigenziale di acquisizione del suolo n. 131
del 21.02.2001, deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:
1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, manifesta
ingiustizia e illogicità;
I ricorrenti dalla data di acquisto del fondo, risalente all’11.10.1983 ad oggi,
non hanno operato alcun trasferimento di proprietà né alcun frazionamento di
particelle per cui ad essi non può essere addebitata alcuna lottizzazione
negoziale.
La normativa richiamata inoltre è applicabile ai soli frazionamenti presentati
dopo l’entrata in vigore della legge medesima.
Inoltre, dalla data di acquisto del terreno, i ricorrenti non hanno iniziato, né
posto in essere alcuna opera di urbanizzazione primaria tale da trasformare la
natura agricola del fondo di loro proprietà.
La P.A. ha peraltro omesso di indicare le opere che assume siano state iniziate
ovvero eseguite sul fondo dei ricorrenti.
Il Comune, abusando dei suoi poteri, ha illegittimamente riunito una grande
varietà di situazioni diverse rendendole oggetto di un unico provvedimento, ed
impedendo ai ricorrenti di rendersi conto degli elementi di fatto.
2)Violazione e falsa o mancata applicazione della legge n. 241/1990, violazione
del principio del giusto procedimento;
Il Comune avrebbe dovuto comunicare l’avvio del procedimento amministrativo ai
ricorrenti, non sussistendo le ragioni di impedimento cui la norma fa
riferimento.
Né può sostenersi la natura cautelare del provvedimento per escludere la
applicazione dell’art. 7, in quanto esso non tende a conservare la situazione
esistente in attesa dell’adozione di statuizione definitive, ma a sanzionare
direttamente l’abuso.
Nella specie i ricorrenti avrebbero potuto far valere, già nella fase formativa
del provvedimento amministrativo, le eccezioni derivanti dalla esistenza della
domanda di sanatoria. Inoltre, avrebbero potuto far rilevare la totale
infondatezza di quanto assunto poi nel provvedimento impugnato, dimostrando la
persistente destinazione del suolo quale terreno agricolo nel rispetto dei
vincoli posti dal vigente strumento urbanistico.
La diretta partecipazione degli interessati al procedimento trova in qualche
modo riscontro nello stesso art. 18 comma ottavo della legge n. 47/1985, che,
prevedendo la revoca del provvedimento di cui al comma 7 quando se ne ravvisano
i presupposti, conferisce alla P.A. il potere dovere di ritirare il
provvedimento che risulti inopportuno o viziato da una errata valutazione delle
circostanze di fatto, anche alla luce delle argomentazioni sollevate dai
ricorrenti.
I ricorrenti, non avendo avuto comunicazione di avvio del procedimento hanno
impugnato la disposizione di sospensione fornendo ivi argomentazioni e
circostanze di fatto che invece sono state debitamente ignorate.
Con separati ricorsi iscritti rispettivamente ai n.n.4013/2000 e 5571/2000,
Ragno Saverio, quale proprietario di due zonette di terreno rispettivamente di
m.q. 3030 e m.q. 1330 in località San Lorenzo, per acquisto fattone in data
30.03.1978 da Monaco Livia, impugnava, chiedendone l’annullamento, il
provvedimento n.8489 del 27.12.1999 recante sospensione delle opere abusive in
corso nell’area ubicata in località Pianura via Montagna Spaccata e divieto di
disporre dei suoli e delle opere, deducendone la illegittimità per i seguenti
motivi di diritto:
1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985 e
successive modificazioni ed integrazioni, eccesso di potere per erronea
presupposizione dei fatti sviamento;
Nella specie non può parlarsi di lottizzazione abusiva poiché non di verte né in
una ipotesi di lottizzazione materiale né in una ipotesi di lottizzazione
cartolare. Sul suolo non vi sono opere, eccettuata una stradina interpoderale,
ma i suoli hanno conservato la loro vocazione agricola e sono stati altresì
ceduti in comodato per la utilizzazione
2)Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990,
violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.;
Le doglianze dell’amministrazione sono riconducibili a fatti avvenuti oltre 20
anni addietro. Proprio a seguito della ricostruzione storica dei fatti sarebbe
stato ancor più utile oltre che indispensabile provvedere alla comunicazione
dell’avvio del procedimento proprio per consentire al privato di non dover
subire passivamente l’azione amministrativa, e consentirgli di prendere
posizione sui fatti rispetto ai quali è peraltro carente di legittimazione
passiva.
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso
di potere per erronea presupposizione dei fatti, sviamento, violazione del
principio generale tempus regit actum, e degli altri principi generali connessi;
La norma applicata è entrata in vigore cinque anni dopo le presunte
illegittimità perpetrate.
4) Eccesso di potere, sviamento, carenza di istruttoria, illogicità manifesta,
assoluta carenza di motivazione;
Se di lottizzazione abusiva si può parlare, lo si può fare solo con riguardo ai fatti recenti, per i quali il ricorrente non ha alcuna legittimazione passiva, poiché non gli sono imputabili.
Con il ricorso iscritto al n.5571/2001 lo stesso Ragno impugnava, chiedendone
l’annullamento, la disposizione dirigenziale di acquisizione del suolo n. 131
del 21.02.2001, deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:
1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985 e
successive modificazioni ed integrazioni, eccesso di potere per erronea
presupposizione dei fatti sviamento;
2)Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990,
violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.;
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso
di potere per erronea presupposizione dei fatti, sviamento, violazione del
principio generale tempus regit actum, e degli altri principi generali connessi;
4) Eccesso di potere, sviamento, carenza di istruttoria, illogicità manifesta,
assoluta carenza di motivazione;
Con ricorso iscritto al n. 4065/2000 Del Vecchio Raffaella, Del Vecchio Pietro,
Ragno Antonio, Zazzeri Bruna, De Sogus Luciano, Niro Giuseppe, D’Alessandro
Domenico, Altruda Maria, quali proprietari di piccoli fondi ubicati in località
San Lorenzo, frazionati ed acquistati prima della entrata in vigore della legge
n. 47/1985, impugnavano, chiedendone l’annullamento, il provvedimento di
sospensione n.8489 del 27.12.1999 deducendone la illegittimità per i seguenti
motivi di diritto:
1) Violazione e falsa applicazione della legge n. 47/1985, eccesso di potere per
sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto, altri profili;
Il provvedimento di sospensione ha natura cautelare, ed è emesso sul presupposto
che la lottizzazione sia in corso al fine di evitare che la stessa venga portata
ad ulteriori conseguenze.
Nel caso di specie, il provvedimento di sospensione è intervenuto allorquando
alcuna opera, lavoro o altro tipo di attività era in corso, ed in particolare
alcuna trasformazione poteva essere contestata in mancanza di attività dirette
in tal senso. In mancanza dell’attualità delle opere dirette alla lottizzazione,
l’intervento repressivo adottato dal Comune si dimostra assolutamente
illegittimo perché contrario alle finalità della disposizione che mira a
garantire una repressione preventiva.
L’ambito di applicazione della disposizione è altresì limitato agli atti ed ai
frazionamenti effettuati dopo l’entrata in vigore della legge n. 4771985.
Gli appezzamenti di terreno in oggetto sono stati acquistati e frazionati nel
1980 e quindi prima della entrata in vigore della legge n. 47/1985.
Il provvedimento è stato adottato a distanza di venti anni dall’acquisto dei
fondi, in assenza di opere realizzate, ed in presenza di un utilizzo a fini
agricoli dei fondi, sicchè risulta più che dimostrato che l’acquisto dei terreni
non era assolutamente preordinato a trasformazioni urbanistiche.
Va inoltre evidenziata altresì la mancanza di una specifica motivazione per il
caso in cui gli interventi repressivi intervengano a distanza di tempo.
Né vale richiamare, a giustificazione del provvedimento impugnato, i vincoli
insistenti sulle aree in questione. Tali vincoli, alla cui tutela è preposta
un’autorità amministrativa diversa dal Comune, non possono in ogni caso impedire
ai proprietari di godere dei beni secondo la specifica destinazione prevista
dalla vigente strumentazione urbanistica.
Nel caso di specie non sono state realizzate opere di urbanizzazione ed esse non
sono nemmeno indicate nell’atto impugnato;
2) Violazione di legge, artt 3 e 7 della legge n. 241/1990, eccesso di potere
per mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di
istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta;
La comunicazione di avvio del procedimento è al più necessaria quando l’adozione
del provvedimento implichi l’accertamento di circostanze di fatto suscettibili
di vario apprezzamento, ed in particolare quando l’atto è destinato a spiegare
notevoli e gravi effetti per il destinatario.
Nel caso di specie tale adempimento era reso ancor più necessario poiché i
ricorrenti non hanno realizzato alcuna delle attività contestate nel
provvedimento ed hanno il solo “torto” di aver acquistato un terreno e di averlo
utilizzato secondo gli sui previsti dalla legge.
L’amministrazione ha adottato la grave misura prevista dall’art. 18 della legge
n. 47/1985, senza considerare che nella specie non si è in presenza di opere, e
nemmeno di alcuna trasformazione urbanistica dal momento che i terreni
frazionati ed acquistati prima dell’entrata in vigore della legge n. 47/1985,
sono allo stato, utilizzati secondo la destinazione prevista dal piano
regolatore generale.
3) Violazione di legge, art. 3 della legge n. 241/1990, violazione della legge
n. 47/1985, della legge n. 72471994, eccesso di potere per mancata ponderazione
della situazione contemplata, difetto assoluto di istruttoria e di motivazione;
E’ evidente la contraddittorietà del provvedimento impugnato che non è stato
preceduto da alcuna valutazione degli interessi legittimi dei ricorrenti ed
adottato in assenza di qualunque acquisizione istruttoria che, senza dubbio,
avrebbe evidenziato l’insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto idonei
a giustificare l’adozione della contestata misura cautelare.
Con motivi aggiunti notificati il 30.04.2001, Del Vecchio Raffaella, Del Vecchio
Pietro, Ragno Antonio, Zazzeri Bruna, De Sogus Luciano, Niro Giuseppe,
D’Alessandro Domenico, Altruda Maria, impugnavano, chiedendone l’annullamento,
la disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001, deducendone la illegittimità
derivata dai vizi denunciati con riferimento alla sospensione costituente atto
presupposto, nonché per i seguenti motivi di diritto:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso
di potere per sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto,
altri profili;
Occorre nuovamente ribadire l’apoditticità e l’assoluta carenza di motivazione
del provvedimento impugnato, atteso che il Dirigente del Servizio Antiabusivismo
Edilizio del Comune di Napoli ha omesso di indicare, nell’impugnato
provvedimento, gli elementi precisi ed univoci evidenzianti l’intento
lottizzatorio posto in essere dai ricorrenti; indicazione tanto più necessaria
allorquando i provvedimenti repressivi intervengano a distanza di tempo.
Con ricorso iscritto al n. 4067/2000, Gizzi Giorgina, Gizzi Maria, Gizzi
Olimpia, Schioppo Luigi, Ragno Michele ed Esposito Concetta, Monopoli Salvatore,
Strazzullo Maria, Romano Francesco e Postiglione Anna, quali proprietari di
piccoli fondi siti in località S.Lorenzo, frazionati ed acquistati prima della
entrata in vigore della legge n.47/1985, impugnavano, chiedendone
l’annullamento, il provvedimento di sospensione n. 8489 del 27.12.1999,
deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:
1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso
di potere per sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatti,
altri profili;
Il provvedimento di sospensione ha natura cautelare, ed è emesso sul presupposto
che la lottizzazione sia in corso al fine di evitare che la stessa venga portata
ad ulteriori conseguenze.
Nel caso di specie, il provvedimento di sospensione è intervenuto allorquando
alcuna opera, lavoro o altro tipo di attività era in corso.
Dalla documentazione versata in atti risulta, con tutta evidenza, che i
ricorrenti hanno acquistato le aree già frazionate da circa un ventennio,
realizzandovi successivamente le costruzioni oggetto di domanda di concessione
in sanatoria.
In mancanza dell’attualità delle opere dirette alla lottizzazione, l’intervento
repressivo adottato dal Comune si dimostra assolutamente illegittimo perché
contrario alle finalità della disposizione che mira a garantire una repressione
preventiva.
L’ambito di applicazione della disposizione è altresì limitato agli atti ed ai
frazionamenti effettuati dopo l’entrata in vigore della legge n. 47/1985.
Gli appezzamenti di terreno in oggetto sono stati acquistati e frazionati nel
1980 e quindi prima della entrata in vigore della legge n. 47/1985, e gli
immobili destinati ad abitazione dei ricorrenti sono già stati realizzati sulle
aree predette già frazionate e sono oggetto di domanda di concessione in
sanatoria ancora in corso di definizione.
Il provvedimento è stato adottato a distanza di venti anni dall’acquisto dei
fondi, in assenza di opere realizzate, ed in presenza di un utilizzo a fini
agricoli dei fondi, sicchè risulta più che dimostrato che l’acquisto dei terreni
non era assolutamente preordinato a trasformazioni urbanistiche.
Va inoltre evidenziata altresì la mancanza di una specifica motivazione per il
caso in cui gli interventi repressivi intervengano a distanza di tempo.
Né vale richiamare, a giustificazione del provvedimento impugnato, i vincoli
insistenti sulle aree in questione. Tali vincoli, alla cui tutela è preposta
un’autorità amministrativa diversa dal Comune, che non è stata coinvolta nel
procedimento, possono al massimo essere rilevanti in sede di rilascio della
concessione edilizia in sanatoria e non invece in tale fattispecie.
Per le ricorrenti Gizzi Olimpia, Gizzi Giorgina e Gizzi Maria che hanno
acquistato le aree per effetto di donazione del padre Gizzi Pacifico nel 1979,
deve infine escludersi l’applicabilità delle misure in materia di lottizzazione
abusiva per la esclusione espressa prevista dall’art. 18 comma 11.
2) Violazione di legge art. 3 e 7 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per
mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di
istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta , altri profili;
La comunicazione di avvio del procedimento è al più necessaria quando l’adozione
del provvedimento implichi l’accertamento di circostanze di fatto suscettibili
di vario apprezzamento, ed in particolare quando l’atto è destinato a spiegare
notevoli e gravi effetti per il destinatario.
3)Violazione di legge, art. 3 della legge n. 241/1990, violazione della legge n.
47/1985, della legge n. 724/1994, eccesso di potere per mancata ponderazione
della situazione contemplata, difetto assoluto di istruttoria e di motivazione;
E’ evidente la contraddittorietà del provvedimento impugnato che non è stato
preceduto da alcuna valutazione degli interessi legittimi dei ricorrenti ed
adottato in assenza di qualunque acquisizione istruttoria che, senza dubbio,
avrebbe evidenziato l’insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto idonei
a giustificare l’adozione della contestata misura cautelare.
Con motivi aggiunti notificati il 30.04.2001, Gizzi Giorgina, Gizzi Maria, Gizzi
Olimpia, Schioppo Luigi, Ragno Michele ed Esposito Concetta, Monopoli Salvatore,
Strazzullo Maria, Romano Francesco e Postiglione Anna, impugnavano, chiedendone
l’annullamento, la disposizione dirigenziale n. 131 del 21.02.2001, deducendone
la illegittimità derivata dai vizi denunciati con riferimento alla sospensione
costituente atto presupposto, nonché per i seguenti motivi di diritto:
1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso
di potere per sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto,
altri profili;
Occorre nuovamente ribadire l’apoditticità e l’assoluta carenza di motivazione
del provvedimento impugnato, atteso che il Dirigente del Servizio Antiabusivismo
Edilizio del Comune di Napoli ha omesso di indicare nell’impugnato provvedimento
gli elementi precisi ed univoci evidenzianti l’intento lottizzatorio posto in
essere dai ricorrenti; indicazione tanto più necessaria allorquando i
provvedimenti repressivi intervengano a distanza di tempo.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 comma 11 della legge n. 47/1985,
eccesso di potere sotto molteplici aspetti;
Per le ricorrenti Gizzi Olimpia, Gizzi Giorgina e Gizzi Maria occorre ribadire
che le aree di loro proprietà, oggetto di acquisizione al patrimonio comunale,
sono loro pervenute per donazione del padre Gizzi Pacifico con atto del 1979, e
con successivo atti pubblico, nel 1991, le ricorrenti hanno provveduto allo
scioglimento della comunione, con attribuzione a ciascuna di esse della
proprietà esclusiva degli attuali appezzamenti di terreno. Ne consegue la
inapplicabilità delle misure sanzionatorie per la espressa esclusione prevista
dall’art. 18 comma 11 della legge n. 47/1985.
Con ricorso iscritto al n. 4069/2000 Cioce Serafino, Cioce Tobia e Polverino
Anna, Cioce Salvatore e Mele Fortuna, Di Costanzo Gennaro, Imperatrice
Giuseppina, Di Vicino Salvatore, Di Vicino Francesca, Di Vicino Clara - eredi Di
Vicino Francesco, quali proprietari di piccoli fondi ubicati in località San
Lorenzo,frazionati ed acquistati prima della entrata in vigore della legge n.
47/1985, impugnavano, chiedendone l’annullamento, il provvedimento di
sospensione n.8489 del 27.12.1999 deducendone la illegittimità per i seguenti
motivi di diritto:
1)Violazione e falsa applicazione della legge n. 47/1985, eccesso di potere per
sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto, altri profili;
Il provvedimento di sospensione ha natura cautelare, ed è emesso sul presupposto
che la lottizzazione sia in corso al fine di evitare che la stessa venga portata
ad ulteriori conseguenze.
Nel caso di specie, il provvedimento di sospensione è intervenuto allorquando
alcuna opera, lavoro o altro tipo di attività era in corso.
Dalla documentazione versata in atti , risulta, con tutta evidenza, che i
ricorrenti hanno acquistato le aree già frazionate da circa un ventennio
realizzandovi le costruzioni, comprensive delle occorrenti urbanizzazioni
primarie, prima del 1983, e richiedendo ai seni della legge n. 47/1985 la
concessione in sanatoria.
In mancanza dell’attualità delle opere dirette alla lottizzazione, l’intervento
repressivo adottato dal Comune si dimostra assolutamente illegittimo perché
contrario alle finalità della disposizione che mira a garantire una repressione
preventiva.
L’ambito di applicazione della disposizione è altresì limitato agli atti ed ai
frazionamenti effettuati dopo l’entrata in vigore della legge n. 47/1985.
Gli appezzamenti di terreno in oggetto sono stati acquistati e frazionati nel
1980 e quindi prima della entrata in vigore della legge n. 47/1985. Gli immobili
destinati ad abitazione dei ricorrenti comprensivi delle occorrenti
urbanizzazioni, sono stati realizzati anch’essi prima della entrata in vigore
della legge n. 4771985, e sono oggetto di domanda di concessione in sanatoria
ancora in corso di definizione.
Il provvedimento è stato adottato a distanza di venti anni dall’acquisto dei
fondi, in assenza di opere realizzate. Va inoltre evidenziata altresì la
mancanza di una specifica motivazione per il caso in cui gli interventi
repressivi intervengano a distanza di tempo.
Né vale richiamare, a giustificazione del provvedimento impugnato, i vincoli
insistenti sulle aree in questione. Tali vincoli, alla cui tutela è preposta
un’autorità amministrativa diversa dal Comune, che non è stata coinvolta nel
procedimento, possono al massimo essere rilevanti in sede di rilascio della
concessione edilizia in sanatoria e non invece in tale fattispecie.
Per il ricorrente Di Costanzo, che risulta essere donatario di un immobile di 67
m.q. da parte della madre, deve infine escludersi, l’applicabilità delle misura
in tema di lottizzazione abusiva per la espressa esclusione prevista dall’art.
18 comma 11.
2) Violazione di legge, artt 3 e 7 della legge n. 241/1990, eccesso di potere
per mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di
istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta;
La comunicazione di avvio del procedimento è al più necessaria quando l’adozione
del provvedimento implichi l’accertamento di circostanze di fatto suscettibili
di vario apprezzamento, ed in particolare quando l’atto è destinato a spiegare
notevoli e gravi effetti per il destinatario.
L’amministrazione ha adottato la grave misura prevista dall’art. 18 della legge
n. 47/1985, senza considerare che nella specie non si è in presenza di opere
“iniziate” come prevede il comma 1 dell’art. 18, bensì di fabbricati ed
urbanizzazioni realizzate in tempi diversi, comunque prima del 1985 ed oggetto
di specifica domanda di concessione in sanatoria.
In un unico provvedimento viene contestata la realizzazione di opere seguite in
venti anni, senza alcuna acquisizione istruttoria, da cui sarebbe emersa senza
dubbio la insussistenza di un disegno lottizzatorio.
3)Violazione di legge, art. 3 della legge n. 241/1990, violazione della legge n.
47/1985, della legge n. 724/1994, eccesso di potere per mancata ponderazione
della situazione contemplata, difetto assoluto di motivazione per genericità ed
indeterminatezza;
L’Amministrazione, in palese violazione della normativa rubricata, senza
pronunciarsi sulle domande di sanatoria presentate ha adottato un provvedimento
da cui, in mancanza di una revoca, conseguirà direttamente l’abbattimento delle
costruzioni realizzate dai ricorrenti.
La contraddittorietà del predetto comportamento è aggravata dal fatto che il
Comune, nel frattempo, ha richiesto documenti ed incassato oneri di
urbanizzazione per la definizione delle pratiche di condono.
Nel provvedimento impugnato non sono indicate nemmeno le opere di urbanizzazione
che si assumono realizzate nelle aree preordinate alla lottizzazione, quali
abusi edilizi siano stato eseguiti, e da parte di quali dei destinatari
dell’ordinanza. Tale individuazione è ancora più necessaria dal momento che
nell’atto impugnato si perviene in modo generico ed indeterminato ad ipotizzare
l’esistenza di una lottizzazione in corso.
Con motivi aggiunti notificati il 30.04.2001, Cioce Serafino, Cioce Tobia e
Polverino Anna, Cioce Salvatore e Mele Fortuna, Di Costanzo Gennaro, Imperatrice
Giuseppina, Di Vicino Salvatore, Di Vicino Francesca, Di Vicino Clara - eredi Di
Vicino Francesco, impugnavano, chiedendone l’annullamento, la disposizione
dirigenziale n. 131 del 21.02.2001, deducendone la illegittimità derivata dai
vizi denunciati con riferimento alla sospensione costituente atto presupposto,
nonché per i seguenti motivi di diritto:
1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso
di potere per sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto,
altri profili;
I ricorrenti hanno acquistato gli immobili oggetto di acquisizione negli anni
1980,1993 e 1995, i suoli sono stati frazionati nel 1980, sicchè è evidente che
la iniziativa lottizzatoria non può in alcun modo essere contestata ai
ricorrenti, atteso che le attività compiute dai singoli proprietari, in modo
autonomo ed in momenti distinti, escludono in radice l’esistenza di qualsiasi
univoco intento, diretto all’abusiva lottizzazione dell’area.
Occorre nuovamente ribadire l’apoditticità e l’assoluta carenza di motivazione
del provvedimento impugnato, atteso che il Dirigente del Servizio Antiabusivismo
Edilizio del Comune di Napoli ha omesso di indicare nell’impugnato provvedimento
gli elementi precisi ed univoci evidenzianti l’intento lottizzatorio posto in
essere dai ricorrenti; indicazione tanto più necessaria allorquando i
provvedimenti repressivi intervengano a distanza di tempo.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 comma 11 della legge n. 47/1985,
eccesso di potere sotto molteplici aspetti;
Per il ricorrente Di Costanzo Gennaro occorre ribadire che l’area di sua
proprietà, oggetto di acquisizione al patrimonio comunale, gli è pervenuta per
donazione della madre Gizzi Olimpia con atto del 1994. Ne consegue la
inapplicabilità delle misure sanzionatorie per la espressa esclusione prevista
dall’art. 18 comma 11 della legge n. 47/1985.
Con ricorso iscritto al n. 4345/2000 Cioce Giorgio, Corrado Rosa e Chiaro Ciro,
quali proprietari di piccoli fondi ubicati in località San Lorenzo, frazionati
ed acquistati prima della entrata in vigore della legge n. 47/1985, impugnavano,
chiedendone l’annullamento, il provvedimento di sospensione n.8489 del
27.12.1999 deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:
1)Violazione e falsa applicazione della legge n. 47/1985, eccesso di potere per
sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto, altri profili;
Il provvedimento di sospensione ha natura cautelare, ed è emesso sul presupposto
che la lottizzazione sia in corso al fine di evitare che la stessa venga portata
ad ulteriori conseguenze.
Nel caso di specie, il provvedimento di sospensione è intervenuto allorquando
alcuna opera, lavoro o altro tipo di attività era in corso.
Dalla documentazione versata in atti , risulta, con tutta evidenza, che i
ricorrenti hanno acquistato le aree già frazionate da circa un ventennio
realizzandovi successivamente le costruzioni.
In mancanza dell’attualità delle opere dirette alla lottizzazione, l’intervento
repressivo adottato dal Comune si dimostra assolutamente illegittimo perché
contrario alle finalità della disposizione che mira a garantire una repressione
preventiva.
L’ambito di applicazione della disposizione è altresì limitato agli atti ed ai
frazionamenti effettuati dopo l’entrata in vigore della legge n. 47/1985.
Gli appezzamenti di terreno in oggetto sono stati acquistati e frazionati nel
1980 e quindi prima della entrata in vigore della legge n. 47/1985.
Il provvedimento è stato adottato a distanza di venti anni dall’acquisto dei
fondi, in assenza di opere realizzate. Va inoltre evidenziata altresì la
mancanza di una specifica motivazione per il caso in cui gli interventi
repressivi intervengano a distanza di tempo.
Né vale richiamare, a giustificazione del provvedimento impugnato, i vincoli
insistenti sulle aree in questione. Tali vincoli, alla cui tutela è preposta
un’autorità amministrativa diversa dal Comune, che non è stata coinvolta nel
procedimento, possono al massimo essere rilevanti in sede di rilascio della
concessione edilizia in sanatoria e non invece in tale fattispecie.
2) Violazione di legge, artt 3 e 7 della legge n. 241/1990, eccesso di potere
per mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di
istruttoria e di motivazione, altri profili;
La comunicazione di avvio del procedimento è al più necessaria quando l’adozione
del provvedimento implichi l’accertamento di circostanze di fatto suscettibili
di vario apprezzamento, ed in particolare quando l’atto è destinato a spiegare
notevoli e gravi effetti per il destinatario.
In un unico provvedimento viene contestata la realizzazione di opere seguite in
venti anni, senza alcuna acquisizione istruttoria, da cui sarebbe emersa senza
dubbio la insussistenza di un disegno lottizzatorio.
3) Violazione di legge, art. 3 della legge n. 241/1990, violazione della legge
n. 47/1985, della legge n. 724/1994, eccesso di potere per mancata ponderazione
della situazione contemplata, difetto assoluto di motivazione per genericità ed
indeterminatezza;
Nel provvedimento impugnato non sono indicate nemmeno le opere di urbanizzazione
che si assumono realizzate nelle aree preordinate alla lottizzazione, né quali
abusi edilizi siano stati eseguiti, e da parte di quali dei destinatari
dell’ordinanza. Tale individuazione è ancora più necessaria dal momento che
nell’atto impugnato si perviene in modo generico ed indeterminato ad ipotizzare
l’esistenza di una lottizzazione in corso.
Con motivi aggiunti notificati il 30.04.2001, Cioce Giorgio, Corrado Rosa e
Chiaro Ciro, impugnavano, chiedendone l’annullamento, la disposizione
dirigenziale n. 131 del 21.02.2001, deducendone la illegittimità derivata dai
vizi denunciati con riferimento alla sospensione costituente atto presupposto,
nonché per i seguenti motivi di diritto:
1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso
di potere per sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto,
altri profili;
I ricorrenti hanno acquistato gli immobili oggetto di acquisizione negli anni
1980,1993 e 1995, i suoli sono stati frazionati nel 1980, sicchè è evidente che
la iniziativa lottizzatoria non può in alcun modo essere contestata ai
ricorrenti, atteso che le attività compiute dai singoli proprietari, in modo
autonomo ed in momenti distinti, escludono in radice l’esistenza di qualsiasi
univoco intento, diretto all’abusiva lottizzazione dell’area.
L’impugnato provvedimento è intervenuto allorquando alcuna opera, lavoro o altro
tipo di attività era in corso.
Occorre nuovamente ribadire l’apoditticità e l’assoluta carenza di motivazione
del provvedimento impugnato, atteso che il Dirigente del Servizio Antiabusivismo
Edilizio del Comune di Napoli ha omesso di indicare nell’impugnato provvedimento
gli elementi precisi ed univoci evidenzianti l’intento lottizzatorio posto in
essere dai ricorrenti; indicazione tanto più necessaria allorquando i
provvedimenti repressivi intervengano a distanza di tempo.
Con ricorso iscritto al n. 5248/2001 Marasca Rosario e Impagliazzo Mariangela,
quali proprietari del fondo sito nel Comune di Napoli località S.Lorebzo, ed
iscritto al foglio n. 89 particella 272 e sub 5, impugnavano, chiedendone
l’annullamento, la disposizione dirigenziale di acquisizione, deducendone la
illegittimità per i seguenti motivi di diritto:
1) Eccesso di potere, difetto di istruttoria, violazione di legge, errata
applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985;
La zona oggetto di acquisizione è stata urbanizzata in modo abusivo sin dai
primi anni settanta, e lo sviluppo edilizio non ha seguito tuttavia una logica
comune, ma è stato caratterizzato da uno sfruttamento selvaggio del territorio
legato alle necessità dei singoli.
Tanto risulta proprio dalla documentazione citata a sostegno del provvedimento
di acquisizione che, cronologicamente, individua e distingue vari momenti
dell’edificazione abusiva e, quindi, proprio per tale motivo esclude la
fattispecie di cui all’art. 18 della legge n. 47/1985. Le varie stradine e
presunte opere di urbanizzazione sono la prova della disomogeneità degli
interventi edilizi.
Il provvedimento è inoltre affetto da evidente difetto, illogicità e
contraddittorietà della motivazione.
2) Sospensione dell’efficacia, applicazione della legge n. 47/1985, art. 39
della legge n. 724/1994;
La proprietà oggetto di acquisizione è oggetto di istanza di concessione in
sanatoria su cui allo stato pende ancora il procedimento amministrativo per cui
si impone la sospensione prevista per legge.
Con ricorso iscritto al n. 5673/2001, Del Vecchio Vincenzo e Russo Gennaro,
quali proprietari di piccoli fondi ubicati in località San Lorenzo, frazionati
ed acquistati prima della entrata in vigore della legge n. 47/1985, impugnavano,
chiedendone l’annullamento, la disposizione dirigenziale di acquisizione dei
fondi in parola n. 131 del 21.02.2001, deducendone la illegittimità per i
seguenti motivi di diritto:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso
di potere per sviamento, contraddittorietà, mancanza dei presupposti di fatto,
altri profili;
La pretesa iniziativa lottizzatoria non può in alcun modo essere contestata ai
ricorrenti i cui suoli sono stati frazionati nel 1980, e, le attività compiute
dai singoli proprietari, in modo autonomo ed in momenti distinti, escludono in
radice l’esistenza di qualsiasi univoco intento diretto all’abusiva
lottizzazione dell’area.
L’ambito di applicazione della disposizione è altresì limitato agli atti ed ai
frazionamenti effettuati dopo l’entrata in vigore della legge n. 47/1985.
Il provvedimento è stato adottato a distanza di venti anni dall’acquisto dei
fondi, in assenza di opere realizzate, di opere di urbanizzazione, nemmeno
indicate, ed in presenza di un utilizzo a fini agricoli, sicchè è più che
dimostrato che l’acquisto dei terreni non era assolutamente preordinato a
trasformazioni urbanistiche ed edilizie. Va inoltre evidenziata altresì la
mancanza di una specifica motivazione per il caso in cui gli interventi
repressivi intervengano a distanza di tempo.
2) Violazione di legge, artt 3 e 7 della legge n. 241/1990, eccesso di potere
per mancata ponderazione della situazione contemplata, difetto assoluto di
istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta, altri profili;
La comunicazione di avvio del procedimento è al più necessaria quando l’adozione
del provvedimento implichi l’accertamento di circostanze di fatto suscettibili
di vario apprezzamento, ed in particolare quando l’atto è destinato a spiegare
notevoli e gravi effetti per il destinatario.
In un unico provvedimento viene contestata la realizzazione di opere seguite in
venti anni, senza alcuna acquisizione istruttoria, da cui sarebbe emersa senza
dubbio la insussistenza di un disegno lottizzatorio.
3) Violazione di legge, art. 3 della legge n. 241/1990, violazione della legge
n. 47/1985, della legge n. 724/1994, eccesso di potere per mancata ponderazione
della situazione contemplata, difetto assoluto di motivazione per genericità ed
indeterminatezza;
Nel provvedimento impugnato non sono indicate nemmeno le opere di urbanizzazione
che si assumono realizzate nelle aree preordinate alla lottizzazione, né quali
abusi edilizi siano stati eseguiti, e da parte di quali dei destinatari
dell’ordinanza. Tale individuazione è ancora più necessaria dal momento che
nell’atto impugnato si perviene in modo generico ed indeterminato ad ipotizzare
l’esistenza di una lottizzazione in corso.
Nella specie i ricorrenti non hanno realizzato alcuna delle attività contestate
nel provvedimento ed hanno il solo torto di aver acquistato un suolo e di averlo
utilizzato secondo gli usi previsti dalla legge.
3) Violazione dell’art. 3 della legge n. 24171990, violazione della legge n.
47/1985, della legge n. 724/1994, eccesso di potere per mancata ponderazione
della situazione contemplata, difetto assoluto di motivazione per genericità ed
indeterminatezza;
Il provvedimento impugnato non è stato preceduto da alcuna valutazione degli
interessi legittimi dei ricorrenti ed adottato in assenza di qualunque
acquisizione istruttoria che avrebbe evidenziato l’insussistenza dei presupposti
di fatto e di diritto idonei a giustificare l’adozione dell’atto contestato.
Con ricorso iscritto al n. 5736/2001, Amabile Maria, Amabile Agostino, Amabile
Francesca, Amabile Chiara, Amabile Rita e Amabile Salvatore, quali proprietari
jure successionis di un terreno situato a Napoli in località S.Lorenzo, iscritto
in castato fg n. 89 p.lla 438, condotto in virtù di colonia dai genitori dei
ricorrenti, impugnavano, chiedendone l’annullamento la disposizione dirigenziale
di acquisizione n. 131 del 21.02.2001, deducendone la illegittimità per i
seguenti motivi di diritto:
1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, art. 3
della legge n. 241/1990, eccesso di potere, inesistenza dei presupposti in fatto
ed in diritto, travisamento, difetto di istruttoria, carenza di motivazione,
perplessità;
I genitori dei ricorrenti erano i coloni del terreno oggetto di acquisizione, ed
il terreno è stato acquistato nella stessa consistenza originaria, e ,
successivamente, trasmesso jure successionis ai figli e frazionato.
Quello che i genitori coltivavano è stato venduto dalla proprietaria nel 1984 e
solo successivamente trasmesso agli otto figli, sicchè, se pure lottizzazione vi
è stata, la stessa non può essere contestata ai ricorrenti che si sono limitati
a dividere un’eredità legittimamente acquisita dai genitori.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 4771985, eccesso
di potere, carenza di istruttoria, erroneità dei presupposti, assenza di
motivazione, apoditticità;
La giurisprudenza ha affermato che è illegittimo il provvedimento di sospensione
di una lottizzazione abusiva qualora l’atto di vendita di una porzione del
terreno, limitata rispetto all’area complessiva, sia stato effettuato in favore
di un coltivatore diretto, per cui la vendita non può dirsi preordinata in modo
non equivoco allo sfruttamento del terreno per scopi edificatori ed in cui a
distanza quasi decennale sano seguiti ulteriori atti di vendita dei lotti
frazionati che abbiano avuto, per risultato, la finale destinazione a scopi
edificatori delle porzioni di terreno oggetto delle stesse successive
alienazioni, e come sanzione, l’intervento repressivo del Comune (Tar Lazio
Roma, sez, II 18.02.1999 n. 596).
Inoltre il frazionamento di un terreno nell’ambito di una divisione ereditaria
non è elemento di per sé solo sufficiente a dimostrare la ricorrenza di una
lottizzazione abusiva sanzionabile (T.a.r. L’Aquila, 20.01.1998, n. 183).
3)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso
di potere, carenza di istruttoria, erroneità dei presupposti, difetto di
motivazione, travisamento, perplessità;
La Giurisprudenza ha altresì affermato che l’identificazione della condotta
illecita si collega ad un giudizio che opera su un piano presuntivo, e deve
quindi fondarsi su elementi caratterizzati dalla gravità, precisione e
concordanza. La indicazione di tali elementi manca nel provvedimento impugnato.
I ricorrenti ancora esercitano l’attività agricola sui fondi di loro proprietà,
tanto che lo stesso Comune di Napoli ha, in passato, ordinato la rimozione, per
motivi di igiene, di taluni animali da allevamento detenuti dagli stessi
ricorrenti.
4) Violazione e falsa applicazione degli artt 7,8, e 10 della legge n. 24171990,
eccesso di potere, violazione del giusto procedimento, difetto di istruttoria;
L’onere di comunicazione di avvio del procedimento sussiste anche nella ipotesi
in cui il Comune intenda adottare le sanzioni relative alla presunta
lottizzazione abusiva di un fondo.
5)Violazione e falsa applicazione della legge n. 47/1985, eccesso di potere,
violazione del giusto procedimento, difetto dei presupposti;
L’intera area, ivi compreso l’appezzamento di proprietà dei ricorrenti è
soggetta a sequestro penale disposto dalla Procura della Repubblica presso la ex
Pretura Circondariale di Napoli giusta provvedimento di convalida del Gip del
18.09.1998.
Il sequestro penale congela l’intero procedimento per cui illegittimamente è
stata disposta l’acquisizione.
Con ricorso iscritto al n. 7438/2001, Di Paola Irene, quale proprietaria
unitamente a Sorrentino Amelia di un fondo rustico a destinazione agricola sito
in località S.Lorenzo acquistato il 21.07.1983, in parte alienato prima della
entrata in vigore della legge n. 47/1985, impugnava la disposizione dirigenziale
n. 131 del 21.02.2001 di acquisizione, deducendone la illegittimità , per i
seguenti motivi di diritto:
1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985 e
successive modificazioni ed integrazioni, eccesso di potere per erronea
presupposizione dei fatti, sviamento;
Non può parlarsi nella specie di lottizzazione abusiva, non versandosi né in
ipotesi di lottizzazione materiale, né in ipotesi di lottizzazione negoziale e/o
cartolare. Sul suolo, infatti, non vi sono opere ad eccezione di una stradina
interpoderale, sicchè i suoli hanno conservato intatta la loro vocazione
agricola.
Né una lottizzazione negoziale può configurarsi nell’originario frazionamento
del suolo attesa la vetustà degli atti traslativi.
2)Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990,
violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.;
Le doglianze dell’amministrazione sono riconducibili a fatti avvenuti oltre
venti anni addietro, per cui, proprio a seguito della ricostruzione storica dei
fatti, sarebbe stato più utile, oltre che indispensabili per legge, provvedere
alla comunicazione di avvio del procedimento proprio per consentire al privato
di non dover subire passivamente l’azione amministrativa, e a distanza di così
tanto tempo, consentirgli di prendere posizione sui fatti che tra l’altro
trovano il ricorrente carente di qualunque legittimazione passiva.
3)Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985, eccesso
di potere per erronea presupposizione dei fatti, sviamento, violazione del
principio generale tempus regit actum, e degli altri principi generali connessi;
4) Eccesso di potere, sviamento, carenza di istruttoria, illogicità manifesta,
assoluta carenza di motivazione;
Il frazionamento del suolo risale al lontano 1977, ed è mancata una puntuale ed
accurata indagine da parte della P.A. onde verificare l’epoca dei fatti ed i
presunti autori degli eventuali abusi.
L’amministrazione si costituiva per resistere al ricorso.
Alla udienza pubblica del 19.04.2006 il ricorso veniva discusso e ritenuto per
la decisione.
Considerato in Diritto
1. Preliminarmente va disposta la riunione, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., dei
ricorsi menzionati in epigrafe con quello preventivamente instaurato, iscritto
al n.3396/2000, per motivi di connessione oggettiva, trattandosi di impugnative
proposte avverso i medesimi provvedimenti.
Nel presente giudizio si controverte circa la legittimità dei provvedimenti n.
8489 del 27.12.1999 e n. 131 del 21.02.2001, con cui il Comune di Napoli, in un
primo momento, ha intimato, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 47/1985, la
sospensione immediata dei lavori abusivi in corso nell’area ubicata in località
Pianura-via Montagna Spaccata n. 421, con altro ingresso da via Sartania n. 40,
denominata contrada S.Lorenzo, ed ha ingiunto, altresì, nei confronti dei
ricorrenti quali proprietari dei suoli e/o responsabili degli abusi, il divieto
di disporre dei suoli e delle opere stesse con atto tra vivi. Successivamente,
con disposizione dirigenziale n. 121 del 21.02.2001,il Comune medesimo disponeva
l’acquisizione delle aree al patrimonio comunale.
1.1 Ciò posto, e premesso che, su alcuni dei suoli oggetto di acquisizione,
insistono immobili realizzati abusivamente rispetto ai quali è stata dedotta la
pendenza di domande di sanatoria, occorre valutare preliminarmente la censura
con cui si è addotta la illegittimità degli atti sanzionatori adottati, poiché
l’amministrazione comunale avrebbe dovuto sospendere il procedimento di
repressione della lottizzazione abusiva, ai sensi dell’art. 44 della legge n.
47/1985 richiamato dall’art. 39 della legge n. 724/1994, in attesa della
definizione delle domande di sanatoria avanzate.
La censura è priva di pregio.
Ad avviso del Collegio, la eventuale sanatoria delle opere edilizie realizzate
sui suoli oggetto di contestazione per lottizzazione abusiva, ai sensi dell’art.
18 della legge n. 47/1985, non riveste alcuna incidenza sugli atti del presente
procedimento, che è distinto ed autonomo rispetto a quello di sanatoria delle
opere edilizie abusive.
Ed infatti, gli interessi alla cui tutela i relativi procedimenti sono destinati
- quello relativo alla contestata lottizzazione ed i procedimenti pendenti in
presenza di domande di sanatoria - sono del tutto distinti, poiché il
procedimento di lottizzazione è riferibile alla tutela e conservazione delle
destinazioni pubblicisticamente impresse dagli strumenti urbanistici ad una
determinato terreno, che non tollerano di essere vanificate per illecite
finalità di edificazione (art. 18 l. n. 47/1985), gli altri sono destinati a far
conseguire la sanatoria a singole opere necessitanti di concessione edilizia per
la loro realizzazione.
In particolare, la fattispecie di lottizzazione abusiva disciplinata dall’art..
18 l.n. 47 cit., si riferisce alla mancanza dell'autorizzazione specifica alla
lottizzazione, prevista dall'art. 28 della legge urbanistica 17 agosto 1942 n.
1150.
Alcun rilievo sanante sull’abuso in questione può rivestire, quindi, il rilascio
di una eventuale concessione edilizia, sia ex ante, in presenza di concessioni
edilizie già rilasciate, sia successivamente, in presenza di concessioni
rilasciate in via di sanatoria. Ciò in quanto, ove manchi la specifica
autorizzazione a lottizzare, la lottizzazione abusiva sussiste e deve essere
sanzionata anche se, per le singole opere facenti parte di tale lottizzazione,
sia stata rilasciata una concessione edilizia (cfr C.d.S. sez. V 26.03.1996 n.
301). In tal senso si è pressa altresì la Corte Costituzionale nella sentenza n.
148/1994 con cui è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità
costituzionale delle norme che escludono la condonabilità, ai fini penalistici,
del reato di lottizzazione abusiva, nel caso in cui la stessa risulti conforme
alle prescrizioni di legge ed alla strumentazione urbanistica. Sul punto la
Corte ha chiarito al riguardo che: “il rilascio della concessione in sanatoria
opera nell'ambito di uno schema procedimentale, delineato nell'art. 13 della
stessa legge 26 febbraio 1985, n. 47, con previsione di interventi, adempimenti
e termini, che appaiono specificamente modellati sulla fattispecie della
costruzione priva di concessione. Di qui l'impossibilità di una mera
trasposizione di un siffatto schema procedimentale all'ipotesi della
lottizzazione abusiva, per la quale occorrerebbero, pertanto, soluzioni
normative che mai potrebbero essere apprestate in questa sede, implicando, fermo
quanto dedotto in ordine alla non comparabilità delle situazioni, scelte di
modi, condizioni e termini che non spetta alla Corte stabilire”.
Pertanto, la constatata autonomia dei procedimenti sanzionatori in questione
induce ad escludere l’applicabilità della sospensione invocata ex art. 44 della
legge n. 47/1985, posto che la sospensione dei procedimenti ivi prevista non può
che riferirsi alle misure sanzionatorie relative agli abusi suscettibili di
sanatoria e/o di condono, ove, nel caso di presentazione della relativa istanza
entro i termini, la sospensione del procedimento è strumentale a preservare
l’interesse dell’istante a veder definito il procedimento instaurato e di
evitare che la messa in esecuzione di un provvedimento di ripristino vanifichi
del tutto il suo interesse legittimo a vedere definita la domanda di sanatoria
( cfr in tal senso vd anche Cass. Pen. Sez. III, 18.11.1997 n. 3900).
2. In rito, occorre inoltre valutare la questione di inammissibilità sollevata
dal Comune di Napoli con riferimento alla posizione dei ricorrenti che, pur
destinatari dell’ordine di sospensione dei lavori di cui alla disposizione n.8489/1999,
hanno proposto impugnazione limitatamente alla ordinanza di acquisizione n. 131
del 21.02.2001. Ciò è avvenuto precisamente nei ricorsi iscritti ai n.n.
5248/2001, 5673/2001,5736/2001, 7428/2001. La eccezione è stata sollevata dal
Comune anche rispetto al ricorso iscritto al n. 7438/2001 proposto da Di Paola
Irene ove è stato dichiarato perenta la impugnativa avverso l’ordine di
sospensione.
L’eccezione è infondata.
Ad avviso del Collegio la questione deve essere risolta nel senso della
ammissibilità di una impugnativa separata del provvedimento di acquisizione,
anche in assenza della previa impugnazione del provvedimento di sospensione. Ciò
in quanto, nei casi in cui la sospensione preceda, come nella specie, la formale
adozione di un atto di acquisizione, non può dirsi che l’effetto acquisitivo sia
conseguito automaticamente al decorso dei termini fissati dall’amministrazione
nel provvedimento di sospensione.
La sospensione, quale atto di natura cautelare preventiva, è rivolta, nel caso
di lottizzazione materiale, ad impedire la prosecuzione dei lavori edilizi e ad
impedire atti giuridici di disposizione dei terreni oggetto di lottizzazione.
Nel caso della lottizzazione abusiva, quindi, la legge rimette alla
amministrazione uno strumento cautelare di intervento diretto e tempestivo, qual
è la sospensione, ma fa salvo in ogni caso un eventuale ripensamento
dell’amministrazione medesima che, nei successivi novanta giorni, può revocare
il provvedimento di sospensione. Sicchè l’effetto acquisitivo in questo caso
discende dal mancato esercizio, nei termini previsti, di un potere di revoca del
provvedimento di sospensione, che può essere attivato, sia d’ufficio, melius re
perpensa dalla stessa amministrazione, anche sulla base di nuovi elementi,
oppure può essere sollecitato dagli stessi destinatari dell’atto di sospensione,
attraverso la partecipazione al procedimento repressivo, o la spontanea
rimozione degli abusi contestati. Di qui consegue, che, in seguito alla adozione
del provvedimento di sospensione, l’effetto acquisitivo non consegue ad una mera
attività materiale di mero accertamento di un comportamento di inottemperanza
del privato.
Può accadere che l’amministrazione, nell’esercizio delle sua attività
discrezionali, entro i successivi novanta giorni, attivi un procedimento di
riesame al fine di decidere se permangono o meno, anche sulla base di nuove
allegazioni, i presupposti per ritenere integrata la infrazione contestata e
rivedere gli accertamenti a suo tempo compiuti.
Di qui consegue la ammissibilità dei ricorsi autonomi proposti solo avverso il
provvedimento di acquisizione. Nel senso della ritenuta autonomia
dell’acquisizione rispetto al provvedimento di sospensione si è espresso altresì
il Consiglio di Stato, seppur incidentalmente, nella sentenza . n.3753/2005.
3. Va a questo punto esaminata, la censura comune ai ricorsi qui riuniti,
riferita alla contestata applicabilità, ratione temporis, dell’art. 18 della
legge n. 47/1985, sul presupposto che, come risulta per tabulas oltre che dalla
motivazione del provvedimento impugnato, i frazionamenti oggetto di
contestazione, ed alcune delle vendite che ne sono seguite, sono avvenute tutte
in epoca anteriore alla data di entrata in vigore della legge medesima.
I ricorrenti hanno al riguardo invocato l’applicazione dell’ultimo comma
dell’art. 18 cit, a tenore del quale, le disposizioni ivi contenute si applicano
agli atti stipulati ed ai frazionamenti presentati ai competenti uffici del
catasto, dopo l'entrata in vigore della stessa legge.
Le argomentazioni poste dai ricorrenti a sostegno di siffatta censura, benché
persuasive poiché legate ad un preciso aggancio normativo, non convincono, in
quanto tralasciano di considerare, innanzitutto, il rilievo della disciplina
anteriore alla legge n. 47/1985, nonchè la funzione ed il ruolo delle norme
volte a sanzionare la c.d. lottizzazione negoziale, ed inoltre omettono di
considerare che il Comune, attraverso la disposta sospensione dei lavori, ha
inteso sanzionare, nei confronti dei proprietari delle aree e/o responsabili
degli abusi, anche una lottizzazione materiale eseguita attraverso opere
materiali di trasformazione dei suoli a scopo lottizzatorio.
3.1 Sotto il primo profilo, occorre considerare che, nel periodo anteriore alla
entrata in vigore della legge n. 47/1985, prima ancora della riforma approvata
con la legge n. 765/1997, l’art. 28 della legge urbanistica n. 1150/1942, al
comma 1, imponeva espressamente il divieto di procedere a lottizzazione dei
terreni a scopo edilizio, senza preventiva autorizzazione del Comune, fino alla
approvazione del piano regolatore particolareggiato. Pertanto, già all’epoca, la
lottizzazione di un suolo a scopo edilizio qualora attuata in assenza di
autorizzazione costituiva illecito urbanistico.
Il divieto di lottizzazione operava limitatamente ai Comuni provvisti di pano
regolatore generale - che all’epoca era obbligatorio solo per pochi Comuni di
particolare interesse urbanistico - poiché il piano particolareggiato poteva
essere approvato solo nei Comuni provvisti di piano regolatore generale. In
questo periodo, una lottizzazione non autorizzata era configurabile quale
illecito urbanistico in presenza di vasti insediamenti di edilizia privata,
edificati di solito in prossimità delle strade pubbliche, oppure attraverso una
suddivisione materiale dei lotti, attraverso la esecuzione di opere di
urbanizzazione (che all’epoca non erano nemmeno assoggettate a licenza o
autorizzazione).
Con l’intervento della c.d. legge ponte n. 765/1967, ed in concomitanza con la
estensione del controllo urbanistico a tutto il territorio e non alle sole aree
edificate, la lottizzazione autorizzata è divenuta il principale strumento
attuativo, non più subordinato alla presenza di un piano particolareggiato, ma
alternativo ad esso, e ne è stata altresì ampliata l’operatività anche con
riferimento ai Comuni dotati di programma di fabbricazione. In questo periodo la
lottizzazione ha assunto dignità di piano urbanistico organico contente la
disciplina attuativa di zone con finalità edilizie sia private che pubbliche, e
doveva contemplare altresì la esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria
e secondaria, nel rispetto degli standards fissati dal d.m. 1444/1968.
In questo periodo la giurisprudenza ha iniziato a configurare, quale forma di
lottizzazione non autorizzata, la c.d. lottizzazione indiretta, c.d. occulta o
di fatto ravvisandone gli estremi qualora, in luogo della richiesta di
autorizzazione a lottizzare classica, venivano inoltrate da parte di uno solo o
di più soggetti una serie di domande di licenza o concessione edilizia per una
pluralità di edifici, con il risultato di addivenire, al termine della
edificazione, all’assetto definitivo di una vera e propria lottizzazione,
secondo un assetto dettato dai privati con le singole richieste di concessione,
in assenza di una preventiva pianificazione urbanistica. (cfr vd in tal senso
C.d.S. sez. V 19.01.1981 n. 262).
Nel vigore del regime giuridico anteriore alla legge n. 47/1985, la
giurisprudenza ha poi continuato ad elaborare il concetto di lottizzazione in
assenza di autorizzazione, e, specie quella penale, ha iniziato col distinguere
tra i casi in cui la lottizzazione abusiva di un’area veniva attuata attraverso
la edificazione di opere o la realizzazione di opere di urbanizzazione, ed i
casi in cui la formazione di lotti avveniva solo con atti giuridici, in assenza
di opere materiali. Fu così che venne a crearsi quella figura di origine
pretoria, identificata come lottizzazione cartolare, contraddistinta dalla
assenza di opere di qualsiasi tipo, ed identificabile laddove potesse
ravvisarsi, nella divisione giuridica del terreno, un effetto di preparazione e
di agevolazione di un futuro insediamento. Sicchè, ancor prima della
tipizzazione come reato della lottizzazione abusiva negoziale, avvenuta per la
prima volta, con la legge n. 47/1985, la giurisprudenza penale qualificava come
lottizzazione abusiva anche la sola vendita frazionata di terreni, sub specie di
lottizzazione giuridica. Si è ritenuta infatti la configurabilità del reato di
lottizzazione abusiva nei casi in cui, in presenza di indizi univoci e
convergenti, si potesse ritenere intervenuto un frazionamento di un fondo a
scopo edilizio anche in assenza di opere di urbanizzazione o di altre opere
edilizie (cfr Cass. S.S.U.U. 28.11.1981, Cass. Pen. Sez. III 12.01.1982 m, Cass.
Pen.15.06.1983,).
Tale essendo il quadro normativo ed interpretativo preesistente alla entrata in
vigore della legge n. 47/1985, ove la lottizzazione non autorizzata era comunque
sanzionata come illecito urbanistico ai sensi dell’art. 28 della legge
1150/1942, è intervenuto il legislatore che, con l’art. 18 cit., ha
sostanzialmente equiparato alla lottizzazione abusiva c.d. materiale, ossia
tramite la esecuzione di opere di trasformazione urbanistico edilizia del
territorio, la diversa ipotesi della lottizzazione c.d. giuridica o cartolare
che si realizza allorché venga posta in essere una operazione giuridica di
frazionamento del suolo in lotti e successiva vendita, ed in presenza di indizi
che denuncino in modo non equivoco la destinazione edificatoria del terreno.
3.2 Ciò premesso, è da evidenziare che, attraverso la tipizzazione della
lottizzazione giuridica o cartolare quale illecito urbanistico, il legislatore
ha inteso conferire una particolare protezione giuridica al bene interesse
tutelato che è costituito dalla tutela del potere di pianificazione del
territorio che è riservato alla amministrazione pubblica e, quindi, alla
esigenza di assicurare che l’assetto urbanistico-edilizio del territorio non sia
alterato sulla base di interventi di privati che intervengano al di fuori di una
corretta programmazione e pianificazione. Ciò anche avuto riguardo al rilievo
primario che la legge attribuisce al valore della pianificazione urbanistica,
che può essere garantita solo impedendo in ogni caso la realizzazione di
interventi di tipo lottizzatorio - e, come tali, modificativi della fisionomia
urbanistica della zona - se questi ultimi non siano previamente pianificati ai
fini di un loro corretto insediamento.
In sostanza, la punibilità della lottizzazione negoziale assolve alla esigenza
di anticipare la soglia di tutelabilità del bene-interesse protetto dalla norma,
quando ancora esso non è stato oggetto di modificazione materiale, sì da
consentire alla amministrazione di intervenire, e di poter esercitare i poteri
di vigilanza funzionali alla garanzia di assicurare un corretto ed ordinato uso
del territorio, ancora prima che vengano posti in essere concreti atti di
trasformazione del territorio medesimo, ed evitare che il territorio rischi così
di essere trasformato in modo irreversibile.
In tal modo, attraverso la sanzionabilità della c.d. lottizzazione negoziale, a
differenza di quanto avviene nelle altre tipologie di abuso edilizio, si viene
ad anticipare la soglia minima di punibilità dell’illecito, ritenendo integrata
la lesione al bene interesse tutelato dalla norma anche in presenza di
un’attività solo giuridica ma potenzialmente preordinata alla manomissione del
territorio, e suscettibile di precludere la strada della pianificazione
urbanistica. Tale esigenza di intervento si è imposta alla attenzione prima dei
giudici e poi del legislatore, proprio in considerazione delle peculiarità della
lottizzazione giuridica che può anche restare in stato di quiescenza per lungo
tempo, ben potendo i proprietari dei singoli lotti decidere di attendere il
momento più opportuno per ottenere il rilascio della concessione edilizia per
edificare.
Attraverso la configurabilità quale illecito della lottizzazione negoziale, il
legislatore ha introdotto poi una serie di disposizioni e prescrizioni volte ad
attuare un controllo preventivo degli atti di suddivisione dei lotti, attraverso
la responsabilizzazione delle figure professionali deputate ad occuparsi degli
atti di frazionamento e di trasferimento dei beni. Ed infatti, oltre agli
obblighi ed alle sanzioni di natura civilistica, si prevede una sorta di
sbarramento sin dal momento del frazionamento, di qui la prescrizione che i
frazionamenti dei terreni non possono essere approvati dall’ufficio competente
se non è allegata copia da cui risulti che il tipo di frazionamento è stato
depositato presso il Comune. In tal modo si intende evitare che il Comune venga
a conoscenza della divisione delle aree solo quando il trasferimento dei diritti
sia già intervenuto, ossia al momento in cui pervengono le singole richieste di
concessione edilizia.
3.3 In presenza di una siffatta disciplina, un problema di lottizzazione
negoziale si pone laddove la contestazione sia formulata sulla base di atti
giuridici e degli altri elementi indiziari che denunciano in modo non equivoco
la destinazione a scopo edificatorio, quali: la forma e la dimensione dei lotti,
il numero dei lotti, la loro ubicazione, la qualità personali degli acquirenti,
il prezzo pagato per l’acquisto dei lotti.
Diversamente, qualora sia contestata una ipotesi di lottizzazione materiale, un
problema di configurabilità giuridica di lottizzazione negoziale non si pone
più, poiché l’attività illecita, pur se originata da un originario e magari
risalente frazionamento a scopo edificatorio, si è protratta sino a
concretizzarsi in una attività di trasformazione materiale dei lotti che integra
già di per sé la lottizzazione materia c.d. classica.
Di qui l’irrilevanza, nella specie, delle argomentazioni dedotte dai ricorrenti
circa la irretroattività della normativa di cui all’art. 18 della legge n.
47/1985 per la parte relativa alla lottizzazione cartolare, innanzitutto, poiché
le operazioni giuridiche di frazionamento dei lotti erano ritenute già punibili
sin da data anteriore alla entrata in vigore della legge n. 47 cit. (in tal
senso vd, ex plurimis, C.d.S. n.2445/2003, n.3531/2003, 3573/2003). Ed inoltre,
poiché nella specie, la lottizzazione contestata si configura quale fattispecie
di lottizzazione c.d. mista, in quanto, alla originaria suddivisione di un suolo
agricolo di 120.000 m.q. sito in area inedificabile e vincolata, in lotti di
dimensioni talmente modeste da rendere impraticabile la destinazione agricola,
si è aggiunta, nel tempo, la successiva attività di trasformazione edilizia del
suolo attraverso la esecuzione di opere di urbanizzazione, ampliamento di
strade, ed erezione di manufatti con destinazione abitativa, sì da integrare una
forma di lottizzazione c.d. mista, come si vedrà meglio di seguito.
3.4 Peraltro, perché possa configurarsi una lottizzazione materiale, è
sufficiente la esecuzione di opere le quali, pur se nella fase iniziale,
denotino che è stato iniziato o è in corso un procedimento di trasformazione
urbanistica ed edilizia del terreno in contrasto con le norme vigenti.
La condotta lottizzatoria c.d. materiale può essere integrata da opere edilizie
o da opere di urbanizzazione che conferiscano alla zona una articolazione
apprezzabile in termini di trasformazione edilizia e che conferiscano ai terreni
l’attitudine ad accogliere insediamenti non consentiti o non programmati.
Pertanto, qualunque intervento o costruzione, ivi comprese le recinzioni o i
picchettamenti purchè non precari, possono presentare siffatta idoneità a
stravolgere l’assetto del territorio rendendone impraticabile la programmazione,
anche quando non siano stati completati o si trovino in una fase iniziale.
Sicchè anche la sola realizzazione di una strada, comportando un mutamento del
precedente assetto del territorio, costituisce opera di trasformazione
urbanistica soggetta ad autorizzazione comunale, tanto più qualora essa mal si
concilii con la destinazione dei terreni e sia finalizzata a fornire un accesso
a singoli lotti costituenti lottizzazione abusiva ai sensi dell'art. 18 l. 28
febbraio 1985 n. 47 (cfr T.a.r Lazio Latina 6.02.2002 n. 68; . C.d.S. sez.IV 8
maggio 2003 n.2445).
3.5 La lottizzazione in oggetto insiste su un suolo, in origine della estensione
di 120.000 m.q. di proprietà di Monaco Livia, avente destinazione e natura
agricola con alcuni fabbricati rurali, ed in parte, all’epoca, detenuto in
affitto da alcuni coloni. Esso era individuato catastalmente al foglio 89
particelle 20-21-22-23-24-25. L’area è stata suddivisa in più lotti giusta atto
di frazionamento del 21.12.1977. La vendita da parte della Monaco delle prime
particelle frazionate, provenienti dalla ex particella 23 è avvenuta nel 1978.
Successivamente, con atto di compravendita del 21.02.1983 una estensione di
84.022 m.q fu ceduta in comunione a Sorrentino Amelia e Di Paola Irene
(quest’ultima ricorrente nel presente giudizio). Tale appezzamento è stato poi
frazionato in 18 lotti in un periodo compreso tra il 1983 ed il 1992, in cui le
predette comproprietarie procedevano alla vendita delle singole particelle
riservandosi la proprietà di alcune.
Dagli accertamenti espletati è risultato che alcuni tratti di strada, ancora in
terra battuta, sono stati ampliati da una larghezza di tre a cinque metri in
data successiva all’aprile del 1992, altri tracciati, invece, preesistevano a
quella data.
L’attività oggetto di contestazione, come evincesi in atti, dal punto di vista
materiale, è consistita nella realizzazione di opere di urbanizzazione quali
strade, stradine interne di collegamento ai vari lotti di terreno, impianti
idroelettrici e telefonici, fognature e pozzi neri, costruzioni abusive
unifamiliari e multifamiliari con ingressi autonomi, recinzioni con muri e
cancellate.
L’area insiste tutta in zona agricola, paesaggisticamente vincolata ai sensi dei
d.d.m.m. 22.06.1967 e 28.03.1985, inclusa nel perimetro del piano territoriale
paesistico Agnano Camaldoli approvato con d.m. 6.11.1995, e sottoposta, in virtù
di detto piano, parte al regime della zona di protezione Integrale, ed in parte
rientrante nella perimetrazione del Parco regionale dei Campi Flegrei,
sottoposto al regime della zona B, area di riserva generale di protezione.
La lottizzazione contestata, è stata quindi attuata nel tempo, prima attraverso
vari atti di frazionamento e conseguenti vendite di singoli lotti, e poi, più
tardi attraverso la esecuzione di opere di urbanizzazione e la trasformazione
edilizia dei singoli lotti.
Si è in presenza, pertanto, di una lottizzazione materiale nella forma c.d.
mista ove alla trasformazione del suolo si è addivenuti attraverso una
fattispecie a formazione progressiva, costituita , preliminarmente, dalla
predisposizione di una suddivisione in più lotti, lotti di estensione assai
limitata, di un suolo agricolo originariamente di 120.000 m.q. appartenente ad
un unico proprietario con un intreccio di attività giuridiche e materiali, in
cui, trattandosi di suoli non edificabili per i vincoli ivi esistenti la
attività materiale di trasformazione del territorio ha assunto, infine, un
rilievo decisivo e preponderante ai fini del perfezionamento della fattispecie.
Di qui la irrilevanza di una motivazione sull’interesse pubblico prevalente a
sanzionare l’abuso in questione, trattandosi di un grave illecito di natura
permanente grave che si è venuto perfezionando nel tempo sino all’epoca di
adozione della ordinanza impugnata con sui si è intimata la sospensione dei
lavori.
4. Una censura comune a quasi tutti i ricorsi qui riuniti attiene la
illegittimità degli atti impugnati poiché non preceduti, ai sensi dell’art. 7
della legge n. 241/1990, dalla comunicazione di avvio del procedimento.
4.1 Tale censura di violazione dell’art. 7 cit. non risulta formulata nel
ricorso n. 5248/2001 proposto da Marasca Rosario e Impagliazzo Mariangela, che
pertanto va ritenuto infondato nel merito poiché, in presenza di edificazione
abusiva oggetto di domande di sanatoria pendenti, i motivi formulati attestati
sulla irretroattività della normativa applicata, e sulla necessaria sospensione
del procedimento sono stati ritenuti infondati sulla base delle argomentazioni
di cui sopra.
4.2 La censura di violazione dell’art. 7 è fondata entro i termini di seguito
precisati.
A ben vedere, ad avviso del Collegio, deve ritenersi necessaria la previa
comunicazione di avvio prevista dall’art. 7, anche rispetto ad un atto cautelare
di natura vincolata, qual è l’ordine di sospensione di una lottizzazione
abusiva, cui può seguire, solo in un momento successivo, il perfezionarsi
dell’effetto acquisitivo della proprietà al patrimonio comunale.
Questo Tribunale ha già avuto modo di risolvere la questione nel senso della
applicabilità dell’art. 7 cit. in un precedente analogo caso, e precisamente con
la sentenza n. 4811/2002, e tuttora non ritiene di discostarsi da siffatto
orientamento.
Al riguardo, non sono condivisibili le conclusioni cui è pervenuta una parte,
per la verità minoritaria, della giurisprudenza di merito, secondo cui la natura
cautelare ed il carattere sostanzialmente vincolato del provvedimento di
sospensione giustificherebbe la deroga all’obbligo di applicabilità dell’art. 7
cit (cfr in tal senso Tar Lazio Latina n 204/2000; Tar Calabria Catanzaro n.142/2002
).
Si è già osservato in materia che la natura vincolata non è di per sé
sufficiente ad escludere che l’Amministrazione sia gravata degli oneri
partecipativi di cui alla legge n.241/90 (Consiglio di Stato, 23/4/98, n.474;
Consiglio di Stato, 7/11/2001, n.5718), in quanto l’assenza di ogni profilo di
discrezionalità non implica pure che l’Autorità non sia comunque tenuta a porre
in essere un’attività di approfondito accertamento dei presupposti del
provvedimento da adottare, al quale anche il privato possa contribuire,
attraverso la prospettazione di fatti e argomenti a suo favore.
Come si è visto in precedenza, gli elementi che caratterizzano la lottizzazione
abusiva sono molteplici e di varia natura, e devono essere, per costante
giurisprudenza, univoci e gravi. La loro verifica, pertanto, richiede un
accertamento complesso (accessi presso le Conservatorie dei registri
Immobiliari, presso il catasto, presso i pubblici registri immobiliari,
sopralluoghi, ecc.ecc.), al quale i soggetti interessati possono, con le loro
osservazioni critiche e deduzioni in fatto, utilmente cooperare.
Sicchè, in casi come questi, è ben possibile che, anche in presenza di un
provvedimento vincolato, la partecipazione del privato può introdurre
circostanze ed elementi tali da indurre l’Amministrazione a recedere
dall’emanazione di provvedimenti restrittivi.
Gli apporti partecipativi degli interessati al procedimento possono, infatti,
idealmente collocarsi sia nella fase propriamente determinativa, fornendo
elementi utili alla effettuazione della scelta tra i più comportamenti leciti
che la stessa attribuzione di poteri di natura discrezionale comporta, sia nella
fase logicamente e cronologicamente antecedente, nella quale occorre prendere
contezza, in maniera il più possibile precisa, delle coordinate fattuali che
connotano la fattispecie concreta da valutare, e quindi ciò a prescindere dalla
natura, vincolata o discrezionale, della potestà amministrativa in esercizio.
Nemmeno risulta decisiva la concepita natura dell’atto quale mero provvedimento
cautelare, conclusione alla quale si approda già per effetto della carica
indubbiamente suggestiva posseduta dallo stesso nomen iuris del provvedimento
interdittivo della fattispecie lottizzatoria, quando invece la soluzione del
quesito va conseguita alla luce dell’intero assetto effettuale che la legge
annette alla fattispecie dell’art.18, che non si esaurisce soltanto nella
sospensione dei lavori abusivi e nel divieto di effettuare atti dispositivi
inter vivos - effetti chiaramente parametrati alle diverse ipotesi della
lottizzazione materiale e di quella negoziale - ma comprende pure il
pregiudizievole effetto acquisitivo al patrimonio disponibile del Comune,
effetto che si caratterizza soltanto per essere esso differito nel tempo, id est
quando siano trascorsi novanta giorni senza che l’atto di sospensione sia stato
revocato.
Si tratta, in conclusione, di un atto con il quale si concreta un vero e proprio
potere repressivo, a tutela di uno specifico interesse pubblico, che
l’Amministrazione è chiamata ad esercitare in presenza di un fatto di
lottizzazione che, ove posto in essere senza che il Comune abbia rilasciato
autorizzazione e senza la stipula della convenzione, prevista dagli artt.28 e 31
L. 17 agosto 1942 n. 1150, concreta un tipo di abuso che comporta la violazione
della riserva di programmazione territoriale attribuita alla Pubblica
amministrazione.
Ma l’esercizio di tale potere va necessariamente preceduto da approfonditi
accertamenti tecnici, che la stessa fattispecie lottizzatoria per sua natura
impone, involgendo aree solitamente di grosse dimensioni e una congerie di atti
negoziali di trasferimento che si snodano in un arco temporale sovente molto
ampio.
La stessa formulazione dell’art.18 depone in tal senso, prevedendo espressamente
che il provvedimento di sospensione della lottizzazione abusiva va adottato
previo “accertamento” della stessa. Pertanto è meritevole di adesione
l’orientamento seguito di recente dal Supremo giudice amministrativo, secondo
cui gli accertamenti tecnici che precedono l’adozione di un siffatto
provvedimento sono di per sé complessi e quindi i soggetti interessati possono
ad essi utilmente cooperare, con le loro osservazioni critiche e deduzioni in
fatto, di talché, ai sensi della L. 7 agosto 1990 n. 241, l'Amministrazione deve
dare avviso dell’avvio del procedimento (Consiglio di Stato, sez. V^, 23/2/2000,
n. 948, e più di recente C.d.S. n. 2953/2004, C.d.S. n. 2307/2004).
Nella specie, nei provvedimenti impugnati, non risultano esplicitate eventuali
ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità o di
urgenza, che non avrebbero consentito la partecipazione suddetta.
Orbene, il non aver posto i ricorrenti in grado di intervenire nel procedimento
sanzionatorio e presentare le proprie deduzioni ha illegittimamente privato
l’istruttoria di un apporto collaborativo, che avrebbe potuto orientare in senso
diverso l’Autorità Comunale.
4.1 La censura di illegittimità per violazione dell’art. 7 della legge n.
241/71990, benché fondata, deve comunque essere valutata unitamente alle
disposizioni di cui all’art. 21 octies comma 2, della legge n. 241/1990, come
modificata dalla legge n. 15/2005, che, quale norma di natura processuale, trova
applicazione nel presente giudizio anche in relazione a procedimenti
perfezionatisi sotto il vigore della precedente disciplina sul procedimento
amministrativo.
Come noto, l’art. 21 octies, in talune fattispecie determinate, prevede una
sorta di sanatoria della illegittimità, ossia consente di non pervenire ad una
pronuncia di annullamento del provvedimento impugnato, anche qualora esso si
presenti formalmente illegittimo, nei casi in cui la pronuncia del giudice non
sia idonea a mutare l’esito del procedimento. La norma in questione disciplina
infatti alcune ipotesi c.d. di sanatoria della illegittimità del provvedimento,
in cui è preclusa al giudice amministrativo la pronuncia di annullamento
dell’atto impugnato, sul presupposto della irrilevanza del vizio dedotto.
Ciò può avvenire in due casi.
Il primo riguarda esclusivamente gli atti di natura vincolata, ove è previsto
che non si proceda ad annullamento in sede giurisdizionale, qualora, in presenza
di violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, “risulti
palese” che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere
diverso da quello in concreto adottato.
Il secondo caso, non distingue tra atti di natura discrezionale e vincolata, e
riguarda l’ipotesi in cui sia omessa la comunicazione di avvio del procedimento
di cui all’art. 7 cit.. In tal caso la norma pone a carico della amministrazione
l’onere probatorio di dimostrare in giudizio che il contenuto del provvedimento
non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, e solo nel
caso in cui tale onere probatorio sia assolto con esito positivo per
l’amministrazione potrà operare la sanatoria giurisprudenziale.
Si introduce così nell’ambito della patologia dell’atto amministrativo una nuova
categoria di vizi di legittimità c.d.minori o emendabili, da ritenersi tali in
contrapposizione ai vizi sostanziali che resistono alla sanatoria di cui
all’art. 21 octies.
Le norme di natura formale assumono ora una veste di cedevolezza rispetto alle
norme di natura sostanziale. La natura cedevole delle norme procedimentali si
rapporta alla loro valenza finale, essenzialmente strumentale al perseguimento
dell’interesse sostanziale fatto valere dall’interessato.
La logica della cedevolezza dei vizi di natura formale risale al principio di
conservazione degli atti giuridici, che trova applicazione laddove sia stato
assicurato il “raggiungimento dello scopo”. In sostanza, lo scopo si intende
raggiunto attraverso la realizzazione dell’interesse sostanziale che sta alla
base del rapporto procedimentale tra privato e pubblica amministrazione.
Pertanto una volta che sia riconosciuta la natura formale della violazione
contestata, per escludere l’annullamento occorre che sia palese che l’atto, pur
in assenza del vizio constatato, avrebbe avuto comunque il medesimo contenuto
provvedimentale negativo per l’interessato. In tal caso non si fa luogo ad
annullamento poiché, la eventuale pronuncia di annullamento si rivelerebbe
inutiliter data, in quanto la eventuale caducazione dell’atto impugnato non
produrrebbe l’effetto voluto dall’interessato, dovendo l’amministrazione, in
esecuzione della sentenza, reiterare un provvedimento di contenuto identico a
quello annullato.
Con riferimento al vizio di cui all’art. 7, già nella giurisprudenza pregressa,
come noto, era prevalsa una interpretazione in un certo senso “finalistica”
delle regole relative alla comunicazione di avvio del procedimento la cui
violazione rilevava, sotto il profilo dell’eccesso di potere, se ed in quanto
essa concretava una lesione dell’interesse “sostanziale” di cui il ricorrente si
faceva portatore. In questa prospettiva rilievo decisivo si è dato alla c.d.
utilità del contributo che l’interessato, ove coinvolto, può apportare al
procedimento amministrativo, ed alle concrete prospettive di vantaggio che da
un’eventuale sua partecipazione sarebbero derivate. Ciò in quanto, si è
ritenuto, che la comunicazione di avvio del procedimento assolva,
prevalentemente, finalità sostanziali e non formali, per cui può dar luogo ad
annullamento dell’atto solo ove risulti che, attraverso la partecipazione
dell’interessato, l’esito del procedimento sarebbe stato differente.
Tale opzione interpretativa è decisamente prevalsa nella pregressa
giurisprudenza amministrativa, a dispetto del contrario orientamento che,
ravvisando nella violazione dell’art. 7 un vizio di violazione di legge,
perveniva in ogni caso all’annullamento del provvedimento impugnato.
Alla predetta prevalente interpretazione giurisprudenziale paiono ispirate le
nuove disposizioni in tema di annullabilità per omessa partecipazione al
procedimento, ove però, rispetto alla sopradescritta impostazione, per il caso
di violazione dell’art. 7 si assiste alla inversione dell’onere probatorio che,
nell’attuale formulazione legislativa, grava a carico non del ricorrente ma
della Pubblica Amministrazione. Si assiste in particolare ad una inversione
dell’onere probatorio, rispetto alle regole ordinarie, laddove la prova del
vizio che inficia l’atto non grava a carico di chi lo eccepisce, ma a carico
della amministrazione nei cui confronti viene dedotto. La legge infatti rimette
alla amministrazione l’onere di fornire la c.d. prova di resistenza, sicchè il
giudizio postumo sulla utilità della partecipazione resta ancorato alla prova
“contraria” che sarà fornita dalla amministrazione.
Nella specie il vizio prospettato con riferimento all’omessa comunicazione di
avvio del procedimento, quale vizio di natura procedimentale, appartiene, senza
dubbio, alla categoria dei vizi emendabili ai sensi dell’art. 21 octies della
legge n. 241/1990 come innovata dalla legge n. 15/2005.
Ciò non solo riferimento alla previsione specifica ed espressa contenuta nella
seconda parte del comma 2 dell’art. 21 octies, ma anche con riferimento al comma
2 prima parte dell’art. 21 octies, quale vizio afferente alla violazione di
norme sul procedimento, emendabile limitatamente agli atti di natura vincolata
entro i termini indicati dalla noma.
Ed infatti, con riferimento agli atti di natura vincolata, le disposizioni in
tema di sanatoria contenute nell’art. 21 octies cit. comma 2 seconda parte per
il caso di violazione dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento
non si pongono in un rapporto di specialità rispetto alle disposizioni di cui
alla prima parte della medesima disposizione, sì da comportare la applicazione
della seconda parte in ogni caso di violazione dell’art. 7. Ciò in quanto, ad
avviso del Collegio, sarebbe ultroneo ed irrazionale richiedere, in ogni caso,
l’ottemperanza da parte della amministrazione ad un onere probatorio anche
laddove “risulti palese”, sulla base degli atti già esistenti nel fascicolo di
causa, che l’esito del procedimento non sarebbe comunque mutato anche a
partecipazione avvenuta. Sicchè, limitatamente agli atti di natura vincolata,
laddove “sia palese” che l’esito del procedimento sarebbe restato invariato
nonostante la partecipazione dell’interessato, non si pone un problema di
assolvimento della prova contraria da parte dell’amministrazione.
Nella specie, ove si controverte in ordine ad una attività di natura vincolata,
sebbene preceduta da accertamenti complessi, la applicazione dell’art. 21 octies
per violazione dell’art. 7 preclude l’annullabilità degli atti impugnati (cfr in
tal senso vd anche C.d. S. sez. IV, n3124/2005), laddove risulti palese che il
contenuto del provvedimento non poteva essere diverso.
Diversamente laddove non risulti palese il diverso esito del procedimento ed in
ogni caso l’amministrazione non abbia assolto all’onere di fornire una prova
contraria, non potrà operare la sanatoria, e dovrà pervenirsi ad annullare gli
atti impugnati.
4.2 Nei ricorsi in esame, alcuni tra i ricorrenti che hanno lamentato la
violazione delle garanzie partecipative, hanno dedotto la loro totale estraneità
all’abuso contestato assumendo di non aver in alcun modo partecipato
all’attività lottizzatoria, avendo lasciato immutata la destinazione agricola
del suolo in assenza di alcuna modificazione dello stato dei luoghi.
Rispetto alla posizione di costoro, non può trovare applicazione la sanatoria di
cui all’art. 21 octies cit, né con riferimento al primo comma, non risultando
palese che l’esito del procedimento sarebbe stato diverso, né con riferimento al
secondo comma non avendo ottemperato l’amministrazione comunale all’onere di
fornire una prova contraria.
Ci si riferisce alla posizione dubbia e suscettibile di maggiore approfondimento
di coloro che, non avendo posto in essere quasi nessuna attività edificatoria,
sembrano essere stati coinvolti nella sola lottizzazione negoziale, e non anche
nella fattispecie di lottizzazione mista oggetto di contestazione, per cui
occorre verificare se sussiste, anche per essi, il concorso di tutta quella
serie di elementi univoci e concordanti nella direzione edificatoria, di cui si
è detto innanzi. Si tratta dei ricorrenti che non sembrano aver modificato la
destinazione agricola del suolo, oppure hanno eseguito opere modeste quali
recinzioni astrattamente compatibili con la destinazione agricola del fondo. Nei
confronti di questi ultimi l’eventuale partecipazione al procedimento, avrebbe
potuto far conseguire un qualche risultato utile ed avrebbe consentito alla
amministrazione di pervenire ad una più esatta qualificazione della fattispecie,
se non alla revoca del provvedimento impugnato.
Nella specie è mancato un contraddittorio procedimentale su tali elementi,
essendosi formato il convincimento della amministrazione in maniera unilaterale,
ossia sulla sola base degli accertamenti esperiti presso la Conservatoria e
presso gli Uffici Catastali, noché degli accertamenti esperiti in data
12.04.1999 dalla Sezione di Polizia Giudiziaria Urbanistica presso la Procura
della Repubblica, allegati al fascicolo della amministrazione resistente, e
richiamati per relationem nella motivazione del provvedimento impugnato .
4.3 Vanno invece respinti, ai sensi dell’art. 21 octies cit. comma 2 prima
parte, i ricorsi di coloro rispetto ai quali è da ritenersi palese, ai sensi del
comma 1, che il risultato del procedimento non poteva essere diverso, e ci
riferisce in particolare a coloro che hanno posto in essere attività
edificatoria materiale suscettibile di alterare e modificare sostanzialmente
l’originario assetto dei luoghi, oppure attraverso opere quali recinzioni o
cancelli in muratura, specie laddove la estensione dell’area acquisita sia
talmente ridotta da rendere improponibile una eventuale destinazione agricola, e
precisamente:
Ricorso n. 4065/2000:
Ragno Antonio e Zazzeri Bruna sono proprietari di un suolo iscritto al fg.89
p.lla 884 della estensione di 1100. Su detto suolo insite un corpo di fabbrica
abusivo in muratura, della estensione di circa m.q. 45, composto da un solo
piano terra ed alto 3,10 metri, con adiacente tettoia in tegole sorretta da
scatolari in ferro di circa m.q. 24. Sono stati inoltre realizzati un grillage
in ferro in aderenza alla tettoia per una superficie di 20 m.q., ed un altro
manufatto in muratura di circa 7 m.q. adibito a cucina con annesso forno a
legna, il tutto con collegamenti di acqua e di energia elettrica.
Altruda Maria, con atto pubblico di compravendita del 26.02.1980 ha acquistato
da Monaco Livia il suolo proveniente da frazionamento n. 712/1980, iscritto al
f.g. 89 p.lla 221 della estensione di m.q. 1120. Detto suolo risulta recintato
completamente con un muro alto 2,50 metri lato strada, dotato di un varco di
accesso tramite cancello in ferro a due battenti. Sullo stesso suolo insiste un
manufatto, realizzato in assenza di titolo legittimante, al piano terra della
estensione di 45 m.q. ed alto 2,90 metri, oltre una tettoia a mò di patio
occupante una superficie di m.q. 35 con muretto di recinzione alto 0,60, adibito
a casetta di campagna. Tali interventi edilizi non risultano denunciati e
nemmeno riportati come preesistenti nell’atto di compravendita allegato agli
atti del fascicolo di parte ricorrente.
Ricorso n. 4067/2000:
Gizzi Giorgina, è proprietaria della particella fg 89 p.lla n. 215 della
estensione m.q. 605. In detta area risulta realizzato, in assenza di concessione
edilizia, un corpo di fabbrica occupante una superficie di circa m.q. 130 in
muratura e c.a. su due livelli, oltre un locale cantinato; il fabbricato è
composto da due appartamenti occupati dalla ricorrente con il proprio nucleo
familiare.
Gizzi Maria è proprietaria di un suolo iscritto al fg. 89 p.lla 205 su cui
insiste un corpo di fabbrica, realizzato in assenza di concessione edilizia,
occupante una superficie di circa m.q. 270 composto da piano terra e primo
piano, costituito da tre appartamenti ed un locale seminterrato.
Gizzi Olimpia è proprietaria del suolo iscritto al fg. 89 p.lla 216 della
estensione di m.q. 605. L’area risulta completamente recintata, e su di essa è
stato realizzato, in assenza di concessione edilizia, un corpo di fabbrica
occupante una superficie di m.q. 220 composto da piano terra, primo e secondo
piano: il piano terra è composto da due appartamenti di tre vani ed accessori
occupato dalla ricorrente, e l’altro è composto di due vani ed accessori. Sullo
stesso suolo sono stati realizzati altresì un corpo di fabbrica della estensione
di 80 m.q. ed una struttura in ferro di 150 m.q. priva di copertura.
Schioppo Luigi è proprietario del suolo iscritto al fg 89 p.lla 834 della
estensione di m.q. 1080, acquistato nel 1995 dai coniugi Di Pietro Antonio e
Cozzolino Anna che a loro volta ne avevano acquisito la proprietà per acquisto
fattone da Monaco Livia, precedente proprietaria,il 31.10.1980. L’area in
questione è completamente recintata con muretto e cancello al varco di accesso,
ed all’interno risulta realizzato un manufatto di 100 m.q. di un solo piano
diviso in cinque ambienti oltre accessori, munito di impianti idrici ed
elettrici.
Ragno Michele ed Esposito Concetta sono proprietari del suolo iscritto al f.g.
89 della particella 882 della estensione di m.q. 900, circa per acquisto fattone
da Ragno Michele e Zazzeri Bruna che a loro volta ne avevano acquistato la
proprietà da Monaco Livia con atto del 17.03.1980. Sul detto suolo insistono due
manufatti realizzati abusivamente e precisamente il primo composto da due piani
fuori terra oltre ad un seminterrato realizzato tra il 1992 ed il 1993, ed il
secondo più recente occupante una superficie di m.q. 44 diviso in quattro
ambienti al piano terra.
Minopoli Salvatore ha acquistato da Monaco Livia, con atto pubblico di
compravendita del 26.02.1980, il suolo iscritto in catasto al fg.89 p.lla 222
(variata alla particella 848). L’area risulta completamente recintata ed è
occupata da varie opere abusive e precisamente un manufatto occupante una
superficie di 150 m.q. con servizi ed accessori, ed altri due manufatti
rispettivamente di m.q. 16 e 30 m.q.
Strazzullo Maria, casalinga, ha acquistato da Monaco Livia, con atto pubblico di
compravendita dell’8.04.1980, il suolo iscritto in catasto al f.g. 89 p.lla 233
della estensione di m.q. 930 circa. Su detto suolo risultano realizzati due
fabbricati in muratura : il primo della superficie di m.q. 180 composto da piano
terra e primo piano diviso in due appartamenti adibiti ad abitazione; ed il
secondo della superficie di m.q. 45 composto da piano terra e primo piano.
Romano Francesco e Postiglione Anna , il primo cuoco e la seconda casalinga,
hanno acquistato da Monaco Livia, con atto pubblico di compravendita
dell’8.04.1980, il suolo iscritto in catasto al f.g. 89 p.lla 231 della
estensione di m.q. 665 circa. Su detto suolo ( dislocato su due livelli con
ingressi autonomi), è stato realizzato, nella parte a monte, un manufatto
composto da due piani fuori terra con tre appartamenti uno a piano terra e due
al primo piano. Nella parte a valle insiste un altro manufatto in muratura
adibito ad alloggio di campagna.
Ricorso n. 4069/2000
Cioce Serafino, operaio, ha acquistato da Monaco Livia, con atto pubblico di
compravendita dell’11.03.1980, un suolo iscritto al fg. 89 p.lla 226 della
estensione di circa m.q. 970. Il suolo risulta recintato da muro in tufo e rete
metallica e sullo stesso insiste un piccolo manufatto a piano terra di 30 mq, ed
un deposito adibito a ricovero di animali da cortile
Cioce Tobia, operaio, e Polverino Anna , casalinga, hanno acquistato con atto
pubblico di compravendita dell’11.03.1980 da Monaco Livia, un suolo iscritto in
catasto al foglio 89 particella 225 della estensione di circa m.q. 860. L’area,
disposta a terrazzamento, risulta recintata su tutti e quattro i lati, ed in
particolare con muri in tufo su tre lati, e con un muro in cemento armato su un
altro lato. Ivi sono stati realizzate abusivamente un grillage di ferro e legno
di 20mtx7 , una pedana in cls di metri 10x7, un soprastante manufatto in
muratura mista di 30 m.q., un corpo di fabbrica in aderenza allo stesso di mq. 6
coperto da lamiera recata adibito a voliera,ed un altro manufatto in muratura
mista di 20 m.q. alto 2,20 metri circa adibito a forno e ricovero di animali.
Cioce Salvatore, commerciante, coniugato con Mele Fortuna, ha acquistato da
Monaco Livia, con atto pubblico di compravendita dell’11.03.1980 un suolo
iscritto al fg.89 p.lla 224 della estensione di m.q. 1100 circa. L’area risulta
recintata con muratura alta circa 1 metro, e sovrastante ringhiera in ferro , in
corrispondenza di un varco di accesso munito di cancello in ferro, ed
all’interno risulta realizzato abusivamente un manufatto in muratura di 32 m.q.
costituente una casetta di campagna.
Di Costanzo Gennaro ha ricevuto in donazione con atto pubblico del 13.12.1994
dalla madre Gizzi Olimpia un suolo iscritto al fg 89 p.lla 216 della estensione
di m.q. 605. L’area, completamente recintata, di natura scoscesa, è occupata da
un corpo di fabbrica di 220 m.q. composto da piano terra, primo e secondo piano.
Imperatrice Giuseppina, Di Vicino Salvatore, Di Vicino Francesca, Di Vicino
Clara quali eredi di Di Vicino Francesco sono subentrati per successione mortis
causa nella proprietà del suolo iscritto al fg. 89 p.lla 223 della estensione di
m.q. 1375. Sull’area risulta edificata una costruzione di 140 m.q. in muratura e
cemento armato, con annesse tettoie a mò di patio di circa m.q. 40, oltre ad una
cantinola di circa 50 m.q. alta tre metri. L’immobile è frazionato in due unità
immobiliari con ingressi indipendenti muniti di cancelli in ferro, ed è
recintato da un muro alto 2,20 metri fronte strada.
Ricorso n.4345/2000
Cioce Giorgio ha acquistato da Sorrentino Amelia e Di Paola Irene, con atto
pubblico di compravendita del 30.11.1993 e frazionamento approvato il
31.08.1993, il suolo iscritto al fg.89 p.lla 738 della estensione di m.q. 600
circa. L’area risulta completamente recintata con muratura di tufo e sovrastante
inferriata, munita di varco di accesso con cancello in ferro, e sulla stessa è
stato realizzato un corpo di fabbrica di solo piano terra della superficie di 70
m.q..
Corrado Rosa, ha acquistato da Monaco Livia con scrittura privata autenticata
del 15.09.1980 il suolo iscritto al fg. 89 p.lla 270 della estensione di m.q.
1875 proveniente da frazionamento del 22.08.1980. L’area risulta recintata da
muratura in tufo e munita di cancello in ferro scorrevole, ed ivi è stato
realizzato abusivamente in corpo di fabbrica in cemento armato e tufo della
estensione di circa 200 m.q. composto da un piano terra.
Chiaro Ciro, commerciante, ha acquistato da Sorrentino Amelia e Di Paola Irene,
con atto pubblico di compravendita del 14.02.1995, il suolo iscritto al fg. 89
p.lla 783 della estensione di m.q. 700. Il suolo è completamente recintato con
muratura e soprastante cancellata in ferro con varco di accesso munito di
cancello in ferro. Sull’area insiste un corpo di fabbrica della estensione di
m.q. 40 in muratura mista con calpestio in c.a., alto circa 2,60 metri, coperto
da solaio in c.a. e diviso in tre ambienti.
Ricorso n.5673/2001:
Russo Gennaro, risulta destinatario delle ordinanze impugnate in relazione al
suolo iscritto in catasto al fg. 89 p.lla 206 della estensione di m.q. 1040,
successivamente ulteriormente frazionato in due particelle e precisamente la n.
206 di m.q. 508 e la n. 442 di m.q. 532 alienata quest’ultima nel 1991. Il
ricorrente ha altresì presentato nel 1995, come da documentazione allegata al
fascicolo del Comune, domanda di condono per aver ivi realizzato un manufatto
abusivo.
Ricorso n. 5736/2001
Amabile Maria, Amabile Agostino, Amabile Francesca, Amabile Chiara, Amabile Rita
e Amabile Salvatore proprietari del suolo iscritto al foglio n. 89 p.lla 438
della estensione di m.q. 8150 subentrati jure successionis a Di Vicino Maria. Il
suolo è stato interessato dalla esecuzione di più opere edilizie abusive oggetto
di richiesta di condono edilizio, strade di collegamento, ed in particolare due
manufatti ed una tettoia sul lotto assegnato ad Amabile Anna, sicchè seppure
poteva apparire dubbio l’originario frazionamento negoziale - peraltro in
presenza di un preliminare di compravendita in ragione della estensione
dell’area e della qualifica di coltivatore del promittente acquirente - come
dedotto in atti, la attività edilizia successivamente eseguita consente di
ricondurre la fattispecie nel disegno unitario della contestata lottizzazione
materiale.
Ricorso n. 7438/2001
Di Paola Irene è risulta destinataria del provvedimento di acquisizione
impugnato unitamente a Sorrentino Amelia per la stessa particella 438 di cui al
ricorso n. 5736/2001 poiché oggetto di preliminare di vendita, per le particella
227 e 228 a lei intestate catastalmente (quest’ultima risultata appartenere a De
Sogus di cui si è pronunciato l’accoglimento come si vedrà di seguito), nonché
per aver proceduto alla originaria suddivisione dei lotti per le particelle
risultanti dai frazionamenti e dalle vendite a vario titolo effettuate, e per
quelli di cui è restata esclusiva proprietaria.
5.1 Meritano invece accoglimento i ricorsi di coloro rispetto ai quali non può
operare il disposto di cui al comma 1 dell’art. 21 octies non risultando palese
che la partecipazione al procedimento non ne avrebbe mutato l’esito, ed ove la
amministrazione, ai sensi del comma secondo, non ha ottemperato all’onere di
dedurre prova contraria, e precisamente:
Ricorsi n. 3396/2000 e n. 5533/2001:
Caruso Maria Rosaria e Caruso Mauro, la prima con la qualifica di ragioniera il
secondo con la qualifica di commerciante hanno acquistato la particella n. 430
iscritta al fg. 89 della estensione di 1200 m.q. con atto di compravendita
dell’11.10.1983 da Di Paola Irene e Sorrentino Amelia, con frazionamento
avvenuto contestualmente. Sostengono in ricorso di non aver proceduto ad alcuna
modificazione della destinazione agricola del terreno che sarebbe tuttora
destinato a tal fine e completamente coltivato. Dagli accertamenti in atti
risulta effettuata un’opera di recinzione non meglio specificata nella sua
natura che è opera astrattamente compatibile con la destinazione agricola del
fondo.
Ricorsi n.n. 4013/00 e 5571/01:
Ragno Saverio, di professione dottore in farmacia, ha acquistato da Monaco Livia,
con atto di compravendita del 30.03.1978, due zonette di terreno iscritte in
catasto al fg 89 p.lle n.n. 20(comodo rurale),203-204-208, della estensione
complessiva di m.q. 3030.Iin ricorso ha dedotto di non aver mutato la
destinazione agricola del suolo che ha concesso in comodato per uso agricolo a
tale Ciardi Santino, come da allegata scrittura privata registrata il
14.05.1997. Dagli accertamenti in atti risulta che avrebbe eseguito lavori di
sbancamento e livellamento in modo da portare il terreno da scosceso a comodo
rurale, ma sul punto la Amministrazione non ha dimostrato che una sua eventuale
partecipazione al procedimento non ne avrebbe variato l’esito.
Ricorso n. 4065/2000:
Del Vecchio Raffaella e Del Vecchio Pietro hanno ricevuto in donazione dalla
madre Di Fusco Anna, con atto pubblico del 17.03.1997, il suo iscritto al fg 89
plla 209, della estensione di m.q. 1040 ed hanno dedotto in ricorso di non aver
mutato la destinazione agricola del fondo. Dagli atti risulta che il suolo in
questione è stato solo parzialmente recintato ad uso agricolo
De Sogus Luciano , di qualifica impiegato, ha acquistato da Monaco Livia, con
atto di compravendita del 25.03.1980, fg. 89 p.lla 228 un suolo della estensione
di m.q. 2000 circa. In ricorso ha dedotto di non aver mutato la destinazione
agricola del suolo, e dagli atti risultano eseguite opere di recinzione non
precisamente identificabili (pag. 14 accertamenti procura e foto allegata n. 17
).
Niro Giuseppe, commerciante, ha acquistato, con atto pubblico di compravendita
del 4.03.1988, da Ferrara Carmela (che a sua volta ne aveva acquistato la
proprietà da Monaco Livia con atto dell’8.04.1980), il suolo iscritto al fg 89
p.lle 230 e 234 (sulla quale ultima insiste un vecchio comodo rurale) della
estensione di m.q. 1130. In ricorso ha dedotto di non aver mutato la
destinazione agricola del suolo, e dagli atti risultano eseguite sole opere di
recinzione con pali in legno e rete metallica.
D’Alessandro Domenico, pensionato, ha acquistato, con atto pubblico di
compravendita del 18.07.1996 da Sorrentino Amelia e Di Paola Irene, un suolo
iscritto fg 89 così composto: p.lla 483 di circa m.q. 1094, p.lla 876 di circa
m.q. 969, p.lla 878 della estensione di m.q. 1050. In ricorso ha dedotto di non
aver mutato la destinazione agricola del suolo, e dagli accertamenti in atti non
risulta eseguita alcuna opera edile né il suolo è recintato.
Ricorso n. 5673/2001:
Del Vecchio Vincenzo ha acquistato da Ercole Anna, con atto pubblico di
compravendita del 17.01.1991, un suolo iscritto al fg. 89 p.lla 470 della
estensione di m.q. 1000 circa. In ricorso ha dedotto di non aver mutato la
destinazione agricola del suolo, e dagli accertamenti in atti il suolo risulta
solo recintato, senza null’altra specificazione, e senza opere edilizi eseguite
internamente.
Limitatamente a tali ultimi ricorrenti il ricorso merita accoglimento entro i
limiti di cui sopra, e, quanto alle spese processuali, avuto riguardo alla
complessità delle questioni tratte ricorrono giusti motivi per disporne la
integrale compensazione tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di Napoli sez. IV^,
definitivamente pronunciandosi, sui ricorsi di cui in epigrafe qui riuniti, così
provvede:
- accoglie i ricorsi proposti, per quanto di ragione, limitatamente alle
seguenti parti ricorrenti:Caruso Maria Rosaria e Caruso Mauro (ricorsi n.
96/2000 e n. 5533/2001), Ragno Saverio (ricorsi n.n. 4013/00 e 5571/01), Del
Vecchio Raffaella e Del Vecchio Pietro, De Sogus Luciano, Niro Giuseppe e
D’Alessandro Domenico (ricorso n. 4065/2000), Del Vecchio Vincenzo (ricorso n.
5673/2001):
- respinge i ricorsi proposti dagli altri ricorrenti;
- spese compensate;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 19 Aprile 2006.
La presente decisione è depositata presso la Segreteria del Tribunale che
provvederà a darne comunicazione alle parti.
dott. Dante D’Alessio - Presidente
dott. Renata Emma Ianigro - Primo Referendario estensore
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