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 Massime della sentenza

 

T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 27 Settembre 2006, n. 1418
 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Sezione di Salerno
Sezione Prima


composto dai Magistrati:
DR. FILIPPO PORTOGHESE - Presidente
DR. FRANCESCO MELE - Consigliere
DR. GIOVANNI GRASSO - Primo Referendario rel.
ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso n. 2961/2004, proposto da Tommaso Tedeschi, Federico Rocco, Viola Masi, Nicolina Agnes, Eustacchio Rocco, Salvatore Aurilia, Pellegrino De Luca, Maria Santaniello, Salvatore Cocchia, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Donato Pennetta, con il quale sono elettivamente domiciliati in Salerno alla via Leopoldo Cassese, n. 19, presso lo studio dell’avv. Barbato Iannuzzi
CONTRO
1) il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, il Ministero delle Attività Produttive e il Ministero per i Beni e le Attività culturali, in persona dei rispettivi Ministri in carica pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, presso i cui uffici sono domiciliati, al corso Vittorio Emanuele, n. 58;
2) l’Ente Parco Regionale dei Monti Picentini, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
3) la Regione Campania, in persona del Presidente in carica pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Maria Laura Consolazio dell’Avvocatura regionale, con il quale è elettivamente domiciliata in Salerno, al corso Garibaldi, n. 33
E NEI CONFRONTI
1) della Energy Plus s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonio Cosimo Cuppone, Enrico Soprano ed Enzo Maria Marenghi, con i quali è elettivamente domiciliata in Salerno, alla via Dogana Vecchia, n. 40, presso lo studio dell’avv. Lodovico Visone;
2) della SNAM s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
3) del Comune di Salerno, in persona del Sindaco in carica pro tempore, non costituito in giudizio;
4) della Provincia di Avellino, in persona del Presidente in carica pro tempore, non costituita in giudizio;
5) della Provincia di Salerno, in persona del Presidente in carica pro tempore, non costituita in giudizio;
6) della Comunità montana Serinese-Solofrana, in persona del legale rappresentante in carica pro tempore, non costituita in giudizio;
7) del Comune di Serino, in persona del Sindaco in carica pro tempore, non costituito in giudizio;
PER L’ANNULLAMENTO
a) del decreto di autorizzazione definitiva del Ministero delle Attività produttive n. 55/10/2004, trasmesso con nota n. 258952 del 3 settembre 2004; b) della positiva valutazione di impatto ambientale espressa dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, di concerto con il Ministro per i Beni e le Attività culturali, in data 23 giugno 204, prot. N. 547; c) di tutti i pareri espressi dal Commissario regionale dell’Ente parco dei Monti Picentini, con particolare riguardo alla autorizzazione n. 564 del 4 maggio 2004; d) della delibera di Giunta regionale n. 1514 del 29 luglio 2004 e di tutti gli atti ad essa presupposti, conseguenti, collegati e/o comunque connessi; e) di tutte le deliberazioni e le pronunce espresse dalla Conferenza dei servizi in merito alla realizzazione del contestato metanodotto, con particolare riguardo alle deliberazioni di cui alla riunione del 28 luglio 2004; f) di tutti gli altri atti amministrativi precedenti, susseguenti, collegati e/ comunque connessi con la procedura in questione, ivi compresi il decreto ministeriale n.55/09/2005 RT del 07.09.2005, il parere del Ministero per i Beni e le attività culturali prot. 15405 del 5 luglio 2005 ed il parere della Regione Campania prot. 2005,0678693 dell’8 agosto 2005.


* * *


VISTO il ricorso con gli atti e documenti allegati;
VISTI gli atti di costituzione in giudizio;
VISTE le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
VISTI tutti gli atti della causa;
RELATORE alla pubblica udienza del 9 febbraio 2006 il dott. Giovanni GRASSO e uditi altresì, per le parti, gli avvocati difensori presenti come da processo verbale di udienza;
RITENUTO in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO


1.- Con ricorso notificato in data 15 novembre 2004 e depositato il successivo 24 novembre, integrato da motivi aggiunti articolati pendente lite, Tommaso Tedeschi, Federico Rocco, Viola Masi, Nicolina Agnes, Eustacchio Rocco, Salvatore Aurilia, Pellegrino De Luca, Maria Santaniello, Salvatore Cocchia, come in atti rappresentati e difesi e nella dedotta qualità di proprietari di terreni nel Comune di Serino, impugnavano gli atti, meglio distinti in epigrafe, con i quali era stato approvato il progetto di realizzazione di un metanodotto destinato ad assicurare la fornitura di gas naturale alla prevista e collegata centrale termoelettrica da realizzare nel Comune di Salerno.


In proposito premettevano: a) che il progetto de quo era stato vagliato dalla Conferenza dei servizi, così come previsto dalla l. n. 55/2002 e come richiesto dalla società Energy Plus s.r.l. di Napoli; b) che tale progetto prevedeva la costruzione di una centrale termoelettrica a ciclo combinato della potenza di 780 Mwe che avrebbe insistito sul territorio del Comune di Salerno, sfruttando il collegamento alla rete nazionale dei gasdotti della SNAM; c) che siffatto metanodotto, tuttavia, si sarebbe allocato in maniera pesantemente invasiva anche su gran parte del territorio del Parco dei Monti Picentini e, più in particolare, sul territorio del Comune di Serino, tenuto conto che la porzione del tracciato in parola era lunga ben 9 Km e che sarebbe andata dal bacino del fiume Sabato al bacino del fiume Picentino; d) che, dopo la richiesta di pronuncia di compatibilità ambientale da parte della Energy Plus s.r.l. e rituale pubblicazione del relativo avviso sui quotidiani “la Repubblica” e “la Città di Salerno” per le eventuali osservazioni, era stato avviato il procedimento per ottenere la relativa autorizzazione, che nella sua primigenia formulazione - faceva espressamente salva l’area dei Monti Picentini; e) che in data 30 dicembre 2003, nell’ambito dell’avviato procedimento, la Energy Plus aveva presentato una variazione al tracciato del progetto, che passava così dagli originari 31 Km a ben 36 Km, venendo ad interessare il territorio dei Comuni di Serino (e del Parco dei Monti Picentini), Solofra, Giffoni Valle Piana, Giffoni Sei Casali e Salerno, oltre a tutto il territorio che interessava le Autorità di bacino dei fiumi Sarno, Liri, Garigliano e Volturno; f) che tutto era asseritamente avvenuto senza istruttoria dell’Autorità investita del procedimento e senza una valutazione delle motivazioni addotte dalla società proponente; f) che, in seguito a tale variante progettuale, era stata aggiornata la conferenza dei servizi per il giorno 13 febbraio 2004 presso il Ministero delle Attività Produttive (conferenza alla quale, come del resto già in precedenza, non erano stati invitati, né avevano presenziato, l’Ente Parco regionale dei Monti Picentini e la Comunità Montana Serinese-Solofrana); g) che il nuovo progetto aveva subito una diramazione in corrispondenza dell’impianto di intercettazione della linea Snam Rete Gas a nord del Comune di Serino e lungo i Comuni di Giffoni Valle Piana, Giffoni Sei Casali e Salerno, il tutto investendo zone incluse nel Parco Regionale dei Monti Picentini; h) che nella seduta del 13 febbraio 2004 la Conferenza dei servizi non aveva approvato le previste modifiche in quanto vari Enti avevano richiesto integrazioni al progetto in questione, oltre all’acquisizione del parere di compatibilità ambientale; i) che tale parere favorevole era stato reso in data 23 giugno 2004 in modo congiunto da parte del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Ministro per i Beni e le Attività culturali; j) che, in seguito,a tale adempimento ministeriale, si era nuovamente riunita la Conferenza dei servizi (ancora una volta senza la partecipazione dell’Ente Parco e della Comunità montana), alla quale, tra l’altro, il Comune di Serino aveva inviato, pur non partecipando, una nota di dissenso al progetto, manifestando la sua decisa opposizione al passaggio del metanodotto sul territorio comunale; k) che ciononostante la Conferenza aveva espresso parere favorevole alla realizzazione delle opere in questione; l) che, per l’intanto, già in data 4 maggio 2004 era arrivata anche l’autorizzazione al progetto da parte del Commissario dell’Ente Parco (sebbene mai invitato alla ridetta Conferenza); m) che, infine, era stata formalizzata, con il decreto epigrafato, l’autorizzazione definitiva del Ministero delle Attività Produttive.


Ciò premesso, impugnava gli atti del descritto procedimento, invocandone l’annullamento


2.- Esaminata e disattesa (con provvedimento reiettivo incidentalmente confermato in seconde cure) l’istanza cautelare di sospensiva, alla pubblica udienza del 9 febbraio 2006, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.


DIRITTO


Il ricorso è infondato.


Prima di procedere alla analitica disamina delle numerose ed articolate ragioni di doglianza, vale precisare che il procedimento per cui è causa trova fondamento della l. n. 55/2002, con la quale sono state dettate misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale ed, in particolare, al fine di evitare il pericolo di interruzione di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria copertura del fabbisogno nazionale, è stato previsto che la costruzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all'esercizio degli stessi, sono dichiarati opere di pubblica utilità e soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive, la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti.


Detta autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, d'intesa con la regione interessata. La Corte Costituziona-le, con la sentenza n. 6 del 13 gennaio 2004, ha dichiarato non fondate le questioni di costituzionalità che avverso siffatta normativa erano state da più parti sollevate.


1.- Ciò premesso, con il primo motivo del ricorso principale, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 1 l. n. 394/91 e degli artt. 1 e 22 della L.R. Campania n. 33/1993, sull’assunto che l’intero intervento, così come progettato ed autorizzato dagli atti amministrativi impugnati, non potesse essere in alcun modo previsto nel Parco dei Monti Picentini, in quanto Parco Naturale regionale nel quale non è consentita la costruzione di alcuna opera che possa alterare in qualsiasi modo l’equilibrio naturale ambientale.


1.1.- Il motivo va disatteso.


Occorre premettere che il Parco Regionale dei Monti Picentini è stato istituito con gli artt. 5 e 6 della L.R. n. 33/93 e con successiva deliberazione della G.R. Campania n. 1539 del 24 aprile 2003, in applicazione della l. n. 394/91 (recante la legge quadro sulle aree protette).


Nel dettaglio, la legge de qua (così come modificata dalla L.R. n. 18/2000) disciplina l’articolazione zonale del Parco, prevedendo (all’art. 22) una zona A di riserva integrale (“in cui l'ambiente è conservato nella sua integrità: il suolo, le acque, la fauna e la vegetazione sono protetti e sono consentiti soltanto gli interventi per la protezione dell'ambiente o la ricostituzione di equilibri naturali pregressi da realizzare sotto il controllo dell'Ente Parco” ed è “vietata qualsiasi attività che possa compromettere risorse naturali”), una zona B “di riserva generale orientata e di protezione” (in cui “ogni attività deve essere rivolta al mantenimento della integrità ambientale dei luoghi” ed in cui “sono consentite ed incentivate le attività agricole e silvo-pastorali tradizionali e la manutenzione del patrimonio edilizio esistente, laddove non contrastino con le finalità del Parco”) ed una zona C di riserva controllata¸ id est di “area di riqualificazione dei centri abitati, di promozione e sviluppo economico e sociale” (in ordine alla quale “vanno incentivate le attività agricole, zootecniche e silvocolturali tradizionali ed il mantenimento dell'integrità terriera nelle aziende contadine” e sono inoltre agevolate “le attività socioe-conomiche e le realizzazioni abitative ed infrastrutturali compatibili con i principi ispiratori del Parco, nonché lo sviluppo delle strutture turistico-ricettive delle attrezzature pubbliche e dei, servizi complementari al Parco”).


La norma in questione prevede, poi, che la realizzazione delle opere pubbliche possa avvenire solo all’interno delle zone B e C, previa approvazione dell’Ente Parco.


Con successiva L.R. n. 24/95 la normativa generale per le aree protette è stata specificata, per quanto di interesse, con la previsione per cui, nelle zone in questione, sono consentiti i seguenti interventi: a) la manutenzione ordinaria, straordinaria, il consolidamento statico, il restauro, il risanamento conservativo e l'adeguamento igienico-sanitario che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici; b) rimboschimenti, arboricoltura da legno, operazioni di fronda e di potatura necessarie per le attività agricole; opere antincendio ivi incluse le piste tagliafuoco; lavori di difesa forestale e di regimazione dei corsi d'acqua; sistemazione idrogeologica delle pendici, di conservazione del suolo e di drenaggio delle acque sotterranee e la relativa bonifica; c) attività agricole e pastorali e relative strutture che non comportino alterazioni permanenti allo stato dei luoghi, nonché impianti serricoli; d) posa di cavi e di tubazioni interrati per reti di distribuzione dei servizi di pubblico interesse, ivi comprese le opere igienico-sanitarie che non comportino danni per le alberature di alto fusto, né la modifica permanente della morfologia del suolo; cabine di trasformazione elettrica; impianti di ascensori interni agli edifici; piccoli serbatoi per uso idropotabile; adeguamento di impianti tecnici alle norme di sicurezza; opere per l'eliminazione delle barriere architettoniche; cappelle funerarie; e) interventi programmati, finanziati o in corso di completamento già definiti da norme statali o regionali e da programmi di sviluppo approvati alla data di entrata in vigore della presente legge e loro adeguamenti; f) interventi previsti nei piani di assestamento forestale e nei piani dei parchi e delle riserve naturali, diretti alla conservazione, alla tutela ed al ripristino della flora e della fauna.


1.2.- Ciò posto, vale osservare: a) che la realizzazione dell’impianto energetico autorizzato non si pone, di per sé ed in via di principio, in contrasto con le finalità di cui alla l. n. 394/1991, atteso che è la stessa normativa regionale a puntualizzare che, nelle aree protette, non è inibita “la valorizzazione e la sperimentazione di attività produttive compatibili” (art. 1, 4° comma L.R. n. 33/93 cit.); b) che siffatto e condizionante apprezzamento di compatibilità ambientale è, in concreto, rimesso al giudizio del Ministero dell’Ambiente, il quale nel caso di specie, con proprio decreto n. 547/2004, pur fatto oggetto di gravame, si è espresso positivamente, sia con riguardo alla centrale di Salerno che alle opere connesse, tra cui il contestato metanodotto (all’uopo prendendo motivatamente atto delle limitazioni e prescrizioni imposte dalla misura autorizzatoria dell’Ente Parco, di cui subito infra, e facendole proprie con specificazioni); c) che la stessa normativa non preclude pregiudizialmente la realizzazione di “opere pubbliche” (rectius, in realtà, “di pubblico interesse”) all’interno delle aree protette (art. 22, 3° comma L.R. cit.), pur subordinandola alla duplice e concorrente condizione (non disattesa nel caso che ne occupa) della allocazione nelle sole zone B e C (con salvaguardia delle aree di riserva integrale) e della approvazione da parte dell’Ente Parco (nella specie affidata al provvedimento prot. n. 564 del 4 maggio 2004, redatto sulla scorta di apposita “relazione specialistica” e non insensibile ai profili di criticità delle elaborazioni progettuali positivamente delibate, al punto da imporre apposite e vincolanti prescrizioni); d) che neppure appare inibita l’attività “di posa di cavi e di tubazioni interrati per reti di distribuzione dei servizi di pubblico interesse” (art. 5, 2° comma lett. d) L. R. n. 24/1995), che non comporti danni per le alberature di alto fusto, né la modifica permanente della morfologia del suolo (in ordine ai quali l’autorizzazione dell’Ente Parco ed il successivo decreto ministeriale che ne recepisce il contenuto recano espressa prescrizione relativa alla “fase di costruzione”, di cui naturalmente si impone il rispetto).


1.3.- Le considerazioni che precedono e la complessiva considerazione dei dati normativi di riferimento inducono, in definitiva, ad escludere che la realizzazione del metanodotto all’interno (delle zone B e C) del Parco naturale rappresenti, in quanto tale (e ferme restando le prescrizioni ed i vincoli in fase esecutiva) attività vietata. Donde l’infondatezza del primo motivo di doglianza.


2.- I ricorrenti lamentano, altresì, violazione e falsa applicazione dell’art. 6, 3° comma della l. n. 394/1991, in base al quale “sono vietati fuori dei centri edificati di cui all'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 , e, per gravi motivi di salvaguardia ambientale, con provvedimento motivato, anche nei centri edificati, l'esecuzione di nuove costruzioni e la trasformazione di quelle esistenti, qualsiasi mutamento dell'utilizzazione dei terreni con destinazione diversa da quella agricola e quant'altro possa incidere sulla morfologia del territorio, sugli equilibri ecologici, idraulici ed idrogeotermici e sulle finalità istitutive dell'area protetta”.


2.1.- La censura non ha pregio.


La norma evocata si riferisce alle misure di salvaguardia riconnesse alla individuazione, “in caso di necessità ed urgenza”, di aree protette (da parte del Ministero dell’Ambiente e delle Regioni): tali misure (tra cui la ventilata inibizione della esecuzione di nuove costruzioni, della trasformazione di quelle esistenti e di qualsiasi mutamento dell'utilizzazione dei terreni con destinazione diversa da quella agricola o come chessia incisivo della morfologia del territorio, degli equilibri ecologici, idraulici ed idrogeotermici e delle finalità istitutive dell'area protetta: aratr. 6, 3° comma l. cit.) sono naturaliter destinate ad operare solo “fino all'istituzione delle singole aree protette” (art. 6, 2° comma), laddove: a) “dall'istituzione della singola area protetta sino all'approvazione del relativo regolamento operano i divieti e le procedure per eventuali deroghe di cui all'articolo 11” (art. 6, 4° comma) e b) dopo l’approvazione del regolamento, sarà affidata a quest’ultimo (in quanto benin-teso conforme a legge e alle sepcifiche previsioni dell’art. 11 cit.) la selezione delle opere realizzabili o meno all’interno dell’area protetta.


La circostanza che, nel caso in esame, l’Ente Parco sia stato istituito ed il relativo regolamento (con il quale si è confrontata la contestata misura autorizzativa) approvato conferma l’improprietà del paradigma normativo richiamato e la conseguente in conferenza della articolata doglianza.


3.- I ricorrenti lamentano, in ogni caso, anche violazione e falsa applicazione dell’art. 11, 3° e 4° comma della l. n. 394/1991 (una all’art. 22, 4° comma L.R. n. 33/93), nella parte in cui vietano, in via pregiudiziale, “le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat”.


3.1.- Anche tale censura è priva di pregio. La previsione di cui all’art. 11, 3° comma l. n. 391/1994 è, invero, programmaticamente intesa alla inibizione (di là dal tassativo ma non esaustivo “catalogo” di comportamenti pregiudizialmente vietati) di “attività ed opere” che, in concreto, possano negativamente incidere sul paesaggio e sull’ambiente tutelati. Ne discende che, mentre sono vietate già in astratto ed indipendentemente da ogni apprezzamento circa la loro pericolosità, le attività espressamente elencate, ogni altra attività ed ogni altra opera sarà inibita solo all’esito di uno specifico ed individualizzato giudizio di compatibilità, trasfuso della misura autorizzatoria di competenza dell’Ente Parco.


Ne discende: a) che dalla evocata disposizione normativa non emerge espressamente alcun divieto di realizzare il metanodotto per cui è causa; b) che la sua concreta fattibilità risulta confermata dall’autorizzazione rilasciata (sia pure con prescrizioni) dall’Ente Parco e recepita (in termini parimenti condizionati e prescrittivi) dal Ministero dell’Ambiente, che non si esime dal puntualizzare (senza idonea smentita sul piano tecnico) come il previsto tracciato “non interferisc[a] direttamente con gli habitat e gli ecosistemi di interesse comunitario e non comport[i] interferenze rilevanti sulle componenti ambientali biotiche ed abiotiche”, laddove “per la mitigazione delle interferenze, legate essenzialmente alle attività di cantiere, sono previsti sia opportuni accorgimenti in fase operativa che interventi di ripristino e mitigazione”: sarà, all’evidenza, cura delle competenti autorità garantire, nella fase esecutiva e di attuazione, il costante e severo controllo e la puntuale e rigorosa vigilanza sul rispetto di siffatti accorgimenti: ma far discendere dalla natura e dalla tipologia delle opere in contestazione l’automatica conseguenza della loro non autorizzabilità appare, come vale ripetere, conclusione priva di supporto sul piano normativo.


4.- Con successivo motivo di censura, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 12, 2° comma lettera b) della l. n. 394/1991 (una all’art. 22 L.R. n. 33/93), nella parte cui, ai fini della predisposizione del “piano per il parco”, prescrive, per le aree di “riserve generali orientate”, il divieto generalizzato di “costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio”, con la sola possibile eccezione delle “utilizzazioni produttive tradizionali, [del]la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, nonché [degli]interventi di gestione delle risorse naturali a cura dell'Ente parco” e delle “opere di manutenzione delle opere esistenti”.


4.1.- La doglianza non coglie nel segno.


Nessun dubbio, infatti, circa la natura meramente programmatica della disposizione de qua, che appare - sia pure in termini vincolanti - preordinata alla (obbligatoria) predisposizione dello “strumento del piano per il parco”: nell’acclarato difetto del quale (che è circostanza non contestata), la norma opera negli esclusivi sensi della autorizzazione del potere sostitutivo del Ministro dell’Ambiente (5° comma).


5.- I ricorrenti lamentano, ancora, violazione e falsa applicazione dell’art. 5, 2° comma lettera d) della L.R. Campania n. 24/1995, nella parte in cui - per le zone B e C - consente bensì la realizzazione di opere “di posa di cavi e di tubazioni interrati per reti di distribuzione dei servizi di pubblico interesse”, ma alla condizione, non ricorrente, nella specie, “che non comportino danni per le alberature di alto fusto, né la modifica permanente della morfologia del suolo”.


5.1.- La censura si riconnette a quanto osservato supra, in relazione alla portata della disposizione normativa evocata. La quale - vale ribadire - appare piuttosto conferma che smentita della possibilità di realizzare, nelle aree interessate, i contestati interventi (in quanto, per l’appunto, finalizzati alla realizzazione, mediante posa di cavi e di tubazioni interrate, di una rete di distribuzione del gas, che è servizio di pubblico interesse): laddove l’assenza di danni per le alberature di alto fusto e di modificazioni permanenti della morfologia del suolo concretano condizioni limitative da verificare preventivamente in concreto, all’esito di apposita valutazione di compatibilità, e da controllare in sede di attuazione degli interventi.


Ne discende, di nuovo, che - una volta preso atto della positiva valutazione dell’Ente Parco (sia pure accompagnata, come chiarito, da ampie prescrizioni) e del conforme decreto ministeriale di compatibilità ambientale (che pure - con riferimento alle caratteristiche tipiche delle zone interessate, alle misure di monitoraggio da introdurre, alle misure di mitigazione da adottare ed alle forme di minimizzazione temporale da garantire - appare sufficientemente inteso all’apprezzamento della assenza dei vietati profili di danno e delle precluse modificazioni permanenti del territorio) - non resta che escludere l’illegittimità ex actis dei contestati interventi: dove solo è il caso di puntualizzare, in effetti, che le ripetute valutazioni di compatibilità ambientale concretano apprezzamento ampiamente tecnico-discrezionale (cfr. art. 17 l. n. 241/90) non certo insuscettibile, in quanto tale, di sindacato apud judicem, ma solo (quanto alle condizioni) in presenza di emergenti e/o ventilati profili di erroneità, insufficienza, incongruenza o non pertinenza, se del caso fondati sul persuasivo apporto critico di elaborati peritali di parte e solo (quanto ai limiti ed alle modalità) nella forma c.d. debole, preclusiva - in assenza di macroscopiche illegittimità - della sovrapposizione dell’apprezzamento rinnovato in jure a quello operato in sede procedimentale (arg., ex art. 17, 2° comma l. n. 241/90, nella parte in cui - precludendo, per vicende inerenti materie relative a valori forti tra cui quello inerente la tutela ambientale, il meccanismo acceleratorio e semplificativo del c.d. silenzio devolutivo - prospetta e sottende la sistematica non sovrapponibilità del parere dei qualificati organi tecnici: cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5 marzo 2001, n. 1207 e TAR Lazio, Roma, Sez. II bis, 5 luglio 2005, n. 5481).


6.- Con distinto motivo di gravame, i ricorrenti prospettano eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento, della manifesta illogicità e contraddittorietà degli atti con riferimento alla delibera della G.R. Campana n. 1593/2003 punto n. 2 lett. F, G, G bis e G ter, una a violazione e falsa applicazione delle LL.RR. nn. 14/82 e 11/96. Nel dettaglio, gli impugnati atti autorizzatori volti alla realizzazione dei lavori nel Parco del Monti Picentini sarebbero adottati in spregio delle “Norme generali di salvaguardia” del suddetto Parco, appunto adottate con la richiamata delibera di Giunta Regionale, alla cui stregua (anche e concorrentemente ai fini della salvaguardia delle zone agricole, giusta le analoghe previsioni di cui alle LL.RR. n. 14/82 e 11/96): a) sarebbe “vietato, ad eccezione delle zone C, aprire nuove strade” (lett. F), con conseguente illegittimità di ogni intervento teso alla modifica del sistema viario interno al Parco per agevolare i lavori del metanodotto; b) non sarebbe consentito “istallare nuovi impianti di produzione […] ed il trasporto di energia (elettrodotti superiori a 60 KW, gasdotti etc.) […] ad eccezione di quelli necessari, in zona C, alla copertura di servizi per le comunità locali, per l’alimentazione di strutture radio ripetitrici della rete radio A.I.B. regionale e di quelli necessari per l’attività di soccorso e vigilanza, salvo autorizzazione dell’Ente Parco e, per gli interventi, di rilevante entità, previo parere della Regione Campania” (lett. G); c) sarebbe “vietato circolare con veicoli di ogni genere al di fuori delle strade carrabili esistenti, anche di tipo interpoderale, fatta eccezione per i mezzi necessari al trasporto di prodotti e degli addetti ai lavori agro-silvo-pastorali, nonché per i mezzi di protezione civile e di ogni altro ente pubblico e di quelli in servizio di vigilanza all’uopo autorizzati” (lett. g bis), con conseguente divieto del prevedibile dispiegamento di autoveicoli e mezzi necessari alla costruzione del metanodotto, non superabile, per quanto già osservato, mercè la vietata costruzione di nuove strade; d) sarebbe espressamente vietata la realizzazione di ogni tipo di recinzione all’interno della Zona A (lett. g ter), con conseguente asserita irrealizzabilità, secundum legem¸ dei contestati lavori.


6.1.- Il motivo è privo di pregio.


Invero, le norme generali di salvaguardia del Parco sono pubblicate sul BURC del 27 maggio 2004 (per giunta non secondo la prospettata articolazione letterale, bensì con articolazione numerico).


Dalla loro complessiva disamina, nell’ottica critica valorizzata dalle prospettazioni attoree, è dato osservare: a) che, indubbiamente, risulta sancito, a proposito di “infrastrutture e cartellonistica”, il divieto, salvo le irrilevanti eccezioni testualizzate, di aprire nuove strade se non in zona C: epperò coglie nel segno l’obiezione ex adverso formulata, secondo cui non risulta in fatto che la realizzazione del metanodotto per cui è causa abbia in concreto previsto l’apertura di nuove strade (ma semmai solo il transito dei mezzi operativi, inclusi i fuori strada, nella c.d. pista di lavoro o area di passaggio); laddove è solo il caso di osservare incidenter che tale rilievo appare per sé sufficiente, nella “statica” e “formale” prospettiva attizia commessa alla delibazione dell’intestato giudicante, ad escludere la ricorrenza del ventilato profilo di illegittimità, altra cosa beninteso essendo, nella “dinamica” e “fattuale” prospettiva della verifica di conformità e correttezza dei comportamenti esecutivi, il giudizio di liceità, estraneo ai limiti del gravame giurisdizionale amministrativo; b) che non dissimile rilievo vale anche in ordine alla distinta prescrizione preclusiva della circolazione, al di fuori delle strade carrabili esistenti, con veicoli di ogni genere, posto che l’accessibilità risulta assicurata alle preesistenti arterie statali e provinciali, oltre che dalla rete di viabilità secondaria, costituita da strade comunali, vicinali e forestali parimenti preesistenti; c) che - quanto al divieto di realizzazione di nuove infrastrutture impiantistiche - è la stessa prescrizione evocata a formulare la espressa salvezza della espressa autorizzazione dell’Ente Parco (preceduta, per gli interventi di rilevante entità, dal parere regionale): di guisa che (a fronte della non superflua puntualizzazione che la previsione di tali misure autorizzatorie è, sul piano logico prima ancora che testuale, riferita agli impianti da realizzare anche non in zona C, per la quale il limite in parola non opera in via di principio) la censura (a fronte dell’incontestata ricorrenza dell’una e dell’altra condizione) finisce per provare troppo; d) che - quanto al divieto di realizzare qualsiasi tipo di recinzione all’interno della zona A - risulta formalizzato, in senso conforme, l’estraneità di tali aree al prefigurato intervento; e) che lo stesso decreto ministeriale di valutazione dell’impatto ambientale conferma come si tratti di “manufatto interrato che non dà luogo a modifiche di destinazione dell’uso del suolo, né ad alterazioni di tipo visivo del paesaggio: di guisa che non solo risulta garantita la tutela dei beni tutelati ex d. lgs. n. 490/1999, ma altresì - e segnatamente - rispettate le finalità e le disposizioni di cui alla evocata normativa regionale intesa alla tutela dei boschi.


Il complesso degli esposti rilievi convince, in definitiva, della infondatezza anche dell’esaminato motivo di gravame.


7.- I ricorrenti deducono, ancora, eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento, della manifesta illogicità e contraddittorietà degli atti, una a violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/90 ed eccesso di potere per difetto di motivazione, con riferimento alle delibere della GG.RR. n. 4818/02 e 3533/03, sotto il profilo del contestato superamento della soglia di potenza di 400 MWe totali, prevista dalle linee guida di politica regionale di sviluppo sostenibile nel settore energetico.


7.1.- L’assunto è erroneo.


Va premesso che, all’art. 2 punto c.4) delle linee guida in materia di pianificazione energetica regionale, approvata con le richiamate deliberazioni giuntali, è previsto che vada “privilegiata l’attivazione di nuovi impianti di produzione dell’energia elettrica […] che abbiano valore di potenza installata, di norma, non superiore a 400 MWe”, laddove per valori maggiori è imposto di “fornire valide e motivate argomentazioni”. Ne discende - perspicua - la sicura realizzabilità di infrastrutture di potenza superiore a quella tendenzialmente massima, con il solo onere di dotare l’opzione, in sede endoprocedimentale, di idoneo supporto motivazionale. Trattandosi, pe-raltro, di motivazione schiettamente tecnica, le stesse linee guida prevedono, ai fini della valutazione degli interventi, l’attivazione dell’apposito Organismo tecnico.


Orbene, dalla lettura degli atti (e, segnatamente, della deliberazione di giunta regionale n. 469/2004, trasfusa nel parere favorevole all’intervento espresso nella finale conferenza dei servizi) emerge con chiarezza: a) che la valutazione del progetto fu affidata, anche con l’indicazione di una metodologia di tipo valutativo, al competente organismo tecnico; b) che siffatto organismo ebbe a porsi espressamente il problema del prefigurato superamento (anzi: del sostanziale raddoppio) della soglia dimensionale di potenza; c) che lo stesso ebbe a formulare, sul punto, parere favorevole, sulla scorta sia delle valorizzate specifiche contestualità territoriali, sia alle indicazioni, nelle varie macro-aree, rinvenienti dal libero mercato dell’offerta di energia di nuova produzione (nella relativa analisi si legge che il superamento del limite dei 400 MWe “va considerato, dal punto di vista strettamente tecnico, come positivo ai fini del riequilibrio dell’area di pertinenza [atteso che], in base agli scenari energetici adottati dalle Linee guida come riferimento nella programmazione dei nuovi insediamenti, una sola centrale da 400 MWe non sarebbe [stata] sufficiente alla copertura dell’intero deficit di quest’area”); d) che - per l’effetto - deve ritenersi non solo formalmente, ma anche sostanzialmente assolto (stante, da un lato, la natura schiettamente tecnica dei sottesi apprezzamenti e considerato, dall’altro, l’argomentato recepimento relazionale del parere dell’organismo tecnico da parte della Giunta regionale) l’onere giustificativo di cui all’evocato paradigma normativo. Non sussiste, per tal via, la lamentata illegittimità, neppure sotto il profilo di un indimostrato eccesso di potere.


Vale, del resto, la pena di soggiungere - ancorché, di per sé considerata, la circostanza non rilevi ai fini della delibazione della censura che precede - che la Giunta Regionale, con propria delibera n. 1514/2004, ha successivamente proceduto alla modifica della lettera c.4 dell’art. 2 delle linee guida de quibus, eliminando il riferimento alla soglia dei 400 MWe e prevedendo solo il criterio dell’equilibrato rapporto tra produzione e consumi nell’area vasta utilizzata.


8.- Si lamenta, ancora, violazione e falsa applicazione dell’art. 5 allegato alla L.R. n. 348/1971 (Statuto regionale), nella parte in cui impone alla Regione la promozione della piena valorizzazione del paesaggio e l’adozione di misure necessarie a conservare e difendere l’ambiente naturale: e ciò perché, con l’impugnata autorizzazione, la Regione avrebbe asseritamente posto in diretto e gravissimo pericolo proprio quell’ecosistema del Parco del Monti Picentini che dovrebbe incede proteggere e tutelare e che la stessa Regione ha posto come valore fondante e caratterizzante la propria “esistenza” politico-istituzionale.


8.1.- Il motivo, così come articolato, non ha pregio.


In disparte ogni altro rilievo, vale osservare - con le resistenti - che l’art. 4 dello Statuto regionale prevede che la Regione conosce come suo obiettivo e finalità l’equilibrato sviluppo economico e sociale, di cui costituisce linea guida lo sviluppo industriale. In tale prospettiva, i provvedimenti impugnati si pongono nell’ottica di un “equilibrio” dei valori fondanti pariordinati, che può trovare soluzione (secondo in-segna tipicamente la giurisprudenza della Corte costituzionale, con riferimento al “conflitto” tra valori costituzionali) non già in astratto (conferendo pregiudiziale rilievo all’uno piuttosto che all’altro, ma in concreto, nella prospettiva della loro congiunta ed equilibrata valorizzazione.


Per tal via, le misure adottate appaiono finalizzate alla programmata riduzione del deficit del bilancio energetico (che concreta obiettivo primario delle linee guida regionali in materia di politica energetica), laddove il ridetto “bilanciamento” dei valori risulta affidato agli esiti non preclusivi dei pareri e delle valutazioni finalizzate, in sede endoprocedimentale, ad apprezzare la compatibilità ambientale dei prospettati interventi infrastrutturali.


9.- Si lamenta, di seguito, violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della l. n. 55/2002, una ad eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e della manifesta contraddittorietà ed illogicità degli atti, violazione e falsa applicazione dell’art. 20 dell’All. L. R n. 348/1971 ed incompetenza. In particolare, con il contestato deliberato, la Giunta regionale avrebbe (per giunta in violazione del canone legale delle competenze, che affida gli atti a contenuto programmatico al Consiglio regionale) surrettiziamente immutato le linee guida della politica regionale di sviluppo sostenibile nel settore energetico, in termini intrinsecamente contraddittori (nel descritto quadro di valutazione complessiva, tale finirebbe, in thesi, per apparire l’autorizzazione, nella macro-area costiera, di una nuova centrale per ben 780 Mwe, ove raffrontata alla autorizzazione di altra centrale per 800 Mwe a Sparanise, sempre in macro-area costiera, alla presa d’atto della riqualificazione della centrale termoelettrica esistente nello stabilimento Montefibre di Acerra, ancora in macro-area costiera, ed al paradossale diniego di autorizzazione per la centrale di Paduli, nella macro-area interna, accompagnata dalla declaratoria della impossibilità di formulare l’intesa sui successivi progetti a presentarsi), squilibrati (in quanto violativi del principio inteso alla garanzia di valori di potenza installati rispondenti a criteri di equilibrio del rapporti tra produzione e consumi nella vasta area di riferimento) ed incoerenti (con le finalità di cui all’art. 1 della l. n. 55/02, intese ad evitare il pericolo di interruzione di fornitura e a garantire la necessaria copertura del fabbisogno nazionale).


9.1.- La censura non coglie nel segno.


Deve, infatti, gradatamente osservarsi: a) che appare del tutto improprio l’assunto per cui, con la motivata e concreta opzione per il superamento, nel caso in esame, della ordinaria soglia dimensionale, la Giunta abbia inteso modificare in astratto le linee guida della politica energetica, piuttosto che - di tutta evidenza - legittimare una singola scelta proprio in applicazione ed in conformità alle valorizzate indicazioni programmatiche; b) che la scelta in questione, alla luce della documentazione versata in atti, non risulta viziata dei dedotti profili di incongruenza o addirittura di contraddittorietà (emergendo piuttosto, in relazione agli evidenziati profili di criticità, che, mentre la centrale di Paduli, con i suoi 760 MWe, appariva fortemente sovradimensionata rispetto al deficit di bacino interno, la costruzione della centrale di Salerno doveva ritenersi pienamente compatibile con il medesimo criterio del deficit nella area vasta); c) che, per giunta, la congruenza (rectius: non incongruenza) della scelta emerge anche dal riferimento, operato da decreto ministeriale approvativo della positiva valutazione di impatto ambientale, al miglioramento tra domanda ed offerta di energia elettrica ed alla correlata priorità del progetto, alla luce del d.l. n. 25/2003, convertito in l. n. 83/2003.


Quanto al ventilato profilo di incompetenza (avuto riguardo alla asserita ed illegittima surrogazione della Giunta in attività di natura programmatoria di esclusiva competenza consiliare), vale evidenziare: a) che il progetto de quo risulta adottato ed approvato in conformità della procedura di cui alla l. n. 55/2002, che prevede il meccanismo della intesa tra i soggetti interessati; b) che, per tal via, lo stesso non si colloca nel contesto della programmazione energetica regionale (a guisa di attuazione del relativo piano); c) che - alla stregua del condivisibile orientamento pretorio in subiecta materia (v. per tutte Cons. Stato, n. 3502/2004) - la c. d. autorizzazione unica, di cui alla l. n. 55/2002, deve ritenersi del tutto indipendente dal ridetto piano, essendo frutto di una scelta rimessa alle valutazioni ed all’apporto collaborativo dell’esecutivo regionale.


10.- I ricorrenti lamentano, ancora, carenza di motivazione, con specifico riguardo: a) alla mancato apprezzamento, a guisa di ragionevole soluzione alternativa, della possibilità di ubicare la centrale in altro sito, ed in particolare in area prossima al gasdotto nazionale SNAM, già presente in Campania, area non densamente popolata e non interessata da aree naturali protette; b) al mancato apprezzamento della possibilità di collocare l’infrastruttura nei pressi di una sottostazione elettrica, ove sarebbe localizzabile la connessione; c) alla omessa comparazione, negli stessi sensi, con un’area interna, quale quella di Paduli, nell’auspicato rispetto di un criterio di equilibrio del rapporto tra produzione e consumi; d) all’omesso apprezzamento prospettico della situazione a determinarsi a seguito della realizzazione del termovalorizzatore.


10.1.- Il motivo non ha pregio.


Vale, invero, puntualizzare: a) che - alla stregua del paradigma normativo di riferimento (d. lgs. n. 79/1999 e l. n. 55/2002) - l’attività di produzione di energia elettrica è, per effetto del recepimento di apposita direttiva comunitaria, libera, non sussistendo più alcuna riserva legale a favore di soggetti monopolisti ovvero sottoposizione al regime della concessione amministrativa; b) che - correlativamente - l’individuazione del sito maggiormente idoneo alla collocazione delle centrali spetta al privato che attivi il relativo procedimento autorizzatorio, mentre compito dell’Amministrazione è, di conserva, solo quello di verificarne la correttezza e la congruità, a tutela degli interessi coinvolti; c) che, per l’effetto, non risulta conforme al modello procedimentale sintetizzato l’evocazione di una (asseritamente doverosa) delibazione, in via officiosa, di alternative localizzatorie; d) che - in ogni caso - la documentazione versata in atti fa emergere che la scelta del sito, da parte del soggetto richiedente, è stata preceduta da un documento elaborato da una società di consulenza energetica, che ha evidenziato le ragioni a fondamento della preferenza espressa per la scelta del Comune di Salerno, che risulta sottoposto alla valutazione delle autorità amministrative competenti alla adozione dei vari atti di assenso; e) che la lettura del complesso della documentazione fa emergere che si sia tenuto conto, ai fini della positiva conclusione del procedimento autorizzatorio, sia delle linee guida regionali più volte richiamate supra, sia delle analisi del fabbisogno di energia elettrica in Campania (dalle quali è dato, in particolare, evincere la non persuasitività della proposta, formulata dal ricorrenti, di scegliere il Comune di Paduli).


11.- A dire dei ricorrenti, la determinazione assunta dalla Regione di non consentire ulteriori intese su altri progetti presentati o a presentarsi per la produzione di energia elettrica violerebbe i principi comunitari e nazionali sulla liberalizzazione del mercato e sulla concorrenza, determinando in Campania situazioni di monopolio e/o di oligopolio a favore delle poche società ammesse (il che sarebbe ancora più grave e significativo in conseguenza del più volte evidenziato superamento della soglia dimensionale dei 400 MWe).


11.1.- Il motivo è inammissibile per carenza di intesse. La legittimazione dei ricorrenti discende, invero, dalla loro autoqualificazione di proprietari di terreni del Comune di Serino interessati ed attraversati dal metanodotto in questione: se pur la contestata scelta localizzativa appaia, in concreto, lesiva di loro interessi qualificati (ciò che ridonda nella complessiva ammissibilità del gravame), non parimenti pertinente (non trattandosi di operatori del settore) appare il richiamo ai principi della concorrenza e del mercato. Con più lungo discorso, deve dirsi - al di là di ogni diversa suggestione - che la mera ed eventuale connotazione anticoncorrenziale della gravata determinazione autorizzatoria non potrebbe ritenersi, come tale, incisiva di interessi qualificati intestati ai ricorrenti, che per tal via non sono legittimati a dolersene.


12.- Parimenti deve dirsi della successiva doglianza, con la quale i ricorrenti lamentano il comportamento asseritamene anticorrenziale della Giunta Regionale.


13.- I ricorrenti lamentano, ancora, violazione e falsa applicazione dell’art. 20 dell’Allegato alla L.n. 348/1971 (di approvazione dello Statuto Regionale), sotto il profilo per cui - consentendosi al soggetto privato proponente di individuare il sito di insediamento, si trasferiscono potestà pubbliche in capo allo stesso, abdicando alla specifica funzione di programmazione territoriale di competenza.


13.1- Il motivo è palesemente inammissibile, risolvendosi nella censura non già al provvedimento amministrativo impugnato, sebbene al paradigma procedimentale quale disegnato dalla normativa di riferimento, id est dalla più volte richiamata l. n. 55/2002 (non senza soggiungere che, semmai, gli eventuali profili di illegittimità costituzionale che sarebbe possibile ritenere implicitamente sottesi al ragionamento criticamente articolato, risultano, anche sotto il profilo in esame, già esaminati e disattesi da Corte cost. n. 6/2004).


14.- Si deduce, ancora, violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 4 del d.p.r. n. 357/97, della direttiva 92/43 CEE, dell’art. 142 del d. lgs.. n. 42/2004, una ad eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento: in asserita violazione della normativa de qua, con gli impugnati atti, attraverso procedure di valutazione di impatto ambientale o valutazione di incidenza mancroscopicamente viziate, si finirebbe per pregiudicare un’area protetta, con la sua flora e la sua fauna, creando, in particolare, una danno irreparabile alla vegetazione (di impossibile ripristino).


14.1.- La censura si riconnette, per più rispetti ripetendone il tenore, a quelle già esaminate e disattese supra e ne condivide la sorte.


Basterà ripetere, sul punto, che il giudizio di compatibilità ambientale del progettato intervento risulta aver espressamente preso in considerazione, dal punto di vista valorizzato dai ricorrenti, l’impatto del realizzando gasdotto sulle aree del Parco, concludendo, peraltro (con apprezzamento tecnico-discrezionale che, come ampiamente precisato supra, si sottrae al sindacato soprappositorio dell’intestato giudicante) nel senso che il previsto tracciato “non interferisc[a] direttamente con gli habitat e gli ecosistemi di interesse comunitario e non comport[i] interferenze rilevanti sulle componenti biotiche ed abiotiche”, per di più prevedendosi opportuni accorgimenti in fase operativa “per la mitigazione delle interferenze, legate essenzialmente alle attività di cantiere”, con “interventi di ripristino e mitigazione”. A fronte della argomentata presa di posizione dei qualificati organi tecnici ministeriali, le valutazioni censorie di parte ricorrente - in quanto non suffragate da puntuali riscontri fattuali, magari affidati alla acribia di pertinente elaborato peritale di parte - devono ritenersi rimasti allo stato di mera enunciazione, in suscettibile di incidere negativamente sulla legittimità della contestata azione amministrativa.


15.- Con distinta doglianza, la violazione della stessa normativa di cui sub 14 viene prospettata sotto il distinto profilo della omessa delibazione di meno impattanti soluzione alternative.


15.1.- L’assunto è privo di riscontro in fatto, constando ex actis, di là da ogni altro rilievo (cfr. gli approfondimenti tematici allo studio di impatto ambientale predisposti dalla Snamprogetti su richiesta ministeriale, una al “rapporto sintetico sulla verifica di tracciati alternativi”) che l’auspicata valutazione comparativa non sia stata omessa.


16.- I ricorrenti lamentano ancora violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della l. n. 55/2002, dell’art. 3 l. n. 2359/1865, dell’art. 1 l. n. 241/90, una ad eccesso di potere per sviamento e difetto di istruttoria, sotto il profilo della omessa valutazione, nel contesto del procedimento finalizzato alla ap-provazione del progetto di opera pubblica, dell’affidabilità anche sotto il profilo finanziario del proponente (essendo, in tesi tenuta, ad evidenziare la spesa presunta ed i relativi mezzi per farvi fronte): nella specie, a fronte della autorizzazione alla e-secuzione di opere di pubblica utilità per un valore di oltre quattrocentomilioni di Euro, l’aggiudicatario (costituitosi in s.r.l. solo il 23 giugno 2003) avrebbe un capitale sociale di soli € 11.000.


16.1.- L’assunto è - a tacere di ogni altro rilievo - privo di riscontro normativo: la l. n. 55/2002, invero, non reca alcuna previsione in ordine alla previa verifica della idoneità e capacità tecnico-economica del soggetto proponente, né dell’obbligo di darne contezza in relazione ai conseguenti atti ablativi incidenti sul patrimonio di terzi.


17.- Con distinto motivo di gravame, i ricorrenti lamentano (in relazione alla dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 1 l. n. 55/02, dell’art. 13 l. n. 2359/1865, del’art. 57 d.p.r. n. 327/2001 e dell’art. 1 sexies, 7° comma l. n. 290/2003) la mancata indicazione, nell’atto di autorizzazione ed avuto segnatamente riguardo al metanodotto e all’elettrodotto a realizzarsi, dei termini di inizio e compimento delle espropriazioni e di inizio e compimenti dei lavori.


17.1- L’assunto è erroneo.


Infatti, agli artt. 3 e 4 del decreto ministeriale impugnato risultano puntualmente e rispettivamente indicati sia i termini di inizio e conclusione dei lavori e delle procedure ablatorie (con l’avvertenza che siffatti termini si riferiscono, contrariamente a quanto ritengono i ricorrenti, non solo alla realizzazione della centrale, ma all’opera globalmente intesa, comprensiva delle opere connesse (elettrodotto e metanodotto), in quando anch’esse dichiarate di pubblica utilità in forza della autorizzazione unica ex l. n. 55/2002.


18.- Sempre in relazione ai profili ablatori della vicenda, i ricorrenti prospettano violazione dell’art. 8 della l. n. 241/90, in relazione alla omessa partecipazione personale di avvio del procedimento, non accompagnata dalla previa evidenziazione degli eventuali motivi ostativi.


18.1- L’assunto è, infondato, noto essendo - alla luce del constate orientamento pretorio in subiecta materia - che i procedimenti ablatori che riguardano la realizzazione degli elettrodotti debbono ritenersi procedimenti di massa, come tali idonei ex se a giustificare il ricorso a forme di partecipazione alternative alla personale ed individua comunicazione di avvio del procedimento, quali sono l’avviso sul BURC o l’affissione all’albo pretorio (v. ex plurimis, TAR Molise n. 659/2003 e TAR Campania, Napoli, n. 3386/2002).


19.- Si assume in ogni caso, in prospettiva gradata, la violazione dell’art. 11 del d.p.r. n. 327/2001, avuto riguardo alla denunciata omissione delle formalità di pubblicazione dell’avviso (sui quotidiani e sul sito informatico della Regione).


19.1.- L’assunto è erroneo, atteso che l’art. 11 del d.p.r. citato non trova applicazione ratione temporis alla fattispecie in esame, per effetto dell’art.1 sexies, 7° comma l. n. 290/2003 (il quale prevede come dies a quo dell’applicazione del testo unico la data del 30 giugno 2004, poi prorogato al 31 dicembre 2004 per effetto dell’art. 1, 25° comma della l. n. 239/2004).


20.- I ricorrenti deducono, ancora, che il procedimento avviato a mezzo dell’avviso affisso all’albo pretorio del Comune sarebbe da considerarsi del tutto inesistente, in quanto non sottoscritto dalla società proponente (ed, oltretutto, connesso alla mera imposizione di servitù sulle aree individuate dagli atti e non, come risulta dal decreto di autorizzazione, all’eventuale espropriazione).


20.1.- Il motivo non è fondato.


Risulta dalla documentazione versata in atti che la Energy Plus s.r.l., con atto sottoscritto dall’Amministratore uni-co, abbia trasmesso ai Comuni interessati istanza di affissione all’albo, a far data dal 7 giugno 2004 e per la durata di quindici giorni, dell’avviso di pubblicazione allegato alla medesima istanza, provvedendo al contestuale deposito presso la Segreteria degli elaborati tecnici dell’impianto e delle opere connesse, una al piano particolareggiato di esecuzione, contenente la descrizione di ciascuno dei terreni di cui l’espropriazione o l’acquisizione del diritto di servitù. Vero è che il relativo avviso pubblicazione (nella copia depositata dalla stessa Energy Plus) non risulta sottoscritto dal legale rappresentante dell’impresa, e tuttavia è parere del Collegio che (avuto riguardo alla funzione meramente partecipati-va dell’avviso) la denunciata carenza, non essendo contestata l’effettiva pubblicazione all’albo pretorio secondo le modalità legali, concreti (sotto il profilo della attitudine al raggiungi-mento dello scopo) una mera irregolarità (arg. ex art. 21 octies l. n. 241/90), non potendo l’ipotesi in esame assimilarsi a quel-la della omessa sottoscrizione del provvedimento amministra-tivo.


Parimenti insuscettibile di condizionare la legittimità dell’azione amministrativa è la circostanza (pure, in effetti, confermata dagli atti) secondo cui nell’avviso de quo non si faceva riferimento se non alla espropriazione del diritto di servitù: in proposito non pare peregrino osservare (posto che il congiunto riferimento agli esiti ablatori dei diritti dominicali, non meno che della imposizione coattiva di servitù è non solo nella legge, ma nella nota di accompagnamento alla richiesta di pubblicazione) che l’omissione pare riconducibile a mero lapsus digiti (come fatto palese dal contorto e scorretto riferimento ai “terreni o edificio di cui l’espropriazione del diritto di servitù si stimano necessarie). Ed in ogni caso non pare revocabile in dubbio (anche alla luce delle premesse di cui al “rende noto” e della puntuale evocazione del paradigma di riferimento) la concreta idoneità informativa della misura partecipativa (con conseguente preclusione alla invalidazione dei relativi esiti provvedimentali). Senza contare che l’ordinaria diligenza avrebbe consentito ai ricorrenti di accedere al piano particolareggiato di esecuzione per una piena e puntuale contezza della vicenda ablatoria. 21.- Ancora con riferimento alla procedura ablatoria, si prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 2359/1865, una ad eccesso di potere per sviamento, sotto il profilo per cui i piani particellari grafici e descrittivi dei terreni da occupare o espropriare non farebbero espresso riferimento ai terreni occorrenti limitati ad una fascia di m 16 (come dall’art. 2 del decreto ministeriale di autorizzazione), bensì a maggiori superfici, cioè alle aree rappresentate dalle singole particelle catastali nella loro interezza (con emergente eccedenza rispetto alle necessità sia di cantiere che per la posa della condotta).


21.1.- La censura non è di agevole intelligibilità ed è, in ogni caso, infondata, essendo emerso nel contraddittorio delle parti e senza contestazione, che i piano particolareggiati de quibus contenevano la descrizione di ciascuno dei terreni, attraversati dalle opere connesse alla centrale, verso i quali risultava necessario procedere alla espropriazione per pubblica utilità o alla acquisizione coattiva del diritto di servitù, comprensivo delle relative fasce di rispetto e non della c.d. fascia di lavoro e, comunque, non delle aree rappresentate dalle singole particelle catastali nella loro interezza.


22.- Con ulteriore motivo di gravame si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della l. n. 55/2000 e degli artt. 14 ss. della l. n. 241/90: nonostante la disciplina relativa alla conferenza di servizi non preveda alcuna possibilità di derogare a norme di legge o ad atti amministrativi generali, i contestati esiti decisori, trasfusi nella finale misura autorizzativa, per più rispetti configgerebbero con la normativa regionale e statale recante vincolanti limitazioni agli interventi nelle aree protette.


22.1.- La censura, così come formulata, costituisce mera ed alternativa rimodulazione di quelle già esaminate e disattese supra, e (quando non se ne ritenga, per tale profilo, l’inammissibilità) ne condivide de plano, senza necessità di ulteriori precisazioni, la sorte nei chiariti sensi recettivi.


23.- Si lamenta, ancora, che alla indetta conferenza dei servizi non siano stati inviati (né abbiano, di fatto, preso parte) tutte le amministrazioni locali interessate (e, per esempio, il Commissario regionale del Parco dei Monti Picentini, il rappresentante del Comune di Aiello del Sabato e, soprattutto, la Comunità montana Serinesse-Solofrana, ente cui compete, ex L.R. n. 11/96, il rilascio delle autorizzazioni nei terreni e nei boschi sottoposti a vincolo idrogeologico, il rilascio di autorizzazione per i movimenti di terra, la soppressione di piante, arbusti e cespugli finalizzati ad una divera destinazione d’uso).


23.1.- Il motivo non è fondato.


Invero, ai sensi del combinato disposto del 2° e del 3° comma del d.l. n. 7/2002, convertito in l. n. 55/2002, deve ritenersi che il procedimento unico finalizzato al rilascio dell’autorizzazione unica da parte del Ministero per le Attività produttive (in quanto tale sostitutiva, in forza del 1° comma della norma in esame, delle autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti) imponga il necessario ed indefettibile coinvolgimento (oltre che della Regione ai fini dell’intesa) solo dei comuni e delle province nel cui territorio ricardono le opere da realizzare (in tali sensi dovendosi intendere il richiamo al “parere motivato” obbligatorio di cui al 3° comma, in relazione alla nozione di “Amministrazione locali interessate”, più genericamente evo-cate al 2° comma).


Il tratto testuale della disposizione, per la sua natura dichiaratamente eccezionale, non è suscettibile di interpretazioni estensive (oltretutto foriere, come esattamente posto in luce dalla difesa erariale, di inammissibili incertezze in ordine alle modalità di convocazione, particolarmente stringenti, della qualificata conferenza dei servizi in subiecta materia), quale quella che faccia leva sulla identificazione tra la nozione di “Amministrazioni locali” e quella di “Enti locali” (come è no-to, comprensiva delle Comunità montane), ovvero quella che accentui i concreti profili di cointeressenza, da accertare caso per caso (laddove non risulta, beninteso, esclusa la possibilità di attivazione dei meccanismi partecipativi eventuali di cui all’art. 9 della l. n. 241/90).


La soluzione (intesa, come vale ribadire, alla stretta e rigorosa aderenza al tenore testuale della norma) trova conforto nella ratio della stessa, quale ampiamente evidenziata dalla sentenza n. 6 del 2004 della Corte Costituzionale, ove l’allusione alla finalità per la quale tale disciplina è stata posta in essere è accompagnata dal rilievo per cui la stessa “verrebbe frustrata da un assetto delle competenze amministrative diverso da quello da essa stabilito, anche in considerazione della necessaria celerità con cui - al fine di evitare il pericolo della interruzione della fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale - le funzioni amministrative concernenti la costruzione o il ripotenziamento di impianti di energia elettrica di particolare rilievo devono essere svolte”. Ne discende, in disparte ogni altro profilo, che il procedimento amministrativo in contestazione non risulta, in fatto, inficiato dalla omessa partecipazione della Comunità montana Serinese-Solofrana (mentre pregiudizialmente privo di rilievo è il riferimento al Commissario dell’Ente Parco, che ha successivamente espresso parere favorevole, ed al Comune di Aiello del Sabato (che - secondo risulta dagli atti di causa - appare estraneo ai prefigurati interventi).


24.- Con distinto motivo di gravame, i ricorrenti prospettano violazione del d.p.r. n. 357/97, così come modificato dal d.p.r. n. 120/2003, una ad eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento, del travisamento, della manifesta illogicità e contraddittorietà degli atti: a loro avviso, la valutazione di impatto ambientale sarebbe stata incredibilmente conclusa nei contestati sensi positivi, peraltro contraddittoriamente accompagnati da varie prescrizioni, “attraverso una ragnatela di pareri del tutto contrastanti tra loro e con evidenti travisamenti, sviamenti e manifeste contraddittorietà”, emergenti - sia pure per specimena - dall’esame comparato delle argomentazioni in essa contenute.


Sarebbero anzi proprio le prescrizioni formulate a dimostrare, paradossalmente, “gli effetti devastanti” dell’opera sui valori ambientali.

24.1.- La doglianza ripete e specifica, in buona sostanza, le censure di incongruenza, contraddittorietà ed insufficienza della valutazione di impatto ambientale. E di quelle censure, già supra esaminate e disattese, condivide la sorte.


In particolare, mette conto evidenziare che le significative prescrizioni che accompagnano la contestata misura autorizzatoria, lungi dall’esprimere (quasi a “confessione” di una sorta di “cattiva coscienza” decisionale) perplessità o contraddizione, rappresentano, avuto riguardo alla loro funzione, lo strumento atto, in concreto, a garantire il massimo contenimento e la migliore mitigazione dell’impatto ambientale.


25.- Con successivo motivo di gravame, si prospetta violazione e falsa applicazione degli art. 1 e 14 bis della l. n. 241/90, dell’art. 1 della l. n. 55/02, dell’art. 1 del d. lgs. n. 372/1999, dell’art. 146 del d. lgs. n. 42/2004, una ad eccesso di potere per sviamento, difetto di motivazione ed incompetenza: ad avviso dei ricorrenti, l’Amministrazione procedente avrebbe pretermesso l’esame dei rilievi critici sollevati dal Comune di Serino mediante espresso e motivato dissenso sulla base di valutazioni di carattere ambientale ed urbanistico.


25.1.- Anche tale motivo è infondato.


Infatti: a) il decreto ministeriale conclusivo del procedimento dà ampiamente conto del parere sfavorevole manifestato dal Comune di Serino, motivandone il superamento sotto tutti i ventilati profili ambientali ed urbanistici; b) del resto, alla stregua del paradigma normativo di riferimento, il parere de quo ha natura bensì obbligatoria, ma non vincolante; c) in ogni caso l’acquisizione di tale parere in sede di conferenza di servizi ha valenza meramente istruttoria, con il corollario della inapplicabilità delle disposizioni volte a rimediare alla unanimità (in termini Cons. Stato, n. 3502/2004).


26.- Viene ancora prospettata violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della l. n. 55/2002, degli artt. 1 e 13 del d. lgs. n. 267/2000, dell’art. 81 del d.p.r. n. 616/77, della L.R. n. 14/82, delle norme di attuazione del PRG, una ad incompetenza ed eccesso di potere per travisamento e sviamento di potere.


Con la complessa censura, in particolare, i ricorrenti mirano criticamente ad evidenziare che non sia stato rispettato il regime delle competenze amministrative in materia urbanistica, con specifico riferimento alle attribuzioni regionali, comunali e a quelle normativamente intestate al Ministero delle Infrastrutture e trasporti.


26.1- La doglianza è priva di pregio.


Vale, in proposito, osservare: a) che, nel procedimento unico di cui alla l. n. 55/2002, non risulta scandita alcuna fase subprocedimentale inerente alla valutazione di compatibilità urbanistica (essendo, all’incontro, statuito che “qualora le opere di cui al comma 1 comportino variazioni agli strumenti urbanistici […] il rilascio dell’autorizzazione ha effetto di variante urbanistica; b) che, del resto, la citata Corte cost. n. 6/2004 si è, in proposito, espressa nel senso che “anche la legislazione preesistente conosce numerose fattispecie nelle quali alcuni atti espressivi delle scelte urbanistiche dei Comuni cedono dinanzi agli atti finali dei procedimenti adeguatamente partecipati di determinazione dei lavori pubblici di interesse generale (con specifico riferimento alle centrali elettriche, si veda l'art. 12 dello stesso allegato IV, recante “Procedure per i progetti di centrali termoelettriche e turbogas”, del d.P.C.m. 27 dicembre 1988, la cui efficacia è stata sospesa appunto dall'art. 1 del d.l. n. 7 del 2002; e la stessa giurisprudenza [della] Corte si è espressa nel senso di non rilevare violazione dei principi costituzionali in casi analoghi (cfr., ad esempio, sentenza n. 308 del 2003 e sentenza n. 21 del 1991)”; c) che neppure sussiste in subiecta materia alcuna competenza urbanistica rimessa al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti alla luce della l. n. 55/2002 (laddove il richiamo alle disposizioni in tema di localizzazione delle opere pubbliche ovvero alla legge, oltretutto posteriore, in tema di infrastrutture lineari energetiche è doppiamente incongruo, trattandosi nella specie di opere private di pubblico interesse e riferendosi la l. n. 239/2004 agli elettrodotti e non alle infrastrutture strumentali alla realizzazione di centrali elettriche). 27.- Con distinto mezzo di gravame, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 2, 2° comma lettera f del d.p.r. 12 aprile 1996, così come integrato dal D.P.C.M. del 3 settembre 1999, violazione e falsa applicazione degli art. 1 e 2 del d. lgs. n. 372/1999, attuativo della direttiva 96/61 CE, una ad eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria: nel loro critico assunto, alcuna valutazione d’impatto sarebbe stata compiuta in ordine alla previsione relativa allo svuotamento del metano nei tratti di tubazione, in caso di necessità comportante inquinamento capace di arrecare danni e perturbazioni ai valori ricreativi dell’ambiente e i suoi legittimi usi.


27.1.- La censura costituisce mera specificazione di quelle inerenti la pretesa insufficienza della motivazione a sostegno del positivo parere di contabilità ambientale e va, nei sensi già delibati, respinta, sul presupposto che il parere positivo assunto in re dai competenti organi ministeriali si occupa-to delle opere connesse, ritenendo il relativo progetto (con ar-gomentazione non incongrua) ambientalmente compatibile.


28.- Con ulteriore motivo di censura i ricorrenti lamen-tano, sotto plurimo profilo, carenze progettuali in ordine alla previsione di dispositivi idonei a consentire il rapido svuota-mento del tratto di tubazione qualora se ne presenti la necessità.


28.1.- La censura è priva di pregio, riferendosi ad elementi progettuali propri della fase esecutiva (laddove il parere delle Amministrazione coinvolte, ai fini della adozione del proprovvedimento conclusivo del procedimento unico ex l. n. 55/2002, è reso sulla sola scorta del progetto preliminare.


29.- Anche la successiva ed ulteriore doglianza è, nella sostanza, nuovamente intesa alla critica del parere di compati-bilità ambientale, con argomentazioni insuscettibili di immutare le comprensive conclusioni sintetizzate supra, ai fini della argomentata reiezione.


30.- Con i motivi aggiunti notificati lite pendente il 18 ottobre 2005 e depositati il 27 ottobre successivo, i ricorrenti lamentano che il tracciato del metanodotto di collegamento alle centrale termoelettrica determini l’inquinamento di acquiferi destinati al consumo umano, accolti nel Massiccio carbonatico del Terminio-Tuoro, individuata come zona di tutela assoluta e di rispetto dalla Carta della Vulnerabilità all’inquinamento, re-datta nel 1994 dal Consorzio Interprovinciale dell’Alto Calore in collaborazione con l’Università di Napoli, prospettando il conseguente vizio di violazione falsa applicazione dell’art. 1 d. lgs. n. 152/1999 ed eccesso di potere per sviamento e pericolo per la pubblica incolumità.


30.1. Le doglianze non possono trovare positivo ricetto.


Vale in proposito osservare: a) che il gravame si fonda sul non corretto presupposto giuridico per cui il sito interessato dalla collocazione del metanodotto sarebbe qualificabile come area di salvaguardia ai sensi dell’art. 9 del d.p.r. n. 237/1988 o come zona di tutela assoluta o zona di rispetto ai sensi dell’art. 21 del d. lgs. n. 152/1999; b) che, per contro - come condivisibilmente dimostrato dalla difesa delle resistenti - nessuna delle due premesse trova riscontro, atteso che non consta di una (necessaria) determinazione regionale con la quale, in forza dell’attribuzione di cui all’art. 9 del d.p.r. cit. ovvero di quella di cui all’art. 21 d. lgs. n. 152/1999, si sia proceduto alla individuazione dei siti come aree di salvaguardia (laddove la c.d. Carta di vulnerabilità predisposta dal Consorzio interprovinciale dell’Alto Calore può, al più, assumere il rilievo di uno studio di carattere propositivo e preliminare, operante nella complessa fase istruttoria); c) che - oltretutto - l’art. 21 del d. lgs. n. 152/1999 precluderebbe bensì, nelle zone di rispetto, l’insediamento di particolari centri di pericolo e lo svolgimento di alcune attività (riferite, tra l’altro, alla dispersione nel sottosuolo di reflui, fanghi, liquami ed acque bianche provenienti da piazzali e strade, all’apertura di cave interferenti la falda e di pozzi perdenti), ma non la posa di condotte: di guisa che non emergerebbe come che sia una pregiudiziale ragione ostativa alla realizzazione del metanodotto, che anzi rientrerebbe tra quelle infrastrutture di servizio la cui prospettica disciplina è affidata dallo stesso apparato normativo alla competenza regionale; d) che, per il resto, il decreto di valutazione dell’impatto ambientale non si è sottratto alla valutazione della fragilità degli acquiferi, attestando - con motivazione che, per la sua pertinenza ed esaustività si sottrae alle articolate doglianze - che “in tutti i casi l’intervento appare non suscettibile di arrecare alcun pregiudizio alle risorse idriche del sottosuolo”, essendo tra l’altro espressamente previsto in sede progettuale “il ripristino delle preesistenti condizioni idrogeologiche per mezzo di adeguati interventi”, finalizzati ad impedire che le opere interferiscano, in alcun modo, con l’idraulica dei corsi d’acqua (all’uopo prescrivendosi idonea attività di monitoraggio delle acque sotterranee secondo modalità concordate con l’ARPA); e) che eguale considerazione deve essere riservata, in difetto di più puntuale e specifica dimostrazione del contrario, in ordine al ventilato pericolo di “scarificazione notevole del sottosuolo” e di “fuoriuscita del fluido, altamente inquinante, e la conseguente contaminazione delle acque sotterranee giacenti”. 31.- Con il primo degli ulteriori motivi aggiunti notificati lite pendente in data 14 gennaio 2006 e depositati il successivo 26 gennaio, i ricorrenti impugnano anche il sopravvenuto decreto ministeriale n.55/09/2005 RT del 07.09.2005, recante autorizzazione in sede esecutiva alle ottimizzazioni progettuali, una al parere del Ministero per i Beni e le attività culturali prot. 15405 del 5 luglio 2005 ed il parere della Regione Campania prot. 2005,0678693 dell’8 agosto 2005 e lamentano, anzitutto, che l’impugnato provvedimento abbia, di fatto, approvato un nuovo progetto esecutivo dell’opera in questione, senza la rinnovazione, asseritamente obbligatoria, della procedura autorizzatoria prevista dall‘art. 1 della Legge n. 55/2002.


31.1.- Il motivo è infondato. Vale, infatti, rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto, l’evocato provvedimento si limita ad autorizzare soltanto le “ottimizzazioni progettuali” apportate in fase di progettazione esecutiva per la realizzazione della centrale termoelettrica, in ottemperanza alle prescrizioni dettate nel decreto di valutazione di impatto ambientale n. 547/2004 e riportate nel decreto ministeriale n. 55/10/2004 del 03.09.2004. Siffatte ottimizzazioni progettuali, rappresentando dovuti approfondimenti tecnici, costituiscono, in realtà, l’obbligato sviluppo progettuale a cui già rimandava inderogabilmente il progetto autorizzato. In sostanza, come è dato rilevare dal complesso della documentazione versata in atti ed in aderenza alle condivisibili argomentazioni difensive articolate da parte resistente, le variazioni progettuali introdotte si limitano, in buona sostanza, alla modifica dell’alternatore a valle delle turbine a vapore, il quale, anziché essere unico (monoalbero), viene sostituito con un alternatore per singola turbina (multialbero), conformandosi, quindi, alle prescrizioni del Ministero dell’Ambiente e della Regione Campania. Non è riscontrabile, quindi, alcuna variazione in fase esecutiva incidente sulle aree naturali protette attraversate dal metanodotto.


Giova, invero, ribadire, con più lungo discorso, che il Ministero dell’Ambiente aveva prescritto, nel decreto approvativo della valutazione di impatto ambientale, che: “[avrebbero dovuto] essere adottati sistemi di combustione in linea con le migliori tecnologie disponibili al momento del loro acquisto, con l’obiettivo di scendere in maniera signifìcativa al di sotto dei valori massimi di emissione considerati di 50 mg/Nm3 per gli ossidi di azoto e di 30 mg/Nm3 per il monossido di carbonio”, il tutto nella valorizzata prospettiva della minimizzazione dell’impatto ambientale sotto il profilo della tutela della qualità dell’aria, nonostante la destinazione industriale dell’area di ubicazione della centrale. Inoltre, la Regione Campania, nella conclusiva Conferenza di Servizi del 28.07.2004, aveva imposto prescrizioni più restrittive in ordine alle emissioni dei turbogas, recepite successivamente nel citato decreto ministeriale, nel quale si raccomanda per la realizzazione della centrale l’utilizzazione delle “tecnologie innovative che comportino un incremento della riduzione delle emissioni dannose” e conseguentemente la riduzione del 20% dei valori limite massimi riferiti alle emissioni di ossidi di azoto e di monossido di carbonio rispetto a quelli previsti nel Decreto VIA.


Tali prescrizioni, rappresentando il contenuto conformativo dell’autorizzazione (c.d. clausole di esecuzione dell’opera), mirano, in termini generali, a contenere l’impatto ambientale dell’opera medesima, garantendo le necessarie misure di compensazione e di mitigazione a salvaguardia dell’area interessata dalla realizzazione della centrale termoelettrica. Rispetto a tali puntuali indicazioni delle competenti amministrazioni, apportare le necessarie e richieste modifiche progettuali significava conformarsi alle prescrizioni a cui era subordinata l’autorizzazione rilasciata per la costruzione e l’esercizio della centrale termoelettrica, adottando la migliore tecnologia possibile (Best Available Technology) a tutela dell’ambiente e fornendo di tale innovativa strumentazione tecnologica una chiara rappresentazione di tutte le caratteristiche dimensionali e tipologiche con il più alto grado di definizione e di dettaglio.


La modifiche progettuali sopra descritte, dunque, si configurano quali modifiche non sostanziali, vincolate e migliorative dell’impatto ambientale dell’opera autorizzata in piena aderenza con le menzionate prescrizioni, come, del resto, espressamente confermato dal parere istruttorio della Commissione VIA n. 686 del 05.05.2005, versato in atti, nel quale si evidenzia, per l’appunto, che “le modifiche apportate al progetto hanno comportato un miglioramento delle ricadute al suolo, dovuto al fatto che le emissioni in atmosfera sono state ridotte in relazione al recepimento delle prescrizioni sui limiti emissivi”.


La presenza di prescrizioni in seno ad un decreto di valutazione di impatto ambientale, oltretutto, lungi dal rappresentare indice di inidoneità del progetto presentato, configura, al termine dell’istruttoria, l’ulteriore attività del Ministero dell’Ambiente volta ad emendare i progetti presentati in funzione della piena tutela dei dei valori ambientali del sito prescelto (art. 6, 2° comma D.P.C.M. 27 dicembre 1988), cui corrisponde il costante controllo “sulla osservanza delle eventuali prescrizioni contenute nella pronuncia di compatibilità” (art. 4 D.P.C.M. 10 agosto 1988).


D’altra parte, si è, più in generale, condivisibilmente affermato che “realizzare un ‘opera pubblica di particolare complessità […] necessita inevitabilmente di ottimizzazioni che non possono che interessare la fase esecutiva e che, in sede di autorizzazione, non possono che essere contemplate per mezzo di prescrizioni la cui effettiva esecuzione potrà essere garantita, come nel caso di specie, per mezzo del collaudo e del monitoraggio” (in termini, Cons. Stato, Sez.IV, 3 maggio 2005, n. 2136).


Così definiti la natura giuridica e l’apporto funzionale delle modifiche progettuali, si deve escludere la ricorrenza di profili di difformità sostanziali tali da richiedere la loro sottoposizione ad una nuova procedura di VIA e la conseguente riedizione del procedimento autorizzatorio, stante la piena congruenza delle ottimizzazioni apportate alle prescrizioni dettate per il progetto ab origine esaminato. La riedizione del procedimento pretesa dal ricorrente avrebbe, oltretutto, irragionevolmente vanificato l’intenzione del legislatore, avvallata dalla Consulta (Corte Cost. n. 6/2004, più volte citata), dì perseguire gli obiettivi di celerità e semplificazione procedimentale nell’autorizzare la costruzione e l’esercizio delle centrali elettriche in ragione dell’urgente bisogno di garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale.


32.- I ricorrenti denunciano, sotto concorrente profilo critico, che “anda[sse] obbligatoriamente rinnovata l‘intera procedura per l‘acquisizione della VIA. che avrebbe dovuto essere nuovamente rilasciata solo con il “concerto” dei suddetti Ministeri dopo apposita nuova valutazione dell‘impatto delle varianti in parola sull‘ambiente interessato dalla costruzione del Metanodotto”.


32.1.- Il rilievo, prima ancora che infondato, è inammissibile, stante la mancata impugnativa del decreto del Ministero dell’Ambiente prot. 12541 del 17.05.2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 giugno 2005, con la quale l’Amministrazione, istituzionalmente preposta alla tutela ambientale, ha dichiarato la esenzione dalla valutazione di impatto ambientale delle ottimizzazioni progettuali apportate al progetto originario dalla valutazione di impatto ambientale, in quanto non sostanziali, sulla base di quanto accertato dalla Commissione VIA nel parere n. 686 del 05.05.2005.


Del resto, la nozione giuridica di “modifica sostanziale” si desume dall’art. 1, comma 2 del DPCM 10 Agosto 1988, n. 377, che estende l’obbligo della valutazione di impatto ambientale soltanto “qualora da tali interventi derivi un‘opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente, con esclusione, comunque, dei ripristini” (cfr. Cons. Stato, Sez.IV, 19 luglio 1993, n. 741).


Di recente, il d. lgs. n. 59/2005 (criticamente richiamato anche dai ricorrenti a sostegno del gravame) ha precisato compiutamente il concetto di modifica sostanziale di impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici di cui alla l. 55/02, qualificandola nei termini di “modifica dell’impianto che, secondo un parere motivato dell’autorità competente, potrebbe avere effetti negativi e significativi per gli esseri umani o per l’ambiente. In particolare, per ciascuna attività per la quale l’allegato I indica valori di soglia, è sostanziale una modifica che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa” (art. 2, 1° comma 1, lettera n). In ragione, infatti, di un principio generale dell’ordinamento settoriale che privilegia la considerazione degli effetti dell’opera sull’ambiente, si riconosce la natura di modifica sostanziale rispetto al progetto autorizzato, qualora l’intervento rappresenti una trasformazione dell’opera che introduca elementi di rilevante novità nella realizzazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 18 luglio 1995, n. 754 e Cons. Stato, Sez. IV, 19 luglio 1993, n. 741), tali da mutare in maniera incisiva il rapporto con l’ecosistema dell’area interessata, già conformato dal precedente decreto di VIA, sotto il profilo, per esempio, della variazione qualitativa o quantitativa dello scarico (art. 45 d. lgs. 152/1999) o dell’aumento significativo dell’emissioni atmosferiche (art. 21, DPCM 21 luglio 1989).


Anche la normativa comunitaria, del resto, a conferma dell’indirizzo legislativo nazionale, subordina la doverosità di una nuova verifica di VIA soltanto alla accertata compromissione dei valori ambientali, derivante dalle modifiche apportate. La direttiva 97/11/CE, che ha modificato la precedente direttiva 85/337/CEE, prevede l’obbligo di effettuare una nuova verifica di compatibilità ambientale per le intervenute modifiche dell’opera, già sottoposta a VIA, (art. 4, 2° comma) solo nel caso in cui “modifiche o estensioni di progetti dì cui all’allegato I o all’allegato II già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente” (Allegato Il, punto n. 13).


In assenza, dunque, di tali requisiti, e soprattutto di alcuna valenza nociva all’integrità ambientale, le modifiche all’opera autorizzata non potranno che definirsi irrilevanti e marginali, esonerando il titolare dell’opera dall’obbligo di nuova VIA. In aderenza a tale ricostruzione normativa, quindi, il Ministero dell’ Ambiente ha dichiarato, come chiarito, la esenzione delle ottimizzazioni progettuali apportate al progetto originario, in quanto non sostanziali, sulla base di quanto accertato dalla Commissione VIA nel parere n. 686 del 5 maggio 2005 (il quale, come tale, costituisce espressione di valutazioni caratterizzate da discrezionalità tecnica, rispetto alle quali, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale di cui si è dato conto supra, il giudice non può sostituire la propria valutazione tecnica alla valutazione tecnica dell’amministrazione, dovendo il proprio sindacato sugli apprezzamenti tecnici esercitarsi soprattutto in relazione a macroscopiche illegittimità ed incongruenze manifeste, nel caso di specie insussistenti, “dal momento che la decisione della amministrazione rientra tra le valutazioni tecniche riservate all’Amministrazione, in quanto titolare di una specifica competenza legata alla tutela di particolari valori costituzionali, come si desume dall’art. 17, 2° comma, della legge n. 241 del 1990, che dispone la non surrogabilità delle valutazioni tecniche spettanti alle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini”) (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5 marzo 2001, n. 1207 e TAR Lazio, Roma, Sez. II bis, 5 luglio 2005, n. 5481).


Quanto alle ulteriori censure sollevate dai ricorrenti con il primo motivo aggiunto di ricorso, deve predicarsene l’inammissibilità, in quanto riferite ai provvedimenti già impugnati con il ricorso principale


33.- Con il secondo motivo aggiunto, i ricorrenti sostengono che le lettere dell’Ente Parco Monti Picentini (prot. 198 del 18 maggio 2005 e prot. 243 del 13 luglio 2005), quelle del Servizio Gestione del Territorio della Regione Campania (prot. 2005.0576095 del 4 luglio 2005 e prot. 2005.0847748 del 17 ottobre 2005), dell’Alto Calore Servizi (prot. 8017 del 12 luglio 2005) ed il dissenso del Comune di Senno “imponevano la rimessione della decisione alla Conferenza Unificata di cui all’art. 8 del d. lgs. 28 agosto 1997 n. 281”.


33.1.- La doglianza (che si riferisce evidentemente alla realizzazione del metanodotto e non alle modifiche progettuali apportate in fase esecutiva alla centrale termoelettrica) non è fondata, in quanto l’art. 14 quater della l. n. 241/90 non poteva trovare applicazione nel procedimento autorizzatorio seguito per le ottimizzazioni progettuali, non constando del presupposto della espressione di dissensi in materia di c.d. “interessi sensibili” (paesaggio, ambiente, beni storico-artistici e salute): è vero, anzi, che il Ministero per le Attività produttive ha, nella specie, raccolto solo pareri positivi (parere del Ministero dell’Ambiente, prot. 12541 del 17 maggio 2005; parere del Ministero per i Beni e le Attività Culturali prot. 15405 del 5 luglio 2005; parere della Regione Campania prot. 2005.0678693 del 8 agosto 2005), laddove i dissensi espressi si riferiscono soltanto al tracciato di metanodotto autorizzato con il decreto n.55/10/2004 del 3 settembre 2004, senza fare alcun riferimento alle ottimizzazioni progettuali autorizzate.


34.- Con il terzo motivo aggiunto i ricorrenti lamentano che il decreto n. 55/09/2005 RT (di autorizzazione delle ottimizzazioni progettuali) “avrebbe dovuto acquisire l’autorizzazione integrata ambientale prevista per legge”.


34.1.- Anche tale motivo non merita accoglimento.


L’art. 1 del Decreto di autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio della centrale termoelettrica disponeva, invero, espressamente che la Energy Plus S.r.l. “[era] autorizzata, anche per quanto concerne l’autorizzazione ambientale integrata, di cui alla direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 Settembre 1996”.


La circostanza è pienamente conforme a quanto stabilito nella l. n. 55/02 (art. 1, 2° comma), secondo cui “fino al recepimento della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, tale autorizzazione comprende l’autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di competenza delle Amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali”.


Per tal via, l’autorizzazione “unica” già rilasciata in data 3 settembre 2004, sostituendo “autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti” (art. 1 l. n. 55/02), deve qualificarsi anche come autorizzazione unica integrata ambientale ai sensi della Direttiva 96/61/CE, di cui il successivo d. lgs. n. 59/2005 costituisce il compiuto recepimento.


In ogni caso, e con considerazione assorbente, vale pun-tualizzare che alla autorizzazione unica rilasciata a favore di Energy Plus s.r.l. è applicabile la disciplina transitoria stabilita dall’art. 17, 4° comma d. lgs. n.59/2005, la quale espressamen-te dispone che, “fermo restando il disposto dell‘articolo 9, comma 1, sono fatte salve le autorizzazioni integrate ambienta-li già rilasciate, nonché le autorizzazioni uniche e quelle che ricomprendono per legge tutte le autorizzazioni ambientali ri-chieste dalla normativa vigente alla data di rilascio dell‘autorizzazione, rilasciate dal 10 novembre 1999 alla data di entrata in vigore del presente decreto. La stessa autorità che ha rilasciato l’autorizzazione verifica la necessità di procedere al riesame del provvedimento ai sensi dell’articolo 9, comma 4”.


Per l’effetto, l’applicabilità della nuova disciplina di tutela ambientale dettata dal d. lgs. n.59/2005 nella fattispecie autorizzatoria di cui è causa è esclusa dal dato letterale dell’art. 17 cit., che non prescrive, successivamente all’entrata in vigore del d. lgs. n. 59/2005, alcun obbligo di acquisizione dell’autorizzazione integrata ambientale a carico di quelle opere già autorizzate ai sensi Direttiva 96/61/CE o mediante autorizzazione unica, come nel caso dell’impianto energetico in questione. Inoltre, le ottimizzazioni progettuali apportate al progetto, autorizzate dal decreto n.55/09/2005 RT, non necessitano dell’acquisizione della autorizzazione ambientale integrata in ragione della loro accertata non sostanzialità, come riconosciuto dall’art. l0 dello stesso d. lgs. n.59/2005. Del resto, l’art. 10 (Modifica degli impianti o variazione del gestore) dello stesso decreto legislativo prescrive che “il gestore comunic[hi] all’autorità competente le modifiche progettate dell’impianto, come definite dall’articolo 2, comma 1, lettera m). L’autorità competente, ove lo ritenga necessario, aggiorna l’autorizzazione integrata ambientale o le relative condizioni, ovvero, se rileva che le modifiche progettate sono sostanziali ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera n), ne dà notizia al gestore entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione ai fini degli adempimenti di cui al comma 2. Decorso tale termine, il gestore può procedere alla realizzazione delle modifiche comunicate”.


In definitiva, solo nel caso in cui fosse stata riconosciuta la sostanzialità delle modifiche ai sensi dell’articolo 2, 1° comma, lettera n) d. lgs. n.59/2005, rappresentata da una modifica dell’impianto che, secondo un parere motivato dell’autorità competente, avesse potuto avere effetti negativi e significativi per gli esseri umani o per l’ambiente, sarebbe stato necessario non solo riaprire il procedimento autorizzatorio di cui alla l. n. 55/02, ma anche ottenere una nuova autorizzazione ambientale integrata secondo quanto disposto dall’art. l0, 2° comma d. lgs. n.59/2005 (alla cui stregua “nel caso in cui le modifìche progettate, ad avviso del gestore o a seguito della comunicazione di cui al comma 1, risultino sostanziali, il gestore invia all’autorità competente una nuova domanda di autorizzazione”).


35.- Con il quarto motivo aggiunto viene, infine, esplicitata una censura relativa al tracciato di metanodotto nella parte in cui attraversa aree naturali protette sulla base dell’errato presupposto che il decreto n.55109/2005 RT autorizzi “varianti al progetto che vanno ad incidere molto pesantemente (come del resto faceva anche il progetto preliminare) proprio sull’equilibrio biofaunistico del Parco dei Monti Picentini”.


35.1.- La censura presuppone e si riconnette a quella di cui al primo motivo aggiunto, di cui segue de plano le sorti nel senso della reiezione.


36.- Le ragioni che precedono sono sufficienti ai fini della complessiva reiezione del proposto gravame, sussistendo, ad avviso del Collegio, giustificate ragioni (riconnesse alla complessità delle questioni delibate ed alla delicatezza della materia del contendere) per disporre, tra le parti costituite, l’integrale compensazione delle spese e competenze di lite, nei sensi di cui in dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione di Salerno, sezione I, definitivamente pronunziando sul ricorso proposto da Tommaso Tedeschi, Federico Rocco, Viola Masi, Nicolina Agnes, Eustacchio Rocco, Salvatore Aurilia, Pellegrino De Luca, Maria Santaniello, Salvatore Cocchia, come in epigrafe individuato, lo respinge. Respinge, altresì, i motivi aggiunti.


Compensa, tra le parti costituite, spese e competenze di lite.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Salerno nella Camera di Consiglio del 9 febbraio, del 18 maggio e del 6 luglio 2006, con l’intervento dei Magistrati
Dr. Filippo PORTOGHESE Presidente
Dr. Giovanni GRASSO Primo Referendario Est.

 

M A S S I M E

Sentenza per esteso


1) Aree protette - Misure di salvaguardia di cui alla L. 394/1991 - Operatività - Sino all’istituzione delle singole aree protette. Le misure di salvaguardia di cui alla L. 394/1991, sono naturaliter destinate ad operare solo fino all’istituzione della singole aree protette (art. 6, 3° comma), laddove: a) “dall'istituzione della singola area protetta sino all'approvazione del relativo regolamento operano i divieti e le procedure per eventuali deroghe di cui all'articolo 11” (art. 6, 4° comma) e b) dopo l’approvazione del regolamento, sarà affidata a quest’ultimo (in quanto beninteso conforme a legge e alle sepcifiche previsioni dell’art. 11 cit.) la selezione delle opere realizzabili o meno all’interno dell’area protetta. Pres. Portoghese, Est. Grasso - T.T. e altri (avv. Pennetta) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altro (Avv. Stato), Ente Parco regionale dei Monti Picentini (n.c.) e Regione Campania (avv. Consolazio) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 27 settembre 2006, n. 1418

2) Valutazione di impatto ambientale - Apprezzamento tecnico-discrezionale - Sindacato apud judicem - Limiti. Le valutazioni di compatibilità ambientale concretano apprezzamento ampiamente tecnico-discrezionale (cfr. art. 17 l. n. 241/90) non certo insuscettibile, in quanto tale, di sindacato apud judicem, ma solo (quanto alle condizioni) in presenza di emergenti e/o ventilati profili di erroneità, insufficienza, incongruenza o non pertinenza, se del caso fondati sul persuasivo apporto critico di elaborati peritali di parte e solo (quanto ai limiti ed alle modalità) nella forma c.d. debole, preclusiva - in assenza di macroscopiche illegittimità - della sovrapposizione dell’apprezzamento rinnovato in jure a quello operato in sede procedimentale (arg., ex art. 17, 2° comma l. n. 241/90, nella parte in cui - precludendo, per vicende inerenti materie relative a valori forti tra cui quello inerente la tutela ambientale, il meccanismo acceleratorio e semplificativo del c.d. silenzio devolutivo - prospetta e sottende la sistematica non sovrapponibilità del parere dei qualificati organi tecnici: cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5 marzo 2001, n. 1207 e TAR Lazio, Roma, Sez. II bis, 5 luglio 2005, n. 5481). Pres. Portoghese, Est. Grasso - T.T. e altri (avv. Pennetta) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altro (Avv. Stato), Ente Parco regionale dei Monti Picentini (n.c.) e Regione Campania (avv. Consolazio) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 27 settembre 2006, n. 1418

3) Valutazione di impatto ambientale - Modifica sostanziale - Nozione - DPCM 377/1988, D.Lgs. 59/2005, Dir. 97/11/CE - Necessità di nuova sottoposizione a V.I.A. - Condizioni. La nozione giuridica di “modifica sostanziale” si desume dall’art. 1, comma 2 del DPCM 10 Agosto 1988, n. 377, che estende l’obbligo della valutazione di impatto ambientale soltanto “qualora da tali interventi derivi un‘opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente, con esclusione, comunque, dei ripristini” (cfr. Cons. Stato, Sez.IV, 19 luglio 1993, n. 741). In materia di impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici di cui alla L. 55/02, il concetto di modifica sostanziale è stato precisato dal d. lgs. n. 59/2005, che l’ha qualificata nei termini di “modifica dell’impianto che, secondo un parere motivato dell’autorità competente, potrebbe avere effetti negativi e significativi per gli esseri umani o per l’ambiente. In particolare, per ciascuna attività per la quale l’allegato I indica valori di soglia, è sostanziale una modifica che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa” (art. 2, 1° comma 1, let-tera n). In ragione, infatti, di un principio generale dell’ordinamento settoriale che privilegia la considerazione degli effetti dell’opera sull’ambiente, si riconosce la natura di modifica sostanziale rispetto al progetto autorizzato, qualora l’intervento rappresenti una trasformazione dell’opera che introduca elementi di rilevante novità nella realizzazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 18 luglio 1995, n. 754 e Cons. Stato, Sez. IV, 19 luglio 1993, n. 741), tali da mutare in maniera incisiva il rapporto con l’ecosistema dell’area interessata, già conformato dal precedente decreto di VIA, sotto il profilo, per esempio, della variazione qualitativa o quantitativa dello scarico (art. 45 d. lgs. 152/1999) o dell’aumento significativo dell’emissioni atmosferiche (art. 21, DPCM 21 luglio 1989). Anche la normativa comunitaria subordina la doverosità di una nuova verifica di VIA soltanto alla accertata compromissione dei valori ambientali, derivante dalle modifiche apportate. La direttiva 97/11/CE, che ha modificato la precedente direttiva 85/337/CEE, prevede l’obbligo di effettuare una nuova verifica di compatibilità ambientale per le intervenute modifiche dell’opera, già sottoposta a VIA, (art. 4, 2° comma) solo nel caso in cui “modifiche o estensioni di progetti dì cui all’allegato I o all’allegato II già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente” (Allegato Il, punto n. 13). In assenza, dunque, di tali requisiti, e soprattutto di alcuna valenza nociva all’integrità ambientale, le modifiche all’opera autorizzata non potranno che definirsi irrilevanti e marginali, esonerando il titolare dell’opera dall’obbligo di nuova VIA. Pres. Portoghese, Est. Grasso - T.T. e altri (avv. Pennetta) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altro (Avv. Stato), Ente Parco regionale dei Monti Picentini (n.c.) e Regione Campania (avv. Consolazio) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 27 settembre 2006, n. 1418


4) Energia elettrica - Attività di produzione - Liberalizzazione - Individuazione del sito idoneo alla collocazione delle centrali - Spetta al privato - Pubblica amministrazione - Necessità di delibazione di alternative localizzatorie - Esclusione. Alla stregua del paradigma normativo di riferimento (d. lgs. n. 79/1999 e l. n. 55/2002), l’attività di produzione di energia elettrica è, per effetto del recepimento di apposita direttiva comunitaria, libera, non sussistendo più alcuna riserva legale a favore di soggetti monopolisti ovvero sottoposizione al regime della concessione amministrativa; correlativamente, l’individuazione del sito maggiormente idoneo alla collocazione delle centrali spetta al privato che attivi il relativo procedimento autorizzatorio, mentre compito dell’Amministrazione è solo quello di verificarne la correttezza e la congruità, a tutela degli interessi coinvolti; per l’effetto, non risulta conforme al modello procedimentale sintetizzato l’evocazione di una delibazione di alternative localizzatorie. Pres. Portoghese, Est. Grasso - T.T. e altri (avv. Pennetta) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altro (Avv. Stato), Ente Parco regionale dei Monti Picentini (n.c.) e Regione Campania (avv. Consolazio) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 27 settembre 2006, n. 1418

5) Elettrodotti - Procedimenti ablatori - Procedimenti di massa - Ricorso a forme di partecipazione alternative alla comunicazione personale - Avviso sul Bollettino Regionale - Sufficienza. I procedimenti ablatori che riguardano la realizzazione degli elettrodotti debbono ritenersi procedimenti di massa, come tali idonei ex se a giustificare il ricorso a forme di partecipazione alternative alla personale ed individua comunicazione di avvio del procedimento, quali sono l’avviso sul BURC o l’affissione all’albo pretorio (v. ex plurimis, TAR Molise n. 659/2003 e TAR Campania, Napoli, n. 3386/2002). Pres. Portoghese, Est. Grasso - T.T. e altri (avv. Pennetta) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altro (Avv. Stato), Ente Parco regionale dei Monti Picentini (n.c.) e Regione Campania (avv. Consolazio) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 27 settembre 2006, n. 1418

6) Energia elettrica - Centrali - L. n. 55/2002 - Procedimento autorizzatorio - Coinvolgimento degli enti locali - Limiti. Ai sensi del combinato disposto del 2° e del 3° comma del d.l. n. 7/2002, convertito in l. n. 55/2002, deve ritenersi che il procedimento unico finalizzato al rilascio dell’autorizzazione unica da parte del Ministero per le Attività produttive (in quanto tale sostitutiva, in forza del 1° comma della norma in esame, delle autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti) imponga il necessario ed indefettibile coinvolgimento (oltre che della Regione ai fini dell’intesa) solo dei comuni e delle province nel cui territorio ricadono le opere da realizzare (in tali sensi dovendosi intendere il richiamo al “parere motivato” obbligatorio di cui al 3° comma, in relazione alla nozione di “Amministrazione locali interessate”, più genericamente evo-cate al 2° comma). Il tratto testuale della disposizione, per la sua natura dichiaratamente eccezionale, non è suscettibile di interpretazioni estensive. Pres. Portoghese, Est. Grasso - T.T. e altri (avv. Pennetta) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altro (Avv. Stato), Ente Parco regionale dei Monti Picentini (n.c.) e Regione Campania (avv. Consolazio) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 27 settembre 2006, n. 1418

7) Urbanistica e edilizia - Impianti per la produzione di energia elettrica - Autorizzazione unica ex L. 55/2002 - Autorizzazione integrata ex d.lgs. 59/2005. L’autorizzazione “unica” ex L. 55/2002, sostituendo “autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti” (art. 1 l. n. 55/02), deve qualificarsi anche come autorizzazione unica integrata ambientale ai sensi della Direttiva 96/61/CE, di cui il successivo d. lgs. n. 59/2005 costituisce il compiuto recepimento. La necessità di ricorrere a nuova autorizzazione integrata, pertanto, sussiste solo in caso di modifiche sostanziali del progetto, come definite ai sensi dell’articolo 2, 1° comma, lettera n) d. lgs. n.59/2005. Pres. Portoghese, Est. Grasso - T.T. e altri (avv. Pennetta) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altro (Avv. Stato), Ente Parco regionale dei Monti Picentini (n.c.) e Regione Campania (avv. Consolazio) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 27 settembre 2006, n. 1418

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