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TAR CAMPANIA, Salerno, 7 novembre 2006, sentenza n. 1956
Rifiuti - Impianto per la produzione di compost - Destinazione agricola di zona - Incompatibilità. Gli impianti per la produzione di compost, di natura intrinsecamente industriale, sono incompatibili con la destinazione agricola di zona. I materiali utilizzati nel processo di produzione del compost, infatti, non sono equiparabili a “prodotti” dell’agricoltura, quanto piuttosto a residui della stessa, sicchè non è dato ravvisare quella connessione tra l’attività medesima e quella agricola, che, in virtù del disposto di cui all’art. 2135 c.c., sarebbe suscettibile di ricondurre agli effetti urbanistici la prima alla seconda. Pres. ed Est. Esposito - G.A. e altri (avv.ti Onori e Acone) c. Comune di Prata di Principato Ultra (avv. Mastromarino), Provincia di Avellino (avv. Di Martino) e A.A.G. s.a.s. (avv. Matarazzo) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. II - 7 novembre 2006, n. 1956
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA CAMPANIA - SALERNO
Seconda Sezione
N. 2139/05 REG. RIC.
composto dai Signori:
Dott. Luigi Antonio ESPOSITO - Presidente, rel.
Dott. Sabato GUADAGNO - Consigliere
Dott. Ezio FEDULLO - Primo referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 2139/2005, proposto da Galdo Angelo, Galdo Armando, Gaeta
Armando, Freda Nicola e Angiuoni Pietro, rappresentati e difesi dall’Avv.
Giuseppe Onofri e dall’Avv. Modestino Acone, elettivamente domiciliati in
Salerno, via Manzo n. 31, presso lo studio dell’Avv. Antonino Sessa;
contro
il Comune di Prata di Principato Ultra (AV), in persona del Sindaco p.t.,
rappresentato e difeso dall’Avv. Cosimo Alfonso Mastromarino, elettivamente
domiciliato in Capezzano (SA) alla via Grillo n. 39, nella casa Toni Pasquale;
Provincia di Avellino, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso
dall’Avv. F. Antonio Di Martino, selettivamente domiciliato in Avellino, alla
Piazza Libertà;
e nei confronti di
Azienda Agricola Giulia di Angelo Freda e C. s.a.s., in persona del legale
rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Guido Matarazzo,
selettivamente domiciliato in Salerno, alla via Roma n. 61, presso lo studio
Paolino-Lanocita-Annunziata;
Ricciarelli Giulia
Freda Giovannino
Freda Angelo
per l’annullamento
del permesso di costruire n. 13/04 del 22.6.2004, relativo all’esecuzione dei
lavori di realizzazione di un complesso per la produzione di compost di qualità;
della successiva variante del predetto permesso di costruire n. 9 del 16.5.2005;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore all’udienza del 19 Ottobre 2006 il Presidente dott. Luigi Antonio
Esposito;
Uditi i difensori presenti come da verbale;
Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
I ricorrenti, proprietari di immobili ubicati nelle vicinanze del fondo di
proprietà dei controinteressati, impugnano il permesso di costruire a questi
rilasciato e relativo alla realizzazione, nel fondo suindicato, di un impianto
per la produzione di compost.
Le censure formulate avverso i provvedimenti impugnati sono così sintetizzabili:
1) la costruzione dell’impianto avrebbe dovuto essere autorizzata dalla Regione
Campania, ai sensi dell’art. 27 d.lgs n. 22/1997; 2) anche ammessa
l’applicabilità delle procedura semplificata di cui all’art. 33 d.lgs cit.,
nessuna d.i.a. è stata trasmessa alla Provincia, come previsto dal comma 1; 3)
la natura industriale dell’attività da realizzare nel fabbricato da costruire,
costituita dal recupero di rifiuti organici attraverso un procedimento di
bioconversione di biomasse, evidenzia la sua incompatibilità con la destinazione
di zona E1 (agricola) impressa dal vigente programma di Fabbricazione all’area
interessata dai lavori; 4) è stata omessa la considerazione, ai fini
volumetrici, delle tettoie progettate; 5) le costruzioni preesistenti non sono
assistite da regolari titoli autorizzativi.
Ulteriori doglianze sono state formulate con motivi aggiunti.
Esse riguardano essenzialmente: 1) la mancata verifica della compatibilità
dell’impianto de quo con il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti, approvato
ex art. 22 d.lgs n. 22/1997, non prevedendo esso alcun impianto del genere nel
territorio del Comune intimato; 2) la mancata formazione di un Piano esecutivo
(richiesto dal P.R.G. adottato prima del rilascio del permesso di costruire in
variante).
I difensori del Comune intimato e della società resistente eccepiscono l’irricevibilità
e l’inammissibilità del ricorso, del quale chiedono comunque il rigetto.
DIRITTO
Deve preliminarmente respingersi l’eccezione di tardività del ricorso formulata
dal difensore del Comune intimato, dal momento che non viene fornita prova certa
della data in cui i ricorrenti avrebbero acquisito conoscenza del rilascio dei
permessi di costruire impugnati (non potendo all’uopo farsi riferimento alla
loro pubblicazione all’Albo Pretorio né alle proteste attuate dai cittadini
residenti nella zona al fine di opporsi alla realizzazione dell’impianto,
proteste in virtù delle quali i ricorrenti avrebbero appreso del rilascio del
citato permesso, ma in ordine all’epoca del cui verificarsi le parti resistenti
non forniscono alcuna precisa indicazione).
Ad identica conclusione deve pervenirsi quanto alla eccepita carenza di
legittimazione dei ricorrenti, dal momento che, agendo essi quali proprietari di
immobili ubicati nelle vicinanze del sito destinato alla realizzazione
dell’impianto in discorso (si vedano, sul punto, le documentate allegazioni
fornite con la memoria del 27.1.2006), non resta che fare applicazione del
consolidato principio giurisprudenziale secondo cui “i proprietari di terreni
circostanti e adiacenti all’area interessata da un intervento edilizio sono
portatori, in base al criterio della vicinitas, di un interesse qualificato e
sono, pertanto, legittimati a ricorrere avverso la concessione di costruzione
rilasciata per la realizzazione dell’intervento stesso” (T.A.R. Molise,
Campobasso, 7 aprile 2005 n. 445).
Venendo al merito del gravame, è fondata la censura con la quale si lamenta
l’incompatibilità dell’impianto de quo con la destinazione agricola impressa
alla zona in cui esso dovrebbe essere realizzato.
Premesso infatti che non può contestarsi la natura intrinsecamente industriale
dell’attività medesima (si veda, al riguardo, la relazione tecnica allegata alla
domanda di autorizzazione alle emissioni in atmosfera presentata alla Regione
Campania dalla società controinteressata), deve evidenziarsi che nessuna
effettiva connessione è dato ravvisare tra l’attività medesima e quella
agricola, suscettibile di ricondurre anche la prima alla seconda, agli effetti
urbanistici, in virtù del disposto di cui all’art. 2135 c.c., ai sensi del quale
“si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo
imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione,
trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto
prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o
dall’allevamento di animali”.
Basti invero considerare che i materiali utilizzati nel processo di produzione
del compost (rappresentati, tra l’altro, da “rifiuti vegetali da coltivazioni
agricole”, “segatura, trucioli, frammenti di legno e di sughero”, “rifiuti
vegetali derivanti da attività agroalimentari”, “scarti di legno non
impregnato”, “rifiuti ligneo cellulosici derivanti dalla manutenzione del verde
ornamentale”: si veda, al riguardo, la citata relazione tecnica) non sono
equiparabili a “prodotti” dell’agricoltura, quanto piuttosto a residui (o, più
esattamente, rifiuti) della stessa.
Inoltre, nessuna dimostrazione risulta acquisita, nella pertinente sede
procedimentale, in ordine alla prevalente provenienza dei materiali stessi
dall’azienda agricola controinteressata né comunque da attività svolte da
aziende propriamente agricole (si pensi alla “segatura, trucioli, frammenti di
legno e sughero”, astrattamente ricavabili mediante attività diverse da quelle
strettamente agricole).
Alle stesse conclusioni deve poi pervenirsi quanto alle disposizioni dello
strumento urbanistico vigente che consentono di impiantare, nella predetta zona
agricola, “costruzioni adibite alla conservazione e trasformazione di prodotti
agricoli annesse ad aziende agricole” nonché “costruzioni per industrie e cave”
(art. 10 delle N.T.A).
Sottolineato il carattere necessariamente “accessorio” di tali impianti (art. 24
delle N.T.A.), deve rilevarsi ancora una volta che manca, alla luce delle
considerazioni precedentemente svolte, il nesso di connessione ed accessorietà
tra l’attività da esercitare nell’impianto in discorso e quella strettamente
agricola, svolta dall’azienda richiedente il titolo edilizio (o da altre aziende
agricole operanti in loco), preteso dalle norme appena citate.
Nel senso della incompatibilità dell’impianto con la destinazione di zona
agricola si è espresso del resto, con articolate e condivisibili argomentazioni,
il C.T. nominato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Avellino
nell’ambito del procedimento penale n. 4703/2005 (si veda il relativo elaborato
prodotto dalla parte ricorrente in data 28.9.2006).
Il ricorso, in conclusione, deve essere accolto.
Possono dichiararsi assorbite le ulteriori censure di illegittimità.
Sussistono giuste ragioni per compensare le spese di giudizio sostenute dalle
parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Salerno, Seconda Sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso n. 2139/2005, lo accoglie ed annulla
per l’effetto i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella Camera di Consiglio del 19 Ottobre 2006.
Dott. Luigi Antonio ESPOSITO - Presidente, est.
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