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 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Parma, 12 Gennaio 2006, Sentenza n. 10
 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER L'EMILIA-ROMAGNA

SEZIONE DI PARMA



N. 67 REG. RIC.

ANNO 2005
N. 10 REG. SENT

ANNO 2006


composto dai Signori:

Dott. Gaetano Cicciò Presidente
Dott. Umberto Giovannini Consigliere
Dott. Italo Caso Consigliere Rel.Est.

ha pronunciato la seguente
 

SENTENZA

 

sul ricorso n. 67 del 2005 proposto da Vodafone Omnitel N.V., in persona del procuratore speciale e legale rappresentante p.t. Saverio Tridico, difesa e rappresentata dall’avv. Riccardo Troiano, dall’avv. Alberto Fantini e dall’avv. Piermario Telmon, ed elettivamente domiciliata in Parma, borgo del Parmigianino n. 5, presso lo studio dell’avv. Monica Callai;


contro


il Comune di Parma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Giorgio Cugurra e presso lo stesso elettivamente domiciliato in Parma, via Mistrali n. 4;


per l’annullamento
del diniego di autorizzazione alla installazione di un impianto fisso di telefonia mobile (sito denominato “Salsi”), opposto dal Comune di Parma con nota prot. n. 155189 del 2 dicembre 2004;
dei pareri contrari del Servizio Ambiente e dell’Ufficio tecnico, espressi il 3 e il 13 novembre 2004;


dell’art. 42 bis del Regolamento edilizio del Comune di Parma, nella parte in cui dispone che “dall’entrata in vigore della normativa di cui al presente articolo l’installazione di nuovi impianti o antenne funzionali alla telefonia mobile sarà ammessa solo a seguito dell’approvazione, da parte dell’Amministrazione comunale, del piano complessivo delle installazioni”, norma introdotta con deliberazione consiliare n. 42/84 del 28 febbraio 2000;


dell’art. 193 bis del Regolamento d’igiene del Comune di Parma, nella parte in cui dispone che “a far data dall’esecutività dell’atto di approvazione del presente articolo, l’installazione di nuovi impianti è ammessa solo a seguito dell’approvazione, da parte della Giunta comunale, del piano complessivo delle installazioni”, norma introdotta con deliberazione consiliare n. 41/4 del 28 febbraio 2000.


Visto il ricorso con i relativi allegati;


Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Parma;


Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;


Visti gli atti tutti della causa;


Nominato relatore il dott. Italo Caso;


Uditi alla pubblica udienza del 20 dicembre 2005 l’avv. Mascello, in sostituzione dell’avv. Troiano, per la società ricorrente e l’avv. Cugurra per l’Amministrazione comunale.


Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


F A T T O


Riferisce la società ricorrente, licenziataria del servizio pubblico di telecomunicazioni, che nell’ambito del programma di copertura radioelettrica del territorio nazionale e di adeguamento della rete alla nuova tecnologia UMTS essa progettava di installare in Parma, su una struttura esistente di altro operatore di telefonia mobile, una stazione radio base denominata “Salsi”; che l’impianto veniva inserito nel Programma annuale delle installazioni fisse per il 2005, presentato dalla ricorrente in data 29 settembre 2004 ai sensi dell’art. 8 della legge reg. n. 30/2000; che lo stesso giorno veniva altresì inoltrata all’Amministrazione comunale la domanda di avvio del procedimento unico; che, tuttavia, richiamando i pareri contrari del Servizio Ambiente e dell’Ufficio tecnico (espressi il 3 e il 13 novembre 2004), con nota prot. n. 155189 del 2 dicembre 2004 l’istanza veniva rigettata; che alla base del diniego era sostanzialmente addotta l’assenza del “piano complessivo delle installazioni”, richiesto dall’art. 42 bis del Regolamento edilizio e dall’art. 193 bis del Regolamento d’igiene.


Avverso le suindicate determinazioni, ivi comprese le norme regolamentari in tema di “piano complessivo delle installazioni”, ha proposto impugnativa la ricorrente, deducendo:


1) Erroneità del diniego e dei pareri contrari per compatibilità urbanistica del sito proposto dal gestore e inapplicabilità delle previsioni regolamentari concernenti l’approvazione del Piano comunale. Eccesso di potere per vizio di istruttoria nell’accertamento della destinazione di zona.


Erroneamente l’Ufficio tecnico ha considerato che il sito in questione ricade in area ZB2, mentre si tratta di area destinata ad “attrezzature tecnologiche”, e quindi di destinazione urbanistica sicuramente compatibile con l’installazione dell’impianto, anche in assenza del piano comunale delle installazioni.


2) Illegittimità del diniego e dei pareri contrari per incompetenza assoluta. Intervenuta abrogazione delle norme comunali che subordinavano il rilascio delle autorizzazioni all’approvazione del Piano comunale. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90 e motivazione carente per mancata indicazione dei presupposti di diritto. Violazione del principio di ragionevolezza e del principio di non discriminazione.


Sembra di capire che alla base del diniego sia sostanzialmente l’assenza del “piano complessivo delle installazioni”, richiesto dall’art. 42 bis del Regolamento edilizio e dall’art. 193 bis del Regolamento d’igiene. Ma, oltre all’insufficienza della motivazione, il diniego appare illegittimo perché fondato su norme regolamentari oramai superate dalla sopraggiunta legislazione statale e regionale. Inoltre risulta irragionevole e fortemente discriminatorio che venga preclusa l’installazione di un impianto su di un traliccio che già ospita l’impianto di altro gestore, anche perché ciò determinerebbe un minore impatto sul territorio.


3) Illegittimità degli atti impugnati e delle norme regolamentari indicate in epigrafe del ricorso. Violazione degli artt. 3, 4 e 8 della legge n. 36/2001; del d.P.C.M. 8 luglio 2003; dell’art. 41, co. 2, n. 4), della legge n. 166/2002; degli artt. 86 e 87 del d.lgs. n. 259/2003. Incompetenza assoluta sotto il profilo della disciplina della procedura autorizzatoria. Violazione dei principi di celerità, non discriminazione e trasparenza. Incompetenza e sviamento di potere sotto il profilo della disciplina pianificatoria delle stazioni radio base. Violazione del principio di ragionevolezza. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.


L’art. 8 della legge n. 36 del 2001 assegna alle Regioni e non ai Comuni la disciplina delle procedure autorizzatorie e delle localizzazioni degli impianti di telefonia mobile. La sopraggiunta normativa di cui al d.lgs. n. 259 del 2003 (artt. 86 e 87), da parte sua, è espressione del principio della regolazione uniforme, a livello nazionale, dell’iter di rilascio dei relativi titoli abilitativi. Sono pertanto in contrasto con le suindicate disposizioni, e potrebbero anche ritenersi venute meno, le norme regolamentari del Comune di Parma che introducono una ulteriore fase procedimentale, consistente nell’approvazione di un piano delle installazioni che è presupposto per il vaglio delle istanze presentate dai vari gestori.


4) Illegittimità degli atti impugnati per violazione degli artt. 8 e 9 della legge reg. n. 30/2000.


Le norme regolamentari introdotte dal Comune di Parma sono in contrasto con la disciplina regionale che prescrive la sola presentazione del programma annuale da parte del gestore e fissa il termine di novanta giorni per la formazione del silenzio-assenso. Sono altresì in contrasto con le prescrizioni che, individuate le aree ove le installazioni sono vietate, implicitamente ne ammettono la localizzazione in tutte le altre zone del territorio comunale.


5) Violazione del principio di legalità degli atti amministrativi. Violazione dell’art. 97 Cost. e dei principi di proporzionalità e ragionevolezza dell’agire pubblico. Violazione della legge reg. n. 30/2000.


Il prescritto piano comunale delle installazioni è uno strumento arbitrario, perché potrebbe escludere la localizzazione degli impianti anche in aree non vietate dallo strumento urbanistico generale o dalla disciplina regionale. In ogni caso la decisione di non rilasciare autorizzazioni fino a quando la Giunta comunale non approvi il piano integra la violazione del principio di legalità degli atti amministrativi, o comunque ne evidenzia l’intrinseca irragionevolezza.


Conclude quindi la società ricorrente per l’annullamento degli atti impugnati.


Si è costituito in giudizio il Comune di Parma, resistendo al gravame.


L’istanza cautelare della ricorrente veniva respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio in data 8 marzo 2005 (ord. n. 81/2005), ma poi accolta dal giudice d’appello (Cons. Stato, Sez. VI, ord. 7 giugno 2005 n. 2653).


All’udienza del 20 dicembre 2005, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.


D I R I T T O


La controversia ha ad oggetto il diniego di autorizzazione alla installazione di un impianto fisso di telefonia mobile nel territorio del Comune di Parma. La società ricorrente, che quella richiesta aveva presentato, impugna il provvedimento comunale di rigetto e i pareri negativi ivi richiamati, nonché le prescrizioni regolamentari in applicazione delle quali è intervenuto il diniego; imputa, in particolare, all’Amministrazione locale di avere introdotto, con la previsione di un “piano complessivo delle installazioni”, vincoli procedimentali non consentiti né dalla legislazione statale né dalla legislazione regionale, e di avere comunque in tal modo frapposto ingiustificati limiti alla localizzazione degli impianti in questione, compromettendo l’erogazione del servizio sul territorio comunale.


In via preliminare il Collegio rileva che, a seguito di accoglimento dell’istanza cautelare da parte del giudice d’appello, l’Amministrazione comunale ha rilasciato l’atto permissivo originariamente negato (v. documentazione depositata in data 13 dicembre 2005). La circostanza, tuttavia, non fa venir meno l’interesse ad un pronuncia di merito, apparendo il nuovo provvedimento la mera attuazione dell’ordinanza cautelare di secondo grado; ed invero, per costante giurisprudenza, nel caso in cui il giudice amministrativo abbia sospeso in sede cautelare gli effetti di un provvedimento negativo e l’Amministrazione si sia adeguata con un atto conseguenziale al contenuto dell’ordinanza, non è configurabile l’improcedibilità del ricorso, atteso che l’adozione non spontanea dell’atto conseguenziale con cui l’Amministrazione dà esecuzione all’ordinanza di sospensione degli effetti di un diniego non comporta la revoca del precedente provvedimento sospeso e ha una rilevanza meramente provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo, salvo il caso in cui il contenuto della motivata ordinanza cautelare sia tanto condiviso dall’Amministrazione da indurla a ritirare il precedente provvedimento già sospeso, sostituendolo con un nuovo atto, senza attendere il giudicato sul suo prevedibile annullamento (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 12 aprile 2000 n. 2184).


Nel merito, la lite è incentrata essenzialmente sulla verifica della legittimità dell’art. 42 bis del regolamento edilizio e dell’art. 193 bis del regolamento d’igiene del Comune di Parma, laddove tali disposizioni subordinano la installazione degli impianti di telefonia mobile alla previa approvazione da parte dell’Amministrazione locale di un “piano complessivo delle installazioni”, predisposto sulla base delle proposte dei gestori. Si tratta di accertare se un simile modulo operativo, adottato nell’anno 2000, sia tuttora compatibile con la complessiva disciplina della materia, rimessa al concorso di vari livelli di normazione e al susseguirsi di più interventi legislativi.


La questione è stata invero già affrontata dalla Sezione e risolta nel senso della piena ammissibilità dello strumento, che contempera l’esigenza di copertura del servizio sul territorio comunale con quella pianificatoria di un corretto insediamento degli impianti – per lo più di rilevante impatto urbanistico-ambientale –, oltre che con l’esigenza di minimizzare l’esposizione ai campi elettromagnetici, assicurando al contempo ai gestori uniformità di trattamento in sede di vaglio congiunto delle relative richieste (v. sent. n. 546 del 13 dicembre 2005). Nel giungere a tale conclusione si è tenuto conto del riparto di competenze desumibile dalla legge n. 36 del 2001 (“Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”), nel senso che allo Stato è affidata la fissazione delle c.d. «soglie di esposizione», mentre alle Regioni e agli enti locali spetta la disciplina dell’uso del territorio in funzione della localizzazione degli impianti, cioè le ulteriori misure e prescrizioni dirette a ridurne il più possibile l’impatto negativo sul territorio, sempreché naturalmente i criteri localizzativi e gli standard urbanistici non siano tali da impedire od ostacolare ingiustificatamente l’insediamento degli impianti medesimi (v. Corte cost. 7 ottobre 2003 n. 307); in particolare, per quel che rileva nella presente controversia, l’art. 8, comma 6, della legge n. 36 consente ai comuni l’adozione di un “… un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”. La legge reg. n. 30 del 2000, da parte sua, nel dettare “norme per la tutela della salute e la salvaguardia dell’ambiente dall’inquinamento elettromagnetico”, prevede che gli impianti fissi di telefonia mobile siano autorizzati previa presentazione da parte dei gestori di un “programma annuale” delle installazioni da realizzare (art. 8, comma 2) e che “al fine di ridurre l’impatto ambientale e sanitario nonché di favorire sia una razionale distribuzione dei nuovi impianti fissi di telefonia mobile, sia il riordino delle installazioni esistenti e l’utilizzo delle medesime strutture impiantistiche nella realizzazione di reti indipendenti, il Comune assume idonee iniziative di coordinamento delle richieste di autorizzazione dei diversi gestori, subordinando a questi obiettivi il rilascio o il diniego delle medesime” (art. 8, comma 7, nel testo introdotto dall’art. 2, comma 1, della legge reg. n. 30/2002).


Non si ravvisa dunque alcuna sostanziale incoerenza tra la disciplina statale e regionale, da una parte, e la normativa regolamentare adottata dal Comune di Parma, dall’altra. La redazione del “piano complessivo delle installazioni” consente il contestuale esame delle istanze di autorizzazione provenienti dai vari gestori e favorisce di conseguenza sia una ponderata valutazione delle localizzazioni proposte sia il puntuale accertamento della razionale distribuzione degli impianti sul territorio, anche in ragione dell’obiettivo di minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, e più in generale di contenere l’impatto ambientale e sanitario degli impianti, in conformità di quanto espressamente richiesto dall’art. 8, comma 6, della legge n. 36 del 2001 e dall’art. 8, comma 7, della legge reg. n. 30 del 2000. Né, del resto, viene in tal modo indebitamente aggravato il procedimento o alterato l’iter preordinato al rilascio delle autorizzazioni, in quanto la disciplina sovraordinata lascia liberi i comuni di definire norme integrative e di dettaglio, che nella fattispecie peraltro non esorbitano dagli ambiti di autonomia dell’ente locale, risolvendosi le stesse nel concentrare in un solo atto, di cadenza periodica, le determinazioni conclusive dell’Amministrazione – senza richiedere adempimenti ulteriori ai gestori –, e comunque ponendosi in diretta attuazione di prescrizioni che affidano agli enti locali la tutela degli interessi pubblici coinvolti; quanto, poi, alla previsione di un silenzio-assenso nel caso di decorso di novanta giorni dalla presentazione del programma (v. art. 8, comma 9-ter, della legge reg. n. 30/2000, nel testo introdotto dall’art. 2, comma 3, della legge reg. n. 30/2002), non se ne può inferire l’incompatibilità con lo strumento del “piano complessivo delle installazioni”, giacché compete all’Amministrazione predisporre le misure occorrenti per la sollecita assunzione delle decisioni finali e ai gestori esperire eventualmente i rimedi giudiziali a tale fine necessari. Per quel che concerne, infine, il sopraggiunto d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (“Codice delle comunicazioni elettroniche”), ed in particolare le disposizioni che recano modalità procedurali informate alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità (artt. 86 e 87), anche in vista della uniforme disciplina dei procedimenti (v. art. 41, comma 2, della legge n. 166 del 2002), non ne individua il Collegio profili di insanabile contrasto con il previsto ricorso al “piano complessivo delle installazioni”, la cui approvazione deve pur sempre intervenire in tempi rapidi e con modalità tali da far salvo il procedimento regolato dal legislatore statale, oltre che nel rispetto dei parametri di valutazione fissati dalla legge n. 36 del 2001 nonché dalla legge reg. n. 30 del 2000, integra rimanendo la competenza delle Regioni sia per il governo del territorio sia per la tutela della salute (v. Corte cost. 27 luglio 2005 n. 336); la circostanza, poi, che gli impianti di telefonia mobile siano oramai classificati come opere di urbanizzazione primaria (v. art. 86, comma 3, del d.lgs. n. 259/2003), lungi dal liberalizzare in toto l’insediamento di simili impianti e dal sacrificare le attribuzioni comunali in tema di disciplina dell’uso del territorio, rivela esclusivamente la volontà normativa di qualificare sotto il profilo urbanistico le relative strutture, e dunque, pur conseguentemente orientando le scelte localizzative rimesse al vaglio delle Autorità locali, non impedisce loro l’esercizio delle ordinarie competenze a tutela del corretto assetto urbanistico-edilizio delle aree interessate.


Di qui il rigetto del ricorso, in quanto l’inesistenza di un “piano complessivo delle installazioni” che comprenda il sito c.d. “Salsi” costituisce un legittimo impedimento al rilascio dell’invocata autorizzazione. Si tratta peraltro di un diniego che è da intendere non definitivo, in quanto – a ben vedere – atto di natura soprassessoria, e tuttavia certamente lesivo dell’interesse azionato, sostanziandosi nel rinvio ad un avvenimento futuro e incerto nell’an e nel quando, così come si evince dal richiamato parere del Servizio Ambiente dell’Amministrazione locale (“ … è prevista l’approvazione del Piano Comunale delle installazioni fisse di telefonia mobile relativo agli anni 2003 – 2004 – 2005, e pertanto l’Amministrazione comunale si impegna a valutare l’intervento di nuova installazione al fine di procedere, qualora risultasse compatibile, all’autorizzazione del medesimo …”).


Le spese di giudizio possono essere compensate, sussistendone giusti motivi.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.


Spese compensate.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.


Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 20 dicembre 2005.


f.to Gaetano Cicciò Presidente
f.to Italo Caso Consigliere Rel.est.


Depositata in Segreteria ai sensi dell’art.55 L. 27/4/82, n.186.
Parma, lì 12 gennaio 2006
f.to Eleonora Raffaele Il Segretario

M A S S I M E

Sentenza per esteso


1) Inquinamento elettromagnetico – Impianti di telefonia mobile – Installazione – Previa approvazione del “piano complessivo delle installazioni” – Amministrazione comunale – Legittimità – Contrasto con il d.lgs. 259/2003 – Inconfigurabilità. Sono legittime le disposizioni comunali che subordinano la installazione degli impianti di telefonia mobile alla previa approvazione da parte dell’Amministrazione locale di un “piano complessivo delle installazioni”, predisposto sulla base delle proposte dei gestori. Tale strumento pianificatorio contempera infatti l’esigenza di copertura del servizio sul territorio comunale con quella di un corretto insediamento degli impianti – per lo più di rilevante impatto urbanistico-ambientale –, oltre che con l’esigenza di minimizzare l’esposizione ai campi elettromagnetici, assicurando al contempo ai gestori uniformità di trattamento in sede di vaglio congiunto delle relative richieste. Esso, peraltro, non è in contrasto con il d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (“Codice delle comunicazioni elettroniche”), ed in particolare con le disposizioni che recano modalità procedurali informate alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità (artt. 86 e 87), posto che l’approvazione deve pur sempre intervenire in tempi rapidi e con modalità tali da far salvo il procedimento regolato dal legislatore statale, oltre che nel rispetto dei parametri di valutazione fissati dalla legge n. 36 del 2001 nonché dalla legge reg. n. 30 del 2000, integra rimanendo la competenza delle Regioni sia per il governo del territorio sia per la tutela della salute (v. Corte cost. 27 luglio 2005 n. 336). La circostanza, poi, che gli impianti di telefonia mobile siano oramai classificati come opere di urbanizzazione primaria (v. art. 86, comma 3, del d.lgs. n. 259/2003), lungi dal liberalizzare in toto l’insediamento di simili impianti e dal sacrificare le attribuzioni comunali in tema di disciplina dell’uso del territorio, rivela esclusivamente la volontà normativa di qualificare sotto il profilo urbanistico le relative strutture, e dunque, pur orientando le scelte localizzative rimesse al vaglio delle Autorità locali, non impedisce loro l’esercizio delle ordinarie competenze a tutela del corretto assetto urbanistico-edilizio delle aree interessate. Pres. Cicciò, Est. Caso – V.O. N.V. (avv.ti Troiano, Fantini e Telmon) c. Comune di Parma (avv. Cugurra) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Parma – 12 gennaio 2006, n. 10

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