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 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. LAZIO, Latina, 29 Marzo 2006, Sentenza n. 210
 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO

SEZIONE STACCATA DI LATINA

 

n. 210/2006

Registro Sentenze

n. 11851186/2002

Registro Generale


composto dai magistrati:

 

dott. Franco Bianchi Presidente
dott. Santino Scudeller Componente
dott. Davide Soricelli Componente


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sui ricorsi nn. 1185  1186 dell’anno 2002, proposti dalla Società Monte Ducale a r.l., in persona del Presidente del Consiglio d’Amministrazione pro tempore, sig. Leonardo Saltarelli, rappresentata e difesa dagli avv. ti Antonio Romano, Eduardo Romano e Renato Codella, domiciliata in Latina, via Monti, n. 13 (studio avv. P.G. Perazzotti);


contro


Comune di Minturno, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, n.c.;
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali  Corpo Forestale dello Stato , in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura dello Stato;


per l’annullamento previa sospensione
delle ordinanze nn. 89 e 90 del 03.07.2002 a firma del Responsabile del Servizio Edilizia Privata del Comune di Minturno, con le quali è stata sancita la revoca delle concessioni edilizie nn. 349 e 350 del 23.04.2001 precedentemente rilasciate alla società ricorrente, una agli atti preordinati, connessi e consequenziali, tra i quali, precipuamente, le Comunicazioni del Comando di Spigno Saturnia del Corpo Forestale dello Stato prot. n. 374 Pos. IV  1/6 del 03.05.2002, prot. n. 483 Pos. IV  1/6 del 16.05.2002, prot. n. 654 Pos. VI  2/2 dell’08.07.1997, prot. n. 377 Pos. IV  1/6 del 03.05.2002, prot. n. 482 Pos. IV  1/6 del 16.05.2002 e prot. 654 Pos. VI  2/2 dell’08.07.1997;


per il risarcimento dei danni
conseguenti.


Visti i ricorsi con i relativi allegati.


Viste le costituzioni dell’Avvocatura dello Stato.


Visti gli atti della causa.


Viste le memorie prodotte.


Uditi alla pubblica udienza del 10.02.2006, il relatore dott. S. Scudeller, l’avv. A. Romano per la ricorrente e l’avv. P. Marchini per l’Avvocatura dello Stato.


Ritenuto in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


1 Con atti notificati il 17.10.2002  depositati il 30.10.2002 , la società ricorrente espone di aver conseguito le concessioni edilizie nn. 349 e 350 datate 23.04.2001 e di aver partecipato con nota del 24.4.2001 l’inizio dei lavori. Con i provvedimenti impugnati il comune, sulla base di comunicazioni del Corpo forestale dello Stato ha revocato i detti titoli; essi sono illegittimi per: violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e ss. della legge 07.08.1990, n. 241 e dei principi fondamentali di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione  vizio del procedimento  carenza di istruttoria  eccesso di potere per assoluta carenza di presupposti  omessa valutazione dell’interesse pubblico specifico alla revoca  omessa comparazione degli interessi pubblici coinvolti  violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 07.08.1990, n. 241  difetto assoluto di motivazione  violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 10 della legge 21.11.2000, n. 353  carenza assoluta di presupposti  difetto di istruttoria e di motivazione.


2 Con atti di stile depositati il 13.11.2002 si è costituita l’Avvocatura dello Stato che ha poi versato documentazione [20.01.2006] e memoria [02.02.2006] con la quale ha opposto l’infondatezza delle intestate censure.


3 Con ordinanze nn. 903 e 904 del 15.11.2002 la Sezione ha accolto la richiesta tutela cautelare.


4 Alla pubblica udienza del 10.02.2006, i ricorsi sono stati chiamati e poi introdotti per la decisione.


DIRITTO


1 La Società Monte Ducale a r.l. impugna le ordinanze di revoca delle concessioni edilizie presupponenti le segnalazioni del competente Comando del Corpo forestale dello Stato per le quali: “risulta che lo stesso terreno è stato percorso da incendio anche nell’anno 1997 e che a seguito di ciò, per un periodo di anni 10 dal 1997, è vietata la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture ad insediamenti civili e di attività produttive, il tutto ai sensi dell’art. 10, comma 1° della L. n° 353/2000”. I ricorsi per evidenti ragioni di connessione, vanno riuniti ex art. 52 R.D. 17 agosto 1907, n. 642 e quindi definiti con un’unica decisione.


2 In via preliminare appare utile ricostruire il quadro normativo di riferimento. La tutela di tali ambiti, implica inizialmente l’applicazione delle misure di cui all’art. 9, comma 4, della legge 1° marzo 1975, n. 47 per il quale, “Nelle zone boscate comprese nei piani di cui all’articolo 1 della presente legge, i cui soprassuoli boschivi siano stati distrutti o danneggiati dal fuoco, è vietato l’insediamento di costruzioni di qualsiasi tipo. Tali zone non possono comunque avere una destinazione urbanistica diversa da quella in atto prima dell’incendio.”. E’ poi intervenuta la legge 21 novembre 2000, n. 353 che, nel sancire la persistente efficacia dei piani antincendi boschivi già approvati dalle regioni (art. 3, comma 5), ha previsto: “Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati precorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni. E’ comunque consentita la costruzione di opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e dell’ambiente. In tutti gli atti di compravendita di aree e di immobili situati nelle predette zone, stipulati entro quindici anni dagli eventi previsti dal presente comma, deve essere espressamente richiamato il vincolo di cui al primo periodo, pena la nullità dell’atto. E’ inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture ed infrastrutture finalizzate ad insediamenti civile ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l’incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione.”. Tale ultima disposizione  nella formulazione di cui al successivo art. 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350  risulta ora così strutturata: “ …. E’ inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture ed infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata rilasciata, in data precedente l’incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione. Nei comuni sprovvisti di piano regolatore è vietata per dieci anni ogni edificazione su area boscata percorsa dal fuoco. E’ inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui detta realizzazione, sia stata prevista in data precedente l’incendio dagli strumenti urbanistici vigenti a tale data.”.


3 Il riprodotto excursus segna un progressivo affinamento normativo sul piano della operatività dei limiti incidenti sulle aspettative edificatorie, in quanto: a  conforma il potere di pianificazione urbanistica prevedendo l’impossibilità di imprimere alle zone interessate, una destinazione diversa da quella preesistente; b  delinea in maniera più specifica la portata del vincolo di inedificazione [al quale aveva già dato un contributo la giurisprudenza citata dalla ricorrente e maturata sotto la vigenza dell’art. 9, comma 4, della legge 1° marzo 1975, n. 47], come dimostrato dalla salvezza delle possibilità edificatorie assentibili, perché conformi alla strumentazione urbanistica vigente. Ciò detto, il particolare oggetto della tutela  costituito dalla conservazione e dalla difesa dagli incendi del patrimonio boschivo nazionale , giustifica il piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi (art. 3 legge 353 del 2000), nonché la norma in base alla quale il comune, entro novanta giorni dall’approvazione del piano deve censire i soprassuoli già percorsi e formare elenchi provvisori [sui quali possono innestarsi osservazione dei privati interessati] e definitivi, suscettivi di revisione “con cancellazione delle prescrizioni relative ai divieti”. L’interpretazione coordinata e finalisticamente orientata delle citate disposizioni induce ad una prima conclusione per la quale può ritenersi che, il vincolo sorge in maniera spazialmente limitata alle aree interessate dall’evento, il che si inferisce anche dalla sua inerenza alle possibilità edificatorie. Nello stesso tempo può dirsi che l’operatività dello stesso non risulta subordinata alla previa approvazione del piano regionale o all’attività di censimento riferibile al comune, deponendo in tale senso non solo il tenore letterale (nelle zone “è vietata”) ma anche l’ovvia considerazione per la quale, ogni inadempienza sul punto implicherebbe la vanificazione del fine di tutela che lo giustifica. La conseguenza di una siffatta ricostruzione, implica che, ove manchi il richiesto censimento, il comune deve verificare per ciascuna domanda l’esistenza o meno della circostanza che può impedire l’assentimento, ricoprendo lo spazio delle osservazioni il cui apporto è stato precluso dalla mancanza del censimento appunto, tramite il coinvolgimento dell’interessato, non escluso dall’art. 7 ed ora imposto dall’art. 10bis della legge 7 agosto 1990. n. 241, ove tale presupposto possa rappresentare motivo di reiezione dell’istanza.


4 Le esposte indicazioni, conducono all’infondatezza del primo profilo articolato nel terzo motivo di ricorso ed in base al quale il ricorrente lamenta l’illegittimità dei provvedimenti impugnati in ragione della mancata predisposizione del detto censimento; aggiungasi poi che sul punto rileva altresì quanto desumibile dalla nota (depositata il 15.11.2002) del Comune di Minturno prot. n. 25600 del 13.11.2002 circa l’esistenza di una cartografia redatta sulla base delle segnalazioni del Corpo Forestale dello Stato per gli anni 2000 e 2001.


5 Con lo stesso motivo la ricorrente poi, deduce l’inidoneità delle segnalazioni del Corpo Forestale in quanto le aree interessate da incendi verificatisi nel 1997, sono genericamente riferite al solo foglio catastale n. 20 che “comprende un’estensione di svariate centinaia di migliaia di metri quadri”; quindi richiama quanto risultante dalla nota su indicata che certifica come le particelle nn. 77 e 243 del foglio 20, negli anni 2001 e 2000 non siano state percorse dal fuoco. Sulla censura si innesta logicamente anche la prima doglianza con la quale, si lamenta la violazione delle cd. garanzie partecipative. Entrambi i profili, impongono la verifica dell’esistenza dei presupposti dell’atto, con preliminare e doverosa definizione del tipo di potestà implicata. Si è già detto che dalle disposizioni su citate, il vincolo posto con la legge 21 novembre 2000, n. 353, nella formulazione per tempo vigente, sorge con il verificarsi dell’evento e che la sua efficacia non può dirsi condizionata al previo censimento ed alla predisposizione degli elenchi definitivi. Una tale interpretazione incide sulla connotazione del relativo potere, agevolmente riconducibile all’attività vincolata, intesa quale accertamento dell’evento che, ove riscontrato, impedisce ogni assentimento e modificazione della destinazione urbanistica preesistente.


6 Ciò detto ai fini dello scrutinio richiesto, rileva in punto di fatto che: a  i provvedimenti impugnati sono stati adottati sulla base della segnalazione del Comando del Corpo forestale dello Stato; b  la citata nota dell’8.7.1997 richiama un incendio interessante la località Monte Ducale  foglio 20, particelle varie ; c  la difesa erariale ha depositato in data 20.01.2006 copia del rapporto di notizia di reato n. 24 in data 08.07.1997 dal quale non si desume indicazione alcuna sulle particelle del foglio 20 interessate dall’incendio ed ha argomentato la correttezza delle segnalazioni interessanti le particelle nn. 77 e 243, sottolineando che “è necessario precisare che, nonostante nell’informativa di reato … si faccia riferimento al solo foglio catastale n. 20 e non anche alle specifiche particelle interessate, il personale che opera nel Comando Stazione, …, ha conoscenza diretta delle aree interessate dagli incendi.”.


7 Le citate doglianze sono fondate. Quanto della dedotta, erronea presupposizione, rileva l’indicata ricostruzione normativa per la quale, se il vincolo può dirsi scaturente del verificarsi dell’evento e quindi operativo pur in assenza degli elenchi definitivi, la sua applicazione, avente effetto limitativo, richiede un accertamento in relazione alla singola istanza di concessione; nella stessa maniera la possibilità di invocarlo a supporto di un provvedimento di autotutela richiede una attività di pari spessore. Il che non è nel caso e, la necessità del relativo riscontro risulta certificato dalla stessa nota comunale la quale, come detto, per gli anni 2000 e 2001 ha attestato che le particelle richiamate nei titoli poi “revocati” non sono state interessate da incendi boschivi. Una tale ultima notazione poi, rende di per sé irrilevante ogni riferimento  per come opposto dall’Avvocatura dello Stato  alla conoscenza dello stato dei luoghi da parte del personale appartenente al Comando della Stazione del Corpo forestale, dovendosi ritenere  come detto  necessaria, per l’operatività del vincolo, l’esatta individuazione del sito interessato, non potendosi le conseguenze negative ricondurre alla memoria storica rappresentativa dell’evento, non certificata, difficilmente riscontrabile e suscettiva di una “gestione” priva dei riscontri e non assistita da attendibile certezza giuridica. Le indicate evenienze, depongono quindi per la fondatezza della censura di erronea presupposizione e per la dedotta violazione delle garanzie partecipative, compatibili con la detta natura vincolata, atte a consentire l’ingresso di dati e/o documentazione sulla sussistenza o meno dell’evento ed a sollecitare un ulteriore approfondimento istruttorio, della cui opportunità si rinviene conferma nel caso da quanto certificato dalle detta nota comunale.


8 Tali conclusioni conducono quindi all’accoglimento dei detti motivi ed anche di quello sulla mancanza di motivazione; tale esito esclude la necessità di statuire sulla dedotta, mancata acquisizione del preliminare  rispetto ai provvedimenti di revoca  parere della commissione edilizia.


9 La ricorrente ha proposto anche domanda di risarcimento; essa deve essere respinta rilevando, non solo l’accordata tutela cautelare, ma anche il costante orientamento per il quale, “Il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell’annullamento in sede giurisdizionale dell’atto amministrativo impugnato, ma richiede la positiva verifica di tutti i requisiti previsti dalla legge; pertanto la domanda di risarcimento non sostenuta dalle allegazioni necessarie all’accertamento della responsabilità dell’Amministrazione non può essere accolta, gravando sul danneggiato l’onere di provare, ai sensi dell’art. 2697 Cod. civ., tutti gli elementi costitutivi della domanda proposta per fatto illecito.” (C.S. V  1792  19.4.2005). Le spese di giudizio possono essere compensate.


P.Q.M.


il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio  Sezione Staccata di Latina  previa riunione, accoglie nei limiti di cui in motivazione i ricorsi in epigrafe e, per l’effetto annulla le ordinanze nn. 89 e 90 del 3 luglio 2002.


Spese compensate.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Amministrazione.


Così deciso in Latina nella camera di consiglio del 10.2.2006.


Dott. Franco Bianchi Presidente


Dott. Santino Scudeller Estensore

Il Segretario
Depositata in Segreteria
Il 29 marzo 2006
(art. 55 L. 27.4.1982, n. 186)

Il Direttore di Segreteria


 


 

M A S S I M E

Sentenza per esteso


1) Incendi boschivi – L. 353/2000, art. 3, c. 5 e succ. mod. – Terreni percorsi da incendi – Vincolo di inedificabilità – Comune – Omissione del censimento – Irrilevanza ai fini dell’applicazione del vincolo – Richiesta di concessione edilizia – Comune – Specifica istruttoria e coinvolgimento dell’interessato – Necessità – Art. 10 bis L. 241/90. Il vincolo edificatorio sui terreni percorsi da incendio, di cui all’art. 3, comma 5 della L. 353/2000, come modificato dalla L. 350/2003, sorge in maniera spazialmente limitata alle aree interessate dall’evento indipendentemente dalla previa approvazione del piano regionale o dall’attività di censimento riferibile al comune. Depone in tal senso non solo il tenore letterale della norma (nelle zone “è vietata”) ma anche l’ovvia considerazione per la quale ogni inadempienza sul punto implicherebbe la vanificazione del fine di tutela che lo giustifica. Ove manchi il richiesto censimento, l’applicazione del vincolo richiede un accertamento in relazione a ciascuna singola istanza di concessione: il comune deve pertanto verificare l’esistenza o meno della circostanza che può impedire l’assentimento, ricoprendo lo spazio delle osservazioni il cui apporto è stato precluso dalla mancanza del censimento, tramite il coinvolgimento dell’interessato, non escluso dall’art. 7 ed ora imposto dall’art. 10bis della legge 7 agosto 1990. n. 241, ove tale presupposto possa rappresentare motivo di reiezione dell’istanza. Pres. Bianchi, est. Scudeller – M.D. s.r.l. (avv.ti Romano, Romano e Codella) c. Comune di Minturno (n.c.) e Ministero delle Politiche Agricole e Forestali – Corpo Forestale dello Stato (Avv. Stato) – T.A.R. LAZIO, Latina – 29 marzo 2006, n. 210

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