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 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. LAZIO, Latina, 4 settembre 2006, Sentenza n. 600
 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO

SEZIONE STACCATA DI LATINA

 

N. 600/06 REG. SENT.

N. 1079/05 REG. RIC.


composto dai signori:

 

Franco Bianchi Presidente
Santino Scudeller Consigliere
Davide Soricelli Consigliere, estensore


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso n. 1079 del 2005 R.G., proposto da Sviluppo Immobiliare Latina s.p.a., in personale del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Giancarlo Tanzanella e Giovanni Malinconico, presso il cui studio in Latina, via Farini n. 4, è elettivamente domiciliata


contro


il comune di Latina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Di Leginio, elettivamente domiciliato in Latina, via Farini n. 2, presso gli uffici dell’avvocatura municipale


e nei confronti di
Pozzi Ginori s.p.a., in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio
Immobiliare Lombarda s.p.a., in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio
Amministrazione provinciale di Latina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ida Coluzzi ed elettivamente domiciliata in Latina, in via Costa n. 1
Agenzia per la protezione ambientale del Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pellegrino Mastella, da intendersi domiciliata agli effetti del presente giudizio presso la segreteria del Tribunale
Azienda u.s.l. di Latina, in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio


per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione


1) quanto al ricorso originario, dell’ordinanza n. 25/AMB, prot. n. 86939 del 4 agosto 2005, a firma del Sindaco di Latina e del Dirigente del settore Ambiente, dell’ordinanza dirigenziale n. 39/AMB prot. n. 100797 del 30 ottobre 2003 e di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, connesso e /o consequenziale e, in particolare, dei verbali delle riunioni di servizio 9 marzo 2004, 23 aprile 2004 e 11 febbraio 2005;


2) quanto ai motivi aggiunti, della determinazione dirigenziale n. 23/2006 del 31 gennaio 2006 e di tutti gli atti e/o provvedimenti presupposti, connessi e conseguenti e, in particolare, della comunicazione dirigenziale 19 gennaio 2006 n. 6393, del verbale della conferenza di servizi del 16 gennaio 2006 e del provvedimento dirigenziale 2 marzo 2006 n. 24045, recante indizione di conferenza di servizi.


Visto il ricorso, i relativi allegati e i motivi aggiunti;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del comune di Latina, della provincia di Latina e dell’Agenzia per la protezione ambientale del Lazio;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla udienza pubblica del 7 luglio 2006 il Consigliere Davide Soricelli; uditi altresì l’avvocato Tanzarella per la ricorrente, l’avvocato Di Liginio per il comune di Latina e l’avvocato Fabrizio, per delega dell’avvocato Coluzzi, per l’amministrazione provinciale di Latina;


FATTO


1. La controversia all’esame attiene alla bonifica ambientale di un sito industriale dismesso.
Ai fini di una migliore comprensione dei fatti di causa e della decisione appare necessaria una sintetica premessa.


2. La vicenda attiene ad un’area sita in Latina, località Borgo Piave, avente una superficie di circa 93.000 mq.; su tale area era situato uno stabilimento industriale di proprietà della Ceramica italiana Pozzi Richard Ginori s.p.a., che ivi ha svolto la propria attività produttiva (produzione di vasche da bagno in ghisa porcellanata) sino alla fine dell’anno 1986.
Cessata l’attività, l’area si è venuta a trovare in stato di degrado, provocato dall’abbandono della struttura e di residui delle lavorazioni industriali.
Un primo intervento del comune di Latina risale al 1987; in particolare, in data 14 gennaio 1987, era adottata una ordinanza sindacale con cui era ordinato alla Ceramica italiana Pozzi Richard Ginori s.p.a. di provvedere - previa presentazione di apposito progetto - alla bonifica dell’area su cui erano stati “stoccati” i rifiuti speciali provenienti dalle lavorazioni industriali.
Non risulta che tale provvedimento abbia avuto seguito.


3. Negli anni successivi il terreno su cui sorge il complesso era oggetto di vari trasferimenti. Attualmente esso è di proprietà della Sviluppo Immobiliare Latina s.r.l. (d’ora innanzi SIL) che lo ha acquistato il 15 ottobre 2002 dalla Immobiliare Lombarda s.p.a. (prima Immobiliare Lombarda s.r.l., successivamente incorporata nella PREMAIMM s.p.a. che ha poi mutato la propria denominazione sociale in “Immobiliare Lombarda s.p.a.”). E’ opportuno precisare che l’atto di acquisto conteneva una pattuizione in forza della quale la venditrice Immobiliare Lombarda s.p.a. (d’ora innanzi IL) si impegnava “ad eseguire, a proprie cura e spese direttamente o tramite imprese specializzate dalla stessa incaricate, le opere di bonifica di ogni sostanza inquinante sia all’interno degli edifici costituenti il complesso in contratto sia sul suolo sia nel sottosuolo, ad eccezione dei materiali di risulta e delle coperture in fibro-cemento amianto presenti nel complesso in contratto, il cui onere rimane a carico della società acquirente, tenendo indenne la società acquirente da ogni e qualsiasi costo o onere connesso con le opere di bonifica …” con la precisazione che “le parti convengono in tre anni dalla data della presente compravendita la durata di detta garanzia e che la stessa comprenderà soltanto i costi e le spese connessi alla esecuzione delle menzionate opere di bonifica e relativi adempimenti, imposte dalle pubbliche autorità entro il termine predetto e rivolte alla normativa riguardante l’attuale destinazione d’uso del complesso in contratto”.
La Immobiliare Lombarda s.r.l. aveva a sua volta acquistato l’area il 17 dicembre 1998 dalla Patrimonio F.P.G. s.r.l., che aveva incorporato il 29 dicembre 1994 la precedente titolare, Pozzi Ginori s.r.l.; quest’ultima, a sua volta, aveva acquistato il suolo in data 11 ottobre 1993 dalla Sanitari Pozzi s.p.a. (ex Sanitari Pozzi Ginori s.p.a. e ex Industria sanitari italiani I.S.I. s.p.a.); in particolare l’area in questione era conferita a quest’ultima società il 29 dicembre 1986 dalla Ceramica italiana Pozzi Richard Ginori s.p.a..


4. Nel corso del 2003 il corpo degli agenti provinciali di Latina e l’ARPA Lazio acclaravano la situazione di grave degrado ambientale dell’area.


4.1. Specificamente, in data 9 gennaio 2003 agenti del corpo degli agenti provinciali provvedevano al sequestro penale dell’area riscontrandone lo “stato di totale abbandono”; in particolare veniva acclarata la rottura e la mancanza di manutenzione delle “coperture di eternit, contenenti presumibilmente amianto, con conseguente rilascio di fibre aereo disperse” e il deposito sul terreno di rifiuti “classificabili, a vista, come fanghi di fonderia e rottami ferrosi”. A sua volta l’ARPA Lazio - nel giugno successivo - acclarava la presenza di amianto nelle coperture dei capannoni segnalando il potenziale rischio per la salute umana, stante anche l’elevato livello di antropizzazione della zona.


4.2. A questo punto il comune di Latina adottava in data 30 ottobre 2003, ex articolo 14 del d.lg. 5-2-1997, n. 22, l’ordinanza dirigenziale n. 39 con cui ordinava alla SIL, quale attuale proprietaria dell’area, di rimuovere i rifiuti ivi depositati, provvedendo allo smaltimento e/o recupero degli stessi e al ripristino dello stato dei luoghi.
Il provvedimento era notificato alla SIL solo il 14-15 maggio 2004 (per difficoltà di individuazione del destinatario e della sua sede); tuttavia tale società già il 2 febbraio 2004 inviava al comune una nota in cui - dopo aver premesso la propria “ferma intenzione di ottemperare all’ordinanza … nonché di effettuare la bonifica e la messa in sicurezza dell’intero complesso” - chiedeva al comune la fissazione di un incontro per “concordare modalità e tempistiche di attuazione del necessario intervento”.


4.3. Veniva quindi indetta dal comune di Latina una conferenza di servizi che si svolgeva il 9 marzo 2004 con la partecipazione di rappresentanti del comune di Latina, dell’ARPA Lazio, del corpo degli agenti provinciali e di rappresentanti della SIL (non interveniva alcun rappresentante della azienda u.s.l. Latina e del settore ambiente della provincia di Latina); in tale occasione i rappresentanti della SIL ribadivano la volontà già espressa di eseguire gli interventi di bonifica e messa in sicurezza del sito, facendo presenti le obbligazioni assunte al riguardo dalla IL con l’atto di acquisto citato. Seguiva anche un sopralluogo sull’area, nel corso del quale era nuovamente acclarata una situazione di degrado (esistenza su un’area di circa due ettari di “terre di fonderia”, esistenza sul perimetro di un fossato con presenza di acque “probabilmente convogliate all’esterno dell’area”, esistenza di terre di fonderia anche all’interno dei capannoni, presenza di rotture nelle coperture eternit) tale da rendere necessario un “accertamento preliminare sullo stato qualitativo di suolo, sottosuolo ed acque sotterranee e superficiali” (cui la SIL si dichiarava disponibile accettando anche la “supervisione” dei competenti servizi e uffici).
In data 31 marzo 2004 la SIL - eseguiti gli accertamenti richiesti - ne rimetteva gli esiti al comune di Latina.


4.4. Seguiva una ulteriore conferenza di servizi il 23 aprile 2004, con la partecipazione di rappresentanti del comune e dell’ARPA Lazio (non intervenivano i rappresentanti della azienda u.s.l. di Latina e della provincia); dal relativo verbale risulta che, data la situazione di degrado grave dell’area, “si decide di sollecitare il soggetto obbligato a provvedere con somma urgenza all’attivazione di ogni iniziativa diretta alla rimozione dei rifiuti … ed a eseguire gli accertamenti analitici diretti a verificare l’eventuale contaminazione del suolo e degli edifici sottostanti” e si dava inoltre atto che “nonostante gli impegni assunti dal soggetto obbligato e le sollecitazioni del comune di Latina non risulta documentata alcuna attività diretta ad ottenere la disponibilità del sito per le operazioni di rimozione dei rifiuti e la messa in sicurezza del luoghi” (il sito è infatti sottoposto a sequestro cosicchè ogni intervento presuppone una autorizzazione della a.g. che la SIL si era impegnata a chiedere in occasione della conferenza del 9 marzo 2004).


5. A questo punto si verificava una stasi nell’attività amministrativa.


5.1. In data 21 gennaio 2005, la IL inviava al comune di Latina una nota in cui “in qualità di soggetto cui compete l’eventuale bonifica dei terreni …, dovendo procedere con l’esecuzione delle attività previste nel piano di indagine ambientale inviato agli enti di controllo in data 16 novembre 2004”, chiedeva la convocazione di “un incontro con gli enti interessati per concertare le modalità di esecuzione dell’intervento d’indagine”.


5.2. Il comune di Latina, il cui servizio ambiente aveva acquisito già dal 18 novembre 2004 un “piano di investigazione ambientale” redatto su incarico della IL dalla società Ecoexpress, convocava quindi una nuovo conferenza di servizi che si svolgeva il 11 febbraio 2005; partecipavano alla riunione rappresentati del comune di Latina, della azienda u.s.l. di Latina, dell’ARPA Lazio, della SIL e della IL.
In tale occasione gli uffici presenti ribadivano la necessità che il “soggetto obbligato” provvedesse, previa presentazione di apposito cronoprogramma, “alla rimozione di tutti i rifiuti presenti nel sito industriale e successivamente alle attività di investigazione finalizzate agli accertamenti di eventuale contaminazione del suolo e delle falde”; in particolare il rappresentante della azienda u.s.l. sollecitava la presentazione entro 5 giorni della documentazione di cui - su sua richiesta - era già stata ingiunta alla SIL la presentazione (si tratta della documentazione di cui al punto 5 della ordinanza del 30 ottobre 2003).


5.3. In data 1 giugno 2005, la Ecoexpress trasmetteva al comune un “report indagine ambientale” che confermava lo stato di contaminazione del sito.

Seguiva in data 4 luglio 2005 la presentazione al comune da parte di SIL di una nota con cui essa manifestava la intenzione di attivare le procedure di cui all’articolo 17 del d.lg. n. 22, affermando la mancanza di situazioni tali da richiedere “interventi di messa in sicurezza di emergenza” e chiedendo, dati gli obblighi contrattuali assunti da IL in ordine alla bonifica, che anche questa società fosse convocata alla conferenza di servizi perché questa potesse assumersi gli oneri relativi al “piano della caratterizzazione” ed agli “eventuali ulteriori interventi in accordo al D.M. 471/99”.


5.4. Seguiva la adozione da parte del comune di Latina della ordinanza 4 agosto 2005 con cui veniva ingiunto sia alla SIL che alla IL “ciascuna per la parte di competenza” l’attivazione immediata degli interventi di “messa in sicurezza d’emergenza di bonifica e ripristino ambientale”, ex articolo 17 del citato d.lg. n. 22.
Di qui la proposizione da parte di SIL del ricorso all’esame con cui sono impugnati gli atti e provvedimenti indicati in epigrafe.


6. Si costituivano il comune di Latina, la provincia di Latina e l’ARPA Lazio.
In data 28 febbraio 2006 era depositato un motivo aggiunto occasionato dalla conoscenza della documentazione depositata dal comune di Latina.


7. In data 31 gennaio 2006 era quindi adottata la determinazione dirigenziale n. 23 che dichiarava la “improcedibilità” della comunicazione della SIL del 4 luglio 2005 a causa della mancata presentazione del cd. “piano di caratterizzazione”; tale provvedimento faceva seguito ad una nuova conferenza di servizi tenutasi il 16 gennaio 2005 (con la partecipazione del comune di Latina, della provincia di Latina, della azienda u.s.l. di Latina, di SIL e IL nonché di due rappresentanti della Pozzi Ginori s.p.a.); nella conferenza gli uffici presenti evidenziavano la necessità di interventi di messa in sicurezza di emergenza (a differenza di quanto ritenuto da SIL nella comunicazione del 4 luglio) e la mancata presentazione del piano della caratterizzazione (che peraltro il rappresentante di IL, pur facendo presente di non averne l’obbligo, si impegnava a presentare nei successivi trenta giorni); di conseguenza la conferenza si concludeva “ribadendo la improcedibilità della comunicazione del 4 luglio 2005” e con la riaffermazione da parte del comune, della provincia e della azienda u.s.l. della necessità di “procedere in modo improcastinabile all’adozione degli interventi di messa in sicurezza d’emergenza”.
A seguito della conferenza IL presentava in data 16 febbraio 2006 il piano della caratterizzazione; veniva quindi indetta per il giorno 21 marzo 2006 una nuova conferenza di servizi per procedere al suo esame.


8. Il comune di Latina ha depositato il 19 aprile 2006 il relativo verbale da cui risulta la partecipazione del comune di Latina, dell’ARPA Lazio, di SIL e IL e di un rappresentante della società Pozzi Ginori s.p.a.. Dal verbale risulta che il piano della caratterizzazione è stato valutato favorevolmente, salvo alcune integrazioni; ed infatti alla conferenza ha fatto seguito la determinazione dirigenziale n. 594 del 4 aprile 2006 che ha approvato con prescrizioni integrative il piano e autorizzato la SIL e la IL, ciascuna “per la parte di propria competenza”, alla sua esecuzione.


9. In data 3 aprile 2006, la SIL depositava motivi aggiunti con cui impugnava la determinazione dirigenziale del 31 gennaio 2006, coi relativi atti presupposti (in particolare il verbale della conferenza di servizi del 16 gennaio), nonché l’atto di indizione della conferenza di servizi del 21 marzo “nella parte in cui non dirama la convocazione alla Pozzi Ginori s.p.a., quale responsabile dell’inquinamento”.


DIRITTO


1. Per ragioni di priorità logica e cronologica ritiene il Collegio di esaminare anzitutto la impugnazione dell’ordinanza 30 ottobre 2003, cui si riferisce il quarto motivo dell’originario atto introduttivo.


1.1. Al riguardo deve anzitutto premettersi che l’impugnazione viene proposta nel presupposto che l’ordinanza del 4 agosto 2005 abbia confermato il precedente provvedimento del 30 ottobre 2003 e in via subordinata, cioè nell’ipotesi in cui si ritenga che quest’ultimo provvedimento si riferisse non solo allo smaltimento dei rifiuti assimilabili agli RSU ma anche alle “terre di fonderia”.
A chiarimento di quanto precede è necessario precisare che nella ordinanza del 4 agosto 2005 dopo la parte propriamente prescrittiva (“ordina …”) ve ne è un’altra (quella che inizia con “dispone”) in cui - dopo aver stabilito che “i soggetti obbligati”, cioè SIL e IL, diano comunicazione delle attività poste in essere in esecuzione di quanto loro ingiunto - si dispone la notifica dell’ordinanza del 30 ottobre 2003 a IL precisandosi che essa “viene qui integralmente confermata in ogni sua parte”.


1.2. La tesi della ricorrente - evidentemente ben consapevole dei “problemi” di tempestività della impugnazione dell’ordinanza del 30 ottobre 2003 (che le è stata notificata sin dal maggio 2004) - è che con l’ordinanza del 4 agosto 2005 il comune di Latina abbia provveduto a riesame (conferma propria) della ordinanza del 30 ottobre 2003.
Questa ricostruzione non è tuttavia condivisibile.
Deve infatti escludersi che l’ordinanza 4 agosto 2005 contenga anche un provvedimento di riesame dell’ordinanza del 30 ottobre 2003; di tale riesame non vi è infatti traccia, soprattutto se si considera che il provvedimento del 30 ottobre 2003 era un atto di applicazione di una misura sanzionatoria di tipo ripristinatorio avente come destinatario SIL e quale titolo il diritto di proprietà dell’area; l’ordinanza del 4 agosto 2005 invece è un provvedimento di tipo non sanzionatorio, esplicazione di un potere - diverso da quello dell’articolo 14 - previsto dall’articolo 17 del d.lg. n. 22 e finalizzato a garantire la bonifica di siti inquinati. Insomma i due provvedimenti - quello del 30 ottobre 2003 e quello del 4 agosto 2005 - costituiscono esplicazione di procedimenti di tipo del tutto diverso (l’uno a carattere sanzionatorio e l’altro no) e sfociano in misure che hanno presupposti parimenti diversi (come del resto dimostra il comma 2 dell’articolo 1 del D.M. 25 ottobre 1999, n. 479).
In questa prospettiva la conferma e la notifica a IL dell’ordinanza del 30 ottobre 2003, previste dal provvedimento del 4 agosto 2005, non hanno il significato di un riesame (con estensione a IL degli obblighi di smaltimento all’epoca previsti) - ma piuttosto si collegano alla circostanza che quest’ultima ordinanza individua come soggetti obbligati alla bonifica tanto SIL quanto IL “ciascuno per la parte di competenza”. In altri termini la conferma e la notifica a IL dell’ordinanza del 30 ottobre 2003 hanno la sola funzione di definire l’ambito della rispettiva “competenza” di SIL e IL in ordine alla esecuzione degli interventi di bonifica loro prescritti.


1.3. Ciò significa che l’impugnazione da parte di SIL dell’ordinanza del 30 ottobre 2003 deve essere dichiarata inammissibile sia perché tardiva sia perché la ricorrente ha prestato acquiescenza al provvedimento in questione.
Sulla tardività vi è poco da aggiungere posto che l’ordinanza del 30 ottobre 2003 è stata notificata a SIL sin dalla metà di maggio del 2004.
Circa l’acquiescenza si è già menzionata la nota del febbraio 2004 (anteriore quindi alla stessa formale notifica del provvedimento) con cui SIL ha dichiarato la propria “ferma intenzione” - non accompagnata da alcuna condizione o riserva in ordine alla sua legittimità (salva la menzione degli obblighi contrattuali di IL, che peraltro attengono al rapporto privatistico con quest’ultima società) - di eseguire il provvedimento che ora impugna; a ciò si potrebbe aggiungere che la ricorrente mai ha contestato - nonostante lo svolgersi di un lungo procedimento caratterizzato da più d’una conferenze di servizi - quanto disposto con l’ordinanza del 30 ottobre 2003. Né potrebbe sostenersi che il contenuto di quel provvedimento fosse in qualche modo ambiguo, dato che esso si riferiva chiaramente alla rimozione e allo smaltimento non solo dei “rottami ferrosi” ma anche dei “fanghi di fonderia”. Del resto, se equivoco da parte della ricorrente vi fosse stato, se cioè essa fosse stata davvero convinta che l’ordinanza dell’ottobre del 2003 si riferisse soltanto ai rottami ferrosi presenti nell’area, essa avrebbe sicuramente provveduto tempestivamente alla loro rimozione, dato che essi costituiscono la parte di gran lunga meno significativa dei materiali da rimuovere e smaltire; la circostanza, invece, che nulla sia stato fatto dimostra chiaramente che sin dall’inizio era ben chiaro che l’ordinanza si riferiva anche ai fanghi di fonderia che costituiscono al contrario una rilevante mole di materiale.


2. Si può ora passare all’esame dell’impugnazione dell’ordinanza del 4 agosto 2005.


3. E’ opportuno premettere che tale ordinanza è sottoscritta dal Sindaco di Latina e dal Dirigente preposto al settore ambiente; essa inoltre richiama nelle sue premesse sia gli articoli 50 e 107 del d.lg. 18 agosto 2000, n. 267 che la normativa del d.lg. 5 febbraio 1997, n. 22 e del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471.


4.1. Ciò premesso con il primo articolato motivo la ricorrente deduce che - ove si ritenga che il provvedimento impugnato sia stato adottato anche dal Sindaco nell’esercizio del suo potere di ordinanza contingibile e urgente - esso sarebbe illegittimo per la mancanza dei relativi presupposti; in sostanza la ricorrente evidenzia che il ricorso a ordinanze contingibili e urgenti è ammissibile allorchè, in presenza di una situazione di emergenza, difettino strumenti giuridici che consentano di fronteggiarla con efficacia e immediatezza; così però non è nella fattispecie perché le situazioni di emergenza ambientale sono previste dall’articolo 17 del d.lg. n. 22 e dal successivo D.M. n. 471 citati, che individuano soggetti responsabili e procedure per fronteggiarle. Peraltro, anche se il richiamo all’articolo 50 del d.lg. n. 267 dovesse ritenersi corretto, il comportamento dell’amministrazione sarebbe comunque illegittimo: a) per la mancanza di preavviso di rigetto in ordine alla dichiarazione con cui la ricorrente aveva comunicato di non ritenere sussistenti i presupposti per l’adozione delle misure di messa in sicurezza di emergenza (d’ora innanzi MISE); b) per la inesistenza del presupposto per l’adozione delle MISE (costituito non dal semplice superamento dei parametri di accettabilità dell’inquinamento ma da un incidente o da una chiara situazione di pericolo di inquinamento).


4.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia che l’ordinanza del 4 agosto si rivela illegittima anche se qualificata come provvedimento dirigenziale esplicazione del potere previsto dagli articoli 17 del d.lg. n. 22 e 8 del D.M. n. 471.
Anzitutto si fa presente che il provvedimento che ingiunge la bonifica ex articolo 8 del D.M. n. 471 è possibile solo a condizione che il soggetto obbligato non si sia attivato spontaneamente; nella fattispecie invece la ricorrente si era attivata, inviando la comunicazione prescritta dall’articolo 9 del D.M. citato. Inoltre nella propria comunicazione la ricorrente aveva espressamente dichiarato di non ritenere necessaria la adozione di MISE, per cui il comune - allorchè ha ignorato tale dichiarazione ingiungendo viceversa che le MISE fossero poste in essere - ha sia violato l’articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 sia agito in carenza di presupposti (sul punto la ricorrente reitera le doglianze già contenute nel primo motivo) e di adeguata istruttoria.


4.3. Con il terzo motivo infine la ricorrente denuncia che l’ordinanza del 4 agosto 2005 è illegittima anche perché il comune ha del tutto omesso di perseguire il responsabile dell’inquinamento ponendo sic et sempliciter a carico del proprietario (incolpevole) il peso della bonifica. Al contrario, sostiene la ricorrente che l’articolo 17 del d.lg. n. 22 e l’articolo 8 del D.M. n. 479 sono “inequivoci nell’individuare l’obbligo degli interventi di bonifica in capo al soggetto responsabile: vale a dire in capo al produttore del fatto inquinante”.
A questo riguardo la ricorrente - che è venuta a conoscenza a seguito della costituzione del comune di Latina dell’ordinanza (citata nella narrativa dei fatti) con cui l’amministrazione sin dal 1987 aveva ordinato la eliminazione dei rifiuti abbandonati sull’area in questione - evidenzia nel motivo aggiunto depositato il 28 febbraio 2006 che il comune ben conosceva l’identità del soggetto responsabile dell’inquinamento e che, ove esso avesse diligentemente portato a esecuzione il provvedimento del 1987, la situazione di inquinamento attuale non si sarebbe verificata ed essa non sarebbe stata destinataria del provvedimento che le ingiunge di eseguire un oneroso intervento di bonifica ambientale.


5. Replica il comune di Latina che l’ordinanza del 4 agosto 2005 avrebbe un contenuto complesso, in quanto essa integrerebbe sia una ordinanza contingibile e urgente ex articolo 50 del ds.lg. n. 267 (e in questa chiave si spiega la sottoscrizione da parte del Sindaco) che un provvedimento ex articolo 17 del d.lg. n. 22. Il primo provvedimento avrebbe la funzione di tutelare l’igiene pubblica e la salute dei cittadini e avrebbe a presupposto l’inquinamento del sottosuolo, delle acque di falda e la dispersione aerea di fibre di amianto; il secondo invece avrebbe la funzione di intervenire sulla causa dell’inquinamento, cioè “la persistente omissione della rimozione dei rifiuti speciali presenti sull’area”, nell’esercizio dello speciale potere di cui all’articolo 17. La conseguenza è che non vi è alcuna violazione di garanzie procedimentali, dato che le ordinanze contingibili e urgenti non presuppongono l’avviso del procedimento e comunque sarebbe applicabile alla specie il principio sancito dall’articolo 21-octies della legge n. 241.
Aggiunge il comune che la stessa comunicazione ex articolo 9 della ricorrente è chiaramente strumentale, dato che essa non ha mai compiuto alcuna concreta iniziativa volta alla bonifica né dato corso agli adempimenti successivi prescritti dal d.lg. n. 22 e dal D.M. n. 471.
Conclude infine il comune evidenziando che la ricorrente non può essere considerata estranea alla situazione di inquinamento; in realtà essa l’ha concausata per non essere mai intervenuta per rimuovere i rifiuti speciali presenti sul sito e per aver favorito la condizione di totale abbandono di essa.
Con una successiva memoria del 6 febbraio 2006 il comune ha precisato che l’ordinanza del 4 agosto 2005 non ha in realtà alcuna connessione con la comunicazione ex articolo 9 della ricorrente (il procedimento attivato dalla quale è stato definito con la determina dirigenziale n. 183 del 31 gennaio 2006), costituendo la stessa un provvedimento preordinato ad affrontare il pericolo incombente per la salute e l’incolumità pubblica rappresentato dalla situazione di inquinamento del sito cui si riferisce la controversia.


6. Le argomentazioni della ricorrente sono in parte fondate.


6.1. La prima questione che il Collegio ritiene debba essere risolta è quella della esatta qualificazione del provvedimento del 4 agosto 2005.
La tesi del comune secondo cui si tratterebbe di un atto complesso, comprensivo di una ordinanza sindacale contingibile e urgente ex articolo 50 del d.lg. 18 agosto 2000, n. 267 e di una ordinanza ex articolo 8 del D.M. n. 479 citato non è persuasiva.
In realtà il provvedimento deve essere qualificato come una ordinanza ex articolo 8 del D.M. n. 479. La sua qualificazione come provvedimento complesso contenente (anche) una ordinanza contingibile e urgente non appare corretta, dato che difetta uno dei fondamentali presupposti del potere di ordinanza, cioè una situazione di eccezionalità che non sia fronteggiabile con gli strumenti giuridici ordinari previsti dall’ordinamento; come correttamente evidenziato dalla ricorrente, nel caso all’esame gli strumenti giuridici ordinari esistono e sono costituiti dalla procedura prevista dall’articolo 17 del d.lg. n. 22 e dal suo regolamento attuativo, che attribuiscono al comune i poteri necessari a fronteggiare con immediatezza situazioni di emergenza ambientale caratterizzate dal superamento dei valori di concentrazione limite accettabili di sostanze inquinanti.
D’altra parte sintomatico che l’ordinanza impugnata debba ricondursi all’articolo 8 del D.M. n. 479 è la circostanza che essa non menziona neppure una situazione di particolare pericolo per la sanità e l’igiene pubblica da fronteggiarsi con mezzi extra ordinem ma si limita a evidenziare l’avvenuto superamento delle concentrazioni limite accettabili (di idrocarburi, di piombo e zinco in campioni di terreno e di manganese e ferro in campioni di acqua di falda), cioè il presupposto per l’esercizio del potere previsto dall’articolo 17 del d.lg. n. 22, a richiamare la comunicazione ex articolo 9 del D.M. ricevuta dalla ricorrente il 11 luglio e ad affermare la necessità di promuovere ex articolo 8 del D.M. n. 479 gli interventi di messa in sicurezza di emergenza e gli interventi previsti dalla normativa di riferimento (cioè le misure che sono ordinariamente previste in caso di emergenza ambientale dalla normativa di riferimento).
Come si vede, dunque, il provvedimento del 4 agosto 2005 è senza dubbio una ordinanza ex articolo 8 del D.M. n. 479, come confermano sia il richiamo a tale disposizione contenuto nell’ultimo “ritenuto” che il riferimento al procedimento disciplinato dal citato regolamento recato nel dispositivo.
La conseguenza è che la circostanza che il provvedimento - che è comunque sottoscritto dal Dirigente comunale responsabile del competente settore - rechi nell’intestazione l’indicazione del sindaco quale autorità emanante e sia di fatto sottoscritto (anche) dal sindaco di Latina deve essere considerata ininfluente e inidonea a rendere il provvedimento illegittimo.
Ogni provvedimento amministrativo deve infatti essere qualificato in base a quella che è, in relazione a contenuto ed effetti, la sua reale natura giuridica e alla luce di tale reale natura giuridica deve valutarsi la sussistenza o meno delle sue condizioni di validità ed efficacia. Nella fattispecie il provvedimento risulta riconducibile al genus delle ordinanze previste dall’articolo 17 del d.lg. n. 22 e dell’articolo 8 del D.M. n. 471 e la circostanza che esso sia stato sottoscritto dal Dirigente responsabile del settore ambiente implica che all’organo competente la volizione in esso contenuta debba essere attribuita, con la conseguenza che non vi è vizio di incompetenza.


6.2. Premesso dunque che il provvedimento impugnato è una ordinanza ex articolo 8 del D.M. n. 479, occorre verificare se essa sia stata emanata in presenza dei presupposti normativamente previsti.
Ciò è infatti contestato dalla ricorrente sotto diversi profili.


6.2.1. Anzitutto, come accennato, la ricorrente sostiene che l’esercizio del potere di ordinanza ex articolo 8 sarebbe inibito dalla spontanea attivazione del proprietario del sito ex articolo 9.
Al riguardo è opportuno evidenziare come la complessa normativa prevista dall’articolo 17 citato e dal regolamento attuativo contempli, in caso di superamento dei valori di concentrazione limite accettabile o di concreto pericolo di superamento di essi, varie possibilità: a) anzitutto l’articolo 7 del D.M. prevede la possibilità che sia lo stesso soggetto responsabile del superamento (o del pericolo di superamento) a prendere le iniziative necessarie alla messa in sicurezza, anche d’emergenza; l’articolo citato prevede in particolare che, entro 48 ore dall’evento, il responsabile ne dia comunicazione agli organi pubblici e che lo stesso soggetto, nelle successive ulteriori 48 ore, comunichi le MISE adottate; b) il successivo articolo 8 prevede che - ove l’acclaramento del superamento dei valori di concentrazione limite accettabile sia eseguito da organi pubblici - questi ne diano comunicazione (tra gli altri) al comune, il quale ingiunge al responsabile dell’inquinamento l’adozione dei necessari interventi di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e ripristino ambientale; lo stesso articolo prescrive inoltre che l’ordinanza venga notificata al proprietario del sito (tale notifica si ricollega alle previsioni dei commi 10 e 11 dell’articolo 17, secondo cui gli interventi di bonifica costituiscono “onere reale” sulle aree inquinate e le spese per il loro sostenimento sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime); c) infine l’articolo 9 del D.M. prevede che, “al di fuori dei casi di cui agli articoli 7 e 8”, il proprietario del sito possa promuovere gli interventi di bonifica di propria iniziativa, dandone comunicazione alla regione alla provincia e al comune; in questo caso la norma configura gli interventi di MISE come eventuali. Per completezza infine è opportuno menzionare la disposizione del successivo articolo 10 che pone l’obbligo di presentare il “piano della caratterizzazione” entro trenta giorni dall’evento che ha determinato il superamento dei valori di concentrazione limite accettabili o dalla individuazione del pericolo di superamento o dalla notifica dell’ordinanza ex articolo 8 o dalla comunicazione eseguita da proprietario ex articolo 9.
Come si vede, la normativa esaminata si ispira il principio di far gravare l’onere del costo degli interventi di bonifica sul soggetto responsabile dell’inquinamento (e comunque a quello di non accollare tale onere alla collettività).
Essa anzitutto non pone sullo stesso piano il responsabile dell’inquinamento e il proprietario dell’area (ovviamente quando si tratti di soggetti diversi); la scelta normativa è quindi quella di porre anzitutto a carico del responsabile il costo della bonifica e la dimostrazione di ciò è costituita proprio dalla disposizione dell’articolo 8 del D.M. n. 471 che prescrive che l’amministrazione ordini la bonifica al responsabile dell’inquinamento e notifichi l’ordinanza al proprietario ai sensi e per gli effetti dei commi 10 e 11 dell’articolo 17.
Nello stesso tempo la normativa si preoccupa di evitare che il costo della bonifica possa rimanere a carico della collettività (problema che evidentemente può porsi allorchè il responsabile dell’inquinamento non sia noto o, pur essendolo, non sia stato possibile fargli eseguire la bonifica); in questa chiave devono intendersi le disposizioni dei commi 10 e 11 dell’articolo 17 secondo cui gli interventi di bonifica costituiscono onere reale sulle aree inquinate e le relative spese sono assistiti da privilegio speciale immobiliare.
In definitiva, in caso di non corrispondenza tra soggetto responsabile dell’inquinamento e proprietario delle aree inquinate, il sistema deve essere ricostruito nel nodo seguente: la bonifica deve in linea di principio essere eseguita dal responsabile dell’inquinamento; se questi non è noto o non risulta possibile obbligarlo alla bonifica, quest’ultima è eseguita dall’amministrazione che potrà, per recuperare le spese, rivalersi sul proprietario, essendo il suo credito assistito da privilegio speciale immobiliare sull’area (sulla quale la bonifica costituisce “onere reale”). A sua volta il proprietario - al fine di sottrarsi a questa conseguenza - ha la facoltà di eseguire lui stesso la bonifica con la procedura indicata dall’articolo 9 del D.M..
Di conseguenza l’onere reale del citato comma 10 deve essere inteso non in senso tecnico (cioè quale peso imposto al proprietario di un fondo consistente nell’obbligo di prestazione periodica di denaro o cose generiche, cioè in un diritto di credito rafforzato da una garanzia sul fondo) ma in senso - si potrebbe dire - letterale, cioè come vincolo gravante sul fondo dal quale il proprietario può liberarsi decidendo di eseguire personalmente la bonifica; in altri termini, nella fattispecie del comma 10, “onere reale” non significa che l’amministrazione abbia il diritto di pretendere dal proprietario che egli esegua la bonifica, come avverrebbe se la nozione di onere reale fosse stata usata nella accezione tecnica del diritto civile, in cui a esso corrisponde un vero e proprio diritto di credito - rafforzato da una garanzia reale - nei confronti di un obbligato identificato nel proprietario di un fondo; il significato della disposizione è invece che il costo della bonifica, che non sia stato possibile far eseguire e quindi accollare al responsabile dell’inquinamento e che sia stato “anticipato” dall’amministrazione, deve gravare sul proprietario che, per sottrarsi a questa conseguenza, ha la facoltà di eseguire lui stesso i necessari interventi di bonifica (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 8 ottobre 2004, n. 5473).


6.2.2. Ciò premesso, il Collegio ritiene che il potere di ordinanza ex articolo 8 non sia paralizzato dalla iniziativa del proprietario del sito inquinato ex articolo 9.
Al riguardo appare necessaria una puntualizzazione: l’ordinanza ex articolo 8, come già evidenziato - ha come destinatario il “responsabile dell’inquinamento” e non il proprietario del sito (cui l’ordinanza medesima, come pure si è sopra accennato, deve essere solo notificata per gli effetti di cui ai commi 10 e 11 dell’art. 17 del d.lg. n. 22). Poiché quindi il primo soggetto responsabile della bonifica è l’autore dell’inquinamento non può ritenersi che l’iniziativa del proprietario impedisca al comune di ingiungere la bonifica al responsabile.
Più in generale poi deve anche escludersi che il potere ex articolo 8 sia paralizzato dalla iniziativa del proprietario ex articolo 9 in una situazione - quale quella all’esame - in cui il proprietario abbia ritenuto non necessarie le misure di messa in sicurezza d’emergenza. E’ chiaro che l’amministrazione potrebbe invece ritenerle necessarie e ingiungerne pertanto l’esecuzione, esercitando il potere ex articolo 8, al responsabile dell’inquinamento.


6.2.3. Alla luce di quanto precede risulta però fondata l’altra censura dedotta a mezzo del terzo motivo e del motivo aggiunto.
Se infatti il provvedimento impugnato, come appare corretto, è una ordinanza ex articolo 8 del D.M. n. 471, la ricorrente non avrebbe potuto esserne destinataria in quanto essa è la proprietaria del suolo inquinato e non il responsabile dell’inquinamento.
Vero è che il comune di Latina nelle proprie difese sostiene appunto che il titolo sulla cui base alla SIL è stata ordinata la bonifica è la sua responsabilità nella causazione (o meglio nel mancato impedimento) dell’inquinamento.
Tuttavia deve osservarsi che nel provvedimento impugnato non vi è alcun elemento da cui si deduca che SIL è stata individuata quale responsabile (per omissione) dell’inquinamento; in realtà se si esaminano i documenti depositati dal comune non vi è traccia di una specifica indagine in ordine ai soggetti da considerarsi “responsabili dell’inquinamento” nel senso previsto dall’articolo 17 del d.lg. n. 22.
Sul punto può ulteriormente osservarsi sinteticamente quanto segue. Gli interventi di bonifica previsti dall’articolo 17 e dal regolamento attuativo hanno come presupposto il superamento (o il concreto pericolo di superamento) dei valori di concentrazione limite accettabile di sostanze inquinanti. Nessun accertamento sembra essere stato compiuto dal comune in ordine al momento in cui tale superamento si è verificato e alla relativa causa. Né tracce di una analisi di questo problema si trovano nella motivazione del provvedimento, benchè si trattasse di un aspetto essenziale ai fini della giuridica possibilità di ordinare alla SIL di eseguire gli interventi di bonifica.
Certamente risulta dalle analisi della Ecoexpress che il superamento dei valori limite non è stato riscontrato in occasione delle analisi eseguite sui campioni prelevati nell’ottobre 2004 (si veda il piano di indagine ambientale di marzo 2005); al contrario il superamento dei valori è stato riscontrato in sede di analisi dei campioni prelevati nel marzo 2005. Potrebbe dunque ritenersi che il comune abbia agito nel presupposto che la responsabilità dell’avvenuto superamento dei valori limite dovesse attribuirsi alla inerzia della ricorrente e alla circostanza che a quest’ultima - che era del resto ben consapevole dei problemi di inquinamento dell’area sin dal momento in cui l’ha acquistata, come dimostra la clausola contrattuale più volte citata - era stato vanamente ordinato lo smaltimento delle terre di fonderia, dei rifiuti ferrosi e delle coperture in eternit sin dal 30 ottobre 2003. In altri termini, potrebbe ipotizzarsi - tenuto anche conto che una responsabilità per fatto omissivo presuppone la violazione di uno specifico obbligo di facere - che il comune abbia agito nel presupposto che il superamento dei valori limite di contaminazione sia stato determinato dalla mancata esecuzione da parte della ricorrente dell’ordinanza dell’ottobre 2003.
Potrebbe però obiettarsi che le analisi del marzo 2005 sono state eseguite su un numero di campioni più elevato e per di più raccolti a elevata profondità, cosicchè non potrebbe escludersi che la situazione di superamento dei valori limite preesistesse e magari fosse remota (con conseguente esclusione di una responsabilità per fatto omissivo della ricorrente, dato che la responsabilità per omissione presuppone, sul piano causale, la dimostrazione, sia pure in “chiave ipotetica”, che l’evento non si sarebbe verificato se l’interessato avesse adempiuto all’obbligo su di lui ricadente).
In definitiva né dal provvedimento impugnato né dagli atti istruttori risulta che il comune di Latina abbia compiuto una indagine specificamente volta ad individuare a quale soggetto (o a quali soggetti) fosse da imputare il superamento (o il concreto pericolo di superamento) dei valori di concentrazione limite accettabile di sostanze inquinanti. Poiché ciò costituisce il titolo che fonda l’esercizio del potere esercitato nella fattispecie, il provvedimento impugnato è illegittimo, in quanto non reca alcuna indicazione in ordine alle ragioni per cui la ricorrente è stata individuata come “responsabile dell’inquinamento” e, come tale, sia stata destinataria di un provvedimento ex articolo 8 del D.M. n. 471 di ingiunzione alla esecuzione dei necessari interventi di bonifica.
Quanto precede è assorbente di ogni ulteriore censura e giustifica l’annullamento della ordinanza 4 agosto 2005.


7. Si può ora passare all’esame dei motivi aggiunti depositati in data 3 aprile 2006.
Con tali motivi aggiunti la ricorrente impugna: a) il verbale della conferenza di servizi del 16 gennaio 2006, nella parte in cui afferma la improcedibilità della dichiarazione ex articolo 9 del 4 luglio e la necessità di porre in essere “in modo improcastinabile” le MISE; b) la determinazione dirigenziale 31 gennaio 2006, dichiarativa della improcedibilità della dichiarazione ex articolo 9 del 4 luglio a causa della mancata presentazione nel termine stabilito del cd. piano della caratterizzazione”; c) la nota dirigenziale 2 marzo 2006 avente ad oggetto la indizione di una ulteriore conferenza di servizi nella parte in cui “non dirama la convocazione alla Pozzi Ginori, quale responsabile dell’inquinamento”.


8.1 La ricorrente sostiene che il termine di trenta giorni (dall’avvenuto superamento dei valori limite di concentrazione o dal verificarsi del pericolo concreto del superamento, dalla notificazione dell’ordinanza ex articolo 8 o dalla comunicazione del proprietario del sito ex articolo 9; cfr. articolo 10 del D.M. n. 471) non avrebbe carattere perentorio ma solo sollecitatorio; del resto lo stesso comune ha ritenuto irrilevante il ritardo, dato che ha indetto una conferenza di servizi a termine abbondantemente scaduto (il 31 dicembre 2005); in più nel rendere la comunicazione ex articolo 9 SIL aveva depositato lo studio Ecoexpress che, quand’anche non conforme ai criteri prescritti per la redazione del piano di caratterizzazione, costituiva pur sempre uno strumento idoneo a rappresentare la condizione dei luoghi, cosicchè il comune avrebbe potuto e dovuto fissare un termine per la “integrazione del documento o per la sua ripresentazione nelle forme richieste”.


8.2. Le argomentazioni della ricorrente non sono fondate.
Sul punto deve essere osservato che l’assunto della ricorrente, secondo cui il termine prescritto dal D.M. n. 471 per la presentazione del piano della caratterizzazione da parte del proprietario che abbia eseguito la dichiarazione ex articolo 9 non avrebbe carattere perentorio, può essere ritenuto condivisibile solo se inteso nel senso che la sua inosservanza non determina una definitiva decadenza del proprietario dalla facoltà di eseguire la bonifica; tuttavia deve negarsi che l’amministrazione - una volta intervenuta la dichiarazione ex articolo 9 - sia obbligata ad attendere sine die le iniziative del proprietario e non possa quindi, una volta decorso il termine prescritto, adottare le proprie opportune iniziative per promuovere comunque la esecuzione degli interventi di bonifica. Insomma, la decorrenza del termine prescritto non priva il proprietario della possibilità di presentare in ritardo il piano della caratterizzazione ma non impedisce al comune di attivarsi per promuovere altrimenti la bonifica.
Di conseguenza legittimamente il comune ha dichiarato la “improcedibilità” della dichiarazione ex articolo 9 della ricorrente - tanto più che il ritardo di quest’ultima nell’adempimento dell’obbligo di presentare il piano della caratterizzazione era ormai nell’ordine dei mesi - manifestando così la propria volontà di adottare iniziative volte a promuovere altrimenti la bonifica; così come altrettanto legittimamente ha successivamente approvato il piano della caratterizzazione presentato da IL autorizzandone la esecuzione (cosa che tra l’altro avrebbe potuto persino far dubitare della persistenza dell’interesse alla decisione dell’impugnazione del provvedimento del 31 gennaio 2006, anche se il difensore della ricorrente alla pubblica udienza ha negato che l’interesse potesse considerarsi venuto meno).
Quanto poi al verbale della conferenza di servizi e alla nota di convocazione della conferenza di servizi tenutasi il 21 marzo 2006, la relativa impugnazione è inammissibile per carenza d’interesse non trattandosi di provvedimenti amministrativi autonomamente lesivi ma di atti strumentali del procedimento (tra l’altro alla conferenza di servizi del 21 marzo 2006 ha anche partecipato un rappresentante della Pozzi Ginori s.p.a.).


9. Conclusivamente il ricorso originario (e il motivo aggiunto depositato il 28 febbraio 2006) sono in parte inammissibili e in parte fondati; i motivi aggiunti depositati il 3 aprile 2006 sono invece in parte infondati e in parte inammissibili.


10. Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese della presente fase processuale.


P.Q.M.


Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe e sui relativi motivi aggiunti, così dispone:


a) dichiara il ricorso originario inammissibile nella parte in cui reca la impugnazione dell’ordinanza dirigenziale n. 39/AMB prot. n. 100797 del 30 ottobre 2003 e l’accoglie, unitamente al motivo aggiunto depositato il 28 febbraio 2006, nella parte in cui reca la impugnazione dell’ordinanza n. 25/AMB, prot. n. 86939 del 4 agosto 2005 che, per l’effetto, annulla;


b) dichiara i motivi aggiunti depositati in data 3 aprile 2006 in parte infondati e in parte inammissibili.


Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Latina il 7 luglio 2006.

Franco Bianchi, Presidente


Davide Soricelli, Primo Referendario estensore


Segretario


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
IL 5 SETTEMBRE 2006
(ART.55 L.27.4.1982 N.186)
IL DIRETTORE DI SEGRETERIA
 

M A S S I M E

Sentenza per esteso


1) Rifiuti - Siti contaminati - Bonifica - Artt. 17 D.Lgs. 22/97 e 8 D.M. 497/99 - Proprietario - Responsabile dell’inquinamento - Non corrispondenza - Procedura. In tema di bonifica di siti contaminati, ex artt. 17 d.lgs. 22/97 e 8 D.M. 479/99, in caso di non corrispondenza tra soggetto responsabile dell’inquinamento e proprietario delle aree inquinate, il sistema deve essere ricostruito nel modo seguente: la bonifica deve in linea di principio essere eseguita dal responsabile dell’inquinamento; se questi non è noto o non risulta possibile obbligarlo alla bonifica, quest’ultima è eseguita dall’amministrazione che potrà, per recuperare le spese, rivalersi sul proprietario, essendo il suo credito assistito da privilegio speciale immobiliare sull’area (sulla quale la bonifica costituisce “onere reale”). A sua volta il proprietario - al fine di sottrarsi a questa conseguenza - ha la facoltà di eseguire lui stesso la bonifica con la procedura indicata dall’articolo 9 del D.M. 497/99. Pres. Bianchi, Est. Soricelli - S. s.p.a. (avv.ti Tanzanella e Malinconico) c. Comune di Latina (avv. Di Leginio) - T.A.R. LAZIO, Latina - 5 settembre 2006, n. 600

2) Rifiuti - siti contaminati - Bonifica - Ordinanza ex artt. 17 D.Lgs. 22/97 e 8 D.M. 497/99 - Iniziativa del proprietario del sito - Conseguenza - Paralisi del potere di ordinanza - Esclusione. Il potere di ordinanza di cui all’art. 17 d.lgs. 22/97 e 8 d.m. 479/99 non è paralizzato dall’iniziativa del proprietario del sito inquinato ex art. 9 d.m. 479/99. L’ordinanza ex articolo 8, infatti, ha come destinatario il “responsabile dell’inquinamento” e non il proprietario del sito (cui l’ordinanza medesima, come pure si è sopra accennato, deve essere solo notificata per gli effetti di cui ai commi 10 e 11 dell’art. 17 del d.lg. n. 22). Poiché quindi il primo soggetto responsabile della bonifica è l’autore dell’inquinamento non può ritenersi che l’iniziativa del proprietario impedisca al comune di ingiungere la bonifica al responsabile. Pres. Bianchi, Est. Soricelli - S. s.p.a. (avv.ti Tanzanella e Malinconico) c. Comune di Latina (avv. Di Leginio) - T.A.R. LAZIO, Latina - 5 settembre 2006, n. 600

3) Rifiuti - Siti contaminati - D.M. 479/99 - Termine per la presentazione del piano di caratterizzazione - Natura. Il termine prescritto dal D.M. 479/99 per la presentazione del piano di caratterizzazione ha natura perentoria, nel senso che, pur non determinando la sua inosservanza una definitiva decadenza del proprietario dalla facoltà di eseguire la bonifica, attribuisce al comune il potere di attivarsi per promuovere altrimenti la bonifica. Pres. Bianchi, Est. Soricelli - S. s.p.a. (avv.ti Tanzanella e Malinconico) c. Comune di Latina (avv. Di Leginio) - T.A.R. LAZIO, Latina - 5 settembre 2006, n. 600

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