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 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I ter, 16 Giugno 2006, Sentenza n. 4731
 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO


ROMA - SEZIONE PRIMA TER


 

nelle persone dei magistrati:


Dott. Luigi Tosti Presidente
Dott. Giampiero Lo Presti Componente
Dott. Roberto Caponigro Componente, relatore


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso n. 1944 del 2006, proposto da
Enel S.p.A., in persona dell’Amministratore delegato e legale rappresentante pro tempore dott. Fulvio Conti, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe de Vergottini, Cesare Caturani e Salvatore Cardillo ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei primi due in Roma, Via Bertoloni n. 44;
Enel Produzione S.p.A., in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, Ing. Sandro Fontecedro, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe de Vergottini, Cesare Caturani e Pasquale Scarpitti ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei primi due in Roma, Via Bertoloni n. 44


contro


Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore Pietro Marrazzo, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Luca Di Raimondo e Gennaro Terracciano ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Piazza di Spagna n. 35


notiziandone


Ministero delle Attività Produttive e Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, rappresentati e difesi dall’Avvocatura dello Stato, con domicilio eletto in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
Autorità Portuale di Civitavecchia, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Paolo e Diego Vaiano, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, Lungotevere Marzio, 3;
Soc Compagnia Porto di Civitavecchia SpA, rappresentata e difesa dall’Avv. Mario Sanino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, V.le Parioli n. 180;
Ati Imprese Consorziate Civitavecchia – I.C.C. e Consorzio COIMPRE rappresentati e difesi dall’ Avv. Anna Maria Pitzolu, con domicilio eletto in Roma (lido di Ostia), Via Lucio Coilio n. 19;
Soc Sales SpA, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Paolo Dell’Anno, Mario Zambernardi e Carlo Srubek Tomassy, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma,Via Cicerone n. 60


con l'intervento ad adiuvandum di

CONSORZIO MONTAGGI INDUSTRIALI COMIND+18
rappresentato e difeso da:
PITZOLU AVV. ANNA MARIA
con domicilio eletto in LIDO DI OSTIA
VIA LUCIO COILIO, 19
presso la sua sede


e con l'intervento ad adiuvandum di
SALES S.P.A
rappresentato e difeso da:
SRUBEK TOMASSY AVV. CARLO
DELL'ANNO AVV. PAOLO
ZAMBERNARDI AVV. MARIO
con domicilio eletto in ROMA
VIA CICERONE, 60
presso
DELL'ANNO AVV. PAOLO


e con l'intervento ad opponendum di
COMUNE DI ALLUMIERE
rappresentato e difeso da:
DI RAIMONDO AVV. LUCA
con domicilio eletto in ROMA
VIA DELLA CONSULTA, 50
presso la sua sede


e con l'intervento ad opponendum di
COMUNE DI MONTE ROMANO
rappresentato e difeso da:
DI RAIMONDO AVV. LUCA
con domicilio eletto in ROMA
VIA DELLA CONSULTA, 50
presso la sua sede


e con l'intervento ad opponendum di
FARE VERDE ONLUS
rappresentato e difeso da:
DI RAIMONDO AVV. LUCA
con domicilio eletto in ROMA
VIA DELLA CONSULTA, 50
presso la sua sede


e con l'intervento ad opponendum di
COMUNE DI TARQUINIA
rappresentato e difeso da:
DI RAIMONDO AVV. LUCA
con domicilio eletto in ROMA
VIA DELLA CONSULTA, 50
presso la sua sede


e con l'intervento ad opponendum di
COMUNE DI BLERA
rappresentato e difeso da:
DI RAIMONDO AVV. LUCA
con domicilio eletto in ROMA
VIA DELLA CONSULTA, 50
presso la sua sede


e con l'intervento ad opponendum di
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI ROMA
rappresentato e difeso da:
FANCELLU AVV ANTONIO
SIENI AVV. MASSIMILIANO
con domicilio eletto in ROMA
VIA IV NOVEMBRE, 119/A
presso
AVVOCATURA PROVINCIA DI ROMA


e con l'intervento ad opponendum di
LEGAMBIENTE LAZIO ONLUS
rappresentato e difeso da:
FURLANETTO AVV. MARIADOLORES
con domicilio eletto in ROMA
VIA A. VIVALDI, 15
presso la sua sede


e con l'intervento ad opponendum di
CODACONS-COORD. COMITATI TUTELA AMBIENTE E CONSUMATORI
rappresentato e difeso da:
RIENZI AVV. CARLO
TABANO AVV. CRISTINA
VENERUSO AVV. ENRICO
con domicilio eletto in ROMA
V.LE DELLE MILIZIE, 9
presso
RIENZI AVV. CARLO


e con l'intervento ad adiuvandum di
MINISTERO ATTIVITA' PRODUTTIVE MIN AMBIENTE E TERRITORIO
rappresentato e difeso da:
AVVOCATURA DELLO STATO
con domicilio eletto in ROMA
VIA DEI PORTOGHESI, 12
presso la sua sede


e con l'intervento ad opponendum di
ASS.ITAL.WORLD WIDE FUND FOR NATURE ONLUS
rappresentato e difeso da:
MARSILI AVV. PIETRO
con domicilio eletto in ROMA
VIA DUE MACELLI, 60
presso la sua sede


e con l'intervento ad opponendum di
FORUM AMBIENTALISTA MOVIMENTO ROSSO-VERDE ONLUS
rappresentato e difeso da:
SALERNI AVV. ARTURO
DAMIZIA AVV. MARIA ROSARIA
con domicilio eletto in ROMA
VIALE CARSO, 23
presso
SALERNI AVV. ARTURO


e con l'intervento ad opponendum di
PUPPI MAURIZIO+20
rappresentato e difeso da:
PIFERI AVV. ANTONELLO ROBERTO
INSOLERA AVV. PIETRO
con domicilio eletto in ROMA
VIA OVIDIO, 26
presso
MANCINI AVV. GIANLUCA


e con l'intervento ad opponendum di
COMUNE DI LADISPOLI+2
rappresentato e difeso da:
PAGGI AVV MARIO
con domicilio eletto in ROMA
VIA FLAMINIA, 189
presso SEGRETERIA TAR LAZIO


e con l'intervento ad opponendum di
ASSOCIAZIONE W A S VERDI AMBIENTE E SOC ONLUS
rappresentato e difeso da:
CAGNUCCI AVV. DOMENICO
con domicilio eletto in ROMA
VIA Q. SELLA, 41
presso la sua sede


e con l'intervento ad opponendum di
PROVINCIA DI VITERBO
rappresentato e difeso da:
VENETTONI AVV. ROBERTO
con domicilio eletto in ROMA
VIA CESARE FRACASSINI, 18
presso la sua sede

per l’annullamento
dell’ordinanza del Presidente della Regione Lazio n. Z0001 del 10.2.2006 avente ad oggetto “Sospensione dei lavori di realizzazione delle opere a mare per la riconversione della centrale termoelettrica Torrevaldaliga Nord
sita in Civitavecchia ex art.10 L.R. 18/11/1991 n.74”;
di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente ed in particolare della deliberazione della Giunta regionale del Lazio n.59/2006 del 10.2.2006 e, per quanto occorrer possa, della nota prot. n.032476/25/04 del 27 febbraio 2006
nonché per il risarcimento
dei danni ingiustamente subiti
per l’annullamento
della delibera della Giunta regionale del Lazio n.181 del 31/3/2006 avente ad oggetto “Provvedimento definitivo a tutela dell’ambiente in relazione alle opere a mare della Centrale Termoelettrica dell’Enel di Torvaldaliga Nord sita in Civitavecchia – Presa d’atto di conclusione del procedimento”;
del provvedimento della Regione Lazio – Dip. Territorio prot. n.053288/2S/04 del 28.3.2006 avente ad oggetto “Porto di Civitavecchia – Opere di dragaggio in funzione del progetto definitivo di costruzione delle banchine destinate agli accosti Enel – Diniego di autorizzazione”;
di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente ed in particolare, per quanto occorrer possa, del provvedimento della Regione Lazio – Dip. Territorio prot. D2/25/04/46709 del 16.3.2006 avente ad oggetto “Porto di Civitavecchia – opere di dragaggio in funzione del progetto definitivo di costruzione delle banchine destinate agli accosti di Enel – Comunicazione di avvio del procedimento del 27.2.2006”.


Visto il ricorso con i relativi allegati;


Visti i motivi aggiunti depositati dai ricorrenti;


Visto l'atto di costituzione in giudizio di:
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI ROMA
ASS.ITAL.WORLD WIDE FUND FOR NATURE ONLUS
ASSOCIAZIONE W A S VERDI AMBIENTE E SOC ONLUS
AUTORITA' PORTUALE DI CIVITAVECCHIA
CODACONS-COORD. COMITATI TUTELA AMBIENTE E CONSUMATORI
COMUNE DI ALLUMIERE
COMUNE DI BLERA
COMUNE DI LADISPOLI+2
COMUNE DI MONTE ROMANO
COMUNE DI TARQUINIA
CONSORZIO MONTAGGI INDUSTRIALI COMIND+18
FARE VERDE ONLUS
FORUM AMBIENTALISTA MOVIMENTO ROSSO-VERDE ONLUS
LEGAMBIENTE LAZIO ONLUS
MINISTERO DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE
MINISTERO AMBIENTE E TERRITORIO
PROVINCIA DI ROMA
PROVINCIA DI VITERBO
PUPPI MAURIZIO+20
REGIONE LAZIO
SALES S.P.A
SOC ATI IMPRESE CONSORZIATE CIVITAVECCHIA - ICC+1
SOC COMPAGNIA PORTO DI CIVITAVECCHIA SPA


Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;


Visti gli atti tutti della causa;


Uditi alla pubblica udienza del 25 maggio 2006, relatore il Dott. Roberto Caponigro, gli avvocati come da verbale d’udienza;


Ritenuto in fatto e considerato in diritto:


FATTO


Il Presidente della Regione Lazio, con atto del 10 febbraio 2006, ha ordinato alla Società Enel Produzione S.p.A., per le motivazioni espresse in narrativa, l’immediata sospensione delle opere a mare, relative ai lavori di realizzazione della riconversione della Centrale termoelettrica di Torvaldaliga Nord sita in Civitavecchia, attualmente condotta in assenza di procedura ambientale secondo le norme comunitarie, ravvisando una situazione di pericolo e danno ambientale senza poterne conoscere e valutare gli effetti rispetto agli ecosistemi marini ed ai fenomeni indotti di carattere meteomarino e, inoltre, l’attivazione della prescritta procedura di valutazione di impatto ambientale sia per la realizzazione del molo che per la variante alla darsena grandi masse, in applicazione del punto 13 dell’allegato II della direttiva 97/11CE.


Le ricorrenti – premesso, tra l’altro, che Enel Produzione è stata autorizzata alla costruzione ed esercizio della centrale termoelettrica di Torrevaldaliga Nord, nella configurazione alimentata a carbone, con decreto del Ministero delle Attività Produttive del 24 dicembre 2003 n. 55/02/2003 emanato ai sensi dell’art. 1 del D.L. 7/2002, c.d. decreto “sblocca centrali”, convertito con modificazioni in L. 55/2002, provvedimento già impugnato dinanzi alla Sezione II bis di questo Tribunale con ricorsi definiti con le sentenze di rigetto n. 5481 del 5 luglio 2005 e n. 6267 del 28 agosto 2005 – hanno articolato, avverso l’ordinanza presidenziale di sospensione, i seguenti motivi di impugnativa:


1. Sviamento di potere. Irragionevolezza. Eccesso di potere per perplessità e contraddittorietà. Malgoverno dell’azione amministrativa. Pretestuosità della motivazione. Carenza dei presupposti. Difetto di attribuzione. Incompetenza assoluta.
Risulterebbe che la Regione Lazio, a lavori di riconversione della centrale in avanzatissimo stato di esecuzione, avrebbe esternato una rinnovata volontà politica di vedere modificata addirittura la prima caratteristica dell’impianto, ossia la scelta del combustibile della centrale per la produzione di energia elettrica.
Il reale presupposto dell’adozione dell’ordinanza di sospensione, pertanto, assumerebbe una valenza politica, sicché la stessa sarebbe affetta da sviamento; l’ordinanza di sospensione delle opere a mare connesse alla riconversione a carbone della centrale, infatti, non sarebbe stata dettata da effettive ed urgenti necessità ambientali ma rappresenterebbe esclusivamente il pretesto individuato dalla Regione per ostacolare il procedere dei lavori.


2. Incompetenza assoluta. Carenza di attribuzione. Falsa applicazione dell’art. 10 della L.R. 74/1991 e violazione dell’art. 6 della L. 349/1986.
L’ordinanza impugnata sarebbe stata emanata in assenza della competenza regionale richiesta dall’art. 10 L.R. 74/1991 per l’adozione di un simile provvedimento, atteso che il procedimento c.d. “sblocca centrali” è di carattere speciale e assegna alla sola amministrazione statale il potere decisorio, mentre l’intervento regionale sarebbe previsto nella fase endoprocedimentale e di rilascio dell’intesa.
In particolare, sia le opere a mare connesse al progetto di riconversione della centrale di Torrevaldaliga sia il progetto “Darsena Energetico Grandi Masse” sarebbero state sottoposte alla valutazione di impatto ambientale del Ministero dell'Ambiente.
La normativa incardinerebbe una competenza del Ministero dell’Ambiente a fronte di progetti sottoposti, per attribuzione di legge, alla valutazione di impatto ambientale da parte dell’amministrazione statale, escludendo la possibilità di intervento di altre amministrazioni nei diversi livelli di governo.
Il potere di ordinanza contingibile e urgente che il Presidente della Regione Lazio avrebbe inteso esercitare sarebbe incompatibile con la riserva di legge statale di cui al combinato disposto degli artt. 6 e 8 L. 349/1986 e dell’art. 1 D.L. 55/2002.
Il nuovo riparto costituzionale di competenze tra Stato e Regioni assegnerebbe (art.117, co. 2, lett. s) alla competenza esclusiva statale la potestà legislativa in materia di “tutela dell’ambiente”.


3. Carenza di attribuzione. Incompetenza assoluta. Violazione della L. 84/1994.
Anche ove l’ordinanza pretendesse porsi come espressione di una funzione di vigilanza regionale, il provvedimento sarebbe comunque viziato per incompetenza in quanto il potere di vigilanza in materia di demanio marittimo e di opere da realizzarsi all’interno dell’area portuale, ai sensi della L. 84/1994, spetterebbe all’Autorità Portuale.


4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della L.R. 74/1991. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti. Erroneità della motivazione. Difetto di istruttoria. Travisamento. Contraddittorietà.
Il presupposto fondamentale dell’ordinanza, ossia la non riconducibilità delle opere a mare connesse alla centrale di Torrevaldaliga Nord nell’ambito del procedimento autorizzatorio concluso con decreto MAP del 24.12.2003 sarebbe infondato in quanto dette opere a mare sarebbero state considerate nell’ambito della procedura di VIA di cui al D.M. 380 del 6.11.2003. Le opere marittime ritenute non autorizzate, inoltre, avrebbero ricevuto parere positivo di conformità ambientale anche da parte dell’amministrazione regionale.


5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della L.R. 74/1991. Inesistenza del danno ambientale. Motivazione carente o insufficiente. Erroneità dei presupposti. Difetto di istruttoria. Violazione del principio di proporzionalità.
L’ordinanza presidenziale non evidenzierebbe alcuna situazione di grave pericolo o di danno ambientale tale da giustificare l’ordine di sospensione dei lavori relativi alle opere a mare. La mancata dimostrazione del danno ambientale determinerebbe anche che l’ordinanza è stata emessa in violazione del principio di proporzionalità.


6. Violazione degli artt. 7 e 8 della L. 241/1990. Ingiustizia grave e manifesta. Eccesso di potere per carenza dei presupposti. Vizio dell’istruttoria. Pretestuosità dell’azione amministrativa. Carenza assoluta di motivazione. Difetto di ragionevolezza.
L’amministrazione regionale non avrebbe comunicato l’avvio del procedimento impedendo la partecipazione al medesimo.
Le ricorrenti hanno altresì proposto istanza di risarcimento dei danni.
La Regione Lazio, con ampia ed articolata memoria, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.
Gli interventori ad adiuvandum e ad opponendum si sono costituiti in giudizio sviluppando argomentazioni a sostegno delle ragioni, rispettivamente, delle ricorrenti e dell’amministrazione resistente.
Nel corso del giudizio, con provvedimento n. 181 del 31 marzo 2006, la Giunta Regionale del Lazio ha deliberato di:
• prendere atto del provvedimento dirigenziale del 28 marzo 2006 di diniego dell’autorizzazione all’escavo relativo alle opere di realizzazione delle banchine destinate agli accosti Enel;
• inviare la delibera al Ministero dell’Ambiente affinché avvii una nuova valutazione di impatto ambientale relativamente alle opere a mare suindicate;
• prendere atto che il provvedimento presidenziale n. Z0001 del 10 febbraio 2006 di sospensione dei lavori cessa di produrre effetti a seguito della deliberazione e deve ritenersi automaticamente caducato in ragione del perseguimento delle finalità per le quali la L.R. 74/1991 prevede tale potere extra ordinem, considerato che i valori ambientali che si è inteso tutelare devono ritenersi comunque salvaguardati dalla inibitoria, allo stato degli atti, derivante dal diniego di autorizzazione all’escavo.
Avverso la delibera della Giunta Regionale del Lazio n. 181 del 31.3.2006 nonché del presupposto provvedimento della Regione Lazio – Dip. Territorio del 28.3.2006, l’Enel S.p.A. e l’Enel Produzione S.p.A. hanno proposto i seguenti motivi aggiunti:


7. Violazione e falsa applicazione della L. 55/2002. Eccesso di potere per pretestuosità, contraddittorietà, erroneità della motivazione. Difetto di attribuzione. Irragionevolezza. Difetto di istruttoria. Sviamento. Violazione del principio di legittimo affidamento.
Le opere a mare, inclusi i dragaggi funzionali alla loro realizzazione, in quanto opere connesse, sarebbero state oggetto, in un primo momento, della valutazione di impatto ambientale conclusa con D.M. del 6.11.2003 e, successivamente, dell’autorizzazione unica del Ministero delle Attività Produttive del 24.12.2003 rilasciata in conformità alla normativa specifica che disciplina il procedimento autorizzatorio dell’impianto, costituita dalla L. 55/2002.
La normativa speciale che disciplina l’intervento richiederebbe una sola procedura di VIA statale comprendente, nel caso di specie, le opere di conversione a carbone della centrale e quelle connesse quali sono le opere a mare, sicché non vi sarebbe margine per una ulteriore e separata procedura di VIA che riguardi le sole opere a mare ed i dragaggi strumentali alla loro realizzazione, già oggetto di VIA espletata nel corso del procedimento. In merito alla costruzione ed esercizio di un impianto soggetto alla disciplina della normativa c.d. “sblocca centrali”, in deroga alle situazioni ordinarie, non vi sarebbe margine per alcun altro atto autorizzatorio diverso dall’autorizzazione unica. Con l’emanazione dei provvedimenti di propria competenza previsti dall’art. 1 della L. 55/2002 la Regione Lazio avrebbe esaurito il proprio potere nell’ambito dell’intervento.


8. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e della motivazione. Difetto di istruttoria. Violazione e falsa applicazione dell’art. 35 del D.Lgs. 152/1999 e dell’art. 21 della L. 179/2002.
Nell’ambito della VIA della Darsena Grandi Masse sarebbero stati previsti dragaggi per complessivi 4.200.000 mc ed il progetto Enel prevederebbe, come opere connesse alla conversione della centrale, la realizzazione di due nuove banchine per garantire la manovra e l’accosto delle navi alle quali sarebbe necessario effettuare i dragaggi per complessivi 1.227.000 mc, vale a dire la quantità autorizzata dalla VIA della riconversione della centrale. I dragaggi complessivi previsti nei due progetti, quindi, ammonterebbero a 5.427.000 mc ma tale somma complessiva non potrebbe essere attribuita interamente al progetto della riconversione della centrale Enel.
In previsione della esecuzione delle attività di dragaggio, Enel e Compagnia Porto di Civitavecchia (titolare del decreto autorizzativo per la realizzazione della Darsena energetico grandi masse) avrebbero stabilito di suddividersi le aree di dragaggio, sicché i dragaggi sarebbero effettuati per 2.427.000 mc a cura della Compagnia Porto di Civitavecchia e per 3.000.000 mc a cura dell’Enel, senza che tale accordo possa l’implicare l’aumento di cubatura imputabile ai lavori di riconversione della centrale o che il quantitativo complessivo dei dragaggi da effettuare non sia stato valutato nell’ambito della VIA.
La Regione Lazio, in ogni caso, intenderebbe erroneamente applicare l’art. 35 del D.Lgs. 152/1999 come integrato dall’art. 21 della L. 179/2002 che si riferisce esclusivamente alla immersione a mare di materiale derivante da attività di escavo, sicché sarebbero comunque estranee le prime attività di dragaggio dell’Enel, ossia i primi 500.000 mc, che prevedono il reimpiego a terra del materiale dragato.


9. Incompetenza assoluta, difetto di attribuzione. Violazione della L. 84/1994. Eccesso di potere per contrasto con il decreto MAP 24.12.2003.

L’intervento inibitorio della Regione Lazio concreterebbe un’invasione delle competenze dell’Autorità Portuale nonché degli altri organismi appositamente istituiti dal decreto MAP di autorizzazione per la vigilanza ed il controllo delle attività di realizzazione dei lavori.


10. Eccesso di potere per pretestuosità, contraddittorietà, irragionevolezza. Sviamento di potere. Malgoverno dell’azione amministrativa.
Le ragioni di opposizione all’intervento andrebbero ricercate nella pretesa della nuova Giunta regionale del Lazio di vedere modificata la prima caratteristica dell’impianto ossia la scelta del combustibile di alimentazione abbandonando il carbone in favore del gas.


Di talché, le ricorrenti hanno chiesto l’annullamento degli atti impugnati con i motivi aggiunti ed il risarcimento dei danni ingiustamente subiti.


L’amministrazione regionale ha proposto una serie di eccezioni in rito e, nel merito, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto dell’impugnativa.


Gli interventori hanno articolato le rispettive difese sostenendo o avversando le ragioni delle ricorrenti.


Con ordinanza n. 512, pronunciata nella camera di consiglio del 20 aprile 2006, questa Sezione – premesso, tra l’altro, che l’istanza cautelare proposta con il ricorso introduttivo avverso l’ordinanza adottata il 10 febbraio 2006 dal Presidente della Regione Lazio può ritenersi improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse – ha accolto l’istanza cautelare proposta con i motivi aggiunti nella parte in cui gli atti impugnati non consentono la prosecuzione dei lavori nei limiti di escavazione già previsti con il decreto VIA n. 680/6.11.2003.


All’udienza pubblica del 25 maggio 2006, la causa è stata introitata per la decisione.


DIRITTO


1. La Regione Lazio, con memoria depositata il 15 maggio 2006, ha proposto una serie di osservazioni in rito che possono così sintetizzarsi:


• ha dedotto l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’impugnativa proposta avverso l’ordinanza di sospensione dei lavori adottata il 10 febbraio 2006 dal Presidente della Regione Lazio in quanto, con l’ordinanza n. 512/2006, il Collegio ha dato atto che, a seguito della delibera di Giunta Regionale n. 181 del 31 marzo 2006, la detta ordinanza presidenziale, impugnata con il ricorso introduttivo, ha cessato di produrre effetti;


• ha chiesto di rimettere alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, ai sensi dell’art. 234 del Trattato, la questione se la norma dell’art. 2, co. 1, della direttiva 85/337/CEE, come modificata dal comma 1 dell’art. 1 della direttiva 97/11/CE, secondo cui “Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio della autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista una autorizzazione ed una valutazione del loro impatto” – vada interpretata ed applicata nel senso che la procedura di valutazione di impatto ambientale semplificata prevista dall’att. 1, co. 1, del D.L. 7/2002, convertito in L. 55/2002, per le centrali termiche con potenza termica pari o superiore a 300 MW, che rientrano nel punto 2 dell’art. 1 della direttiva 85/337/CEE, possa essere considerata esaustiva e possa rendere superflua l’acquisizione dell’autorizzazione per l’immersione di materiali di escavo di fondali marini di competenza regionale prevista dall’art. 21 della L. 179/2002 e dall’art. 35, co. 2, del D.Lgs. 152/1999;


• ha chiesto di rimettere alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, ai sensi dell’art. 234 del Trattato, l’ulteriore questione se la norma dell’art. 2, co. 1, della direttiva 85/337/CEE, come modificata dal comma 1 dell’art. 1 della direttiva 97/11/CE, secondo cui “Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio della autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista una autorizzazione ed una valutazione del loro impatto” – vada interpretata ed applicata nel senso che la procedura di valutazione di impatto ambientale semplificata prevista dall’att. 1, co. 1, del D.L. 7/2002, convertito in L. 55/2002, possa essere effettuata sul solo progetto preliminare, senza prevedere che, in caso di sensibili differenze tra progetto preliminare e progetto definitivo, sia obbligatorio aggiornare ed integrare la VIA;


• ha chiesto che il giudice valuti l’ammissibilità del ricorso, in quanto sia collettivo che cumulativo, così come la regolarità delle procure, anche alla luce della circostanza che l’Enel S.p.A. e l’Enel Produzione S.p.A. hanno affidato il mandato a collegi difensivi di composizione parzialmente diversa, nonché la sussistenza della legittimazione in capo ad entrambi i soggetti;


• ha dedotto che la controversia non può essere sottoposta alla disciplina dettata dall’art. 23 bis della L. 1034/1971, atteso che i provvedimenti impugnati non riguardano i lavori di conversione a carbone della centrale e che il giudizio verte sulla legittimità di un diniego di autorizzazione, inerente i conferimenti conseguenti all’escavo e i suoi relativi effetti sugli ecosistemi marini e sui fenomeni di carattere meteomarino;


• ha chiesto l’estromissione degli atti di interventi ad adiuvandum proposti con riferimento ai motivi aggiunti non notificati ma esclusivamente depositati in giudizio;


• ha eccepito l’inammissibilità di tutte le domande contenute negli atti di intervento ad adiuvandum, con particolare riferimento alle domande risarcitorie, che si sostanziano in domande nuove e diverse rispetto alle richieste avanzate dalle ricorrenti.


L’esame delle numerose deduzioni in rito formulate dall’amministrazione resistente, peraltro, consente al Collegio di definire con precisione il thema decidendum del presente giudizio.


1.1 La deduzione di improcedibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse non è condivisibile.

Con il ricorso introduttivo, le ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza del Presidente della Regione Lazio del 10 febbraio 2006 di sospensione dei lavori delle opere a mare per la riconversione della centrale termoelettrica Torrevaldaliga Nord sita in Civitavecchia e la presupposta delibera di Giunta regionale n. 59 del 10 febbraio 2006 nonché hanno chiesto il risarcimento dei danni ingiustamente subiti.
Con l’adozione della delibera giuntale n. 181 del 31 marzo 2006, la Regione Lazio ha preso atto del provvedimento dirigenziale del 28 marzo 2006 di diniego di autorizzazione all’escavo relativo alle opere di realizzazione delle banchine destinate agli accosti Enel e - ritenuto che a seguito dell’adozione di tale atto deve ritenersi superato il provvedimento presidenziale contingibile e urgente, atteso che la risorsa ambientale posta in pericolo è da ritenersi comunque salvaguardata dalla inibitoria dei lavori in conseguenza del provvedimento dirigenziale di diniego di autorizzazione all’escavo – ha preso altresì atto che il provvedimento presidenziale del 10 febbraio 2006 di sospensione dei lavori cessa di produrre effetti e deve ritenersi automaticamente caducato in ragione del perseguimento delle finalità per le quali la L.R. 74/1991 prevede tale potere extra ordinem.
Ne consegue che la cessazione degli effetti dell’ordinanza presidenziale di sospensione lavori del 10 febbraio 2006, a seguito dell’adozione della delibera di G.R. del 31 marzo 2006, ha determinato, così come evidenziato nell’ordinanza di questa Sezione n. 512/2006, l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’istanza cautelare proposta con il ricorso introduttivo.
Di contro, la cessazione degli effetti degli atti impugnati con il ricorso introduttivo non è una circostanza idonea a far venire meno l’interesse alla decisione dello stesso nel merito e ciò non soltanto per il persistere di un eventuale interesse morale all’accertamento dell’illegittimità degli atti, ma soprattutto in quanto la possibile statuizione giurisdizionale di annullamento può assumere rilievo nel giudizio risarcitorio diretto a ristorare la parte ricorrente del pregiudizio ingiustamente subito a causa dell’illegittimità provvedimentale.
In altri termini, la evidente persistenza dell’interesse all’azione risarcitoria del danno determina la necessità dello svolgimento del giudizio impugnatorio in quanto l’eventuale illegittimità degli atti, ancorché non più produttivi di effetti, costituisce elemento costitutivo della possibile responsabilità civile dell’amministrazione.


1.2 Parimenti non persuasive sono le pregiudiziali comunitarie proposte dalla Regione.
L’art. 234 (ex art. 177) del Trattato CE attribuisce alla Corte di giustizia la competenza a pronunciarsi, in via pregiudiziale:
a) sull’interpretazione del trattato;
b) sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni della Comunità e della BCE;
c) sull’interpretazione degli statuti degli organismi creati con atto del Consiglio, quando sia previsto dagli statuti stessi.
Quando una questione del genere è sollevata dinanzi ad una giurisdizione di uno degli Stati membri, tale giurisdizione può, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla questione.
Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti ad una giurisdizione nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale giurisdizione è tenuta a rivolgersi alla Corte di giustizia.
Ne consegue che, essendo state le questioni sollevate dinanzi a questo Tribunale, il Collegio ha facoltà di domandare alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla questione qualora reputi necessaria per emanare la sentenza una decisione sul punto.
Il Collegio, invece, ritiene che una decisione sul punto non sia necessaria per l’emanazione della sentenza.
In particolare, con riferimento all’art. 2, co. 1, della direttiva 85/337/CEE, come modificata dal comma 1 dell’art. 1 della direttiva 97/11/CE, secondo cui “Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto” – la Regione ha chiesto:


• se la norma vada interpretata ed applicata nel senso che la procedura di valutazione di impatto ambientale semplificata prevista dall’att. 1, co. 1, del D.L. 7/2002, convertito in L. 55/2002, per le centrali termiche con potenza termica pari o superiore a 300 MW, che rientrano nel punto 2 dell’art. 1 della direttiva 85/337/CEE possa essere considerata esaustiva e possa rendere superflua l’acquisizione dell’autorizzazione per l’immersione di materiali di escavo di fondali marini di competenza regionale prevista dall’art. 21 della L. 179/2002 e dall’art. 35, co. 2, del D.Lgs. 152/1999;


• se la norma vada interpretata ed applicata nel senso che la procedura di valutazione di impatto ambientale semplificata prevista dall’att. 1, co. 1, del D.L. 7/2002, convertito in L. 55/2002, possa essere effettuata sul solo progetto preliminare, senza prevedere che, in caso di sensibili differenze tra progetto preliminare e progetto definitivo, sia obbligatorio aggiornare ed integrare la VIA.


La valutazione di irrilevanza, ai fini della decisione, delle pregiudiziali comunitarie induce ad approfondire alcune tematiche che torneranno nella trattazione del merito della controversia.


1.2.1 Con riferimento alla prima delle due questioni, occorre premettere che l’art. 1 del D.L. 7/2002, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della L. 55/2002, recante misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale, dispone che, al fine di evitare il pericolo di interruzione di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria copertura del fabbisogno nazionale, sino alla determinazione dei principi fondamentali della materia in attuazione dell’art. 117, co. 3, Cost., e comunque non oltre il 31 dicembre 2003, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi, sono dichiarati opere di pubblica utilità e soggetti ad un’autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero della attività produttive, la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti costituendo titolo a costruire e ad esercire l’impianto in conformità al progetto approvato.
Detta autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità di cui alla L. 241/1990, e successive modificazioni, d’intesa con la regione interessata. Ai soli fini del rilascio della valutazione di impatto ambientale (VIA), alle opere in discorso si applicano le disposizioni di cui alla L. 349/1986 e al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 377/1988, e successive modificazioni. Fino al recepimento delle direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, tale autorizzazione comprende l’autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di competenza delle amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali. L’esito positivo della VIA costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio. L’istruttoria si conclude una volta acquisita la VIA in ogni caso entro il termine di centottanta giorni dalla data di presentazione della richiesta, comprensiva del progetto preliminare e dello studio di impatto ambientale.
In primo luogo, giova rilevare che può ritenersi semplificato, in quanto unico, il procedimento in esito al quale è rilasciata l’autorizzazione, ma non certo la valutazione di impatto ambientale che, non a caso, è definita dalla norma “integrata”, non “semplificata”.
L’art. 1, co. 2, ai soli fini del rilascio della valutazione di impatto ambientale, prevede l’applicazione della L. 349/1986 e del D.P.C.M. 377/1988, vale a dire delle disposizioni ordinarie in materia di VIA, sicché non è stabilita alcuna semplificazione della relativa procedura.
La legge, come detto, prevede altresì che, fino al recepimento della direttiva 96/61/CE, l’autorizzazione unica comprende l’autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di competenza delle amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali.
L’attuazione integrale della direttiva 96/61/CE è avvenuta con il D.Lgs. n. 59 del 18 febbraio 2005, per cui, durante lo svolgimento del procedimento unico concluso con l’adozione del decreto del Ministero delle Attività Produttive n. 55/02/2003 del 24 dicembre 2003, la citata direttiva comunitaria non era stata ancora recepita.
L’autorizzazione unica comprende l’autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di competenza delle amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali, sicché non è condivisibile la prospettazione della parte resistente secondo cui il rilascio dell’autorizzazione unica non avrebbe in concreto consentito l’acquisizione dell’autorizzazione per l’immersione di materiali di escavo di fondali marini di competenza regionale prevista dall’art. 21 della L. 179/2002 e dall’art. 35, co. 2, del D.Lgs. 152/1999.
Tale autorizzazione non è stata considerata superflua, ma, in base al chiaro disposto normativo, è stata sostituita dall’autorizzazione unica comprensiva dell’autorizzazione ambientale integrata.
L’autorizzazione unica rilasciata dal Ministero delle Attività Produttive, infatti, sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo a costruire e ad esercire l’impianto in conformità al progetto approvato.
In altri termini, l’autorizzazione per l’immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo non è stata esclusa dal procedimento autorizzatorio per la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW, ma, essendo stata sostituita dall’autorizzazione unica, è da ritenere oggetto di una valutazione compresa nell’ambito del procedimento unico di competenza statale.
Né può ritenersi che, facendo riferimento l’art. 1 del D.L. 55/2002 alle autorizzazioni previste da norme vigenti, la norma non comprende l’autorizzazione de qua e ciò in quanto l’art. 21 della L.179/2002, temporalmente successiva al decreto c.d. “sblocca centrali”, è attributiva alla regione della competenza al rilascio di un’autorizzazione già prevista dall’art. 35 del D.Lgs. 152/1999, vale a dire da una norma vigente al momento dell’emanazione del D.L. 55/2002.
Va da sé, inoltre, che il presente giudizio attiene solo alla legittimità dei provvedimenti con cui il Presidente della Regione Lazio, con ordinanza del 10 febbraio 2006, ha sospeso le opere a mare e la Giunta Regionale del Lazio, con delibera del 31 marzo 2006, ha negato l’autorizzazione all’escavo, ma non attiene minimamente alla legittimità del procedimento in base al quale il Ministero delle Attività Produttive ha rilasciato il decreto di autorizzazione unica n. 55 del 24 dicembre 2003, oggetto di separati giudizi definiti in primo grado con sentenze di questo Tribunale, Sezione II bis, 5 luglio 2005 n. 5481 e 23 agosto 2005 n. 6267, per cui non è ammissibile introdurre nel presente giudizio questioni afferenti a supposti profili di illegittimità del procedimento unico.


1.2.2 Con riferimento alla seconda questione, ossia se la norma comunitaria vada interpretata ed applicata nel senso che la procedura di valutazione di impatto ambientale semplificata prevista dall’art. 1, co. 1, del D.L. 7/2002, convertito in L. 55/2002, possa essere effettuata sul solo progetto preliminare, senza prevedere che, in caso di sensibili differenze tra progetto preliminare e progetto definitivo, sia obbligatorio aggiornare ed integrare la VIA, giova ribadire che, ai sensi dell’art. 1, co. 2, della L. 55/2002, ai soli fini del rilascio della valutazione di impatto ambientale, si applicano alle opere in questione le disposizioni di cui alla L. 349/1986 e al D.P.C.M. 377/1988.
Per quanto di interesse in questa sede, ai sensi dell’art. 6, co. 6, della L. 349/1986, qualora nell’esecuzione di opere in grado di produrre rilevanti modificazioni dell’ambiente, tra cui quelle relative a centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW, il Ministro dell’Ambiente ravvisi comportamenti contrastanti con il parere espresso sulla compatibilità ambientale o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, ordina la sospensione dei lavori e rimette la questione al Consiglio dei Ministri.
L’art. 1 del D.P.C.M. 377/1988, inoltre, nello specificare che sono sottoposti alla procedura di valutazione di cui all’art. 6 della L. 349/1986, tra l’altro, i progetti delle opere relative a centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW, indica, al secondo comma, che la stessa procedura di VIA si applica agli interventi su opere già esistenti qualora da tali interventi derivi un’opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente.
Pertanto, qualora nel corso dell’esecuzione dell’opera siano riscontrabili significative differenze rispetto all’opera già oggetto di VIA, da un lato, il Ministero dell’Ambiente ha il potere di ordinare la sospensione dei lavori, dall’altro, deve nuovamente effettuarsi la procedura di valutazione di impatto ambientale ex art. 6 L. 349/1986.
Né tale assetto di competenze appare mutato per l’entrata in vigore del D.Lgs. 59/2005, recante norme per l’attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento.
In ragione della descritta traiettoria argomentativa, atteso che in caso di significative differenze tra l’opera già sottoposta a VIA e l’opera in concreto da effettuare è necessario avviare una nuova procedura di impatto ambientale con riferimento a tale ultima opera, la prospettazione dell’amministrazione regionale a base della pregiudiziale comunitaria si rivela inconferente.


1.3 L’eccezione di inammissibilità del ricorso con riferimento al suo carattere collettivo e cumulativo nonché alla legittimazione in capo ai soggetti proponenti è infondata.
Il ricorso è collettivo in quanto proposto da più soggetti, vale a dire Enel S.p.A. ed Enel Produzione S.p.A., ed è cumulativo in quanto relativo ad una pluralità di atti, impugnati con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti.
Per quanto attiene a tale ultimo aspetto, l’art. 21 della L. 1034/1971, come modificato dalla L. 205/2000, prevede, come noto, che tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all’oggetto del ricorso, sono impugnati mediante la proposizione di motivi aggiunti e non sussiste dubbio che, nel caso di specie, i provvedimenti impugnati con motivi aggiunti siano connessi con quelli impugnati con il ricorso introduttivo.
Il ricorso collettivo, con cui più soggetti hanno eccezionalmente la facoltà di impugnare insieme un provvedimento amministrativo, è ammissibile a condizione che non sussista un conflitto di interessi tra i ricorrenti, nel senso che l’interesse sostanziale fatto valere non presenti punti di contrasto o conflitto, in modo che l’eventuale accoglimento possa tornare a vantaggio di tutti (ex multis: Cons. Stato, IV, 14 ottobre 2004, n. 6671).
Tale condizione sussiste nella fattispecie in esame, sicché il ricorso, in quanto proposto congiuntamente dalle ricorrenti, è ammissibile.
Né può rilevare in senso contrario che i due soggetti abbiano delegato a rappresentare e difendere in giudizio collegi parzialmente diversi in quanto l’identità del difensore non costituisce condicio sine qua non per l’ammissibilità del ricorso collettivo.
Parimenti sussistente è la legittimazione processuale in capo sia ad Enel S.p.A. che ad Enel Produzione S.p.A.
La posizione dei due distinti soggetti giuridici, infatti, è sia differenziata che qualificata.
Enel Produzione S.p.A. è soggetto destinatario del decreto di autorizzazione unica emanato dal Ministero delle Attività Produttive in data 24 dicembre 2003 nonché dell’impugnata ordinanza di sospensione lavori del 10 febbraio 2006 e dell’impugnata delibera di G.R. del 31 marzo 2006 che inibisce i lavori in conseguenza del diniego di autorizzazione all’escavo.
L’Enel S.p.A., di contro, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 79/1999, ha assunto le funzioni di indirizzo strategico e di coordinamento dell’assetto industriale e delle attività esercitate dalle società da essa controllate, sicché ha agito nella qualità di holding del gruppo Enel.


1.4 La Regione Lazio ha altresì eccepito che la controversia non può essere sottoposta alla disciplina dettata dall’art. 23 bis della L. 1034/1971, atteso che i provvedimenti impugnati non riguardano i lavori di conversione a carbone della centrale e che il giudizio verte sulla legittimità di un diniego di autorizzazione, inerente i conferimenti conseguenti all’escavo e i suoi relativi effetti sugli ecosistemi marini e sui fenomeni di carattere meteomarino.
La prospettazione non è condivisibile.
Il Collegio ritiene che - anche a voler prescindere dal disposto di cui all’art. 1, co. 552, della L. 311/2004, secondo cui alle controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica di cui al D.L. 7/2002, convertito in L. 55/2002, ed alle relative questioni risarcitoria, devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, si applicano le disposizioni di cui all’art. 23 bis della L. 1034/1971 – la controversia, in quanto relative a provvedimenti che inibiscono direttamente (l’ordinanza presidenziale del 10 febbraio 2006) o indirettamente (la delibera di Giunta Regionale del 31 marzo 2006) la prosecuzione dei lavori, rientra nell’ambito di applicazione del detto art. 23 bis che, alla lett. b) del primo comma, fa esplicito riferimento ai giudizi aventi ad oggetto “provvedimenti relativi alle procedure di … esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità”.
Di talché, le norme contenute nell’art. 23 bis della L. 1034/1971 e, in particolare, la dimidiazione dei termini processuali prevista dal suo secondo comma si applicano alla fattispecie in esame.


1.5 L’eccezione di estromissione degli atti di intervento ad adiuvandum proposti con riferimento ai motivi aggiunti non notificati ma esclusivamente depositati in giudizio, invece, è fondata e va accolta.
Nel sistema delineato dalla L. 205/2000 – che, come detto, consente l’impugnazione mediante proposizione di motivi aggiunti dei provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all’oggetto del ricorso stesso – i motivi aggiunti costituiscono un ricorso accessorio nella forma ma autonomo nella sostanza, sicché l’intervento con riferimento ad essi deve essere notificato alle parti del processo ai sensi degli artt. 22, co. 2, della L. 1034/1971 e 38 del R.D. 642/1907, così come richiede l’intervento nel ricorso introduttivo.
Ne consegue, l’ammissibilità, con riferimento ai motivi aggiunti, dei soli interventi ad adiuvandum della Sales S.p.A. e dell’Avvocatura dello Stato (per il Ministero delle Attività Produttive ed il Ministero dell’Ambiente e del Territorio).


1.6 Parimenti fondata è l’eccezione di inammissibilità delle domande risarcitorie contenute negli atti di intervento ad adiuvandum, che si sostanziano in domande nuove e diverse rispetto alle richieste avanzate dalle ricorrenti.
L’interventore, infatti, non è legittimato ad ampliare il thema decidendum fissato dal ricorrente nel ricorso introduttivo e negli eventuali motivi aggiunti.
Viceversa, ove un interessato ritenga di avere una posizione di per sé tutelabile, deve essere qualificato cointeressato e, in quanto tale, è legittimato a proporre una propria impugnativa, sicché sono inammissibili le istanze risarcitorie proposte in sede di intervento ad adiuvandum.


2. Con il ricorso introduttivo, l’Enel S.p.A. e l’Enel Produzione S.p.A. hanno impugnato l’ordinanza con cui il Presidente della Regione Lazio, in data 10 febbraio 2006 ha ordinato alla Enel Produzione S.p.A l’immediata sospensione delle opere a mare, relative ai lavori di realizzazione della riconversione della Centrale termoelettrica di Torrevaldaliga Nord sita in Civitavecchia, attualmente condotte in assenza di procedura ambientale secondo le norme comunitarie, ravvisando una situazione di pericolo e danno ambientale senza poterne conoscere e valutare gli effetti rispetto agli ecosistemi marini ed ai fenomeni indotti di carattere meteomarino e, inoltre, l’attivazione della prescritta procedura di valutazione d’impatto ambientale sia per la realizzazione del molo che per la variante alla darsena grandi masse, in applicazione del punto 13 dell’allegato II della Direttiva 97/11 CE.


La determinazione - visto, tra l’altro, l’art. 10 L.R. 74/1991 che prevede la sospensione dei lavori sul territorio regionale per opere che rischiano di compromettere fondamentali interessi generali di tutela ambientale – è stata assunta:


- ritenuto che nella fattispecie l’applicazione degli artt. 1 e 3 della L. 55/2002 non trovi applicazione per l’esonero dalla procedura di VIA sia per i moli di attracco a servizio della centrale sia per la variante implicita della darsena grandi masse, in quanto in contrasto con il diritto prevalente della Comunità Europea che recita all’art. 2, co. 1, della direttiva 85/337 CEE e successive modifiche “gli Stati membri adottano disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista una autorizzazione ed una valutazione del loro impatto” obbligando lo Stato membro ad espletare la valutazione di impatto ambientale;


- preso atto della nuova documentazione trasmessa dall’Enel dal cui esame è emerso che la relazione tecnica a supporto del parere pro veritate appare assolutamente generica in quanto non considera fra l’altro la sostanziale variazione indotta dalla modifica delle attività all’interno di tutta la Darsena Grandi Masse senza una sufficiente documentazione della capacità del molo di attracco a resistere agli eventi meteomarini sia interni che esterni alla darsena;


- ritenuto che le conclusioni che hanno contribuito a suffragare il parere pro veritate non siano condivisibili in quanto l’opera di attracco delle navi carboniere comporterebbe significativi impatti indotti dalla natura delle opere e dalle dimensioni delle navi carboniere anche in relazione ai possibili effetti meteomarini sia interni che esterni alla darsena;


- ritenuto che la banchina di attracco per dette navi non possa rientrare nell’ambito delle procedure di cui all’art. 1 della L. 55/2002 in quanto l’opera stessa richiederebbe un autonomo procedimento di VIA per la complessità degli impatti indotti dalla realizzazione della stessa e per la non previsione della stessa nell’ambito della Darsena Grandi Masse;


- ritenuto che l’incidenza di detto molo a servizio dell’Enel comporti una sostanziale modificazione delle attività merceologiche, di navigazione e di infrastrutturazione all’interno delle banchine con rilevanza anche dei traffici esterni indotti dalle nuove attività portuali, non possa essere applicabile il disposto della L. 55/2002 che dia per acquisita la variante del piano Regolatore Generale;


- preso atto della sommaria descrizione della documentazione in ordine al recupero: del reinserimento della posedonia oceanica; degli esiti analitici in ordine alla conoscenza degli effetti condotti sul modello 3 D della banchina; della generica descrizione delle caratteristiche del materiale d’imbonimento, la sua provenienza e caratterizzazione, ovvero la sua compatibilità per l’immissione in mare;


- preso atto di un documento trasmesso dall’Enel produzione con il quale nel giugno 2005 l’Autorità Portuale autorizzava l’inizio dei lavori per le opere marittime invitando l’Enel alla presentazione del progetto esecutivo indicando con elaborato grafico l’immissione in mare in un’area prospiciente la centrale Torvaldaliga Nord e parte della Pineta La Frasca per la quale non è mai stato condotto ed esaminato alcuno studio d’impatto ambientale e/o verifica d’incidenza e non è stata concessa alcuna autorizzazione da parte dell’amministrazione;


- preso atto che le opere marittime accessorie alla riconversione a carbone della Centrale Enel di Torvaldaliga comportano un significativo impatto ambientale determinato dalle variazioni connesse all’esercizio di attracco e protezione di un maggior numero di naviglio di notevoli dimensioni (navi carboniere lunghe 300 mt.); tali variazioni incidono sulla sicurezza e sulla mole dei lavori che comportano l’aumento dell’escavo dei fondali (parte dei quali in area SIC), la loro destinazione finale, nonché per la tipologia delle opere di protezione e le modalità di cantiere, la tempistica di realizzazione dei dragaggi e delle opere di difesa, ovvero dei moli di sopraflutto e sottoflutto, oltre alla realizzazione di una diversa geometria e dimensione delle opere di prelievo e reimmissione a mare delle centrali all’imboccatura del porto commerciale inducendo nelle aree interessate possibili modificazioni significative dell’ecosistema marino;


- ritenuto che il significativo impatto sopra richiamato comporti la necessità di una valutazione di impatto ambientale per le opere a mare che delle varianti indotte nella darsena grandi masse, anche in ordine alle precedenti determinazioni facenti parte il decreto ministeriale 6923/02;


- preso atto che l’Enel Produzione S.p.A. non ha attivato la procedura di VIA per la realizzazione delle opere marittime necessarie alla conversione a carbone della centrale di Torvaldaliga Nord, ogni conseguente atto autorizzatorio ed ogni eventuale successiva realizzazione di opera marittima è da considerarsi in contrasto con la normativa comunitaria;


- preso atto che nel tratto di mare prospiciente alla centrale di Torvadaliga Nord sono in corso opere di realizzazione di una massicciata in assenza delle valutazioni di impatto ambientale;


- preso atto che delle opere attualmente in corso non risulta agli atti la documentazione necessaria per le valutazioni e successive autorizzazioni di cui all’art. 35, co. 1, lett. b) del D.Lgs. 152/1999, che regolamenta l’immissione in mare di materiali inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità ambientale e l’innocuità;


- vista altresì la delibera della Giunta Regionale n. 59 del 10 febbraio 2006, con la quale si impegnava il Presidente della Giunta Regionale ad adottare le necessarie misure di salvaguardia;


- ritenuto che ricorrano i presupposti per l’applicazione dell’art. 10 L.R. 74/1991.


Con il secondo motivo del ricorso introduttivo, le Società ricorrenti hanno dedotto l’illegittimità della descritta ordinanza presidenziale dal fatto che essa sarebbe stata emanata in assenza della competenza regionale richiesta dall’art. 10 L.R. 74/1991 per l’adozione di un simile provvedimento, atteso che il procedimento c.d. “sblocca centrali” è di carattere speciale e assegna alla sola amministrazione statale il potere decisorio, mentre l’intervento regionale sarebbe previsto nella fase endoprocedimentale e di rilascio dell’intesa. In particolare, la normativa incardinerebbe una competenza del Ministero dell’Ambiente a fronte di progetti sottoposti, per attribuzione di legge, alla valutazione di impatto ambientale da parte dell’amministrazione statale, escludendo la possibilità di intervento di altre amministrazioni nei diversi livelli di governo e, nel caso di specie, sia le opere a mare connesse al progetto di riconversione della centrale di Torrevaldaliga sia il progetto “Darsena Energetico Grandi Masse” sarebbero state sottoposte alla valutazione di impatto ambientale del Ministero dell'Ambiente.


L’articolata censura è fondata e, assorbite le ulteriori doglianze, è idonea a determinare la fondatezza del ricorso introduttivo.


L’art. 10 della L.R. 74/1991, recante disposizioni in materia di tutela ambientale, attribuisce al Presidente della Giunta Regionale, qualora vengano ravvisate o accertate situazioni di grave pericolo o di danno ambientale, il potere di adottare, su proposta dell’assessore competente, nell’ambito delle competenze regionali previste dalla normativa vigente:
a) ordinanze contingibili ed urgenti per la sospensione sul territorio regionale di lavori ed opere che rischiano di compromettere fondamentali interessi generali di tutela ambientale;
b) provvedimenti cautelari con i quali venga vietata qualsiasi trasformazione di aree facenti parte del territorio regionale di particolare pregio naturalistico e paesistico.
Il Presidente della Regione Lazio, quindi, ha inteso esercitare il potere di emettere le ordinanze contingibili ed urgenti previsto dall’art. 10, co. 1, lett. a), della detta disposizione.
Tale potere, però, è attribuito dal legislatore regionale, e non potrebbe essere altrimenti, soltanto nell’ambito delle competenze regionali previste dalla normativa vigente.
Nella fattispecie de qua, invece, non sussiste alcuna competenza regionale di tipo provvedimentale, sicché l’Autorità amministrativa ha adottato l’impugnato provvedimento di sospensione delle opere a mare senza averne il relativo potere.
Il Collegio ha già avuto modo di chiarire che l’art. 1, co. 1, del D.L. 7/2002, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della L. 55/2002, prevede che la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi, sono dichiarati opere di pubblica utilità e soggetti ad un’autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle Attività Produttive, la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti.
Tale normativa, che ha indubbiamente carattere di specialità, prevale su ogni altra norma ancorché attributiva di competenze amministrative in materia ad altri livelli di governo, vale a dire è derogatoria delle ordinarie competenze amministrative nella materia.
In altri termini, ogni atto amministrativo inerente alla costruzione e all’esercizio dei detti impianti ovvero alle opere ad esso connesse e alle infrastrutture indispensabili, qualunque sia l’Autorità amministrativa ordinariamente competente, è sostituito dall’autorizzazione unica rilasciata dal Ministero delle Attività Produttive.
Del pari, la detta autorizzazione unica, ai sensi del secondo comma dell’art. 1 della L. 55/2002, è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla L. 241/1990, d’intesa con la regione interessata, mentre, ai soli fini del rilascio della valutazione di impatto ambientale (VIA), alle opere alle quali la legge si riferisce si applicano le disposizioni di cui alla L. 349/1986 e al D.P.R. 377/1988 e successive modificazioni e, fino al recepimento, della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, tale autorizzazione comprende l’autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni di competenza delle amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali.
Di talché, occorre desumere che anche l’autorizzazione per l’immersione di materiali di escavo di fondali marini di cui all’art. 35, co. 2, D.Lgs. 152/1999, la cui competenza è in via ordinaria attribuita alla Regione dall’art. 21 della L. 179/2002, è da ricomprendere nell’ambito del procedimento unico di cui alla L. 55/2002 senza che all’amministrazione regionale residui uno specifico potere in merito, da esercitare autonomamente ed in una diversa e separata sede.
D’altra parte - premesso che, come evidenziato nella sentenza di questo Tribunale, Sezione II bis 23 agosto 2005, n. 6267, le opere marittime autorizzate sono state esaminate nel corso del procedimento di VIA come risulta dal relativo decreto n. 680 del 6 novembre 2003 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, alle pagg. 12 e 13, nella parte in cui viene svolta un’ampia valutazione delle opere connesse alla conversione a carbone della centrale (banchina per lo scarico del carbone, di lunghezza complessiva di circa 350 m, larghezza 30 m e pescaggio 18 m; banchina per lo scarico del calcare ed il carico di gesso e ceneri, di lunghezza 200 m, larghezza 15 m e pescaggio 12 m, approssimativamente parallela al filo di costa e perpendicolare alla banchina carbone) – l’ipotesi che nella concreta esecuzione delle opere emergano situazioni rilevanti sotto il profilo ambientale e, quindi, da sottoporre ad ulteriore valutazione, è espressamente presa in considerazione sia dalla L. 349/1986 che dal D.P.C.M. 377/1988, richiamati dall’art. 1 del decreto c.d. “sblocca centrali”.
In particolare, come già rilevato nell’esame delle pregiudiziali comunitarie proposte dall’amministrazione resistente, l’art. 6, co. 6, della L. 349/1986 prevede che, qualora nell’esecuzione delle opere il Ministro dell’Ambiente ravvisi comportamenti contrastanti con il parere sulla compatibilità ambientale espresso o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, ordina la sospensione dei lavori e rimette la questione al Consiglio dei Ministri; l’art. 1, co. 2, del D.P.C.M. 377/1988 prevede altresì che la procedura di valutazione di impatto ambientale di cui all’art. 6 della L. 349/1988 si applica anche agli interventi su opere, quali quelle in discorso, già esistenti e, quindi, già assoggettate a procedura di VIA qualora da tali interventi derivi un’opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente.
Ne consegue che l’Autorità statale (id est: il Ministero dell’Ambiente) ha il potere di intervenire sia nell’ipotesi paventata dal Presidente della Regione Lazio nell’ordinanza impugnata, in cui nell’esecuzione dell’opera siano ravvisati comportamenti tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ambientale, e, in tal caso, ordina la sospensione dei lavori rimettendo la questione al Consiglio dei Ministri, sia in una qualunque ipotesi di modifica sostanziale delle caratteristiche dell’opera già oggetto di procedura di VIA e, in tal caso, assoggetta nuovamente l’opera, così come modificata, a valutazione di impatto ambientale.
Né tale assetto di competenze appare mutato per l’entrata in vigore del D.Lgs. 59/2005, recante norme per l’attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento.
Sulla base di tali considerazioni, deve allora rilevarsi che, diversamente da quanto indicato nel provvedimento regionale del 10 febbraio 2006, le opere a mare connesse alla trasformazione della centrale termoelettrica sono state espressamente considerate nel decreto VIA n. 680/2003 emanato nel corso del procedimento unico conclusosi con l’autorizzazione unica rilasciata del Ministero delle Attività Produttive con decreto del 24 dicembre 2003 e, soprattutto, che l’ordinanza contingibile ed urgente è stata emanata in un ambito che, di esclusiva competenza statale, non può essere considerato di competenza regionale.
Di qui, l’errata applicazione dell’art. 10 della L.R. 74/1991, non sussistendone i relativi presupposti, e la conseguente emanazione in carenza di potere di un atto lesivo della sfera giuridica dei destinatari.
La fondatezza della censura in esame determina, assorbiti gli ulteriori motivi dedotti con il ricorso introduttivo, la fondatezza dello stesso e, per l’effetto, l’annullamento dei provvedimenti impugnati, vale a dire dell’ordinanza del Presidente della Regione Lazio n. Z0001 del 10 febbraio 2006 e della presupposta deliberazione della Giunta Regionale n. 59/2006 del 10 febbraio 2006.


3 Con i motivi aggiunti, l’Enel S.p.A. e l’Enel Produzione S.p.A. hanno impugnato, in particolare, la delibera della Giunta Regionale del Lazio n. 181 del 31 marzo 2006 avente ad oggetto “Provvedimento definitivo a tutela dell’ambiente in relazione alle opere a mare della Centrale Termoelettrica dell’Enel di Torvaldaliga Nord sita in Civitavecchia – Presa d’atto di conclusione del procedimento” ed il presupposto provvedimento della Regione Lazio – Dip. Territorio del 28 marzo 2006 avente ad oggetto “Porto di Civitavecchia – Opere di dragaggio in funzione del progetto definitivo di costruzione delle banchine destinate agli accosti Enel – Diniego di autorizzazione”.


Con il provvedimento del 31 marzo 2006, la Giunta Regionale ha deliberato di:


• prendere atto del provvedimento dirigenziale del 28 marzo 2006 di diniego di autorizzazione all’escavo relativo alle opere di realizzazione delle banchine destinate agli accosti Enel;
• inviare la delibera al Ministero dell’Ambiente affinché avvii una nuova valutazione di impatto ambientale relativamente alle opere a mare suindicate;
• prendere atto che il provvedimento presidenziale del 10 febbraio 2006 di sospensione dei lavori cessa di produrre effetti a seguito della deliberazione e deve ritenersi automaticamente caducato in ragione del perseguimento delle finalità per le quali la L.R. 74/1991 prevede tale potere extra ordinem, considerato che i valori ambientali che si è inteso tutelare devono ritenersi comunque salvaguardati dalla inibitoria, allo stato degli atti, derivante dal diniego di autorizzazione all’escavo.


Il provvedimento è stato adottato:
- rilevato che la Capitaneria di Porto, in data 27 maggio 2005, ha inoltrato alla Regione Lazio istanza per le opere di dragaggio in funzione del progetto definitivo, ai sensi dell’art. 21 L. 179/2002, con la quale è stato richiesto un escavo per complessivi 3 milioni di metri cubi a fronte di una richiesta presentata con la documentazione integrativa prodotta nel procedimento di VIA nazionale che prevedeva un quantitativo di 1.227.000 metri cubi;
- rilevato che, non essendo state ritenute esaustive le deduzioni presentate dalla società Enel, in mancanza di chiarimenti e di documentazione tecnica in merito all’eccedenza del quantitativo di escavo previsto nel progetto definitivo e alla destinazione finale dello stesso, la competente Direzione regionale – Area Valutazione Impatto Ambientale della Regione Lazio ha concluso il procedimento in data 28 marzo 2006 emettendo provvedimento di diniego di autorizzazione all’escavo relativo alle opere di dragaggio inerenti la realizzazione delle banchine destinate agli accosti Enel, provvedimento del quale la Giunta Regionale prende atto;
- ritenuto che occorre comunque provvedere a sollecitare il Ministero dell’Ambiente quanto ad una nuova procedura di VIA nazionale in merito a dette opere, con salvezza dell’esercizio dei poteri di competenza regionale in materia;
- ritenuto che, a seguito dell’adozione dell’atto, deve ritenersi superato il provvedimento contingibile e urgente presidenziale, atteso che la risorsa ambientale che era posta in pericolo è comunque da ritenersi salvaguardata in ragione della inibitoria dei lavori in conseguenza del provvedimento dirigenziale di diniego di autorizzazione all’escavo; ciò che consente di attendere l’esito della VIA sollecitata;
- ritenuto che, in definitiva, sono venute meno le ragioni per le quali si impegnava il Presidente della Giunta Regionale ad adottare i provvedimenti contingibili ed urgenti a tutela dell’ambiente;
- ritenuto che appare rispettato il disposto dell’art. 10 della L.R. 74/1991, costituendo la delibera provvedimento definitivo e conclusivo, preso entro il termine di 90 giorni previsto nell’ordinanza presidenziale del 10 febbraio 2006.
La delibera della Giunta Regionale del 31 marzo 2006 è un atto plurimo.
Il Collegio osserva che può definirsi plurimo il provvedimento caratterizzato da un’unitarietà solo formale ma non anche sostanziale in quanto scindibile in una pluralità di atti di identico o di diverso contenuto.
Ciascuno dei singoli atti contenuti nel provvedimento plurimo è indipendente e non segue necessariamente la sorte che, eventualmente, investa uno di essi.
Nel caso di specie, la fondatezza dei motivi aggiunti, nei sensi e nei limiti di seguito indicati, dà conto dell’illegittimità dell’atto con cui l’amministrazione regionale ha negato l’autorizzazione all’escavo.
Viceversa, non è viziato l’atto con cui la Regione ha determinato di inviare la delibera stessa al Ministero dell’Ambiente affinché avvii una nuova valutazione di impatto ambientale relativamente alle opere a mare.
Inoltre, non è in contestazione la legittimità della delibera laddove prende atto della cessazione dell’efficacia dell’ordinanza contingibile ed urgente con cui il Presidente della Regione ha sospeso la realizzazione delle suddette opere a mare.


3.1 Con il primo motivo aggiunto, le società ricorrenti – specificato che le opere a mare, inclusi i dragaggi funzionali alla loro realizzazione, in quanto opere connesse, sarebbero state oggetto, in un primo momento, della valutazione di impatto ambientale conclusa con D.M. del 6.11.2003 e, successivamente, dell’autorizzazione unica del Ministero delle Attività Produttive del 24.12.2003 rilasciata in conformità alla normativa specifica che disciplina il procedimento autorizzatorio dell’impianto, costituita dalla L. 55/2002 – hanno evidenziato che la normativa speciale disciplinante l’intervento richiederebbe una sola procedura di VIA statale comprendente le opere di conversione a carbone della centrale e quelle connesse quali sono le opere a mare, sicché non vi sarebbe margine per una ulteriore e separata procedura di VIA che riguardi le sole opere a mare ed i dragaggi strumentali alla loro realizzazione, già oggetto di VIA espletata nel corso del procedimento. In particolare, in merito alla costruzione ed esercizio di un impianto soggetto alla disciplina della normativa c.d. “sblocca centrali”, in deroga alle situazioni ordinarie, non vi sarebbe margine per alcun altro atto autorizzatorio diverso dall’autorizzazione unica e, con l’emanazione dei provvedimenti di propria competenza previsti dall’art. 1 della L. 55/2002, la Regione Lazio avrebbe esaurito il proprio potere nell’ambito dell’intervento.


L’articolata doglianza presenta profili di fondatezza.


In via preliminare, sebbene l’argomentazione concernente l’esonero delle opere a mare dalla procedura di Via, a base dell’ordinanza contingibile ed urgente di sospensione lavori, non sembra riproposta nella successiva delibera di Giunta Regionale, occorre ribadire che le opere marittime autorizzate, come esplicitamente indicato nella sentenza di questo Tribunale, Sezione II bis, 23 agosto 2005, n. 6267, sono state esaminate nel corso del procedimento di VIA come risulta dal testo del relativo decreto n. 680 del 6 novembre 2003, alle pagg. 12 e 13, nella parte in cui è svolta una ampia valutazione delle opere connesse alla conversione a carbone della centrale.
In particolare, riguardo alle opere connesse, la trasformazione della centrale prevede la realizzazione di una banchina per lo scarico del carbone, di lunghezza complessiva di circa 350 m, lunghezza 30 m e pescaggio 18 m nonché una banchina per lo scarico del calcare ed il carico di gessi e ceneri, di lunghezza 200 m, larghezza 15 m e pescaggio 12 m.
Per quanto maggiormente interessa in questa sede, nel citato decreto di valutazione di impatto ambientale, è indicato che, relativamente ai dragaggi previsti per la realizzazione delle banchine calcare-gesso-ceneri e carbone, in risposta ad una specifica richiesta di chiarimenti da parte della Commissione VIA, concernenti l’aumento dei dragaggi ed il bilancio dei materiali rispetto a quanto previsto dal progetto della Darsena Energetico Grandi Masse, Enel ha fornito, tra l’altro, le seguenti informazioni:
- in totale il volume aggiuntivo dei materiali da dragare è pari a 1.227.000 mc a fronte di un volume originario di materiale da dragare previsto dal progetto Darsena Energetico Grandi Masse pari a 4.200.000 mc;
- i materiali risultanti dai dragaggi aggiuntivi del progetto dei pontili di Enel Produzione (1.227.000 mc) saranno utilizzati per il riempimento dell’area in radice al nuovo pontile principale e per il riempimento del pontile stesso (circa 200.000 mc); ulteriori 300.000 mc saranno utilizzati per riempimenti nell’area di centrale. La parte rimanente sarà conferita all’Autorità Portuale, in accordo con quest’ultima, che la utilizzerà per realizzare alcune colmate in ambito portuale;
- preliminarmente alla realizzazione dei dragaggi si provvederà alle operazioni di trapianto della Posidonia a, al fine di contenere la diffusione del materiale risospeso, durante la fase dei dragaggi si realizzerà una scogliera protettiva provvisoria costituente il molo di sottoflutto del progetto originario della “Darsena Energetico Grandi Masse”. La scogliera provvisoria sarà rimossa a valle della realizzazione della banchina carbone di Enel Produzione, che avrà funzione anche di molo di sottoflutto.
Ciò posto, il Collegio ritiene che la censura sia fondata, in primo luogo, per la violazione della L. 55/2002 e del sistema di competenze da essa predisposto.
L’autorizzazione unica ex L. 55/2002, come più volte evidenziato, comprende l’autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di competenza delle amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali, sicché l’autorizzazione per l’immersione di materiali di escavo di fondali marini di competenza regionale prevista dall’art. 21 della L. 179/2002 e dall’art. 35, co. 2, del D.Lgs. 152/1999, in base al chiaro disposto normativo, è da ritenere compresa nell’ambito del procedimento unico di cui alla citata legge senza che alla Regione residui uno specifico potere in merito, da esercitare autonomamente ed in una diversa e separata sede.
L’autorizzazione per l’immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo, quindi, non è stata esclusa dal procedimento autorizzatorio per la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW, ma, essendo stata sostituita dall’autorizzazione unica, è da ritenere oggetto di una valutazione compresa nell’ambito del procedimento unico di competenza statale.
Né, si ribadisce, è ammissibile introdurre nel presente giudizio eventuali questioni afferenti a supposti profili di illegittimità del procedimento unico atteso che tale argomento esula dal thema decidendum del presente giudizio.
In sostanza, il Collegio ritiene che, sebbene il diniego di autorizzazione all’escavo sia stato adottato dall’amministrazione regionale in esito ad un procedimento ad istanza di parte, detta amministrazione, nella fattispecie in esame, sia priva di tale potere autorizzatorio in quanto anche il relativo procedimento è da ritenere compreso nel procedimento unico introdotto dalla normativa speciale di cui alla L. 55/2002.
In particolare, l’impugnato diniego è stato adottato in esito all’istanza inoltrata dalla Capitaneria di Porto il 27 maggio 2005 per gli interventi di dragaggio a mare, ai sensi dell'art. 21 L. 179/2002, con la quale è stato richiesto un escavo per complessivi 3 milioni di metri cubi.
Peraltro, con successiva nota del 5 agosto 2005 indirizzata all’Autorità Portuale di Civitavecchia, alla Capitaneria di Porto di Civitavecchia ed alla Regione Lazio, l’Enel, a parziale modifica dell’istanza presentata in data 17 maggio 2005 intesa ad ottenere l’autorizzazione ad effettuare interventi di dragaggio nell’area rilasciata in concessione antistante la Centrale di Torrevaldaliga Nord, ha precisato, tra l’altro, che nel progetto da essa stessa presentato il 22 aprile 2002 al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio per la pronuncia di compatibilità ambientale e richiamato dal decreto VIA 680/2003 è previsto il riutilizzo di parte del materiale proveniente dalle operazioni di dragaggio per riempimenti nell’ambito delle attività di cantiere (circa 500.000 mc) e che il previsto impiego del materiale di dragaggio è coerente con i contenuti dell’art. 35 del D.Lgs. 152/1999, secondo cui l’autorizzazione all’immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi è rilasciata dall’autorità competente solo quando è dimostrata, nell’ambito dell’istruttoria, l’impossibilità tecnica o economica del loro utilizzo ai fini di ripascimento o di recupero ovvero lo smaltimento alternativo.
Alla luce di quanto sopra, l’Enel ha sostenuto che il riutilizzo del materiale di escavo relativo alla prima fase delle operazioni di dragaggio, per un ammontare complessivo di circa 500.000 mc, risulta già autorizzato dal decreto di compatibilità ambientale 680/2003 emanato dal Ministero dell’Ambiente e dal decreto del Ministero delle Attività Produttive n. 55/2003, ritenendo conseguentemente di aver adempiuto ad ogni prescritta autorizzazione.
Di talché, considerato che l’autorizzazione per l’immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo, ai sensi della L. 55/2002, è da considerare compresa nell’ambito del procedimento unico di competenza statale, occorre verificare che cosa, per quanto attiene all’argomento in discussione, abbia costituito oggetto del decreto VIA 680/2003 e del successivo decreto di autorizzazione unica 55/2003.
Il Ministero delle Attività Produttive, Direzione Generale per l’energia e le risorse minerarie – visto l’art. 1 del D.L. 7/2002, in base al quale la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore ai 300 MW termici, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi, sono dichiarati opere di pubblica utilità e soggetti ad un’autorizzazione unica, la quale comprende l’autorizzazione ambientale integrata, di cui alla direttiva n. 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, e sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, anche in materia ambientale – ha rilasciato, in data 24 dicembre 2003, ad Enel Produzione S.p.A., ai sensi della indicata normativa, l’autorizzazione, anche per quanto concerne l’autorizzazione ambientale integrata, di cui alla direttiva n. 96/61/CE del Consiglio del 24 settembre 1996, alla costruzione e all’esercizio della esistente centrale termoelettrica di Torre Valdaliga Nord nella configurazione alimentata a carbone, cosituita da tre sezioni della potenza elettrica complessiva di circa 1980 MW e delle opere infrastrutturali connesse, ivi comprese quelle marittime e portuali, come riportate nell’istanza autorizzativa e nella ulteriore documentazione trasmessa, specificando che la costruzione della centrale e delle opere connesse dovrà avvenire in conformità al progetto preliminare approvato nel corso dell’istruttoria e subordinando l’autorizzazione al rispetto delle prescrizioni formulate dalle amministrazioni interessate e riportate in apposito allegato, che costituisce parte integrante del decreto.
Detta autorizzazione unica, tra gli atti endoprocedimentali, richiama l’esito favorevole della procedura di VIA di cui al decreto n. 680 del 6 novembre 2003.
Con il decreto di pronuncia di compatibilità ambientale n. 680/2003, il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, di concerto con il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, ha espresso giudizio positivo circa la compatibilità ambientale del progetto della Enel Produzione S.p.A. relativo alla conversione a carbone dell’esistente centrale termoelettrica alimentata ad olio combustibile ubicata in Comune di Civitavecchia, località Torrevaldaliga Nord, a condizione dell’osservanza delle prescrizioni formulate.
Nell’ambito del decreto VIA 680/2003 è indicato che in totale il volume aggiuntivo dei materiali da dragare è pari a 1.227.000 mc a fronte di un volume originario di materiali da dragare previsto dal progetto Darsena Energetico Grandi Masse pari a 4.200.000 mc e che i materiali risultanti dai dragaggi aggiuntivi del progetto dei pontili di Enel Produzione (1.227.000 mc) saranno utilizzati per il riempimento dell’area in radice al nuovo pontile principale e per il riempimento del pontile stesso (circa 200.000 mc); ulteriori 300.000 mc saranno utilizzati per riempimenti nell’area di centrale, mentre la parte rimanente sarà conferita all’Autorità Portuale, in accordo con quest’ultima, che la utilizzerà per realizzare alcune colmate in ambito portuale.
Ne consegue che, in relazione alla prima fase di dragaggio aggiuntivo, che prevede un escavo di 500.000 mc, è previsto il riutilizzo dei materiali in attività a terra e non la loro immersione in mare, sicché non sussiste dubbio che l’attività di dragaggio sia stata già prevista e consentita dal decreto VIA 680/2003 e dalla successiva autorizzazione unica, con conseguente superfluità di ogni ulteriore valutazione amministrativa.
Allo stesso modo, anche per la residua escavazione contemplata dal citato decreto VIA, ossia fino ad un totale di volume aggiuntivo dei materiali da dragare pari a 1.227.000 mc, in relazione alla quale i materiali risultanti dai dragaggi saranno conferiti all’Autorità Portuale per la realizzazione di alcune colmante in ambito portuale, la sua valutazione nell’ambito del procedimento unico esclude qualunque ulteriore intervento amministrativo, ad eccezione, ovviamente, del caso in cui i lavori in concreto effettuati differiscano da quelli autorizzati nel quale sovviene il disposto di cui all’art. 6, co. 6, della L. 349/1986.
Di qui, attesa l’assoluta incompetenza a provvedere in merito, l’illegittimità dell’impugnata delibera di Giunta Regionale, nella parte in cui, negando l’autorizzazione all’escavo, inibisce di fatto la prosecuzione della realizzazione delle opere anche con riferimento ai dragaggi fino ad un volume aggiuntivo di 1.227.000 mc già autorizzato in sede VIA 680/2003.


3.2 Per quanto attiene al dragaggio di ulteriori volumi di materiale, occorre osservare che le ricorrenti, nel secondo motivo aggiunto, hanno evidenziato che, in previsione della esecuzione delle attività di dragaggio, Enel e Compagnia Porto di Civitavecchia (titolare del decreto autorizzativo per la realizzazione della Darsena energetico grandi masse) avrebbero stabilito di suddividersi le aree, sicché i dragaggi sarebbero effettuati per 2.427.000 mc a cura della Compagnia Porto di Civitavecchia e per 3.000.000 mc a cura dell’Enel, senza che tale accordo possa l’implicare l’aumento di cubatura imputabile ai lavori di riconversione della centrale o che il quantitativo complessivo dei dragaggi da effettuare non sia stato valutato nell’ambito della VIA.
Tra la cospicua documentazione, è stato prodotto in giudizio l’art. 5 dell’addendum agli accordi parasociali, intercorsi tra Enel Produzione S.p.A., Compagnia Italpetroli S.p.A. e Compagnia Porto di Civitavecchia S.p.A., in cui è stabilito che Enel Produzione si impegna ad eseguire, a proprie cura e spese, i dragaggi relativi alle aree prospicienti le banchine e parte di quelli relativi al bacino di evoluzione, necessari anche in assenza di diga foranea, nonché la loro messa in dimora nella colmata della Darsena, il tutto fino a complessivi 2,5 milioni di metri cubi. Tali dragaggi, ad eccezione di quelli relativi all’imbasamento dei cassoni, verrano indicativamente iniziati nell’ultimo trimestre dell’anno 2006. Il relativo materiale di risulta verrà messo a dimora nella colmata realizzata tramite la cassonatura della banchina di riva, che dovrà essere stata già realizzata alla predetta data da Compagnia Porto di Civitavecchia.
Il volume di 4.200.000 mc di materiali da dragare, come evincibile dallo stesso decreto VIA 680/2003 relativo al progetto per la conversione a carbone della centrale termoelettrica di Torrevaldaliga Nord, è stato previsto dal progetto Darsena Energetico Grandi Masse.
Il decreto VIA n. 6923/2002 concernente il progetto relativo alla variante al Piano Regolatore Portuale di Civitavecchia “Darsena Energetico Grandi Masse” da realizzarsi in ambito portuale nel Comune di Civitavecchia è stato pronunciato su istanza presentata dall’Autorità Portuale di Civitavecchia e non compare tra gli atti endoprocedimentali del procedimento unico conclusosi con il decreto del Ministero delle Attività Produttive di autorizzazione all’Enel Produzione di costruzione ed esercizio della esistente centrale termoelettrica di Torre Valdaliga Nord nella configurazione alimentata a carbone.
Nella nota del 27 maggio 2005, trasmessa dalla Capitaneria di Porto di Civitavecchia alla Regione Lazio, emerge, peraltro, che la Enel Produzione S.p.A. ha presentato, in data 17 maggio 2005, documentazione intesa ad ottenere l’autorizzazione ad effettuare interventi di dragaggio a mare nell’area in concessione antistante la centrale termoelettrica di Torre Valdaliga Nord finalizzata alla realizzazione delle banchine, principale e secondaria e del bacino di evoluzione, funzionali all’approvvigionamento del carbone una volta convertito l’impianto industriale; in particolare, per la realizzazione di detti pontili, è indicato come necessario procedere al dragaggio dei seguenti volumi di materiale: 360.000 mc per il pontile principale; 140.000 mc per il pontile secondario, per un totale stimato di ca. 500.000 mc.
La nota prosegue indicando come, in accordo a quanto previsto nel decreto di valutazione di impatto ambientale n. 680/2003, il materiale, per circa 200.000 mc, è destinato al riempimento nell’area posta in radice al pontile principale e per il riempimento del pontile stesso e, per ca. 300.000 mc, è destinato per riempimenti nell’area di centrale. Ulteriori 2.500.000 mc, necessari per consentire la manovra e l’accosto delle navi carboniere ai pontili Enel, saranno dragati successivamente e i relativi materiali di risulta saranno conferiti in un’apposita vasca di colmata realizzata nell’ambito del progetto de quo.
Il Collegio, pertanto, rileva che, rispetto a quanto già oggetto di valutazione nella pronuncia di compatibilità ambientale concernente la riconversione a carbone della centrale, gli interventi di dragaggio a mare prospettati da Enel Produzione S.p.A., quand’anche relativi a dragaggi previsti dal progetto Darsena Energetico Grandi Masse, rappresentano, per la parte eccedente il volume di 1.227.000 mc, un quid novi, in relazione al quale sussiste l’esigenza di una nuova pronuncia dell’autorità amministrativa sulla compatibilità ambientale degli stessi, anche con riferimento all’eventuale reimmissione in mare dei materiali rivenienti dall’escavazione.
Purtuttavia, l’impugnata delibera della Giunta Regionale, nella parte in cui nega l’autorizzazione all’escavo, si rivela comunque illegittima, per violazione della L. 55/2002, non rientrando nel potere dell’amministrazione regionale rilasciare l’autorizzazione nemmeno per i volumi da dragare superiori a 1.227.000 mc.
In altri termini, mentre per le attività di dragaggio sino al volume di 1.227.000 mc non è più dovuto alcun intervento amministrativo in quanto Enel Produzione S.p.A. è stata autorizzata allo svolgimento delle relative attività dal decreto del Ministero delle Attività Produttive n. 55/2003 che ha richiamato il decreto VIA 680/2003, sicché la Società può senz’altro procedere alla esecuzione dei lavori, per le attività di dragaggio oltre il volume di 1.227.000 mc, in quanto non previste specificamente nel procedimento unico per la riconfigurazione della centrale a carbone, si rende necessaria una ulteriore valutazione di compatibilità ambientale, ma tale valutazione è di competenza statale e non regionale.
L’art. 1, co. 2, della L. 55/2002 dispone che, ai soli fini del rilascio della valutazione d’impatto ambientale, alle opere cui la legge si riferisce si applicano le disposizioni di cui alla L. 349/1986 e al D.P.C.M. 377/1988 e successive modificazioni; fino al recepimento della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, tale autorizzazione comprende l’autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di competenza delle amministrazioni interessate e degli altri enti pubblici territoriali.
L’art. 6, co. 6, della richiamata L. 349/1986 prevede che, qualora nell’esecuzione dell’opera soggetta a VIA ravvisi comportamenti contrastanti con il parere sulla compatibilità ambientale già espresso, o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, il Ministero dell’Ambiente ordina la sospensione dei lavori e rimette la questione al Consiglio dei Ministri, mentre l’art. 1 del D.P.C.M. 377/1988, nello specificare che sono sottoposti alla procedura di valutazione di cui all’art. 6 della L. 349/1986, tra l’altro, i progetti delle opere relative a centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW, indica, al secondo comma, che la stessa procedura di VIA si applica agli interventi su opere già esistenti qualora da tali interventi derivi un’opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente, sicché la Regione è priva di un proprio potere di sospensione dei lavori o in qualunque modo ostativo alla prosecuzione degli stessi, potendo invece sollecitare il competente Ministero dell’Ambiente all’eventuale esercizio dei propri poteri in materia.
In sostanza, il combinato disposto degli artt. 6 e 8 L. 349/1986 e dell’art. 1 L. 55/2002, riservando all’autorità statale (id est: al Ministero dell’Ambientale) i poteri di intervento in materia, preclude l’intervento regionale pur previsto dalle norme ordinarie su cui detta normativa speciale prevale.
Né la questione assume diversa caratterizzazione per l’entrata in vigore del D.Lgs. 59/2005, attuazione integrale della direttiva CE 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento.
Anche ai sensi di tale decreto legislativo, infatti, le centrali termiche e gli altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW rientrano tra le categorie di impianti di competenza statale e, in particolare, l’autorità competente è individuata nel Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.
Pertanto, l’atto di diniego di autorizzazione all’escavo contenuto nell’impugnata delibera di Giunta Regionale è illegittimo sia con riferimento alle attività di dragaggio sino a 1.227.000 mc, perché sino a tale limite le stesse sono state già oggetto di specifica VIA e sono comprese nel decreto di autorizzazione unica, sia con riferimento alle attività di dragaggio oltre 1.277.000 mc, perché le stesse, in quanto non espressamente contemplate nel decreto di autorizzazione unica che richiama il decreto VIA 680/2003 ma non anche il decreto VIA 6923/2002, sono da sottoporre alla valutazione dell’autorità amministrativa statale (id est: del Ministero dell’Ambiente), sicché l’amministrazione regionale ha comunque agito in carenza di potere.
Di contro, sulla base di tutte le considerazioni esposte, non è illegittimo, per la richiesta attività di dragaggio superiore al volume di 1.227.000 mc, l’atto con cui la Giunta Regionale ha determinato di inviare la delibera al Ministero dell’Ambiente per una nuova valutazione di impatto ambientale relativamente alle opere a mare, atteso che, con riferimento alle suddette attività non comprese nella VIA 680/2003, occorre una specifica pronuncia della competente autorità statale.


3.3 In conclusione, rilevata la sostanziale ininfluenza delle altre censure, il Collegio ritiene fondati, nei termini indicati, i motivi aggiunti nella parte in cui è impugnato l’atto di diniego all’escavo per le opere di realizzazione delle banchine, mentre, beninteso per il solo quid novi, vale a dire per la sola parte dell’escavazione superiore al limite di 1.227.000 mc di cui alla VIA 680/2003, la Regione ha correttamente sollecitato il Ministero dell’Ambiente ad una nuova valutazione di impatto ambientale.


4. La fondatezza del ricorso introduttivo, con il conseguente annullamento degli atti impugnati, nonché la fondatezza, nei sensi e nei limiti indicati, dei motivi aggiunti, con conseguente parziale annullamento degli atti con questi ultimi impugnati, impongono l’esame delle domande di risarcimento dei danni proposte da Enel S.p.A. e da Enel Produzione S.p.A., mentre, nell’esame delle eccezioni in rito, il Collegio ha già rilevato l’inammissibilità delle richieste risarcitorie pervenute da interventori ad adiuvandum.
L’astratta risarcibilità dei danni derivanti da lesione dell’interesse legittimo, sia esso di tipo oppositivo o pretensivo, è indubbia.
In tal senso depongono sia le innovazioni normative, frutto anche dello stimolo proveniente dalla disciplina comunitaria, introdotte prima dal D.Lgs. 80/1998 e poi dalla L. 205/2000, sia l’indirizzo giurisprudenziale formulato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione a partire dalla nota sentenza n. 500/1999.
In particolare, l’art. 35 del D.Lgs. 80/1998, come sostituito dall’art. 7 della L. 205/2000, nel prevedere la possibilità del risarcimento danni nelle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non opera alcuna distinzione tra le posizioni di diritto soggettivo e quelle di interesse legittimo, inducendo a ritenere che non è esclusa la possibile risarcibilità quando il danno derivi da lesione di interesse legittimo, ma soprattutto l’art. 7, co. 3, della L. 1034/1971, come sostituito dal nuovo art. 35, co. 4, del D.Lgs. 80/98, devolve alla cognizione dei Tribunali Amministrativi tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno anche in giurisdizione generale di legittimità postulando, evidentemente, che possa sussistere un problema risarcitorio in caso di violazione di interessi legittimi.
Per altro verso, l’orientamento introdotto con la citata sentenza n. 500 del 22 luglio 1999 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nell’evidenziare che la normativa sulla responsabilità aquiliana ha la funzione di riparazione del danno ingiusto e cioè del danno che l’ordinamento non può tollerare rimanga a carico della vittima, ma che va trasferito sull’autore del fatto in quanto lesivo di interessi giuridicamente rilevanti quale che sia la loro qualificazione formale, ha sradicato il tradizionale, anche se non più monolitico, indirizzo giurisprudenziale della irrisarcibilità del danno derivante da lesione di interesse legittimo fondato sulla considerazione che la fattispecie dell’illecito civile ex art. 2043 c.c. richiede necessariamente la violazione di un diritto soggettivo.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che, ai fini della responsabilità aquiliana, non assume rilievo determinante la qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal soggetto, poiché la tutela risarcitoria è assicurata solo in relazione all’ingiustizia del danno, che costituisce fattispecie autonoma, contrassegnata dalla lesione di un interesse giuridicamente rilevante.
Il diritto al risarcimento del danno, quindi, è un diritto soggettivo distinto dalla posizione giuridica soggettiva la cui lesione è fonte di danno ingiusto, la quale può avere, indifferentemente, natura di diritto soggettivo, di interesse legittimo o di interesse comunque rilevante per l’ordinamento.
Un rilievo centrale è assunto dal danno, del quale è previsto il risarcimento qualora sia ingiusto e cioè prodotto non iure, in assenza di una causa di giustificazione, mentre la colpevolezza della condotta, in quanto contrassegnata da dolo o colpa, attiene all’imputabilità della responsabilità.
La lesione dell’interesse legittimo, peraltro, è condizione necessaria ma non sufficiente per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c. in quanto occorre altresì che risulti leso, per effetto dell’attività illegittima e colpevole dell’amministrazione pubblica, l’interesse al bene della vita al quale, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, l’interesse legittimo effettivamente si collega.
Pertanto, la responsabilità aquiliana dell’amministrazione ex art. 2043 c. c. e, di conseguenza, la risarcibilità del danno derivante dalla lesione di un interesse legittimo, può dirsi sostanzialmente subordinata alla verifica delle seguenti condizioni:
a) un evento dannoso, vale a dire un evento che abbia causato la lesione del bene della vita costituente il lato interno della posizione giuridica soggettiva;
b) l’ingiustizia del danno, vale a dire il danno prodotto non iure, in assenza di cause di giustificazione al lesivo operato della pubblica amministrazione che abbia inciso su un interesse rilevante per l’ordinamento;
c) il nesso di causalità, vale a dire l’accertamento, secondo i criteri generali, della riferibilità dell’evento dannoso ad un’attività, commissiva od omissiva, dell’amministrazione;
d) la responsabilità dell’amministrazione, vale a dire la riferibilità del danno ad una condotta dolosa o colposa dell’amministrazione, non essendo invocabile il principio secondo cui la colpa sarebbe in re ipsa quando l’amministrazione adotti un provvedimento illegittimo.
Nella controversia in esame, ai fini della delibazione della questione risarcitoria, occorre distinguere tre diversi segmenti temporali.
Il primo comprende il periodo tra il 10 febbraio 2006 (data dell’ordinanza di sospensione dei lavori adottata dal Presidente della Regione Lazio) o, meglio, la data in cui il provvedimento ha concretamente avuto effetto ed il 31 marzo 2006 (data di adozione della delibera della Giunta Regionale di diniego di autorizzazione all’escavo); il secondo è relativo al periodo tra il 31 marzo 2006 ed il 20 aprile 2006 (data di pubblicazione dell’ordinanza cautelare n. 512/2006 emessa da questo Tribunale), mentre il terzo è il periodo successivo al 20 aprile 2006.
Per tale ultimo periodo - considerato che con ordinanza n. 512/2006 è stata accolta la domanda incidentale di sospensione, proposta con i motivi aggiunti, nella parte in cui gli atti impugnati non consentono la prosecuzione dei lavori nei limiti di escavazione già previsti con il decreto VIA n. 680/6.11.2003 - Enel Produzione ha avuto la possibilità di riprendere i lavori, per cui, essendosi verificata, sia pure per effetto della pronuncia giurisdizionale in sede cautelare, una sorta di restitutio in integrum, è venuto meno l’evento dannoso, sicchè non sussiste un problema risarcitorio.
Un evento lesivo, invece, sussiste per gli altri due intervalli temporali in quanto, per effetto dell’attività amministrativa riconosciuta illegittima in sede giurisdizionale, è stato pregiudicato, durante il periodo dal 10 febbraio 2006 al 20 aprile 2006, il bene della vita al quale il titolare dell’interesse legittimo aspirava, ossia la possibilità di proseguire i lavori per le opere a mare connesse alla conversione a carbone della centrale termoelettrica di Torrevaldaliga.
L’interesse leso, pertanto, è un interesse giuridicamente rilevante, cioè un interesse considerato e tutelato dall’ordinamento, ed in quanto tale la sua lesione determina, in presenza degli ulteriori elementi costitutivi dell’illecito, la risarcibilità del danno patrimoniale sofferto.
Inoltre, non sussiste alcuna causa giustificativa dell’attività amministrativa tale da escludere l’antigiuridicità del danno patìto dal ricorrente, mentre è presente il nesso eziologico tra la condotta dell’amministrazione e l’evento dannoso atteso che quest’ultimo, concretandosi in una sospensione dei lavori, è evidentemente riferibile alla censurata attività amministrativa che aveva illegittimamente inibito la prosecuzione degli stessi.
Pertanto, la sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’amministrazione regionale e la conseguente risarcibilità del danno patrimoniale sofferto da Enel Produzione discende dalla colpevolezza o meno della condotta amministrativa posta in essere.
In altri termini, occorre verificare se la condotta amministrativa, a prescindere dall’elemento estrinseco rappresentato dall’illegittimità degli atti che, di per sé solo, non è sufficiente a determinare l’imputabilità all’amministrazione della responsabilità per le conseguenze dannose della propria azione, è stata caratterizzata da un atteggiamento soggettivo doloso o colposo, tale quindi da far apprezzare la presenza di un danno ingiusto idoneo a determinare la risarcibilità della posizione giuridica lesa.
Il dolo e la colpa, infatti, costituiscono il più generale criterio giuridico mediante il quale le conseguenza dannose vengono trasferite, sul piano patrimoniale, dal danneggiato al danneggiante e ad essi, per l’appunto, si riferisce l’art. 2043 c.c., secondo cui qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga chi ha commesso il fatto a risarcire il danno.
Il Collegio, insomma, ritiene che a fondamento della responsabilità civile della pubblica amministrazione derivante da attività provvedimentale illegittima vi sia il principio per cui obbliga al risarcimento quel solo danno frutto di un atto caratterizzato da un processo volitivo qualificabile come dolo o colpa in senso stretto.
Di talché, esclusa evidentemente ogni ipotesi dolosa, occorre valutare se l’agere amministrativo sia stato connotato da colpa grave.
La colpa dell’amministrazione, peraltro, non è riferibile al soggetto fisico che ha assunto la paternità del provvedimento illegittimo ma all’amministrazione nel suo insieme, intesa come apparato, e deve essere accertata in senso oggettivo, tenendo conto dei vizi che hanno determinato l’illegittimità dell’azione, della gravità delle violazioni commesse, dei precedenti giurisprudenziali, dell’univocità o meno del dato normativo, delle condizioni concrete e dell’eventuale apporto dei soggetti destinatari dell’atto.
Ne consegue che, ove si accerti che l’errore in cui sia incorsa l’amministrazione, e dal quale è scaturita l’illegittimità provvedimentale sia scusabile, ovvero indotto da equivocità del dato normativo, da contrasti giurisprudenziali, da interpretazioni divergenti fornite da altri organi amministrativi, dalle risultanze di istruttoria procedimentali ovvero dalla particolare complessità e difficoltà dell’azione amministrativa, deve essere esclusa la colpa (cfr. ex multis: T.A.R. Calabria, Catanzaro, II, 5 maggio 2005, n. 736; Cons. Stato, VI, 4 novembre 2002, n. 6000; Cons. Stato, V, 18 novembre 2002, n. 6393).
In altre parole, ribadito che l’imputabilità della responsabilità all’amministrazione non può avvenire sulla base del mero dato oggettivo dell’illegittimità del provvedimento dovendo verificarsi che la predetta adozione sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità alle quali l’esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi, occorre precisare che il giudice amministrativo può affermare la responsabilità della pubblica amministrazione per danni a privati quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto ed in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tali da palesare la negligenza e l’imperizia dell’organo nell’assunzione del provvedimento viziato, dovendo invece negare la stessa quando l’indagine presupposta conduce al riconoscimento dell’errore scusabile, come, ad esempio, per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l’incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto (ex multis: Cons. Stato, IV, 5 ottobre 2005, n. 5367; Cons. Stato, V, 10 agosto 2004, n. 5500).
Il Collegio ritiene che, nel caso di specie, sia da escludere la responsabilità civile dell’amministrazione per insussistenza della colpa grave.
Con riferimento al periodo dal 31 marzo 2006 al 20 aprile 2006, occorre in primo luogo osservare che la Regione Lazio ha concluso un procedimento ad istanza di parte in quanto avviato da una domanda di Enel Produzione S.p.A. del 17 maggio 2005 trasmessa dalla Capitaneria di Porto di Civitavecchia il 27 maggio 2005, sicché, anche tenendo conto della successiva precisazione fornita da Enel Produzione il successivo 5 agosto 2005 circa la prima fase delle operazioni di dragaggio, risulta applicabile la norma di cui all’art. 1227 c.c., sul concorso del fatto colposo del creditore, per effetto dell’esplicito richiamo contenuto nell’art. 2056 c.c. concernente la valutazione dei danni da illecito extracontrattuale.
Inoltre, giova considerare la elevata complessità esegetica della normativa di riferimento che rende scusabile l’errore in cui è incorsa l’amministrazione, come del resto la stessa Enel Produzione che ha attivato il procedimento, ritenendo applicabile alla fattispecie il disposto di cui all’art. 21 della L. 179/2002 attributivo alla Regione della competenza autorizzatoria in materia di immersione di materiali di escavo di fondali marini.
A ciò si aggiunga che l’amministrazione ha agito avendo comunque di mira la salvaguardia di interessi pubblici di straordinaria importanza, per cui è da escludere che, sia pure adottando un provvedimento illegittimo, abbia contravvenuto ai doveri di imparzialità e buon andamento che ontologicamente è tenuta a perseguire.
La questione più problematica, invece, attiene al periodo 10 febbraio 2006/31 marzo 2006 atteso che il danno ingiusto è stato in tal caso prodotto da un’attività provvedimentale illegittima esercitata d’ufficio.
Il Collegio è dell’avviso che anche in tal caso occorre tenere conto di una serie di circostanze che portano a giustificare, sotto il profilo della colpevolezza, l’attività amministrativa.
In particolare, l’incertezza normativa che ha caratterizzato e caratterizza il riparto di competenze amministrative tra Stato e Regioni in special modo all’indomani dell’entrata in vigore della L. Cost. 3/2001 di modifica al titolo V della Costituzione nonché la volontà dell’amministrazione che, sia pure attraverso un’ordinanza illegittima, era volta a porre in essere una misura di salvaguardia in una materia in cui gli interessi in gioco sono di primaria importanza ed in relazione ad un’opera pubblica avente un impatto ambientale di enorme rilevanza inducono a ritenere che, per la particolare complessità sia fattuale sia giuridica della situazione in cui è maturata l’adozione dell’atto, la condotta dell’amministrazione, sebbene viziata, possa reputarsi connotata da errore scusabile nell’accezione emersa nel diritto vivente.
In definitiva, difettando l’evento dannoso per il periodo successivo al 20 aprile 2006 e non ravvisandosi colpa grave dell’amministrazione per quanto attiene agli illegittimi provvedimenti adottati che hanno esplicato effetti per il periodo dal 31 marzo 2006 al 20 aprile 2006 (delibera di G.R. 31 marzo 2006 e relativo atto presupposto) e per il periodo dal 10 febbraio 2006 al 31 marzo 2006 (ordinanza contingibile ed urgente adottata il 10 febbraio 2006 dal Presidente della Regione e relativo atto presupposto), le domande di risarcimento dei danni proposte dalle ricorrenti, in carenza della contestuale presenza di tutti gli elementi costituivi dell’illecito, devono essere respinte.
L’attività provvedimentale illegittima, in sostanza, non è stata determinata da una condotta illecita dell’amministrazione, per cui in capo alla stessa non sussiste una responsabilità risarcitoria del danno patrimoniale derivante all’interessata dalla ingiusta lesione dell’interesse legittimo.


5. Sussistono giuste ragioni, considerata la peculiarità e la particolare complessità della fattispecie, per disporre la compensazione integrale delle spese del giudizio tra le parti.


P.Q.M.


il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima Ter di Roma, così provvede:


accoglie il ricorso introduttivo e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati;
accoglie, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, l’impugnativa proposta con i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla in parte gli atti impugnati;
respinge le richieste di risarcimento dei danni.
Dispone la compensazione integrale delle spese del giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 maggio 2006.


Dott. Luigi Tosti Presidente
Dott. Roberto Caponigro Estensore
 



 

M A S S I M E

Sentenza per esteso


1) V.I.A. – Impianti di energia elettrica superiori a 300 MW – D.L. 7/2002 – Autorizzazione unica – Opere connesse – Immersione di materiali di scavo in mare – Sospensione dei lavori ex art. 10 L.R. Lazio n. 74/91 – Competenza regionale – Esclusione. Il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti o altri provvedimenti cautelari ex art. 10 della L.R. Lazio n. 74/1991, c. 1, lett. a) e b), in materia ambientale, è attribuito soltanto entro le competenze regionali previste dalla normativa vigente, sicchè è illegittimamente esercitato nell’ambito di un procedimento autorizzatorio per l’immersione di materiali di escavo in fondali marini, ove quest’attività sia connessa alla costruzione e all’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici. Ai sensi dell’art. 1, c.1, del D.L. 7/2002 (cd. decreto “sblocca centrali”), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della L. 55/2002, infatti, la costruzione e l’esercizio di detti impianti, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili al loro esercizio, sono soggetti ad un’autorizzazione unica rilasciata dal Ministero delle Attività Produttive, la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti. Di talché, occorre desumere che anche l’autorizzazione per l’immersione di materiali di escavo di fondali marini di cui all’art. 35, co. 2, D.Lgs. 152/1999, la cui competenza è in via ordinaria attribuita alla Regione dall’art. 21 della L. 179/2002, è da ricomprendere nell’ambito del procedimento unico di cui alla L. 55/2002 senza che all’amministrazione regionale residui uno specifico potere in merito, da esercitare autonomamente ed in una diversa e separata sede. Il potere di intervento nell’ipotesi di comportamenti tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ambientale è quindi di competenza dell’Autorità statale (id est: Ministero dell’Ambiente), che può ordinare la sospensione dei lavori rimettendo la questione al Consiglio dei Ministri (art. 6, co. 6, della L. 349/1986). Né la questione assume diversa caratterizzazione per l’entrata in vigore del D.Lgs. 59/2005, attuazione integrale della direttiva CE 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento. Anche ai sensi di tale decreto legislativo, infatti, le centrali termiche e gli altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW rientrano tra le categorie di impianti di competenza statale e, in particolare, l’autorità competente è individuata nel Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio. Pres. Tosti, Est. Caponigro – E.N.E.L. s.p.a (avv.ti de Vergottini, Caturani e Cardillo) c. Regione Lazio (avv. Di Raimondo e Terracciano) - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I ter – 16 giugno 2006, n. 4731

2) Procedure e varie – Pubblica amministrazione - Responsabilità aquiliana dell’amministrazione ex art. 2043 c.c. – Risarcibilità del danno derivante dalla lesione di un interesse legittimo – Presupposti. La responsabilità aquiliana dell’amministrazione ex art. 2043 c. c. e, di conseguenza, la risarcibilità del danno derivante dalla lesione di un interesse legittimo, è subordinata alla verifica delle seguenti condizioni: a) un evento dannoso, vale a dire un evento che abbia causato la lesione del bene della vita costituente il lato interno della posizione giuridica soggettiva; b) l’ingiustizia del danno, vale a dire il danno prodotto non iure, in assenza di cause di giustificazione al lesivo operato della pubblica amministrazione che abbia inciso su un interesse rilevante per l’ordinamento; c) il nesso di causalità, vale a dire l’accertamento, secondo i criteri generali, della riferibilità dell’evento dannoso ad un’attività, commissiva od omissiva, dell’amministrazione; d) la responsabilità dell’amministrazione, vale a dire la riferibilità del danno ad una condotta dolosa o colposa dell’amministrazione, non essendo invocabile il principio secondo cui la colpa sarebbe in re ipsa quando l’amministrazione adotti un provvedimento illegittimo. Pres. Tosti, Est. Caponigro – E.N.E.L. s.p.a (avv.ti de Vergottini, Caturani e Cardillo) c. Regione Lazio (avv. Di Raimondo e Terracciano) - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I ter – 16 giugno 2006, n. 4731

 

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