Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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T.A.R. Lazio Sez. II
bis del 19 giugno 2006 Sentenza n. 4809
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO
-SEZIONE II BIS-
N. RSAnno 2006
N. 6584 RGRAnno 2003
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 6584/2003 proposto da TIM - TELECOM ITALIA MOBILE S.p.A.,
in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati
Mario Sanino e Carlo Celani, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino
in Roma, Viale Parioli n. 180;
contro
COMUNE DI RIETI, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv.
Francesco Piselli e domiciliato presso la Segreteria del Tribunale in Roma, Via
Flaminia n. 189;
per l'annullamento
della deliberazione del Consiglio comunale del 7/4/2003, recante regolamento per
l'installazione di antenne nel territorio comunale, allegato alla nota prot.
19611 del 17/4/2003;
di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, anche non
conosciuto dalla ricorrente;
con atto di intervento ad opponendum
di TRINCHI Claudio, CENCIARELLI Mario, CENCIARELLI Margherita e DOMINICI
Afrodite, rappresentati e difesi dal prof. avv. Paolo Dell'Anno e dal prof. avv.
Stefano Recchioni, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Via
Cicerone n. 60;
atto di intervento ad adiuvandum
della Società TIM ITALIA S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati Mario
Sanino e Carlo Celani, con domicilio eletto come sopra;
ed atto per motivi aggiunti
proposto dalla società ricorrente, come sopra rappresentata e difesa, per
l'ulteriore annullamento delle note prot. nn. 49943, 49946, 50068, 50069, 50070,
50071 e 50072, tutte datate 8 settembre 2004 e di identico contenuto, con cui il
Comune di Rieti ha dichiarato "irricevibili" le istanze di autorizzazione
presentate dalla TIM S.p.A.; di ogni altro atto annesso, connesso, presupposto
e/o conseguenziale, ivi compresa la delibera C.C. n. 27 del 7 aprile 2003,
recante adozione del "Regolamento per la installazione di antenne" (già
impugnata anche con il ricorso); nonché per la dichiarazione del diritto della
società ricorrente ad essere autorizzata all'attivazione ed all'esercizio delle
SRB del Comune di Rieti, in applicazione delle norme del D.Lgs. n. 259/03; del
diritto della società ricorrente al risarcimento del danno ingiusto dalla stessa
subito, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 33 e ss. D. Lgs. n.
80/1998, da quantificarsi in corso di causa; per la condanna del Comune di Rieti
al pagamento delle relative somme, unitamente ad interessi e rivalutazione
monetaria;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune intimato;
Visti gli atti di intervento in giudizio;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visto l'atto per motivi aggiunti prodotto dalla società ricorrente;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, per la pubblica udienza del 9 febbraio 2006, il Consigliere Francesco
GIORDANO;
Uditi gli avvocati come da relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
La Telecom Italia Mobile S.p.A. è licenziataria per l'installazione e
l'esercizio degli impianti di telecomunicazioni per l'espletamento del servizio
pubblico radiomobile di comunicazione, col sistema di tecnica numerica
denominato GSM, nonché per la realizzazione della rete UMTS.
Col ricorso originario detta società ha impugnato la deliberazione consiliare
indicata in epigrafe, con cui il Comune intimato ha approvato un regolamento
recante nuove disposizioni per l'installazione e l'esercizio degli impianti di
telecomunicazione.
A detta dell'istante, il regolamento in questione, avrebbe stabilito, tra
l'altro, di intervenire sull'installazione di impianti per la rete di telefonia
cellulare e similari, prevedendo l'aggravamento del procedimento autorizzatorio/concessorio,
il risanamento degli impianti difformi dal regolamento medesimo e sanzioni
amministrative in caso di inosservanza delle sue disposizioni.
In buona sostanza, il Comune avrebbe tentato di introdurre surrettiziamente
norme che appaiono di profilo urbanistico, ma che, invece, tendono a determinare
diversamente i limiti che la legge riserva alla competenza statale in materia di
elettromagnetismo, al dichiarato fine di proteggere la salute della popolazione
e l'ambiente.
Le censure dedotte a sostegno dell'impugnativa si articolano in otto motivi di
doglianza, che denunciano, a carico del contestato regolamento, la sussistenza
dei vizi di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere, sotto
numerosi e svariati profili.
Col successivo ricorso per motivi aggiunti la TIM ha impugnato le note con cui
il Comune ha dichiarato irricevibili le istanze di autorizzazione presentate
dalla società, nonché lo stesso regolamento e la relativa delibera consiliare di
approvazione (n.27/2003) già censurati col ricorso originario.
Richiamati e ribaditi i vizi già dedotti nel ricorso, l'istante ha formulato
ulteriori doglianze, anche alla luce della sopravvenuta normativa di cui al
Codice delle Comunicazioni Elettroniche, approvato con decreto legislativo n.
259 del 2003.
In particolare, parte ricorrente ha elaborato, a carico della deliberazione
consiliare n. 27/2003 e del relativo regolamento, altri quattro punti di domanda
che si affidano ai vizi di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di
potere, riguardati sotto diverse angolazioni.
Quanto ai provvedimenti comunali di sostanziale rigetto delle domande
presentate, dichiarate "irricevibili" dall'autorità emanante, l'esponente ha
dedotto l'illegittimità derivata dai vizi evidenziati contro la menzionata
disciplina regolamentare, nonché vizi propri degli avversati dinieghi incentrati
sulla violazione e falsa applicazione di legge e sull'eccesso di potere, in
tutte le sue figure sintomatiche tra cui, in particolare, quelle relative al
difetto di motivazione e di istruttoria.
In una successiva memoria, l'intimante ha formulato alcune note di udienza,
insistendo per l'accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti, con vittoria di
spese.
In resistenza al gravame ed ai motivi aggiunti il Comune di Rieti ha
controdedotto alle censure avversarie, concludendo per il rigetto
dell'impugnativa con ogni conseguenza di legge, anche in ordine alle spese.
Gli interventori ad opponendum -e non già ad adiuvandum, come erroneamente è
stato qualificato il loro atto di intervento del 30 giugno 2005- hanno sostenuto
nei loro scritti la legittimità dei contestati dinieghi comunali, individuando
le ragioni che, a loro dire, avrebbero comunque impedito l'accoglimento delle
istanze di autorizzazione ed eccependo, altresì, l'inammissibilità-nullità del
ricorso introduttivo.
Quanto al merito, essi hanno insistito per il rigetto del ricorso, con vittoria
delle spese di lite.
Si è quindi costituita, con atto di intervento ad adiuvandum del 28 novembre
2005, anche la società TIM ITALIA S.p.A., alla quale la società TELECOM ITALIA
MOBILE S.p.A. ha conferito il proprio complesso aziendale con effetto dal 1°
marzo 2005.
Infine, in una memoria redatta il 27 gennaio 2006, proprio tale subentrante
società ha espresso ulteriori spunti argomentativi, reiterando la richiesta di
accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti.
La domanda cautelare, prodotta da parte ricorrente sia in occasione del ricorso
originario che dei motivi aggiunti, è stata accolta dalla Sezione giudicante con
ordinanza n. 6782 del 16 dicembre 2004.
D I R I T T O
In via preliminare, il Collegio deve darsi carico di esaminare l'eccezione
pregiudiziale di inammissibilità-nullità del ricorso introduttivo, formulata
dagli interventori ad opponendum (Trinchi Claudio, Cenciarelli Mario,
Cenciarelli Margherita e Dominici Afrodite) sul presupposto del preteso difetto
di legittimazione processuale della ricorrente originaria e della TIM ITALIA
S.p.A., successivamente costituitasi, in violazione degli articoli 75, 77 e 83
del codice di procedura civile.
Hanno sostenuto i predetti che l'avv. Capotorti, nella qualità di procuratore
dell'amministratore delegato della TELECOM e della TIM., non rivestirebbe la
posizione di legale rappresentante delle due società e, quindi, risulterebbe
priva della legittimazione processuale o della rappresentanza processuale delle
stesse, atteso che il potere processuale di stare in giudizio, sia attivamente
che passivamente, non può mai essere conferito a soggetto diverso dal legale
rappresentante, senza il contestuale conferimento di poteri rappresentativi di
natura sostanziale, quindi di poteri che consentano al procurator di produrre
effetti giuridici sostanziali nella sfera del rappresentato.
Poiché, dunque, l'avv. Capotorti ha ricevuto invalidamente solo il potere di
rappresentare le due società nei processi, come mero conferimento di una
legittimazione processuale non sostenuta da contestuale attribuzione di poteri
sostanziali, sarebbe nullo per derivazione, ai sensi dell'art. 159 c.p.c., il
mandato alle liti attribuito dal predetto procuratore agli avvocati Sanino e
Celani.
L'eccezione non ha pregio e non può, pertanto, essere condivisa per due ragioni:
a) in primo luogo, perché, in occasione della proposizione del ricorso
originario, il mandato ad litem agli avvocati Sanino e Celani è stato conferito
dal dott. Antonio Sanna, nella sua qualità di rappresentante legale della TIM
S.p.A.-TELECOM ITALIA MOBILE, e non già dall'avv. Capotorti; in secondo luogo,
perché dalla documentazione prodotta in giudizio l'avv. Concetta Capotorti è
risultata nominata e costituita procuratore speciale dall'Amministratore
delegato della TIM ITALIA S.p.A., dott. Marco De Benedetti, con attribuzione
alla medesima di poteri rappresentativi, di natura sostanziale, ben più vasti e
rilevanti di una semplice rappresentanza in giudizio della società (cfr. procura
speciale 25 febbraio 2005, rep. n. 78717, a rogito Notaio De Franchis di Roma).
Quanto alle ulteriori ragioni, addotte dagli interventori ad opponendum a
sostegno della pretesa inammissibilità delle istanze di autorizzazione
presentate dalla società ricorrente e, quindi, dell'asserita legittimità dei
sostanziali dinieghi opposti dal Comune di Rieti, è appena il caso di osservare
che, nel processo amministrativo, la stessa condizione processuale, del tutto
marginale, di accessorietà e terzietà della figura dell'interventore, nella
specie per di più ad opponendum, non consente a costui di sostituirsi
all'Amministrazione nell'evidenziare altri motivi, oltre tutto postumi,
suscettibili di condurre ugualmente al rigetto delle istanze prodotte.
Devono, quindi, ritenersi inammissibili i rilievi concernenti le carenze,
incongruenze ed errori riscontrati a carico delle menzionate istanze di
autorizzazione.
Si può, dunque, passare ad esaminare nel merito il proposto gravame originario
ed il successivo ricorso affidato ai motivi aggiunti.
Il Collegio ritiene fondate entrambe le impugnative, con riferimento a talune
delle assorbenti censure in esse rubricate e relative ai vizi di incompetenza,
violazione di legge ed eccesso di potere, riguardati sotto molteplici profili e
da diverse angolazioni.
Non sembra inutile, in primo luogo, al fine di introdurre la complessa
problematica che forma oggetto del presente contenzioso, richiamare la
motivazione con la quale la Sezione giudicante ha divisato, in fase cautelare,
di accogliere, con l'ordinanza n. 6782 del 17 dicembre 2004, l'istanza di
sospensione dei provvedimenti impugnati.
Ha ritenuto, nella circostanza, il giudice amministrativo che "il Comune non
appare legittimato a dichiarare irricevibili le istanze di autorizzazione
presentate dalla ricorrente, sulla scorta di una disciplina regolamentare
autonomamente adottata, in assenza dei criteri, di competenza regionale,
relativi all'individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti di
telefonia mobile, nonché in carenza della definizione delle competenze spettanti
ai Comuni, oltre che alle Province, anch'essa rientrante tra le funzioni
spettanti all'autorità regionale, ai sensi dell'art. 8 della (legge) n.
36/2001;"
Ha, quindi, valutato il Collegio che "il Comune è tenuto ad esaminare le
predette istanze, in base al disposto di cui all'art. 87 del Codice delle
Telecomunicazioni Elettroniche (D. Lgs. n. 259/03), fermo restando che
l'installazione degli impianti di telefonia mobile non necessita del permesso di
costruire;".
Le riferite considerazioni contengono in sintesi spunti argomentativi, che
meritano di essere condivisi e ribaditi anche nella presente sede di trattazione
del merito della complessiva vicenda dedotta in lite.
Appare, comunque, conveniente prendere le mosse dal tenore dei provvedimenti con
i quali l'Amministrazione ha dichiarato irricevibili le istanze di
autorizzazione prodotte dalla società ricorrente, per l'installazione di
infrastrutture telefoniche per impianti radioelettrici.
Ha sostenuto il Comune di Rieti, con motivazione identica per tutti i censurati
provvedimenti, che la domanda "non è conforme ai combinati disposti dell'art. 86
del D. Lgs. n. 259/03 e dell'art. 4 del , approvato con deliberazione del
Consiglio Comunale n. 27 del 7 aprile 2003, …".
Ha ricordato poi l'Ente locale "che dal 16 settembre 2003 è entrato in vigore il
D. Lgs. n. 259/03 che all'art. 86, comma 3, assimila le infrastrutture di
comunicazione alle opere di urbanizzazione primaria, di cui all'art, 16, comma
7, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 -assimilati
'ad ogni effetto' alle opere di urbanizzazione primaria come le fognature, le
reti per la distribuzione dell'acqua, del gas e dell'energia elettrica- e
pertanto la loro collocazione deve ritenersi consentita sull'intero territorio
comunale, fatto salvo però il puntuale rispetto della disciplina normativa ad
hoc di questo comune ai sensi dell'art.8 della legge quadro n. 36/01."
Ha concluso, infine, l'Amministrazione con l'assunto secondo cui
"l'installazione dell'impianto in argomento necessita del permesso a costruire
accanto all'autorizzazione prevista dall'art. 87 del Codice, che costituisce una
peculiare finalità esclusivamente ambientale ed igienico sanitaria."
Posto, al riguardo, che l'art. 86 del Codice delle comunicazioni elettroniche
detta disposizioni in tema di criteri per la localizzazione delle infrastrutture
di reti pubbliche di comunicazione e rinvia alle norme di attuazione della legge
n. 36/2001, per le misure relative all'esposizione della popolazione ai campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici, si rileva che l'art. 4 dell'invocato
Regolamento comunale relativo agli impianti delle telecomunicazioni e
radiotelevisivi, si occupa anch'esso di "localizzazione" e stabilisce che "gli
impianti devono, di norma, essere situati su immobili a destinazione non
residenziale di proprietà comunale", prevedendo, tuttavia, che "ove ciò non sia
possibile, possono essere posti su immobili a destinazione non residenziale di
proprietà di altri soggetti pubblici o privati", con priorità per le
localizzazioni che siano "le migliori possibili, sia da un punto di vista
tecnico per minimizzare l'esposizione ai campi elettromagnetici sia da un punto
di vista estetico ambientale per ridurre l'impatto visivo".
Come appare evidente, ad una semplice lettura delle norme sopra riportate, il
Comune di Rieti, pur nel lodevole intento di salvaguardare la salute e
l'incolumità dei cittadini mediante un'ottimale localizzazione degli impianti e
l'individuazione di aree particolarmente sensibili, quali, da una parte, le aree
di interesse storico-architettonico e paesaggistico-ambientale, e, dall'altra,
quelle che accolgono strutture scolastiche di ogni ordine e grado, strutture
ospedaliere, case di cura ed affini, strutture per case di riposo e centri
spirituali, nonché aree che accolgono verde attrezzato (vedi art. 5), e pur
ipotizzando la possibilità di localizzazioni alternative, ha ridotto in maniera
rilevante le aree del territorio comunale ritenute idonee ad ospitare gli
impianti di telefonia cellulare, e ciò da un punto di vista strettamente
logistico, vale a dire di mero governo del territorio, sia pure al fine
squisitamente estetico-ambientale, di ridurre l'impatto visivo, e
igienico-sanitario, di minimizzare i rischi per la popolazione derivanti
dall'inquinamento elettromagnetico.
Così operando l'Amministrazione comunale ha indebitamente e sostanzialmente
esercitato un potere riservato in via esclusiva allo Stato, al quale soltanto il
legislatore ha demandato, per una condivisibile esigenza di uniformità ed
omogeneità in ambito nazionale, il compito di fissare i criteri ed i limiti
rilevanti al fine della protezione della popolazione dalle potenzialità nocive
insite nell'esposizione a campi elettromagnetici (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 25
agosto 2001, n. 7015).
Viceversa, l'ente locale, al quale la legge affida funzioni residuali aventi
rilievo attuativo, esecutivo, di controllo e vigilanza, ha surrettiziamente
introdotto criteri e limiti ulteriori, il cui effetto è in definitiva quello di
incidere in senso peggiorativo sulle scelte di campo effettuate dai competenti
organi statali, in materia di esposizione alle radiazioni elettriche, magnetiche
ed elettromagnetiche.
Se, invero, si passa ad esaminare il testo della legge 22 febbraio 2001, n. 36,
concernente appunto la protezione dall'inquinamento derivante da impianti di
telecomunicazione radio mobile, si può evidenziare che il legislatore ha
introdotto specifici valori e criteri di valutazione, quali il limite di
esposizione, il valore di attenzione e gli obiettivi di qualità (art. 3),
affidandone la determinazione allo Stato in considerazione del preminente
interesse nazionale alla definizione di criteri unitari e di normative omogenee
in relazione alle finalità concretamente perseguite (art.4).
Lo Stato si è avvalso delle prerogative ad esso riconosciute, adottando il D.M.
n. 381 del 1988 e, successivamente, il D.P.C.M. in data 8 luglio 2003.
Quanto alle competenze degli altri enti territoriali, l'art. 8 della citata
legge ha conferito ai Comuni il potere di "adottare un regolamento per
assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e
minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici." (comma
6°).
E', peraltro, esclusivamente ascrivibile alla sfera di attribuzioni delle
Regioni -nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e
degli obiettivi di qualità, nonché dei criteri e delle modalità fissati dallo
Stato- l'esercizio di varie funzioni, tra cui quelle di individuare i siti di
trasmissione e degli impianti per telefonia mobile, degli impianti
radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione [art. 8, comma 1°, lettera
a)], di stabilire le modalità per il rilascio delle autorizzazioni
all'installazione di detti impianti [comma 1°, lettera c), art. cit.)] e di
individuare gli strumenti e le azioni per il raggiungimento degli obiettivi di
qualità [comma 1°, lettera e), art. cit.] nonché il compito di definire nelle
stesse materie le competenze che spettano alle Province ed ai Comuni (comma 4°,
art. cit.).
Si evince, dunque, dal quadro normativo sopra richiamato non solo che i Comuni
possono esercitare le proprie competenze nei limiti e secondo le modalità
preventivamente stabiliti dalle Autorità regionali, ma anche che essi sono
sprovvisti del potere di individuare autonomamente i siti di trasmissione e di
installazione degli impianti di comunicazione radio mobile, restando loro
unicamente riconosciuta la facoltà di introdurre una propria e specifica
disciplina regolamentare, volta a garantire il perseguimento e la realizzazione
di un duplice obiettivo: a) il corretto insediamento urbanistico e territoriale
degli impianti; b) la minimizzazione dell'esposizione della popolazione ai campi
elettromagnetici.
E', pertanto, da escludere che i Comuni, mediante la formale utilizzazione degli
strumenti di natura urbanistico-edilizia, possano adottare misure che nella
sostanza costituiscono una deroga ai predetti limiti di esposizione fissati
dallo Stato (quali, ad esempio, il generalizzato divieto di installazione delle
stazioni radio-base per la telefonia cellulare in tutte le zone territoriali
omogenee a destinazione residenziale) ovvero introdurre misure tipicamente
urbanistiche (distanze, altezze, localizzazioni, ecc.) che, non rivelandosi
funzionali al governo del territorio, ma piuttosto alla tutela della salute dai
rischi dell'elettromagnetismo (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 giugno 2002, n.
3095; id., 30 maggio 2003, n. 2997), producano l'effetto di sovrapporre una
determinazione cautelativa, ispirata al principio di precauzione, alla normativa
statale che ha fissato i limiti di radiofrequenza, eludendo in definitiva tale
normativa che non prevede misure così radicali (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 16
novembre 2004, n. 7502).
Ciò, deve ritenersi, anche alla luce dell'ulteriore funzione assegnata dalla
legge all'ente locale, che è quella di "minimizzare l'esposizione della
popolazione ai campi elettromagnetici" (art.8, comma 6, L. cit.), dal momento
che le stesse misure di minimizzazione (distinte dalla citata norma da quelle
urbanistico-edilizie) non possono in alcun modo prevedere limiti generalizzati
di esposizione diversi da quelli fissati dallo Stato, né possono di fatto
costituire una deroga generalizzata, o quasi, a tali limiti, essendo invece
consentita l'individuazione di specifiche e diverse misure, la cui idoneità al
fine della "minimizzazione" emerga dallo svolgimento di compiuti e approfonditi
rilievi istruttori sulla base di risultanze di carattere scientifico (cfr. Cons.
Stato, Sez. VI, 3 giugno 2002, n. 3098; id., n. 7502/04, cit.).
Diversamente opinando, si perverrebbe al risultato di precludere
irragionevolmente l'installazione degli impianti di telefonia mobile su vaste
zone del territorio comunale, in contrasto con il principio positivo che vuole
le infrastrutture di reti pubbliche di telecomunicazioni assimilate ad ogni
effetto alle opere di urbanizzazione primaria (cfr. D. Lgs. n. 259/2003, art.
86, comma 3°) e, quindi, astrattamente collocabili su tutto il territorio
comunale; nonché in conflitto col pubblico e generale interesse ad un corretto
ed omogeneo sviluppo del servizio di telefonia mobile, che postula l'esigenza di
assicurare la realizzazione di una rete in grado di permettere l'integrale
copertura del servizio, mediante una uniforme distribuzione degli impianti
sull'intero territorio.
Il delineato quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento consente, a
questo punto, di valutare adeguatamente la portata lesiva e l'illegittimità
delle determinazioni comunali impugnate, nonché della presupposta disciplina
regolamentare applicata nella circostanza, alla stregua delle censure di
incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere rubricate nei ricorsi
all'esame.
In effetti, l'aver previsto -peraltro, in via del tutto autonoma rispetto ad un
preventivo intervento regionale- una localizzazione nell'ambito del territorio
comunale che privilegia, sia pure di norma, quali immobili idonei
all'installazione delle stazioni radio base di telefonia cellulare, quelli a
destinazione non residenziale di proprietà comunale e, ove ciò non sia
possibile, immobili di proprietà di altri soggetti pubblici o privati sempre
però a destinazione non residenziale, costituisce un'indebita interferenza con
le prerogative dello Stato, in materia di determinazione dei limiti di
esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, in quanto, senza
riscontri istruttori di qualche rilievo scientifico, ha sensibilmente ridotto
l'ambito del territorio comunale ritenuto idoneo alla collocazione delle
stazioni radio base di telefonia cellulare, pregiudicando la possibilità di
pervenire ad una completa e capillare copertura del servizio, attraverso
un'adeguata distribuzione territoriale della rete di telecomunicazione radio
mobile.
Del resto, in perfetta osservanza della legge-quadro, la competente Autorità
governativa ha regolarmente provveduto ad individuare le misure ritenute idonee
a preservare la popolazione dall'inquinamento, derivante dall'esposizione
prolungata a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.
A ciò aggiungasi che la giurisprudenza, sia costituzionale che amministrativa,
ha univocamente escluso che, in materia di funzionamento dei sistemi fissi delle
telecomunicazioni e radiotelevisivi, si renda necessario fissare dei criteri
localizzativi diversi o ulteriori rispetto a quelli -già indicati dalla legge-
fondati sul diverso limite di tolleranza, al fine di tutelare la popolazione
dalle onde elettromagnetiche (cfr. Corte Cost. n. 307/2003 e n. 331/2003; Cons.
Stato, Sez. VI, n. 4159 del 2005).
E' stata, per esempio, ritenuta l'illegittimità delle disposizioni che fissano
vincoli di distanza minima, in quanto si traducono in limitazioni alla
localizzazione delle infrastrutture di telefonia mobile, a detrimento della
possibilità di realizzare sul territorio nazionale una rete completa di impianti
per la telecomunicazione, qual'è richiesta dalla stessa tipologia del sistema
concepito a schema c.d. "cellulare".
Invero, il concetto di rete di telefonia mobile "cellulare" postula, per
definizione, una diffusione capillare sul territorio, giacché esige la
collocazione di un gran numero di stazioni radio base di limitata potenza, al
fine di assicurare l'integrale copertura del servizio mediante la realizzazione
di un compiuto sistema di "celle a nido d'ape".
"Alla configurazione della rete segue la sua necessaria estensione alle zone
interessate da insediamenti abitativi, in cui maggiore è la presenza dei
soggetti che accedono al servizio di telefonia mobile" e, poiché, come sopra
accennato, "Il sistema di telefonia cellulare si caratterizza … per la bassa
potenza di emissione degli impianti (che irradiano il segnale ognuno in
connessione con l'altro)" è intuitivo che "il loro allontanamento dagli
insediamenti abitativi, oltre ad introdurre un evidente profilo di
incompatibilità con la tipologia di rete a schema c.d. <>, viene a tradursi in
un rafforzamento del segnale per illuminare la zona più remota." (cfr. Cons.
Stato, VI, n. 4159/2005, cit.).
Di conseguenza, l'introduzione, con riferimento agli impianti di telefonia
cellulare, di zone c.d. sensibili ovvero sottratte alla capillare diffusione
della rete di comunicazione elettromagnetica, nonché di fasce di rispetto
ancorate a misure spaziali minime in aggiunta ai criteri basati sui valori di
campo, produrrebbe un effetto opposto a quello che si è inteso concretamente
perseguire.
Non appare, dunque, legittimato il Comune di Rieti a pronunciare un'irrituale,
quanto ingiustificata declaratoria di irricevibilità delle domande di
autorizzazione presentate dalla società ricorrente, invocando per di più la
normativa speciale contenuta nel D. Lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (c.d. Codice
delle comunicazioni elettroniche) e prescrivendo, ai fini dell'installazione
degli impianti, l'acquisizione del permesso di costruire accanto
all'autorizzazione prevista dall'art. 87 del richiamato Codice.
In realtà, la giurisprudenza amministrativa, anche di questa Sezione, ha sul
tema elaborato un orientamento interpretativo che -alla luce degli obiettivi
generali della disciplina delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica,
che risultano fissati dall'art. 41, comma 2, lettera a), n.3 della legge-delega
1/8/2002, n. 166 e che mirano a promuovere "la semplificazione dei procedimenti
amministrativi e la partecipazione ad essi dei soggetti interessati, attraverso
l'adozione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti" [cfr.
art. 4, comma 3, lett. a) del Codice delle comunicazioni elettroniche]- merita
di essere pienamente condiviso, giacché si rivela aderente al dettato normativo
laddove induce a ritenere unico il procedimento da seguire in materia di
realizzazione delle infrastrutture di comunicazione per impianti radioelettrici
(cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 9 giugno 2005, n.3040; 21 gennaio 2005, n.100; 5
agosto 2005, n. 4159; T.A.R. Lazio, Sez. II, 20 aprile 2005, n. 2902).
Al quesito, invero, se in subiecta materia al procedimento dettato dal Testo
Unico dell'edilizia (D.P.R. n. 380/2001), che è finalizzato al rilascio del
permesso di costruire, debba abbinarsi ovvero sostituirsi quello autorizzatorio,
introdotto dall'art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003, deve rispondersi che gli
impianti di cui trattasi sono soggetti esclusivamente a quest'ultimo, anche
perché, ove si negasse che le valutazioni, sia radioprotezionistiche che di
compatibilità urbanistico-edilizia dell'intervento, sono state fatte confluire
in un procedimento unitario, risulterebbero del tutto vanificate le
rappresentate esigenze di tempestività e di contenimento dei termini (cfr. Cons.
Stato, Sez. VI, n. 4159/2005 e n. 100/2005, cit.).
Oltre che profili di carattere teleologico e sistematico, elementi più
squisitamente testuali portano a considerare omnicomprensivo l'iter
procedimentale delineato dalla disciplina speciale, introdotta all'art. 87 del
Codice delle comunicazioni elettroniche, nel senso che in quel contesto devono
essere compiute le valutazioni relative a tutti gli interessi coinvolti
dall'installazione delle infrastrutture di telecomunicazione, com'è dimostrato
dalla previsione, nel comma 6° di tale disposizione, della convocazione di una
conferenza di servizi, nel caso di motivato dissenso di una delle
amministrazioni interessate, per l'adozione, a maggioranza ed in via
sostitutiva, di atti di competenza di singole Amministrazioni (cfr. C.S., VI, n.
4159/2005, cit.).
Pertanto, anche gli interessi di natura urbanistico-edilizia, che attengono
all'assetto ed al governo del territorio da parte degli enti locali, devono
trovare il loro riscontro valutativo nell'ambito del procedimento unico
disegnato dal menzionato art. 87 del Codice in questione.
Il carattere unitario del procedimento non esclude, quindi, che i Comuni possano
esercitare il loro potere-dovere di verifica della compatibilità urbanistica
dell'intervento, ma esige soltanto che effettuino i relativi accertamenti
all'interno dell'iter procedimentale previsto dalla disciplina statale di
riferimento, senza che si ritengano legittimati a porre in essere uno specifico,
distinto ed aggiuntivo procedimento a tal fine.
Argomento decisivo a favore della condivisa tesi ricostruttiva, favorevole
all'assunto secondo cui la normativa speciale recata dal D.Lgs. n. 259/2003, in
materia di infrastrutture di comunicazione elettronica, introduce un
procedimento che si sovrappone e non si aggiunge, duplicandolo, a quello di cui
al T.U. dell'edilizia, ma contiene ed assorbe anche la verifica della
compatibilità urbanistico-edilizia dell'intervento, è, peraltro, rappresentato
dalla norma di chiusura di cui al comma 10° della disposizione all'esame, che
testualmente statuisce:"Le opere devono essere realizzate, a pena di decadenza,
nel termine perentorio di dodici mesi dalla ricezione del provvedimento
autorizzatorio espresso, ovvero dalla formazione del silenzio-assenso", sancito
dal precedente comma nell''ipotesi in cui non sia comunicato un provvedimento di
diniego dell'istanza di autorizzazione o della denuncia di attività, entro
novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda.
Il che sta a significare "per tabulas che i procedimenti autorizzatori ivi
disciplinati esplicano piena efficacia abilitante con riguardo anche
all'esercizio dello ius aedificandi" (cfr. C.S., VI, n. 4159/2005, cit.).
Sarebbe, infatti, agevole osservare che l'anzidetta prescrizione "risulterebbe
contraddittoria allorché si aderisse all'opzione ricostruttiva intesa a
pretendere comunque, per la realizzazione delle opere, il distinto titolo
edilizio." (cfr. C.S., VI, n. 100/2005, cit.).
In conclusione, la ravvisata fondatezza delle censure esaminate, quali risultano
rubricate nel secondo e terzo motivo del ricorso originario, nonché nel primo e
terzo motivo del punto A) e nel primo e secondo motivo del punto B) del ricorso
per motivi aggiunti, conduce all'accoglimento della presente impugnativa, con
assorbimento delle ulteriori doglianze non esaminate.
Conseguentemente, va disposto, per quanto di ragione, l'annullamento
dell'impugnato regolamento nei limiti dell'interesse fatto valere dall'istante
(art. 4) nonchè degli atti con cui le domande di autorizzazione presentate dalla
soc. ricorrente sono state dichiarate irricevibili.
Va, infine, disattesa la richiesta di risarcimento del danno avanzata da parte
ricorrente, atteso che l'interessata ha omesso di fornire concreti elementi a
supporto non solo dell'entità, ma anche della sussistenza del pregiudizio che
dichiara di aver subito per effetto dei provvedimenti impugnati.
Si rinvengono validi motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese
di lite tra tutte le parti del giudizio.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Seconda bis, accoglie
il ricorso disponendo per l'effetto l'annullamento, per quanto di ragione, dei
provvedimenti impugnati nei limiti indicati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione II
bis, nella Camera di Consiglio del 9 febbraio 2006, con l'intervento dei signori
Giudici:
Patrizio GIULIA Presidente
Francesco GIORDANO Consigliere rel. estensore
Renzo CONTI Consigliere
IL PRESIDENTE IL CONSIGLIERE ESTENSORE
1) Inquinamento elettromagnetico - Tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo - Utilizzo di strumenti di natura urbanistico-edilizia - Esclusione. In materia di tutela dal c.d. elettrosmog, è da escludere che i Comuni, mediante la formale utilizzazione degli strumenti di natura urbanistico-edilizia, possano adottare misure che nella sostanza costituiscono una deroga ai predetti limiti di esposizione fissati dallo Stato (quali, ad esempio, il generalizzato divieto di installazione delle stazioni radio-base per la telefonia cellulare in tutte le zone territoriali omogenee a destinazione residenziale) ovvero introdurre misure tipicamente urbanistiche (distanze, altezze, localizzazioni, ecc.) che, non rivelandosi funzionali al governo del territorio, ma piuttosto alla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 giugno 2002, n. 3095; id., 30 maggio 2003, n. 2997), producano l'effetto di sovrapporre una determinazione cautelativa, ispirata al principio di precauzione, alla normativa statale che ha fissato i limiti di radiofrequenza, eludendo in definitiva tale normativa che non prevede misure così radicali (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 16 novembre 2004, n. 7502).Pres. GIULIA - Est. GIORDANO - TIM - TELECOM ITALIA MOBILE S.p.A. (avv.ti Sanino e Celani) c. COMUNE DI RIETI (avv. Piselli). T.A.R. Lazio Sez. II bis del 19 giugno 2006 Sentenza n. 4809
2) Inquinamento elettromagnetico - Protezione della popolazione dalle potenzialità nocive - Potere riservato in via esclusiva allo Stato - Risultanze di carattere scientifico. E’ illegittimo l’atto dell'Amministrazione comunale che indebitamente e sostanzialmente esercita un potere riservato in via esclusiva allo Stato, il quale soltanto al legislatore è demandato, per una condivisibile esigenza di uniformità ed omogeneità in ambito nazionale, il compito di fissare i criteri ed i limiti rilevanti al fine della protezione della popolazione dalle potenzialità nocive insite nell'esposizione a campi elettromagnetici (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 25 agosto 2001, n. 7015). Pertanto, alla luce dell'ulteriore funzione assegnata dalla legge all'ente locale, che è quella di "minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici" (art.8, comma 6, L. cit.), dal momento che le stesse misure di minimizzazione (distinte dalla citata norma da quelle urbanistico-edilizie) non possono in alcun modo prevedere limiti generalizzati di esposizione diversi da quelli fissati dallo Stato, né possono di fatto costituire una deroga generalizzata, o quasi, a tali limiti, essendo invece consentita l'individuazione di specifiche e diverse misure, la cui idoneità al fine della "minimizzazione" emerga dallo svolgimento di compiuti e approfonditi rilievi istruttori sulla base di risultanze di carattere scientifico (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 giugno 2002, n. 3098; id., n. 7502/04, cit.). Pres. GIULIA - Est. GIORDANO - TIM - TELECOM ITALIA MOBILE S.p.A. (avv.ti Sanino e Celani) c. COMUNE DI RIETI (avv. Piselli). T.A.R. Lazio Sez. II bis del 19 giugno 2006 Sentenza n. 4809
3) Inquinamento elettromagnetico - Onde elettromagnetiche - Tutela della salute - Criteri localizzativi degli impianti - Giurisprudenza: costituzionale ed amministrativa. In tema di tutela dall’inquinamento elettromagnetico, la giurisprudenza, sia costituzionale che amministrativa, ha univocamente escluso che, in materia di funzionamento dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi, si renda necessario fissare dei criteri localizzativi diversi o ulteriori rispetto a quelli -già indicati dalla legge- fondati sul diverso limite di tolleranza, al fine di tutelare la popolazione dalle onde elettromagnetiche (cfr. Corte Cost. n. 307/2003 e n. 331/2003; Cons. Stato, Sez. VI, n. 4159 del 2005).Pres. GIULIA - Est. GIORDANO - TIM - TELECOM ITALIA MOBILE S.p.A. (avv.ti Sanino e Celani) c. COMUNE DI RIETI (avv. Piselli). T.A.R. Lazio Sez. II bis del 19 giugno 2006 Sentenza n. 4809
4) Inquinamento elettromagnetico - Ente locale - Ingiustificata declaratoria di irricevibilità delle domande di autorizzazione - Illegittimità - Fondamento. Non è legittimato l’ente locale a pronunciare un'irrituale, quanto ingiustificata declaratoria di irricevibilità delle domande di autorizzazione, invocando la normativa speciale contenuta nel D. Lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (c.d. Codice delle comunicazioni elettroniche) e prescrivendo, ai fini dell'installazione degli impianti, l'acquisizione del permesso di costruire accanto all'autorizzazione prevista dall'art. 87 del richiamato Codice. (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 9 giugno 2005, n.3040; 21 gennaio 2005, n.100; 5 agosto 2005, n. 4159; T.A.R. Lazio, Sez. II, 20 aprile 2005, n. 2902). Pertanto, anche gli interessi di natura urbanistico-edilizia, che attengono all'assetto ed al governo del territorio da parte degli enti locali, devono trovare il loro riscontro valutativo nell'ambito del procedimento unico disegnato dal menzionato art. 87 del Codice in questione. Il carattere unitario del procedimento non esclude, quindi, che i Comuni possano esercitare il loro potere-dovere di verifica della compatibilità urbanistica dell'intervento, ma esige soltanto che effettuino i relativi accertamenti all'interno dell'iter procedimentale previsto dalla disciplina statale di riferimento, senza che si ritengano legittimati a porre in essere uno specifico, distinto ed aggiuntivo procedimento a tal fine.Pres. GIULIA - Est. GIORDANO - TIM - TELECOM ITALIA MOBILE S.p.A. (avv.ti Sanino e Celani) c. COMUNE DI RIETI (avv. Piselli). T.A.R. Lazio Sez. II bis del 19 giugno 2006 Sentenza n. 4809
5) Inquinamento elettromagnetico - T.U. dell'edilizia e D.Lgs. n. 259/2003 - Disciplina applicabile. La normativa speciale recata dal D.Lgs. n. 259/2003, in materia di infrastrutture di comunicazione elettronica, introduce un procedimento che si sovrappone e non si aggiunge, duplicandolo, a quello di cui al T.U. dell'edilizia, ma contiene ed assorbe anche la verifica della compatibilità urbanistico-edilizia dell'intervento, è, peraltro, rappresentato dalla norma di chiusura di cui al comma 10° della disposizione all'esame, che testualmente statuisce:"Le opere devono essere realizzate, a pena di decadenza, nel termine perentorio di dodici mesi dalla ricezione del provvedimento autorizzatorio espresso, ovvero dalla formazione del silenzio-assenso", sancito dal precedente comma nell''ipotesi in cui non sia comunicato un provvedimento di diniego dell'istanza di autorizzazione o della denuncia di attività, entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda. Il che sta a significare "per tabulas che i procedimenti autorizzatori ivi disciplinati esplicano piena efficacia abilitante con riguardo anche all'esercizio dello ius aedificandi" (cfr. C.S., VI, n. 4159/2005, cit.). Sarebbe, infatti, agevole osservare che l'anzidetta prescrizione "risulterebbe contraddittoria allorché si aderisse all'opzione ricostruttiva intesa a pretendere comunque, per la realizzazione delle opere, il distinto titolo edilizio." (cfr. C.S., VI, n. 100/2005, cit.).Pres. GIULIA - Est. GIORDANO - TIM - TELECOM ITALIA MOBILE S.p.A. (avv.ti Sanino e Celani) c. COMUNE DI RIETI (avv. Piselli). T.A.R. Lazio Sez. II bis del 19 giugno 2006 Sentenza n. 4809
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