AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
TAR PUGLIA, Bari, Sez. II, 14 dicembre 2006, sentenza n. 4350
Caccia - Prove cinofile e abbattimento di fauna allevata in batteria -
Materia di competenza legislativa esclusiva regionale. La disciplina
relativa alle prove cinofile e alle gare tenute con l’abbattimento di fauna
allevata in batteria, non riguardando la fauna selvatica in stato di naturale
libertà e non contrastando in sé con l'esigenza di conservazione della fauna
selvatica, ricade nell’ambito della competenza legislativa esclusiva della
regione di cui al comma V della parte seconda della Costituzione. Essa infatti
non attiene a quegli “standard minimi di uniformi di tutela della fauna”
riconducibili alla competenza esclusiva dello Stato, nei quali devono includersi
- accanto all’elencazione delle specie cacciabili - la disciplina della modalità
di caccia e la delimitazione del periodo venatorio (si vedano sentenze Corte
Cost. n. 536/2002 e n. 226/2003). Pres. Morea, Est. Adamo - L.I.D.A. (avv.
Fiore) c. Regione Puglia (avv. Capobianco) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. II -
14 dicembre 2006, n. 4350
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA
SEDE DI BARI - SEZIONE SECONDA
N. 4350/2006
Reg. Sent.
N. 1735/2006
Reg. Ric.
nelle persone dei Signori:
PIETRO MOREA PRESIDENTE
DORIS DURANTE COMPONENTE
GIUSEPPINA ADAMO COMPONENTE, Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
ex art. 9 della legge n. 205/2000
nella Camera di Consiglio del 7 dicembre 2006;
Visto il ricorso n. 1735/2006, proposto dalla LIDA - LEGA ITALIANA DIRITTI
ANIMALI - Rapp. Sig. LATERZA PASQUALE, rappresentata e difesa da Fiore Avv.
Domenico;
C O N T R O
- la Regione Puglia, rappresentata e difesa da Capobianco Avv. Carmela;
per l'annullamento
previa sospensione dell'esecuzione, della Deliberazione della Giunta
Regionale n. 1203 del 4 agosto 2006, avente ad oggetto il Calendario Venatorio
regionale 2006/2007, nella parte in cui si prevede che “le prove cinofile e gare
tenute con l'abbattimento di fauna allevata in batteria della specie quaglia,
fagiano e starna devono tenersi nelle zone di tipo B anche nei periodi di caccia
chiusa. Alle aziende agri turistiche venatorie con la chiusura della stagione
venatoria è consentito svolgere tutte le prove cinofile, comprese le gare con
l'abbattimento di fauna allevata in batteria al fine di perseguire le finalità
dell'azienda stessa”;
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato,
presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Uditi gli avv. Dina Quercia, in sostituzione dell’avv. Fiore, e Capobianco, che
non hanno sollevato obiezioni od osservazioni in ordine all’eventualità di una
sentenza immediata;
Considerato che il Collegio si è riservato di decidere la causa con sentenza in
forma breve, sussistendone i presupposti;
FATTO E DIRITTO
La LIDA impugna la deliberazione della Giunta Regionale n. 1203 del 4 agosto
2006, avente ad oggetto il Calendario Venatorio regionale 2006/2007, nella parte
in cui si prevede che “le prove cinofile e gare tenute con l'abbattimento di
fauna allevata in batteria della specie quaglia, fagiano e starna devono tenersi
nelle zone di tipo B anche nei periodi di caccia chiusa. Alle aziende agri
turistiche venatorie con la chiusura della stagione venatoria è consentito
svolgere tutte le prove cinofile, comprese le gare con l'abbattimento di fauna
allevata in batteria al fine di perseguire le finalità dell'azienda stessa”.
Sostanzialmente l'associazione, invocando alcuni precedenti in materia (Corte
costituzionale n. 578/1990, n. 350/1991, n. 339/2003; Consiglio di Stato,
sezione sesta, n. 717/2002 TAR Campania, Napoli, prima sezione, n. 4639/2001;
TAR Liguria, seconda sezione, n. 368/2004), sul presupposto che l'addestramento
dei cani, in quanto attività strumentale all’esercizio dell’attività venatoria,
sia riconducibile alla materia "caccia", ritiene tale addestramento soggetto ai
divieti previsti dalla normativa quadro statale, costituita dalla legge 11
febbraio 1992 n. 157- (e in particolare all'articolo 18 della stessa, che limita
il periodo venatorio, al massimo, dalla terza domenica di settembre al 31
gennaio).
L'articolo 9 del calendario 2006/2007 contestato rappresenta l'applicazione
degli articoli 17 e 18 della legge regionale 13 agosto 1998 n. 27, che si
occupano specificamente dell'allenamento e dell’addestramento dei cani:
- articolo 17-, Aziende faunistico-venatorie - Aziende agri-turistico-venatorie-
V comma,
“Nelle aziende agri-turistico-venatorie sono consentite, anche dopo la stagione
venatoria, prove cinofile con o senza abbattimento di fauna allevata delle
specie cacciabili, previa autorizzazione della Provincia competente per
territorio”
- articolo 18 -Zone per l'addestramento, l'allenamento e le gare cinofile-, per
il quale, "1. La Regione istituisce, nei limiti del 4 per cento del territorio
agro-silvo-pastorale delle provincie interessate, le zone di cui all'art.9,
comma 6, destinate all'allenamento, all'addestramento e alle gare di cani da
caccia anche su fauna selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna di
allevamento appartenente a specie cacciabili.
2. Le Provincie stabiliscono i periodi delle attività previste al comma 1 con i
piani faunistici venatori provinciali di cui all'art. 10".
Viene specificato inoltre: "9. L'allenamento dei cani da caccia in periodo di
pre apertura dell'attività venatoria è consentito in periodo previsto dal
calendario venatorio regionale".
Tale normativa, tuttora vigente, non è stata oggetto di alcun intervento del
Giudice costituzionale.
Di conseguenza, l'esame delle censure come avanzate, impone che venga verificata anche l'eventuale manifesta illegittimità della legislazione regionale.
Ai fini che qui interessano, occorre rilevare che (a prescindere da alcune
indicazioni forvianti fornite dalla ricorrente, che, a proposito
dell'ordinanza-dichiarativa della cessazione la materia del contendere- della
Corte costituzionale n. 339/2003, riporta alcuni brani, attribuendogli alla
motivazione esternata dallo stesso giudice, mentre essi costituivano uno dei
motivi di ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana), le
pronunce richiamate convengono tutte sulla riconducibilità della disciplina
dell'allenamento dei cani con abbattimento di fauna (anche di allevamento) alla
materia della caccia e quindi ritengono che il legislatore regionale competente,
in via concorrente, debba attenersi ai "principi fondamentali stabiliti dalla
legge dello Stato" (individuabili nella legge 11 febbraio 1992 n. 157), ai sensi
dell'articolo 117 della Costituzione, nella sua originaria formulazione.
Da tale presupposto sarebbe in generale deducibile (ritenendo anche la
selvaggina da allevamento, a certe condizioni, rientrante nel concetto di fauna
selvatica) il divieto di consentire lo svolgimento di tale attività di
addestramento al di fuori dei periodi di caccia.
La questione dev'essere però oggi riguardata, tenendo presente che il parametro costituzionale è stato modificato, con la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), sicché la caccia è compresa nell'ambito della competenza legislativa esclusiva della regione.
La Corte costituzionale ha in proposito chiarito (sentenze 20 dicembre 2002, n.
536; 4 luglio 2003 , n. 226):
- l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione (che riserva alla
legislazione esclusiva dello Stato la materia “tutela dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali”) esprime una esigenza unitaria per ciò che
concerne la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ponendo un limite agli
interventi a livello regionale che possano pregiudicare gli equilibri
ambientali;
- l'ambiente é bene unitario, che va salvaguardato nella sua interezza; per tale
natura di valore trasversale, è idoneo ad incidere anche su materie di
competenza di altri enti nella forma degli standards minimi di tutela (come è
già ricavabile dagli artt. 9 e 32 della Costituzione), ex lettera s) del secondo
comma dell'art. 117 della Costituzione;
- "la disciplina statale rivolta alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema può
incidere sulla materia caccia, pur riservata alla potestà legislativa regionale,
ove l'intervento statale sia rivolto a garantire standards minimi e uniformi di
tutela della fauna, trattandosi di limiti unificanti che rispondono a esigenze
riconducibili ad ambiti riservati alla competenza esclusiva dello Stato";
- la delimitazione temporale del prelievo venatorio disposta dall'art. 18 della
legge n. 157 del 1992 è rivolta ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione
delle specie cacciabili e risponde all'esigenza di tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema; invero vi è un "nucleo minimo di salvaguardia della fauna
selvatica, nel quale deve includersi - accanto all'elencazione delle specie
cacciabili - la disciplina delle modalità di caccia, nei limiti in cui prevede
misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle
specie cacciabili. Al novero di tali misure va ascritta la disciplina che, anche
in funzione di adeguamento agli obblighi comunitari, delimita il periodo
venatorio".
Ora, a differenza delle leggi da ultimo scrutinate dalla Corte costituzionale
(le quali avevano radicalmente e globalmente procrastinato la chiusura della
stagione venatoria oltre il termine previsto dalla legge statale), gli articoli
17 e 18 della legge regionale 13 agosto 1998 n. 27 e il contestato articolo 9
del calendario 2006/2007 non integrano quella incisione "proprio su questo
nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica" che potrebbe giustificare
un dubbio di legittimità, per incostituzionalità della norma.
Tale conclusione è ulteriormente confortata da una meditata rilettura della
stessa legge statale (n. 157/1992), che individua lo "Oggetto della tutela"
nella "fauna selvatica", ovvero, nel"le specie di mammiferi e di uccelli dei
quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di
naturale libertà nel territorio nazionale" (articolo 2); perciò, per la medesima
legge, l'esercizio "dell'attività venatoria è consentito purchè non contrasti
con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno
effettivo alle produzioni agricole".
In definitiva, non riguardando l'articolo 9 del calendario venatorio la fauna
selvatica in stato di naturale libertà e non contrastando in sé con l'esigenza
di conservazione della fauna selvatica, le censure dedotte, peraltro non
specifiche sul punto, devono ritenersi infondate e il ricorso dev'essere dunque
respinto.
Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le
spese di giudizio.
P. Q. M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione II di Bari,
respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Bari, 7 dicembre 2006.
f.to PIETRO MOREA - Presidente
f.to GIUSEPPINA ADAMO - Estensore
Pubblicata mediante deposito
in Segreteria il 14 dicembre 2006
(Art. 55, Legge 27 aprile 1982 n.186)
Tutti i diritti
sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it