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TAR PUGLIA, Bari, Sez. II, 14 dicembre 2006, sentenza n. 4350

 

Caccia - Prove cinofile e abbattimento di fauna allevata in batteria - Materia di competenza legislativa esclusiva regionale. La disciplina relativa alle prove cinofile e alle gare tenute con l’abbattimento di fauna allevata in batteria, non riguardando la fauna selvatica in stato di naturale libertà e non contrastando in sé con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica, ricade nell’ambito della competenza legislativa esclusiva della regione di cui al comma V della parte seconda della Costituzione. Essa infatti non attiene a quegli “standard minimi di uniformi di tutela della fauna” riconducibili alla competenza esclusiva dello Stato, nei quali devono includersi - accanto all’elencazione delle specie cacciabili - la disciplina della modalità di caccia e la delimitazione del periodo venatorio (si vedano sentenze Corte Cost. n. 536/2002 e n. 226/2003). Pres. Morea, Est. Adamo - L.I.D.A. (avv. Fiore) c. Regione Puglia (avv. Capobianco) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. II - 14 dicembre 2006, n. 4350
 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA

SEDE DI BARI - SEZIONE SECONDA


N. 4350/2006

Reg. Sent.

N. 1735/2006

Reg. Ric.


nelle persone dei Signori:


PIETRO MOREA PRESIDENTE
DORIS DURANTE COMPONENTE
GIUSEPPINA ADAMO COMPONENTE, Rel.


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


ex art. 9 della legge n. 205/2000
nella Camera di Consiglio del 7 dicembre 2006;


Visto il ricorso n. 1735/2006, proposto dalla LIDA - LEGA ITALIANA DIRITTI ANIMALI - Rapp. Sig. LATERZA PASQUALE, rappresentata e difesa da Fiore Avv. Domenico;


C O N T R O


- la Regione Puglia, rappresentata e difesa da Capobianco Avv. Carmela;


per l'annullamento
previa sospensione dell'esecuzione, della Deliberazione della Giunta Regionale n. 1203 del 4 agosto 2006, avente ad oggetto il Calendario Venatorio regionale 2006/2007, nella parte in cui si prevede che “le prove cinofile e gare tenute con l'abbattimento di fauna allevata in batteria della specie quaglia, fagiano e starna devono tenersi nelle zone di tipo B anche nei periodi di caccia chiusa. Alle aziende agri turistiche venatorie con la chiusura della stagione venatoria è consentito svolgere tutte le prove cinofile, comprese le gare con l'abbattimento di fauna allevata in batteria al fine di perseguire le finalità dell'azienda stessa”;


Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Uditi gli avv. Dina Quercia, in sostituzione dell’avv. Fiore, e Capobianco, che non hanno sollevato obiezioni od osservazioni in ordine all’eventualità di una sentenza immediata;


Considerato che il Collegio si è riservato di decidere la causa con sentenza in forma breve, sussistendone i presupposti;


FATTO E DIRITTO


La LIDA impugna la deliberazione della Giunta Regionale n. 1203 del 4 agosto 2006, avente ad oggetto il Calendario Venatorio regionale 2006/2007, nella parte in cui si prevede che “le prove cinofile e gare tenute con l'abbattimento di fauna allevata in batteria della specie quaglia, fagiano e starna devono tenersi nelle zone di tipo B anche nei periodi di caccia chiusa. Alle aziende agri turistiche venatorie con la chiusura della stagione venatoria è consentito svolgere tutte le prove cinofile, comprese le gare con l'abbattimento di fauna allevata in batteria al fine di perseguire le finalità dell'azienda stessa”.
Sostanzialmente l'associazione, invocando alcuni precedenti in materia (Corte costituzionale n. 578/1990, n. 350/1991, n. 339/2003; Consiglio di Stato, sezione sesta, n. 717/2002 TAR Campania, Napoli, prima sezione, n. 4639/2001; TAR Liguria, seconda sezione, n. 368/2004), sul presupposto che l'addestramento dei cani, in quanto attività strumentale all’esercizio dell’attività venatoria, sia riconducibile alla materia "caccia", ritiene tale addestramento soggetto ai divieti previsti dalla normativa quadro statale, costituita dalla legge 11 febbraio 1992 n. 157- (e in particolare all'articolo 18 della stessa, che limita il periodo venatorio, al massimo, dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio).


L'articolo 9 del calendario 2006/2007 contestato rappresenta l'applicazione degli articoli 17 e 18 della legge regionale 13 agosto 1998 n. 27, che si occupano specificamente dell'allenamento e dell’addestramento dei cani:
- articolo 17-, Aziende faunistico-venatorie - Aziende agri-turistico-venatorie- V comma,
“Nelle aziende agri-turistico-venatorie sono consentite, anche dopo la stagione venatoria, prove cinofile con o senza abbattimento di fauna allevata delle specie cacciabili, previa autorizzazione della Provincia competente per territorio”
- articolo 18 -Zone per l'addestramento, l'allenamento e le gare cinofile-, per il quale, "1. La Regione istituisce, nei limiti del 4 per cento del territorio agro-silvo-pastorale delle provincie interessate, le zone di cui all'art.9, comma 6, destinate all'allenamento, all'addestramento e alle gare di cani da caccia anche su fauna selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili.
2. Le Provincie stabiliscono i periodi delle attività previste al comma 1 con i piani faunistici venatori provinciali di cui all'art. 10".
Viene specificato inoltre: "9. L'allenamento dei cani da caccia in periodo di pre apertura dell'attività venatoria è consentito in periodo previsto dal calendario venatorio regionale".


Tale normativa, tuttora vigente, non è stata oggetto di alcun intervento del Giudice costituzionale.

Di conseguenza, l'esame delle censure come avanzate, impone che venga verificata anche l'eventuale manifesta illegittimità della legislazione regionale.


Ai fini che qui interessano, occorre rilevare che (a prescindere da alcune indicazioni forvianti fornite dalla ricorrente, che, a proposito dell'ordinanza-dichiarativa della cessazione la materia del contendere- della Corte costituzionale n. 339/2003, riporta alcuni brani, attribuendogli alla motivazione esternata dallo stesso giudice, mentre essi costituivano uno dei motivi di ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana), le pronunce richiamate convengono tutte sulla riconducibilità della disciplina dell'allenamento dei cani con abbattimento di fauna (anche di allevamento) alla materia della caccia e quindi ritengono che il legislatore regionale competente, in via concorrente, debba attenersi ai "principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato" (individuabili nella legge 11 febbraio 1992 n. 157), ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, nella sua originaria formulazione.
Da tale presupposto sarebbe in generale deducibile (ritenendo anche la selvaggina da allevamento, a certe condizioni, rientrante nel concetto di fauna selvatica) il divieto di consentire lo svolgimento di tale attività di addestramento al di fuori dei periodi di caccia.

La questione dev'essere però oggi riguardata, tenendo presente che il parametro costituzionale è stato modificato, con la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), sicché la caccia è compresa nell'ambito della competenza legislativa esclusiva della regione.


La Corte costituzionale ha in proposito chiarito (sentenze 20 dicembre 2002, n. 536; 4 luglio 2003 , n. 226):
- l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione (che riserva alla legislazione esclusiva dello Stato la materia “tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali”) esprime una esigenza unitaria per ciò che concerne la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ponendo un limite agli interventi a livello regionale che possano pregiudicare gli equilibri ambientali;
- l'ambiente é bene unitario, che va salvaguardato nella sua interezza; per tale natura di valore trasversale, è idoneo ad incidere anche su materie di competenza di altri enti nella forma degli standards minimi di tutela (come è già ricavabile dagli artt. 9 e 32 della Costituzione), ex lettera s) del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione;
- "la disciplina statale rivolta alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema può incidere sulla materia caccia, pur riservata alla potestà legislativa regionale, ove l'intervento statale sia rivolto a garantire standards minimi e uniformi di tutela della fauna, trattandosi di limiti unificanti che rispondono a esigenze riconducibili ad ambiti riservati alla competenza esclusiva dello Stato";
- la delimitazione temporale del prelievo venatorio disposta dall'art. 18 della legge n. 157 del 1992 è rivolta ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili e risponde all'esigenza di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema; invero vi è un "nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, nel quale deve includersi - accanto all'elencazione delle specie cacciabili - la disciplina delle modalità di caccia, nei limiti in cui prevede misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili. Al novero di tali misure va ascritta la disciplina che, anche in funzione di adeguamento agli obblighi comunitari, delimita il periodo venatorio".


Ora, a differenza delle leggi da ultimo scrutinate dalla Corte costituzionale (le quali avevano radicalmente e globalmente procrastinato la chiusura della stagione venatoria oltre il termine previsto dalla legge statale), gli articoli 17 e 18 della legge regionale 13 agosto 1998 n. 27 e il contestato articolo 9 del calendario 2006/2007 non integrano quella incisione "proprio su questo nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica" che potrebbe giustificare un dubbio di legittimità, per incostituzionalità della norma.
Tale conclusione è ulteriormente confortata da una meditata rilettura della stessa legge statale (n. 157/1992), che individua lo "Oggetto della tutela" nella "fauna selvatica", ovvero, nel"le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale" (articolo 2); perciò, per la medesima legge, l'esercizio "dell'attività venatoria è consentito purchè non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole".


In definitiva, non riguardando l'articolo 9 del calendario venatorio la fauna selvatica in stato di naturale libertà e non contrastando in sé con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica, le censure dedotte, peraltro non specifiche sul punto, devono ritenersi infondate e il ricorso dev'essere dunque respinto.


Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.


P. Q. M.


il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione II di Bari, respinge il ricorso in epigrafe.


Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.


Bari, 7 dicembre 2006.


f.to PIETRO MOREA - Presidente
f.to GIUSEPPINA ADAMO - Estensore

Pubblicata mediante deposito
in Segreteria il 14 dicembre 2006
(Art. 55, Legge 27 aprile 1982 n.186)
 


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