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 Massime della sentenza

 

T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 1 giugno 2006, n. 2636
 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA TOSCANA
- I^ SEZIONE -

N. 2636 REG. SENT.
ANNO 2006
n. 1921 Reg. Ric.
Anno 2002

ha pronunciato la seguente:


S E N T E N Z A


sul ricorso n. 1921/2002 proposto da ASSOCIAZIONE ITALIANA per il WORLD WIDE FUND FOR NATURE - O.N.L.U.S., in persona del rappresentante legale pro-tempore,
ASSOCIAZIONE LEGAMBIENTE TOSCANA - O.N.L.U.S.,
CIRCOLO UTOPIA,
COORDINAMENTO PER LA SALVAGUARDIA E LA RIQUALIFICAZIONE DI BOCCADARNO,
tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Giuseppe Angella e Eleana Pino ed elettivamente domiciliati in Firenze, via La Pira n. 21 presso lo studio dell’avv. Adele D’Elia;
c o n t r o
ENTE PARCO REGIONALE MIGLIARINO - SAN ROSSORE - MASSACIUCCOLI, in persona del legale rappresentante pro-tempre, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Toscano ed elettivamente presso la segretaria del Tribunale amministrativo regionale in Firenze via Ricasoli n. 40;
per l’annullamento
del secondo piano di gestione delle tenute di Tombolo e Coltano, delle deliberazioni del consiglio direttivo dell’Ente Parco n. 114 del 17.12.2001, di adozione, e n. 18 del 10.5.2002, di approvazione;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’ atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore, alla pubblica udienza del 21 marzo 2006, il Consigliere dott. Saverio Romano;
Uditi, altresì, per le parti gli avv.ti G.Cecchi Aglietti per E.Pino ed A.Cuccurullo per G.Toscano;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:


F A T T O


Con deliberazione del Consiglio direttivo n. 114 del 2001, è stato adottato il Piano di gestione delle tenute di Tombolo e di Coltano, comprese nel Parco regionale di Migliarino - San Rossore e Massaciuccoli.


Le Associazioni sopra indicate hanno formulato una serie di osservazioni rispetto all’intervento n. 39 - allegato H - relativo all’area di Foce d’Arno invididuata come “zona di recupero edilizio ed urbanistico funzionale” dal Piano per il Parco (approvato con deliberazione del Consiglio regionale n. 515 del 12.12.1989, modificata con deliberazione consiliare n. 223 del 10.9.1991), il quale prevede, nella stessa zona, una “stazione marittima”.


Respinte le osservazioni, l’Ente Parco ha poi approvato, con la deliberazione n. 18 del 2002, il secondo Piano di gestione, nell’ambito del quale è compreso l’intervento n. 39.


Con ricorso notificato il 12 settembre 2002, le Associazioni indicate hanno proposto ricorso giurisdizionale, deducendo i seguenti motivi:
1) quella oggetto dell’intervento previsto è un’area contigua al Parco, e cioè esterna ma connessa funzionalmente ad esso, e considerata nel perimetro delle aree soggette al Piano (artt. 1 e 2 delle n.t.a. del Piano del Parco); il piano di gestione avrebbe valore di piano particolareggiato ma, approvando la scheda n. 39, l’Ente ha derogato alle proprie competenze e rinviato alle procedure di cui all’art. 23, comma 3, delle n.t.a. del Piano del parco (che disciplina le varianti al Piano stesso); pertanto, il rinvio all’art. 23 sarebbe illegittimo;
2) con la scheda n. 39 è stata prevista la localizzazione di un porto turistico e sono stati stabiliti indici edilizi (prevista in particolare la realizzazione di 150.000 metri cubi); pertanto, è stata disciplinata l’area, pur rinviando illegittimamente ad un ulteriore livello di pianificazione; contrasto con il Piano del Parco (l’art. 3, comma 9, esclude strutture alberghiere, villaggi turistici); inoltre, il recupero edilizio è ammesso dal Piano, ma solo se finalizzato a rendere possibili le funzioni del Parco;
3) omessa preventiva valutazione degli effetti ambientali dell’intervento (art. 56, comma 7, del P.I.T.); omesso previo accertamento in relazione all’integrità del sito (qualificato come SIC, sito di interesse comunitario, e come ZPS, zona di protezione speciale) ex art. 15, comma 4, l .r. n. 56/2000;
4) nella zona dell’intervento è compresa l’area dell’ex stabilimento industriale Motofides, inserita tra le aree da bonificare dal Piano regionale dei rifiuti (de. C.R. n. 384/99); l’art. 13 l.r. n. 25/1998, per tali aree, pone un vincolo alla loro utilizzazione fino all’avvenuta bonifica; pertanto, l’area non può essere disciplinata urbanisticamente se non è stata effettuata la sua bonifica.


Costituitosi in giudizio, l’Ente Parco ha eccepito il difetto di legittimazione attiva di due delle Associazioni ricorrenti; ha eccepito la tardività del ricorso per omessa impugnazione, nei termini, di precedente deliberazione già lesiva e conosciuta (essendo state presentate le osservazioni); nel merito, ha sostenuto l’infondatezza del gravame chiedendone la reiezione.


Le parti hanno prodotto memorie difensive nelle quali hanno insistito nelle rispettive tesi.


All’udienza sopra indicata, la causa è passata in decisione.


D I R I T T O


1 - Va, preliminarmente, accolta l’eccezione di difetto di legittimazione attiva del Circolo Utopia e del Coordinamento per la salvaguardia e la riqualificazione di Boccadarno.


Come è noto, il problema della legittimazione di organismi esponenziali delle varie componenti sociali ai fini dell’impugnativa di provvedimenti lesivi dell’interesse alla conservazione dei valori ambientali - da tempo oggetto di un intenso dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza - è stato affrontato dal Legislatore all’atto della istituzione del Ministero dell’ambiente.


Al riguardo l’art. 18 della legge 8.7.1986 n. 349 prevede infatti che le Associazioni individuate ai sensi dell’art. 13 possono intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi.


Per quanto qui interessa, l’art. 13 comma 1 dispone che: “ Le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni sono individuate con decreto del Ministro dell'ambiente sulla base delle finalità programmatiche e dell'ordinamento interno democratico previsti dallo statuto, nonché della continuità dell'azione e della sua rilevanza esterna, previo parere del Consiglio nazionale per l'ambiente da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta....”.


La normativa ora richiamata ha trovato poi conferma nel disposto dell’art. 17, comma 46, legge 15.5.1997 n. 127.


A fronte di una scelta del Legislatore che - seguendo in certo modo l’itinerario valorizzato dalla V Sezione del Consiglio di Stato n. 253 del 9.3.1973 - individua la situazione legittimante nel preventivo riconoscimento dell’Associazione, inizialmente la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che la mancata inclusione di una associazione ambientalista negli elenchi ministeriali previsti dalle norme sopra citate comportasse la carenza in radice di legittimazione all’impugnativa di provvedimenti incidenti in materia ambientale (ad es. VI Sez., n. 756 del 1992).


Nel prosieguo si è, però, osservato che la normativa in commento definisce un titolo ulteriore di legittimazione, senza tuttavia far venire meno i criteri selettivi in precedenza a tal fine elaborati dalla giurisprudenza.


Alla stregua di tale indirizzo, l’ esistenza di associazioni comunque legittimate (perché riconosciute) non preclude al giudice di accertare caso per caso la legittimazione di singoli organismi non accreditati, purché gli stessi esibiscano elementi di differenziazione (ad es. finalità statutarie, iscrizione in elenchi regionali etc.) ed un concreto e stabile collegamento con un dato territorio, tale da rendere localizzabile l’interesse esponenziale (IV Sez. nn. 7246 del 2004 e 6467 del 2005; su tutti i principi richiamati, da ultimo, IV Sez., n. 2151 del 14.4.06).


Nella fattispecie, trattasi di enti privi dei requisiti ritenuti necessari sia dalla normativa in materia (artt. 13 e 18, comma 5, della legge n. 349 del 1986), sia dalla consolidata giurisprudenza, affinché le predette associazioni possano agire in giudizio.


Gli enti in questione non sono compresi nel decreto del Ministro dell’ambiente contenente l’elenco delle associazioni ambientalistiche capaci di stare in giudizio, ai sensi delle disposizioni citate, né hanno dimostrato di possedere i requisiti, richiesti dalla giurisprudenza, per poter rientrare nel novero degli enti esponenziali portatori in via continuativa di interessi diffusi radicati nel territorio, il che avrebbe comportato la specificazione, con riferimento alla situazione concreta e fattuale, del come, perché ed in quale misura il provvedimento impugnato si rifletta negativamente sulla propria posizione sostanziale, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale (sul punto, cfr. Tar Toscana, sez. I, 20.10.2004 n. 5014).


Né basta che il Circolo Utopia operi nel territorio della provincia di Pisa, o che il Coordinamento sia stato istituito proprio per il fine di tutelare l’area di Boccadarno e in tale veste abbia partecipato al procedimento di formazione del provvedimento impugnato mediante la presentazione di osservazioni.


Infatti, la facoltà di intervento nel procedimento amministrativo riconosciuta dall’art. 9 della legge 7 agosto 1990 n. 241 ai soggetti portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento non comporta che tali soggetti abbiano legittimazione a ricorrere in sede giurisdizionale per il solo fatto che abbiano in concreto partecipato al procedimento (Cons. St., IV, 29.8.2002 n. 4343).


2 - Con il primo motivo, le ricorrenti deducono, principalmente, che, approvando la scheda n. 39, l’Ente avrebbe violato gli artt. 13 e 16 della legge regionale n. 24 del 1994, poiché le aree esterne al Parco ma ad esse funzionalmente connesse (come quelle oggetto dell’intervento previsto) sono soggette alle disposizioni vincolanti del Piano del Parco e trovano attuazione attraverso piani di gestione “aventi efficacia di piani particolareggiati”.


Pertanto, nel rinviare alle procedure di cui all’art. 23, comma 3, delle n.t.a. del Piano, l’Ente avrebbe derogato alle proprie specifiche competenze.


Deducono, altresì, la violazione dell’art. 23 delle norme di attuazione del Piano per il Parco, il quale, disciplinando esclusivamente le varianti al piano territoriale, sarebbe richiamato illegittimamente, non potendo essere ritenuto norma idonea a regolare la procedura da seguire per disciplinare l’area in questione, se non nel caso di variante al Piano del Parco.


Le censure sono infondate.


La legge regionale 16 marzo 1994 n. 24, istitutiva degli enti parco per la gestione dei parchi regionali della Maremma e di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, prevede che i relativi piani territoriali di coordinamento, già approvati con precedenti deliberazioni del consiglio regionale, si configurano come strumenti d’attuazione delle finalità dei Parchi, ai sensi dell’art. 25, primo comma, della legge 6 dicembre 1991 n. 394 ed assumono la denominazione di piani per il parco; essi hanno valore di piano paesistico e di piano urbanistico ed efficacia di dichiarazione di pubblico generale interesse, di urgenza ed indifferibilità degli interventi in esso previsti (art. 13 commi 1 e 2).


Le aree contigue sono individuate dai piani per il parco e definite aree esterne, per le quali i piani per il parco dettano specifiche direttive, sentiti gli enti locali interessati (artt. 3, 4 e 5).


Nel quadro delle indicazioni dei piani per il parco (e del regolamento o dei regolamenti d’uso dei parchi vigenti), gli enti perseguono le finalità istitutive del parco attraverso piani di gestione aventi efficacia di piani particolareggiati; essi sono adottati dal consiglio direttivo dell’ente, sono depositati presso le segreterie degli enti il cui territorio è compreso nell’area del parco, per trenta giorni, durante i quali chiunque ha facoltà di prenderne visione; acquisite opposizioni ed osservazioni, il consiglio direttivo si esprime su di esse ed approva i piani di gestione (art. 16).


Dal delineato quadro normativo discende che, in generale, il piano di gestione si configura come strumento attuativo, cioè volto a fornire prescrizioni di dettaglio rispetto agli indirizzi ed alle finalità del Piano per il Parco ed ha efficacia di piano particolareggiato.


Nella fattispecie, avendo ad oggetto zone di recupero edilizio ed urbanistico, il piano di gestione, per tale parte, funge anche da strumento di indirizzo, oltre che da piano particolareggiato.


Infatti, la deliberazione n. 515/1989 (art. 9, comma 2), di approvazione del Piano per il Parco, prevede espressamente che i piani di gestione promuovono singoli progetti di restauro e/o ripristino ovvero piani di recupero ai sensi della l.r. n. 59/80 e della legge n. 457/78.


Pertanto, rispetto al previsto piano di recupero volto a fornire le prescrizioni di dettaglio degli interventi di recupero, conservazione, ricostruzione e risanamento del patrimonio edilizio esistente, il piano di gestione, limitatamente alla zone oggetto delle predette prescrizioni, ha anche funzione di indirizzo.


In particolare, l’area di che trattasi, oggetto dell’intervento n. 39, in località Bocca d’Arno, è prevista dal Piano per il parco come “zona di recupero edilizio ed urbanistico funzionale ed è oggetto di un approvando piano di ristrutturazione (cfr. scheda).


La medesima scheda prevede, altresì, anche la realizzazione di un porto turistico ai sensi della l.r. n. 68/1997, il che conferma la sua natura di strumento di indirizzo, in parte qua.


Precisato quanto sopra, va disattesa anche la ulteriore censura contenuta nel motivo in esame.


L’infrastruttura definita come porto turistico alla foce dell’Arno, prevista dal Piano per il Parco, può comportare una variante ad esso.


In particolare, lo stesso Piano prevede uno specifico strumento di coordinamento - la conferenza di programmazione - quale sede del raccordo tra la disciplina del piano, l’adeguamento della strumentazione urbanistica comunale e l’attuazione della l.r. n. 36 del 9.8.1979 recante “l’ordinamento dei porti e degli approdi turistici in Toscana” (art. 23, comma 3, del Piano).


Nell’ambito della conferenza di programmazione possono essere determinate differenti delimitazioni del perimetro del porto e differenti parametri strutturali ed ambientali tali da richiedere una variante al Piano per il parco.


Alla luce di tali disposizioni, appare priva di fondamento la censura in ordine alla pretesa illegittimità del richiamo all’art. 23.


Come già chiarito, il riferimento ad eventuali varianti al Piano per il Parco, contenuto nella disposizione citata, si comprende alla luce della previsione, nell’ambito dello stesso Piano, di una zona di recupero e, all’interno della stessa, di un porto turistico, la cui definizione può comportare la necessità di varianti.


Il censurato richiamo alla disposizione in esame si comprende anche alla luce della circostanza che quella oggetto dell’intervento contestato è definita come area contigua al Parco.


Trattasi, come risulta dall’art. 32 della legge n. 394/1991, di aree diversamente disciplinate rispetto a quelle interne ad esso, sulle quali si dispiegano i poteri di altri Enti territoriali le cui scelte coinvolgono e si riflettono all’interno del perimetro del Parco.


Ne consegue che, laddove su tali aree sia previsto un intervento infrastrutturale che coinvolge la competenza di altre amministrazioni, e a tal fine sia previsto uno speciale strumento operativo (nella specie, la conferenza di programmazione di cui all’art. 23), non può essere esclusa la possibilità di apportare varianti al medesimo Piano territoriale, conseguenti a “differenti delimitazioni del suo perimetro e differenti caratterizzazioni dei riferimenti strutturali, infrastrutturali e ambientali” (art. 23 citato).


3 - Con il secondo motivo, premesso che, con la scheda n. 39, è stata prevista la localizzazione di un porto turistico di 500 posti barca e sono stati stabiliti indici edilizi in base ai quali è prevista la realizzazione di 150.000 metri cubi, si deduce che sarebbe stata disciplinata l’area, nonostante il rinvio illegittimo ad un ulteriore livello di pianificazione; sussisterebbe pertanto contrasto con il Piano del Parco (art. 3, comma 9) che esclude strutture alberghiere, extra alberghiere e villaggi turistici; inoltre, trattandosi di un’area soggetta a “recupero edilizio ed urbanistico con valenza funzionale”, il recupero edilizio sarebbe ammesso dal Piano, ma solo se finalizzato a rendere possibili le funzioni del Parco (in particolare, gli accessi al Parco, alle Tenute/Fattorie/Comparti, i centri del Parco di cui all’art. 3 delle stesse n.t.a).


Il motivo è, solo in parte, fondato.


Osserva il Collegio che, ai sensi dell’art. 9 delle n.t.a., il Piano per il Parco individua due zone per il recupero edilizio ed urbanistico.


La prima, con valenza ambientale, caratterizzata da manutenzione e conservazione dello stato di fatto in quanto a destinazione d’uso e carico insediativo; in essa sono consentiti interventi di risanamento e riqualificazione ambientale ed il riuso di volumetrie esistenti (per funzioni compatibili o strutture del parco), escluse demolizioni e ricostruzioni.


La seconda, con valenza funzionale, opera attraverso la definizione dei riferimenti strutturali del piano, con il riuso del patrimonio edilizio esistente o nuove volumetrie adeguate a rendere possibili le funzioni del parco, con la possibilità di demolizioni e ricostruzioni (senza eccedere le volumetrie preesistenti); “nuove volumetrie sono ammissibili solo quando risultino adeguate, per dimensione e caratterizzazione, a realizzare e rendere possibili le funzioni del parco come indicate al 3° comma dell’art. 3, II, III, IV, V alinea”.


La disposizione richiamata individua, come funzioni, gli accessi al Parco, gli accessi alle singole Tenute/Fattorie/Comparti, i centri del Parco, i capisaldi o piazzole.


Ne consegue che nuove volumetrie sono consentite ma solo per realizzare le funzioni del Parco; viceversa, nel caso di riuso del patrimonio edilizio esistente il vincolo funzionale non sussiste, consentendosi anche una utilizzazione per funzioni compatibili.


Infatti, sul punto, non è esatto quanto sostenuto dalla difesa dell’Ente secondo cui, per entrambe le ipotesi, sarebbero consentite, accanto alle funzioni del Parco, anche funzioni con esso compatibili.
In parte qua, e cioè nella parte in cui il Piano di gestione impugnato ammette la realizzazione di nuove volumetrie per strutture alberghiere, extra alberghiere e villaggi turistici, il motivo appare quindi fondato.


4 - In ordine al terzo ed al quarto motivo, valgono le considerazioni che seguono.


Quanto alla omessa preventiva valutazione degli effetti ambientali dell’intervento (in relazione all’art. 56, comma 7, del P.I.T.), basta osservare che il piano di gestione impugnato non avendo, in parte qua, natura di piano particolareggiato, ma di indirizzo e di promozione di un successivo strumento di attuazione (piano di recupero), si comprendono le ragioni per cui la scheda n. 39, avendo precisato che il suo scopo è quello di “dettare indirizzi per la definizione di parametri per la successiva elaborazione di un piano attuativo”, non rechi la valutazione d’impatto ambientale; peraltro, essa prevede che “il progetto è sottoposto a valutazione d’impatto ambientale ai sensi della l.r. 3.11.98 n. 79”.


Rimane da esaminare la censura secondo cui, nella zona dell’intervento essendo compresa l’area dell’ex stabilimento industriale Motofides inserita tra le aree da bonificare dal Piano regionale dei rifiuti, l’area non potrebbe essere disciplinata urbanisticamente se non è stata effettuata la sua bonifica.


Basta, al riguardo, osservare, in primo luogo, che dal piano impugnato non emerge che l’area di cui trattasi abbia ricevuto una nuova destinazione; in ogni caso, l’Ente Parco ha tenuto presente l’esistenza del vincolo, tanto che, in sede di controdeduzioni, ha considerato l’opportunità che “la bonifica debba avvenire prima della conferenza di programmazione o di altra iniziativa sostitutiva che la Regione voglia attivare”.


Ne consegue che la regolamentazione dell’area risulta demandata, previa bonifica, alla disciplina che sarà contenuta nel successivo piano attuativo.


5 - Conclusivamente, per le ragioni sopra esposte, il ricorso è in parte inammissibile, in parte fondato, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione; in parte qua, il provvedimento impugnato deve essere pertanto annullato.


Spese ed onorari di giudizio, sussistendone giusti motivi, possono essere compensati tra le parti.


P. Q. M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione I^, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, in parte lo dichiara inammissibile; in parte lo accoglie e annulla, in parte qua, il provvedimento impugnato.


Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.


Così deciso in Firenze, il 21 marzo 2006, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:
Dott. Giovanni VACIRCA - Presidente
Dott. Saverio ROMANO - Consigliere
Dott. Bernardo MASSARI - Consigliere
F.to Giovanni Vacirca
F.to Saverio Romano
F.to Mario Uffreduzzi - Direttore della Segreteria


DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 1 giugno 2006
Firenze, lì 1 giugno 2006
IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA
F.to Mario Uffreduzzi
s.m.

 

M A S S I M E

Sentenza per esteso


1) Aree protette - Aree contingue al parco - Disciplina - Varianti al Piano territoriale del Parco - Ammissibilità. Le aree contigue al parco, come risulta dall’art. 32 della legge n. 394/1991, sono aree diversamente disciplinate rispetto a quelle interne ad esso, sulle quali di dispiegano i poteri di altri Enti territoriali le cui scelte coinvolgono e si riflettono all’interno del perimetro del Parco. Ne consegue che, laddove sia previsto uno speciale strumento operativo (nella specie, conferenza di programmazione), non può essere esclusa la possibilità di apportare varianti al Piano territoriale del Parco conseguenti a differenti delimitazioni del suo perimetro e differenti caratterizzazioni dei riferimenti strutturali, infrastrutturali e ambientali. Pres. Vacirca, Est. Romano - W.W.F., Legambiente e altro (avv.ti Angella e Pino) c. Ente Parco Regionale Migliarino - San Rossore - Massaciuccoli (avv. Toscano) - T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 1 giugno 2006, n. 2636

2) Aree protette - Parco di San Rossore e Migliarino - Recupero edilizio ed urbanistico - Limiti - Previsione di nuove volumetrie non destinate alle funzioni del Parco - Illegittimità. Ai sensi del Piano per il Parco di San Rossore e Migliarino, per il recupero edilizio ed urbanistico sono consentite nuove volumetrie solo per realizzare funzioni del Parco; nel caso invece di riuso del patrimonio edilizio esistente, non sussiste vincolo funzionale, consentendosi anche un’utilizzazione per funzioni compatibili. Ne consegue l’illegittimità del Piano di gestione del Parco nella parte in cui ammette la realizzazione di nuove volumetrie per strutture alberghiere, extra alberghiere e villaggi turistici. Pres. Vacirca, Est. Romano - W.W.F., Legambiente e altro (avv.ti Angella e Pino) c. Ente Parco Regionale Migliarino - San Rossore - Massaciuccoli (avv. Toscano) - T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 1 giugno 2006, n. 2636

3) Aree protette - Parco di San Rossore e Migliarino - Piano di gestione - Piano di indirizzo e promozione - SIC e ZIP - Preventiva VIA - Necessità - Esclusione. Il piano di gestione del Parco di San Rossore e Migliarino, che incide su siti qualificati come SIC e ZPS, nei limiti in cui è esclusa la natura di piano particolareggiato, configurandosi come piano di indirizzo e promozione di un successivo strumento di attuazione (piano di recupero), non richiede la valutazione di impatto ambientale. Pres. Vacirca, Est. Romano - W.W.F., Legambiente e altro (avv.ti Angella e Pino) c. Ente Parco Regionale Migliarino - San Rossore - Massaciuccoli (avv. Toscano) - T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 1 giugno 2006, n. 2636

4) Procedure e varie - Associazioni e comitati - Associazioni non riconosciute ex art. 17 L. 127/97 - Legittimazione processuale - Accertamento del giudice - Criteri. L’ esistenza di associazioni comunque legittimate (perché riconosciute ai sensi dell’art. 17, c. 46 della L. n. 127/97) non preclude al giudice di accertare caso per caso la legittimazione di singoli organismi non accreditati, purché gli stessi esibiscano elementi di differenziazione (ad es. finalità statutarie, iscrizione in elenchi regionali etc.) ed un concreto e stabile collegamento con un dato territorio, tale da rendere localizzabile l’interesse esponenziale (IV Sez. nn. 7246 del 2004 e 6467 del 2005; su tutti i principi richiamati, da ultimo, IV Sez., n. 2151 del 14.4.06). Pres. Vacirca, Est. Romano - W.W.F., Legambiente e altro (avv.ti Angella e Pino) c. Ente Parco Regionale Migliarino - San Rossore - Massaciuccoli (avv. Toscano) - T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 1 giugno 2006, n. 2636

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