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 Massime della sentenza

 

 

T.R.G.A. TRENTINO-ALTO ADIGE, Trento, 6 Giugno 2006, sentenza n. 205
 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
DEL TRENTINO-ALTO ADIGE - SEDE DI TRENTO
 



N. 160/2006 Reg. Sent.
N. 170/2005 Reg. Ric.


 

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso n. 170 del 2005 proposto da MASINI GENNARO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Dalla Fior ed Andrea Lorenzi ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Trento, Via Paradisi n. 15/5;


CONTRO


il COMUNE DI MOENA, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Roberta De Pretis ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Trento, Via SS. Trinità n. 14;


per l’annullamento,
del provvedimento del Sindaco del Comune di Moena 19.4.2005 prot. n. 2837 con il quale è stata respinta la richiesta di condono edilizio avente ad oggetto la realizzazione di due unità immobiliari nell’ambito dell’unica unità immobiliare p.m. 10 p.ed. 1365 CC Moena I, nonchè degli atti connessi e presupposti ivi compreso il parere della concessione edilizia comunale 17.2.2005, il preavviso di diniego 28.2.2005 n. 1898, l’ulteriore parere della Commissione Edilizia Comunale 14.4.2005, l’ingiunzione di demolizione 25.7.2005 n. 5887 successivamente notificata.


Visto il ricorso ed i motivi aggiunti con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 7 aprile 2006 - relatore il consigliere Sergio Conti - l’avv. Marco Dalla Fior per il ricorrente e l’avv. Roberta de Pretis per l'Amministrazione resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO


Con ricorso notificato il 15.6.2005 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo giorno 17.6.2005 Masini Gennaro si grava avverso il provvedimento sindacale specificato in epigrafe, recante la reiezione della richiesta di condono edilizio relativa alla suddivisione dell’unità immobiliare p.m. 10 p.ed. 1365 C.C. Moena in due unità immobiliari.


Il provvedimento di diniego ha rigettato la domanda di condono sul concorrente rilievo che l’edificio ricade in ambito sottoposto a vincolo paesaggistico e l’abuso risulta in contrasto con la normativa urbanistica (evidenziando che “il progetto è in contrasto con l’art. 51 punto 4 del vigente R.E.C. per quanto riguarda la superficie dell’appartamento del primo piano inferiore a mq. 45”).


Il ricorrente articola le seguenti doglianze:


1) Violazione in ogni caso erronea applicazione di legge (art. 35 legge 47/85) erroneità nei presupposti, difetto di istruttoria, carenza di motivazione e conseguente eccesso di potere, rilevando che il mancato rispetto di una norma regolamentare di carattere igienico-sanitario non può costituire motivo idoneo a giustificare la reiezione della domanda di condono;
2) Violazione in ogni caso erronea applicazione di legge (art. 32 legge 326/2003) in relazione all’art. 51 del regolamento edilizio comunale - erroneità nei presupposti, e conseguente eccesso di potere; sostenendo che la sanabilità dell’abuso è preclusa solo se vi è stata la violazione di una disposizione urbanistica;
3) Ancora e sotto diverso autonomo profilo violazione in ogni caso erronea applicazione di legge con riferimento alla legge 24.11.2003 n. 326 (art. 32) rispettivamente alle disposizioni in materia di tutela del paesaggio contenute nella l.p. 22/91 (artt. 93 e seguenti)- erroneità nei presupposti, travisamento della realtà e conseguente eccesso di potere, contestandosi che possa essere denegato il condono per interventi effettuati in aree sottoposte a tutela paesaggistica ove le stesse consistano in opere interne ovvero, come nel caso, in mero mutamento di utilizzo senza alcuna opera edilizia;
4) Motivazione carente o comunque insufficiente e conseguente eccesso di potere, per la mancata motivazione in ordine alle osservazioni presentate dalla ricorrente a seguito della comunicazione del c.d. preavviso di rigetto.


Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Moena, chiedendo il rigetto del gravame.


Con motivi aggiunti (notificati il 3.11.2005 e depositati il 10.11.2005) il ricorrente ha provveduto ad impugnare l’ ingiunzione di rimessa in pristino dd. 25.7.2005 n. 5887, atto conseguenziale al diniego, deducendo invalidità derivata dello stesso rispetto al provvedimento presupposto.


Con memoria depositata in data 27.3.2006 il Comune ha articolatamente controdedotto - in fatto ed in diritto – rispetto alle tesi svolte dalla ricorrente.


Alla pubblica udienza del 7.4.2006 il ricorso è stato trattenuto in decisione.


DIRITTO


Con il ricorso all’esame viene impugnato il provvedimento di diniego di condono edilizio per l’abuso consistente nella suddivisione in due unità immobiliari.della preesistente unità (contraddistinta con p.m. 10 p.ed. 1365 C.C. Moena), motivato con il rilievo che l’edificio ricade in ambito sottoposto a vincolo paesaggistico e l’abuso risulta in contrasto con la normativa urbanistica (evidenziando che “il progetto è in contrasto con l’art. 51 punto 4 del vigente R.E.C. per quanto riguarda la superficie dell’appartamento del primo piano inferiore a mq. 45”)


Il gravame non risulta fondato.


L’art. 32 c. 27 del D.L. 30.9.2003 n. 269 (conv. l. 24.11.2003 n. 326) dispone che le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora: … d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.


Pertanto, il rilascio del condono edilizio in zona sottoposta a vincoli di tutela richiede la conformità edilizia ed urbanistica dell’opera.


A detta della ricorrente, nella fattispecie all’esame sarebbero assenti entrambi i presupposti normativamente richiesti per negare il condono edilizio, in quanto, per un verso, il divieto di condono opererebbe limitatamente alle opere esterne (in quanto in contrasto con il vincolo paesaggistico), mentre sussisterebbe per quelle interne e a fortiori per i meri cambi di destinazione d’uso, sotto un secondo aspetto, va esclusa la natura urbanistico-edilizia delle richiamate norme del regolamento edilizio richiamate, in quanto le stesse perseguono esclusivamente finalità igienico-sanitarie.


Entrambe le affermazioni devono essere disattese.


Quanto al primo profilo, va rilevato che, ai sensi dell’art. 32 comma 27 lett. d) del D.L. 30.9.2003 n. 269, risulta non sanabile l'intervento per il quale si abbia la compresenza dei seguenti presupposti:


a) sussistenza di vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali;
b) anteriorità della imposizione del vincolo rispetto al compimento dell'abuso;
c) presenza di opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.


In altri termini, in tale ambito, sono esclusi dal condono i c.d. abusi sostanziali, essendo consentita esclusivamente la sanatoria degli abusi meramente formali, cioè degli interventi di cui al suddetto punto d) del comma 27 ma realizzati in conformità alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 269/2003 (1° ottobre 2003).


Sia la struttura della norma (in particolare, la circostanza che nel medesimo comma siano ricompresi più vincoli senza alcuna differenziazione) sia la ratio perseguita dal legislatore (assicurare una tutela di tipo sostanziale e non meramente formale al vincolo) non consentono di introdurre alcuna eccezione in relazione al solo vincolo paesaggistico.


Va perciò condivisa la tesi sviluppata dalla PAT con la circolare n. 5369/04 del 25.10.2004 secondo cui: “dal tenore letterale della disposizione statale risulta pertanto che la sanatoria può essere rilasciata, nel caso di vincoli esistenti prima della realizzazione delle opere abusive, solo in presenza della conformità urbanistica anche qualora l’intervento non richieda l’autorizzazione da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, in quanto è sufficiente che l’abuso abbia interessato un immobile soggetto a vincolo per richiederne la conformità.
… conseguentemente … anche il cambio di destinazione d’uso senza opere o con opere solamente interne effettuato abusivamente su immobili ricadenti in aree già soggette a tutela del paesaggio alla data di realizzazione dell’intervento abusivo, pur non richiedendo la determinazione della conferenza di servizi provinciale per l’assenza di violazione del vincolo (riguardando una tipologia d’intervento che non richiede l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 93 della L.P. n. 22 del 1991) potrà formare oggetto di sanatoria solo in presenza della conformità urbanistica”.


Con riguardo alla specifica fattispecie, va soggiunto che l’intervento per il quale è stato chiesto il condono ha comportato l’aumento del numero delle unità immobiliari.


Una tale operazione di per sé non si configura come mera opera interna, posto che (cfr. Cons. St. Sez. V 23.5.1997 n. 529 e Sez. IV 29.4.2004 n. 2611) interventi edilizi interni che provochino una diversa utilizzazione dell’area interessata, come nel caso dell’aumento (da una a due) delle unità abitative, determinano una variazione quantitativa e qualitativa del carico urbanistico.


Va soggiunto che l’art. 10 del DPR 6.6.2001 n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizi) - nel disciplinare gli “Interventi subordinati a permesso di costruire” (legge n. 10 del 1977, art. 1; legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 25, comma 4) - specifica (cfr. lett. c) che sono soggetti a permesso di costruire gli interventi che comportino aumento del numero delle unità immobiliari, ascrivendo gli stessi alla nozione di ristrutturazione edilizia.


Per quanto riguarda la provincia autonoma di Trento, va posto in luce che la legge urbanistica provinciale (l.p. 5.9.1991 n. 22), nell’individuare all’art. 83 gli interventi di minore rilievo che sono soggetti a denuncia d'inizio di attività, pone fra questi le opere interne alle costruzioni che non comportino modificazioni della sagoma e dei prospetti della costruzione né aumento delle superfici utili e del numero delle unità immobiliari, che non modifichino la destinazione d'uso delle costruzioni e delle singole unità immobiliari, non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile e rispettino le originarie caratteristiche costruttive degli edifici.


Con riguardo al profilo della natura delle norme del Regolamento edilizio, che sono state richiamate dal Comune a fondamento del diniego di condono edilizio, va osservato che parte ricorrente erra quando ne afferma l’esclusivo carattere igienico-sanitario.


Infatti, sotto il profilo formale, va posto in luce che nel comune di Moena il R.E. costituisce parte integrante del PRG (cfr. doc. n. 7 dell’Amministrazione) in quanto contiene in sé tutta la normativa di attuazione del Piano.


Sotto l’aspetto sostanziale, deve considerarsi che l’art. 51 del R.E., nello stabilire la superficie minima di mq. 65, persegue un’evidente finalità urbanistica e non già igienico-sanitaria, atteso che la medesima norma eccettua da tale limite una serie di tipologie abitative destinate ai residenti.


In altri termini, la fissazione di limiti di superficie minima diversa in funzione del differente utilizzo potenziale degli alloggi ne evidenzia il carattere non meramente igienico-sanitario, ponendone in luce la ratio urbanistica, volta a contenere, in località ad alta vocazione turistica, il proliferare di mini-appartamenti ad esclusiva destinazione non residenziale, con la conseguente difficoltà a reperire alloggi da parte dei nuclei familiari residenti, abbisognevoli di differenti tipologie abitative.


Da ultimo, va rilevata l’infondatezza anche del quarto motivo, non essendo necessaria una particolareggiata disamina delle osservazioni proposte dal privato a seguito di comunicazione del preavviso di rigetto, ove dalla motivazione dell’atto finale sia dato comprendere con chiarezza, come nella fattispecie, quali sono le ragioni che sorreggono l’atto.


Il rigetto del ricorso introduttivo comporta, in via conseguenziale, l’infondatezza di quello – proposto con motivi aggiunti - avverso l’ingiunzione al ripristino.


Sussistono giusti motivi per addivenirsi alla compensazione, fra le parti, delle spese del giudizio.


P.Q.M.


il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino - Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 170/2005, lo respinge.


Spese del giudizio compensate.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.


Così deciso in Trento, nella Camera di Consiglio del 7 aprile 2006, con l’intervento dei Magistrati:


dott. Paolo Numerico Presidente
dott. Sergio Conti Consigliere estensore
dott. Stelio Iuni Consigliere


Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 12 maggio 2006.

Il Segretario Generale
dott. Giovanni Tanel

 

M A S S I M E

Sentenza per esteso


1) Procedura e varie – Atti endoprocedimentali – Impugnabilità – Casi. La regola secondo cui l'atto endoprocedimentale non è autonomamente impugnabile incontra un'eccezione nel caso di atti di natura vincolata (pareri o proposte), idonei come tali ad imprimere un indirizzo ineluttabile alla determinazione conclusiva, di atti interlocutori, idonei a cagionare un arresto procedimentale capace di frustrare l'aspirazione dell'istante ad un celere soddisfacimento dell'interesse pretensivo prospettato, e di atti soprassessori, che, rinviando ad un avvenimento futuro ed incerto nell'an e nel quando il soddisfacimento dell'interesse pretensivo fatto valere dal privato, determinano un arresto a tempo indeterminato del procedimento che lo stesso privato ha attivato a sua istanza (cfr. ex multis Cons. St., Sez. VI, 11 marzo 2004, n. 1246, sez. IV, 20 dicembre 2002, n. 7252; Cons. giust. amm. 7 novembre 2002, n. 606). Pres. Numerico, Est. Conti – V.n.v. (avv.ti Troiano, Fantini e Mascello) c. Comune di Riva del Garda (avv. Vecchietti) e altro (n.c.) - T.R.G.A. TRENTINO ALTO ADIGE, Trento – 6 giugno 2006, n. 205

2) Inquinamento elettromagnetico – Provincia autonoma di Trento – Legge quadro n. 36/2001 – Potestà legislativa e regolamentare della Provincia autonoma di Trento – Sussistenza. La potestà legislativa e regolamentare della Provincia autonoma di Trento in materia di ambiente, inglobante anche la protezione dall’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, non risulta scalfita dall’intervenuta legge-quadro 22.2.2001, n. 36 (protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici), data l’espressa salvaguardia posta per le Regioni ad autonomia speciale e per le Province autonome di Trento e Bolzano ed ancor meno dal (già vigente: si veda ora la Corte Cost. 1.10.2003, n. 303) D.Lgs. 4.9.2002, n. 198, stante il principio della non estensione automatica al Trentino-Alto Adige della legislazione statale fissato da specifica norma di attuazione (art. 2 del D.Lgs. 16.3.1992, n. 266). Pres. Numerico, Est. Conti – V.n.v. (avv.ti Troiano, Fantini e Mascello) c. Comune di Riva del Garda (avv. Vecchietti) e altro (n.c.) - T.R.G.A. TRENTINO ALTO ADIGE, Trento – 6 giugno 2006, n. 205

3) Inquinamento elettromagnetico – L. 36/2001 – Riparto di competenza Stato-Regioni-enti locali – Piano comunale di localizzazione degli impianti – Ammissibilità – Esigenza di copertura del servizio sul territorio comunale - Parità di trattamento dei gestori. Il riparto di competenze desumibile dalla legge n. 36 del 2001, affida allo Stato la fissazione delle c.d. «soglie di esposizione», mentre spetta alle Regioni (e alle province autonome) e agli enti locali la disciplina dell’uso del territorio in funzione della localizzazione degli impianti, cioè l’adozione delle ulteriori misure e prescrizioni dirette a ridurne il più possibile l’impatto negativo sul territorio, sempreché naturalmente i criteri localizzativi e gli standard urbanistici non siano tali da impedire od ostacolare ingiustificatamente l’insediamento degli impianti medesimi (v. Corte cost. 7 ottobre 2003 n. 307); ne deriva la piena ammissibilità di un piano di infrastrutturazione comunale per sistemi fissi per telecomunicazione, che contempera l’esigenza di copertura del servizio sul territorio comunale con quella pianificatoria di un corretto insediamento degli impianti, oltre che con l’esigenza di minimizzare l’esposizione ai campi elettromagnetici, assicurando al contempo ai gestori uniformità di trattamento in sede di vaglio congiunto delle relative richieste (cfr TAR Parma sent. n. 546 del 13 dicembre 2005 e n. 10 del12 gennaio 2006 ), in conformità di quanto espressamente richiesto dall’art. 8, comma 6, della legge n. 36 del 2001 e dall’art. 3 del D.P.G.P. 29.6.2000 n. 13-31. Pres. Numerico, Est. Conti – V.n.v. (avv.ti Troiano, Fantini e Mascello) c. Comune di Riva del Garda (avv. Vecchietti) e altro (n.c.) - T.R.G.A. TRENTINO ALTO ADIGE, Trento – 6 giugno 2006, n. 205

4) Inquinamento elettromagnetico – Impianti di telefonia mobile – Natura – Opere di urbanizzazione primaria – Art. 86, c. 3, D.Lgs. 259/2003 – Enti locali – Esercizio delle competenze urbanistico-edilizie. La circostanza che gli impianti di telefonia mobile siano ora classificati come opere di urbanizzazione primaria (v. art. 86, comma 3, del D.Lgs n. 259/2003), lungi dal liberalizzare in toto l’insediamento di simili impianti e dal sacrificare le attribuzioni comunali in tema di disciplina dell’uso del territorio, rivela esclusivamente la volontà normativa di qualificare sotto il profilo urbanistico le relative strutture, e dunque, pur conseguentemente orientando le scelte localizzative rimesse al vaglio delle Autorità locali, non impedisce loro l’esercizio delle ordinarie competenze a tutela del corretto assetto urbanistico-edilizio delle aree interessate. Pres. Numerico, Est. Conti – V.n.v. (avv.ti Troiano, Fantini e Mascello) c. Comune di Riva del Garda (avv. Vecchietti) e altro (n.c.) - T.R.G.A. TRENTINO ALTO ADIGE, Trento – 6 giugno 2006, n. 205

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