Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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T.A.R. UMBRIA, 18
maggio 2006, Sentenza n. 305
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELL'UMBRIA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 422/2005 proposto da Grazia VILLAN, in proprio e quale
presidente del COMITATO LOCALITA’ TESTACCIO, Catia MARTINELLI, Lidia POLINORI,
Augusto QUONDAM, Giovanni SANTINI, Anna Maria CHIOCCI e Antonino SEMILIA, tutti
rappresentati e difesi dall’avv. Urbano Barelli ed elettivamente domiciliati in
Perugia presso il suo studio, alla Via Cesare Beccaria n. 11;
contro
il Comune di Spoleto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dall’avv. Massimo Marcucci, anche domiciliatario in Perugia, alla Via Baglioni
n. 10;
e nei confronti
della H3G S.p.a., con sede in Trezzano sul Naviglio (MI), in persona dei
procuratori speciali Cesare San Mauro e Marco Foglia, rappresentata e difesa
dagli avv.ti Ferruccio De Lorenzo e Giuseppe Sartorio, ed elettivamente
domiciliata in Perugia presso lo studio dell’avv. Glauco Guida, al Viale Centova
n. 6;
per l’annullamento
del permesso di costruire n. 39569 in data 28 dicembre 2004, nonché di ogni
altro atto connesso, collegato, antecedente o successivo;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Perugia e della società
intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta alla pubblica udienza del 22 febbraio 2006 la relazione del dott.
Pierfrancesco Ungari, uditi i difensori delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1. Alcuni residenti nella zona hanno impugnato, mediante ricorso straordinario,
il permesso di costruire n. 39569 rilasciato in data 28 dicembre 2004 dal Comune
di Spoleto alla H3G S.p.a. per la realizzazione di un impianto tecnologico al
servizio della rete di telefonia cellulare UMTS in zona “EA - zona agricola di
valore paesistico ambientale”, località Testaccio.
Il ricorso è stato trasposto dinanzi a questo Tribunale.
Vengono dedotte censure così sintetizzabili:
- violazione degli articoli 87 e 88, nonché dell’allegato 13, del d.lgs. 259/2003, ed eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, in quanto la domanda inizialmente riguardava il solo impianto (e solo su di esso l’Ufficio Ambiente ha espresso il parere favorevole in data 7 ottobre 2004) mentre poi, con le integrazioni presentate in data 25 novembre 2004, è stata segnalata la necessità di costruire anche una strada di accesso, ma senza che venisse presentata apposita istanza; peraltro, nella relazione tecnico illustrativa si menziona il ripristino di un percorso esistente, mentre la Comunità Montana ha affermato che la strada non esisteva e doveva essere costruita (così come avvenuto, ma senza realizzare le canalette di sgrondo delle acque richieste dalla Comunità Montana); inoltre, anche in violazione dell’articolo 8 della legge 36/2001, il parere favorevole dell’Ufficio ambiente è stato rilasciato in forza della considerazione che l’ubicazione delle case “non ricade nella direttrice di emissione delle antenne”, ma la planimetria allegata alla domanda non riporta tutte le abitazioni esistenti (in particolare, i cinque edifici costruiti sulla particella 236, dove risiedono stabilmente oltre cento persone, né Villa Milani, né il Convento dei Cappuccini), e non è stata considerata la presenza del traliccio ENEL e dei cavi dell’alta tensione.
- violazione degli articoli 14 della l.r. 27/2000, 36 del P.T.C.P. della Provincia di Perugia, e 71 delle N.T.A. adottato, che nelle zone Ea non consentono l’apertura di nuove strade.
- violazione degli articoli 14 della l.r. 27/2000, 36 del P.T.C.P. della Provincia di Perugia, e 60 delle N.T.A. predette, che limitano la realizzazione di impianti tecnologici nelle zone Ea alle ipotesi in cui per dimostrate ragioni tecniche non possano essere realizzati nelle zone destinate a servizi.
- violazione degli articoli 10 della legge 353/2000 e 26 delle N.T.A. predette, in quanto l’area in questione è un’area incendiata.
- violazione degli articoli 4 della l.r. 9/2002 e 8, comma 6, della legge 36/2001, in quanto il Comune di Spoleto ha omesso la necessaria e preventiva individuazione delle aree sensibili e la più ampia pianificazione territoriale volta alla minimizzazione delle esposizioni ai campi elettromagnetici.
- violazione del principio di precauzione di cui all’articolo 174 del Trattato U.E., dell’articolo 32 Cost. e dell’articolo 1 della legge 36/2001, per omessa considerazione delle esigenze di tutela della salute dei residenti nella zona.
2. Si sono costituiti in giudizio ed hanno controdedotto puntualmente il Comune di Spoleto e la società controinteressata.
3. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità per difetto di
legittimazione attiva sollevata dalle parti resistenti.
Poiché i ricorrenti hanno depositato in giudizio certificati che dimostrano la
residenza nella zona in cui viene localizzato l’impianto, non può essere negata
la sussistenza di quella situazione di stabile collegamento con la zona
interessata dall’attività assentita, che, per giurisprudenza consolidata (cfr.
Cons. Stato, IV, 14 dicembre 2004, n. 8072; V, 13 luglio 2000, n. 3904; VI, 26
luglio 2001, n. 4123), determina la legittimazione ad impugnare il provvedimento
autorizzatorio.
4. Nel merito, il ricorso è
infondato e deve pertanto essere respinto, per le ragioni appresso esposte.
4.1. Occorre puntualizzare che
l’articolo 87 del d.lgs. 259/2003, disciplina (in una prospettiva di
semplificazione ed accelerazione, per favorire lo sviluppo di un settore
ritenuto strategico – cfr. articolo 1, legge 443/2001) il procedimento
autorizzatorio relativo alle infrastrutture di comunicazione elettronica per
impianti radioelettrici, prevedendo la presentazione di apposita istanza
(modelli A o B dell’allegato 13), nonché i tempi e le modalità del relativo
esame da parte delle amministrazioni competenti.
In particolare, la valutazione tecnica sulla installazione, per quanto riguarda
i profili della tutela della salute e dell’ambiente - “accertamento (…) della
compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e
gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale” – in
Umbria è demandata all’ARPA.
Ai Comuni, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 36/2001, e delle
disposizioni della l.r. 9/2002, spetta soltanto una potestà regolamentare volta
all’individuazione dei siti dove localizzare gli impianti, al fine di
minimizzare (al di sotto dei valori inderogabili previsti a livello nazionale)
l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, e l’impatto
paesaggistico derivanti dagli impianti. Con riferimento al servizio di
radiotelefonia cellulare, la giurisprudenza di questo Tribunale ha chiarito
trattarsi di una funzione di pianificazione di settore, eventuale, che deve
essere esercitata tenendo conto delle esigenze di funzionamento delle reti di
comunicazione (e quindi necessariamente attraverso il confronto con i gestori) e
può condurre ad integrare gli strumenti urbanistici esistenti con previsioni e
prescrizioni specifiche (cfr., in ultimo, sentt. 490/2004, 493/2004, 269/2005,
271/2005).
Qualora tale potestà non sia stata ancora esercitata (è il caso del Comune di
Spoleto), l’autorizzazione alla realizzazione di impianti tiene conto unicamente
dei parametri e delle valutazioni previsti dall’articolo 87.
4.2. Le considerazioni esposte
valgono ad escludere qualsiasi vizio riconducibile alla omessa individuazione
delle aree sensibili e alla omessa pianificazione dei siti di localizzazione, da
parte della Regione dell’Umbria e del Comune di Spoleto, posto che si tratta di
presupposti eventuali, la cui mancanza non può condizionare le installazioni.
Parimenti, i principi costituzionali della tutela della salute e dell’ambiente,
ed il principio di precauzione recepito dall’articolo 174 del Trattato UE, non
possono essere invocati all’infuori dei parametri normativi oggettivi che pro
tempore traducano detti principi in regola di condotta per gli operatori
pubblici e privati, e nel caso in esame non viene contestato che detti
parametri, oggi contenuti nel D.P.C.M. 8 luglio 2003, siano rispettati.
4.3. I ricorrenti sottolineano che
il successivo articolo 88, prevede una specifica autorizzazione per la
effettuazione di “Opere civili, scavi ed occupazione di suolo pubblico”
strumentali alla realizzazione degli impianti di cui all’articolo 87 (modelli C
o D dell’allegato 13) e ne disciplina l’iter procedimentale, e lamentano che
tale adempimento non sia stato posto in essere per la realizzazione della strada
di accesso all’impianto in questione.
Tuttavia, tale disposizione non sembra debba trovare applicazione al caso in
esame.
Anzitutto, perché non è dimostrato che si tratti di realizzare una strada ex
novo, anziché di effettuare la manutenzione di un percorso esistente.
I ricorrenti fanno leva su quanto si legge nel parere ai fini del vincolo
idrogeologico recepito nell’autorizzazione prot. 15683 rilasciato dalla Comunità
Montana dei Monti Martani e del Serano in data 1 dicembre 2004; ma in realtà la
Comunità Montana non ha dato alcuna autonoma qualificazione dell’intervento da
realizzare, posto che si è limitata a prendere atto che nelle integrazioni
presentate dalla controinteressata in data 25 novembre 2004, “si specifica che
per accedere al sito d’intervento e realizzare l’opera, si dovrà costruire una
strada d’accesso”.
Per contro, dalla lettura della relazione tecnico illustrativa, sembra univoco
che si tratta del ripristino di una strada esistente, e sulla stessa linea è la
posizione del Comune di Spoleto, senza che siano rinvenibili agli atti elementi
che dimostrino il contrario.
Comunque, l’articolo 88 riguarda le ipotesi in cui l’impianto debba essere
accompagnato dalla realizzazione di cavidotti e collegamenti alla rete
infrastrutturale, e si preoccupa di agevolare la ricerca del consenso dei
proprietari dei suoli o i necessari procedimenti ablatori.
Circostanze che non ricorrono nel caso in esame.
Che poi la strada sia stata ripristinata senza realizzare le “canalette di
sgrondo”, è aspetto che non può certo viziare il provvedimento che dette
canalette prevedeva, e che semmai potrà fondare un’azione di adempimento o di
risarcimento da parte dei cittadini o dei proprietari che si ritengano
danneggiati da tale mancanza.
4.4. L’autorizzazione impugnata non
risulta viziata neanche alla luce delle valutazioni espresse nel parere
dell’Ufficio ambiente del Comune prot. 42427 in data 7 ottobre 2004.
I rilievi attinenti ad una pretesa incompleta considerazione della presenza di
abitazioni e del traliccio dell’elettricità e dei cavi dell’alta tensione,
riguardano la tutela della salute e dell’ambiente, profili che sono stati
valutati positivamente dall’ARPA, senza che il Comune abbia la competenza
giuridica (e prima ancora tecnica) per andare in contrario avviso.
Peraltro, nella cartografia “stato attuale” su pianta catastale allegata alla
domanda di autorizzazione appaiono riportati anche i cinque edifici (particella
236) in questione.
Inoltre, dalla pretesa natura di area incendiata (affermata nel parere, ma
negata in giudizio dalla difesa del Comune e non altrimenti circostanziata) non
potrebbe comunque discendere una preclusione alla realizzazione dell’impianto,
dato che l’intervento non può definirsi di “edificazione” (ciò che sarebbe
vietato dall’articolo 26 delle N.T.A.), né rientra tra quelli vietati
dall’articolo 10 della legge 253/2000 (“edifici, strutture e infrastrutture
finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive”).
Per escludere che eventuali omissioni riscontrabili nelle valutazioni
dell’Ufficio Ambiente possano di per sé inficiare il provvedimento impugnato,
occorre anche considerare il fatto che l’area non risulta sottoposta ad un
vincolo paesaggistico in senso stretto (quelli disposti in applicazione del
Codice dei beni culturali e del paesaggio e delle corrispondenti norme
previgenti), ciò che avrebbe richiesto una specifica motivata autorizzazione
paesaggistica, bensì ad un vincolo urbanistico avente (anche) finalità di tutela
paesaggistica, essendo qualificata di interesse paesistico ambientale soltanto
dal piano regolatore.
4.5. Né, infine, la realizzazione
dell’impianto può ritenersi impedita dalla pianificazione vigente.
Anzitutto, l’articolo 86 del d.lgs. 259/2003, affermando che le infrastrutture
di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88, “sono
assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui
all'articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno
2001, n. 380” (comma 3) esprime un principio di generale compatibilità con ogni
tipo di zonizzazione, valutandole alla stregua di quegli usi della singola zona
che la dottrina definisce “usi complementari” e che si risolvono in funzioni di
servizio alla specifica destinazione della zona medesima (cfr. TAR Puglia, Bari,
III, 22 luglio 2004, n. 3217; TAR Campania, Napoli, I, 24 marzo 2004, n. 4044;
TAR Veneto, II, 23 dicembre 2003, n. 6293).
Detta compatibilità presumibile in via generale, oltre ad essere limitabile
mediante l’esercizio della potestà pianificatoria e della potestà regolamentare
(sopra ricordate, al punto 4.1.), non fa venir meno la specifica tutela dettata
per le zone sottoposte a vincoli culturali e paesaggistici o a servitù militari
(come espressamente ricordato dall’articolo 86, comma 4).
Ma le disposizioni di piano invocate dai ricorrenti non sembano tali da poter
determinare preclusioni.
Non l’articolo 14 della l.r. 27/2000 (di approvazione del P.U.T.), che vieta le
edificazioni nelle aree di particolare interesse naturalistico, poiché è
evidentemente esclusa ogni equiparazione tra l’impianto in questione e le
edificazioni; né l’articolo 36 del P.T.C.P. che tutela le aree in esame, ma non
pone divieti o preclusioni specifiche.
Non l’articolo 71 delle N.T.A., che, a differenza del previgente articolo 63,
non consente più espressamente l’apertura di nuove strade nelle zone agricole di
valore paesistico e ambientale, posto che (come sopra esposto) non è dimostrato
si tratti di strada nuova, e che comunque la disposizione non contiene un
divieto espresso in tal senso, e contempla la possibilità di realizzare
condutture elettriche ed ogni altro impianto a rete aerea o sotterranea.
Non può negarsi che gli impianti di telefonia cellulare, quanto meno con
riferimento alla distinzione tra “impianti a rete” ed “altri manufatti per
impianti tecnologici” adottata dall’articolo 60 delle N.T.A., siano impianti a
rete, anche se i collegamenti e la interdipendenza tra le installazioni
subiscono condizionamenti tecnici e quindi devono rispettare criteri diversi
(non è qui necessario stabilire se si siano più o meno rigidi e vincolanti), di
quelli che riguardano, ad esempio, gli elettrodotti o gli acquedotti.
In altri termini, un impianto di radiotelefonia non può essere liberamente
ubicato sul territorio, ma deve tener conto delle caratteristiche del sistema
della rete di telecomunicazione, che per definizione richiede una diffusione
capillare sul territorio, poiché alla debolezza del segnale di antenna associa
un rapporto di maggior contiguità delle singole stazioni radiobase.
Perciò, tornando al contesto di piano in esame, non è preclusa, ai sensi
dell’articolo 68 delle N.T.A., la realizzazione dell’impianto nelle c.d.
componenti naturalistiche (contrapposte a quelle c.d. antropiche) dello Spazio
rurale, come l’area in questione; né detta realizzazione, ai sensi dell’articolo
60, può intendersi subordinata all’impossibilità di localizzazione nelle aree
destinate a servizi (ed in particolare nella sottozona FT, nella quale, infatti,
ai sensi dell’articolo 50 viene concentrata, salvo impossibilità tecnica, la
realizzazione delle infrastrutture ambientali puntuali, quali: discariche,
depuratori, ecostazioni, etc.).
5. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese
di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo dell'Umbria, definitivamente pronunciando sul
ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
La presente sentenza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso
la Segreteria di questo Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle
parti.
Così deciso in Perugia, nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2006,
con l’intervento dei magistrati:
Avv. Pier Giorgio Lignani Presidente
Dott. Pierfrancesco Ungari Consigliere, estensore.
Dott. Antonella Mangia Consigliere.
L'ESTENSORE
F.to Pierfrancesco Ungari
IL PRESIDENTE
F.to Pier Giorgio Lignani
IL SEGRETARIO
F.to Rossella Cardoni
1) Inquinamento elettromagnetico – Radiotelefonia cellulare – Potestà regolamentare dei comuni – Pianificazione di settore eventuale – Confronto con i gestori – Mancato esercizio della potestà pianificatoria – Autorizzazione – Parametri – Sono unicamente quelli di cui all’art. 87 della L. 36/2001. La potestà regolamentare riconosciuta ai comuni (art. 8, c. 6, L. 36/2001) con riferimento al servizio di radiotelefonia cellulare ha funzione di pianificazione di settore, eventuale, che deve essere esercitata tenendo conto delle esigenze di funzionamento delle reti di comunicazione (e quindi necessariamente attraverso il confronto con i gestori) e può condurre ad integrare gli strumenti urbanistici esistenti con previsioni e prescrizioni specifiche (cfr., in ultimo, T.A.R. Umbria sentt. 490/2004, 493/2004, 269/2005, 271/2005).Qualora tale potestà non sia stata ancora esercitata, l’autorizzazione alla realizzazione di impianti tiene conto unicamente dei parametri e delle valutazioni previsti dall’articolo 87 della L. 36/2001. Pres. Lignani, Est. Ungari – G.V. e altri (avv. Barelli) c. Comune di Spoleto (avv. Marcucci) - T.A.R. UMBRIA – 18 maggio 2006, n. 305
2) Inquinamento elettromagnetico – Stazioni radio base – Installazione – Aree percorse dal fuoco – Non costituisce intervento vietato ai sensi della L. 253/2000. L’installazione di impianti di radio comunicazione non è preclusa su aree percorse dal fuoco, dato che l’intervento non rientra tra quelli vietati dall’articolo 10 della legge 253/2000 (“edifici, strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive”). Pres. Lignani, Est. Ungari – G.V. e altri (avv. Barelli) c. Comune di Spoleto (avv. Marcucci) - T.A.R. UMBRIA – 18 maggio 2006, n. 305
3) Inquinamento elettromagnetico – Infrastrutture di comunicazione – Opere di urbanizzazione primaria – Compatibilità con ogni zonizzazione – Limiti. L’articolo 86 del d.lgs. 259/2003, affermando che le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88, “sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380” (comma 3) esprime un principio di generale compatibilità con ogni tipo di zonizzazione, valutandole alla stregua di quegli usi della singola zona che la dottrina definisce “usi complementari” e che si risolvono in funzioni di servizio alla specifica destinazione della zona medesima (cfr. TAR Puglia, Bari, III, 22 luglio 2004, n. 3217; TAR Campania, Napoli, I, 24 marzo 2004, n. 4044; TAR Veneto, II, 23 dicembre 2003, n. 6293). Detta compatibilità presumibile in via generale, oltre ad essere limitabile mediante l’esercizio della potestà pianificatoria e della potestà regolamentare, non fa venir meno la specifica tutela dettata per le zone sottoposte a vincoli culturali e paesaggistici o a servitù militari (come espressamente ricordato dall’articolo 86, comma 4). Pres. Lignani, Est. Ungari – G.V. e altri (avv. Barelli) c. Comune di Spoleto (avv. Marcucci) - T.A.R. UMBRIA – 18 maggio 2006, n. 305
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