Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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T.A.R. VENETO Sez. III,
13 Giugno 2006, Sentenza n. 1726
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER IL VENETO
TERZA SEZIONE
Ric. n. 819/2004
Sent. n. 1726/06
con l'intervento dei signori magistrati:
Angelo De Zotti Presidente, relatore
Rita De Piero Consigliere
Angelo Gabbricci Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 819/2004, proposto da LUNARDI ANDREA, rappresentato e difeso
dagli avv.ti Carlo Fratta Pasini, Guido Facciolo, Luigi Annunziata e Roberto
Bondì con elezione di domicilio presso lo studio dell'ultimo in Venezia, San
Marco, 4252;
contro
il Comune di il Comune di San Bonifacio, in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dall'avv.to Stefania Brugnoli con domicilio eletto presso
lo studio dell'avv.to Giorgio Pinello in Venezia, San Polo, 3080/L;
per l'annullamento
dell'ordinanza n. 22 del 16.2.2004 con la quale il. Commissario
straordinario del Comune intimato ingiunge, ex art. 54 D.Lgs. 267/2000, di
cessare in tutto il territorio comunale ogni spargimento di materiali organici
provenienti dalla ditta Agriflor, nonché di quelli di qualsiasi altra
provenienza in assenza di un piano di concimazione regolarmente approvato.
Visto il ricorso, notificato il 10 marzo 2004 e depositato presso la Segreteria
il 19 marzo 2004, con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione del Comune di San Bonifacio, depositato presso la Segreteria il 6 aprile 2004 con i relativi allegati;
viste le memorie prodotte dalle
parti;
visti gli atti tutti di causa;
uditi all’udienza pubblica del 19 gennaio 2006 (relatore il Presidente De Zotti),
l’avv. De Legali in sostituzione di Bondi per il ricorrente, e l’avv. Maggiolo
in sostituzione dell’avv. Brugnoli per il Comune di San Bonifacio;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
1. Il ricorrente Andrea Lunardi gestisce un’attività di noleggio di macchine
agricole nel cui esercizio rientra anche il prelievo, con i propri mezzi, di
materiali organici che vengono utilizzati come fertilizzanti mediante
spargimento nei terreni agricoli;
2. Nel luglio dell’anno 2003, nell’esercizio di tale attività, il Lunardi
procedeva allo spargimento di sostanze ammendanti organiche prelevate dalla
ditta Agriflor, quali pollina, fanghi, ramaglie etc., su terreni agricoli
ubicati in vari punti del territorio comunale quando, in seguito alle denunce di
alcuni cittadini ed all’intervento degli organi di polizia comunale, gli veniva
contestato che lo spargimento del materiale fertilizzante aveva causato
“notevoli ed estesi inconvenienti, molestie alle persone, possibilità di
pericolo igienico per una intollerabile proliferazione di mosche, diffusione di
esalazioni e la possibilità di inquinamento del suolo e della falda”.
3. Dopo il prelievo di campioni di tali sostanze, eseguito dalla polizia
municipale e trasmesso all’ARPAV, il Sindaco adottava un’ordinanza contingibile
ed urgente, con la quale ingiungeva al Lunardi di cessare immediatamente
qualsiasi spargimento di materiali organici provenienti dalla ditta Agriflor nei
terreni agricoli del comune, “in attesa di ulteriori accertamenti e fino a
diversa disposizione”.
4. Per gli stessi fatti veniva avviato in procedimento di diffida ex art. 28 D.
Lgs. 22/1997 a carico della ditta Agriflor per aver violato i parametri previsti
dalle norme vigenti ed in particolare i limiti di cui alla tabella B della
D.G.R.V. 766/2000.
5. In seguito, archiviato, si sostiene, il procedimento nei confronti di
Agriflor, il ricorrente riprendeva a svolgere l’attività di spandimento dei
materiali organici in precedenza sospeso.
6. Senonchè con il provvedimento impugnato il Commissario straordinario del
Comune di San Bonifacio ha nuovamente intimato al sig. Lunardi di cessare ogni
attività di spargimento di materiali organici su tutto il territorio comunale,
sia se prodotti e forniti dalla ditta Agriflor che di qualunque altra
provenienza, in assenza di un piano di concimazione regolarmente approvato ed in
assenza dell’autorizzazione provinciale all’utilizzo in agricoltura dei
materiali stessi.
Ritenendo il provvedimento illegittimo, il ricorrente lo impugna e ne chiede
l’annullamento con vittoria di spese per i seguenti motivi:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 54 del D. Lgs, 267/2000; eccesso di
potere per difetto dei presupposti e per violazione del giusto procedimento.
2) violazione del giusto procedimento e conseguente inutilizzabilità dei
risultati delle analisi effettuate in assenza di contraddittorio e con
violazione del diritto di difesa.
3) violazione e falsa applicazione della legge n. 748/1984 e del D. Lgs.
99/1992; eccesso di potere per difetto dei presupposti e per travisamento dei
fatti, irragionevolezza ed illogicità.
Con i tre motivi di ricorso il Lunardi sostiene innanzitutto che l’ordinanza
impugnata è illegittima per difetto dei presupposti, in quanto nella specie non
sussisterebbero gli estremi della situazione contingibile ed urgente che
consente il ricorso a quella tipologia di provvedimenti; che non è stato
accertato né dimostrato alcun effettivo pericolo per la salute pubblica né di
inquinamento ambientale, sia prima che dopo la contestazione, rivolta nei
confronti della ditta Agriflor, di aver prodotto e messo in commercio materiale
organico definito ammendante ma con caratteristiche di rifiuto inquinante,
siccome non conforme alle norme in vigore; che l’analisi del materiale prodotto
dalla Agriflor non è stata effettuata in contraddittorio e dunque è invalida ed
inutilizzabile e che pertanto il provvedimento di inibizione dell’attività di
spargimento di quel materiale è illegittimo e comunque che le contestazioni
relative all’impiego del prodotto proveniente dall’impianto Agriflor non
giustificano il divieto assoluto ed indiscriminato di impiegare qualsiasi altro
prodotto.
7. Il Comune di San Bonifacio si è costituito in giudizio contestando i motivi
di ricorso e chiedendone la reiezione con vittoria di spese.
8. Il ricorso, diretto a far caducare l’intero provvedimento impugnato è
parzialmente fondato.
Va premesso, come accennato nell’esposizione di fatto, che il ricorrente, con
una prima ordinanza del Sindaco di San Bonifacio risalente al luglio 2003 era
stato diffidato “in via cautelativa ed in attesa di ulteriori accertamenti da
effettuarsi sui materiali utilizzati” a non proseguire nell’attività di
spargimento di materiali organici provenienti dalla ditta Agriflor; ciò in
quanto, a seguito dell’impiego di tale materiale, era stato rilevato e
denunciato, dagli abitanti delle zone interessate, un fenomeno diffuso di grave
disturbo alle persone costituito dalla diffusione di esalazioni maleodoranti e
di fenomeni di abnorme proliferazione di mosche, nonché al probabile impiego di
sostanze di carattere inquinante; denuncia che aveva trovato conferma nel
risultato del campione di materiale sottoposto ad esame, che si presentava in
loco come “sostanza scura, fangosa, umida, fortemente maleodorante e diversa
dagli ammendanti compostati” e che all’esame aveva evidenziato la presenza di
valori superiori ai limiti di legge “per umidità e presenza di cadmio, nichel,
rame e zinco.
10. Nonostante tale diffida, che il Lunardi non ha impugnato ed alla quale non
ha fatto seguito alcuna revoca dell’inibitoria, il ricorrente ha continuato la
propria attività, ampliando le aree di intervento ed impiegando gli stessi
prodotti provenienti dalla ditta Agriflor s.r.l., - impresa che a differenza di
quanto si sostiene si trova tuttora soggetta a verifica degli organi
provinciali, i quali hanno avviato con nota n. 10378 del 6 febbraio 2004 un
procedimento diretto alla sospensione dell’attività dell’impianto di
compostaggio – ricreando le condizioni di pericolo per la salute pubblica e per
l’ambiente che aveva già indotto l’amministrazione a vietare espressamente
l’utilizzo di tale materiale.
11. Il provvedimento è stato adottato quindi sia perché il Lunardi ha violato la
diffida, e sotto questo profilo esso può ritenersi meramente confermativo
dell’ordinanza inibitoria già assunta in funzione cautelare, sia perché
persistono le ragioni di grave pericolo segnalati dai cittadini ed i rischi di
inquinamento già riscontrati dall’amministrazione a seguito dell’esame dei
prodotti che la ditta Agriflor commercializza come ammendanti; secondo
l’amministrazione, peraltro, il provvedimento è giustificato dal fatto,
evidenziato solo in sede difensiva ma dimostrato in giudizio, che il Lunardi
effettua lo spargimento del c.d. ammendante anche in terreni incolti, dove
l’impiego del materiale organico appare incongruente con lo scopo dichiarato e
dunque (si assume) surrettiziamente finalizzato allo smaltimento del materiale
organico più che alla fertilizzazione, come anche dimostra, sul piano
indiziario, il fatto che alcuni dei proprietari dei terreni sui quali sono stati
riscontrati i fenomeni evidenziati nel provvedimento hanno negato di aver
richiesto o autorizzato il Lunardi allo spargimento del materiale fertilizzante
sostenendo che l’operazione è stata effettuata a loro insaputa.
12. Orbene, ciò stante, ritiene il Collegio che i motivi di censura siano tutti
infondati nella parte in cui contestano la legittimità del decreto impugnato
assumendo che nella specie difettano le condizioni per il ricorso al
provvedimento contingibile ed urgente per la mancanza di alcun pericolo grave e
dimostrato per la salute pubblica o per l’ambiente.
In realtà è vero, al contrario, che nella specie, all’atto dell’adozione della
misura non solo esistevano i presupposti del pericolo grave di inquinamento e di
esposizione a rischio della salute pubblica evidenziati in motivazione nell’atto
e riferiti all’impiego di sostanze inquinanti, ma che sussisteva altresì
l’elemento, anch’esso grave e rilevante, ai fini della qualificazione urgente
del provvedimento, della prosecuzione (e quindi della permanenza) della condotta
pericolosa espressamente vietata al Lunardi e da questi consapevolmente
trasgredita.
La giurisprudenza insegna, infatti, che il ricorso ai provvedimenti contingibili
ed urgenti è certamente legittimo quando sussistono situazioni nelle quali gli
interventi da attuare per la tutela di taluni interessi c.d. primari (igiene,
salute pubblica e tutela dell’ambiente) non possono essere né differiti, né
attuati nelle forme proprie dei provvedimenti ordinari (postulanti, secondo
regola, il previo avvio del procedimento), per l’immanenza della situazione di
pericolo e per la necessità di reprimere una condotta illecita permanente
rivolta contro tali specifici interessi, e ciò, ove occorra, anche in funzione
cautelare e salvi i provvedimenti definitivi, sanzionatori o ripristinatori che
conseguano alla misura contingibile ed urgente.
13. Nel caso concreto il pericolo grave che ha giustificato il provvedimento
contingibile ed urgente non era “astratto e virtuale”, come sostiene il
ricorrente, ma concreto ed attuale, essendo stato individuato nella
prosecuzione, ad opera del ricorrente, di attività già inibita per le
ripercussioni sulla salute pubblica e per il pericolo di compromissione
ambientale nella forma di inquinamento del suolo e della falda.
14. Non c’è quindi dubbio che gli interventi necessarii al fine di eliminare la
riscontrata situazione di pericolo per la salute pubblica e la tutela
dell’ambiente (cfr. Cons. St., V, 2 aprile 2001, n. 1904 e 2 aprile 2003, n.
1678), costituiscano presupposto del tutto legittimo per l’esercizio del potere
sindacale di intervenire in via contingibile ed urgente, non potendo certo
ammettersi che l’amministrazione, per utilizzare tali strumenti a tutela di
interessi primari esposti a rischio, debba attendere che essi vengano
compromessi (ciò che vale invece per i provvedimenti meramente sanzionatori).
15. Né vale obiettare che l’emergenza fronteggiata dall’amministrazione con il
provvedimento inibitorio dell’attività del Lunardi è riferibile, secondo il
ricorrente ad “una situazione esistente da tempo ed autorizzata e controllata
rigorosamente dalle autorità a ciò preposte”, ovvero che il sopralluogo della
polizia municipale è intervenuto “alla fine di luglio dell’estate più calda
degli ultimi 120 anni e dunque in presenza di condizioni che hanno determinato
il superamento della normale tollerabilità degli odori provenienti dalle
operazioni di spandimento dei materiali organici fertilizzanti”, in quanto
trattasi di argomenti che oltrechè non veritieri (il primo) appaiono comunque
inconferenti (il secondo): il ricorrente trascura, infatti, di considerare,
enfatizzando le conseguenze del provvedimento inibitorio, che oggetto della
diffida non sono le attività di fertilizzazione (tutte ed in generale) ma solo
quelle che comportano un pericolo per le persone e per l’ambiente (a nulla
rilevando se questo sia aggravato da eventi casuali e contingenti come la
particolare ed eccezionale calura di stagione): in particolare quelle legate al
materiale prodotto dalla ditta Agriflor, e da questa ceduto al Lunardi “nummo
uno”, il cui impiego, per le ragioni evidenziate nel provvedimento e già note
allo stesso ricorrente, non può essere consentito, trattandosi di materiale che,
alla stregua delle analisi effettuate, non si può qualificare come ammendante da
compostaggio ma come rifiuto inquinante e ciò sia per il superamento dei limiti
di legge e per la presenza di metalli pesanti, sia per la caratterizzazione (di
fango maleodorante e di miscugli di materiale frantumabile e di tessuti
sfilacciati nonché di filamenti ed altro) che, nella situazione rilevata ne
evidenzia la componente anomala.
16. Né rileva, infine, sul punto relativo alla contestazione degli esami
effettuati sui campioni prelevati, che le verifiche sui materiali organici
prodotti da Agriflor siano stati da questa contestati per vizi riferiti al
contraddittorio, in quanto, anche a prescindere dal fatto che in giudizio sono
stati depositati documenti che dimostrano che gli avvisi degli esami sono stati
comunicati preventivamente al legale rappresentante di Agriflor, ritiene il
Collegio che gli accertamenti svolti da ARPAV - che è soggetto pubblico neutro e
dunque privo di interesse a contrastare attività lecite e conformi alle
normative di riferimento, - non sono stati smentiti né dalla Agriflor né dal
Lunardi, che non si è preoccupato di far verificare, e di produrre un principio
di prova sul punto qui rilevante, che il materiale organico dallo stesso
utilizzato corrisponda a prodotto conforme alle norme di legge, allo stesso modo
in cui non ha smentito di avere impiegato, come sostiene l’amministrazione, il
materiale su terreni incolti, ovvero senza previo incarico dei proprietari dei
terreni: condotta che, come già osservato, fa presumere, ad ulteriore sostegno
della misura inibitoria, un’attività surrettizia (ed evidentemente illecita) di
smaltimento di rifiuti, piuttosto che interventi di fertilizzazione, del tutto
leciti.
17. Ne consegue che per la parte che concerne la diffida a cessare l’attività di
fertilizzazione mediante impiego di materiale organico proveniente dalla ditta
Agriflor il provvedimento impugnato non è, a giudizio del Collegio, inficiato da
alcuno dei vizi dedotti ed è congruamente giustificato sia in punto di fatto che
di diritto.
18. Per le stesse ragioni non è invece giustificato e va annullato l’ordine
indirizzato al ricorrente “di cessare lo spargimento di materiale organico di
qualsiasi altra provenienza, in assenza di piano di concimazione regolarmente
approvato per ogni singolo fondo agricolo”, sia perché la situazione di pericolo
è espressamente riferita, come ampiamente rilevato, all’impiego di materiale di
specifica provenienza dalla ditta Agriflor, sia perché l’eventuale necessità di
disporre di un piano di concimazione approvato riguarda il (e dunque deve essere
posta a carico del) proprietario del terreno che richiede l’intervento di
fertilizzazione e non di chi fornisce il materiale, ed in ogni caso perché è
evidente che la citata prescrizione non può dar luogo ad una inibizione
preventiva, in forza di un provvedimento contingibile ed urgente, difettandone,
per questa parte del tutto eventuale, i presupposti.
19. In conclusione e per tale ragione il ricorso va accolto nei soli limiti
della statuizione sub 2, mentre va respinto quanto al resto.
20. Atteso l’esito del giudizio appare equo disporre le compensazione tra le
parti delle spese e delle competenze di causa.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie relativamente
alla statuizione sub 2) e lo respinge quanto al resto.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, in Camera di Consiglio, il 19 gennaio 2006.
Il Presidente, estensore
Il Segretario
1) Rifiuti – Ordinanze contingibili e urgenti – Presupposti - Fattispecie: ordinanza di cessazione dello spargimento di rifiuti inquinanti sul suolo. Il ricorso ai provvedimenti contingibili ed urgenti è indubbiamente legittimo quando sussistono situazioni nelle quali gli interventi da attuare per la tutela di taluni interessi primari (igiene, salute pubblica e tutela dell’ambiente) non possono essere né differiti, né attuati nelle forme proprie dei provvedimenti ordinari (postulanti, secondo regola, il previo avvio del procedimento), per l’immanenza della situazione di pericolo e per la necessità di reprimere una condotta illecita permanente rivolta contro tali specifici interessi, e ciò, ove occorra, anche in funzione cautelare e salvi i provvedimenti definitivi, sanzionatori o ripristinatori che conseguano alla misura contingibile ed urgente. (Nella specie, l’amministrazione aveva adottato un’ordinanza di cessazione dello spargimento di materiale organico, sulla scorta del risultato delle analisi condotte dall’ARPAV - il materiale sparso non aveva natura di ammendante organico ma di rifiuto inquinante - e della concretezza e attualità del pericolo, determinato dalla prosecuzione arbitraria di un’attività di compromissione ambientale già precedentemente inibita) Pres. ed Est. De Zotti – L.A. (avv.ti Fratta Pasini, Facciolo, Annunziata e Bondì) c. Comune di San Bonifacio (avv. Brugnoli) - T.A.R. VENETO, Sez. III – 13 giugno 2006, n. 1726
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