Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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T.A.R. VENETO Sez.
III, 17 Ottobre 2006, Sentenza n. 3465
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER IL VENETO
TERZA SEZIONE
Ric. n. 35/2006
Sent. n. 3465/06
con l'intervento dei signori magistrati:
Rita De Piero Presidente f.f. e relatore
Angelo Gabbricci Consigliere
Riccardo Savoia Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 35/06, proposto dalla ditta Rebaglio Giorgio s.r.l., in persona
del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.
Domenico Bezzi, Alessandro Stefana e Cecilia Ferrara, con elezione di domicilio
presso lo studio dell’ultima, in Venezia Mestre, viale Ancona n. 17;
contro
la Provincia di Vicenza, in persona del Presidente pro tempore, costituita in
giudizio col patrocinio degli avv. Maria Elisabella Molisani, Paolo Balzani,
Paola Mistrorigo, Giorgio Fracasso e Antonio Sartori, con elezione di domicilio
presso lo studio dell’ultimo in Venezia Mestre, calle del Sale n. 33;
per l'annullamento
del provvedimento della Provincia di Vicenza n. 66859 del 21.10.2005, di
divieto di prosecuzione dell’attività di recupero rifiuti, relativamente alle
tipologie 3.1, 3.2 e 5.1 di cui al D.M. 5.2.98; di sospensione dell’iscrizione
della Ditta nel Registro Provinciale delle Imprese che effettuano attività di
recupero rifiuti in regime semplificato, e, sempre relativamente alle tipologie
3.1, 3.2 e 5.1 di cui al D.M. 5.2.98, di obbligo di allontanare i rifiuti della
medesima tipologia entro 60 gg. dalla notifica del provvedimento;
Visto il ricorso, notificato il 27.12.2005 e depositato presso la segreteria il
4.1.2006 con i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione della resistente Provincia, con i relativi
allegati;
visti gli atti tutti della causa;
uditi, alla pubblica udienza dell’8.6.2006 (relatore il Presidente f.f.. De
Piero), l’avv. Pian, in sostituzione di Bezzi, per la ricorrente e l’avv.
Mistrorigo per la Provincia di Vicenza;
ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
Fatto e Diritto
1. La Ditta ricorrente rappresenta di svolgere, già da 15 anni, attività - per
quanto qui rileva - di recupero e commercio di materiali, già sottoposti a
bonifica, di tipo ferroso (tipologia 3.1 del D.M. 5.2.98), non ferroso
(tipologia 3.2), parti di autovetture (tipologia 5.1), ed altro, previa
iscrizione (ottenuta il 10.6.98) nel Registro Provinciale delle Imprese che
effettuano operazioni di recupero rifiuti, con la procedura semplificata di cui
agli artt. 31 e 33 del D.Lg. 22/97 e previa comunicazione di inizio attività del
15.5.98.
Le attività di recupero autorizzate - per tutte le tipologie di rifiuti trattati
- sono quelle classificate R13 (messa in riserva dei rifiuti finalizzata ad una
delle operazioni di recupero classificate da R1 a R12 mediante conferimento ad
impianti che li destinano al reimpiego), ad eccezione delle tipologie 3.1, 3.2 e
5.1 per le quali era ammessa anche l’attività R4, ossia il riciclo/recupero dei
componenti metallici.
L’attività di recupero comporta una serie di lavorazioni (riduzione volumetrica,
separazione delle parti non ferrose, eliminazione di sostanze indesiderate,
ecc.) che la ricorrente dichiara di effettuare nella propria struttura
produttiva sino a ricavarne materie prime secondarie (MPS) aventi la tipologia
di cui ai punti 3.1.4, 3.2.4, e 5.2.4 del D.M., oltre ad una percentuale di
rifiuti non recuperabili, destinati allo smaltimento.
L’attività di recupero risulta autorizzata sino al 10.6.2008.
1.1 - In esito a controlli posti in essere dapprima dalla Procura della
Repubblica, e successivamente dalla Provincia stessa, alla ricorrente veniva
contestata l’inosservanza delle prescrizioni e condizioni di cui al D.M. 5.2.98
per l’ammissione alla procedura semplificata; cosicchè, successivamente, la
Provincia, con l’atto qui opposto:
1) vietava la prosecuzione dell’attività di recupero rifiuti della tipologia
3.1, 3.2, e 5.1 di cui al D.M. del 1998, e financo di riceverli nei propri
impianti:
2) sospendeva l’iscrizione della Ditta nel Registro Provinciale delle Imprese
che svolgono attività di recupero in regime semplificato;
3) ordinava di limitare l’attività - per tutte le categorie di rifiuti - al solo
stoccaggio, con conseguente divieto delle operazioni di cesoiatura, separazione
elettromagnetica e pulizia, sino ad allora effettuate, sul presupposto della
carenza degli impianti e macchinari necessari.
Precisava, inoltre, che l’operazione R13 non ammette alcuna lavorazione dei
rifiuti in ingresso (con la conseguenza che essi debbono essere allontanati
nelle medesime condizioni dell’entrata) e confermava la sola messa in riserva
R13 per i rifiuti delle tipologie 3.3, 5.7, 5.8, 5.16 e 5.19.
2. - Contro l’atto, con un unico, articolato, motivo vengono dedotte le seguenti
censure: violazione dell’art. 1, comma 25 e sg., della L. 15.12.2004 n. 308; dei
punti 5.1, 5.2, 3.1. 3.2 dell’All. 1, suball.1, del D.M. 5.12.98.
Contraddittorietà.
La P.A., afferma la ricorrente, ritiene che l’operazione R4, nel punto 5.1.3 del
D.M., significhi che il recupero dei rifiuti ivi descritto debba essere
necessariamente effettuato nelle acciaierie e fonderie, con la conseguenza che
tale attività potrebbe essere effettuata solo nel medesimo sito industriale che
ha prodotto il rifiuto.
Così non è. Infatti la lettera q-bis dell’art. 6 del D.Lg. 22/97 definisce, per
quanto qui rileva, MPS (materia prima secondaria) “i rottami ferrosi e non
derivanti da operazioni di recupero” e il comma 26 dell’art. 1 della L. 308/04
espressamente dichiara non soggetti alle norme sui rifiuti bensì a quelle delle
materie prime “i rottami di cui al comma 25 (cioè le MPS) dei quali il detentore
non si disfi o non abbia l’obbligo di disfarsi”. A ciò consegue che la MPS non è
rifiuto e che, quindi, il suo recupero consiste nella messa in riserva (R13),
con frantumazione o cesoiatura (R4), per l’invio - come MPS - in acciaieria.
Esattamente l’attività che il ricorrente svolge e che è regolarmente
autorizzata.
3. - La Provincia di Vicenza, costituita, puntualmente controdeduce nel merito
del ricorso, concludendo per la sua reiezione.
3.1. - Con memoria, eccepisce l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta
carenza di interesse e cessazione della materia del contendere. Rappresenta
infatti, la Provincia, che l’originaria autorizzazione all’attività di recupero
rifiuti (sospesa col provvedimento qui opposto) è stata sostituita - previa
formale rinuncia al “vecchio” titolo da parte della ricorrente - da una nuova
iscrizione nel registro provinciale, di cui al provvedimento n. 16/10140 del
20.2.2006, per l’attività di messa in riserva dei materiali di cui ai punti 3.1,
3.2, 5.1. e 5.8 dell’all. 1 al D.M. 5.2.98.
Tale nuovo atto (non opposto), ha completamente sostituito il precedente e ha
determinato un nuovo assetto degli interessi in gioco, cosicché la ricorrente
non ha più alcun interesse a dolersi dei presunti (ma insussistenti) vizi
dell’atto di sospensione opposto.
3.2. - All’eccezione replica - in sede di discussione orale - la ricorrente,
osservando che la rinuncia al vecchio titolo era espressamente condizionata
all’esito del ricorso e che comunque persiste il proprio interesse alla
decisione in merito all’illegittima sospensione della precedente autorizzazione,
avente una maggiore ampiezza.
4. - Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’eccezione di improcedibilità
proposta dalla Provincia di Vicenza, stante l’infondatezza nel merito del
ricorso.
5. - L’istante infatti, come puntualmente rileva la Provincia, confonde il
regime delle MPS per le attività siderurgiche e metallurgiche di cui alla L.
308/2004, con il trattamento dei rifiuti non pericolosi, sottoposti alle
procedure semplificate di recupero di cui agli artt. 31 e 33 del D.Lg. 22/97 (e
art. 31 della L.r. 3/2000), previste dal D.M. 5.2.98.
Il D.M. 5.2.98 pone, appunto, le regole che consentono di attuare il trattamento
di rifiuti non pericolosi in regime semplificato, attraverso la mera
comunicazione.
Per quanto qui espressamene rileva, la ricorrente ha ottenuto l’iscrizione nel
Registro Provinciale delle Imprese che effettuano attività di recupero di
rifiuti non pericolosi (che vale titolo) per le tipologie 3.1, 3.2 e 5.1, per
l’attività R13 (messa in riserva per la produzione di MPS per l’industria
metallurgica mediante selezione, trattamento a secco per l’eliminazione di
materiali e sostanze estranee) ed R4 (riciclo/recupero dei metalli o dei
composti metallici).
Il D.M. - per quanto concerne i rifiuti 3.1 (rifiuti ferrosi, di acciaio, ecc.)
e 3.2 (metalli non ferrosi e loro leghe ) - stabilisce che le possibili attività
di recupero da svolgersi in regime semplificato sono il recupero diretto (R4) in
impianti metallurgici e nell’industria chimica - fattispecie che non può
evidentemente riguardare la ricorrente - e la messa in riserva (R13) per la
produzione di MPS per l’industria metallurgica, mediante selezione, trattamento
a secco o a umido per l’eliminazione di materiali e/o sostanze estranee in
conformità alle caratteristiche nei singoli punti precisate, al fine di ottenere
materiali ferrosi (o non ferrosi) o leghe nelle forme abitualmente
commercializzate, sali inorganici di ferro (e, rispettivamente, di rame) nelle
forme abitualmente commercializzate ovvero MPS per l’industria metallurgica
conformi alle specifiche CECA AISI CAEF e UNI (ovvero UNI ed EURO).
Per quanto concerne il rifiuto di tipo 5.1 (parti di autoveicoli, ecc.)
stabilisce che l’attività di recupero avvenga attraverso messa in riserva R13,
con frantumazione o cesoiatura per sottoporlo all’operazione di recupero negli
stabilimenti metallurgici, al fine di ottenere metalli o leghe nelle forme
abitualmente commercializzate.
La contestazione (che ha portato alla sospensione dell’iscrizione ed ai divieti
di cui sopra) riguarda la riscontrata mancanza - nell’azienda della ricorrente -
di strumenti tecnologici ed attrezzature idonee a effettuare le previste
operazioni di recupero, in specie per quanto riguarda i motori elettrici,
elettronici e i rottami elettrici nonchè gli spezzoni di cavo di rame ricoperto
(non potendosi reputare, secondo la Provincia, sufficienti allo scopo il solo
impianto di cesoiatura automatica e le esistenti due elettrocalamite), e lo
svolgimento di attività “in assenza di elevato livello di protezione
ambientale”, tali da non garantire che le operazioni per le quali era iscritta
avvenissero nel rispetto delle modalità tecniche che consentono la procedura
semplificata.
5.1. - Ad avviso del Collegio la Provincia ha operato correttamente.
Va, innanzi tutto, ribadito, che la ricorrente è stata iscritta nell’apposito
Registro Provinciale solo per l’attività di recupero di rifiuti non pericolosi,
da effettuarsi in conformità a quanto disposto dal D.M. del 1998 e che, in esito
ai controlli effettuati, si è verificato che, invece, per quanto concerne
l’attività di messa in riserva di alcuni rifiuti, essa veniva effettuata - in
assenza di “un elevato livello di protezione ambientale” - al solo scopo di
rivenderli a terzi nelle medesime condizioni e, quanto al recupero, che non
possedeva strumenti tecnologici adeguati ad effettuare il recupero stesso.
Per quanto concerne la mera messa in riserva, la questione può ritenersi
comunque superata, per essere sopravvenuto un nuovo titolo autorizzatorio.
Per ciò che attiene al recupero, si osserva che, come precisa la Provincia, per
la tipologia 3.1, 3.2 nonchè 5.1 (per la quale è bensì previsto il recupero
tramite “frantumazione e cesoiatura”, ma “al fine di sottoporre - i rifiuti -
all’operazione di recupero negli impianti metallurgici”, e il cui prodotto
finale deve consistere in “metalli e leghe nelle forme abitualmente
commercializzate”) il mero possesso di una cesoiatrice e di due elettrocalamite
effettivamente non consente (né la ricorrente ha fornito prova contraria) di
garantire l’ottenimento di un prodotto recuperato avente le caratteristiche
precisate ai punti 3.1.3, 3.2.3, e 5.1.4, ad esempio quanto a presenza di oli
e/o grassi e fluidi diversi.
Né può ritenersi risolutiva, in favore della tesi della ricorrente in ordine
alla sufficienza degli strumenti tecnologici, la perizia sulle attrezzature ed
impianti utilizzati dalla Ditta, dalla stessa dimessa, dalla quale si evince che
i materiali ricevuti nell’impianto vengono dapprima selezionati manualmente “per
spostare dai cumuli eventuali materiali indesiderabili quali carta, cartone,
legno ecc.”, poi trattati tramite elettrocalamita, per separare i materiali
ferrosi (che “cadono in recipienti opportunamente selezionati”) da quelli non
ferrosi; sottoposti a cesoiatura (cioè pressati - al fine di ridurli
volumetricamente - e tagliati in convenienti dimensioni), per poi essere
ulteriormente ridotti dall’imballatrice in “ammassi di materiali complessi di
forma cubica o a parallelepipedo”.
La perizia conclude, ma senza fornire dimostrazione alcuna di quanto affermato,
che “i materiali così trattati sono rispondenti ai requisiti CECA-AISI-UNI”.
In realtà, come correttamente rilevato dalla Provincia, la ricorrente non ha
dimostrato, e ciò - a fronte delle puntuali contestazioni effettuate, era suo
preciso onere - di essere in grado (con l’attrezzatura posseduta) di trattare i
rifiuti (che è autorizzata a ricevere) in modo tale da ottenere un prodotto
finale avente le caratteristiche descritte nel D.M. 5.2.98, ad esempio quanto a
residui di olio e grasso o di solventi organici (che devono risultare inferiori
allo 0,1% in peso) ovvero a inerti, metalli non ferrosi, plastiche e altri
materiali indesiderati (al massimo 1% del peso totale).
In definitiva, quindi, il ricorso va respinto.
Spese e competenze di causa possono essere totalmente compensate tra le parti
sussistendone le ragioni di legge.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Compensa le spese e competenze del giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia,l’8.6.2006 .
Il Presidente f.f. -Estensore
Il Segretario
1) Rifiuti – Rifiuti non pericolosi – Regime semplificato – D.M. 5.2.98 – Attività di recupero – Attrezzature inidonee – Divieto della prosecuzione dell’attività – Legittimità. In materia di trattamento dei rifiuti non pericolosi in regime semplificato, il D.M. 5.2.98 - per quanto concerne i rifiuti 3.1 (rifiuti ferrosi, di acciaio, ecc.) e 3.2 (metalli non ferrosi e loro leghe ) - stabilisce che le possibili attività di recupero da svolgersi in regime semplificato sono il recupero diretto (R4) in impianti metallurgici e nell’industria chimica e la messa in riserva (R13) per la produzione di MPS per l’industria metallurgica, mediante selezione, trattamento a secco o a umido per l’eliminazione di materiali e/o sostanze estranee in conformità alle caratteristiche nei singoli punti precisate, al fine di ottenere materiali ferrosi (o non ferrosi) o leghe nelle forme abitualmente commercializzate, sali inorganici di ferro (e, rispettivamente, di rame) nelle forme abitualmente commercializzate ovvero MPS per l’industria metallurgica conformi alle specifiche CECA AISI CAEF e UNI (ovvero UNI ed EURO). Per quanto concerne il rifiuto di tipo 5.1 (parti di autoveicoli, ecc.) stabilisce che l’attività di recupero avvenga attraverso messa in riserva R13, con frantumazione o cesoiatura per sottoporlo all’operazione di recupero negli stabilimenti metallurgici, al fine di ottenere metalli o leghe nelle forme abitualmente commercializzate. In ragione di tali specifiche previsioni, è legittimo il provvedimento della provincia di divieto della prosecuzione dell’attività di recupero e di sospensione dell’iscrizione nel registro delle imprese che effettuano operazioni di recupero rifiuti con la procedura semplificata, ove, a fronte delle puntuali contestazioni in ordine alla mancanza di strumenti tecnologici ed attrezzature idonee ad effettuare le previste operazioni di recupero, l’azienda non dimostri di essere in grado, con l’attrezzatura posseduta, di trattare i rifiuti in modo tale da ottenere un prodotto finale avente le caratteristiche descritte nel D.M. citato. Pres. f.f. ed Est. De Piero – R.G. s.r.l. (avv.ti Bezzi, Stefana e Ferrara) c. Provincia di Vicenza (avv.ti Molisani, Balzani, Mistrorigo, Fracasso e Sartori) - T.A.R. VENETO, Sez. III – 17 ottobre 2006, n. 3465
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