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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
TRIBUNALE LECCE Sez.
Dist. Campi Salentino, 17 luglio 2006 Sentenza n. 75
Urbanistica e edilizia - Impianto e l’esercizio di condutture telefoniche -
Costituzione della servitù di telefonia - Contratto o atto
amministratito-autoritativo - Necessità - Art. 1032 cod.civ. - Applicabilità -
Esclusione - Fattispecie. L’art. 233 DPR n. 156/1973, che prevede la
costituzione della servitù di telefonia solo per contratto o per atto
amministratito-autoritativo, esclude per converso che la società concessionaria
del servizio possa invocare la disciplina dell’art. 1032 cod.civ. in tema di
costituzione delle servitù coattive la cui tipicità (numerus clausus) non ne
permette l’estensione fuori dei casi espressamente considerati (Cass. n.
207/1986). In specie, non vi è stato alcun provvedimento che abbia dichiarato la
pubblica utilità dell’opera e la società concessionaria del servizio telefonico
ha compiuto le opere senza alcun provvedimento autorizzativo, deve riconoscersi
la facoltà dei proprietari attori di adire il giudice ordinario anche con
domanda di rimozione di dette opere, atteso che si verte in tema di tutela di
posizioni di diritto soggettivo lese da comportamenti materiali non
ricollegabili all’esercizio di poteri auoritativi della P.A. (Cass. S.U. n.
6962/1994 già citata). GOT Nocera - Spagnolo e Mogavero (avv. De Mitri) c.
Telecom Italia S.p.A.. TRIBUNALE LECCE Sez. Dist. Campi Salentino, 17 luglio
2006 Sentenza n. 75
Urbanistica e edilizia - Centralina telefonica infissa al suolo in modo
stabile - Qualifica di costruzione - Distanze tra costruzioni - Rimozione della
centrale telefonica - Disciplina - Art. 873 c.c.. In materia urbanistica,
anche la centralina telefonica (nella specie installata dalla Telecom davanti al
prospetto di alcune abitazione), rappresenta una costruzione in senso tecnico
poichè deve qualificarsi costruzione, ai fini dell’applicazione delle norme
sulle distanze che trovano la loro fonte nell’art. 873 c.c., ogni opera di
particolare consistenza e solidità che risulti infissa al suolo in modo stabile
e quindi sia immobilizzata rispetto ad esso, a nulla rilevando che tale
collegamento sia avvenuto mediante l’impiego di malta cementizia, ovvero con
mezzi meccanici i quali consentano, mediante procedimenti e manovre inversi una
mobilitazione e l’asportazione di manufatti. (Cass. 12002/1992; n. 12480/1995;
n. 4639/1997). Conseguentemente alla suddetta centralina (o canalina) si applica
la disciplina codicistica e regolamentare in materia di distanze tra
costruzioni. GOT Nocera - Spagnolo e Mogavero (avv. De Mitri) c. Telecom Italia
S.p.A.. TRIBUNALE LECCE Sez. Dist. Campi Salentino, 17 luglio 2006 Sentenza
n. 75
Urbanistica e edilizia - Linea telefonica appoggiata alla proprietà privata
senza alcun provvedimento autoritativo impositivo di servitù - Rimozione cavi e
ganci - Giurisdizione. La proponibilità, davanti al Giudice Amministrativo,
della domanda del privato contro la società concessionaria del servizio
telefonico, per la rimozione di una linea telefonica appoggiata alla proprietà
privata senza alcun provvedimento autoritativo impositivo di servitù, non può
trovare ostacolo, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 2248/1865 all.E, nella
sola circostanza che l’utilizzazione di detto bene sia stata effettuata dalla
concessionaria medesimo per il proseguimento delle formalità pubbliche ad essa
demandata, atteso che il divieto verso il Giudice Ordinario di condannare
l’Amministrazione ad un facere, sancito dalla citata norma, non opera riguardo
il comportamento materiale dell’Amministrazione stessa ancorché indirizzata a
scopi pubblici, ove non risulti che questo si colleghi ad una valutazione
autoritaria, compiuta nella competente sede amministrativa, circa la
indispensabilità del sacrificio imposto al privato rispetto al fine pubblico
perseguito. (Cassazione Sezioni Unite, sentenza n. 207 del 1986). GOT Nocera -
Spagnolo e Mogavero (avv. De Mitri) c. Telecom Italia S.p.A.. TRIBUNALE LECCE
Sez. Dist. Campi Salentino, 17 luglio 2006 Sentenza n. 75
Urbanistica e edilizia - Concessionaria del servizio telefonico (Telecom) -
Installazione impianti sul fondo altrui - Provvedimenti ablatori - Assenza -
Rimozione delle opere - Giurisdizione. Quando una società concessionaria del
servizio telefonico istalli propri impianti sul fondo altrui, senza che siano
avvenuti provvedimenti ablatori, deve riconoscersi la facoltà del proprietario
di detto fondo di adire il Giudice Ordinario, anche con domanda di rimozione di
dette opere, atteso che si verte in tema di tutela di posizioni di diritto
soggettivo, lese da comportamenti materiali non ricollegabili all’esercizio di
poteri autoritari della P.A. (Cass. S.U. n 6962/1994). Inoltre, il Consiglio di
Stato ha stabilito che, ai sensi dell’art 34 del decreto legislativo n 80 del
1998, la giurisdizione del Giudice Amministrativo sussiste tutte le volte in cui
alla base dell’operato della P.A. vi sia un provvedimento e non si verta in
un’ipotesi di comportamento di meno fatto. (C.d.S. Sentenza n. 7262 del 2003).
GOT Nocera - Spagnolo e Mogavero (avv. De Mitri) c. Telecom Italia S.p.A..
TRIBUNALE LECCE Sez. Dist. Campi Salentino, 17 luglio 2006 Sentenza n. 75
Urbanistica e edilizia - Occupazione c.d. usurpativa - Valida e perdurante
dichiarazione di pubblica utilità dell’opera - C.d. accessione invertita - Uso
del territorio - Potere amministrativo in materia urbanistica - Limiti. Non
tutti i comportamenti implicanti un uso del territorio sono riconducibili alla
materia alla materia urbanistica quelli che, esprimendo l’esercizio di un potere
amministrativo, siamo collegati ad un fine pubblico o di pubblico interesse
legalmente dichiarativo; in difetto di ciò, si è al di fuori dell’ambito della
riversa di giurisdizione in favore del Giudice Amministrativo, prevista
dall’art. 34 del decreto legislativo n. 80/1998, nel testo sostituito dall’art.
7 della legge n. 205/2000; ne consegue che nelle controversie avanti ad oggetto
fattispecie di occupazione c.d. usurpativa -nelle quali, mancando una valida e
perdurante dichiarazione di pubblica utilità dell’opera in ragione della quale è
stata disposta l’occupazione del fondo, non si realizza della c.d. accessione
invertita, ma soltanto un fatto illecito generatore del danno- sussiste la
giurisdizione del Giudice Ordinario, non essendo tali fattispecie in alcun modo
riconducibili all’esercizio di un potere amministrativo in materia urbanistica
(Cass. S.U. n. 9139/2003). GOT Nocera - Spagnolo e Mogavero (avv. De Mitri) c.
Telecom Italia S.p.A.. TRIBUNALE LECCE Sez. Dist. Campi Salentino, 17 luglio
2006 Sentenza n. 75
Urbanistica e edilizia - Telefonia - Impianto ed esercizio di condutture
telefoniche - Fili, condutture, cavi e ganci appoggiati sul muro - Appoggio su
non utente per servizio di altre abitazione - Servitù volontaria o coattiva -
Necessità - Procedura - Fattispecie. I fili e le condutture, i cavi e i
ganci possono essere appoggiati sul muro dell’utente soltanto ai fini della
fornitura del servizio all’abitazione dello stesso, in guisa tale da essere in
meno pregiudizievole possibile dal punto di vista estetico, e infatti l’impianto
e l’esercizio di condutture telefoniche debbono essere eseguiti in modo da
rispettare le esigenze e l’estetica delle vie e piazze pubbliche e da riuscire
il meno pregiudizievole possibile al fondo servente (art. 121, penultimo comma,
R.D. n. 1775/1933, ripreso dal D.P.R. n. 156/1973). Mentre, per l’appoggio dei
fili e delle condutture da parte del gestore (Telecom), che devono servire anche
altre abitazioni, lo stesso deve ottenere apposita servitù, sia essa volontaria
o coattiva. Non è applicabile al caso la disciplina indicata dalla Telecom che
fa riferimento all’art. 232, secondo comma, D.P.R. n. 156/1973. Tale
interpretazione trova confronto, nel disposto del successivo art. 233 della
stessa legge, il quale, sotto la rubrica “servitù”, stabilisce che “fuori dei
casi previsti dall’articolo precedente, le virtù occorrenti al passaggio con
appoggio dei fili, cavi ed impianti connessi alle opere considerate nel
precedente art. 221, sul suolo, nel sottosuolo o sull’area sovrastante, sono
imposte, in mancanza del consenso del proprietario ed anche se costituite sui
beni demaniali, con decreto del Prefetto, ai sensi dell’art. 46 della legge n.
2359/1865”. GOT Nocera - Spagnolo e Mogavero (avv. De Mitri) c. Telecom Italia
S.p.A.. TRIBUNALE LECCE Sez. Dist. Campi Salentino, 17 luglio 2006 Sentenza
n. 75
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.306/2001 RG
TRIBUNALE DI LECCE
Il Giudice Onorario del Tribunale di Lecce
-Sezione distaccata di Campi Salentino-
Il Giudice Onorario del Tribunale di Lecce -Sezione distaccata di Campi
Salentino- Avv. Gabriella Nocera ha pronunciato la seguente
SENTENZA
promosso da
SPAGNIOLO POMPILIO e MOGAVERO SERENA (avv. Donato De Mitri)
nei confronti di
TELECOM ITALIA S.P.A (avv. Carlo Casciaro)
Le parti precisavano le conclusioni come dai atti e verbali di causa.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 19/9/2001 Spagnolo Pompilio e Mogavero Serena
convenivano in giudizio la Telecom S.P.A. per sentir accertare e dichiarare
l’illiceità dell’attività della Telecom S.P.A. di messa in opera sul prospetto
dell’abitazione di essi attori di cavi e ganci nonché dell’istallazione di una
cabina a pochi centimetri dal muro del medesimo edificio; per l’effettto
condannare la convenuta alla rimozione di tutto il materiale di sua proprietà
posizionato sul prospetto della proprietà Spagnolo-Mogavero nonché condannare la
medesima società convenuta alla rimozione della cabina di sua proprietà.
In subordine, ove la convenuta dovesse dimostrare resistenza di una servitù di
passaggio delle condutture, accettare e dichiarare il diritto di essi attori ad
ottenere la rimozione dei ganci e delle condutture e lo spostamento della
centralina dal prospetto della propria abitazione e per l’effetto condannare la
Telecom S.P.A. alla rimozione e allo spostamento suddetto ordinando alla stessa,
in virtù dell’art. 1068 cod. civ. e dell’art. 237 D.P.R. n. 156/1973, di
collocare il tutto sul suolo pubblico. Con vittoria di spese ed onorari di lite.
Con comparsa del 20/11/2001 si costituiva la Telecom S.P.A. in persona del
legale rappresentante pro tempore, che contestava la domanda e concludeva
per sentir dichiarare, in via preliminare, il difetto di legittimazione attiva
dei ricorrenti nonché la carenza di giurisdizione del Giudice Onorario a favore
del Giudice Amministrativo in ordine alla domanda di rimozione della cabina
telefonica sita nel suolo pubblico; nel merito rigettare la domanda attrice di
rimozione dei cavi posti sulla facciata dell’immobile ovvero di rimozione della
centrale telefonica nonché rigettare la domanda proposta in via subordinata; con
vittima di spese e compensi.
Acquisito il fascicolo della causa n. 49/2001 R.G. -Tribunale di Campi Salentino
(ricorso ex art.700 CPC) nonché quello della causa n. 94/2001 R.G.-Reclamo
Tribunale di Lecce, rigettate le richieste istruttorie formulate dalle parti,
veniva fissata l’udienza per la precisazione delle conclusioni.
Alla suddetta udienza dichiarata l’interruzione del Giudice per l’avvenuta
fusione per incorporazione della società Telecom S.p.A. in Olivetti S.p.A. la
quale cambiava poi denominazione assumendo quella di Telecom Italia S.p.A..
Con ricorso depositato in data 05/02/2004 Spagnolo Pompilio e Mogavero Serena
riassumevano il procedimento interrotto.
Precisate nuovamente le conclusioni, la causa veniva trattenuta per la
decisione.
Motivi della decisione
Questo Giudice non ritiene di prendere in esame l’eccezione preliminare del
difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti, sollevata dalla Telecom in
comparsa di costituzione, perché la perdita eccessiva non è stata poi coltivata
dalla Società Convenuta alla luce della documentazione prodotta dagli attori
(copia del contratto di acquisto dell’immobile sito in Salice Salentino alla via
Libertà angolo via Veneto, per notar Antonio Galati, del 26/06/2000).
Con riferimento, quindi, alla seconda eccezione preliminare, quello di carenza
di giurisdizione del Giudice Ordinario a favore del Giudice Amministrativo in
ordine alla domanda di rimozione della cabina telefonica sita su luogo pubblico,
sollevata dalla Telecom sulla base del disposto dell’art. 34 del decreto
legislativo n. 80/1998 (nel testo sostituito dall’art. 7 della legge 205/2000),
si osserva che, se è pacifico che con la disposizione richiamata il legislatore
ha inteso ricomprendere nell’alveo della giustizia amministrativa tutta la
materia edilizia e urbanistica e pertanto anche le posizioni di diritto
soggettivo dei privati, è evidente che il medesimo legislatore ha fatto ciò
considerando come dato indefettibile una valutazione autoritativa della P.A.
anche se viziata.
Nel caso di cui si discute manca questo dato, anche a considerare lo scopo
pubblico che pervade l’attività della P.A..
Va, a riguardo, richiamata la sentenza n. 207 del 1986 resa dalla Cassazione a
Sezioni Unite, secondo cui “…la proponibilità, davanti al Giudice
Amministrativo, della domanda del privato contro la società concessionaria del
servizio telefonico, per la rimozione di una linea telefonica appoggiata alla
proprietà privata senza alcun provvedimento autoritativo impositivo di servitù,
non può trovare ostacolo, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 2248/1865all.E,
nella sola circostanza che la utilizzazione di detto bene sia stata effettuata
dalla concessionaria medesimo per il proseguimento delle formalità pubbliche ad
essa demandata, atteso che il divieto verso il Giudice Ordinario di condannare
l’Amministrazione ad un facere, sancito dalla citata norma, non opera
riguardo il comportamento materiale dell’Amministrazione stessa ancorché
indirizzata a scopi pubblici, ove non risulti che questo si colleghi ad una
valutazione autoritaria, compiuta nella competente sede amministrativa, circa la
indispensabilità del sacrificio imposto al privato rispetto al fine pubblico
perseguito”.
Ancora: “Quando la società concessionaria del servizio telefonico istalla i
propri impianti sul fondo altrui, senza che siano avvenuti provvedimenti
ablatori, dove riconoscersi la facoltà del proprietario di detto fondo di adire
il Giudice Ordinario, anche con domanda di rimozione di dette opere, atteso che
si verte in tema di tutela di posizioni di diritto soggettivo, lese da
comportamenti materiali non ricollegabili all’esercizio di poteri autoritari
della P.A.” (cass. S.U. n 6962/ 1994).
Inoltre, con sentenza n. 7262 del 2003, il Consiglio di Stato ha stabilito che,
ai sensi dell’art. 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998, la giurisdizione
del Giudice Amministrativo sussiste tutte le volte in cui alla base dell’operato
della P.A. vi sia un provvedimento e non si verta in un’ipotesi di comportamento
di meno fatto.
Infine sulla questione è intervenuta, in via definitiva, nuovamente, la
Cassazione a S.U. statuendo che “non tutti i comportamenti implicanti un uso del
territorio sono riconducibili alla materia alla materia urbanistica quelli che,
esprimendo l’esercizio di un potere amministrativo, siamo collegati ad un fine
pubblico o di pubblico interesse legalmente dichiarativo; in difetto di ciò, si
è al di fuori dell’ambito della riversa di giurisdizione in favore del Giudice
Amministrativo, prevista dall’art. 34 del decreto legislativo n. 80/1998, nel
testo sostituito dall’art. 7 della legge n. 205/2000; ne consegue che nelle
controversie avanti ad oggetto fattispecie di occupazione c.d. usurpativa -
nelle quali, mancando una valida e perdurante dichiarazione di pubblica utilità
dell’opera in ragione della quale è stata disposta l’occupazione del fondo, non
si realizza della c.d. accessione invertita, ma soltanto un fatto illecito
generatore del danno- sussiste la giurisdizione del Giudice Ordinario, non
essendo tali fattispecie in alcun modo riconducibili all’esercizio di un potere
amministrativo in materia urbanistica “(Cass. n. 9139/2003). Per tutto quanto
detto, dunque, l’eccezione della Telecom su difetto di giurisdizione del Giudice
adito deve essere rigettata.
Passando al merito, è noto che i fili e le condutture, i cavi e i ganci possono
essere appoggiati sul muro dell’utente soltanto ai fini della fornitura del
servizio all’abitazione dello stesso, in guisa tale da essere in meno
pregiudizievole possibile dal punto di vista estetico, e infatti l’impianto e
l’esercizio di condutture telefoniche debbono essere eseguiti in modo da
rispettare le esigenze e l’estetica delle vie e piazze pubbliche e da riuscire
il meno pregiudizievole possibile al fondo servente (art. 121, penultimo comma,
R.D. n. 1775/1933, ripreso dal D.P.R. n. 156/1973).
Per quanto riguarda, invece, l’appoggio dei fili e delle condutture da parte
della Telecom, che devono servire anche altre abitazioni, la Telecom deve
ottenere apposita servitù, sia essa volontaria o coattiva; cosa che nella
fattispecie in esame non si è verificata.
Non si ritiene applicabile al caso che ci occupa la disciplina indicata dalla
Telecom che fa riferimento all’art. 232, secondo comma, D.P.R. n. 156/1973, che
recita: “il proprietario o il condominio non può opporsi all’appoggio di
antenne, di sostegni, nonché al passaggio di condutture, fili o qualsiasi altro
impianto dell’immobile di sua proprietà occorrente per soddisfare la richiesta
di utenza degli inquilini o dei condomini” formulazione, questa, nella quale è
evidente la correlazione, da una parte, tra il proprietario e l’inquilino e,
dall’altra, tra il condominio e gli altri condomini (o inquilini) dello stesso
edificio.
Ciò significa che il proprietario o condominio è tenuto a subire, senza alcuna
indennità, la limitazione legale alla casa comune e persino alla casa sua
propria ( ad esempio lastrico solare di proprietà esclusiva dove installare
l’antenna della televisione) solo quando si tratti della richiesta di utenza di
un inquilino o di un condomino dell’edificio in cui la casa stessa è situata, ma
non quando tale richiesta provenga da un soggetto che nulla abbia a che vedere
con detto edificio, cioè, dall’inquilino o condomino di altro stabile, sia pure
vicino e confinante (in tal senso sentenza 22/1/1988 n. 481).
Tale interpretazione trova confronto, oltretutto, nel disposto del successivo
art. 233 della stessa legge, il quale, sotto la RUBRICA “servitù”, stabilisce
che “fuori dei casi previsti dall’articolo precedente, le virtù occorrenti al
passaggio con appoggio dei fili, cavi ed impianti connessi alle opere
considerate nel precedente art. 221, sul suolo, nel sottosuolo o sull’area
sovrastante, sono imposte, in mancanza del consenso del proprietario ed anche se
costituite sui beni demaniali, con decreto del Prefetto, ai sensi dell’art. 46
della legge n. 2359/1865”.
È dunque chiara l’impostazione del legislatore: nel caso in cui si debba
attraversare lo spazio aereo di una proprietà o nel caso si debba passare
davanti al prospetto senza finestre e porte, ben può imporsi il sacrificio al
privato in ragione della pubblica utilità dell’opera, ma in tutti gli altri casi
(passaggio senza appoggio dinanzi a prospetti con finestre e porte o passaggio
con appoggio) il sacrificio al privato può essere imposto, senza il suo
consenso, solo con provvedimento dell’autorità che valuterà la portata dei
sacrifici imposti al privato. E valuterà, altresì, che altre possibilità non vi
siano, senza sacrifici per il privato ( la cui posizione occorre ricordarlo è
costituzionalmente garantita) per il passaggio delle condutture.
Per quanto riguarda, poi, l’aspetto della liceità degli interventi della Telecom,
pur considerando le due tipologie di intervento di cui al primo e al terzo comma
dell’art. 232 della legge richiamata, non può ritenersi che l’attività del
concessionario, sia pure di pubblico interesse, possa esplicarsi senza alcun
limite.
L’art. 185 della legge n. 156/1973 stabilisce “che gli impianti di
telecomunicazioni, eccettuati quelli cui si riferiscono il secondo comma
dell’art 183 (intervento del privato) ed il quarto e quinto comma dell’art. 184
(opere militari e opere di organismi internazionali), non possono essere seguiti
se i relativi progetti non siano stati prevalentemente approvati
dall’Amministrazione, salvo che non sia diversamente stabilito dal regolamento”.
È pacifico che ogni attività che importi interventi di qualsiasi natura sul
territorio comunale è soggetto ad autorizzazione o concessione da parte del
Comune medesimo.
Premesso che autorevole dottrina ha definito il peso imposto dalle condutture
sul fondo servente come “ un diritto legale di uso rientrante tra i pesi di
diritto pubblico di natura reale gravante su beni”, non costituendo la servitù
telefonica di passaggio con appoggio di fili e consimili una servitù in senso
tecnico per mancanza del requisito della proprietà (cioè della esistenza di un
fondo dominante), deve tuttavia ritenersi che tale configurazione particolare
non può indurre ad ammettere un principio eccezionale quale quello (invocato
dalla Telecom) secondo cui, dovendo il proprietario del fondo consentire
gratuitamente il passaggio con appoggio attraverso il proprio fondo delle
condutture telefoniche necessarie a collegare il proprio apparecchio telefonico,
debba per ciò stesso consentire, sempre gratuitamente, la destinazione di esse
al collegamento anche di apparecchi telefonici di terzi proprietari o inquilini
di immobili vicini, nonché il passaggio sul proprio fondo delle diramazioni a
ciò necessarie.
L’art. 233 DPR n. 156/1973, che prevede la costituzione della servitù di
telefonia solo per contratto o per atto amministratito-autoritativo, esclude per
converso che la società concessionaria del servizio possa invocare la disciplina
dell’art. 1032 cod.civ. in tema di costituzione delle servitù coattive la cui
tipicità (numerus clausus) non ne permette l’estensione fuori dei casi
espressamente considerati (Cass. n. 207/1986).
Pertanto, rilevato che nella fattispecie non è stata rispettata dalla Telecom la
procedura di espropriazione ex art. 23 DPR n. 156/1973 o di imposizione della
servitù ax art. 233 stessa legge (decreto del prefetto ai sensi della legge
2359/1865), considerato che l’art. 233 prevede la costituzione della servitù di
telefonia solo per contratto o per atto amministrativo autoritario, ritenendo
importante l’art. 237 DPR n. 156/1973 (“La servitù deve essere costituita in
modo da riuscire la più conveniente allo scopo e la meno pregiudizievole al
fondo servente, avuto riguardo alle condizioni delle proprietà vicine…”) e
l’art. 232, III comma stessa legge, (“i fili, cavi e ogni altra installazione
debbono essere collocati in guisa da non impedire il libero uso della casa
secondo la sua destinazione”), se si considera infine che la moderna tecnica
consente l’interramento dei cavi e dei fili con estrema facilità, ne segue che
il sacrificio cui sono costretti alcuni immobili posti in prossimità dei
crocicchi delle strade ( come quello che ci occupa) che garantivano in passato
l’appoggio o l’ancoraggio per una serie di utenze, attualmente non ha
assolutamente modo di esistere; né nessuna Autorità preposta alla costituzione
della servitù, stante il tenore della legge e le possibilità offerte dalla
tecnica, potrebbe mai autorizzare la Telecom ad installare impianti sui
prospetti delle abitazioni dei privati.
In conclusione, poiché nel caso in esame non vi è stato alcun provvedimento che
abbia dichiarato la pubblica utilità dell’opera e la società concessionaria del
servizio telefonico ha compiuto le opere senza alcun provvedimento autorizzativo,
deve riconoscersi la facoltà dei proprietari attori di adire il giudice
ordinario anche con domanda di rimozione di dette opere, atteso che si verte in
tema di tutela di posizioni di diritto soggettivo lese da comportamenti
materiali non ricollegabili all’esercizio di poteri auoritativi della P.A.
(Cass. S.U. n. 6962/1994 già citata).
Per quanto riguarda, infine, la centralina installata dalla Telecom davanti al
prospetto dell’abitazione degli attori, deve rilevarsi che non vi è dubbio che
essa rappresenti una costruzione in senso tecnico poiché deve qualificarsi
costruzione, ai fini dell’applicazione delle norme sulle distanze che trovano la
loro fonte nell’art. 873 c.c., ogni opera di particolare consistenza e solidità
che risulti infissa al suolo in modo stabile e quindi sia immobilizzata rispetto
ad esso, a nulla rilevando che tale collegamento sia avvenuto mediante l’impiego
di malta cementizia, ovvero con mezzi meccanici i quali consentano, mediante
procedimenti e manovre inversi una mobilitazione e l’asportazione di manufatti”
(Cass. 12002/1992; n. 12480/1995; n. 4639/1997).
Conseguentemente alla suddetta centralina (o canalina) si applica la disciplina
codicistica e regolamentare in materia di distanze tra costruzioni.
Inoltre è evidente che la cabina con le dimensioni di quella della fattispecie
in esame (larghezza pari a 1 m. e altezza pari a 2 m. circa) rappresenta un peso
sulla proprietà degli attori limitando le normali facoltà rivenienti dal diritto
di proprietà e configurando una vera e propria servitù perché essa non consente
“il libero uso della cosa secondo la sua destinazione” ( art. 232, 3° comma, DPR
156/1973).
Ne discende, quindi, che la realizzazione della cabina da parte della Telecom
configura un’attività illecita della stessa sotto un duplice profilo: perché ha
occupato un terreno pubblico senza il consenso dell’Autorità e perché ha imposto
un peso sulla proprietà privata senza il consenso del proprietario.
Anche tale cabina, pertanto, deve essere rimossa dalla Telecom.
Le spese di lite seguono la soccombenza e, in difetto di nota specifica, si
liquidano d’ufficio come da dispositivo
PQM
Il GOT
Definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Spagnolo Pompilio e
Mogavero Serena nei confronti di Telecom Italia SPA, in persona del legale
rappresentante pro-tempore, così decide:
1) Rigetta l’eccezione preliminare di difetto di giurisdizione del Giudice
Ordinario, sollevata dalla Telecom Italia S.P.A.;
2) Dichiara la illiceità dell’attività della Telecom Italia SPA di messa in
opera sul prospetto dell’abitazione degli attori di cavi e ganci nonché
dell’installazione della centralina (o cabina) a pochi centimetri dal muro
dell’edificio degli stessi attori;
3) Conseguentemente condanna la Telecom Italia S.P.A. alla rimozione di tutto il
materiale di sua proprietà posizionato sul prospetto della proprietà Spagnalo -
Mogavero, nonché alla rimozione della cabina di sua proprietà;
4) condanna la Telecom Italia SPA al pagamento delle spese processuali che s
liquidano in complessivi Euro 2000/00 oltre spese vive, di cui Euro 800/00 per
diritti, Euro 1200/00 per onorario, oltre rimborso spese generali, Cap e IVA
come per legge; con distrazione in favore dell’avv. Donato De Mitri
anticipatario.
Campi Sal. 17.07.2006.
Il Cancelliere C1
Claudia Spada
Il GOT
Gabriella Nocera
Depositata in Cancelleria il 17.07.2006
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